Idolatria e spiritualità naturale e universale

Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » sab mar 04, 2017 8:45 pm

Un marocchino ex islamico, oggi ateo e di sinistra, contro l'islam, i nazionalisti europei e contro Trump

L’ateismo nei Paesi islamici. Conversazione con l’ateo marocchino Kacem El Ghazzali
di Stefano Bigliardi

https://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/ ... l-ghazzali


Kacem El Ghazzali, classe 1990, è uno scrittore, blogger, e attivista marocchino attualmente residente a Zurigo. Ha ottenuto asilo politico in Svizzera nel 2011. La fuga dal suo Paese si rese necessaria a causa della persecuzione seguita alla scoperta, da parte dei compagni di scuola, che Kacem teneva un blog dedicato all’ateismo, in cui si dichiarava esplicitamente non credente: il giovane studente fu attaccato verbalmente e fisicamente. Le autorità scolastiche non solo non mossero un dito, ma biasimarono le sue idee e il fatto che le avesse rese pubbliche. Kacem ha raccontato la sua storia nel romanzo Volo Casablanca-Ginevra 8J540 (2013 – non ancora tradotto in italiano). L’ho raggiunto in videochiamata il 24 ottobre 2016 per una chiacchierata su ateismo e Islam.

Stefano Bigliardi (SB). Dalla mia introduzione chi legge L’Ateo verrà a sapere anzitutto del tuo ateismo inteso come attivismo, però vorrei cominciare a discuterne, in conversazione con te, da un punto di vista ancor più personale. Il “tuo” ateismo è nato come qualcosa di istintivo oppure grazie a determinate letture? E in tal caso, quali?

Kacem El Ghazzali (KEG). Direi entrambe le cose. Da bambino, tra i 7 e i 10 anni, come ogni bambino, facevo domande. Domande su Dio: chi è, dov’è? Il fatto stesso di non ricevere risposte, o meglio di sentire che stavo ponendo domande vietate, e che i miei interlocutori avevano paura sia di rispondere, sia delle domande in sé, ebbene, tutto questo mi faceva sentire, già da bambino, che la religione non poteva essere difesa in modo logico. In realtà a quell’epoca non mi consideravo un ateo, ma un musulmano: culturalmente musulmano, s’intende, visto che non credevo in Allah ma seguivo almeno le pratiche religiose, anche se magari non sempre con disciplina. Per esempio fingevo di pregare, e lo facevo senza le abluzioni rituali preliminari, che sono essenziali. Oppure durante il mese di Ramadan facevo finta di digiunare, mangiavo di nascosto. Più tardi, verso i 16-17 anni è sorto in me il desiderio di analizzare e ho cominciato a leggere molto. La filosofia mi è stata di grande aiuto, forse più della scienza, anche se la teoria dell’evoluzione è stata un ingrediente importante. Non voglio ribaltare il discorso religioso e dire che ho trovato la mia “salvezza” nella filosofia come i credenti la trovano nella religione, ma sicuramente ho trovato risposte logiche e convincenti. E su queste basi si è costruito il mio ateismo. Da un lato c’era l’“istinto”, dall’altro c’era il dovere di dare io stesso una risposta articolata quanto ai motivi del mio ateismo, la stessa che io pretendevo dalle persone religiose, senza peraltro ottenere risposta.

SB. Com’è essere ateo nel mondo musulmano? Puoi spiegarci se ci sono differenze tra Paese e Paese? Possiamo dire che ci sia un ampio spettro di situazioni possibili?

KEG. Per esserci c’è. Ma a parlarne si finisce a paragonare il male con il male, o il male con il peggio! Per esempio il Marocco è considerato uno dei Paesi arabi e islamici più liberali. Gli atei marocchini, ma anche quelli libanesi, godono di alcune libertà, se paragonati per esempio a quelli sauditi, o iracheni. E ci sono stati dei cambiamenti nel tempo: per esempio la situazione in Siria era migliore prima della Primavera Araba, si trattava pur sempre di una dittatura che torturava e imprigionava i dissidenti, sia chiaro, ma c’era spazio per una certa discussione della religione e ad Aleppo si pubblicavano libri che erano vietati al Cairo o a Riad. Ma lo stesso, essere ateo in un Paese musulmano è come andarsene in giro in un campo di Hamas sventolando una bandiera di Israele. Non è una cosa di cui si possa andare fieri, o che si possa dichiarare tranquillamente. Al contrario, può causare molti guai. In alcuni Paesi, come il Marocco, puoi essere ateo posto che non lo dichiari, e se lo dichiari privatamente è possibile che tu perda degli amici o che la tua famiglia ti si opponga con durezza o ti cacci di casa. In Arabia Saudita non solo la società non ti tollera, ma puoi essere legalmente perseguito come terrorista. In Marocco comunque l’attivismo, l’azione politica, non sono consentiti. Se si cerca di portare l’ateismo nella sfera pubblica, di creare un dibattito per la sua presa in considerazione da un punto di vista legislativo, proteggendo gli atei marocchini come i cristiani e gli ebrei sono protetti dalla Costituzione, si può essere perseguiti come persona che sta “portando guerra all’Islam”. E l’Islam non viene “difeso” solo con le parole o con gli articoli, ma per vie legali, e nei fatti, con la violenza fisica…

SB. Per farci un’idea dell’Islam contemporaneo dobbiamo però anche tenere conto dei tentativi di riformare l’Islam “dall’interno”, no? Voglio dire, ci sono tutte quelle teorie, elaborate da intellettuali musulmani, e molto care a certi liberali europei non musulmani, che armonizzano per esempio Islam e femminismo, Islam e scienza contemporanea, Islam e democrazia, Islam e omosessualità… Sono tentativi altamente intellettuali, e minoritari, ma esistono. Che cosa ne pensi?

KEG. In una certa misura io appoggio questi tentativi, ma sono anche critico al riguardo. Si tratta pur sempre di prendere il Corano come punto di riferimento, e questo crea un problema. Una volta aperta la porta a chi vuole usare il Corano in un determinato modo, la si apre anche a chi lo interpreta trovandoci altre cose. E lo stesso termine “interpretazione” è fuorviante perché si possono benissimo usare dei versi presi dal Corano che sono dotati di un significato molto immediato. Versi che legittimano violenza, odio, morte per gli apostati. Non che io voglia cancellare la religione del tutto: ma andrebbe confinata alla sfera privata. Se vuoi essere musulmano non c’è problema, ma allo stesso tempo devi anche accettare la logica e la ragione, e concentrarti su quello che veramente unisce gli esseri umani, che non è il Corano, ma il fatto stesso di essere degli esseri umani che condividono lo stesso pianeta e hanno diritti universali. Tutti i tentativi di difesa coranica di questo o di quello comunque portano a delle dispute teologiche tra musulmani in cui le idee liberali per lo più finiscono con l’avere la peggio. E poi un conto è ispirarsi a idee proposte da grandi pensatori musulmani del passato, un altro è sforzarsi di trovare idee contemporanee in quello che ha detto o fatto il Profeta millequattrocento anni fa, il che secondo me toglie credibilità a ogni discussione.

SB. Adesso che hai vissuto qualche anno in Europa immagino avrai una certa dimestichezza con certi discorsi “inclusivi”, promossi da una certa, chiamiamola così, con termine imperfetto, “sinistra”. A volte ho l’impressione che l’idea marxiana secondo cui la religione è l’oppio dei popoli non sia più tanto in auge… Mi sembra che sia comune soprattutto un richiamo all’“apertura” rispetto alla religione, e forse persino con un occhio di riguardo nei confronti dell’Islam. Non trovi?

KEG. Sì. Questo atteggiamento mi rattrista e mi infastidisce molto, tanto quanto mi infastidisce il modo che ha la “destra” di relazionarsi all’Islam e all’immigrazione dal mondo musulmano. E ne incolpo comunque i partiti di sinistra! Perché invece di affrontare certi problemi razionalmente, sapendo distinguere tra critica e ostilità anti-islamica, li hanno evitati o sottaciuti. Questo ha fatto sì che del dibattito si impadronissero populisti e demagoghi, i quali hanno potuto presentarsi come eroi della libertà, gli unici che hanno a cuore il destino dell’Europa e dell’Occidente. Lo vediamo anche in questo momento nelle elezioni americane con Trump e Clinton: per me è fonte di grande tristezza dover riconoscere che mi trovo d’accordo, nell’identificazione di un pericolo islamista, con qualcuno di destra. Perché dobbiamo ascoltare certe cose da Donald Trump e non da Hillary Clinton? E sì che lei ne ricaverebbe molto plauso, io sarei il primo a sostenerla! La stessa cosa accade qui in Europa, dove vengo criticato da ambienti di sinistra come “islamofobo” (anche se poi non mi spiegan o perché chi critica il Papa non viene bollato come “cristianofobo”). Eppure io preciso bene i termini e i limiti della mia critica, e il fatto che io stesso provengo da un ambiente musulmano e ho parenti musulmani! Sono l’ultima persona che potrebbe essere contro le libertà e i diritti civili, o contro i musulmani in quanto individui. In Europa la situazione è complessa e la sinistra apparentemente ha smarrito la sua bussola politica. I diritti delle minoranze vanno difesi, ma non è che una minoranza in quanto tale abbia la verità infusa e sia incriticabile. Tra l’altro questo atteggiamento finisce con il danneggiare non solo gli atei nel mondo musulmano, ma anche i musulmani liberali menzionati prima, o chi vuole relazionarsi criticamente al Corano, contestualizzandolo, per esempio con gli strumenti della storia e della linguistica. I fautori di questi tentativi dovrebbero essere accolti dall’Occidente e dalla sinistra come eroi! Allo stesso modo in cui i dissidenti dell’Unione Sovietica si dovevano accogliere come persone che necessitavano di visibilità e di sostegno.

SB. Quindi non temi che la tua critica dell’Islam porti acqua al mulino dell’islamofobia di destra? E se un mattino ti svegli e trovi le tue parole in bocca a un leader razzista, a un estremista che soffia sul fuoco dell’intolleranza?

KEG. Insisto, non sono io a portare acqua al mulino, è la sinistra. La gente sente che la sinistra non rappresenta più non tanto le sue fobie ma le paure logiche e argomentate, basate su fatti e statistiche, per esempio riguardanti i cambiamenti demografici. Attenzione a negare questi dati e a bollare queste paure come paranoiche, perché poi al momento di votare, se non ci sono molte opzioni, una persona con delle paure, anzi, proprio perché ha delle paure, voterà per chi quelle paure le canalizza, anche se si tratta di partiti di destra che storicamente non hanno a che vedere con le lotte per i diritti civili e i valori umanistici ma piuttosto con quelli della chiesa! Mi riferisco ovviamente alla destra cattolica, non alla destra liberale ed economica. Abbiamo dei partiti di ispirazione religiosa che sono in grado di presentarsi come la voce della ragione: ques to mi disturba non poco!

SB. D’accordo. Chiudiamo il cerchio e torniamo all’attivismo. Che cosa pensi che si possa fare? Che azioni si possono promuovere nel tuo Paese? E in Europa? E tu che cosa pensi di fare?

KEG. Buona domanda, e difficile al tempo stesso. In realtà quello che faccio io non è attivismo. È autodifesa. Faccio parte di una minoranza sotto attacco, praticamente priva di sostegno e protezione. In queste condizioni è difficile farsi promotori, ad esempio, di una riforma, che è qualcosa che alcuni si aspettano dalle persone come me. Devo dire comunque che, al di là di quello che posso fare io, vedo molti cambiamenti incoraggianti. Sono in Europa dal 2011. Ho lasciato il Marocco a vent’anni. Ero uno studente di scuola superiore. Vedo per esempio che ora è possibile dichiararsi ateo su Facebook, come pure cristiano o omosessuale, e ci sono migliaia di utenti che lo fanno apertamente. Di ateismo se ne parla alla TV araba. E vengo a sapere per esempio di riunioni di atei in bar o simili. Questo accade in Marocco, ma anche in Tunisia ed Egitto. E persino in Arabia Saudita! Usano dei nickname, ma ci sono anche gli atei sauditi, per esempio su Twitter! Anzi, certi sondaggi indicano una notevole presenza di atei in Arabia Saudita, ben superiore ad altri Paesi musulmani! Con questo ovviamente non voglio nemmeno dire che il fatto di voltare le spalle alla religione faccia di qualcuno una brava persona. Un ateo non è necessariamente nobile ed etico. L’ateismo è una posizione riguardante l’esistenza, la sua origine, e la sua fine. Poi un ateo quanto al comportamento può benissimo essere un pedofilo o un terrorista! Comunque, prima dell’avvento di Internet era come se non ci fossero gli atei nel mondo musulmano, un po’ come quando il presidente Ahmadinejad dichiarò che non ci sono omosessuali in Iran…. Certo, dove c’è una dichiarazione di ateismo su Internet c’è anche molto odio, c’è la rappresentazione dell’ateo come Satana, e così via. Però la comunicazione è comunque una forma di contatto, e la società si abituerà lentamente. Una volta che si sia creata una consuetudine sorgerà un politico coraggioso che porterà il tema nella sfera pubblica. Anche se, nel mio Paese, le cose potrebbero essere più complicate ancora, perché oltre che del trauma culturale occorre tenere presente che il re lì è sia il Capo dello Stato sia il Comandante dei Fedeli e un cambiamento in materia di libertà religiosa sarebbe difficile da promuovere anche per lui in prima persona.


Łi atei entel mondo musulman
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » dom mar 05, 2017 10:26 pm

Il Papa: "Usiamo la Bibbia come il cellulare: sia sempre con noi"
Papa Francesco stupisce tutti e paragona la Scrittura al cellulare: "Consultiamola e torniamo a prenderla se la dimentichiamo a casa"
Ivan Francese - Dom, 05/03/2017
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 71615.html

La Bibbia dovrebbe essere trattata come il nostro telefonino. A dirlo è stato Papa Francesco durante l'Angelus di questa mattina.

Affacciandosi alla finestra del Palazzo Apostolico che dà su piazza San Pietro, il Santo Padre si è rivolto alle migliaia di fedeli radunatisi per la preghiera con una metafora inedita.

"La Bibbia come il telefonino: sempre con noi, consultata in continuazione e guai a dimenticarla a casa! - ha spiegato il Pontefice - Cosa succederebbe se trattassimo la Bibbia come trattiamo il nostro telefono cellulare? - si chiede il Pontefice - Se la portassimo sempre con noi; se tornassimo indietro quando la dimentichiamo; se la aprissimo diverse volte al giorno; se leggessimo i messaggi di Dio contenuti nella Bibbia come leggiamo i messaggi del telefonino... Chiaramente il paragone è paradossale, ma fa riflettere."

"Durante i quaranta giorni della Quaresima, come cristiani siamo invitati a seguire le orme di Gesù e affrontare il combattimento spirituale contro il Maligno con la forza della Parola di Dio. Per questo - spiega - bisogna prendere confidenza con la Bibbia: leggerla spesso, meditarla, assimilarla. La Bibbia contiene la Parola di Dio, che è sempre attuale ed efficace"

"Abbiamo iniziato la Quaresima, che è il cammino del Popolo di Dio verso la Pasqua: un cammino di conversione, di lotta contro il male con le armi della preghiera, del digiuno, delle opere di carità", ha poi ricordato Papa Francesco. "Auguro a tutti che il cammino quaresimale sia ricco di frutti; e vi chiedo un ricordo nella preghiera per me e per i collaboratori della Curia Romana, che - riferisce il Papa - questa sera inizieremo la settimana di esercizi spirituali", fuori dal Vaticano ad Ariccia, paese dei Colli Albani alle porte di Roma, seguendo una tradizione gesuitica inaugurata sin dall'inizio dell'attuale Pontificato.



“La Bibbia è un libro estremamente pericoloso”, secondo papa Francesco
Nel prologo della nuova versione tedesca di "Youcat", il papa rivela l'intimo rapporto che ha con la sua Bibbia
Jules Simonin
16 ottobre 2015

http://it.aleteia.org/2015/10/16/la-bib ... -francesco

“La Bibbia è un libro estremamente pericoloso”, secondo papa Francesco

In occasione della pubblicazione della nuova Bibbia per i giovani della collezione Youcat in Germania, il prossimo 21 ottobre, papa Francesco ha scritto un prologo che descrive in modo molto personale il suo rapporto con la Bibbia, come spiegano i nostri colleghi del quotidiano tedesco Bild.

La Bibbia è così pericolosa “che in alcuni Paesi si comportano come se avere una Bibbia equivalesse a tenere delle granate nell’armadio”, scrive.

Il pontefice offre una citazione di Gandhi molto significativa: “Voi cristiani avete nelle vostre mani un libro che contiene abbastanza dinamite da fare a pezzi tutta la civiltà”. Parla della Bibbia.

Ecco il prologo del papa:

Miei cari e giovani amici:

se vedeste la mia Bibbia forse non vi colpirebbe molto. È questa la Bibbia del papa? Un vecchio libro logoro! Potreste offrirmene una nuova, una da mille dollari, ma io non la vorrei.
Amo profondamente la mia vecchia Bibbia, che mi ha accompagnato per metà della mia vita. È stata testimone delle mie più grandi gioie e si è bagnata con le mie lacrime. È il mio tesoro più prezioso. Vivo di lei e per niente al mondo vorrei separarmene.

Questa Bibbia che avete appena elaborato mi fa un enorme piacere. È colorata, ricca di testimonianze, di testimonianze di santi, di testimonianze di giovani, e fa venire voglia di proseguire a leggere fino all’ultima pagina.

E poi? E poi la nascondete. Scompare in uno scaffale, dietro la terza fila di libri. Si riempie di polvere. E i vostri figli un giorno la venderanno a un antiquario. No, questo non deve succedere!

Come se si tenessero delle granate nell’armadio

Vorrei dirvi una cosa: oggi ci sono più cristiani perseguitati che nei primi tempi della Chiesa. E perché sono perseguitati? Sono perseguitati perché portano una croce e sono testimoni di Gesù. Vengono processati perché possiedono una Bibbia.

La Bibbia è un libro estremamente pericoloso. Così pericoloso che in alcuni Paesi si comportano come se avere una Bibbia equivalesse a tenere delle granate nell’armadio.

Un non cristiano, il Mahatma Gandhi, un giorno ha detto: “Voi cristiani avete nelle vostre mani un libro che contiene abbastanza dinamite da fare a pezzi tutta la civiltà, rovesciare il mondo, fare di questo mondo devastato dalla guerra un mondo in pace. Ma voi agite come se si trattasse solo di un esempio di buona letteratura e nient’altro”.

Più che letteratura

Cosa avete tra le mani? Un po’ di letteratura? Delle belle storie antiche?

In quel caso, è necessario che diciate ai cristiani che si lasciano imprigionare a causa della loro Bibbia: “Ma siete stupidi! Non è altro che un po’ di letteratura”. No, è attraverso il Verbo di Dio che la Luce è venuta nel mondo e non si spegnerà mai.

Nella Evangelii Gaudium (175) ho detto: “Noi non cerchiamo brancolando nel buio, né dobbiamo attendere che Dio ci rivolga la parola, perché realmente ‘Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso’. Accogliamo il sublime tesoro della Parola rivelata”.

Un libro in cui Dio ci parla

Avete tra le mani qualcosa di divino: un libro che arde come il fuoco! Un libro in cui Dio ci parla.

Sforzatevi di capire questo: la Bibbia non è lì per essere messa su uno scaffale; è lì perché la prendiate in mano, perché la leggiate spesso, tutti i giorni, da soli o in gruppo. Facendo sport o compere.

Perché non leggete la Bibbia insieme, in due, tre o quattro? Fuori, nella natura, nel bosco, in spiaggia, di notte alla luce delle candele: farete un’esperienza prodigiosa! Temete forse che una proposta così vi renda ridicoli?

Leggete attentamente! Non rimanete in superficie come se leggeste un fumetto! Non bisogna mai trattare in modo superficiale la Parola di Dio. Chiedetevi: Cosa dice questo al mio cuore? Cosa mi dice Dio attraverso queste parole? Mi toccano nel profondo delle mie aspirazioni? Cosa devo fare in cambio?

Solo in questo modo la forza della Parola di Dio può assumere tutta la sua dimensione. Solo così la nostra vita può cambiare, diventare grande e bella.

Voglio dirvi che io leggo la mia vecchia Bibbia! Spesso la prendo, la leggo un po’, poi la poso e mi lascio guardare dal Signore. Non sono io a guardarLo, è LUI che mi guarda. Sì, LUI è lì. Io Gli lascio posare i suoi occhi su di me. E sento, senza sentimentalismi, sento nel più profondo delle cose quello che mi dice il Signore.

A volte Egli non parla

A volte Egli non parla. Non sento nulla, solo vuoto, vuoto, vuoto… Ma rimango paziente e aspetto. Leggo e prego. Prego seduto perché mi fa male inginocchiarmi. A volte mi addormento pregando. Ma non succede niente. Sono come un figlio con suo padre, e questo è ciò che conta.

Volete darmi un motivo di gioia? Leggete la Bibbia!

Vostro papa Francesco
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » mer mar 08, 2017 7:11 pm

Statolatria pagana del fascismo


L’odio del Duce per il cristianesimo, instaurò un’ideologia pagana
8 marzo 2017
Mattia Ferrari

http://www.uccronline.it/2017/03/08/lod ... gia-pagana

Il Novecento è stato definito l’“Età dei totalitarismi“ in quanto vide l’avvento del fascismo, del nazismo e del comunismo. Sebbene questi movimenti professassero concetti differenti, avevano tuttavia in comune l’obiettivo di realizzare l’Uomo Nuovo attraverso il controllo dell’individuo in ogni aspetto della società.

Queste ideologie, facendosi portavoce di una visione del mondo antitetica a quella cristiana, finirono inevitabilmente per scontrasi con la Chiesa Cattolica. Ciò è particolarmente evidente nei casi della Russia Comunista e della Germania nazista dove si giunse a vere e proprie persecuzioni nei confronti delle confessioni cristiane ma lo fu, anche se in misura minore, per quanto riguarda l’Italia fascista.

La ragione di questa minore ostilità è dovuta al fatto che il fascismo non riuscì a mai a diventare completamente “totalitario” in quanto dovette fare i conti con altri “poteri forti“ compresa la stessa Chiesa. In realtà, quando nel 23 marzo 1919 Benito Mussolini costituì a Milano il movimento dei Fasci di combattimento, non nascose la sua inclinazione anticlericale, tanto che uno dei propositi del partito prevedeva «il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione delle mense vescovili che costituiscono un’enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi». Lo stesso Duce inneggiò pubblicamente nel 1919 alla nuova modernità pagana dichiarando: «Noi, che detestiamo dal profondo tutti i cristianesimi, da quello di Gesù a quello di Marx, guardiamo con simpatia straordinaria a questo “riprendere” della vita moderna nelle forme pagane del culto, della forza e dell’audacia». Valori che, nonostante la svolta successiva, il fascismo non rinnegherà mai.

Difatti, dopo la disastrosa sconfitta subita nelle elezioni del novembre 1919, Mussolini comprese che per raccogliere consensi era indispensabile presentarsi come difensore dell’ordine e della società contro il pericolo di una rivoluzione socialista, e per motivi politici iniziò quindi a mutare la sua posizione nei confronti del cattolicesimo, come spiegò in un discorso tenuto al terzo congresso dei Fasci di combattimento nel maggio 1920: «Quanto al Papato bisogna intendersi: il Vaticano rappresenta quattrocento milioni di uomini sparsi in tutto il mondo e una politica intelligente dovrebbe usare ai fini dell’espansionismo proprio questa forza colossale. Io sono, oggi, completamente al di fuori di ogni religione, ma i problemi politici sono problemi politici» (Emilio Gentile, Contro Cesare, Milano 2010 p. 87-89).

Mussolini iniziò perciò una politica tesa a trovare l’appoggio della Chiesa, il cui culmine fu raggiunto nel 1929 con la soluzione della Questione Romana attraverso la stipula dei Patti Lateranensi. Nonostante la politica conciliativa, però, il fascismo non abbandonò il suo proposito di subordinare a sé gli individui in ogni aspetto della società, e il dittatore rimarcò la preminenza dell’ideologia fascista sul cattolicesimo: «Lo stato fascista rivendica in pieno il suo carattere di eticità, è cattolico, ma è fascista, anzi è sopratutto, esclusivamente, essenzialmente fascista» dichiarò nel discorso tenuto alla Camera nel maggio del 1929.

Il carattere totalitario del regime si manifestò a pieno con la questione riguardante l’educazione della gioventù dove i fascisti sciolsero le organizzazioni cattoliche ed effettuarono feroci attacchi contro l’Azione Cattolica (definita “pupilla degli occhi del papa” da Pio XI). Lo scontro per la formazione dei giovani spinse il pontefice a pubblicare nel 1931 l’enciclica “Non abbiamo Bisogno” in cui accusava il fascismo di promuovere «un’ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana in pieno contrasto con i diritti naturali della famiglia che coi diritti sopranaturali della Chiesa»; rimarcando che: «Una concezione dello stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta, non è conciliabile per un cattolico con la dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia».

Sebbene il conflitto con l’Azione Cattolica venne risolto con un compromesso tra le due parti, stipulato il 2 settembre 1931, il dissidio tra Chiesa e fascismo sarebbe riemerso quando quest’ultimo, verso la fine degli anni ’30, iniziò ad accentuare la sua politica totalitaria arrivando al punto di introdurre in Italia nel ’38 le leggi razziali antisemite e a scatenare un nuovo conflitto contro l’Azione Cattolica (conclusosi con un compromesso ritenuto dallo stesso Duce solamente provvisorio). La minaccia totalitaria era aggravata anche dall’azione del segretario del Pnf, Achille Starace, ritenuto dagli ambienti vaticani “un pericoloso pagano”. Durante gli anni in cui quest’ultimo tenne la segreteria, l’attività religiosa presso i giovani venne infatti spesso ostacolata dalle gerarchie fasciste e l’insegnamento religioso nelle scuole spesso non fu effettuato. Era ormai chiaro a Pio XI che, dietro l’apparente politica di collaborazione, si profilava un’inevitabile scontro tra la Chiesa e il regime, dovuto alla natura stessa del fascismo (Contro Cesare p. 426-427).

L’avversione tra Chiesa e regime si sarebbe acuita negli anni successivi con l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, in particolare, durante gli anni della Repubblica di Salò. In definitiva, non è errato concludere che, nonostante accordi e compromessi, la strada tra la Santa Sede e il fascismo era destinata al conflitto in quanto quest’ultimo si faceva portavoce di un’ideologia dai valori dichiaratamente anticristiani.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » ven mar 10, 2017 4:56 am

L’ex testimone di Geova racconta l’oscurità da cui si è liberato
Calendar 7 marzo 2017
Salvatore Bernocco

http://www.uccronline.it/2017/03/07/lex ... e-liberato

È alquanto noto che i testimoni di Geova danno una lettura stravagante delle Sacre Scritture. I proclamatori bussano alle nostre porte e cercano di propinarci il loro verbo, privo di qualsiasi fondamento biblico-teologico, per reclutare nuovi adepti e smerciare la loro pubblicazione “Torre di Guardia, Svegliatevi!”, opuscoli, volantini, ecc.

Il quartiere generale della setta si trova a Warwick, New York. Da lì partono le direttive che raggiungono, attraverso un complesso reticolo di capi e capetti, tutto il mondo. Secondo dati forniti dal movimento, nel 2016 nel mondo i testimoni di Geova attivi nell’opera di predicazione erano 8.340.847, organizzati in 119.485 congregazioni presenti in 240 paesi o territori. Inoltre, stando ad una ricerca del CESNUR del 2002, i testimoni di Geova sono la seconda religione in Italia, se si considerano solo i cittadini italiani, o la terza, dopo i musulmani, contando anche gli immigrati.

La Gazzetta del Mezzogiorno del 15 febbraio scorso ha parlato di Riccardo Maggi, ex testimone di Geova, di 34 anni, consulente turistico, che ha scelto di lasciare la setta. Questa sua decisione lo ha allontanato dai suoi genitori, convertitisi al geovismo nel 1983. Sin da bambino ha vissuto la realtà associativa dei testimoni, dall’indottrinamento alle adunanze, alle riunioni obbligatorie. Per diversi anni ha vissuto a Roma nella comunità Betel, dove lavorava come cuoco. Aveva 18 anni. «All’interno – sostiene Riccardo – ho visto di tutto, cose ben diverse da quello che si predica. Tutto tenuto nascosto». Da rapporti sessuali tra due amici, uno dei quali poi si impiccherà, all’enorme giro di denaro, dalle infiltrazioni massoniche agli scambi di coppia all’interno degli alloggi, dalla pedofilia alla circolazione di droga ed alcool. Egli stesso ricevette dal responsabile dell’organizzazione una proposta di sesso in cambio di un alloggio più confortevole. Riccardo si rifiutò.

Ora ha presentato un esposto in Procura contro tutti gli abusi di cui è stato testimone. Ovviamente i testimoni di Geova si difendono e contrattaccano. Fatto sta che Riccardo è stato ripudiato dai suoi genitori. «Io, mia moglie ed il mio bambino siamo come morti per i miei genitori», riferisce alla giornalista che lo ha intervistato.

Questa è l’ennesima vicenda dai contorni oscuri che concerne i TdG. Di certo c’è che chi finisce nella loro rete corre seri rischi o va incontro a restrizioni, perde la propria libertà ed autonomia e deve servire esclusivamente gli interessi della congregazione, spesso di natura soltanto economica. Dov’è nel caso di specie, la libertà dei figli di Dio? Dove sono la misericordia ed il perdono, attributi di Dio? Ed infine vale davvero la pena abbandonare la Chiesa cattolica per finire nelle grinfie di astuti manipolatori delle coscienze?
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » dom mar 12, 2017 7:40 am

Ensemense só e contro łi ebrei
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Convegno dell’Associazione biblica italiana: “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.
11 marzo, 2017
Giulio Meotti

http://www.amicidisraele.org/2017/03/co ... e-elitaria

Dall’11 al 16 settembre a Venezia, l’Associazione biblica italiana organizza un convegno con studiosi italiani ed europei che sembra uscito dalle ombre del primo Novecento. “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.

Niente meno.

L’Associazione, riconosciuta dalla Cei, di cui fanno parte esponenti del clero cattolico e protestante, 800 studiosi e professori di cultura laica e che il Papa ha salutato a Roma lo scorso settembre, discuterà delle “radici di una religione che nella sua strutturazione può dare adito a manifestazioni ritenute degeneranti”.

Degeneranti? L’ebraismo avrebbe come conseguenze spesso il “fondamentalismo” e “l’ assolutismo”. “Il pensarsi come popolo appartenente in modo elitario a una divinità unica ha determinato un senso di superiorità della propria religione”, recita il programma veneziano.

Non si è fatta attendere la risposta, durissima, dei rabbini italiani.

Giuseppe Laras, già rabbino capo di Milano e presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana, ha scritto ai vertici dell’Associazione biblica, denunciandone le posizioni, ma senza ottenere risposta. “Sono, ed è un eufemismo, molto indignato e amareggiato!”, scrive Laras nella lettera che il Foglio anticipa qui. “Certamente, indipendentemente da tutto, ivi incluse le possibili future scuse, ripensamenti e ritrattazioni, emergono lampanti alcuni dati inquietanti, che molti di noi avvertono nell’aria da non poco tempo e su cui vi dovrebbe essere da parte cattolica profonda introspezione: un sentore carsico di risentimento, insofferenza e fastidio da parte cristiana nei confronti dell’ebraismo; una sfiducia sostanziale nella Bibbia e un ridimensionamento conseguente delle radici bibliche ebraiche del cristianesimo; un abbraccio con l’islam che è tanto più forte quanto più si è critici da parte cristiana verso l’ebraismo, inclusa ora perfino la Bibbia e la teologia biblica”.

Secondo Laras, “questo programma dell’Associazione biblica italiana è la sconfitta dei presupposti e dei contenuti del dialogo ebraico-cristiano, ridotto ahimé da tempo a fuffa e aria fritta. Personalmente registro con dolore che uomini come Martini e il loro Magistero in relazione a Israele in seno alla chiesa siano stati evidentemente una meteora non recepita, checché tanto se ne dica”.

Questa teologia ha conseguenze politiche, dice Laras: “La causa dell’instabilità del medio oriente e dunque del mondo sarebbe Israele (colpa politica); la causa remota del fondamentalismo e dell’assolutismo dei monoteismi sarebbe la Torah, con ricadute persino sul povero islam (colpa archetipica, simbolica, etica e religiosa). Ergo siamo esecrabili, abbandonabili e sacrificabili.

Questo permetterebbe un’ipotesi di pacificazione tra cristianesimo e islam e l‘individuazione del comune problema, ossia noi. E stavolta si trova un patrigno nobile nella Bibbia e un araldo proprio nei biblisti”.

D’accordo con Laras i principali rabbini italiani, a cominciare da Roberto Della Rocca, responsabile dell’educazione nelle comunità ebraiche italiane.

“Non voglio fare il processo alle intenzioni”, dice al Foglio il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib. “Ma o è uno scivolone o è qualcosa di preoccupante. Sono argomentazioni teologiche usate nel passato come arma antiebraica il Dio vendicativo degli ebrei, il Dio della giustizia contrapposto al Dio dell’amore, usate come propaganda antiebraica. Quando si usano argomentazioni del genere a noi si alzano le antenne.

La chiesa cattolica nel dialogo ebraico-cristiano ha superato queste argomentazioni. Sembra che ora vengano riprese. L’idea dell’ebraismo elitario che si sente superiore è stata usata nel passato in maniera preoccupante. È chiaramente il sospetto che si voglia avere una ricaduta sull’attualità, su Israele”.

D’accordo con Arbib il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che al Foglio dice: “O è una cosa fatta con piena coscienza e quindi gravissima, oppure non si rendono conto. Non è solo una analisi teologica, biblica, ma un discorso che si presta a essere con-testualizzato al medio oriente, con implicazioni micidiali in politica”.

Alla stesura della lettera di protesta dei rabbini ha partecipato anche un laico, David Meghnagi, docente a Roma Tre, esperto di didattica della Shoah e membro dell’Unione comunità ebraiche italiane. “Sono convinto che il convegno sia l’indice che dentro la chiesa, fra gli intellettuali e gli studiosi, gli elementi di marcionismo che l’hanno corrotta non sono stati superati”, dice Meghnagi al Foglio. “E sono presenti anche nella cultura laica che legge la Bibbia Lo si vede negli interventi di Eugenio Scalfari su Repubblica, la contrapposizione fra il Dio veterotestamentario e quello del Nuovo Testamento.

Nel 1990, alla prima giornata dell’amicizia fra ebrei e cristiani della Cei, mentre piovevano i missili su Tel Aviv da parte dell’Iraq, mi si avvicina un vescovo e mi dice: Lo sa quanta fatica noi cristiani facciamo per nobilitare il Vecchio Testamento?’.

Il linguaggio cristiano rispetto agli ebrei presenta diverse patologie, compresa la valutazione degli ebrei come popolo decaduto, di cui si eredita la primogenitura.

Solo dopo la Shoah c’è stata una rivalutazione. Nella cultura più ampia di molti laici e democratici ci sono pregiudizi che arrivano da questa visione”.

Ecco allora che in tante, troppe guerre, Israele finisce per diventare “il nuovo Erode” e i palestinesi “il nuovo Gesù”.

“Siccome non viviamo nel vuoto, la scelta di privilegiare questa riflessione si incontra con una teologia palestinese e di matrice cristiano-orientale, che trova ascolto nei movimenti pacifisti e terzomondisti, che tende a vedere l’attuale contrapposizione in medio oriente come la riedizione su più vasta scala della violenza del Dio biblico, l’ebraismo della carne contrapposto allo spirito, i valori della terra contro quelli dello spirito”, conclude Meghnagi. “Vorrei citare un articolo di Gianni Baget Bozzo uscito sul Manifesto sulla guerra di Israele come violenza biblica, o quello di Scalfari su Repubblica che parlò del Dio della vendetta. Lo si vede anche nelle vignette di Forattini. È un elemento che è passato nella cultura attraverso la demonizzazione del sionismo, la falsa innocenza della diaspora rispetto allo stato-nazione ebraico da esecrare”.



Alberto Pento
Tra i tre monoteismi del Libro, quello primario e originale è l'ebraismo, le altre sono eresie e varianti improprie.
L'ebraismo è l'ideologia religiosa più ragionevole, umana e la meno idolatra tra le tre;
mentre il cristianismo e il maomettismo o islamismo sono le più idolatre, totalitarie e assolutiste;
e il maomettismo o islamismo è la più idolatra e totalitaria, la più disumana, orrenda e terrificante.



L'orrore dei cristiani antiebrei e pronazismo islamico
viewtopic.php?f=197&t=2172

El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » dom mar 12, 2017 10:55 pm

Domande di un cristiano ad un ebreo
Questo vademecum non dà risposte né approfondite né erudite, per le quali sono necessari ben altri testi.

http://www.comunitaebraicabologna.it/it ... cle&id=140

Vuole solo aiutare, in modo molto modesto, chi è interpellato a “bruciapelo, magari nel corso di una conversazione mondana o di lavoro; magari con conoscenti occasionali in treno o su una spiaggia. L’ importante è non restare senza risposta o darne una vaga, approssimativa o inesatta.
Il non ebreo ha il desiderio di sapere, e l’ebreo ha il dovere di saper rispondere. Le domande sono state riportate così, disordinatamente, nella forma spontanea come abitualmente mi sonno state rivolte nel corso di numerosi incontri che ho avuto in questi ultimi anni con scolaresche, gruppi religiosi non ebraici ( in particolare cattolici e valdesi), frequentatori di Università della terza età ecc. Spero che questo vademecum, oltre alla sua utilità spicciola, invogli gli ebrei ad approfondire sempre di più la propria cultura ebraica.

1) In che cosa voi credete voi Ebrei?
I principi fondamentali dell’ebraismo sono i concetti di esistenza e di unicità di Dio e che i cinque libri della Torà (abitualmente conosciuti dai non ebrei come Pentateuco) sono stati scritti completamente su ispirazione divina.
L’ebraismo, più che sul credere si basa sull’agire in conformità alle norme contenute nella Torà e nei suoi successivi commenti.
L’ebraismo in sostanza non ha dogmi in cui credere, ma norme di comportamento da seguire.

2) È vero che aspettate ancora il Messia?
In tempi passati un messia (la parola ebraica corrispondente è mashiah [ = unto ] e designa in genere la figura di un re, in quanto il re veniva unto nella cerimonia della nomina) era atteso come persona fisica come un re o come un capo capace di liberare gli ebrei da situazioni politiche o sociali tristissime (asservimento all’impero romano, persecuzioni, ecc.)
La tendenza odierna è invece di considerare il messia piuttosto come un epoca messianica cioè un’epoca di pace e di armonia in cui, come si legge in Isaia (cap. 2 v. 4) “le genti spezzeranno le loro spade per farne vomeri, e le loro lance per farne falci; nessun popolo alzerà la spada contro l’altro, e non impareranno più l’arte della guerra”. O, come si legge in Michà (Cap 4, vv. 2-4): ”…allora da Sion uscirà l’ammaestramento e da Gerusalemme la parola divina. Egli giudicherà tutti i numerosi popoli, ammaestrerà le più potenti e remote nazioni, tanto che spezzeranno le loro spade per farne delle vanghe e le loro lance per farne delle falci; nessuna nazione alzerà più la spada contro un’altra e non impareranno più l’arte della guerra. Ciascuno siederà sotto la propria vite e sotto il proprio fico, senza timore alcuno”.
Al raggiungimento di quest’epoca “messianica” cioè all’elevazione e al miglioramento della società, ciascuno deve però contribuire con il suo buon comportamento. Solo con lo sforzo di ciascuno- e non certo con un intervento “ venuto dall’alto”- potrà essere raggiunta l’epoca messianica.

3) Perché non avete riconosciuto Gesù come Messia?
Per vari motivi:
a) Prima di tutto Gesù non ha portato la pace nel mondo come avrebbe dovuto fare il Messia ma le guerre e le violenze sono continuate come prima (gli stessi cristiani credono che ci dovrà essere una seconda venuta di Cristo per realizzare ciò).
b) Il concetto di figlio di Dio ( nel senso cristiano, per cui Gesù è insieme uomo e Dio) ed il concetto di Trinità si scontrano con la concezione assolutamente monoteistica dell’ebraismo.
c) Gesù, benché in un primo tempo abbia asserito di non allontanarsi dalle norme della Torà (base dell’ebraismo), se ne poi è allontanato, e più ancora il suo apostolo Paolo, con il quale si è verificato il definitivo distacco dall’ebraismo.
d) Anche l’idea del sacrificio umano in funzione di salvezza non è conciliabile con l’ebraismo, tenendo anche presente che nella Torà è espressamente vietato il sacrificio umano. Ricordiamo anche che Dio fermò la mano di Abramo che stava per sacrificare suo figlio Isacco.
e) Il cristianesimo inoltre ha abbandonato il concetto di centralità della Terra promessa, concetto fondamentale per gli ebrei, insieme a quello di popolo e di Torà.

4) Che cosa pensate di Gesù? Di San Paolo?
Gesù era un ebreo studioso della Legge. Ai tempi di Gesù c’erano diverse suddivisioni in seno all’Ebraismo, rappresentanti di diverse scuole di pensiero e di stile di vita: farisei, sadducei, esseni, zeloti etc.
Gesù sembra essere stato avverso al metodo di interpretazione della Legge seguito dai maestri farisei, ed anzi nei Vangeli la parola “fariseo” assume un significato negativo (da notare che l’ebraismo moderno è appunto un ebraismo farisaico). Pare sia stato in polemica con la classe sacerdotale.
Viveva comunque in seno all’Ebraismo: ciò si deduce da vari passi dei Vangeli in cui sono riportate frasi che si rifanno alla Torà. Ad esempio il precetto evangelico “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo 22, v. 39) altro non è che un'esplicita citazione di Levitico 19, V. 18.
E’ soltanto con Paolo che avviene la scissione tra ebraismo e cristianesimo e che si evidenziano delle differenze fondamentali e inconciliabili. E’ pure con Paolo che inizia l’opera di evangelizzazione soprattutto con i pagani.

5) Credete nell’inferno e nel paradiso?
Su queste problematiche che riguardano la sorte dopo la morte, l’ebraismo non dà risposte, precise, né offre dogmi in cui credere.
Nella Torà e nei libri posteriori, in particolare alcuni profeti, vi sono accenni al regno dei morti ed ad un’epoca di risurrezione. Così pure vi sono brani liturgici che accennano a ciò.
Poiché però nulla è stato affermato di preciso, nell’ambito dell’ebraismo possono convivere
Diverse correnti di pensiero e di scuole interpretative. Si va dai mistici cabalisti ai razionalisti che interpretano diversamente i brani suddetti. Comunque l’identificazione di un ebreo si realizza non tanto in quello che crede circa il mondo futuro, quanto come agisce in questo mondo.
E’ l’osservanza della mitzvot che caratterizza un ebreo, non quello che lui crede relativamente all’al di là.

6) Gi ebrei fanno proselitismo?
In tempi passati (forse fino al secondo sec. dopo E.V.) ci fu proselitismo, interrotto quando l’imperatore Adriano proibì la pratica della circoncisione.
Al giorno d’oggi non c’ è proselitismo sia per il rispetto verso altre religioni e modi di vita, sia perché diventare ebrei non apre vie ad alcun tipo di “salvezza”, ma comporta invece un impegno a conformarsi ad un determinato stile di vita nonché impegno allo studio. Impegni che non devono e non possono essere imposti.
L’unica forma di “proselitismo”, se così si può chiamare, dovrebbe essere l’esempio che gli ebrei dovrebbero offrire con il loro modo di vivere, ispirato a moralità e rispetto del prossimo.

7) Che cos’è la vostra Pasqua?
La Pasqua ebraica (in ebraico Pesach) ricorda la liberazione dall’antico Egitto, sotto la guida di Mosè.
Dopo drammatiche vicende che tutti conoscono (la dura schiavitù, l’ordine emesso dal Faraone di uccidere tutti i neonati maschi, e successivamente la richiesta fatta da Mosè al faraone di lasciar uscire gli ebrei dall’Egitto, le dieci piaghe che si abbatterono sull’Egitto), gli ebrei infine uscirono dall’Egitto ottenendo così la libertà.
Tali avvenimenti, che devono essere insegnati e spiegati ”…ai figli ed ai figli dei figli per tutte le generazioni” come prescritto nella Torà, vengono rievocati e quasi rivissuti a Pesach.
Poiché l’ebraismo si vive molto in famiglia, Pesach viene festeggiata con una vera e propria cerimonia che si svolge in seno alla famiglia riunita.
Tale cerimonia consiste in una cena chiamata Seder [= ordine] perché le varie fasi si svolgono secondo un ordine codificato.
Durante il Seder si legge un libro chiamato Hagadà di Pesach [= racconto di Pesach] e si mangiano cibi, già predisposti al centro della tavola, rievocati della vicenda. Ad esempio:
- azzime, in ricordo del pane che gli ebrei non avevano avuto il tempo di far lievitare in quella drammatica notte prima della liberazione;
- un impasto di frutta varia color mattone (charoset) in ricordo appunto dei mattoni che gli ebrei erano obbligati a fabbricare quando erano schiavi;
- erba amara, in ricordo dell’amarezza della schiavitù,
- uovo sodo, simboleggiante la sorte umana che cambia.
Inoltre si pone anche a centro tavola uno zampino d’agnello ( che non si mangia) a ricordo dei tempi, durati fino alla distruzione del tempio di Gerusalemme, in cui si sacrificava un agnello per Pesach.
Durante il Seder adulti e bambini partecipano attivamente con domande e risposte, letture e canti. Pesach è una festa molto sentita e rappresenta veramente la festa della libertà acquisita.

8) Quando è il vostro capodanno?
Il Capodanno ebraico (Ros hashand) cade i giorni 1 e 2 del mese ebraico di Tishrì, data che corrisponde circa a settembre – ottobre.
Nella Torà tale data è indicata come “giorno del suono” e “giorno del giudizio”. Infatti, oltre che ricordare la creazione del mondo (significato aggiunto posteriormente), è un giorno di”presa di coscienza” che un nuovo periodo della nostra vita inizia.
Il suono dello Shofar (antichissimo strumento musicale costruito da un corno di ariete) a Rosh hashanà ha il significato di “ chiamare a raccolta” la nostra coscienza, di giudicare il nostro operato e programmarlo per l’anno che inizia.
Si usa a Rosh hashanà mangiare cose dolci (ad esempio miele) e con semi abbondanti (melograni, fichi) come augurio di un anno dolce ed abbondante (abbondante in buone azioni).
Rosh hashanà, più che una festa, può essere denominata una solennità appunto per il suo carattere solenne.
Rosh hashanà è poi seguito da dieci giorni di meditazione culminanti nel Kippur (vedi domanda n. 13).

9) Perché fate festa il sabato invece della domenica?
Nei Dieci Comandamenti, che sono enunciati nella Torà due volte (Esodo 20, vv. 1 e seguenti; Deuteronomio 5,vv. 6 e segg.) è chiaramente prescritto di ricordare e osservare il Sabato (Shabbat).
Solo con il Cristianesimo il sabato è stato sostituito con la domenica.
Lo shabbat ebraico è un giorno di riposo ( per sé e per gli altri, uomini e donne, padroni e servi, stranieri e pure gli animali) intendendo per riposo non un giorno di semplice astensione dal lavoro, o di divertimento o di ozio, ma un giorno di pace e di armonia fra gli esseri umani;fra gli esseri umani e Dio; fra gli esseri umani e la natura.
In tal giorno non si pensa agli affari;non si fanno acquisti;non si usa l’automobile né si mettono in funzione apparecchi elettrici,etc.
Naturalmente però se c’è un caso di grave emergenza, con pericolo di vita, tutte le suindicate norme devono essere tralasciate in vista della norma più importante e fondamentale che è la salvezza di una vita umana
Come tutte le giornate ebraiche, anche lo Shabbat inizia la vigilia, cioè il venerdì sera e termina la sera, all’ apparire di almeno tre stelle.
Lo shabbat è dedicato ad andare al tempio, a stare in famiglia e con gli amici, alla lettura ed allo studio e rappresenta per l’ebreo veramente un giorno particolare, diverso dagli altri giorni.

10) Perché seguite regole così antiche?
Gran parte delle regole (mitzvot) non mi sembrano “ antiche”, ma piuttosto adatte a tutti i tempi. Per non parlare dei Dieci Comandamenti, divenuti ormai patrimonio per tutta l’ umanità, ecco alcuni esempi scelti tra le tante regole:
a) “Non proferire notizie false;non essere complice di un malvagio prestandoti ad essere teste iniquo. Non seguire la maggioranza per fare il male” (Esodo 23,vv. 1 e segg.);
b) “Non farti corrompere perché il prezzo della corruzione acceca gli occhi dei saggi e rende tortuose le parole dei giusti” (Deuteronomio 16, v. 19);
c) “Quando vedrai il toro o l’ agnello del tuo fratello smarriti non dovrai disinteressartene, li dovrai invece restituire al tuoi fratello. E se il tuo fratello non sta vicino a te o tu non lo conosci, li dovrai portare a casa tua e staranno presso di te fintanto che il tuo fratello ne faccia ricerca e allora glieli dovrai restituire” (Deuteronomio 22, vv. 1 e 2);
d) “Non dir male del sordo e davanti al cieco non mettere un inciampo”(Levitico 19, v. 14);
e) “Il forestiero dimorante con voi dev’ essere per voi uguale ad un vostro indigeno, ed amerai per lui quel che ami per te”(Levitino 19, v. 34);
Inoltre nella Mishnà e nel Talmud (vedi domanda 7) i rabbini, nel corso dei secoli, hanno interpretato le norme della Torà adattandole alle situazioni concrete che si potevano presentare in ogni tempo e in ogni luogo. Tanto per fare un esempio banale, con riferimento alla regola sopra riportata al punto c), si parla di toro e agnello, ma nella società di oggi, il dovere della restituzione si allarga naturalmente ai beni di oggi (automobili, portafogli, etc.).
Anche riguardo ad argomenti assolutamente attuali quali aborto eutanasia, donazione di organi,ecc,…i rabbini cercano di trarre delle regole di comportamento che siano in accordo con i principi fondamentali espressi dalla Torà, quali l’ assoluto rispetto per la vita.
Si può dire in conclusione che le norme da seguire (Halachà) non sono né antiche né moderne, ma eternamente valide, pur con gli adattamenti ai nuovi casi che si possono presentare oggi.

11) Quali sono in sostanza le differenze fondamentali fra ebraismo e cristianesimo?
Le differenze fondamentali sono:
a) Per l’ ebraismo Gesù è una persona normale; così pure Maria : la parola almà - che si trova in Isaia 7, v. 14- viene tradotta come “vergine” nei testi cristiani, mentre in ebraico ha il significato di “ donna”;
b) Nell’ ebraismo non ci sono dogmi, non ci sono affermazioni di fede, né Santi, né un’ autorità centralizzata. Nell’ ebraismo è essenziale invece l’ azione, il comportamento, l’ osservanza delle mitzvot che ci sono state date da Dio;
c) L’ ebraismo non dà molta importanza alla vita ultraterrena, bensì a questa vita, cercando di migliorarla e di elevarla;
d) Non è prevista né auspicabile nell’ebraismo alcuna forma di vita monastica, o ascetica, o in solitudine, ma una vita in mezzo alla società ed al servizio di essa.

12) Perché le donne hanno posti separati nelle sinagoghe?
E’ una consuetudine che ha due motivazioni.
La prima, più antica, è di non dare motivo di distrazione durante le funzioni.
La seconda è che le donne non sono tenute ad osservare le Mitzvot che si svolgono ad orario fisso, come sono appunto le funzioni in sinagoga, dovendo sovente assolvere ad altri compiti nell’ambito familiare. Hanno naturalmente il diritto, ma non il dovere di partecipare alle funzioni pubbliche; cioè in altre parole possono o no intervenire senza trasgredire ad alcuna Mitzvà.
Ciò non significa che la donna sia considerata inferiore; ha semplicemente altri doveri altrettanto importanti e qualificanti ebraicamente.
13) Perché gli uomini mettono papalina in testa?
Tenere il capo coperto è un’ usanza e non una prescrizione. Tale usanza risale a tempi e luoghi in cui il capo coperto era segno di rispetto e sottomissione.

14) Perché le funzioni sono in ebraico e non in italiano?
Per tre motivi:
a) L’ ebraico è stato, in secoli di dispersione in mezzo a popoli con lingue diverse, un elemento unificante fortissimo.
b) Qualsiasi traduzione è necessariamente imperfetta, come dice il proverbio “tradurre è un po’ tradire” .Abbiamo visto ad es.(domanda 17) che la parola ebraica almà [=donna] è stata tradotta come “vergine”.
Inoltre nella traduzione non solo le singole parole, ma la struttura della frase, le ripetizioni di uno stesso termine etc. …,con i relativi significati, perdono il loro senso originario.
c) Nell’ebraismo anche la lingua stessa, con i suoi caratteri di scrittura, ha in sé qualcosa di sacro.

15) Com’è un matrimonio ebraico?
Il matrimonio non è un sacramento, in quanto non esiste nell’ ebraismo un concetto equivalente al sacramento cattolico.
E’ piuttosto un contratto.
Le fasi più salienti di un matrimonio ebraico sono:
a) Lo sposo dà alla sposa un anello, accompagnandolo con le parole: “Ecco, con questo anello tu sei sacra per me, secondo la legge di Mosè e di Israele”,
b) Il rabbino consegna alla sposa un documento, firmato da entrambi gli sposi e dai testimoni, chiamato Ketubbà, in cui sono elencati i doveri del marito verso la moglie (economici affettivi etc.)
c) Vengono dette o cantate sette benedizioni particolari per i matrimoni.
d) Si rompe con il piede un bicchiere in segno di lutto in ricordo della distruzione del Tempio di Gerusalemme, poiché anche nelle occasioni più liete non bisogna dimenticare questo triste avvenimento.
Tutta la cerimonia deve svolgersi sotto un baldacchino (poco importa che sia in sinagoga o fuori o sotto il cielo stellato), il quale è costituito da un semplice telo sostenuto da quattro pali, e simboleggia il tetto coniugale.
Dopo la cerimonia vera e propria gli sposi devono appartarsi da soli per alcuni minuti per significare l’ inizio della loro coabitazione. Seguono poi normali festeggiamenti.
Naturalmente vengono svolte anche le procedure richieste per il matrimonio civile, avendo il rabbino la qualifica di ufficiale di Stato Civile.
Da notare infine che nella legislazione ebraica è sempre stato previsto- sebbene con cautela e restrizioni- una forma di divorzio.

16) Come sono le vostre preghiere? E Qual è il vostro rapporto con Dio?
Riguardo alle preghiere, bisogna chiarire che l’approccio dell’ebreo alla preghiera non è in genere motivato da impulsi personali o sentimenti estemporanei. Benché tale tipo di preghiera spontanea sia ammessa, in generale la preghiera, per l’ ebreo, ha una forma fissa e codificata e, prescindendo da ogni situazione, sentimento o richiesta personale, rappresenta un atto di omaggio e di sottomissione alla potenza divina ed è espressione- uguale per tutti- di volta in volta di riconoscimento, di glorificazione, inno,lode, petizione, ringraziamento, benedizione nei riguardi di Dio.
Del formulario liturgico o Tefillà già è stato risposto alla domanda 19.
Ma c’è un’ altra forma di “preghiera” caratteristica ebraica : la berachà [=benedizione].La berachà è una benedizione diretta a Dio che accompagna moltissimi atti della vita quotidiana e forse può definire il rapporto uomo- Dio.
Anche atti che appaiono umili e modesti come mangiare un pezzo di pane o un frutto, bere del vino,annusare un profumo etc. acquistano una loro elevatezza e santificazione, perché accompagnati dalla formula dell’ apposita benedizione, che sempre inizia così:”Benedetto Sei Tu, o Signore Dio Nostro, Re del mondo…”per poi terminare a seconda dei casi con “…che estrai il pane dalla terra” o “…che crei il frutto della vite” , etc.
Le benedizioni accompagnano pure le azioni che noi compiamo perché prescritteci dalla Torà ed allora la formula è la seguente: “Benedetto sei Tu o Signore, Re del mondo, che ci hai santificato con i tuoi precetti e ci hai ordinato di…” ed il seguito varierà a seconda dei casi.
In sostanza attraverso le benedizioni tutti gli atti che noi compiamo, tutte le cose di cui godiamo vengono collegate a Dio ed acquistano perciò un’ impronta di santità. Facendoci meditare sui doni di cui siamo beneficiari, nonché sul significato delle nostre azioni.

17) Perché siete il popolo eletto?
Questa “elezione” tanto discussa, che ha la sua fonte in un verso dell’ Esodo “mi sarete reame di sacerdoti e popolo santo”, viene da noi intesa come impegno all’ osservanza delle mitzvot,una maggiore responsabilità, un esempio di vita” santa” (“santo” nel significato biblico di “distinto” dagli altri per il livello di vita intriso di moralità e di rispetto per la vita umana nostra ed altrui).
Chiunque accetti le regole della Torà, le segua, e viva in modo “santo”, cioè si distingua dagli altri per il modo di vita elevato, può far parte di questa cosiddetta “elezione”.

18) Come si fa a diventare ebrei?
Non è tanto facile diventare ebrei,in quanto chi vuol diventare ebreo deve impegnarsi a vivere da ebreo, cioè a seguire le regole di vita ebraiche, nonché impegnarsi allo studio dei testi fondamentali.
L’ ebraismo non è una religione “di salvezza”, non offre “facilitazioni” : è un impegno di vita. A chi desidera diventare ebreo si fa presente questo, affinché non pensi che la “conversione” sia una cosa da nulla. Se persiste nell’ intenzione dovrà studiare ed incominciare ad osservare le mitzvot. Quando il rabbino ritiene che sia sufficientemente preparato, si presenterà al tribunale rabbinico (in ebraico Beth Din),composto da tre rabbini, che lo dichiarerà ebreo a tutti gli effetti.
Se il candidato è maschio, deve sottoporsi alla mitzvà della circoncisione (ai maschi nati ebrei la circoncisione viene fatta l’ ottavo giorno dalla nascita).
Se è femmina, deve fare il bagno rituale.
Se ritratta di una coppia sposata, dovranno rifare un matrimonio ebraico.

19) Che cos’è quel manto che gli uomini mettono al tempio?
Il manto di preghiera che indossano gli uomini alla preghiera del mattino (solo a Kippur anche alla sera) si chiama Tallet.
L’ importanza del Tallet sta tutta nei fiocchi o frange che ci sono ai quattro angoli.
Nel terzo brano dello Shemà (che è un brano di Numeri cap. 15,vv. 37- 38) c’è l’ ordine dato dal Signore ai figli di Israele di porre una speciale frangia (zittit) ai quattro angoli del proprio vestito: “Parla ai figli di Israele e di’ loro che si facciano delle frange agli angoli delle loro vesti per le loro generazioni e mettano sulla frangia dell’angolo un filo di lana azzurra. Esse saranno per voi delle frange,le quali, quando voi le vedrete,ricorderete tutti i precetti del Signore e li eseguirete, e non devierete seguendo il vostro cuore ed i vostri occhi”.
Poiché i vestiti odierni non hanno i quattro angoli come gli antichi mantelli, per continuare ad eseguire questo precetto è nata la necessità di questo manto. Agli angoli di esso si trovano appunto particolari frange o fiocchi fatti con fili avvolti e annodati in numero ben preciso. Se teniamo presente che l’ alfabeto ebraico ha anche un valore numerico ( cioè ogni lettera corrisponde ad un numero) facendo corrispondere il numero degli avvolgimenti e annodamenti dei fili alle lettere corrispondenti, si ottengono le quattro consonanti che indicano il nome di Dio.
In parole povere questi fiocchi hanno la funzione che aveva presso i nostri nonni il “il nodo al fazzoletto” cioè quello di farci ricordare. Nella fattispecie farci ricordare la nostra ebraicità.

20) Chi sono i chassidim?
I chassidim [ = pii ] sono i seguaci di un movimento nato in Polonia nella prima metà del diciottesimo secolo.
In quegli anni gli ebrei polacchi attraversavano un periodo di grandi angustie politiche,economiche ed anche spirituali in seguito alla disillusione subita per un presunto “messia” nella persona di Shabbatai Zevì che, dopo aver trascinato e illuso le folle, si era poi convertito all’ islamismo.
Si aggiunga a questa situazione storica, economica, psicologica tremenda anche una tendenza di certi rabbini dell’ epoca a dare soverchia importanza sia alla parte ritualistica, sia allo studio ed all’ erudizione talmudica.
Si può dire che il “chassidismo” divampò e si diffuse come un lampo, quasi come una rivalsa a questo stato di cose.
Iniziò come una rivolta dei “non istruiti” facendo prevalere le emozioni sull’ intelletto. Il rapporto con Dio, secondo il chassidismo, poteva avvenire attraverso preghiere gioiose, spontanee, accompagnate da canti e balli, meglio che con i rituali e lo studio.
Ai rabbini studiosi,eruditi e razionali si preferivano persone trascinatrici e carismatiche come il fondatore del movimento, soprannominato il Baal Shem Tov [= maestro del buon nome].
Emersero pure le figure degli Zaddikim, uomini giusti,perfetti, le cui parole non potevano essere messe in dubbio perché i discepoli credevano in loro e nella loro vicinanza con Dio.
I chassidim furono in contrasto con i rabbini più colti ed intellettuali ma, con il passare degli anni, queste due tendenze rinunziarono al loro estremismo :i chassidim riconobbero l’ importanza dell’ ordine tradizionale mentre i loro oppositori riconobbero al chassidismo un’ anima ricca di fantasia, poesia e umanità.
Gli effetti del chassidismo sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Rabbini carismatici, eredi spirituali del Baal Shem Tov,si trovano ancor oggi a New York come a Gerusalemme ed in altre città, ed ancor oggi con il loro ascendente raccolgono intorno a sé masse di fedeli.
Alcuni di questi gruppi, per “segnalare” anche esteriormente la loro ideologia, si vestono con abiti che erano di moda nella Polonia del 1700 .barracani neri, camicia bianca, grandi cappelli di pelliccia e, in ossequio ad una norma della Torà (Levitico 19, v. 17) restrittivamente interpretata, si lasciano crescere alle tempie lunghi e caratteristici boccoli (in ebraico peòt).
Quando pregano, anche il loro corpo accompagna la preghiera con movimenti ritmici ed inchini.

21) Perché siete sempre perseguitati?
Questa è una domanda che si potrebbe fare più propriamente a coloro che ci perseguitarono.
Comunque le motivazioni possono essere ricercate soprattutto in due direzioni:
a) In primo luogo per secoli la Chiesa ha condannato gli ebrei per non aver creduto in Gesù come Messia e figlio di Dio, e per averlo condannato a morte:l’accusa di deicidio fu “cancellata” solo nel 1965 ad opera della dichiarazione “Nostra aetate” , approvata nell’ ambito dei lavori del Concilio Vaticano II (propulsore di tale documento fu papa Giovanni XXIII).
L’ atteggiamento della Chiesa ha influito negativamente per secoli, creando un “humus” di negatività nei confronti degli ebrei.
b) Gli ebrei hanno sempre cercato di mantenere a tutti i costi la loro “ebraicità” cioè la loro identità ebraica.
Nei molteplici paesi in cui si sono trovati a vivere, hanno sempre rappresentato una minoranza, distinta dal resto della popolazione e, come capita per le minoranze, facilmente presa di mira in ogni occasione.

22) E’ vero che gli ebrei erano usurai?
Questo è uno degli stereotipi negativi riguardo gli ebrei.
L’origine storica è questa: nel medio evo moltissime professioni e mestieri erano vietati agli ebrei, come pure il possedimento di terreni.
Gli ebrei potevano esercitare pochissime attività fra cui : commercio soprattutto di abiti usati, medicina, prestito di denaro ad interesse,che era invece precluso ai cristiani, e poche altre.
Gli ebrei si orientavano necessariamente verso questi sbocchi lavorativi.
I “prestatori di denaro” erano oltretutto molto richiesti dai nobili e dai signori delle varie città e rappresentavano - nell’ economia di una città o di uno stato – quello che oggi rappresentano le banche.
Quando queste restrizioni vennero meno, gli ebri si dedicarono ad altre svariatissime attività (scienze, musica, etc.), ma lo stereotipo negativo continuò.

23) Perché dentro la sinagoga non si vede nessuna lampada a sette braccia che è così importante per gli ebrei?
La lampada a sette braccia (Menorà) era un prezioso arredo del Santuario mobile costruito durante gli anni di peregrinazione nel deserto e si trovava proprio davanti alla zona più importante che racchiudeva le Tavole della Legge. La sua forma era stata dettagliatamente prescritta dal Signore che aveva dato tutte le prescrizioni per la costruzione di detto Santuario (Esodo 25, vv. 31- 36).
Quando poi venne costruito dal re Salomone il Tempio di Gerusalemme, la Menorà fu posta lì.
Quando il Tempio di Gerusalemme venne distrutto dall’ imperatore romano Tito, la Menorà venne presa come bottino di guerra. Sull’ arco di Tito a Roma si può appunto vedere la scena del trionfo di Tito, con i prigionieri e la Menorà al seguito del vincitore.
Da quando non c’ è più il Tempio, non c’ è neppure più la Menorà e proprio per sottolineare la differenza tra sinagoghe e Tempio ( vedi risposta 16 ), non si mettono in sinagoga lampade a sette braccia. La Menorà è diventata praticamente un oggetto simbolico e modellini di Menorà vengono usati come soprammobili, senza però avere più un valore nello svolgimento di alcuna funzione.

24) Che cos’è la cabala?
La cabbalà è un’ antichissima corrente mistica che comprende un complesso di dottrine esoteriche volte ad indagare ed a dare spiegazioni su temi quali la natura di Dio, le modalità della creazione, la natura dell’ anima e dell’ universo, il significato del bene e del male, la funzione della preghiera e così via.
La cabbalà ha avuto vari centri di diffusione, fra cui la Spagna (XIII e XIV) e, in seguito alla cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492, la città di Safed in Galilea in cui emerse il grande cabalista Isaac Luria.
Un testo fondamentale della cabbalà è lo “Zohar” [ = “splendore” ].
I cabalisti non si allontanano dalla Torà, ma ne propongono nuove chiavi interpretative al fine di raggiungere e svelare i significati e gli aspetti più “nascosti” del testo sacro.
Ad esempio uno degli approcci interpretativi si basa sul fatto che ogni lettura ebraica corrisponde ad un valore numerico. Un indagine approfondita ed a volte audace sulle lettere e le parole usate nel testo, la loro ripetizione, la loro vicinanza o lontananza, etc. ed il valore numerico corrispondente, apre le porte a nuove e inaspettate interpretazioni.
I seguaci delle dottrine cabbalistiche costituiscono un gruppo in seno all’ ebraismo ufficiale. Pur avendo avuto oppositori nel corso dei secoli, hanno però sempre fatto parte dell’ ebraismo, non essendo questo legato a dogmi (vedi domande 1 e 17).
La loro influenza si è sentita soprattutto nella liturgia, avendola arricchita di canti e inni. I cabalisti hanno forse anche influenzato la nascita del chassidismo (vedi domanda 30).
Non hanno invece avuto influenza sulle norme di vita ebraica (halachà).
L’ interpretazione “numerica” ha dato adito a degenerazioni e a volgarizzazioni varie anche in campo non ebraico (magia, sogni, amuleti) che hanno nuociuto non poco alla conoscenza della cabbalà teorica e speculativa.

Nedelia Tedeschi
ADEI - WIZO
Sezione di Torino – 1991
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » dom mar 19, 2017 8:23 am

L'idolatria

http://camcris.altervista.org/medidolatria.html

Nella società odierna, parlando di idoli o di idolatria si è portati subito a pensare a quelle statuette d'oro, d'argento, di legno o di altro materiale, che gli antichi popoli della terra si fabbricavano per rendere loro il culto, adorandole e attribuendo ad esse doti divine o molto spesso identificandole con delle presunte divinità.

Leggendo i libri dei profeti Isaia e Geremia, possiamo trovare la descrizione della loro fabbricazione; statuette che raggiungevano dimensioni umane rappresentanti "dei domestici", i cosiddetti terafim. Altre statue raggiungevano dimensioni colossali come quella eretta nella Pianura di Dura dal re Nebucadnetsar (v. Daniele 3:1).
Si può pensare a quei riti misticheggianti che i popoli primitivi compivano in onore di divinità sconosciute effettuando sacrifici umani per ottenere la protezione degli dei, la fecondità della terra, la vittoria nelle battaglie e nelle guerre, ecc.
Volendo adeguarci ai nostri tempi, se effettuassimo un sondaggio d'opinione tra la gente comune, chiedendo cosa sia l'idolatria e se tutt'oggi esiste, la maggioranza di esse risponderebbe esprimendo i concetti sopra citati ed affermerebbero che l'idolatria oggi esiste soltanto tra i popoli meno civilizzati. Se l'uomo d'oggi fosse accusato di essere un idolatra, certamente resterebbe turbato, scandalizzato se non addirittura offeso da tale affermazione.

Quindi la civilizzazione dell'uomo avrebbe sconfitto l'idolatria, a noi tanto lontana; invece non è così. Tutt'oggi l'idolatria è presente anche tra le persone cosiddette «civilizzate». Il vero senso dell'idolatria può essere sintetizzato in questa affermazione:

L'idolo può essere una persona o una cosa che nel nostro cuore prende il posto di Dio: anche le cose che a noi possono sembrare banali, se occupano nel nostro cuore lo spazio che spetta a Dio, sono idoli.

Inoltre, l'amore del denaro, la concupiscenza, l'avarizia, la ghiottoneria sono tutte forme di idolatria. Lo sport, il potere, il sesso, l'io dell'uomo, anche l'amore per una persona possono diventare idoli. Se si mette al posto del Creatore la creatura si entra nell'idolatria.

"Fate dunque morire le vostre membra che son sulla terra: fornicazione, impurità, lussuria, mala concupiscenza e cupidigia, la quale è idolatria" (Colossesi 3:5).

"Poiché voi sapete molto bene che nessun fornicatore o impuro, o avaro (che è un idolatra), ha eredità nel regno di Cristo e di Dio" (Efesini 5:5).

Pensiamo per esempio alle grandi manifestazioni sportive e alla grande attenzione che suscitano; durante i periodi dei mondiali di calcio (dove viene celebrato il "dio pallone"), i giornali, la televisione, i mass-media in genere concentrano l'attenzione dell'intero globo, facendo passare in secondo piano notizie magari ben più importanti. Non c'è nulla di male nello sport o in altre cose, quando queste non invadono la vita dell'uomo al punto di diventare la cosa più importante della vita, prendendo il posto che spetta a Dio solamente. Questo esempio vale naturalmente anche per la musica, la televisione, il denaro, il cibo, e ogni altra cosa. Queste cose non contengono un male in sé ma è il valore che gli dà a volte l'uomo che le rende idoli. Anche l'amore per la propria fidanzata o moglie se ha la priorità nella propria vita al punto di causare una trascuratezza verso Dio, nel servirLo, adorarLo ed amarLo, diventa idolatria (vedi le parole di Gesù in Matteo 10:37).

Quindi stiamo attenti a non cadere nell'idolatria, non pensando che essa sia necessariamente il genuflettersi davanti a una statua o il rivolgersi a pratiche occulte o esoteriche, ma dando il giusto valore ad ogni cosa e soprattutto mettendo al primo posto nelle priorità del nostro cuore e della nostra vita di tutti i giorni Gesù Cristo, il nostro Signore e Salvatore.



Studio biblico: Idolatria o adorazione di Dio?


Prefazione

Sono riconoscente al Signore per avermi concesso la possibilità di realizzare queste poche pagine redatte con l’intento di rendere onore al suo santo nome.
Nella nostra cultura occidentale, l’idolatria viene spesso considerata lontana nel tempo e nello spazio; invece sotto molte forme manifeste o velate, diffuse o ignorate, accettate o camuffate, è presente anche presso di noi o “in” noi.
Questo breve studio vuole invitare i lettori a considerare a quale dio affidano la loro vita presente e futura e, per chi non l’avesse ancora fatto, a scoprire l’Unico Vero Dio, Creatore e Signore.

Rossella Melodia (giugno 1994)



"Allora Gesù disse: va' Satana, poiché sta scritto: Adora il Signore Iddio tuo e a Lui solo rendi il culto."
(Matteo 4:10)



1. DIO È L’UNICO DIO

1.1 DIO, IL CREATORE, SI RIVELA NELLA SUA PAROLA

La prima pagina della Bibbia, anzi già le prime parole, ci parlano di Dio, come creatore “dei cieli e della terra” (Genesi 1:1)

Viene messo subito in evidenza l’efficacia della Parola di Dio, il legame stretto tra la “Parola creatrice” e la creazione, che non si esaurisce nell’atto creatore (già potente e meraviglioso) ma che dura nel tempo, infatti: "sia la luce e la luce fu". (Genesi 1:2-3) E la luce, così come tutto il creato, c’è ancora!

"In perpetuo o Eterno, la tua Parola è stabile nei cieli. La tua fedeltà dura di età in età, tu hai fondato la terra ed essa sussiste". (Salmo 119:89-90)

Evidente è anche l’intenzione di Dio di rivelarsi ed entrare subito in stretto rapporto con la sua creatura più amata: l’uomo. Sia alla creazione, che nel corso di tutti i secoli della storia umana. Dio quindi vuole farsi conoscere, ma è lui che determina i modi, gli aspetti e i tempi della rivelazione.


1.2 DIO SI RIVELA COME UNICO DIO

I passaggi biblici in cui Dio rivela qualcosa di sé, dei suoi pensieri, progetti, azioni, sono numerosissimi, e la scelta fatta in questo breve studio, riguarda solo alcuni passaggi che ci rivelano Dio, come “unico Dio”, Creatore, Salvatore, Signore di tutto l’universo, escludendo, quindi, categoricamente, ogni falsa divinità.

"Ora vedete che io sono Dio e che non v’è altro Dio accanto a me."

"L’Eterno, l’Iddio nostro, è l’unico Eterno". (Deuteronomio 32:39 e 6:4)

Dio, l’Eterno, vuole che tutti coloro che lo temono, lo cercano e lo adorano, sappiano e riconoscano chi egli è e ciò che desidera rivelarci di sé e delle sue opere, e che, a loro volta, divengano suoi testimoni nel mondo.

"I miei testimoni siete voi dice l’Eterno, voi ed il mio servo che io ho scelto, affinché voi lo sappiate, mi crediate e riconosciate che sono io. Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me non v’è Salvatore" (Isaia 43:10-11)

Leggendo queste parole, ci mettiamo, se così si può dire, nella “posizione di ascolto” ed a ciascuno di noi il Signore stesso dice:

"Sappi dunque oggi e ritieni in cuor tuo che l’Eterno è Dio: lassù nei cieli e quaggiù sulla Terra; e che non ve n’è alcun altro." (Deuteronomio 4:39)

NON VE N’È ALCUN ALTRO!

Se vogliamo dunque adorare il vero Dio, facciamo attenzione a ciò che Lui stesso ci dice, ascoltiamo la sua Parola e lasciamo da parte i nostri personali (o tradizionali) modi di considerare le cose, se la Parola di Dio ci fa vedere altrimenti.

Questo breve capitolo, e la lettura di alcuni versetti ci hanno finora detto che Dio è l’unico Dio, Creatore, Eterno, Salvatore, Signore dei cieli e della terra.

2. DIO E LE IMMAGINI

2.1 PROIBIZIONE DI FARSI IMMAGINI DI DIO.

Per prima cosa dobbiamo ricordare una cosa fondamentale: in Genesi sta scritto che "Dio formò l’uomo a SUA immagine…" (1:27)

e non siamo autorizzati a farci un dio a NOSTRA immagine, né materiale, né mentale, ma ci è richiesto di ascoltare la sua Parola, per sapere cosa Dio ci dice e vuole da noi.

Cosa dice Dio delle immagini che l’uomo fa per adorarlo?

Si può immaginare Dio?

Possiamo farci delle immagini, delle statue che ci “aiutino” a pensare a Lui?

"…non dobbiamo credere che la divinità sia simile ad oro, argento o a pietra scolpita dall’arte o dall’immaginazione umana (Atti 17:29)

Si può rappresentare Dio?

"A chi vorreste voi assomigliare Iddio?
E con quale immagine lo rappresentereste?
Un artista fonde l’idolo, l’orafo lo ricopre d’oro e vi salda delle catenelle d’argento… A chi dunque mi vorreste assomigliare, perché io gli sia pari?"
(Isaia 40:18-26 Cfr. 41:4-7 e 24; 44: 6-20)

Dio, quindi, non desidera che l’uomo, anche se per adorarlo, si serva di immagini: statue, pitture, e rappresentazioni. Per quanto possano essere belle e artistiche non sono gradite a Dio.

Dio non vuole essere rappresentato data l’impossibilità di immaginarlo o paragonarlo a qualcosa e VIETA, in maniera categorica, di farsi immagini di altre cose per farne oggetto di culto.

2.2 PROIBIZIONE DI ADORARE IMMAGINI.

L’Eterno è un Dio “geloso”: la nostra adorazione deve essere rivolta solo a Lui.

"Non ti fare scultura alcuna, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli e nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servire loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso."
(Esodo 20:2-5; Deuteronomio 4:15-19)

Immagini di cose celesti, immagini di cose terrestri; immagini umane: ogni tipo di statua e immagine è categoricamente proibita.

"Non vi farete idoli, non vi eleverete immagini scolpite, nè statue e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure, per prostrarvi davanti ad essa, poiché io sono l'Eterno, l’Iddio vostro." (Levitico 26:1)

Prostrarsi, inginocchiarsi, è indiscutibilmente segno di ADORAZIONE, infatti, quando i magi d’oriente cercano Gesù lo cercano non solo per fargli dei doni ma per adorarlo, le indicazioni dei Vangeli sono precise:

"i magi prostratisi adorarono Gesù" (Matteo 2:11)

ed ancora è Satana stesso a dichiararlo quando nel tentare Gesù, dice:

"Tutte queste cose io te le darò, se prostrandoti tu mi adori" (Matteo 4:9)

ed ancora, dopo la resurrezione, Gesù riceve l’adorazione di alcune donne:

"esse accostatesi gli strinsero i piedi e l’adorarono" (Matteo 28:9, Giovanni 9:38).

È chiaramente espressa, in tutta la Bibbia, la proibizione di farsi immagini di ogni genere: uomo, donna, altri esseri (Deuteronomio 4:16-17).

Così porle su altari e colonne, inginocchiarsi, baciarle, accendere candele, incenso, fare offerte varie, portarle in processione, rivolgere loro preghiere è un’abominazione per Dio. Le immagini o immaginette, statue, reliquie, sono IDOLI.

Anche il 2° comandamento proibisce l’uso di immagini:

"Non ti fare scultura alcuna, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose, non servire loro, perché io l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso"
(Esodo 20:4)

A questo punto ci possiamo domandare se le statue che riempiono le chiese di ogni paese e città, che ornano i crocicchi e le case, servono per “aiutare a ricordarci di Dio”, o se invece CONTRASTANO apertamente la volontà di Dio, ben chiaramente espressa.

Dio ha detto esplicitamente: NON vi fate immagini a scopo di culto.

Ricordiamo che la sua Parola non si può annullare e non muterà mai (Salmo 119:89). A meno che, a noi, non stiano più a cuore le nostre tradizioni umane (ma Gesù condanna severamente coloro che, in un modo o in un altro lasciano la verità della Parola di Dio, per la tradizione umana!), dobbiamo riconoscere i nostri errori ed allontanarcene.


2.3 GLI IDOLI SONO EFFICACI?

Una statua è una scultura di marmo, legno, gesso, metalli vari, a volte anche preziosi, ma sempre materiali inerti lavorati dallo mano dell’uomo.

"I loro idoli sono argento e oro, opera di mano d’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non odono, hanno naso e non odorano, hanno mani e non toccano, hanno piedi e non camminano la loro gola non rende alcun suono." (Salmo 115:4-9; 135:15; Habacuc 2:18-20)

Sono “pezzi di legno”, dice Dio stesso, per bocca del profeta Isaia:

"I loro idoli più cari, non giovano a nulla…. Il fabbro lima il ferro, lo mette nel fuoco, forma l’idolo a colpi di martello… Il falegname stende la sua corda, disegna l’idolo con la matita, lo lavora con lo scalpello, lo misura con il compasso e ne fa una bella figura umana, una bella forma d’uomo, perché abiti una casa.
…..Nessuno rientra in sé stesso, ed ha conoscimento ed intelletto per dire: mi prostrerò io d’innanzi ad un pezzo di legno?" (Isaia. 44: 9-20)

Quale efficacia può avere un “pezzo di legno”?

Senza altri commenti, leggiamo cosa dice a proposito il profeta Geremia:

"I costumi dei popoli sono vanità……. si taglia un albero della foresta e le mani dell’operaio lo lavorano con l’ascia, lo si adorna d’argento e d’oro, lo si fissa con chiodi e martelli perché non si muova. Codesti dèi, sono come pali in un orto di cocomeri, e non parlano; bisogna portarli perché non possono camminare. Non li temete! Perché non possono fare alcun male, e non è in loro potere di fare del bene" (Geremia 10:2-11).

E’ competenza dell’artigiano, saper scegliere il pezzo di legno adatto per trarne, secondo una ben precisa domanda commerciale, delle statue sacre o degli oggetti di uso profano. E i profeti come Geremia e Isaia, e apostoli come Paolo, cercano di aprire gli occhi ai loro contemporanei (ed anche a noi) sulla vacuità di farsi un idolo e poi pregarlo.

2.4 COSA NE PENSA DIO DI QUELLI CHE SI RIVOLGONO ALLE STATUE ?

"Non hanno intelletto quelli che portano il loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare." (Isaia 45:20)

Pensiamo alle innumerevoli processioni, che quasi quotidianamente attraversano l’una o l’altra delle nostre città e villaggi; le statue sono portate a spalla a volte in estenuanti viaggi e corse, tra le grida della folla, come al tempo del profeta Isaia.

"Profondono l’oro dalla loro borsa, pesano l’argento nella bilancia, pagano un orefice, perché ne faccia un dio per prostrarglisi davanti, per adorarlo. Se lo caricano sulle spalle, lo portano, lo mettono al suo posto, ed esso sta in piedi e non si muove dal suo posto e benché uno gridi a lui, esso non risponde, né lo salva dalla sua distretta" (Isaia 46:6-7).

Anche nel Nuovo Testamento, l’apostolo Paolo esorta a “fuggire l’idolatria” arrivando a dire che il culto reso agli idoli, è in realtà “reso ai demoni e non a Dio” (1 Corinti 10:19-20).

2.5 È TOLLERABILE AGLI OCCHI DI DIO L’IDOLATRIA?

Per l’antico Israele la proibizione era totale, severa, incontestabile. L’appartenenza al popolo di Dio, lo doveva differenziare dagli altri popoli, e dai loro usi.

Nello stretto rapporto, tra Dio ed il suo popolo, non suoni strana l’espressione che segue, poiché l’Eterno si è spesso paragonato allo sposo della infedele Israele.

"Essi mi hanno mosso a gelosia con ciò che non è Dio, mi hanno irritato coi loro idoli vani" (Deuteronomio 32:21 cfr. Geremia 7:18).

Facciamo dunque nostra l’esortazione di Paolo:

"Perciò cari miei, fuggite l’idolatria!" (I Corinti 10:14)

e quella dell’apostolo Giovanni:

"Figlioletti, guardatevi dagli idoli." (I Giovanni 5:21)

3. BISOGNA CERCARE DEI MEDIATORI ?


3.1 LA MEDIAZIONE DEI SANTI

Certe chiese, luoghi intenzionalmente destinati ad accogliere fedeli che rendono culto a Dio, sono molto spesso dedicate agli idoli. Portano infatti il nome di “santi”, cioè di persone ritenute pie, da tempo morte e che vengono onorate con statue, feste, processioni, insomma proprio con tutto ciò che Dio non vuole! Possiamo umilmente chiederci se siamo “fedeli” a Dio facendo ciò che egli ci domanda, o invece a lui “infedeli”?

La maggior parte delle statue collocate dentro e fuori le chiese cattoliche, non rappresentano neppure il nostro Signore Gesù (Dio non vuole nessun tipo di statua, ma sarebbe umanamente più logico) ma sono statue raffiguranti altre persone.

Di alcuni di questi cosiddetti “santi” esistono solo leggende, pie tradizioni e non documenti storici.

Recentemente il Papa stesso ha dichiarato che alcuni dei santi tra i più venerati, non erano neppure mai esistiti [nel nuovo calendario liturgico 1969 sono stati eliminati: santa Filomena, santa Veronica, san Gennaro (poi ristabilito), ecc].

La funzione mediatrice dei santi, è una pura invenzione umana.

Maria, la mamma di Gesù, e i santi raffigurati nelle immagini, sono dei morti non ancora risuscitati e la Bibbia vieta, con parole severe, qualunque contatto, o tentativo di contatto con l’aldilà.

"…un popolo non deve consultare il suo Dio? Si rivolgerà ai morti in favore dei vivi?" (Isaia 8:19-20).

Nel capitolo 11 della lettera agli Ebrei vengono citati i “testimoni della fede”, cioè credenti che ci sono di esempio, ma non una sola parola ci spinge alla loro “venerazione”. Sono infatti presentati solo per incoraggiare la nostra fede e perseveranza, affinché “non ci perdiamo d’animo” (II Corinti 4:1).

Il brano termina non con un incoraggiamento alla venerazione di martiri o santi defunti, ma con un imperativo categorico:

"….guardando Gesù, … perfetto esempio di fede." (Ebrei 12:1-2).

Non solo qui non c’è nessuna indicazione alla “dulia” (culto di venerazione dei santi) ma c’è una raccomandazione ben ferma: prendete pure esempio dalla loro fede, ma “guardando a Gesù”.

Si può inoltre notare che, in questo capitolo, neppure un accenno viene fatto a Maria, madre di Gesù. Se veramente le appartenesse tutto ciò che oggi di lei si dice (Immacolata, Ausiliatrice, ecc.) non avrebbe avuto diritto ad almeno un po’ di posto nella lista ed un accenno di venerazione?


3.2 GESÙ UNICO MEDIATORE

È a Dio direttamente che ci si deve rivolgere, nel nome di Gesù Cristo (suo Figliolo), l’unico che ci garantisce di poter accedere al Padre. Infatti:

"Nel nostro Signore Cristo Gesù abbiamo la libertà d’accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui" (Efesini 3:12).

Gesù stesso, parlando con i suoi discepoli, dichiara di essere “l’unica via”, infatti nel vangelo di Giovanni leggiamo queste sue parole:

"Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me…" (Giovanni 14:6).

Gesù è l’unico Salvatore, l’unico nome “nel quale è la nostra salvezza” e l’apostolo Pietro, con coraggio testimonia che:

“..in nessun altro è la salvezza; poiché non vi è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi possiamo essere salvati.” (Atti 4:12)

Nostro unico Salvatore, mediatore ed intercessore è Gesù Cristo; non vi sono altri intermediari:

"…poiché v’è un solo Dio, ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù.." (I Timoteo 2:5).

Ed ancora:

"Gesù Cristo è quel che è morto; e più che questo è risuscitato ed è alla destra di Dio, ed anche intercede per noi" (Romani 8:34; cfr. Ebrei 7:25).

3.3 GLI APOSTOLI NON VOGLIONO ESSERE ADORATI

Si può aggiungere che gli apostoli stessi, ancora in vita, RIFIUTAVANO categoricamente qualunque forma di venerazione a loro rivolta.

"E come Pietro entrava, Cornelio, fattoglisi incontro, gli si gettò ai piedi e l’adorò. Ma Pietro lo rialzò dicendo: alzati, anch’io sono uomo" (Atti 10:25-26; 14:11-15).

Qualcuno può obiettare che Pietro, dopo la morte, è in uno stato differente rispetto a quando era sulla terra, quindi se ne dedurrebbe che si possa venerarlo, poiché è spirito vivente nel cospetto di Dio.

Vi sono numerosi esempi di “santi” morti prima della fine della stesura dei Vangeli:

(Giovanni Battista) e degli Atti (Santo Stefano primo martire, Giacomo, ecc.) che potrebbero, a ragione, ricevere la venerazione dei credenti rimasti. Invece in nessuno di questi libri, né nelle lettere, né in Apocalisse vediamo che i credenti viventi preghino o invochino questi santi e martiri, né incitino altri a farlo. Come mai?

L’apostolo Paolo, fa una affermazione estremamente interessante scrivendo ai Filippesi:

"Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e d’essere con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore, ma il mio rimanere nella carne, è più necessario per voi" (1:23-24).

Qui l’apostolo Paolo dice espressamente che sa di essere più utile, anzi “necessario” a loro, se rimane vivo, e non morto.

Se il “partire e l’essere con Cristo”, cioè morire ed essere nella gloria, fossero non solo una gioia per Paolo, ma la possibilità di intercessione per i Filippesi, un aiuto per loro, l’apostolo non si sarebbe espresso nei termini inequivocabili che abbiamo letto.

I “santi” sono utili agli uomini da vivi, non da morti.

Anche il più grande “santo”, cioè credente, da MORTO non può fare NULLA per i vivi e viceversa.

È un’abominazione terribile il crederlo; il culto dei morti è di origine satanica.

3.4 GLI ANGELI NON VOGLIONO ESSERE ADORATI

Il discorso della venerazione come idolatria, non cambia neppure in relazione agli angeli: infatti neppure gli angeli (spiriti viventi al cospetto di Dio) vanno venerati.

Vediamo infatti cosa dice la Parola di Dio a questo proposito.

"Ed io Giovanni… quando ebbi udite e vedute (queste cose) mi prostrai per adorare ai piedi dell’angelo, che mi aveva mostrato queste cose, ma egli mi disse: Guardati dal farlo! Io sono tuo conservo e dei tuoi fratelli, i profeti, e di quelli che serbano le parole di questo libro. Adora Iddio!" (Apocalisse 22:9; cfr. 19:10)

ADORA IDDIO!

Questa esortazione fatta da un angelo all’apostolo Giovanni (che essendo uomo aveva le stesse caratteristiche nostre) deve essere presa alla lettera (e da subito) da coloro che vogliono veramente restare nell’obbedienza alla volontà di Dio.

Dobbiamo adorare Iddio direttamente, senza la mediazione di statue che dovrebbero aiutarci a ricordarlo, senza la mediazione di persone che ne prendono il posto…

Dobbiamo adorare Iddio senza l’intermediazione dei cosiddetti “santi”; adorare Dio in “spirito e verità” (Giovanni 4:23). Cristo Gesù è l’unico intermediario tra Dio e gli uomini, egli che è Dio rivelatosi in carne:

"Poiché v’è un solo Dio, ed anche UN SOLO MEDIATORE fra Dio e gli uomini: CRISTO GESÙ uomo, il quale diede se stesso quale prezzo di riscatto per tutti" (I Timoteo 2:5).

Gesù cristo è vivente, oggi e in eterno!

Ricordiamoci che dobbiamo dare a Dio il culto che lui desidera, e non quello che fa piacere a noi, e che ci viene tramandato dalla tradizione umana.

4. L’IDOLATRIA ESISTE ANCORA

4.1 IL CULTO IDOLATRA ESISTEVA SOLO NELL’ANTICHITÀ?

No! Ai tempi di Abramo (circa 1800 a.C.) l’idolatria era diffusa e praticata ovunque e ai tempi in cui Israele era un regno, minacciava il popolo di Dio, ma non si deve pensare che essa sia relegata al passato.

L’apostolo Paolo, soggiornando ad Atene, soffriva nel vedere “la città piena di idoli” (siamo nel 60 d.C. circa).

"…Or mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli si inacerbiva dentro a vedere la città piena di idoli." (Atti 17:16)

Lo stesso Paolo scriveva invece, poco dopo, ai Tessalonicesi, questo elogio:

"…vi siete convertiti dagli idoli a Dio per servire l’Iddio vivente e vero…" (1:9)

Se 2.000 anni prima di Cristo, l’uomo era idolatra, se lo era anche ai tempi di Cristo, possiamo dire, che l’uomo non è cambiato neppure oggi 2.000 anni dopo Cristo.

Infatti il progresso scientifico e tecnologico non ha migliorato il cuore dell’uomo, che, se non si converte a Dio, resta insanabilmente maligno incline al male (Geremia 17:9).

"Or sappi questo, che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili, perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, irreligiosi, senza affezione naturale, mancatori di fede, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, temerari, gonfi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi la forma della pietà, ma avendone rinnegata la potenza" (I Timoteo 3:1-5).

Quanto Paolo prediceva, si sta realizzando sotto i nostri occhi: gli uomini cercano il dio denaro, il dio piacere, il dio egoismo, il dio ateismo, il dio IO.

E nel futuro, le cose, miglioreranno? La Bibbia ci dice di no.

Anche negli ultimi giorni, predetti dal libro dell’Apocalisse, si riparla di idolatria, di statue di idoli, malgrado i giudizi spaventosi cui sarà sottoposta l’umanità.

"…e il resto degli uomini non si ravvederà delle opere delle loro mani, sì da non adorare più demoni e gli idoli d’oro e d’argento e di rame e di pietra e di legno, i quali non possono né vedere, né udire, né camminare" (Apocalisse 9:20).


4.2 VARIE FORME DI IDOLATRIA

L’idolatria assume diversi aspetti, alcuni, forse, insospettati.

Se fino ad ora abbiamo visto come non sia richiesta da Dio, anzi sia energicamente vietata, la fabbricazione di immagini e statue per adorarle, non si può pensare che sia meno grave l’idolatria che certe persone manifestano per altre persone.

Basti pensare al ”delirio” che suscitano gli “idoli” sportivi, o della canzone, o del cinema.

Anche alcuni oggetti di uso comune, hanno assunto la funzione di idoli. Fa parte del linguaggio corrente, dire: l’automobile è il suo idolo… come mi piace questa pelliccia, io adoro il visone… io non credo in niente altro che nella scienza …nella politica…. nell’uomo….nella pace…. (che poi è sempre credere nell’uomo), ecc.

Ci sono anche altre più nascoste e tenaci forme di idolatria, che potrebbero restare nei meandri bui del nostro cuore tortuoso, se la Parola di Dio non li svelasse.

Infatti, l’idolatria è anche nascosta nel cuore.

"Poiché la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinazione è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici" (I Samuele 15:23).

"…questi uomini hanno innalzato i loro idoli nel loro cuore" (Ezechiele.14:1-11; 16:17).

Se i precedenti versetti non ci riguardano, forse siamo tra quelli a cui sono rivolti quelli seguenti….

"Poiché voi sapete molto bene che nessun… avaro - che è un idolatra - ha eredità nel regno di Cristo e di Dio (Efesini 5:5-6)
"...la cupidigia è idolatria…" (Colossesi 3:5)

L’avarizia, la cupidigia, la ribellione, l’orgoglio, sono tutte forme di idolatria.

Il peccato di idolatria riguarda MOLTI, è un peccato molto più diffuso di quanto non si pensi.

4.3 COSA FARE PER CHI SI SENTE COLPEVOLE DAVANTI A DIO.

La Parola di Dio, citata in questa ricerca sull’idolatria, parla chiaro: molti uomini sono idolatri, molti non conoscono il vero Dio, molti lo offendono addirittura con pratiche idolatre che Dio reputa abominevoli. Che fare?

"Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: fratelli, che dobbiamo fare? E Pietro a loro: ravvedetevi" (Atti.2:37-38).

Deve ravvedersi anche chi è stato idolatra senza rendersene conto, in buona fede, seguendo ciò che gli era stato insegnato?

"Iddio, dunque, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi" (Atti.17:30).

Ed ancora…

"Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra! Poiché io sono Dio, e non ve n’è alcun altro" (Isaia. 45:22).

Ravvedersi, pentirsi, rivolgersi a Dio, chiedere ed ottenere il perdono, credere alla Parola di Dio, tutto ciò è necessario per chi vuole adorare il vero Dio.

Gesù Cristo è venuto sulla terra proprio per salvarci dai nostri peccati, ha preso su di sé la condanna che sarebbe stata per ciascuno di noi.

Non c’è peccato che non possa essere perdonato e la Parola di Dio, quando ci fa vedere il nostro peccato, lo fa perché ci possiamo ravvedere, pentire e convertire, lasciando il peccato e scegliendo Dio e la sua Via.

Chi si sente colpevole davanti a Dio, ha una speranza, purché esprima il pentimento e richieda a Dio, il perdono:

"Prendete con voi delle parole e tornate all’Eterno! Ditegli: “perdona tutta la nostra iniquità”…"
(e Dio risponde…) "Io guarirò la loro infedeltà, io li amerò di cuore…" (Osea 14:2-4).

"E se vi par mal fatto servire l’Eterno, scegliete oggi a chi volete servire: o agli dèi ai quali i vostri padri servirono…. di là dal fiume (Eufrate), o agli dei degli Amorei, nel paese dei quali abitate.

QUANTO A ME E ALLA CASA MIA, SERVIREMO ALL’ETERNO."

(Giosuè 24:15)
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » gio mar 23, 2017 2:43 pm

Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa
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Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » gio mar 23, 2017 2:46 pm

L’ateismo è in estinzione perché inadatto alla modernità: lo sostiene uno studio
Calendar 23 marzo 2017

http://www.uccronline.it/2017/03/23/lat ... uno-studio

Nel 2011 abbiamo segnalato uno studio tedesco che suggeriva l’estinzione delle società con prevalenza di persone non credenti in quanto i popoli religiosi presentano ben superiori tassi di nascite.

In questi giorni una ricerca americana, pubblicata su Evolutionary Psychological Science, ha confermato la tesi. Quattro studiosi di fama mondiale, Lee Ellis, Anthony W. Hoskin, Edward Dutton e Helmuth Nyborg, hanno infatti osservato il ribaltamento della classica tesi della secolarizzazione: «Per oltre un secolo gli scienziati sociali hanno previsto il declino dei credo religiosi e la loro sostituzione con prospettive più scientifiche e/o naturalistiche. Una previsione conosciuta come l’ipotesi della inarrestabile secolarizzazione». Ma lo scetticismo generale verso questa convinzione è stata da loro confermata studiando grandi campioni di studenti universitari in Malesia e negli Stati Uniti, scoprendo che a diventare minoranza saranno coloro che non si riconoscono in alcuna fede.

«È ironico pensare che i metodi contraccettivi siano stati sviluppati in primo luogo da atei», hanno osservato gli autori, «questi metodi stiano contribuendo, ora, a diminuire la rappresentanza degli atei nelle future generazioni». La questione infatti è che le persone scettiche hanno statisticamente meno fratelli rispetto alla media, quelle religiose invece mostrano maggiori tassi di fertilità. Da qui ne consegue che «l’ateismo subirà un declino costante per tutto il secolo, anche nei paesi industriali e perfino in Europa».

Il grande limite dello studio è chiaramente quello di identificare la fede religiosa come esperienza ereditaria, dando forse eccessiva importanza al contesto familiare in cui si cresce. È comunque vero che genitori con una forte fede religiosa sapranno convintamente offrire valori più difficilmente ripudiabili rispetto a genitori privi di religiosità che, al massimo, infonderanno un semplice relativismo, facilmente abbandonabile dopo un’esperienza di compimento della propria umanità, come accade nell’incontro cristiano. Nell’ateismo, invece, semmai ci si lascia scivolare dopo l’esperienza di una delusione, di una rassegnazione, di un dolore nei confronti della vita. L’adesione ad esso non segue mai una conversione dettata da un’esperienza entusiasta di soddisfazione.

La nostra tesi è che il maggior tasso di fertilità delle persone religiose non è semplice coincidenza o astratto senso del dovere nel riprodursi, ma risponde alla positività di sguardo che il credente, in particolare il cristiano convinto, ha verso la vita. Egli non si limita a sopravvivere, ha un orizzonte più ampio e, per questo, è lieto di mettere al mondo dei figli sapendo di poter trasmettere loro un adeguato significato dell’esistenza. Per lui il reale è positivo in quanto voluto dal Dio che ha abbracciato la sua vita, non teme perciò di introdurre in esso il proprio figlio.

Il relativista scettico, al contrario, è consapevole di avere ben poco di positivo da trasmettere alla ragione altrui, non è un caso che la secolarizzazione sia andata di pari passo all’individualismo egoista delle società occidentali. «L’ateismo è morto di morte naturale», afferma il filosofo Philippe Nemo, «non ha mantenuto le promesse non sapendo offrire all’umanità una ragionevole ragione di vita» (P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubbettino 2014).


Alberto Pento
Sì l'ateismo è in diminuzione ma umentano gli aidoli come me: credenti naturali senza però alcuna religione e alcun idolo. La religione con il suo idolo è la negazione di D-o o Spirito Universale. Là, dove tutti gli uomini della terra si possono incontrare in pace e in silenzio, là c'è il D-o Creatore di tutte le cose e di tutte le creature e non ha nome poiché non vi è nome che l'uomo possa concepire, dare, pronunciare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2017 8:08 pm

Spritualità islamica
https://www.facebook.com/67390272609196 ... 4894387748

Sicuramente è meglio essere atei.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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