Ramadam un falso e ridicolo digiuno

Ramadam un falso e ridicolo digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 9:50 pm

Ramadam un falso e ridicolo digiuno
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 9:51 pm

Digiunare significa non mangiare, ma non mangiare di giorno e mangiare di notte è un falso digiuno.

Il ramadam è una delle credenze idolatre dei mussulmani come lo sono le altre tre dei cinque pilastri dell'Islam;
tra i cinque pilastri dell'Islam, la sola prescrizione sensata, umanamente e spiritualmente valida è quella dell'elemosina o carità umana che è valore universale, tutto il resto è pura superstizione idolatra.

Il digiuno del ramadam è una barzelletta.
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 9:52 pm

Il Ramadan è il mese nel quale si pratica il digiuno (in arabo: رمضان‎, ramaḍān) ed è, secondo il calendario musulmano, il nono mese dell'anno e ha una durata di 29 o 30 giorni.

https://it.wikipedia.org/wiki/Ramadan

Costituisce un periodo eccezionale dell'anno per i fedeli musulmani:

«Il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvezza»[1]

Celebra l'annuncio della Rivelazione fatta dall'angelo Gabriele a Maometto.

Il digiuno (sawm) durante tale mese costituisce il quarto dei Cinque pilastri dell'Islam e chi ne negasse l'obbligatorietà sarebbe kāfir, colpevole cioè di empietà massima e che esclude dalla condizione di musulmano. In alcuni paesi a maggioranza islamica il mancato rispetto del digiuno nei luoghi pubblici è sanzionato penalmente in quanto urta la morale comune, tuttavia nella sfera privata non sussiste alcun obbligo[2].

Nel corso del mese di Ramadan infatti i musulmani debbono astenersi dal bere, mangiare, fumare e dal praticare attività sessuali. Particolarmente intensa dev'essere la lotta contro i cattivi pensieri, le cattive azioni, la rabbia:

«Iddio Potente e Glorioso ha detto: “Ogni azione del figlio di Adamo gli appartiene, eccetto il digiuno, che appartiene a Me, ed Io ne do ricompensa; il digiuno è un'armatura, e quando sia giorno di digiuno per uno di voi, non nutra propositi osceni né vociferi, e se qualcuno lo ingiuria o lo combatte, dica: 'Sto digiunando'; e per Colui nella Cui Mano è l'anima di Muhammad, l'alito cattivo che promana dalla bocca di colui che sta digiunando è migliore davanti a Dio del profumo del muschio. Chi digiuna ha due motivi di cui rallegrarsi: si rallegra quando lo rompe, e si rallegrerà del digiuno fatto quando incontrerà il suo Signore».[3]

Chi è impossibilitato a digiunare (perché malato o in viaggio) può anche essere sollevato dal precetto ma successivamente, appena possibile, dovrà recuperare i giorni del mese in cui non ha digiunato. Le donne incinte o che allattano, i bambini e i malati cronici sono esentati dal digiuno e dovrebbero al suo posto, secondo le loro possibilità, fare la carità come ad esempio nutrire le persone bisognose indipendentemente dalla loro religione, gruppo etnico o dalle loro convinzioni. Le donne durante il loro ciclo o le persone in viaggio non devono digiunare, ma lo possono rimandare.

Quando tramonta il sole il digiuno viene rotto. La tradizione vuole che si preferisca mangiare un dattero perché così faceva il Profeta. In alternativa si può bere un bicchiere d'acqua.

Dato che il calendario islamico è composto da 354 o 355 giorni (10 o 11 giorni in meno dell'anno solare), il mese di Ramadan di anno in anno cade in un momento differente dell'anno solare, e quindi man mano cade in una stagione diversa.

Il significato spirituale del digiuno è stato analizzato da molti teologi. Si attribuisce ad esempio al digiuno la dote di insegnare all'uomo l'autodisciplina, l'appartenenza a una comunità, la pazienza e l'amore per Dio. Un'altra interpretazione è che il digiuno e l'astinenza sessuale per un mese intero ricordi al praticante le privazioni dei poveri.

Varie le ricorrenze del mese festeggiate o commemorate dai musulmani. Il giorno 6 infatti sarebbe nato il nipote di Maometto, al-Husayn ibn ‘Alī. Il giorno 10 sarebbe morta la prima moglie del Profeta, Khadīja bint Khuwaylid. Il giorno 17 sarebbe stata vinta la battaglia di Badr. Il giorno 19 sarebbe stata conquistata dai musulmani la città di Mecca. Il 21 sarebbero morti ‘Alī ibn Abī Tālib e il suo discendente, l'imam ‘Alī al-Ridā.

Al termine del ramadan, viene celebrato lo Id al-fitr ("festa della interruzione [del digiuno]"), detta anche la "festa piccola" (id al-saghir).
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 9:52 pm

Cosa mangiano i musulmani durante il Ramadan
03/07/2015

http://www.lacucinaitaliana.it/news/in- ... il-ramadan

Due pasti al giorno: il suhur prima dell’alba, con pietanze leggere; e il più ricco fitùr dopo il tramonto. Ma senza mai esagerare: decoro e misura sono la regola. Le pietanze? Dipende dal Paese, tra datteri, spezie e lenticchie.

È tempo di Ramadan, il mese di digiuno e purificazione durante il quale si ricorda la rivelazione del Corano a Maometto da parte dell’angelo Gabriele. Si celebra il nono mese del calendario lunare musulmano, e quindi in periodi diversi: in queste quattro settimane, tutti i fedeli sono tenuti a osservare un periodo di digiuno e decoro dall’alba al tramonto. Digiuno di giorno, ma di notte si mangia. Ma quali sono le tradizioni gastronomiche legate al Ramadan?


Poca fame al mattino

Durante il mese del digiuno si consumano due pasti principali: il suhur, poco prima dell’alba; e il fitùr (o iftar), subito dopo il tramonto. I cibi sono i più vari, a seconda dei Paesi. Tuttavia, prima di analizzare le differenze, vale la pena citare alcune analogie. Il suhur, di solito, è un pasto leggero, a volte anche un sorso d’acqua: la quantità di questo pasto dipende da quanto si è mangiato durante la notte, e così di buon mattino la fame di solito non è molta. Si può consumare una normale colazione, ma anche yogurt oppure frutta fresca. Poi, più nulla fino al tramonto.


Alla sera si comincia coi datteri

Il fitùr, invece, si celebra al calare del sole e si inizia mangiando un dattero. Si solito si alternano tre portate, la prima costituita da un numero dispari di datteri, la seconda da una zuppa a base di lenticchie, pollo, avena, frika e patate. La terza portata, in genere, è la più abbondante e varia. In questa fase si iniziano a consumare anche bevande fredde, per dissetarsi dopo la lunga astensione durante queste caldissime giornate. La notte, se lo si desidera, si può consumare frutta e prodotti dolciari da forno, quindi bere succhi di frutta. Tanta abbondanza non deve però ingannare: non è una buffata per recuperare quello che non si è mangiato al mattino. Tutto deve avvenire nel decoro e con moderazione, senza esagerazioni. E soprattutto senza cibi eccessivamente grassi (inclusi i prodotti da fast food), ricchi e pesanti.


Spezie mediterranee

Elencati i punti in comune, vediamo ora le differenze a seconda del Paese. Nell’area mediterranea, ad esempio, durante l’iftar si fa ampio ricorso alla cucina tradizionale, con il cous-cous, il pane azzimo e le spezie come cumino e curcuma. In Bangladesh si consumano piatti realizzati con ricette classiche come il piyaji (frittura a base di cipolla) e il beguni, a base di melanzana. Ma c’è anche il jalebi, un dolce al limone e acqua di rose, e poi lenticchie gialle, cipolle con aglio e peperoncino, frutta fresca e il tipico sharbat, una bevanda al limone. Per i musulmani che vivono in India, le giornate del Ramadan sono scandite dalla preparazione dei pasti per la notte successiva, spesso nei mercati cittadini. Alcuni esempi? Il nonbu kanji, un piatto a base di riso, cocco e carne di montone. O la surkumba, a base di latte. Molto rigido, infine, il regime alimentare iraniano: tè chai, pane, formaggio, frutta fresca e gli immancabili datteri.
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 9:54 pm

I disertori del Ramadan ora discutono in pubblico

Dal Marocco all’Algeria: il movimento che lotta contro le leggi che prevedono pene per chi non rispetta il precetto sta guadagnando adesioni

alessandro alviani

http://www.lastampa.it/2016/06/22/ester ... agina.html

Nella cocente Zagora, città a ridosso del deserto sabbioso del Marocco, con 40 gradi all’ombra due giovani di 18 e 20 anni non hanno resistito: hanno aperto una bottiglia d’acqua fresca per dissetarsi nel pieno del mese di Ramadan. I due ragazzi, come un loro coetaneo di Rabat sorpreso a fumare sul balcone, ora dovranno pagare il gesto, considerato «sfacciato», con due mesi di detenzione e una multa. Siamo nel mese islamico dell’ascesa del Corano, conosciuto anche come il mese del digiuno, Saum, che torna a diventare il banco di prova sui diritti e le libertà nei Paesi islamici.

Un dissenso che si organizza

In questo periodo dell’anno, infatti, tutti i musulmani in buona salute e in età della pubertà sono tenuti a seguire delle regole ferree durante le ore di luce: vietato mangiare, bere e fumare, e perfino avere rapporti sessuali. Ma negli ultimi anni si è fatto sempre più rumoroso - qualche volta spontaneo, altre volte organizzato - il movimento che dal basso non ci sta più a seguire il precetto e, soprattutto, mette in discussione non solo l’interpretazione islamica, ma anche la sanzionabilità da parte delle autorità di chi non vuole seguire il Ramadan.

Ci sono i gruppi social

Dal Marocco passando per l’Algeria fino al Libano i disertori del Ramadan non vivono più questa loro ribellione in privato o dentro le mura di casa. Ora hanno nomi e volti. Si organizzano, riunendosi in una piazza, come è successo in Algeria l’anno scorso con acqua a portata di mano, oppure utilizzano Youtube o Facebook, come fa il movimento marocchino Masayminch (non digiuniamo) che testimonia il proprio dissenso con un gesto semplice: mangiando. Una semplicità che, in realtà, si traduce in un vero choc nella società musulmana, che ogni anno aspetta questo mese con tanti preparativi, cerimonie e una educazione al digiuno che coinvolge anche i più piccoli, cercando di farli partecipare alla grande prova.

L’educazione e la legge

Difficile dunque sfuggire al Ramadan nei Paesi islamici proprio perché, oltre all’educazione fin da bambini, la cultura, la tradizione che mette all’apice questo mese con le sue regole e la pressione sociale che non fa passare il dissenso, c’è anche la legge a decretare nero su bianco l’obbligatorietà con sanzioni in caso di disobbedienza. Al momento sono più di dieci i Paesi musulmani che nel proprio Codice penale hanno tra i reati il boicottaggio del digiuno nel mese di Ramadan per chi è di fede musulmana.

La mossa di Bourghiba

Qualche esempio. In Marocco l’articolo 222 prevede la detenzione da uno a sei mesi. In Algeria non se la passano meglio, la Giordania lo inserisce tra i “crimini d’onore”, mentre l’Arabia Saudita ha il primato di imporre il digiuno anche ai residenti non musulmani, pena l’espulsione. Solo la Tunisia chiude un occhio non perseguendo i ribelli al Ramadan, ma qui è un’altra storia che ha alle spalle, forse, il primo eccellente disertore. Il presidente tunisino Bourghiba che nel 1961 si presentò alla sua gente con una bevanda in mano e in pieno Ramadan dicendo: non digiunate, dobbiamo combattere il sottosviluppo.

I dettami del Corano

Di inedito in questo Ramadan è che il tema del boicottaggio sta entrando con forza nel dibattito pubblico ufficiale. E la domanda insidiosa che non può rimanere senza risposte è: se nel Corano e nei Hadith dello stesso profeta Muhammad non è prevista per chi non rispetti il Ramadan nessuna sanzione terrena (come invece è prevista in altri casi), perché mai deve deciderla l’uomo senza aspettare il giorno del giudizio direttamente con il creatore?

Leggi anche - Istanbul, il disco presentato durante il Ramadan scatena un assalto

«Cancellate quella legge»

In Arabia Saudita non sarà certamente al centro del dibattito questo quesito, la cui caduta potrebbe far cadere molte fondamenta delle leggi in vigore. Tuttavia in Marocco, invece, la domanda è al centro della discussione fino a far intervenire, a favore dell’abrogazione dell’articolo 222 del codice penale, un nome importante nel movimento islamista. Ahmed Raisouni, l’ex capo del Mur (Movimento di unicità e riforma) nonché braccio ideologico del Partito islamista al governo (PjD). Per lui, «la rottura del digiuno è un fatto personale. Non deve essere la legge ad occuparsene, ma la società».

Libera scelta o obbligo

La partita torna dunque alla società islamica. È pronta davvero a vivere il suo mese sacro come una libera scelta di fede, senza puntare il dito su coloro i quali non la condividono? È pronta a convivere anche con il dissenso e a difendere dalle discriminazioni minoranze che non seguono le idee e i dogmi della maggioranza? Questo è il punto centrale sul quale si misura il livello di civiltà di una società e l’aver iniziato una discussione è già una buona notizia.



“Perché abbiamo deciso di non osservare il Ramadan”
Essia Imjed
2 giugno 2017

http://thesubmarine.it/2017/06/02/giovani-ramadan

Abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni giovani credenti e non credenti che hanno deciso di non seguire la pratica del digiuno.

Il mese di Ramadan mette a dura prova la libertà di coscienza dei fattara — coloro che, musulmani o non credenti, decidono di non seguire la pratica del digiuno, uno dei cinque pilastri dell’Islam, assieme alla professione di fede, la preghiera, l’elargizione dell’elemosina e il pellegrinaggio alla Mecca. Per i fedeli il Ramadan è un mese sacro di purificazione e di astensione, non solo dal cibo, ma anche dai rapporti sessuali, dal male, dai cattivi pensieri, nel quale si intensificano la meditazione e la preghiera.

In alcuni paesi musulmani il mancato rispetto del digiuno nei luoghi pubblici può essere sanzionato penalmente, in quanto ritenuto oltraggio pubblico al pudore.

Si è intensificato, secondo il Collettivo tunisino per la difesa delle libertà individuali, il clima di intolleranza nei confronti dei “non digiunatori” nella regione del Maghreb. Alle manifestazioni pubbliche di dissenso seguono repressioni e intimidazioni, affiancate dalla pressione moralizzatrice della società.

Tradizione e repressione

In Tunisia, ritenuto il paese più liberale dell’area, non esiste alcuna legge che vieti al cittadino di non osservare il digiuno in pubblico durante il Ramadan, e le serrande mezze abbassate dei caffé e dei ristoranti proteggono i fattara dagli sguardi inquisitori. Gli internauti inoltre facilitano la ricerca dei luoghi aperti segnalandoli su facebook. Eppure non sono mancati, negli ultimi anni, episodi di “caccia ai fattara” e di minacce nei confronti dei ristoratori che decidono di non sospendere il servizio durante la giornata, violando così la libertà di coscienza e del libero esercizio del culto sancita dalla Costituzione del 2014.

La legge in Algeria, invece, è molto ambigua. Secondo l’articolo 144 2 bis del codice penale algerino chiunque “rechi offesa al Profeta e agli inviati di Dio o denigri i dogmi o precetti dell’Islam” può incorrere in una pena che va dai da 3 a 5 anni e/o un’ammenda da 50.000 a 100.000 DA.
Nell’articolo non esiste dunque un chiaro riferimento al digiuno. Diverso è il caso del Marocco, il cui codice penale punisce – da 1 a 6 mesi, più ammenda – chiunque appartenga alla fede musulmana e rompa il digiuno in luogo pubblico senza un motivo legittimato dalla religione. Resta comunque discrezione del giudice decidere la pena.
Cresce l’esigenza di rimettere in discussione i precetti religiosi e di rompere il silenzio che da sempre avvolge i tabù delle società arabo-musulmane, esigenza anche di chi vive lontano dal proprio paese d’origine.

Ma lo spazio di discussione in realtà, anche in Italia, non è ancora uscito dai confini del virtuale, dove i giovani di seconda generazione si esprimono molto più liberamente di quanto non possano o vogliano fare in famiglia o nella propria comunità.

Nella complessità ed eterogeneità del mondo islamico, non dovrebbe sorprendere l’esistenza di individui che potrebbero essere definiti musulmani non praticanti, ma pur sempre credenti, e di coloro che nascono sì da genitori musulmani, ma non acquisiscono – o perdono in seguito – la fede.

Al fine di raccontare queste diversità, spesso difficili da accettare, ho raccolto alcune testimonianze di credenti e non credenti che hanno deciso di non seguire la pratica del digiuno.



(Nomi e ritratti sono di fantasia, ndr)


Fatma, italo-egiziana

Io non digiuno da 4 anni, da quando ho deciso di dire ai miei genitori che non credo nell’Islam, un percorso che mi ha anche portata a togliermi il velo indossato in prima superiore. Digiunare durante Ramadan per me era più una tradizione che fede: lo facevano i miei e quindi anche io. Inizialmente non hanno preso bene la notizia, ma cosa potevano farci? Sapevano che avrei potuto mangiare di nascosto, non potevano impormi il digiuno; ci hanno dovuto far l’abitudine, anche se per loro scelta i miei parenti in Egitto non sanno di tutto questo, ad eccezione del velo.

Quando ho iniziato ad astenermi dal digiuno indossavo ancora il velo. Mi sentivo un po’ contraddittoria, una ragazza velata (dunque praticante) che mangia nel mese di Ramadan. Mi sono tolta un peso quando sono riuscita a togliermelo. È una mia decisione libera e consapevole, non mi interessa in alcun modo il parere degli altri.


Enkeleda, italo-albanese

Io sono musulmana, fortemente credente, ma non seguo il digiuno. La mia famiglia mi ha sempre lasciato un’ampia libertà. In Albania tanti fedeli seguono il Ramadan, ma allo stesso tempo non vige questa rigidità nelle pratiche come in altre nazioni. Vado spesso in moschea e mi sento in pace quando prego. Il Ramadan deve essere innanzitutto una pratica spirituale, un rapporto intimo tra te e Dio. Tutto ciò che faccio è per me stessa e mai per gli altri. Molto importante è ricordare che l’islam è fatto di azioni e intenzioni.


Lara, italo-egiziana

Quando da piccola ho chiesto a mia mamma cosa significasse il Ramadan, mi ha spiegato che la funzione di questo mese è di rendersi conto del valore del cibo e dell’acqua, mettendosi nei panni delle persone che non ne hanno. Anche se non sono credente, mi piace attribuire questo significato al mese di Ramadan, e vorrei che tutti digiunassero per questo motivo, anziché seguire ciecamente la religione, o le persone attorno a loro. C’è molta ipocrisia durante questo mese: tanti di quelli che attribuiscono al Ramadan una valenza meramente religiosa, durante l’anno spesso non solo non sono praticanti, ma tengono comportamenti scorretti, sono disonesti, parlano male delle persone. Anche durante questo mese.


Che senso ha? Io non digiuno da qualche anno ormai, ma i miei genitori non ne sono a conoscenza.

Ho capito di non credere più in alcuna religione grazie allo studio delle discipline umanistiche, riuscendo a trovare risposte alle domande che mi ponevo già a 14-15 anni e alle quali mia madre non riusciva a rispondere. Lei, soprattutto, non accetterebbe questa mia scelta, come non accetterebbe la mia scelta di togliere il velo che ancora porto. È davvero paradossale, perché viaggio spesso da sola, compio le mie scelte di vita liberamente e ho un fidanzato lontano che vado a trovare. Quello di mia madre è un attaccamento irrazionale a questi precetti. Non capisco tanti dei suoi comportanti.


Anes, italo-marocchino

Siamo tre fratelli e inizialmente mangiavamo tutti e tre di nascosto senza che nessuno di noi sapesse che l’altro “trasgrediva.” Poi, pian piano, uno ha beccato l’altro, l’altro ha beccato me, così abbiamo iniziato a parlarne, ci siamo scoperti tutti non credenti, e ora manteniamo insieme il silenzio. Nonostante l’educazione dei nostri genitori, noi siamo cresciuti in maniera opposta. Forse mia sorella piccola prenderà una strada diversa, ma ha solo 10 anni, ha tutto il tempo per cambiare idea. Questa segretezza condivisa non riguarda solo il Ramadan, ma tocca altri aspetti come l’uso di alcolici, il consumo di carne di maiale, la fidanzata di mio fratello, o la mia omosessualità.


Non parlo ai miei genitori dei miei mancati digiuni per risparmiarmi inutili noie; so che avrebbero una brutta reazione.

I miei genitori danno per scontato la nostra fede, non ci hanno mai fatto domande, anche se io ho spesso esternato critiche nei confronti della religione e delle nostre tradizioni. Forse sanno, ma preferiscono guardare dall’altra parte. Come quando, a 16 anni — periodo in cui iniziai a palesare la mia omosessualità — dopo un’iniziale insistenza, mio padre smise di chiedermi di andare in moschea, forse per vergogna.

Non parlo ai miei genitori, dei miei mancati digiuni, per risparmiarmi inutili noie; so che avrebbero una brutta reazione, in quanto la facciata religiosa è molto importante nella nostra famiglia. Inoltre, non mi sento in dovere di dirglielo per ora. I miei genitori sono analfabeti, e io mi sono sostituito alla loro “genitorialità” nei confronti dei miei fratelli. Vedo nel loro analfabetismo l’impossibilità di conoscere il mondo e di comprenderlo nell’aspetto pratico e teorico. Mi basta che ne siano consapevoli i miei fratelli. Infine, penso che il Ramadan sia diventato ormai una sorta di rituale da tramandare, senza alcuna valenza religiosa.


Mohamed, italo-tunisino

Da piccolo ho sempre vissuto il Ramadan come costrizione, come etica culturale da rispettare obbligatoriamente una volta all’anno, un periodo che si trasformava in un inferno per un bambino tanto abituato al cibo e alle sue bevande zuccherine. Adesso il Ramadan non lo vivo più come costrizione, piuttosto come ricordo. Sono anni che ho abbandonato la fede e non ho mai avuto alcun senso di colpa. Mia madre, che conserva bellissimi ricordi — tra cui il gelato nascosto nel congelatore, il panino in borsa e la bottiglia d’acqua sotto al letto — svolge il suo periodo di rinuncia con un po’ di sofferenza.


Adesso il Ramadan non lo vivo più come costrizione, piuttosto come ricordo.

In un certo senso è spinta dalla volontà di mio padre — che non digiuna per via del suo diabete — ma affronta il digiuno con tanta sicurezza: la sigaretta e la bottiglietta d’acqua sono doni che le faccio ogni volta per ringraziarla di tutti quei finti digiuni passati inosservati, che agli occhi di mio padre mi rendevano un figlio così abituato alle pratiche religiose. Posso dunque dire che la mia famiglia è spaccata in due: mia madre tutela la mia libertà di scelta, mio padre tutela l’idea che si è creato di me, di perfetto musulmano che digiuna e ringrazia Dio per le gioie della vita.


Lyas, algerino

Ho passato molti anni ad osservare il “mese proibitivo,” però da quando sono in Italia — da 9 anni — non riesco più a digiunarlo tutto. All’inizio attribuivo la mia disobbedienza religiosa alla mancanza di fede, successivamente all’essere peccatore ostinato in quanto gay, poi infine l’ho collegato al fatto di essere nel contesto inadeguato. Non volevo più appartenere ad una dottrina che mi rendesse servo di insegnamenti poco coerenti tramandati da poteri politici pseudo-devoti al Creatore, mi sento più libero di capire a cosa serva davvero il mio digiunare.

Non posso spiegare ai miei genitori che non digiuno perché non ho ancora trovato la mia vera fede.

Non posso spiegare ai miei genitori che non digiuno perché non ho ancora trovato la mia vera fede. Non mi sento sincero né con me stesso né con i miei cari familiari, mento sulla mia vera identità e mento sul mio lavoro da barista. Mi sento poco sincero e decidere di avere una buona intenzione mi obbliga a non mentire, però preferisco ancora mentire per evitare un male più grande: il rischio di perdere ogni contatto con la mia famiglia che non vedo da quando sono arrivato in Italia. In fondo, se credo che Allah accetti solo ciò che è puro, non mi sento pronto ad affrontare il mese sapendo già che la metà del lavoro non sarà completato. Quando chiamo mia madre, fingo di avere la voce rauca da stanchezza, le chiedo delle ricette tradizionali da preparare nei giorni successivi e mando gli auguri a tutti i miei fratelli e sorelle 10 minuti prima della rottura del digiuno. Quando arriva l’orario dell’Iftar, disconnetto il cellulare per non farmi chiedere dalle mie sorelle le foto di ciò che avrei cucinato.

Maroua, italo-tunisina

Perché non digiuno? Semplice: non ci credo e non sento nessuna spinta interna. Ogni tanto spero di avere una chiamata divina, ma niente, rimango agnostica. Sul perché lo faccio di nascosto invece è una risposta più complessa. Rispetto ai genitori arabi che vedo attorno a me, i miei sono molto avanti, ma non così tanto da poter accettare e capire che loro figlia non crede in Dio. Lo sanno bene che non mi importa della religione, ma è come se ci fosse un certo “equilibrio” da mantenere e ammettere di non digiunare lo romperebbe. Se lo dicessi, poi cosa otterrei? Niente. Io vivo da sola, lavoro, studio, viaggio, dormo fuori casa e ho un moroso non musulmano. Dire che non credo e non digiuno non mi darebbe maggiori libertà. Romperei solo il rapporto che ho con mamma e papà e la mia famiglia in Tunisia. Penso comunque che bisogna dare tempo al tempo. Ora ho ho una libertà che da bambina mi sarei solo immaginata. Sono certa che in futuro anche questo si sistemerà.


Apostati de l'Ixlam, eroi de l'omanidà
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 10:05 pm

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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 10:05 pm

???

Il digiuno fa bene. E non lo dicono solo le religioni
9 aprile 2015

http://www.corriere.it/salute/nutrizion ... b549.shtml

Gesù fu condotta nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti alla fine ebbe fame. Il tentatore gli disse: «Se sei figlio di Dio fa che queste pietre siano pane». Egli rispose: «Non di pane soltanto vivrà l’uomo». Giudaismo, Cristianesimo, Islam le maggiori religioni suggeriscono che si debba digiunare, qualche volta almeno, quando non per un mese intero dall’alba al tramonto. Vi siete mai chiesti perché? Topi e uomini che stanno senza mangiare per un po’ - bastano 16 ore, più o meno come nel Ramadan - si ammalano di meno. Ma andiamo con ordine.


Le 12 ore di digiuno

Siamo stati cacciatori e così si mangiava quando capitava, due o tre volte la settimana e nemmeno sempre. Un tempo procurarsi il cibo per l’uomo era così difficile che occorreva aguzzare l’ingegno e chissà che le nostre capacità cognitive non si siano evolute proprio da allora. Per prevalere sugli animali poi era importante per gli uomini poter comunicare tra loro, insomma serviva un linguaggio e l’abbiamo inventato. Quelli che riuscivano a procurarsi il cibo mangiavano comunque soltanto di giorno poi col calare del sole più nulla fino all’alba. Sono almeno 12 ore di digiuno. Con la luce artificiale è cambiato tutto si mangia sempre fino a tardi e c’è persino chi si alza di notte per mangiare ma l’uomo non è fatto per mangiare quattro volte al giorno. Siamo stati progettati per farlo quando capita e i nostri geni sono ancora quelli di allora. Del resto, se non fosse così perché dovremmo avere ancora oggi organi - il fegato per esempio - capaci di conservare energia per poi renderla disponibile quando serve? Le riserve di zucchero che si accumulano nel fegato sotto forma di glicogeno dopo 10-12 ore di digiuno tendono però a esaurirsi. Questo richiama acidi grassi dal tessuto adiposo, il fegato li trasforma in chetoni che tornano nel sangue e raggiungono muscoli e cervello per essere fonte di energia.


Astenersi dal cibo: nuovi neuroni

Parte del segreto dell’effetto favorevole del digiuno è proprio qui, tanto che basta astenersi dal cibo per 24 ore perché nel cervello si formino nuovi neuroni. Insomma il nostro organismo si difende dallo stress di stare qualche ora senza cibo adottando una serie di precauzioni che col tempo proteggono i nostri tessuti da guai peggiori. Stare un po’ senza mangiare fra l’altro riduce l’infiammazione, migliora la risposta immune e potenzia la capacità delle cellule di liberarsi da sostanze di scarto. E non basta, il digiuno rallenta persino la crescita dei tumori, almeno nei topi; anche le cellule del cancro hanno bisogno di energia ma non sanno farlo utilizzando i chetoni. Così in animali che mangiano un giorno sì e uno no il tumore non cresce.


Le nostre abitudini alimentari sono davvero corrette?

Come si conciliano gli effetti favorevoli del digiunare uno o due giorni alla settimana con le abitudini dell’uomo moderno? Malissimo. Ed è persino possibile che le abitudini alimentari che si sono consolidate negli ultimi cento anni siano sbagliate. Che evidenza c’è per esempio che la famosa “colazione abbondante del mattino” faccia bene? Quasi nessuna. E della merendina a scuola per i bambini? Nemmeno. Abbiamo più bambini in sovrappeso di qualunque altro paese d’Europa salvo Cipro. Le diete che vengono proposte prevedono di ridurre la quantità di calorie o che si mangino soltanto certi cibi; solo frutta e verdura per esempio oppure solo proteine e ancora dieta dissociata, dieta zona o dieta del gruppo sanguigno. In realtà tutti questi sistemi fanno perdere un po’ di peso all’inizio ma alla lunga non portano a nessun vantaggio.


Un toccasana per chi sta male

E allora? Si potrebbe provare a digiunare uno o due giorni la settimana oppure mangiare solo in certe ore del giorno e saltare qualche pasto (comunque bisogna bere, almeno due litri al giorno). Per diabetici, per chi soffre di cuore e forse anche per chi ha un tumore sarebbe un toccasana. Questo per lo meno è quello che pensano Mark Mattson di Baltimora e tantissimi altri scienziati americani ed europei - fra loro c’è anche un italiano, Luigi Fontana – che hanno pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences un lungo articolo per ricordare alla comunità scientifica i vantaggi e le basi teoriche del mangiare solo ogni tanto. Ma se uno sta bene e non ha problemi di sovrappeso? Di sicuro non lo sappiamo, serve altra ricerca per sapere se saltare qualche pasto aiuterebbe anche le persone sane. Si tratta di confrontare per esempio chi mangia tre volte al giorno con in più uno spuntino, con chi mangia solo a mezzogiorno e sera, con chi per almeno due giorni la settimana sta senza mangiare per 16 ore o anche di più. Se poi si dimostrasse che per quanto riguarda l’alimentazione noi uomini non siamo così diversi dai topi se ne dovrebbe prendere atto e adattarsi a stili di vita più compatibili con quello per cui il nostro organismo è stato progettato.
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 10:06 pm

Il digiuno (l'astinenza dal mangiare e dal bere) viene praticato in diverse religioni e culture per ragioni di fede e/o morali.

https://it.wikipedia.org/wiki/Digiuno

Le prescrizioni religiose quanto al digiuno variano molto, a partire dallo Zoroastrismo che lo proibisce, al Confucianesimo che prevede l'astinenza dall'alcol e da certi cibi prima di alcuni riti religiosi, fino al Giainismo che insegna come l'obiettivo principale del credente nella vita sia il distacco dalle passioni che, idealmente, culminerebbe nel lasciarsi volontariamente morire di fame. Quasi ogni religione promuove o sanziona, in un modo o in un altro, il digiuno. Nelle religioni primitive è spesso un mezzo per controllare o soddisfare le divinità, un modo per favorire la virilità o per prepararsi ad osservanze cerimoniali.

Il digiuno era usato dagli antichi greci quando essi consultavano gli oracoli, dagli indiani d'America per acquisire il loro totem privato, e dagli sciamani africani per contattare gli spiriti. Molte religioni usano il digiuno per acquisire chiarezza di visione ed introspezioni mistiche. Per il Buddhismo il digiuno non è una pura manifestazione esteriore ma una forma di disciplina interiore, che serve a liberare la mente e a raggiungere un più alto livello di spiritualità; in genere viene praticato dai fedeli nei periodi di meditazione intensiva che si svolgono durante i ritiri spirituali. Nel Buddismo Theravada il digiuno viene praticato durante i giorni di uposatha, che corrispondono al cambiamento della fase lunare; i devoti laici si recano nei monasteri per partecipare a cerimonie e sedute di meditazione e assumono un solo pasto. Nell'Induismo il digiuno è una pratica connessa alla purificazione; Gandhi praticò il digiuno per espiare le violenze commesse non solo dai suoi seguaci, ma anche dai suoi nemici. Questa religione prevede anche un digiuno detto upavasa in giorni fissi del mese o della settimana, che variano a seconda della corrente religiosa. Il Taoismo religioso prevede un digiuno rituale praticato nell'ambito di una cerimonia penitenziale chiamata Chai, che si svolge nei monasteri, dura alcuni giorni e comprende preghiere, riti penitenziali e l'assunzione di un solo pasto giornaliero; anche i laici possono prendere parte alle cerimonie del chai, limitando la partecipazione ad un solo giorno. Il Giudaismo, diversi rami del Cristianesimo, e l'Islam hanno giorni fissi di digiuno, di solito associato a disciplina della carne o con il ravvedimento dal peccato. L'Islam lo pratica nel periodo denominato del Ramadan, un mese intero in cui i Musulmani adulti sono obbligati ad astenersi da ogni cibo ed acqua dall'alba al tramonto. Il Bahaismo prevede un periodo di digiuno di diciannove giorni durante il mese di marzo, per i fedeli di età compresa fra quindici e settanta anni.

Il digiuno religioso può essere completo o parziale, per un determinato periodo di tempo o ad intermittenza.
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Re: Ramadam un falso e risibile digiuno

Messaggioda Berto » ven giu 02, 2017 10:09 pm

Mangiare di notte anziché di giorno non è digiunare, è una parvenza di digiuno, una finzione ridicola.


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Re: Ramadam un falso e ridicolo digiuno

Messaggioda Berto » sab giu 03, 2017 8:19 pm

Come andrà a finire il Ramadan iniziato con la strage di cristiani in Egitto
02 Giugno 2017

https://www.loccidentale.it/articoli/14 ... -in-egitto

All'ora di religione vi avranno sicuramente raccontato che il Ramadan è il mese, per il calendario islamico, nel quale si pratica il digiuno (in arabo: رمضان‎, ramaḍān). Si tratta di un momento d'eccezione dell'anno dei fedeli musulmani. "Il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvezza", dunque il periodo in cui si celebra l'annuncio della Rivelazione fatta dall'angelo Gabriele a Maometto. Ma non è soltanto il mese del digiuno, c'è molto di più. "La nostra lotta è la Jihad, un culto obbligatorio. Ed ogni gesto di culto obbligatorio, nel mese del Ramadan, gode di una ricompensa che vale 70 volte in più". Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ha così rifiutato l'appello delle Nazioni Unite per fermare le ostilità durante il Ramadan e, nel frattempo, ha cercato di chiarire il significato del mese sacro islamico per gli "Studenti di Dio". L'islam vuole il sacrificio durante il Ramadan e lo considera molto più importante di quello compiuto in altri momenti dell'anno, perché la chiamata al martirio assume in quel mese un fascino speciale.

Concetto che ha cercato di rendere più esplicito direttamente lo Stato islamico che, in un video pubblicato su YouTube (in cui viene citato il Corano), 'invita' alla caccia agli "infedeli nelle case, nei mercati, per le strade, nei pubblici spazi d'incontro". E chiede di raddoppiare gli sforzi, intensificare le operazioni siccome "prendere di mira i cosiddetti innocenti e civili è per noi il modo più efficace per andare avanti nella strada che ci porterà al grande premio o al martirio nel mese del Ramadan". L'imperativo? Utilizzare questo mese per massimizzare gli sforzi. Lo scorso anno, quello che era allora il portavoce dell'Isis, Abu Mohammad al-Adnani, fu ancora più esplicito e invitò a trasformalo quanto meglio e prima in "un mese di calamità per tutti gli infedeli, soprattutto in Europa e in America".

Del resto il Ramadan del 2016 è stato tra i più sanguinosi degli ultimi anni. Solo gli "infedeli" uccisi e rivendicati dall'Isis sono stati almeno 5000, tra cui le 49 vittime dell'attentato alla discoteca di Orlando, in Florida, i 300 uccisi a Baghdad e i 22 morti a Dhaka, in Bangladesh all'inizio di luglio. Tutti nello stesso mese, nel tradizionale mese 'santo' e 'pacifico' dei musulmani, contraddistinto da pratiche di devozione sui generis: è il sangue a farla da padrone. D'altronde il gran Mufti d'Egitto, 'Ali Gum'a - nei paesi musulmani, il dotto autorizzato a emettere responsi in materia giuridica e anche teologica - nel 2012 pubblicò un articolo in cui scriveva, inquivocabilmente, che "Il Ramadan è un mese di jihad e di conquiste, in cui l'obiettivo principale è la diffuzione della giustizia e della tolleranza islamica in tutto il mondo". E se qualcuno avesse ancora dei dubbi, c'è la guida dei Fratelli Musulmani, Muhammad Badi', che in poche battute spiega che "Allah l'onnipotente ha voluto il Ramadan per far vincere i musulmani e dare ai loro nemici un colpo mortale".

Il mondo occidentale, intanto, si preoccupa di tutelare al meglio la "festa religiosa" del Ramadan. Nel Regno Unito l'ASCL, l'associazione che rappresenta 18.000 insegnati di licei e università, anche quest'anno, pochi giorni prima dell'inizio del mese islamico, ha suggerito una serie di linee guida perché le scuole integrassero al meglio gli studenti musulmani. Chiedendo pertanto di spostare gli esami, riprogrammare le giornate sportive per soddisfare le necessità di chi digiuna, cambiare il calendario delle sedute di laurea e rendere ogni attività molto meno faticosa. Cosa che si è trasformata in prassi consolita in Svezia, per esempio, dove è stato siglato direttamente un accordo tra i funzionari educativi e i gruppi musulmani per garantire un trattamento speciale a bambini e ragazzi musulmani. E dove addirittura le feste nazionali sono state spostate per evitare lo "scontro" con il Ramadan. Cosa che stava per succedere anche in una scuola di Brooklyn dove con una petizione era stato chiesto di spostare l'annuale ballo di fine anno, ma per questioni logistiche non è stato possibile. Però il preside ha promesso che non accadrà più, sempre per rispetto del Ramadan.

In Italia il clima non è diverso. Il segretario generale del SISA - Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente - anche quest'anno ha chiesto di posticipare gli esami di maturità, previsti per il 21 giugno, perché in quei giorni il Ramadan non sarà ancora finito. Per il sindacato adeguare il calendario scolastico italiano, o più in generale quello Occidentale è un segnale di "rispetto delle festività religiose e dell'impossibilità di tenere esami di Stato durante le stesse", un tentativo di rendere la scuola "automaticamente inclusiva". Come sono integralisti questi laicisti dediti all'"apertura"! E che belle queste culture ibride e incolore, vero? In ogni caso, quest'anno, l'inizio del Ramadan, ha coinciso con la strage dei cristiani d'Egitto, quando miliziani dell'Isis hanno attaccato l'autobus che avrebbe dovuto trasportarli ad un monastero. I miliziani dello stato islamico hanno fatto scendere i cristiani dall'autobus e chiesto singolarmente di scegliere tra la morte e la conversione all'islam. In 29 sono stati uccisi, tra cui 10 bambini: infedeli puniti ed è pure iniziato il mese sacro, gran colpo.

Ma se è iniziato così, chissà come andrà a finire questo il Ramadan 2017?
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