Fede naturale e fede religiosa

Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 11:02 pm

"Denuncio la crisi di fede di un clero che ha tradito"
Marco Tosatti
2702/2018

http://www.lanuovabq.it/it/denuncio-la- ... ha-tradito

Il cardinal Sarah in Belgio ha parlato della crisi della fede a partire dalle alte gerarchie ecclesiastiche e non ha esitato a denunciare il tradimento dei chierici per mancanza di fede.

Nei giorni scorsi il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, era in Belgio, dove alla presentazione del suo libro “Dio o niente”, ha risposto a certi tentativi di modificare la morale cattolica, in particolare per quello che riguarda il matrimonio e la famiglia, oltre che l’insegnamento sulla vita. Si può leggere in certe sue parole una risposta alle esternazioni del cardinale tedesco Reinhard Marx, del vicepresidente di quella conferenza episcopale, Franz-Josef Bode, e al cardinale di Vienna, Schoenborn?

Sembra proprio di sì. Davanti a una chiesa piena di fedeli, con in prima fila il nunzio apostolico, il cardinale De Kesel, il Borgomastro Woluwé-Saint Pierre e anche l’abate Philippe Mawet, responsabile della pastorale francofona, che aveva criticato il libro del cardinale qualche giorno prima in un articolo sul quotidiano di sinistra “Libre Belgique”, il porporato ha evocato le ideologie e i gruppi di pressione che “con mezzi finanziari e mediatici potentissimi, attaccano le finalità naturali del matrimonio e si impegnano a distruggere la cellula della famiglia”.

Ma il porporato guineano, in un delle Chiese più disastrate del Continente non ha avuto paura di aggiungere parole dure verso i suoi confratelli nell’episcopato. “Degli alti prelati, provenienti soprattutto dalle nazioni opulente, si danno da fare per apportare modifiche alla morale cristiana per ciò che riguarda il rispetto assoluto della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, la questione dei divorziati risposati e altre situazioni familiari problematiche.

Questi ‘guardiani della fede’ dovrebbero tuttavia non perdere di vista il fatto che il problema posto dalla frammentazione degli scopi del matrimonio è un problema di morale naturale”. Ma il cardinale non si è fermato lì. Ha proseguito con tranquillità: “Le grandi derive sono sorte quando alcuni prelati o intellettuali cattolici hanno cominciato a dire o a scrivere ‘semaforo verde per l’aborto’, ‘semaforo verde per l’eutanasia’. Ora, a partire dal momento in cui i cattolici abbandonano l’insegnamento di Gesù e il Magistero della Chiesa, contribuiscono alla distruzione dell’istituzione naturale del matrimonio come della famiglia ed è tutta la comunità umana che si trova incrinata da questa nuovo tradimento dei chierici”.

Nell’anno in cui si celebra il mezzo secolo di vita dell’enciclica “Humanae Vitae”, con i tentativi neanche troppo nascosti di attenuare in qualche maniera il suo insegnamento, il cardinale ha pronunciato parole molto forti: “Bisognerebbe che la Chiesa tornasse all’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI così come agli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI su queste questioni vitali per l’umanità. Lo stesso papa Francesco resta nel solco dei predecessori quando sottolinea la coincidenza fra il vangelo dell’amore e il vangelo della pace. Bisogna affermare con forza e senza ambiguità il peso magisteriale di tutto questo insegnamento, mettere in rilievo la sua coerenza e proteggere questo tesoro contro i predatori di questo mondo senza Dio”.

In un’intervista concessa a Cathobel, ha messo in evidenza che la Chiesa oggi debba affrontare grandi questioni, e soprattutto “la sua fedeltà a Gesù, al suo Vangelo, all’insegnamento che ha sempre ricevuto dai primi papi, dai concili…e questo non è evidente, perché la Chiesa desidera adattarsi al suo ambiente, alla cultura moderna”.

E poi la fede: “La fede è venuta a mancare, non solo a livello di popolo di Dio, ma anche fra i responsabili della Chiesa, ci si può chiedere qualche volta se abbiamo davvero la fede”. Il card. Sarah ha ricordato l’episodio del Credo, di don Fredo Olivero, e ha concluso: “Penso che oggi ci sia una grande crisi di fede e anche una grande crisi della nostra relazione personale con Dio”.

E l’Europa? “Non solamente l’Occidente sta perdendo la sua anima, ma si sta suicidando, perché un albero senza radici è condannato a morte. Penso che l’Occidente non possa rinunciare alle sua radici, che hanno creato la sua cultur, i suoi valori”. Il porporato ha continuato così: “Ci sono cose agghiaccianti che succedono in occidente. Penso che un parlamento che autorizza la morte di un bimbo innocente, senza difesa, sia una grave violenza fatta contro la persona umana. Quando si impone l’aborto, soprattutto in Paesi in via di sviluppo, dicendo che se non lo fanno non li si aiuterà più, è una violenza. Non c’è da stupirsi. Quando si ha abbandonato Dio, si abbandona l’uomo, non si ha più una visione chiara dell’uomo. C’è una grande crisi antropologica oggi in Occidente. E questo porta a trattare le persone come oggetti”.







MA NELLA CHIESA LE GERARCHIE HANNO ANCORA LA FEDE CATTOLICA? L'HANNO PERSA O SE NE VERGOGNANO E LA NASCONDONO PER AVERE GLI APPLAUSI DEL MONDO?
11 marzo 2018

https://www.antoniosocci.com/nella-chie ... -del-mondo

Hanno suscitato qualche piccola contestazione, in chiesa, le parole di don Livio Fabiani, parroco di Cisterna di Latina, al funerale delle due bambine uccise dal padre.

Ma forse – per dei cattolici – dovrebbe suscitare più perplessità l’omelia del card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, alla messa funebre per Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto domenica per un arresto cardiaco.

Le due tragedie ci hanno rimesso di fronte alla morte improvvisa, all’irrompere del male e al dolore degli innocenti. Tutti restiamo ammutoliti. “Deserto e vuoto”: le parole ripetute da Thomas S. Eliot in un suo poema descrivono i nostri cuori in queste circostanze.

Però c’era, c’è sempre stata per i cristiani, una voce che conosce il mistero di tutte le cose, che sa fare amicizia perfino con “sorella morte” e che da secoli ha la missione di illuminare il cammino degli uomini: la Chiesa.

Sempre Eliot ricorda che essa è stata vista per secoli come colei che “darà risposta a tutti i nostri dubbi, Colei che veglia, Colei che vede ciò che accadrà… la Testimone… la visitata da Dio e nella quale innata è la verità”.

Riprende il poeta: “Essa ricorda agli uomini la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare./ E’ gentile dove loro sarebbero duri e dura dove essi vorrebbero essere teneri./ Ricorda loro il Male e il Peccato e altri fatti spiacevoli”.

PAROLE CRISTIANE

Per questo il parroco di Latina nella dolorosa messa per le due bambine uccise ha invitato a pregare “anche per il padre”, quel padre che si è suicidato dopo l’omicidio delle figlie e il ferimento della moglie.

Secondo il Corriere della sera “qualcuno dai banchi della chiesa ha contestato le parole del parroco e lui ha aggiunto, dopo un attimo di silenzio e commozione, ‘Scusate, ma la famiglia ha perdonato’ ”.

Il parroco nell’omelia ha ricordato che “Alessia, battezzata e comunicata da me, il prossimo 6 maggio avrebbe dovuto ricevere il Sacramento della Cresima e Martina a settembre avrebbe iniziato il suo cammino di catechesi parrocchiale”.

Poi ha sottolineato che “abbiamo portato Alessia e Martina qua, non in uno stadio o in un palazzetto. Le abbiamo portate qui, in chiesa dove loro hanno cominciato a muovere i primi passi nella cristianità” perché “è qui che troviamo risposte, nella fede in Gesù”.

Semplici parole cristiane, ma vertiginose. Dovrebbero spegnere il rancore che si è visto anche altrove. L’Ansa informa che a Secondigliano la salma di Luigi Capasso (il padre), è stata “accolta da urla e insulti”. Però “è stata benedetta nel cimitero napoletano di Poggioreale”.

Anche quando fra la gente prevale l’ira, la Chiesa non fa mancare mai la sua pietosa preghiera a nessuno, sull’esempio di Gesù che dalla croce dove era stato inchiodato pregò perfino per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

La Chiesa è il luogo dove si va a cercare la preghiera di cui tutti abbiamo bisogno e dove troviamo la consolazione quando si è nel dolore o davanti alla morte.

La Chiesa è colei che – come una madre che ama – dice ai suoi figli anche le verità scomode che non vorrebbero sentire. A cominciare dalla necessità e dal dovere della preghiera per tutti. Perché una madre non cerca il plauso degli uomini, ma vuole solo la salvezza dei figli.

SMARRIMENTO

Per questo però lascia perplessi l’omelia che l’arcivescovo di Firenze, card. Betori, ha pronunciato per la messa funebre di Davide Astori.

Infatti in tutto il suo discorso non si trova un solo riferimento alla preghiera: né per l’anima del giovane calciatore, per la sua salvezza eterna, né per i suoi familiari che vivono un così grande dolore.

E’ sorprendente perché un uomo di Chiesa dovrebbe far capire che il legame con le persone amate non finisce con la morte, ma possiamo e dobbiamo continuare ad aiutarci a vicenda con la preghiera per salvarci e arrivare alla felicità.

La preghiera per chi è morto fa anche comprendere che la morte è solo una momentanea uscita dal campo visivo, ma “la vita non è tolta, bensì trasformata”. Perciò i cristiani possono gridare: “Morte dov’è la tua vittoria?”.

La preghiera per le persone amate che sono state già chiamate da Dio è un grande gesto d’amore e ricorda a noi stessi che abbiamo un’anima immortale. Come diceva Chiara Corbella: “siamo nati e non moriremo più”.

Queste erano le parole eterne della Chiesa che migliaia di persone, a Firenze, desideravano ascoltare.

La tragedia di Davide Astori ha raggelato tutti perché la morte improvvisa di un ragazzo di 30 anni è un pugno in pieno volto che ti mette davanti la terribile fragilità della vita. Anche quando sei nel pieno del vigore e della giovinezza.

Ti porta sul ciglio dell’abisso, del mistero della vita. Ed è soprattutto in questi momenti che lo sguardo va a quel luogo che promette “parole di vita eterna”. Infatti la chiesa di Santa Croce a Firenze era strapiena come pure la piazza antistante.

Ma il cardinal Betori non ha abbracciato il dolore di tutte quelle persone invitandole alla preghiera, insegnando la fede e così spalancando il loro cuore alla speranza cristiana.

Anzi, si è dichiarato incapace di dare qualsiasi consolazione. Ecco il suo sorprendente esordio:

“Di molte cose nella vita ci sfugge il senso, resta oscuro il perché. Prima fra tutte la morte. Della morte non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare. Restiamo con il nostro dolore, soprattutto quando la morte ci toglie una persona che amiamo, un amico. È toccato a noi in questi giorni, per Davide Astori. Non chiedetemi quindi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi. E offrirvi qualche motivo per pensare”.

Certo, poi, nel corso dell’omelia ha giustapposto qualche citazione del Vangelo, tuttavia sempre in una dimensione orizzontale, sociale (aiutiamo gli altri) e senza mutare sostanzialmente quella plumbea e terribile premessa di esordio.

Ma una Chiesa che proclama “della morte non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare” e aggiunge “non chiedetemi quindi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi”, una Chiesa così – dicevo – a cosa serve?

E’ del tutto inutile. E’ desolante come un ufficio postale abbandonato. Una Chiesa disperata non può aiutare noi disperate creature. E’ il sale che diventa sciocco e – come dice Gesù nel Vangelo – non serve più a niente se non a venir gettato via ed essere calpestato.

Non si può nemmeno pensare che si tratti solo dello scivolone di un cardinale, perché Betori qui è andato a riecheggiare le cose che più volte ha detto Bergoglio a proposito del dolore, del male e della morte.

La Chiesa attuale – in fin dei conti – ha oggi un colossale problema racchiuso in questa domanda: le sue gerarchie hanno ancora la fede? Tutto il dramma è qui, come ha recentemente detto il card. Sarah.

Senza una fede certa e luminosa (e la speranza nella vita eterna) si ha solo l’orizzonte terreno dove andare a cercare gli applausi del mondo. Come ha fatto anche Betori facendo un lungo elogio del calciatore della Fiorentina davanti ai suoi tifosi.

Per la verità la Chiesa aveva prescritto in passato che ai funerali non si facesse un’omelia-panegirico sulla persona deceduta, ma si ricordasse l’insegnamento di Cristo sulla vita, sul giudizio, sulla resurrezione e sulla vita eterna.

Betori ha fatto un discorso che parlava più al cuore viola della città, che alla coscienza cristiana delle persone. Ha fatto pure digressioni sul calcio.

Oggi la Chiesa sembra subire un crollo spirituale catastrofico perché poi queste gerarchie pretendono di portare il gregge dei fedeli sulla loro stessa via.

Forse qualcuno dirà che in fondo la cosa – seppure enorme – riguarda solo i credenti. Ma che non ci sia più il luogo dove risuona una speranza eterna per la vita è uno spaventoso impoverimento per tutti. Hanno spento la luce ed ora è buio per tutti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 11:02 pm

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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 11:03 pm

Fede idolatra


Sindone: gli scienziati padovani ricostruiscono il corpo di Gesù in 3D /Foto
Ricostruito modello di Gesù Cristo dalla Sindone
di Federica Cappellato
Sabato 17 Marzo 2018

https://www.ilgazzettino.it/nordest/pad ... 12385.html

Dopo due anni di studi scientifici
è stato possibile ricostruire un modello tridimensionale del corpo che corrisponde alla doppia immagine, ancora oggi non spiegabile, né riproducibile, presente sulla Sindone, la reliquia più importante della Cristianità.
Considerata dalla tradizione cattolica il sudario usato per avvolgere il corpo di Gesù Cristo nel sepolcro, dopo la sua morte per crocifissione oltre 2000 anni fa, è un lenzuolo funerario di lino, lungo 4,4 metri e largo 1,1, che mostra la doppia immagine corporea, frontale e dorsale, di un uomo che ha sofferto un trauma fisico evidenziando segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e ritenuti compatibili con quelli descritti nelle Sacre Scritture.

Ventiquattro mesi è durato il lavoro di un gruppo scientifico composto da esperti dell'Università e dell'Azienda ospedaliera di Padova in collaborazione con lo scultore Sergio Rodella, ed ora ecco la creazione, utilizzando metodi scientificamente validati, di un modello tridimensionale a grandezza naturale del corpo avvolto dalla Sindone che corrisponde in modo sorprendente alla doppia immagine, frontale e dorsale, presente sul telo. «Tale modello conferma la notevole rigidità cadaverica finora ipotizzata per l'Uomo deposto nella reliquia. Inoltre evidenzia - sottolineano dall'Ateneo - interessanti novità come l'assenza di corruzione per il cadavere e la fuoriuscita del chiodo, non nel polso sinistro, ma nello spazio compreso tra ossa metacarpali»...




Fetiço (feticcio) o fatiço/fatiso (artefato, falso, falbo)
viewtopic.php?f=24&t=1513

Miracoli veri e falsi
viewtopic.php?f=24&t=1687
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 8:19 am

Aidolo = non credente negli Idoli ma credente in Dio, come Ateo è chi non crede in Dio.
La differenza tra l'Ateo e l'Aidolo è che l'Aidolo crede in Dio ma non crede nelle divinità delle religioni che egli considera tutte degli Idoli. L' Ateo in realtà, a ben guardare, non negherebbe Dio in assoluto ma soltanto gli Dei o Dii delle religioni che l'Aidolo considera Idoli.
Un tempo si credeva che Dio fosse solo la divinità delle religioni e pertanto colui che non riconosceva loro alcuna divinità si diceva Ateo;
oggi si può pensare e credere a Dio, come spirito valore e dotazione naturale e universale indipendente dalle religioni, dalle loro interpretazioni del divino subordinate alle loro rispettive rivelazioni, profeti e incarnazioni.
Se si libera Dio dal presuntuoso monopolio delle religioni, l'Ateo non ha più alcuna ragione di negare Dio e pertanto si trasformerebbe in Aidolo e le religioni tutte verrebbero considerate culti idolatri.
In tal modo non vi sarebbero più ostacoli alla spiritualità e alla fratellanza universale e si superebbero tutti i conflitti religiosi e politico religiosi.
Dio, o causa prima, il Creatore o principio e fine di tutte le cose e di tutte le creature, dell'intero Universo e dell'uomo, esiste da sempre e non soltanto a partire dalle rivelazioni religiose, dai loro profeti e dalle loro divinità incarnate.
Dio non è una invenzione delle religioni; le religioni hanno inventato solo gli Idoli, assumendo come Dio le loro idolatre e presuntuose interpretazioni di Dio.
L'uomo non può in alcun modo interpretare e definire Dio, l'uomo non può creare Dio ma solo idoli.
Le rivelazioni religiose sono tutte presunzioni idolatre.
La vera rivelazione divina è naturale e universale, è la vita stessa e sta nel cuore di ogni creatura e nel nucleo di tutte le cose.


La manipolazione umana, religiosa e idolatra di Dio
viewtopic.php?f=201&t=2751
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 4:10 pm

???

Europa al capolinea post-cristiano
26 Marzo 2018

https://www.ilfoglio.it/il-foglio-inter ... k.facebook

Già nel 1799 Novalis avvertiva il rischio di una crisi epocale, rimpiangendo nel suo “La Cristianità, ossia l’Europa”, i “bei tempi in cui l’Europa fu terra cristiana”. Il suo saggio non fu accolto benissimo, tanto da essere pubblicato quasi trent’anni più tardi, nel 1826. La desacralizzazione del continente, da allora, non si è mai arrestata. Nel 2000, anno in cui si discuteva dell’inserimento del riferimento alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea, l’allora cardinale Joseph Ratzinger disse che, prima che un concetto geografico, l’Europa era cultura e storia. Che l’Europa abbia perso la propria fede, insomma, non è una novità, ma la conferma definitiva arriva da un articolo del Guardian che indaga la crescita dei cosiddetti Nones, le persone senza affiliazione religiosa. La maggior parte dei giovani europei non crede in nessun Dio, ha perso ogni senso del sacro. Secondo il sondaggio citato dal Guardian, effettuato dalla St. Mary University Twickenham di Londra, l’Europa sta marciando dritta verso una società post-cristiana. In Repubblica ceca il 91 per cento dei giovani tra i 16 e i 29 anni dichiara di non avere affiliazioni religiose. In Estonia, Svezia e Olanda, la percentuale scende (di poco) tra il 70 e l’80 per cento. I paesi più religiosi sono la Polonia, dove soltanto il 17 per cento dei giovani adulti si definisce “non religioso”, e la Lituania, con il 25 per cento. Intervistato dal quotidiano britannico, il responsabile della ricerca, Stephen Bullivant, ha detto che “la religione è moribonda”.

L’ateismo sta diventando la norma, anche se ci sono delle divergenze significative. “Paesi vicini, con una storia simile, hanno profili estremamente differenti”, specifica Bullivant. Si prendano i due paesi più religiosi e i due, all’opposto, più atei: Polonia e Lituania, Repubblica ceca ed Estonia. Si tratta in tutti e quattro i casi di stati post comunisti, che però affondano le proprie radici su identità differenti, anche nel modo in cui la transizione dal regime sovietico è stata affrontata. Fra chi si dichiara credente, però, non tutti affrontano la propria dimensione spirituale allo stesso modo: praticanti ce ne sono sempre meno. Il sondaggio della St. Mary’s University, effettuato da un centro di ricerca intitolato – non a caso – a Benedetto XVI, non considera l’Italia (su cui Bullivant ha promesso un aggiornamento dei dati) ed evidenzia come soltanto in Polonia, Portogallo e Irlanda più del 10 per cento dei giovani vada a messa almeno una volta alla settimana. Molti giovani europei “dopo il battesimo non hanno più varcato la porta di un edificio di culto”.

Senza considerare poi l’immigrazione: nel Regno Unito per esempio, i dati vanno tarati considerando le persone che arrivano da fuori: un cattolico su cinque non è nato in Gran Bretagna. E poi ci sono i musulmani, che hanno un tasso di natalità e “un’affiliazione religiosa” molto più alti. L’Europa ormai è una terra senza Dio, e senza il cristianesimo, di cui si perde traccia anche nei paesi che storicamente hanno rappresentato la cultura europea: in Francia i cristiani adulti sono soltanto il 26 per cento, il 20 in Germania. Cosa sarà l’Europa, se sottomessa al politically correct o a un nuovo Dio, non si può dire. Per la sopravvivenza delle nostre radici forse, sarà comunque troppo tardi.



Gino Quarelo
Mi dispiace ma non condivido questo articolo idolatra. Dio non va confuso con gli idoli delle religioni. Perdere l'idolo religioso non è perdere Dio che è una dotazione naturale universale e coincide con la vita stessa. Perdere l'idolatria non è perdere Dio e una diminuzione umana, ma è una liberazione e una crescita esponenziale dell'umanità e della spiritualità non religiosa. Non mi si dica per favore che i maomettani sono dei credenti in Dio e che l'avranno vinta perché sono più credenti degli europei; quello dei maomettani non è Dio ma il peggiore degli idoli, l'idolo dell'orrore e del terrore, l'idola della morte contro il quale l'uomo di buona volontà, l'uomo spirituale vero non deve contrapporre un'altro idolo ma solo la sua umanità e i suoi valori di umanità, libertà, dignità, responsabilità. Alla disumanità dell'idolo Allah l'uomo universale di buona volontà deve contrapporre la forza della sua umanità dei suoi valori umani universali.




Usa, la fuga dei giovani americani dall’islam
di Matteo Matzuzzi
2018/03/29

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/03/ ... F.facebook

Roma. È vero che il numero dei musulmani negli Stati Uniti è cresciuto negli ultimi dieci anni, ma è altrettanto vero che è aumentata in modo esponenziale anche la quantità dei musulmani che non si identificano più con la fede dei padri.
Il Pew Research Center, uno dei più autorevoli istituti di ricerca americani, l’ha sottolineato: se sono sempre di più gli americani che si dichiarano atei o comunque non praticanti, lo si deve agli “abbandoni” tra i musulmani. Chi per convinta apostasia, chi per apatia, la tendenza è questa.
Rod Dreher, sull’American Conservative, ha scritto che i dati dimostrano come non si possa scappare dalla modernità: “Non ci si può nascondere dal secolarismo nel senso inteso da Charles Taylor, e cioè la consapevolezza che potremmo credere in qualcos’altro o in nulla. Questa è la condizione moderna.
Ha già colpito i cristiani, ma sta colpendo ora i musulmani e continuerà a farlo”. La “crisi di fede” colpisce soprattutto gli immigrati di seconda generazione, ma non mancano i casi tra chi in America ci vive da anni, si è sposato a devoti musulmani e ha accompagnato i figli in moschea per far loro studiare il Corano nel fine settimana. In ogni caso, ha notato l’Economist, “la stragrande maggioranza, sia giovane sia vecchia, tace sulla propria mancanza di fede”. Anche perché è spesso pericoloso confessare in famiglia il cambiamento: “Uno studente universitario musulmano, che tornò a casa ubriaco una sera, fu affrontato da suo padre. Poco lucido, il ragazzo spiegò di essere ateo. Il padre, a quel punto, rivelò anch’egli di aver perso la fede molti anni prima. Eppure rimproverava il figlio per non aver nascosto bene il suo segreto”.
C’è poi il dato di fatto imposto dalla realtà, e cioè che lasciare pubblicamente l’islam è complicato, innanzitutto perché spesso – soprattutto in paesi dove l’islam è minoranza tra le minoranze – i musulmani vivono in comunità affiatate.

Gli apostati restano nell’ombra, timorosi di scatenare faide non solo tra conoscenti ma pure in famiglia. Un problema comune, rilevava ancora l’Economist, ai mormoni e agli ebrei chassidici. Senza dimenticare che quando si vive in una sorta di enclave, uscirne significa rinunciare a una intera cerchia sociale. Il Pew Research Center ha stimato che tra i credenti over 55, il 53 per cento dichiara di recitare tutte e cinque le preghiere quotidiane prescritte. Una percentuale che scende al 33 tra i millennial. E questo, nota ancora Dreher, avviene in America, dove la libertà e la diversità rendono più complicato mantenere la fede tradizionale. In Iran, ha scritto Mustafa Akyol, saggista turco ed editorialista del New York Times, ciò che allontana i musulmani dalla loro fede è la troppa oppressione legata alla politicizzazione della religione.

In effetti, stime recenti – da prendere con prudenza – certificano una tendenza consolidata di conversioni al cristianesimo in Iran che fa preoccupare le autorità della repubblica teocratica. Il che fa dire a Dreher che il “laissez-faire” spingerà inevitabilmente i musulmani ad allontanarsi dalla loro fede. “La moderna società secolare non è neutrale rispetto alla religione. Se credi che i tuoi figli si ‘aggrapperanno’ alla fede (musulmana o meno) senza un vero lavoro da parte tua, stai ingannando te stesso. Devi in un certo senso inculcare nei tuoi figli la sensazione che la religione insegni la verità, non una verità tra le altre”.
In secondo luogo, il caso iraniano dimostra che l’autoritarismo non fa altro che peggiorare le cose: “Non si può costringere una persona a credere”. L’esempio che viene portato all’attenzione è quello del Ruanda, paese a forte maggioranza cristiana che vide un numero alto di conversioni all’islam dopo i massacri degli anni Novanta. “Ciò che molti uomini di religione non comprendono è quanto possa essere fragile la fede. Quei ruandesi che abbandonarono il cristianesimo non lo fecero perché convinti da motivazioni razionali sulla superiorità dell’islam. Si convertirono perché scossi dall’orrore e se Mustafa Akyol ha ragione, qualcosa di simile sta accadendo anche all’interno del mondo islamico”, osserva l’autore di The Benedict Option.


La manipolazione umana, religiosa e idolatra di Dio
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » mar apr 10, 2018 7:31 pm

Sulla credenza religiosa e idolatra dell'inferno - La polemica sull'inferno sì e no


L'inferno è una credenza non solo cristiana ma anche pagana e di molte altre religioni
https://it.wikipedia.org/wiki/Inferno
Inferno è il termine con il quale si è soliti indicare il luogo di punizione e di disperazione che, secondo molte religioni, attende, dopo la morte, le anime degli uomini che hanno scelto in vita di compiere il male.
Il termine "inferno" deriva dal latino infernu(m) quindi da inferus (infer) nel significato di "sotterraneo", quindi correlato al sanscrito adhara, gotico under, avestico aẟara, quindi dall'indeuropeo *ndhero col significato di "sotto" (da cui l'inglese under, il tedesco unter, l'italiano inferiore o anche infra). La presenza della f, presente solo nel latino e nei termini da questo direttamente derivati, è per influenza dialettale osca dalla quale i Romani ereditavano la credenza che l'entrata nell'"inferus" (qui inteso come il mondo di "sotto", dove "sono" i morti) si collocasse nei pressi di Cuma.
Il termine "inferno" viene tuttavia comunemente relazionato alla nozione propria di alcune religioni, come le religioni abramitiche, ovvero al luogo di "punizione" e di "disperazione". Diversamente, il termine "inferi" indica comunemente quel luogo, come l'Ade greco, ove si collocano le ombre dei morti.

Ade (in greco antico: ᾍδης, Háidēs) o Hades è un personaggio della mitologia greca, figlio di Crono e Rea.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ade
Dio degli Inferi, delle ombre e dei morti, ha come corrispettivo nella Mitologia egizia il Dio Osiride. È conosciuto anche come Axiokersos poiché coniuge di Persefone, soprannominata infatti "axiokersa", e Katakthonios ossia "Signore degli Inferi".

Ade (gr. ῞Αδης)
http://www.treccani.it/enciclopedia/ade
Tra gli antichi Greci, nome del dio regnante sulle regioni dell’oltretomba. L’etimologia del nome è controversa: già in antico lo si derivava da un ἀ- privativo e dalla radice ἰδ- «vedere»: A. sarebbe dunque l’«oscuro». Per estensione si chiama A. il regno dei morti nella concezione pagana.




Vaticano, Papa Francesco: "L'Inferno non esiste". Antonio Socci: "Tesi eretica, non può restare a San Pietro"
29 Marzo 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... ietro.html

"Ora è ufficiale: Papa Bergoglio sostiene tesi eretiche. Si pone una domanda drammatica: come può restare in quel posto?". È esterrefatto, Antonio Socci dopo il colloquio di Papa Francesco con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari.

"Più volte - scrive Socci su Facebook - Eugenio Scalfari aveva riferito che secondo Bergoglio l'Inferno non esiste. Più volte avevamo chiesto che Bergoglio smentisse quelle gravissime parole. Non lo ha mai fatto e oggi, in una nuova intervista con Scalfari, è lui stesso che esplicitamente lo afferma: Non vengono punite... Non esiste un Inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici. Così dicendo nega addirittura due dogmi: quello dell'esistenza dell'Inferno e quello dell'immortalità dell'anima".

"Ci sono molti passi del Vangelo - sottolinea Socci - in cui Gesù in persona, chiaramente, descrive l'Inferno e ci rivela quale sarà la sorte dei dannati, descrivendone anche le pene, in quell'Inferno dove sarà pianto e stridor di denti. È scandaloso che oggi Bergoglio, da papa, contraddica così clamorosamente e pubblicamente il Figlio di Dio e il Vangelo e che sfidi la Chiesa sostituendosi a Gesù Cristo. Adesso cosa diranno tutti i suoi zelanti laudatori che sempre ci hanno accusato di criticarlo senza motivo? Vescovi e cardinali potranno ancora tacere? Come può restare nel ministero petrino uno che insegna pubblicamente tali eresie? Non dovrebbero esigere ALMENO un'immediata marcia indietro? Bergoglio dà pubblicamente scandalo al popolo di Dio, in particolare alle anime dei semplici, oltretutto nella settimana santa: è gravissimo".


Vaticano, Papa Francesco e l'inferno. Il drammatico sospetto di Antonio Socci: "Non è una smentita"
30 Marzo 2018
di Antonio Socci

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... fari-.html

Ieri un altro pastrocchio in Vaticano. Come il caso Viganò, ma ancora più grave. Repubblica è uscita lanciando l' ennesimo colloquio di Eugenio Scalfari con papa Bergoglio e il contenuto è esplosivo. Scalfari infatti ha interrogato Bergoglio sulla sorte delle anime morte nel peccato: «(quelle anime) vengono punite?».
La risposta virgolettata di Bergoglio riportata da Scalfari è la seguente: «Non vengono punite... (le anime) che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici».
Sono parole dirompenti che confliggono frontalmente con quanto Gesù stesso ha direttamente rivelato, nel Vangelo, mettendo in guardia i peccatori e invitandoli a convertirsi per non finire nella «geenna» del «fuoco inestinguibile». Le sue sono parole terribili: «Il Figlio dell' uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno \ tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,41-42).

Parole dirompenti - E ancora: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41).

Aggiunge: «Là sarà pianto e stridore di denti» (Mt 22,13). Gesù accoratamente implora gli uomini di non finire fra i dannati «nella Geena dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9, 47-48).
Da questa rivelazione la Chiesa ha tratto la sua dottrina sull' esistenza dell' inferno e l' eternità delle sue pene per chi muore in peccato mortale.
La dichiarazione di Bergoglio spazzerebbe via d' un colpo i dogmi sull' immortalità dell' anima e sull' Inferno. Come se la Chiesa ci avesse ingannato per duemila anni e Cristo stesso ci avesse mentito inculcandoci la paura dell' Inferno.
È un fatto mai visto nella storia cristiana perché il successore di Pietro ha il compito esattamente opposto, quello di confermare nella fede i fratelli. Affermare tesi eretiche di questo tipo - per la dottrina cattolica - porta alla cessazione dell' ufficio di Romano Pontefice.
Perciò la cosa ieri ha fatto subito clamore. Ma il terremoto in Vaticano è scoppiato quando l' autorevole Times di Londra, a fine mattinata, l' ha rilanciata con questo titolo dirompente: «Papa Francesco abolisce l' inferno, dicendo che le anime di peccatori impenitenti semplicemente spariranno».
La cosa stava facendosi devastante così dopo le ore 15 è arrivato un comunicato della Sala Stampa vaticana che recita testualmente: «Il Santo Padre Francesco ha ricevuto recentemente il fondatore del quotidiano La Repubblica in un incontro privato in occasione della Pasqua, senza però rilasciargli alcuna intervista. Quanto riferito dall' autore nell' articolo odierno è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. Nessun virgolettato del succitato articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre».
Smentisce la forma, ma non la sostanza. Infatti non dice che le parole sull' abolizione dell' inferno sono «frutto della fantasia» di Scalfari, ma «della sua ricostruzione», come accade normalmente nelle interviste. Poi si dice che non si tratta delle «testuali parole» e di una «fedele trascrizione».
Ma il concetto perché non viene categoricamente smentito? Perché la sala stampa non afferma che quelle sono tesi eretiche totalmente respinte da papa Bergoglio? Perché non dichiara che egli ha detto l' esatto opposto e crede nell' inferno e nella pena eterna? C' è un gioco delle parti che va avanti da tempo. Periodicamente Scalfari esce riportando colloqui con Bergoglio dove a quest' ultimo vengono attribuite delle enormità (tipo: «Non esiste un Dio cattolico»).
Già padre Lombardi all' uscita dei primi due precisava che non erano interviste e che «le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al papa». Ma dopo un po' il papa ha addirittura ripubblicato quei due testi in un libro a sua nome. Quindi riconoscendone l' autenticità.

Solito copione - Anche questa tesi dell' abolizione dell' inferno non è affatto nuova. Scalfari gliel' aveva già attribuita tre volte e mai la Santa Sede lo ha smentito.

Prima in un editoriale del 21 settembre 2014. Poi il 15 marzo 2015: «La risposta di Francesco è netta e chiara: non c' è punizione, ma l' annullamento di quell' anima».
Infine il 9 ottobre 2017, sempre rifacendosi alle loro conversazioni: «Papa Francesco - lo ripeto - ha abolito i luoghi di eterna residenza nell' Aldilà delle anime. La tesi da lui sostenuta è che le anime dominate dal male e non pentite cessino di esistere mentre quelle che si sono riscattate dal male saranno assunte nella beatitudine contemplando Dio. Questa è la tesi di Francesco».
Ieri è stato fatto un altro passo riportando un diretto virgolettato di Bergoglio e per la reazione suscitata è seguita la (mezza) marcia indietro.
Ma poco convincente. Il copione si ripete da tempo. Bergoglio usa Scalfari per lanciare il sasso nello stagno e poi, in base alle reazioni, si ripara dietro precisazioni opache. Intanto però il messaggio arriva al grande pubblico e la confusione e lo smarrimento nella Chiesa crescono.



Scalfari e il Papa, una farsa che deve finire
Riccardo Cascioli

http://lanuovabq.it/it/scalfari-e-il-pa ... eve-finire

Il Papa che nega l'esistenza dell'Inferno. Una enormità che per ore e ore è rimbalzata sui giornali di tutto il mondo, prima che la Santa Sede smentisse il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Eppure nel comunicato della Sala Stampa troppe cose non tornano....

Eugenio Scalfari

Ma cosa deve pensare un povero cattolico che la mattina del Giovedì santo si collega a Internet e viene a sapere che il Papa ha raccontato a un vecchio giornalista suo amico che l’inferno non esiste e le anime che non si pentono semplicemente scompaiono? Un Papa che nega due verità di fede: l’Inferno e l’immortalità dell’anima. Non può essere, non è mai accaduto nella storia della Chiesa. E poi proprio all’inizio del Triduo pasquale, dove riviviamo il sacrificio di Cristo, che è venuto a salvarci dal peccato. Un tempismo diabolico. Se non c’è l’inferno non c’è neanche la salvezza. Poco importa se non si tratta di un testo magisteriale ma dell’ormai solito articolo del fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che trascrive a senso un colloquio avuto a Santa Marta con papa Francesco. L’affermazione è di una enormità inaudita e dalle conseguenze devastanti.

Non è possibile, non è possibile che il Papa pensi questo; e ancor meno che lo dica così a cuor leggero in una conversazione con un giornalista che si sa avere l’abitudine di trascrivere i colloqui con il Papa, e che la Santa Sede già due volte ha smentito (pur sempre lasciando molti dubbi). Eppure dal Vaticano silenzio. Silenzio malgrado dal primo mattino diversi giornalisti abbiano chiesto immediatamente lumi ai responsabili della Sala Stampa.

Passano le ore, la notizia fa il giro del mondo: «Il Papa nega l’esistenza dell’Inferno». Equivale a dire che la Chiesa per Duemila anni ha scherzato, ha preso in giro un bel po’ di gente. Non solo sull’esistenza dell’Inferno. Dice il catechismo della Chiesa cattolica al no. 1035:«La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, “il fuoco eterno”. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira».

Se si può negare questa verità o metterla in discussione, perché non si potrebbe fare lo stesso con tutte le altre verità di fede? Perché credere alla santissima Trinità, o a Dio creatore, o all’Incarnazione? Le ricadute di una tale affermazione sono esplosive, significa negare la stessa funzione della Chiesa. Non è possibile che il Papa possa dire una enormità del genere. Eppure, continuano a passare le ore e dal Vaticano nulla, malgrado il pressing asfissiante dei giornalisti.

Finalmente, poco dopo le 15 la Sala Stampa si degna di diffondere un comunicato che smentisce le parole di Scalfari:

«Il Santo Padre Francesco ha ricevuto recentemente il fondatore del quotidiano La Repubblica in un incontro privato in occasione della Pasqua, senza però rilasciargli alcuna intervista. Quanto riferito dall’autore nell’articolo odierno è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. Nessun virgolettato del succitato articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre».

Si tira un sospiro di sollievo. In effetti non poteva essere possibile che il Papa affermasse con tanta leggerezza una enormità del genere. Eppure… Eppure qualcosa non torna. Nove ore per smentire una clamorosa eresia attribuita al Papa: da non credere, una cosa che meriterebbe le dimissioni in blocco di tutti i responsabili della comunicazione vaticana.

E poi il contenuto della smentita, assolutamente inadeguata alla gravità della materia. Non si afferma che Scalfari si è inventato tutto, come qualcuno si è precipitato a scrivere. Le affermazioni sono molto più prudenti per non dire ambigue:

1. Si dice che l’incontro tra il Papa e Scalfari c’è stato ma non era concepito come intervista. Già, ma a parte la prima volta, tutti gli incontri di Scalfari con Francesco erano colloqui privati che poi puntualmente sono finiti sulle pagine di Repubblica. Si poteva dare dunque per scontato che anche stavolta sarebbe andata così;

2. Quanto scritto su Repubblica, secondo la Sala Stampa, non è inventato ma è una «ricostruzione», semplicemente «non sono le parole testuali del Papa». Se l’italiano non è un’opinione vuol dire comunque che dell’argomento si è parlato e qualcosa del genere è stato detto, tanto che si precisa che le parole non sono state trascritte fedelmente.

Bisogna ricordare che nelle occasioni precedenti in cui la Sala Stampa era dovuta intervenire per smentire gli articoli di Scalfari, l’allora portavoce padre Lombardi aveva precisato che la trascrizione non era fedele, però riportava «il senso e lo spirito del colloquio».

Non solo, non è neanche la prima volta che Scalfari attribuisce al Papa questo pensiero sull’inferno. Scriveva infatti lo scorso 9 ottobre: «Papa Francesco - lo ripeto - ha abolito i luoghi di eterna residenza nell'Aldilà delle anime. La tesi da lui sostenuta è che le anime dominate dal male e non pentite cessino di esistere mentre quelle che si sono riscattate dal male saranno assunte nella beatitudine contemplando Dio».

Allora non fu smentito, forse perché l’articolo non si presentava come una intervista diretta al Pontefice o perché era inserito all’interno della recensione di un libro di mons. Paglia. Resta il fatto che Scalfari, nelle sue «ricostruzioni» già da tempo insiste nel dire che con lui il Papa nega l’esistenza dell’Inferno.

Tali enormità vanno smentite con ben altra convinzione e determinazione, con la coscienza della gravità del fatto, e magari cogliendo l’occasione per ribadire la dottrina della Chiesa in materia (noi lo facciamo oggi, clicca qui). Ma soprattutto, visto che dell’argomento si è trattato, spiegare che cosa ha veramente detto il Papa a Scalfari, spazzando via così ogni ambiguità e confusione sull’argomento.

Infine, a questo punto, visto che è recidivo, si potrebbero anche valutare azioni legali nei confronti di Scalfari se è vero che approfitta di un’amicizia e, forse, di una debolezza del Papa, per gettare scompiglio nella Chiesa. E certamente anche l’Ordine dei Giornalisti avrebbe l’obbligo di intervenire come farebbe, per molto meno, nei confronti di altri colleghi.

Chiunque, potendolo evitare, permetta che questa farsa vada avanti ne è complice.





Vittorio Feltri: "Papa Francesco e l'inferno che non esiste, perché ha ragione Scalfari"
30 Marzo 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... mani-.html

Anche io come quasi tutti gli italiani sono cresciuto in parrocchia e all' oratorio. La mia formazione è stata di tipo cristiano e non ho di che lamentarmi. Anzi. I preti mi hanno aiutato e sono loro grato. Capisco Eugenio Scalfari che, avendo superato i 90 anni, abbia voglia di conversare con il Papa, capo della Chiesa e quindi autorizzato a discettare dell' aldilà e dell' aldiquà. Alla fine dell' esistenza qualche dubbio e qualche speranza vengono a tutti.
In fondo l' ideatore e il realizzatore del quotidiano La Repubblica mi fa tenerezza, ispira simpatia quando, stanco di discutere di Renzi, Berlusconi e Di Maio, si rivolge direttamente al Pontefice per sfogare i suoi cattivi umori. Il quale Pontefice, poi, attraverso l' ufficio stampa del Vaticano, smentisce di aver detto al Fondatore che l' inferno non esiste.

Non so se Scalfari abbia interpretato male il pensiero di Francesco o se questi si sia pentito di aver dichiarato che la massima pena prevista per i peccatori incalliti non sia quella di bruciarsi i glutei tra le fiamme appiccate dal Diavolo. Tuttavia, istintivamente, do ragione a Eugenio, il quale gli attribuisce di aver sostenuto che i tormenti eterni sono fantasiosi. L' ex direttore sarà pure un tipo stravagante, ma non si può negare sia intelligente e creda poco al rogo per le anime dannate, supponendo che neanche Bergoglio si beva certe bischerate. D' altronde ci viene da ridere se i musulmani sono convinti, morendo, di andare in Paradiso dove sono attesi da una settantina di vergini pronte a soddisfare i loro desideri. Pertanto non possiamo rimanere seri dinanzi alla prospettiva, una volta tirate le cuoia, che alcuni di noi - i più cattivi - siano destinati ad essere abbrustoliti sulla brace del demonio. Non desidero sfottere chi ha fede in Dio, ciascuno ha il diritto di confidare in una improbabile vita eterna, ma che i prelati insistano nel raccontarci una frottola assurda quale l' inferno come mèta dei reprobi, è inaccettabile.

Ci scambiano per fessi islamici? Andiamo, ragazzi, non esageriamo con le ipotesi catastrofistiche.
Signori cristiani, per favore, noi vi rispettiamo, però evitate di prenderci per il culo minacciandoci di essere arrostiti sulla graticola. Che razza di Padreterno sarebbe uno che per vendetta ti infligge un castigo crudele di questa fatta: brucia, coglione. La si pianti di propalare simili castronerie. Piuttosto si legga il Nuovo testamento nel quale non si accenna neppure all' inferno, bensì si cita la Geenna che era una discarica, in pratica. Mi risulta che la Bibbia si limiti a dire che i buoni resusciteranno e che i malvagi rimarranno stecchiti. Tutto il resto è invenzione dei bigotti che non hanno mai letto un testo sacro. Bravo Scalfari.



I difensori dell'inferno. Le inutili polemiche sulla frase del Papa riportata da Scalfari
Salvatore Izzo30 marzo 2018

https://www.agi.it/blog-italia/il-papa- ... 2018-03-30

Le anime dei corrotti, ovvero dei peccatori che scelgono consapevolmente di non pentirsi nemmeno al momento della morte, “non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”.

Queste parole attribuite da Eugenio Scalfari a Papa Francesco hanno scatenato un putiferio, nonostante non siano affatto eterodosse e tanto meno eretiche (il che in effetti sarebbe impossibile in quanto proprio il Papa rappresenta la misura dell'ortodossia).

Quello sull’Inferno è un dibattito teologico aperto nel quale probabilmente Papa Francesco ritiene sia saggio non schierarsi, e questa volontà di evitare polemiche dannose all'unità della Chiesa spiega la decisione di precisare, come ha fatto la Sala Stampa della Santa Sede, che anche se la conversazione tra Papa Francesco e Eugenio Scalfari c’è stata, in realtà si trattava di “un incontro privato in occasione della Pasqua”. Il Pontefice cioè non intendeva “rilasciargli alcuna intervista”. “Quanto riferito dall’autore nell’articolo – dunque – è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. E nessun virgolettato dell’articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre”.

Ma nonostante non siano virgolettati, le parole riportate da Scalfari non dovrebbero destare scalpore: sono infatti del tutto compatibili con la tradizionale dottrina cattolica, come enunciata nel Catechismo promulgato da Giovanni Paolo II e redatto sotto la direzione dell'allora cardinale Joseph Ratzinger.

Il Catechismo della Chiesa non parla di un luogo fisico ma di una condizione

"La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira", spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1035. E il capitolo successivo chiarisce: "Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: 'Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!'. Secondo il Catechismo, che parla solo in senso figurato di "discesa agli inferi", resta chiaro che "Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole 'che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi'.

E proprio a queste parole della Seconda Lettera di San Pietro si riferiva il grande teologo tedesco Hans Urs von Balthasar, designato cardinale da Papa Wojtyla e purtroppo deceduto prima di ricevere porpora e berretta, che immaginava l'inferno fosse vuoto.

La tesi di von Balthasar afferma che sperare la salvezza eterna di tutti gli uomini non è contrario alla fede. Essa si avvale dell'autorità di alcuni Padri della Chiesa, tra i quali Origene e Gregorio Nisseno, ed è condivisa da non pochi teologi contemporanei, tra i quali Guardini e Daniélou, de Lubac, Ratzinger e Kasper, e da scrittori cattolici come Claudel, Marcel e Bloy. Ai suoi critici von Balthasar replicava: "La soluzione da me proposta, secondo la quale Dio non condanna alcuno, ma è l'uomo, che si rifiuta in maniera definitiva all'amore, a condannare se stesso, non fu affatto presa in considerazione. Avevo anche rilevato che la Sacra Scrittura, accanto a tante minacce, contiene pure molte parole di speranza per tutti e che, se noi trasformiamo le prime in fatti oggettivi, le seconde perdono ogni senso e ogni forza: ma neppure di questo si è tenuto conto nella polemica. Invece sono state ripetutamente travisate le mie parole nel senso che, chi spera la salvezza per tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle, 'spera l'inferno vuoto' (che razza di espressione!). Oppure nel senso che chi manifesta una simile speranza, insegna la 'redenzione di tutti' condannata dalla Chiesa, cosa che io ho espressamente respinto: noi stiamo pienamente sotto il giudizio e non abbiamo alcun diritto e alcuna possibilità di conoscere in anticipo la sentenza del giudice. Com'è possibile identificare speranza e conoscenza? Spero che il mio amico guarirà dalla sua grave malattia - ma per questo forse lo so?".

L'inferno vuoto del dopo Concilio e quello di Dante Alighieri

In realtà tanto le parole di Balthasar che quelle attribuite da Scalfari al Papa felicemente regnante sono perfettamente compatibili con la Dottrina della Chiesa. Benedetto XVI andò ben oltre, quando nel suo Pontificato abolì - si fa per dire - il Limbo affermando giustamente che i neonati morti prima del Battesimo hanno accesso al Paradiso grazie alla Redenzione di Gesù che mai avrebbe voluto escluderli. La diatriba su come tradurre la parola "multos" con la quale il Vangelo indica i destinatari della Salvezza gudagnataci dal Sacrificio di Cristo non inficia infatti la possibilità che tutti possano essere perdonati, evocata tra l'altro da Papa Francesco proprio nella messa in. Coena Domini celebrata al carcere di Regina Coeli: "questo è Gesù: non ci abbandona mai; non si stanca mai di perdonarci. Ci ama tanto".

Oltre che una grande opera letteraria, la Commedia di Dante Alighieri ha rappresentato per secoli anche una (impropria) fonte della Rivelazione, come fosse una semi-Bibbia, per questo venne chiamata "Divina Commedia". Da qui l'equivoco dell'Inferno come luogo fisico, legato a una visione molto materialistica della vita oltre la morte. "Ma - come ha scritto padre Giandomenico Mucci sulla Civiltà Cattolica - la Commedia è Dante". E tra l'altro "un'altra cosa ancora sono i commenti dei dantisti". Su questi si appoggiano i difensori dell'Inferno insorti oggi contro Francesco e la lettura che del Papa ha offerto Scalfari. Essi mostrano un interesse morboso per l'Inferno, forse anche a causa di paure inconsce e sensi di colpa non del tutto sopiti. E difendono l'Inferno (peraltro banalizzato dal linguaggio corrente) come se "il retro della medaglia", sia necessario a tenere in piedi la fede nella Rivelazione, ovvero, ragionano, "che gusto ci sarebbe a salvarsi se poi si salvano tutti?". Meglio - dicono loro - che ci sia qualcuno che in terra manca il fine ultimo. Una speranza nel potere del Male che davvero si oppone alla visione cristiana.

"Il Magistero della Chiesa sull'inferno - riassume invece lo stesso padre Mucci - insegna tre cose. La prima: esiste dopo la morte terrena uno stato, non un luogo, che spetta a chi è morto nel peccato grave e ha perduto la grazia santificante con un atto personale. E la cosiddetta retribuzione dell'empio. La seconda: questo stato comporta la privazione dolorosa della visione di Dio (pena dal danno). La terza: in questo stato c'è un elemento che, con espressione neo testamentaria, è descritto come 'fuoco' (pena del senso). Le due pene, e quindi anche l'inferno, sono eterne". Nulla di tutto questo ha negato o messo in discussione il Papa nemmeno nella lettura che di lui ha offerto Eugenio Scalfari. Semplicemente: perchè sia possibile dannarsi non serve che ci sia un "luogo" per i dannati.




Inferno, Averno, Ade, Charun, Caronte
viewtopic.php?f=44&t=2755
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » ven apr 27, 2018 9:22 am

???

La fede non si può comprare, si può solo chiedere
mercoledì 18 aprile 2018

https://www.avvenire.it/papa/pagine/pap ... 18-04-2018

Il Papa ha proseguito il nuovo ciclo di catechesi sul Battesimo. E ha lanciato un nuovo appello per Alfie e Lambert
"Rinnovare gli impegni, comprendere meglio questo dono che è il Battesimo. E ricordare il giorno del nostro battesimo". È l'invito che papa Francesco ha rivolto oggi nell'odierna udienza assegnando gli stessi "compiti a casa" assegnati una settimana fa: "Mercoledì scorso ho chiesto di fare i compiti a casa – ha ricordato Francesco – e ognuno di noi a ricordare il giorno del battesimo, in quale giorno sono stato battezzato. Io so che alcuni di voi lo sanno, altri no. Quelli che non lo sanno domandino ai parenti, ai padrini, alle madrine, qual è la data del mio Battesimo", che "è una rinascita, è come se fosse il secondo compleanno".

La fede è un dono, non si può comprare

Il Battesimo "implica una risposta personale e non presa a prestito, con un copia e incolla". Così il Papa si è espresso nella seconda catechesi dedicata al Battesimo ricordando che "la vita cristiana è intessuta di una serie di chiamate e di risposte: Dio continua a pronunciare il nostro nome nel corso degli anni, facendo risuonare in mille modi la sua chiamata a diventare conformi al suo Figlio Gesù". "È importante dunque il nome!", ha esclamato Francesco: "I genitori pensano al nome da dare al figlio già prima della nascita: anche questo fa parte dell’attesa di un figlio che, nel nome proprio, avrà la sua identità originale, anche per la vita cristiana legata a Dio". Nel rito di accoglienza, "viene chiesto il nome del candidato, perché il nome indica l’identità di una persona", ha fatto notare il Papa: "Quando ci presentiamo diciamo subito il nostro nome, così da uscire dall'anonimato". "L’anonimo è quello che non ha nome", ha aggiunto a braccio: "Senza nome si resta degli sconosciuti, senza diritti e doveri". Dio, invece, "chiama ciascuno per nome, amandoci singolarmente, nella concretezza della nostra storia", e il Battesimo "accende la vocazione personale a vivere da cristiani, che si svilupperà in tutta la vita".

Fare il segno della croce quando ci svegliamo, prima dei pasti, davanti a un pericolo

"La croce è il distintivo che manifesta chi siamo: il nostro parlare, pensare, guardare, operare sta sotto il segno della croce, ossia dell'amore di Gesù fino alla fine. Fare il segno della croce quando ci svegliamo, prima dei pasti, davanti a un pericolo, a difesa contro il male, la sera prima di dormire, significa dire a noi stessi e agli altri a chi apparteniamo, chi vogliamo essere" ha sottolineato ancora papa Francesco. Alla folla dei fedeli il Papa ha dato anche un consiglio pratico: "come facciamo entrando in chiesa, possiamo farlo anche a casa, conservando in un piccolo vaso adatto un po' di acqua benedetta: così, ogni volta che rientriamo o usciamo, facendo il segno della croce con quell'acqua ci ricordiamo che siamo battezzati".

Insegnate ai bambini a fare bene il segno della Croce

Ricordando poi che "i bambini sono segnati in fronte", Francesco ha confidato la sua preoccupazione per il fatto che molti bambini non sanno farsi il segno della croce in modo corretto perché nessuno glielo insegna. "I nostri bambini sanno farsi il segno della croce bene? - si è chiesto papa Francesco parlando a braccio - Tante volte io ho visto bambini che per farsi della croce fanno così... non sanno farsi il segno della croce". "E voi, papà, mamme, nonni, nonne, padrini e madrine - ha proseguito Francesco - dovete insegnare bene ai bambini a farsi il segno della croce, perché è un ripetere quello che è stato fatto nel battesimo". "Avete capito? - ha aggiunto - Insegnare ai bambini a farsi bene il segno della croce. Da bambini, perché se imparano da bambini, lo faranno bene anche da grandi".

"La croce è il distintivo che manifesta chi siamo: il nostro parlare, pensare, guardare, operare sta sotto il segno della croce, ossia dell'amore di Gesù fino alla fine", ha concluso il Pontefice.
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » ven apr 27, 2018 9:27 am

Cosa ti fanno fare le favole o fedi idolatre

Un bellissimo racconto di Giovannino Guareschi intitolato "Giacomone", è un po' lungo ma ti commuoverà:

https://www.facebook.com/bruno.venturi. ... 2302347083

il vecchio Giacomone aveva bottega nella città bassa. Una stanzaccia con un banco da falegname, una stufetta di ghisa e una cassa.
Dentro la cassa, Giacomone teneva un materasso di crine che, la sera, cavava fuori e distendeva sul banco: e lì dormiva. Anche il mangiare non era un problema serio per Giacomone perché, con un pezzetto di pane e una crosta di formaggio, tirava avanti una giornata: il problema era il bere. Giacomone, infatti, aveva uno stomaco di quel tipo che usava tempo addietro: quando, cioè, c’era gente che riusciva a trovare dentro una pinta di vino il nutrimento necessario per vivere sani e svelti come un pesce. Forse perché, allora, non avevano ancora inventato le calorie, le proteine, le vitamine e le altre porcherie che complicano la vita d’oggigiorno.
Giacomone, quindi, finiva sbronzo la sua giornata: d’estate dormiva sulla prima panchina che gli capitava davanti. D’inverno dormiva sul banco. E, siccome il banco era lungo ma stretto e alto, Giacomone, agitandosi, correva il rischio di cascare per terra: allora, prima di chiudere gli occhi, si avvolgeva nel tabarro serrandone i lembi fra le ganasce della morsa. Così poteva rigirarsi senza il pericolo di sbattere la zucca contro i ciottoli del pavimento.
Giacomone accettava soltanto lavori di concetto: riparazioni di sedie, di cornici, di bigonci e roba del genere. La falegnameria pesante non l’interessava. E, per falegnameria pesante, egli intendeva ogni lavoro che implicasse l’uso della pialla, dello scalpello, della sega. Egli ammetteva soltanto l’uso della colla, della carta vetrata, del martello e del cacciavite. Anche perché non possedeva altri strumenti. Giacomone, però, trattava anche il ramo commerciale e, quando qualcuno voleva sbarazzarsi di qualche vecchio mobile, lo mandava a chiamare. Ma si trattava sempre di bagattelle da quattro soldi e c’era poco da stare allegri.
Un affare eccezionale gli capitò fra le mani quando morì la vecchia che abitava al primo piano della casa dirimpetto alla sua bottega. Aveva la casa zeppa di roba tenuta bene e toccò ogni cosa a un nipote che, prima ancora di entrare nella casa, si preoccupò di sapere dove avrebbe potuto vendere tutto e subito.

Giacomone si incaricò della faccenda e, in una settimana, riuscì a collocare la mercanzia. Alla fine, rimase nell’appartamento soltanto un gran Crocifisso di quasi un metro e mezzo con un Cristo di legno scolpito.
«E quello?» domandò l’erede a Giacomone indicandogli il Crocifisso.
«Credevo che lo teneste» rispose Giacomone.
«Non saprei dove metterlo» spiegò l’erede. «Vedete di darlo via. Pare molto antico. C’è il caso che sia una cosa di valore».
Giacomone aveva visto ben pochi Crocifissi in vita sua: comunque era pronto a giurare che quello era il più brutto Crocifisso dell’universo. Si caricò il crocione in spalla ma nessuno lo volea.
Tentò il giorno dopo e fu la stessa cosa. Allora arrivò fino a casa dell’erede e gli disse che se voleva vendere il Crocifisso si arrangiasse lui.
«Tenetevelo» rispose l’erede. «Io non voglio più saperne niente. Se vi va di regalarlo regalatelo. Se riuscirete a smerciarlo, meglio per voi: soldi vostri.»
Giacomone si tenne il Crocifisso in bottega e, il primo giorno che si trovò senza soldi, se lo caricò in spalla e andò in giro a offrirlo.
Girò fino a tardi e, prima di tornare in bottega, entrò nell’osteria del Moro. Appoggiò il Crocifisso al muro e, sedutosi a un tavolo, comandò un mezzo di vino rosso.
«Giacomone» gli rispose l’oste «dovete già pagarmi dodici mezzi. Pagate i dodici e poi vi porto il vino».
«Domani pago tutto» spiegò Giacomone. «Sono in parola con una signora di Borgo delle Colonne. È un Cristo antico, roba artistica, e saranno soldi grossi».
L’oste guardò il Cristo e si grattò perplesso la zucca:
«Io non me ne intendo» borbottò «ma ho l’idea che un Cristo più brutto di quello lì non ci sia in tutto l’universo».
«La roba antica più è brutta e più è bella» rispose Giacomone. «Voi guardate le statue del Battistero e poi ditemi se sono più belle di questo Cristo».
L’oste portò il vino, e poi ne portò ancora perché Giacomone aveva una tale fame che avrebbe bevuto una damigiana di barbera.
L’osteria si riempì di gente e il povero Cristo sentì discorsi da far venire i capelli ricci a un’ brigadiere dei carabinieri pettinato all’umberta.
A mezzanotte Giacomone tornò in bottega, col suo Cristo in spalla e, siccome due o tre volte si trovò a un pelo dal cadere lungo disteso perché quel peso io sbilanciava, tirò fuori di sotto il vino che aveva nello stomaco delle bestemmie lunghe come racconti.

La storia del Cristo si ripeté i giorni seguenti: e ogni sera Giacomone faceva tappa a un’osteria diversa e passò tutte le osterie dove era conosciuto.
Così continuò fino a quando, una notte, la pattuglia agguantò Giacomone che, col Cristo in spalla, navigava verso casa rollando come una nave sbattuta dalla burrasca.
Portarono Giacomone in guardina e il Cristo, appoggiato a un muro della stanza del corpo di guardia, ebbe agio di ascoltare le spiritose storie che rallegrano di solito i questurini di servizio notturno.
La mattina Giacomone fu portato davanti al commissario che gli disse subito che non facesse lo stupido e spiegasse dove aveva rubato quel Crocifisso.
«Me l’hanno dato da vendere» affermò Giacomone e diede il nome e l’indirizzo del nipote della vecchia signora morta.
Lo rimisero in camera di sicurezza e, verso sera, lo tirarono fuori un’altra volta.
«Il Crocifisso è vostro» gli disse il commissario «e va bene. Però questo schifo deve finire. Quando andate all’osteria, lasciate a casa il Cristo. La prima volta che vi pesco ancora vi sbatto dentro».
Fu, quella, una triste sera per il Cristo: perché Giacomone se la prese con lui e gli disse roba da chiodi.
Si ubriacò senza Cristo ma, alle tre del mattino, si alzò, si caricò il Cristo in spalla e, raggiunta per vicoletti oscuri la periferia, si diede alla campagna.
«Vedrai se questa volta non riesco a rifilarti a qualche disgraziato di villano o di parroco!» disse Giacomone al Cristo.
Era autunno e incominciava a far fresco, la mattina: Giacomone s’era buttato addosso il tabarro e così, col grande Crocifisso in spalla e il passo affaticato, aveva l’aria di uno che viene da molto lontano.
All’alba, passò davanti a una casa isolata: una vecchia era nell’orto e, vedendo Giacomone con la croce in spalla, si segnò.
«Pellegrino!» disse la vecchia. «Volete una scodella di latte caldo?»
Giacomone si fermò.
«Andate a Roma?» s’informò la vecchia.
Giacomone fece cenno di sì con la testa.
«Da dove venite?»
«Friuli» disse Giacomone.
La vecchia allargò le braccia in atto di sgomento e gli ripeté che entrasse a bagnarsi le labbra con qualcosa.
Giacomone entrò. Il latte, a guardarlo, gli faceva nausea: poi lo assaggiò ed era buono. Mangiò mezza micca di pane fresco e continuò la sua strada.
Schivò le strade provinciali; prese scorciatoie attraverso i campi e batté le case isolate.
«Passo di qui perché la strada è piena di sassi e di polvere e ho i piedi che mi sanguinano e gli occhi che mi piangono» spiegava Giacomone quando traversava qualche aia. «E poi ho fatto il voto così. Vado a Roma in pellegrinaggio. Vengo dal Friuli».
Una scodella di vino e un pezzo di pane non glieli negava nessuno. Giacomone metteva il pane in saccoccia, beveva il vino e riprendeva la sua strada. Di notte smaltiva la sua sbronza sotto qualche capanna in mezzo ai campi.
In seguito era diventato più furbo: s’era procurato una specie di grossa borraccia da due litri. Non beveva il vino quando glielo davano; lo versava dentro la borraccia:
«Mi servirà stanotte se ho freddo o mi viene la debolezza» spiegava.
Poi, appena arrivato fuori tiro, si attaccava al collo della borraccia e pompava. Però faceva le cose per bene in modo da trovarsi la sera con la borraccia piena. Allora, quando si era procurato il ricovero, scolava la borraccia e perfezionava la sbornia.

Il freddo incominciò a farsi sentire, ma, quando Giacomone aveva fatto il pieno, era come se avesse un termosifone acceso dentro la pancia.
E via col suo povero Cristo in spalla.
«Vado a Roma, vengo dal Friuli» spiegava Giacomone. E quando era sborniato e traballava, la gente diceva:
«Poveretto, com’è stanco!».
E poi gli era cresciuta la barba e pareva un romito davvero.
Giacomone, che aveva la testa sulle spalle, aveva fatto in modo di gironzolare tutt’attorno alla città: ma l’uomo propone e il vino dispone. Così andò a finire che perdette la bussola e si trovò, un bel giorno, a camminare su una strada che non finiva mai di andare in su.
Voleva tornare indietro e rimanere al piano: poi pensò che gli conveniva approfittare di quelle giornate ancora di bel tempo per passare il monte. Di là avrebbe trovato il mare e, al mare, freddo che sia, fa sempre caldo.
Camminò passando da una sbronza all’altra, sempre evitando la strada perché aveva paura di imbattersi nei carabinieri: prendeva i sentieri e questo gli permetteva di battere le case isolate.
L’ultima sbronza fu straordinaria perché capitò in una casa dove si faceva un banchetto di nozze e lo rimpinzarono di mangiare e di vino fino agli occhi.
Oramai era quasi arrivato al passo. La notte dormì in una baita e, la mattina dopo si svegliò tardi, verso il mezzogiorno: affacciato alla porta della baracca si trovò in mezzo a un deserto bianco con mezza gamba di neve. E continuava a nevicare.
“Se mi fermo qui rimango bloccato e crepo di fame o di freddo” pensò Giacomone e, caricatosi il Cristo in spalla, si mise in cammino.
Secondo i suoi conti, dopo un’ora avrebbe dovuto arrivare a un certo paese. Aveva ancora la testa annebbiata per il gran vino bevuto il giorno prima, e poi la neve fa perdere l’orizzonte.
Si trovò, sul tardo pomeriggio, sperduto fra la neve. E continuava a nevicare.
Si fermò al riparo di un grosso sasso. La sbornia gli era passata completamente. Non aveva mai avuto il cervello così pulito.
Si guardò attorno e non c’era che neve, e neve veniva giù dal cielo. Guardò il Cristo appoggiato alla roccia.
«In che pasticcio vi ho messo, Gesù» disse. «E siete tutto nudo...».
Giacomone spazzò via col fazzoletto la neve che si era appiccicata sul Crocifisso. Poi si cavò il tabarro e, con esso, coperse il Cristo.
Il giorno dopo trovarono Giacomone che dormiva il suo eterno sonno, rannicchiato ai piedi del Cristo. E la gente non capiva come mai Giacomone si fosse tolto il tabarro per coprire il Cristo.
Il vecchio prete del paese rimase a lungo a guardare quella strana faccenda. Poi fece seppellire Giacomone nel piccolo cimitero del paesino e fece incidere sulla pietra queste parole:

Qui giace un cristiano
e non sappiamo il suo nome
ma Dio lo sa
perché è scritto nel libro dei Beati.


Gino Quarelo
È triste che uno muoia per coprire un pezzo di legno; capisco se avesse protetto un'altro essere umano ... ma morire di freddo per coprire una statua è veramente demenziale e sulla strada per Roma poi! Che fine idiota da idolatra!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » ven apr 27, 2018 9:30 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fede naturale e fede religiosa

Messaggioda Berto » ven apr 27, 2018 9:59 am

Un dialogo tra credenti religiosi e fideisti e credenti naturali non religiosi


ESSERE CRISTIANI.
Ci sono due modi di essere cristiani. Uno, osservare qualche comandamento ed elargire "l'obolo della vedova". Astuzia pacificatrice della coscienza. L'altro, non perdere neanche una delle stazioni della Via Crucis. Zelante, quotidiana auto-assoluzione. Il Vangelo, da Parola di Dio, resta lettera morta. Coda tagliata di lucertola; si dimena senza vita. Impraticabile


https://www.facebook.com/francesco.camp ... &ref=notif

Sebastiana Aliberti
È difficile dire : "io sono ", perfetto cristiano , è difficile credere ,chi è fanatico credente e praticante , è più facile e accettabile ammettere di non essere perfetto e di limitarsi a rispettare i 10 comandamenti , non sarà la via retta e perfetta nello zigzagare che la vita ci propone .Buona serata sign. Francesco.

Felicia Fugali
E tu fai vedere come si fa e come deve essere. In fondo sai bene che è facilissimo puntare il dito e che la pars destruens è anche divertente. È il dopo la grande sfida! E su quel dopo i santi costruiscono faticosamente la loro santità, sapendo, per giunta, che sono niente più il peccato.

Francesco Campisi
Ma io non sono cristiano. Io posso solo dimostrare di essere un animale evoluto.
E poi , Licia, la mia non è né parte destruens né construens. Non è una critica per nessuno.Se è per questo ho anche compassione per la grande incapacità di noi umani di non poterci sottrarre al mal agire. La mia è constatazione

Felicia Fugali
La tua constatazione si fonda sui sensi e questi ci ingannano sempre. Bisogna avere occhi per vedere oltre: pensa al bastone immerso nel secchio che sembra spezzato ma non lo è: così è della fede. L’esperienza mi conferma che Dio permette il male per trarne un bene maggiore e se anche non ci allontaniamo dalla percezione del bastone spezzato, sappiamo per certo che non lo è.

Margherita Campanella
Francesco, credo tu sia un uomo di fede, che dice ciò che realmente pensa, sempre, con coraggio. Non ti sembra di seguire "l'esempio" di Verità e giustizia, senza omissioni di sorta, iter di consapevolezza che esula da qualsivoglia dettame religioso? Segui, così facendo, la Via e la Verità, indicate da Cristo. Non ti sembra d'essere, in questi termini, già un buon cristiano?

Francesco Campisi
Margherita, grazie della tua analisi.Se si potesse dire, direi che sono un "cristiano non credente". Non credente al castello della dottrina religiosa. Credente al mistero cosmico - di cui io stesso faccio parte e in cui sono immerso- orientato alla compassione, al bene, all'armonia

Margherita Campanella
Francesco, non posso che condividere.
L'oppio dei popoli, drogati da religioni sanguinarie (cattolica inclusa a pieno merito), hanno già procurato troppi danni e dolore.

Felicia Fugali
Margherita, parli senza alcuna cognizione di causa. E tu Francesco, che una spolveratina di cristianesimo l’hai avuta, spiega la differenza tra cosmo e Cristo. Io non ho voglia di cominciare dalle aste e dovreste essere interessati alla materia, invece vi autoincensate e la smetto qui. A tal riguardo diceva Gesù ai farisei e ai dottori della Legge: Voi siete ciechi, ma siccome dite di vederci la vostra cecità rimane.

Margherita Campanella
E sì che che la cecità rimane, cara Felicia...ho notato.

Alberto Pento
L'umanità vive, prospera e migliora grazie all'uomo imperfetto di buona volontà e ai suoi miracoli ragionevoli che al "santo idolatra" a cui non riesce mai un miracolo mirabolante e irragionevole.

Felicia Fugali
Il miracolo più grande è l’amore e quello solo Cristo lo comanda.

Ornella Dall'Alba
Tertium non datur...?

Francesco Campisi
Datur, datur tertium...,Ornella. Già Agostino vedeva la presenza ontologica di Dio in ogni cosa, anche in una foglia.... Mutatis mutandis,non è questione di " credere", ma di "sentire"; e dunque credere.Io sento e dunque credo che un unico Spirito o Energia ...pervada ogni cosa, dal regno minerale al regno vegetale...a quello animale . Ne consegue un certo animismo o , meglio, la sacralità di ogni cosa; e la validità dei valori universali, giustificati e fondati sulla tendenza di questa Energia all'armonia, al bello e al bene.Insomma, una religione laica , incarnata e fattiva ad ogni istante, in ogni luogo, con chiunque, pietra, pianta, animale, uomo..

Ornella Dall'Alba
Religione laica...colgo un ossimoro, Francesco, nell'accostamento di questi due termini... A prescindere, infatti, dall'adesione ad una qualsiasi confessione religiosa, nel momento in cui parli di Spirito (che identifichi col concetto di Energia), presupponi, comunque, una dimensione trascendente e la confermi quando parli di animismo, di sacralità insita in ogni cosa, che si traduce, poi, in valori universali, che trovano, in questa sacralità, la loro ragione di esistere.
Ma va bene... l'essere umano ha sempre cercato , nel rifiuto di accettare il mistero della propria vita , nel tentativo di fugare i propri terrori, di credere in un Qualcosa di trascendente, capace di fornirgli anche quelle motivazioni esistenziali ed etiche, di cui ha bisogno.

Alberto Pento
La spiritualità naturale è universale e dotazione di tutte le creature e le cose, coincide con la vita e non si contrappone alla materia. La spiritualità religiosa è invece una spiritualità artificiale, deformata, incoerente e contrapposta alla vita.


Ornella Dall'Alba
Io credo che ciò che tu chiami "spiritualita' " sia
sempre e comunque frutto di una proiezione (di suggestioni e di sensazioni) indirizzata dall'essere umano verso la realtà circostante, che, poi, l'uomo si illude di percepire come emanata dalle creature e dalle cose... Tu la senti, ad esempio, io no... io sento il dramma del vivere, in tutte le sue forme e in tutte le manifestazioni, su "quest'atomo opaco del Male "...

Alberto Pento
Bisogna andare alle radici delle parole: spirito è voce legata al respiro e il respiro è il segno elementare della vita che nelle piante avviene nelle foglie con il miracolo della fotosintesi cloriofilliana. Cosa c'è di più elementare e materiale del respiare? E proprio alla radice etimologica della parola che si incontra la spiritualità della materia e della vita naturale e universale che le religioni disprezzano e negano.
La trascendenza divina e spirituale è qualcosa di diverso dalla negazione come buona vita e dal disprezzo della materia, del corpo e della vita terrestre. Lo spirito divino anima tutte le cose e tutte le creature da sempre ed è presente in ogni cosa e in ogni luogo del creato o creazione che è perennemente in atto. Dio è altro dalla creazione ma non in contrapposizione, nel senso che Dio sfugge alla comprensione ragionevole della creatura che lo percepisce universalmente ed elementarmente come vita, spirito divino e vitale o energia o amore (in cui però viè anche la crudeltà o crudezza, il dolore, la malattia, la violenza, l'ingiustizia, l'imperfezione, la morte come parte della vita, della creazione che si rinnova), Dio è altro dalla creazione ma è anche nella e in parte la creazione che proviene da Dio stesso e che quindi non può essere altro da Dio.


Alberto Pento
Cristo non è Dio è solo l'interpretazione idolatra ddi Dio dei cristiani. Io sono felice di essermi liberato della ossessionante idolatria cristiana. Io non sono più cristiano, sono un uomo libero, un uomo di buona volontà pieno di spirito naturale e universale. Grazie! Seguire l'ebreo eretico Cristo, considerato come Dio, porta semplicemente alla morte, alla negazione e al disprezzo della vita vera che è solo questa e non quella supposta dopo la morte che è una credenza primitiva e idolatra.

Patrizia Degl'Innocenti
Sono..."CRISTINA"
Ma... Non... Praticante.... Molti... Sbaglino....... (CRISTANI... RELIGIONE.... CREDERE... QUALCOSA)
"IO... SONO.. AGNOSTICA"
Buona giornata.. Francesco

Felicia Fugali
Francesco, La tua constatazione si fonda sui sensi e questi ci ingannano sempre. Bisogna avere occhi per vedere oltre: pensa al bastone immerso nel secchio che sembra spezzato ma non lo è: così è della fede. L’esperienza mi conferma che Dio permette il male per trarne un bene maggiore e se anche non ci allontaniamo dalla percezione del bastone spezzato, sappiamo per certo che non lo è.

Felicia Fugali
Alberto, tu libero senza Cristo? Mi fai ridere! Scommetto che appena vedi una sottana sbavi e ti credi libero di correrle dietro e qui mi fermo. Ti dice nulla la frase schiavo del sesso, della droga, del gioco ecc.? Tutte cose che il vero cristiano tiene sotto i piedi. La mia aspirazione più grande è diventare profondamente schiava per amore, non di un povero essere che non sa neanche il significato della parola amore, ma di Cristo, che morí per amore a me.

Alberto Pento
Felicia, ridi pure e sii felice con la tua idolatria cristiana, io sono felicissimo senza.
Cara Felicia Fugali, Cristo l'ebreo eretico presuntuoso, esaltato e fanatico non morì per amore ma perche fu ucciso dai romani.

Felicia Fugali
Parli da perfetto ignorante, ma il problema è che l’ignoranza è sempre presuntosa e arrogante. Senza offesa. Per capire: Un mio zio che a stento sapeva leggere quando non c’era la tv, non poteva accettare che la terra girasse attorno al sole e per convincere quelli che studiavano diceva : “Se fosse come dite, io dovrei trovare la mia casa una volta a Gesu e una volta ai Scappuccini ( due località del nostro paese)”. Ridiamo?

Alberto Pento
Io preferisco mille volte la mia ignoranza di uomo di buona volontà aidolo che la tua sapienza di idolatra cristiana.

Agata Algozzino
Sarà per la stanchezza e i postumi del mal di testa, confortante autoassoluzione..
Ma non ho trovato grande differenza tra i due modi dell esser cristiano che hai evidenziato.
Esiste anche l'imperfetto perfetto nella consapevole imperfezione in cammino verso un miglioramento di sè con i mezzi che può , che cerca, che sperimenta..

Francesco Campisi
Perfetto...! Ma io voglio rimarcare la perfezione dell'imperfezione; che consiste nel credersi , da parte di tanti ,cristiani autentici , in un modo o l'altro. E, nel contempo, la perfezione con cui il messaggio evangelico fa credere possibile uno stile di vita impossibile

Agata Algozzino
Lo stile di vita del messaggio evangelico è più che possibile.
È fatto di quotidianità con cadute, ricadute, peccato, rifiuto e attimi intensi di riconquista della forza vitale che orienta volontà e illumina l agire. È molto più umano e semplice rispetto a stili di vita proposti dai media e dal consumistico e perfezionista " tipo umano" proposto ed esposto.
Almeno così io penso e credo , resta certo l enorme fatica di voler accettare ( capire si può col cervello)la logica della CROCE

Francesco Campisi
Proprio quello che dici dimostra l'impossibilità di una conversione coerente e aderente sul serio al Vangelo. Stili di vita così non sono superiori a quelli vissuti da tanti non credenti; che , anzi , spesso si pongono davanti al mondo con uno spirito di rispetto , di umiltà e senso del sacro.Non che l'essere credenti non possa essere una marcia in più nella crescita personale; anzi, di sicuro lo è. Ma se il punto di riferimento è il Vangelo, vien da sé la dimostrazione dell ' impossibilità di una sequela o una minima imitazione di Cristo per il semplice fatto che i sentieri da esso indicati- e da percorrere- travalicano la natura ( molto accidentata e imperfetta e fluttuante) dell'uomo

Agata Algozzino
Sono d accordo e fermamente convinta Francesco sulla non superiorità dello stile di vita cristiano rispetto ad altri Coerenza e aderenza "umane "indi imperfette si sPosano invece sul perfetto sentiero e sentire dell Evangelo. Le catechesi di grandi della chiesa che ho ascoltato con parole semplici e snocciolate me ne hanno spalancato intuizione Quanto alla sequela lungi dall'essere essere imperfettamente perfetta cristiana, io
Non sono all altezza di "dirti ".. ma se dovesse capitare leggi pure Cantalamessa, Rocchetta, Comastri, Bonetti, Zanotelli, Mi permetto perché è arricchendo anche per l intelletto e so che sei intellettualmente curioso.
Forse puoi trovare omelie e catechesi in video ché sentire la voce è diversaMente e maggiormente bello.
Lieta chiacchierata nel tuo salotto dialettico
Buonanotte e a presto

Carla Cappadonna
Tutto ciò che ci circonda suscita meraviglia per la sua perfezione allo scopo e ciò non può essere che l'effetto di una reazione chimica che sprigiona energia da milioni di anni e ancora non trova il suo completamento. È davanti a questa Madre Natura fatta di vivo e di inanimato che dobbiamo mostrare il nostro rispetto e la nostra devozione

Felicia Fugali
Agata, il consapevole imperfetto, in cammino verso il miglioramento, è il vero cristiano.

Felicia Fugali
Caro Francesco, se togli di mezzo Gesù Cristo e la sua croce è normale che non ci capisci niente nè della vita nè della possibilità di vivere il Vangelo. Possibilissimo se San Paolo si esprime: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno.” Impossibile? Ancora lui: “Tutto posso in Colui che mi dà forza “. Il tuo problema è che vedi il mondo con i tuoi occhi miopi credendoli perfetti e tutto relazioni alla tua persona e al tuo modo d’essere. Esiste un Universo in divenire fuori di te, possibile che non te ne renda conto, così filosofo come sei. Ti consiglio di salire più in alto che puoi e vedrai che differenza! Non vuoi accettare la somma verità scoperta dal grande Socrate: “So di non sapere”.
Quanto ai cristiani santi, dovresti seguire il consiglio della nostra amica e informarti, il web è una miniera, ma io ho trovato sconvolgente leggere S Agostino, Santa Teresa dAvila, L’imitazione di Cristo... tanto per citarne alcuni, e un bellissimo Catechismo della Chiesa Cattolica... Chi non sa è menomato, ma adesso è facile sapere.

Alberto Pento
Per essere un buon uomo non occorre essere cristiano, a volte è proprio il contrario. Anche per vivere pienamente la vita e l'umanità non serve essere cristiani, a volte è il contrario. Le fedi religiose sono tutte delle possessioni-ossessioni che spesso possono fare del male e non è affatto vero che migliorino l'uomo. La vera religione è la vita, il vivere nel migliore dei modi l'umanità che è data all'uomo e inscritta nella sua natura. L'imitazione di Cristo per me è un orrore. Preferisco di gran lunga la religiosità ebraica che è la meno idolatra di tutte e quella più vicina alla religiosità naturale e ragionevole dell'uomo di buona volontà.


Alberto Pento
Fede naturale e fede religiosa
viewtopic.php?f=201&t=2742


Francesco Campisi
Condivido quasi tutto con Alberto. Ornella, le contraddizioni non sono un ostacolo alla comprensione delle cose, del mondo, del cosmo : questo basa la sua vita e il suo divenire sugli opposti (sulle contraddizioni), che, interagendo , ne accedono il dinamismo vitale ). La comprensione del mondo presuppone l'esame degli opposti nel loro interagire. Non esiste realtà, evento...sentimento...senza inter-relazione tra opposti e loro infinite sfumature. "Cristiano laico" è un ossimoro: ma gli ossimori sono la linfa del mondo. Ancora : la contrapposizione "materia" - "spirito" è inesistente. Solo scolastica. Esiste una sola realtà ontologica, che partendo da particelle apparentemente senza massa- che appaiono e scompaiono di continuo- e che interagendo far loro, danno luogo a quella che chiamiamo materia. In altre parole tutto è Energia. Nulla vieta di chiamare l'Energia " Dio".Questione di nome. È nell'Energia la tensione ad organizzarsi, pur nel guazzabuglio distruttivo del caos ( e del male) , in strutture di armonie e verso il bene ed il buono. Da qui, la possibilità di un senso del sacro, da parte di un" non credente",di un cosiddetto laico e la determinazione trascendente-immanente a praticare il bene e a stupirsi per le meraviglie della Natura ; un afflato religioso spesso più profondo ,perché autentico, rispetto quello di coloro che professano "una religione prefabbricata. Per me è sacra anche una pietra. Agata, per anni ho frequentato la Chiesa. Attivamente impegnato. Ho letto Agostino (tre volte le sue Confessioni ), l'Imitazione di Cristo, parecchie letture dei Padri della Chiesa, ascoltato non so quante omelie, so a memoria il Catechismo della Chiesa cattolica, ho letto qualche saggio di qualche teologo ( non ultimo, V. Mancuso, per quanto, questo, in disaccordo con la dottrina cattolica) ecc. ecc. Come un'ape sugge il nettare dai fiori, da tutto ciò mi sono arricchito. Ma, alla fine, ho chiuso il cerchio conciliando scienza e fede, in una sintesi che dà ragione del sacro e dell'orrido, del bene e del male. E della effettiva "natura " nostra .

Agata Algozzino Bellissima
Profondissima riflessione e incipit per nuove altre ancora sulla relAzione interAzione che fa crescere attraverso lo sguardo "altro"
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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