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Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 7:38 pm

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Libano e l'invasione nazi-maomettana
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Re: Liban

Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 7:40 pm

L'eterna emergenza dei profughi palestinesi in Libano
Nicola Lofoco
19/04/2016

http://www.huffingtonpost.it/nicola-lof ... 94004.html

Nella grande emergenza profughi che ormai sta letteralmente esplodendo in tutta Europa ci si è ormai dimenticati che vi sono state nazioni che per tantissimo tempo hanno vissuto sulla propria pelle l'eterna emergenza di chi è stato costretto ad allontanarsi dalla propria casa e ad abbandonare la sua terra per sfuggire ad una morte certa. Uno dei casi più emblematici riguarda il Libano, che negli ultimi anni ha dovuto accogliere tantissimi siriani ed iracheni, ma che da tanto tempo ospita circa 400.000 palestinesi dislocati in 12 campi allestiti , nella maggior parte dei casi, in condizioni di bassa sicurezza per gli abitanti ed in precarie condizioni igienico-sanitarie.

Tra questi va ricordato il campo di Chatila, che nel 1982 insieme a quello ormai scomparso di Sabra fu orrendo teatro di morte e terrore per una strage che costò la vita ad oltre 3000 persone. Responsabili degli orrori di quell'eccidio furono i miliziani della Falange maronita libanese a cui si aggiunsero, successivamente, anche le accuse verso l'allora ministro della difesa israeliano Ariel Sharon, che fu accusato inizialmente anche da Israele stesso (con la commissione Kahan) sino ad arrivare nel 2001 alla richiesta da parte di un tribunale belga di poterlo processare. Sabra ormai non esiste più, mentre Chatila è diventato un quartiere periferico di Beirut dove si può entrare liberamente, al contrario degli altri villaggi dove è necessario avere un preciso permesso per poterci mettere piede. Uno dei campi che invece versava in buone condizioni, soprattutto edili, era quello di Nahr El Bared.

Nel 2006 la cellula salafita "Fatah Al Islam", vicina ad al-Qaeda, era riuscita ad introdursi nel campo per sfuggire alla caccia dell'esercito nazionale libanese. Una volta individuati nacque un violentissimo scontro armato che semidistrusse l'intero campo. Tra il 2003 ed il 2004 altre cellule qaediste avevano già tentato di infiltrarsi anche in tutti gli altri campi. Ma in quel momento i pericolosi tentativi dell'organizzazione terroristica capeggiata in quegli anni da Osama Bin Laden erano sfumati grazie alla politica del primo ministro Rafik Hariri, che aveva stretto un accordo con tutti i capi dei campi affinché tutti gli appartenenti ad Al Qaeda che cercavano da loro riparo, mimetizzandosi tra i profughi, fossero denunciati. Questa politica aveva fatto sì che per molti anni i campi restassero letteralmente "puliti" da ogni tipo di infiltrazione terroristica. Situazione che è totalmente cambiata dopo lo scoppio della guerra civile siriana, in cui l'Isis ha sostituito Al Qaeda nella minaccia globale. Controllare ora in maniera capillare i tanti profughi siriani che si sono riversai nei campi palestinesi è diventato molto difficile.

Tutto questo non ha fatto altro che rendere ancora più grave la situazione complessiva di tutti e 12 i campi. Il vero problema è che verso la questione palestinese vi sono stati oltre 60 anni di cecità totale da parte di tutti i governi che si sono succeduti in Libano. I palestinesi non hanno mai avuto accesso a molte professioni, a differenza di quello che era stato in Siria o in Giordania dove in molti avevano anche ottenuto la cittadinanza. In Libano questo è sempre stato proibito perché i profughi palestinesi sono circa 400.000, tutti musulmani sunniti.

Se venisse data loro la possibilità di votare sbilancerebbero il rapporto di equilibrio tra le varie religioni previsto dal sistema politico libanese con forti ricadute sulla composizione dei seggi elettorali. La loro drammatica situazione è quindi da sempre in balia della piena strumentalizzazione politica. Per questo sarebbe anche il caso di non dimenticare una tragedia che dura ormai da troppi anni, stimolando in tal senso il governo libanese. Risolvere l'eterna emergenza profughi in Libano e, più in generale, tornare a cercare meticolosamente una soluzione al conflitto israelo-palestinese (del quale ormai si parla pochissimo) potrebbe essere un efficace "olio santo" contro tutte le guerre che stanno letteralmente sbranando ancora oggi il Medio Oriente. Non dimentichiamolo mai.
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Re: Liban

Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 7:40 pm

Endoe ke riva l'xlam, sel deventa forte megnoransa o majoransa, el desfa i paexi
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Libano

https://it.wikipedia.org/wiki/Libano

Mentre un tempo i cristiani costituivano la maggioranza, attualmente, secondo le stime del governo statunitense, i musulmani, dopo la migrazione dei palestinesi, dal 1948 in poi, sono all'incirca il 60% della popolazione libanese. Alcuni drusi focalizzano la loro identità in senso lato, dissociandosi dall'essere accomunati classicamente con i musulmani. Alcuni cristiani maroniti, in particolare quelli provenienti dal Monte Libano non si identificano come arabi, ma come semiti etnicamente discendenti dai fenici e dalla mescolanza di popoli che vivevano in Siria e in Libano prima dell'arrivo degli stessi arabi (principalmente popolazioni di lingua siriaca e bizantini). Successivamente i maroniti si sarebbero mescolati anche con i crociati. Numerosi storici hanno tuttavia contestato o criticato queste tesi. È da sottolineare che, secondo alcune opinioni attuali, è considerato arabo qualsiasi persona avente la lingua araba come lingua madre, a prescindere dai riferimenti genealogici. L'1% dei libanesi è di origine curda.
Sinagoga a Deir al-Qamar risalente al 600 d.C.
Esiste anche una comunità ebraica libanese composta attualmente da circa 100 individui; la maggior parte degli ebrei libanesi ha infatti scelto di lasciare il paese a causa della guerra civile. Dal gennaio 2009 è stato istituito il sito ufficiale della comunità ebraica libanese che va ad affiancare il blog di discussione nato nel 2006.

La lingua ufficiale è l'arabo standard moderno. L'arabo parlato correntemente dalla popolazione differisce dall'arabo standard utilizzato nella forma scritta e per alcuni costituisce addirittura una lingua "neo-araba" o persino una lingua semitica a sé stante.

Una guerra civile è stata combattuta nel paese tra il 1975 ed il 1990, che ha visto numerosi contendenti e frequenti capovolgimenti di alleanze. A fronteggiarsi furono da una parte le milizie composte da cristiani maroniti – delle quali la principale faceva riferimento al partito falangista di Pierre Gemayel – e dall'altra una coalizione di palestinesi alleati a libanesi musulmani sunniti, sciiti (Amal) e drusi.Nel 1976 la guerra stava volgendo a favore degli stessi cristiani maroniti, quando la Lega Araba, dopo l'accordo di Riyāḍ del 21 ottobre 1976, autorizzò l'intervento di una Forza Araba di Dissuasione (FAD) a maggioranza siriana, che riuscì a riportare con la forza una provvisoria e fragile pace nella nazione.
La "linea verde" che divideva Beirut tra la zona est (cristiana) e quella ovest (musulmana)
Il 14 marzo 1978 Israele lanciò l'Operazione Litani, occupando l'area a sud del paese, eccetto Tiro, con più di 25.000 soldati. Gli obiettivi fissati erano di spingere i gruppi militanti palestinesi, in particolare l'OLP, lontano dal confine con Israele. Fu creata allora la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) per rafforzare il mandato e riportare pace e sovranità al Libano.


http://www.misteriditalia.it/terrorismo ... Libano.pdf
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Re: Liban

Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 7:41 pm

Il Libano un caso unico nel mondo arabo
Samir-Khalil Samir | domenica 4 ottobre 2009

http://www.oasiscenter.eu/it/articoli/l ... ondo-arabo

La situazione del Libano è assai diversa da quella di tutto il resto del mondo arabo: è l'unico dei 22 paesi arabi (???) a non essere "musulmano", bensì una realtà "bi-religiosa". Caratteristica propria del Paese è, infatti, che tutto il sistema è costruito su due comunità, l'una musulmana e l'altra cristiana, ciascuna a sua volta composta da sotto-comunità.
Le due vivono in una condizione di parità che si manifesta, per esempio, nel Parlamento: in esso siedono 64 cristiani e 64 musulmani. O ancora nella divisione dei compiti e ruoli di potere. Il Presidente della Repubblica è cristiano del sotto-gruppo cattolico-maronita, il Primo Ministro è musulmano sunnita e il Presidente del Parlamento è musulmano sciita.
In genere in tutti gli uffici statali si cerca un equilibrio nel numero degli impiegati di alto livello cristiani e musulmani, anche se la cosa diventa sempre più difficile visto l'aumentare del numero dei musulmani (ormai il 60-65% della popolazione) e il diminuire dei cristiani (circa il 35-40 %).
Tutto ciò è molto rilevante perché significa che i musulmani libanesi - per quanto siano la maggioranza e lo stiano diventando in modo sempre più massiccio - ritengono importante per la loro vita mantenere l'equilibrio islamo-cristiano, anche contro una stretta logica delle proporzioni nella rappresentanza che sarebbe sfavorevole alla minoranza dei cristiani.
Non si può sapere fino a quando questa situazione durerà, ma per il momento l'esperienza libanese sotto questo profilo è positiva e lo resterà finché non prevarranno forme di confessionalismo.
D'altra parte non abbiamo in Oriente un sistema che possa dirsi perfetto. Non è possibile adottare e traslocare in Oriente sistemi validi per l'Occidente, tipo il sistema statale per cui i cittadini sono anonimi e tutti uguali o un sistema tipo quello francese o americano. Non avrebbe senso né fondamento, perché questi presuppongono un forte e quasi esclusivo riferimento allo Stato che viene prima di tutto, mentre in Libano il primo punto di riferimento è la propria appartenenza religiosa, in secondo luogo lo Stato.
Il fondamentalismo scatta invece là dove la religione diventa il primo, unico e ultimo riferimento.
Grazie a questo tipo di organizzazione, in Libano il problema della libertà religiosa in parte è risolto o "prevenuto".
Un esempio della storia recente aiuta a capire come. Tre o quattro anni fa, per caso, presso gli uffici del Ministero degli Interni si scoprì un documento, già pronto per essere firmato, che prevedeva l'inserimento del Libano in un progetto del Sisco (associazione islamica che corrisponde all'incirca all'Unesco) di promozione di programmi islamici nelle scuole. È stato subito bloccato. Tutti i giornali cristiani reagirono ribadendo il principio di libertà che ha sempre qualificato il Libano anche in campo religioso.
L'esempio spiega che anche quando qualcuno prova a modificare l'attuale situazione, vince il principio dell'equilibrio e della parità nella rappresentanza e nei trattamenti nei confronti delle diverse comunità religiose.
In Libano tu puoi suonare le campane della chiesa come vuoi, così come un altro può chiamare alla preghiera in moschea come vuole, libertà che non si conosce negli altri paesi dove tutto è controllato e misurato.
Un altro esempio viene dal mondo universitario: in Libano puoi studiare in un'università cristiana, cosa che non accade in nessuno dei 22 paesi arabi. Vige il principio della parità intesa in questo senso: se vuoi avviare un'università cattolica o ortodossa, lo puoi fare, ma deve aprire anche una musulmana (o viceversa). Quando i monaci Antonini manifestarono la richiesta di costruire un'università, il permesso gli fu accordato, ma dovettero aspettare che da parte musulmana ci fosse una simile richiesta. Così se ne costruirono due nuove.
Agli altri paesi musulmani un Libano siffatto può insegnare che la presenza cristiana è un "di più" per il mondo arabo-musulmano.
Anche se l'espressione può apparire semplicistica, la presenza dei cristiani, che sono per una certa predisposizione più aperti e vicini all'Occidente, essendo quest'ultimo di matrice cristiana, può aiutare il Paese a essere aperto tanto a comprendere l'Oriente quando l'Occidente.
L'esperienza del Libano può mostrare al Medio Oriente che la libertà religiosa - e, in senso più ampio, la dimensione religiosa -, che non coincide con il fanatismo, non costituiscono un freno per la società, ma uno stimolo continuo; non è un pericolo per la laicità, ma una ricchezza da condividere. Perché là dove ci sono opinioni e giudizi diversi che si confrontano, è più concreta e fondata la possibilità di una critica reciproca che fa crescere e tendere al meglio.
In Libano lo vediamo anche rispetto ai problemi legati ai valori fondamentali della vita, della bioetica, per esempio, e sui problemi etici in generale.
Il freno può essere invece rappresentato da un certo modo di vivere le tradizioni che limitano questa libertà. Per esempio nel campo dei matrimoni tra persone di fede diversa. La legge non li rende impossibili, ma le tradizioni consolidate li rendono difficili da gestire, soprattutto in vista dell'educazione dei figli, del loro eventuale battesimo, dei rapporti tra parenti vicini, ecc.
Sia in ambienti cattolici che sunniti o sciiti, le tradizioni e le consuetudini antiche in qualche modo azzoppano la libertà religiosa.
Alla luce di tutto questo il Libano resta una realtà da conoscere, un modello da considerare anche come esempio cui ispirarsi altrove soprattutto in Medio Oriente e da difendere da chi lo vuol snaturare.
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Re: Liban

Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 7:41 pm

Cristiani e musulmani: la sfida del dialogo
LIBANO Settembre - 2007Anna Pozzi
Faccia a faccia con due leader islamici
Uno è sunnita, l'altro sciita: entrambi sono particolarmente rappresentativi delle loro comunità. E sorprendentemente molto vicini su alcuni temi cruciali dell'incontro islamo-cristiano.
http://www.rivistamissioniconsolata.it/ ... hp?id=2493
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Re: Liban

Messaggioda Berto » mer mag 04, 2016 7:34 am

In Libano, i cristiani sono sotto la minaccia islamista
di Shadi Khalloul
3 maggio 2016

http://it.gatestoneinstitute.org/7972/l ... -islamisti


Pezzo in lingua originale inglese: Lebanon, Christians, Under Islamist Threat
Traduzioni di Angelita La Spada

I gruppi jihadisti minacciano i cristiani libanesi e chiedono che essi si sottomettano all'Islam. I cristiani del Libano, che discendono dagli aramei siriaci, appena un secolo fa costituivano la maggioranza del paese.

Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita, ha invitato nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. Questo mira chiaramente a trasformare il Libano in un altro Stato arabo musulmano.

Il passo successivo sarà quello di chiedere che la Costituzione del Libano venga modificata in modo che il paese sia governato dalla legge islamica della Sharia, come molti altri paesi arabi e islamici, compresa l'Autorità palestinese (Ap). La Costituzione dell'Ap dichiara: "I principi della Sharia islamica sono la fonte principale della legislazione".

A causa dei recenti disordini in Libano le comunità locali cristiane temono per la loro esistenza di eredi e discendenti dei primi cristiani. I cristiani del Medio Oriente oggi si trovano a dover affrontare un genocidio di vaste proporzioni, simile al genocidio cristiano compiuto dopo la conquista islamica del Medio Oriente avvenuta nel VII secolo d.C.

I gruppi jihadisti minacciano i cristiani libanesi e chiedono che essi si sottomettano all'Islam. I cristiani del Libano, che discendono dagli aramei siriaci, appena un secolo fa costituivano la maggioranza del paese.

La conversione all'Islam dei cristiani è quanto preteso dall'Isis e da altri gruppi islamici che si nascondono nella regione montuosa al confine tra Siria e Libano.

Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita e figlio del premier assassinato Rafik Hariri, ha di recente invitato nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. E Stato arabo è sinonimo di leggi islamiche, come per tutti i membri della Lega araba. Perché è così importante per Hariri o per il mondo sunnita e islamico includere il Libano tra gli stati arabi e cancellare il suo nome attuale di Stato libanese?

E perché gli Stati arabi, tra cui l'Autorità palestinese, rifiutano di riconoscere Israele – dove gli ebrei costituiscono l'80 per cento della popolazione – come Stato ebraico, cercando però di far sì che il Libano – con il 35 per cento della popolazione cristiana – venga definito ufficialmente uno Stato arabo?

Circa un milione di maroniti siriaci hanno lasciato il Libano così come altri 700.000 cristiani appartenenti ad altre chiese. Inoltre, più di otto milioni di maroniti siriaci vivono nella diaspora. Questi otto milioni di cristiani sono fuggiti nel corso dei secoli a causa delle persecuzioni da parte dei musulmani, spesso conquistatori delle terre cristiane. Il Libano non è mai stato prettamente arabo o musulmano. Ma questo è il passo che vorrebbe farci compiere Saad Hariri, volto più mite dell'ideologia espansionista dell'Isis, camuffata da moderato e moderno fronte laico sunnita.

Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita, ha invitato di recente nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. Nella foto sopra: Saad Hariri (a destra) con il defunto sovrano saudita Abdullah (a sinistra), nel 2014.

La richiesta di Hariri rivela ciò che il mondo islamico sta progettando per il Libano, Israele, e alla fine per l'Europa e gli Stati Uniti. Le potenze mondiali hanno bisogno di proteggere i cristiani, gli ebrei e le altre minoranze in Medio Oriente. Il Libano e Israele devono continuare a essere la patria delle minoranze perseguitate: una patria cristiana in Libano e una ebraica in Israele – due paesi che sono collegati tra loro geograficamente, che si prestano reciproca assistenza economica e presto forse firmeranno un accordo di pace che potrebbe creare un ponte nell'ambito della cultura e dei diritti umani tra Occidente e Oriente.

Bashir Gemayel, il grande leader libanese cristiano-maronita che fu assassinato dopo essere stato eletto presidente nel 1982, aveva avvisato l'Occidente durante la guerra civile libanese che se le forze islamiche in lotta contro i cristiani avessero vinto avrebbero continuato a combattere contro il mondo occidentale, come di fatto stanno facendo attualmente.

Questo accordo per uno Stato libanese arabo come richiesto dalla leadership saudita è finalizzato a trasformare il Libano in un altro Stato arabo musulmano. Il suo scopo è quello di negare i diritti della popolazione autoctona, esattamente come è accaduto ai cristiani copti d'Egitto e a quelli aramei siriaci. In Libano, la popolazione originaria del paese è costituita dai cristiani aramei-fenici – soprattutto i maroniti – che ancora preservano il siriaco (la lingua parlata da Gesù) come loro lingua sacra. Il 95 per cento dei villaggi libanesi sono ancora chiamati con i loro nomi siro-aramei. L'Islam e la lingua araba sono arrivati tardi in Libano dalla Penisola arabica, dopo il VII secolo.

Hariri potrebbe anche avere l'appoggio di Hezbollah, il partito musulmano sciita: sunniti e sciiti sono entrambi islamici. Il passo successivo sarà quello di chiedere che la Costituzione del Libano sia modificata in modo tale che il Paese dei Cedri sia governato dalla legge della Sharia, come molti altri paesi islamici, compresa l'Autorità palestinese. L'art.4 della Costituzione del futuro Stato palestinese dichiara espressamente: "I principi della Sharia islamica sono la fonte principale della legislazione".

Applicare la legge islamica della Sharia significa avere la sovranità musulmana e il controllo sulla comunità cristiana aramea.

Se questa ideologia islamica, attuata da così tanti paesi, non è razzismo, allora che cosa è il razzismo?

Perché il mondo libero, comprese le chiese e i leader occidentali laici, tace e demonizza solo Israele ebraico per proteggersi dalla stessa minaccia e ideologia?

"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi." I cristiani del Libano e di tutto il Medio Oriente possono salvarsi solo se interiorizzano questa frase dei libri sacri.

Shadi Khalloul è il fondatore del Movimento aramaico israeliano. Prima della laurea conseguita presso l'University of Nevada, a Las Vegas, è stato luogotenente paracadutista nelle IDF. È anche un imprenditore, leader della sua comunità e candidato alle elezioni politiche israeliane.
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Re: Liban

Messaggioda Berto » dom nov 05, 2017 10:38 pm

Il Libano nelle mani di Hezbollah
05/11/2017

http://www.linformale.eu/libano-nelle-mani-hezbollah

Con le dimissioni di Saad Hariri da Primo Ministro del Libano cade la foglia di fico dell’Iran e appare senza infingimenti una realtà ben conosciuta. Il dominus incontrastato in Libano è il gruppo fondamentalista sciita Hezbollah, la principale e più temibile formazione terrorista musulmana istituzionalizzata in Medioriente.

Hariri, sunnita, figlio di quel Rafiq Hariri che lo aveva preceduto nella stessa carica, e fatto saltare per aria il 14 febbraio del 2005 da Hezbollah su ordine congiunto di Teheran e Damasco, ha scelto Riad per annunciare le proprie dimissioni. Al riparo della monarchia saudita, ha rivelato che l’Iran stava preparando anche per lui la stessa sorte riservata al padre. Che sia vero o no, resta il fatto che i sauditi non avevano mai visto di buon occhio l’accettazione dell’incarico da parte di Hariri, undici mesi fa, ed è assai probabile che Riad abbia avuto un ruolo determinante nel consigliargli di rassegnare le dimissioni.

La contrapposizione regionale sciita-sunnita si sta manifestando in maniera sempre più plastica in questi mesi, configurando nuove alleanze di cui Israele nella prossima guerra che lo coinvolgerà, quella contro Hezbollah, potrà eventualmente beneficiare.

Benjamin Netanyahu, a Londra nei giorni scorsi per il centenario della Dichiarazione Balfour, ha sottolineato come la minaccia sempre più incombente dell’Iran abbia allargato il perimetro delle alleanze con gli attori sunniti regionali le quali sarebbero state impensabili solo qualche anno fa.

Il ruolo degli Stati Uniti in questa inedita convergenza è palese. La visita di Donald Trump a Riad a maggio, tappa iniziale del suo primo viaggio internazionale, faceva seguito a un riposizionamento americano netto sull’Iran, nuovamente indicato dopo il periodo dell’appeasement obamiano, come la minaccia più grave incombente in Medioriente e per gli interessi americani. Il grande accordo miliardario sul rifornimento d’armi stipulato con la dinastia saudita, e, pochi mesi dopo, la decisione partita da Riad di mettere l’embargo sul Qatar, accusato di finanziare copiosamente il terrorismo islamico, sono esiti dello schieramento venuto in essere.

Il Libano, da anni un protettorato iraniano, ora, dopo le dimissioni di Harari, è palesemente consegnato all’egemonia di Hezbollah, di cui il presidente in carica, il cristiano Michel Auon, è un sostenitore.

Un paese in mano a un gruppo terrorista armato fino ai denti e il cui principale obbiettivo di politica internazionale è la distruzione di Israele, se non, idealmente, in chiave radicalmente eliminazionista di tutti gli ebrei, come ebbe a dire il suo segretario Hassan Nasrallah nel 2002 al Daily Mail, “Se gli ebrei si radunassero in Israele, ci risparmierebbero la fatica di cercarli in giro per il mondo”, pone un problema assai serio per lo stato Ebraico.

Problema che dovrà necessariamente e inevitabilmente essere risolto.
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Re: Liban

Messaggioda Berto » dom nov 05, 2017 10:39 pm

???

I musulmani in difesa della libertà dei cristiani
AsiaNews.it
25/08/2015

http://www.asianews.it/notizie-it/La-Di ... 35135.html

Libertà di fede, di educazione e di opinione difese citando il Corano. Esse sono alla base dello Stato di diritto, che non deve essere uno Stato religioso. L’organo di riferimento dei sunniti del Libano condanna senza appello la violenza in nome di Dio. Il testo integrale del messaggio.

Beirut (AsiaNews) – Non si può costringere alla conversione né perseguire chi ha una fede diversa dalla propria. L’islam vieta di condurre una guerra contro chi è diverso, scacciarlo dalle propria terre e limitarne la libertà in nome della religione. Beirut si fa portavoce dell’islam liberale che vuole la convivenza con i cristiani, di cui è ricca la tradizione del Libano. Queste sono alcune delle importanti affermazioni contenute nella “Dichiarazione di Beirut sulla libertà religiosa”, pubblicato dalla Mokassed di Beirut, associazione sunnita vicina a Dar el-Fatwa. Il messaggio è stato preparato il 20 giugno scorso e pubblicato pochi giorni fa. AsiaNews ne aveva pubblicato qualche stralcio, insieme alle parole di Mohammad Sammak, figura familiare del dialogo islamo-cristiano. La dichiarazione è volta a mettere nero su bianco la posizione dei musulmani del Libano nei confronti della violenza compiuta in nome della loro religione. In essa viene chiarito quali siano gli insegnamenti fondamentali dell’islam e quando, invece, esso viene “preso in ostaggio” per giustificare logiche di potere. Pubblichiamo il testo integrale della Dichiarazione. Traduzione in italiano a cura di AsiaNews.

La dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose

Il Libano, gli altri Paesi Arabi e i musulmani sono oggi in tumulto a causa della religione, del settarismo e del confessionalismo. Le persone sono uccise, escluse della propria casa e della dignità.

In questa situazione anormale, la religione è sfruttata per motivi politici, sacrificando invano persone, Paesi e civiltà. Questo sta provocando il sorgere dell’islamofobia in varie parti del mondo. La convivenza e i valori ereditati dalla nostra civiltà, come pure il futuro dei nostri giovani, sono seriamente minacciate. Molte iniziative arabe e islamiche hanno tentato di porre rimedio, e perfino combattere questa situazione, per correggere e rigettare la violenza perpetrata in nome della religione.

L’Associazione filantropica islamica Makassed di Beirut, che è impegnata nei valori educativi, islamici e nazionali, si trova obbligata a sostenere e diffondere la cultura della tolleranza e della ragione (enlightenment). Essa si ritiene responsabile nel costruire una società dove le persone possono vivere insieme in libertà, in una società civile e di progresso che può affrontare i pericoli che minacciano la nazione, i suoi cittadini, i valori morali e religiosi.

La Makassed, in quanto organizzazione araba e nazionale, è chiamata a opporsi all’estremismo e alla violenza, e per questo annuncia la Dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose, confermando i valori tradizionale che sono gli illuminati valori di Beirut e del Libano, per salvaguardare la dignità di ogni cittadino ed essere umano. Perciò, la Makassed spera di salvare e proteggere la religione da coloro che tentano di prenderla in ostaggio con falsi slogan.

1. La libertà di fede, di culto ed educazione

La fede religiosa è una libera scelta e un libero impegno. È un diritto di ogni persona. Il Sacro Corano inequivocabilmente protegge questo diritto quando dice:

“Non c’è costrizione nella religione. L’orientamento giusto è stato distinto dall’errore” (Al-Baqara 256).

E in un altro versetto:

“Quindi ricordati! (rivolto al Profeta, la pace sia con lui) Perché tu non sei che un promemoria; tu non hai influenza su di loro” (Al-Ghashiyah 22).

Per più di 13 secoli, la nostra terra ha visto moschee, chiese e luoghi di culto costruiti fianco a fianco. Noi vogliamo che questa eredità di libertà, di collaborazione e di vita comune rimanga profondamente salda nella nostra terra, nelle nostre città e tra i nostri giovani. La nostra religione e tradizioni nazionali, le nostre alleanze e le nostre leggi ci guidano ad aderire fermamente a questi principi.

Negare il diritto delle comunità cristiane di esercitare la loro libertà religiosa e distruggere le loro chiese, i loro monasteri e istituti educativi e sociali, è contrario agli insegnamenti dell’islam ed è una violazione palese dei suoi principi, visto che questi abusi sono compiuti nel suo nome.

Di conseguenza, noi proclamiamo, dal punto di vista islamico, umanitario e nazionale, che noi siamo assolutamente contrari a questi atti distruttivi e facciamo appello ai nostri compatrioti cristiani perché resistano agli atti di terrore che cercano di cacciarli dalla loro terra e li sollecitiamo a rimanere attaccati e radicati in profondità a queste terre, insieme ai loro fratelli musulmani, godendo insieme a loro degli stessi diritti e doveri. In questo modo loro, con i compatrioti musulmani, salvaguarderanno i nostri valori comuni e la nostra convivenza in una comunità multireligiosa e onnicomprensiva.

La nostra eredità comune, come credenti in Dio, ci impone di rigettare la costrizione in ambito di fede, di rispettare la libertà intellettuale e di accettare le differenze fra gli uomini come un espressione del volere di Dio. Solo Dio può giudicare dli uomini laddove essi differiscono.

2. Il diritto alla dignità

Questo è un diritto proclamato dal testo coranico. Il Sacro Corano dice:

“Abbiamo onorato la progenie di Abramo e l’abbiamo portata per terra e per mare. Li abbiamo rifocillati di prelibatezze e li abbiamo preferiti di gran lunga tra molti che abbiamo creato” (Al-Israa’ 17:70).

Perciò, l’uomo ha dignità in quanto essere umano. Il fondamento della sua dignità è il fatto che è stato dotato di ragione, libertà di credere, d’opinione e d’espressione. Egli è responsabile in modo diretto davanti a Dio per l’esercizio delle sue libertà. È diritto dell’uomo godere di protezione della sua libertà da parte dell’autorità al governo; nessuno ha il diritto di giudicare le persone per la loro fede e di perseguitarle e discriminarle per ragioni religiose o etniche. Dio l’Altissimo dice:

“Non dire ad alcuno che si sottomette a te in pace: ‘Tu non sei un credente’, cercando così il bottino della vita presente” (Al – Nisa’ 4:94).

“Tutta l’umanità è la progenie di Adamo”, ha detto il Profeta Maometto (la pace sia con lui) nell’ultimo sermone. Egli ha anche detto “tutti gli esseri umani sono uguali”.

Il Sacro Corano riconosce solo due ragioni per una guerra difensiva: la persecuzione religiosa e l’espulsione dalla propria terra. Il Sacro Corano dice:

“Riguardo a coloro che non ti hanno combattuto per la tua religione, che non ti hanno cacciato dalle tue case, Dio non vi vieta di trattare loro in modo onorevole e di agire con bontà nei loro confronti, perché Dio ama coloro che agiscono con onestà” (Al-Mumtahinah 60:8).

Agli occhi del Corano, nessuno ha il diritto di fare la guerra ad una persona a causa del suo credo o ad un popolo o una comunità per cacciarli dalle loro case, o privarli della loro terra. È perciò nostro dovere unire gli sforzi per proteggere le libertà religiose e nazionali, rispettare la dignità umana per proteggere la convivenza sulla base della giustizia e dell’amore.

3. Il diritto alla differenza, il diritto alla pluralità

Il diritto ad essere diversi è confermato da Dio che dice:

“Oh umanità, noi ti abbiamo creata maschio e femmina, e formata in nazioni e tribù così che vi possiate conoscere. Agli occhi di Dio, i più nobili in mezzo a voi sono i più pii” (Le Stanze 49:13).

Le differenze tra le società e la loro pluralità, la libertà individuale e comunitaria tra le società e i gruppi sono un fenomeno naturale. Conoscere e riconoscersi gli uni gli altri è un comando divino. Mai le società umane sono state una o la stessa nel loro atteggiamento e nel loro modo di vivere, o anche nel loro credo religioso.

4. Il diritto a partecipare alla vita politica e pubblica

Il diritto di partecipare alla vita politica e pubblica è fondato sui principi dell’uguaglianza, della libertà di scelta e della responsabilità individuale. L’islam, come dichiara il documento di Al-Azhar, non impone uno specifico regime politico e non approva uno Stato religioso. Il sistema politico, in qualunque società, è la creazione della gente in quella società, musulmani e non musulmani. Secondo gli accordi comuni come cittadini, il popolo sceglie il proprio sistema di governo, ed essi lo cambiano secondo la loro libera volontà secondo i loro migliori interessi. Perciò, considerare uno specifico sistema politico come sacro o infallibile, o come una materia di fede religiosa, è un fraintendimento della religione e una imposizione sulla gente, che sia musulmana o non musulmana. Tutte le persone sono custodite dallo Stato nazionale che essi hanno creato insieme, ed essi rispettano la costituzione e le leggi che li considera uguali in diritti e doveri.

5. Il nostro impegno per le alleanze arabe e internazionali

La cultura araba ha avuto una civiltà gloriosa e pluralista, che ha contribuito al progresso del mondo. Essa ha creato Stati e sistemi di governo e istituzioni. La religione non è mai stata un ostacolo a questi traguardi. Se noi oggi ci volgiamo contro questa cultura in nome della religione, noi tradiamo la grande eredità del passato e la nostra costante lotta per il progresso e la sicurezza. Noi siamo impegnati a sostenere la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e le successive Dichiarazioni arabe. L’ultima di queste è la dichiarazione di al-Azhar riguardo le libertà fondamentali.

Noi siamo parte di questo mondo, e aspiriamo a essere positivamente partecipi del suo progresso. Non siamo spaventati dal resto del mondo e non vogliamo essere una fonte di paura per gli altri. Non vogliamo isolarci dal resto del mondo e non vogliamo che il mondo si isoli da noi. Ricordiamo che i musulmani costituiscono un quinto della popolazione mondiale, e un terzo di essi vive in Paesi non musulmani.

6. Il nostro impegno verso il Libano perché sia una patria e uno Stato democratico unificato

Basata sui valori di libertà, libera associazione e vita sociale comune, la formula libanese dello Stato ha creato un sistema consensuale, che garantisce le libertà di base e ha condotto ad uno Stato fiorente. Certo, noi riconosciamo che il sistema libanese di governo soffre di grossi problemi, ma questo sistema rimane aperto a miglioramenti, nella misura in cui la libertà politica e religiosa sono garantite e la volontà del popolo è salvaguardata. I pensatori e intellettuali libanesi musulmani, molti dei quali sono laureati alla Makassed, hanno contribuito a questa cultura di libertà e a questo pensiero islamico liberale. Essi si sono uniti ad altri intellettuali libanesi nel tracciare l’Alleanza nazionale, gli accordi di Taef e i Dieci principi che Dar Al Fatwa ha proclamato nel 1983. Quest’ultimo documento afferma i principi della cittadinanza comune, del governo civile, delle libertà civili e della lealtà al Libano come Stato sovrano e patria per tutti i cittadini. Noi vogliamo che il Libano rimanga unito e democratico, protettore delle libertà e dei diritti di tutti i cittadini e un modello di società plurale e libera. Il Libano sarà quindi un esempio da seguire per tutti i regimi arabi che stanno soffrendo profondamente a causa dell’estremismo e dell’intolleranza e dei crimini commessi in nome della religione, che cacciano le persone fuori delle proprie case, ignorando i principi della convivenza e della dignità umana. Il modello libanese sarà [uno] di tolleranza, di non violenza e di umanesimo.

7. Il ruolo e l’impegno della Makassed

La Makassed rimarrà fedele alla sua missione e ai suoi principi come sono stati definiti 137 anni fa. Esso sgi impegna per la libertà di educazione e l’insegnamento della tolleranza religiosa. La Makassed ha insegnato l’islam a numerose generazioni tramite rinomati insegnanti proveniente dal Libano e da altri Paesi arabi.

Noi faremo rivivere questa tradizione e riformeremo l’insegnamento dell’islam in stretta collaborazione con Dar Al Fatwa, e beneficeremo dai recenti metodi innovativi di insegnamento di materie civiche. La Makassed è sempre stato un faro di tolleranza nell’educazione civica e religiosa. Col volere di Dio, rimarrà tale.

Beirut è stata “la Madre delle leggi” e una casa per la libertà e la creatività. Allo stesso modo in cui ha partecipato alla creazione dello Stato moderno e al progresso della libertà, essa si sforza di rimanere tale, insieme coi musulmani, i non musulmani, con la Makassed, in questi tempi difficili per gli Arabi e per il Libano. Beirut rimarrà la torcia dell’illuminismo musulmano, del progresso arabo e della pace umanitaria.

Viva Beirut, Viva la Makassed, Viva il Libano!
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Re: Liban

Messaggioda Berto » dom nov 05, 2017 10:42 pm

Caschi blu in Libano – cristiani e musulmani insieme per la celebrazione della Madonna
16 agosto 2017 - Shama (Libano)

https://www.difesa.it/OperazioniMilitar ... zione.aspx

“La Vergine Maria unisce i cristiani e musulmani. Celebrare l’Assunzione insieme, per la prima volta militari di Unifil e autorità interreligiose qui in Libano, è l’esempio di un percorso di pace e convivenza”. È la frase di apertura di Don Salvatore Lazzara, cappellano militare dei caschi blu italiani in Libano, alla ricorrenza religiosa che ha visto ieri la partecipazione delle più importanti autorità religiose cristiane e musulmane del Sud del Libano.

Numerosi peacekeeper e civili locali hanno partecipato alla funzione religiosa presso la cappella e il piazzale della base “Millevoi” in Shama, a dimostrazione della devozione comune a una delle più importanti figure religiose degli scritti sacri cristiani e musulmani.

Celebrata in sei lingue diverse, la messa è stata condotta dal cappellano militare insieme al Metropolita Greco Ortodosso, l’Arcivescovo Maronita e un rappresentante della Chiesa Ortodossa, seguita successivamente dagli interventi, presso il piazzale principale della base, dai mufti musulmani sciita e sunnita.

Il Generale di Brigata Francesco Olla, dallo scorso aprile comandante del contingente italiano in Libano con l’operazione “Leonte XXII”, ha dichiarato: “Vivere lontano da casa, dai propri affetti e dalla celebrazione delle proprie tradizioni è difficile, ma fa parte della vita del soldato, quella scelta che abbiamo fatto da giovani per passione e senso del dovere. Rendiamo meno difficile il distacco vivendo questo momento insieme ai cristiani e, in modo ancor più significativo, ai musulmani dei dodici contingenti che costituiscono Unifil-Sector West. Ma da peacekeeper quali siamo, cerchiamo sempre di favorire il dialogo attraverso ciò che ci unisce e che abbiamo in comune.

La celebrazione dell’Assunta ci offre un’enorme opportunità aldilà della fede professata da ciascuno di noi. Per questa ragione abbiamo deciso da tempo di condividere, altre che tra noi, anche con la popolazione locale, i sentimenti e le radici culturale che ci legano alla Vergine Maria, “Reginae Pacis”.

Il Libano è tra la nazioni con il maggior numero di confessioni religiose nel Medio Oriente e tra le maggiori al mondo, con una popolazione di oltre 6 milioni di abitanti di cui il 54% di fede musulmana (27% sciiti e 27% sunniti), 40% cristiani (21% maroniti, 8% greco ortodossi e 11% tra cattolici, protestanti e altre minoranze) e 6% drusi.

Il contingente italiano, a seguito della risoluzione n.1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è impiegato nella “Terra dei Cedri” dal 2006 e si rapporta quotidianamente con le autorità civili e religiose locali, supportando la popolazione attraverso la funzione operativa di cooperazione civile-militare (CIMIC). Inoltre, i peacekeeper italiani svolgono costantemente attività di pattugliamento e osservazione volte al monitoraggio della Blue Line, al fine di garantire la cessazione delle ostilità tra Libano e Israele, nonché attività di coordinamento, pianificazione e condotta di esercitazioni e operazioni congiunte alle Forze Armate libanesi dislocate a sud del fiume Litani.
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Re: Liban

Messaggioda Berto » dom nov 05, 2017 10:47 pm

MISSIONE IN UN PAESE CHE NON ESISTE PIU'
di EDGARDO BARTOLI
1985/05/25

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... siste.html

IL linguaggio diplomatico è esaurito, nessuno pronuncia più frasi di convenzionale speranza sul futuro del Libano: sulla necessità di ripristinare la sua sovranità nazionale, di riappacificare le fazioni in lotta, di modificarne la costituzione per garantire un nuovo equilibrio sociale e politico. Sul Libano, si sono esaurite le idee: nessuno ha più piani da proporre, mediazioni da offrire, proposte da avanzare, iniziative da intraprendere, amici da far intervenire. Tutti i tentativi di puntellare il paese, o almeno la sua facciata, sono falliti; tutte le speranze di tenerlo in vita artificialmente si sono dimostrate vane. Il Libano non esiste più, ed è rimasto solo nei momenti estremi della sua agonia. Il viaggio del ministro degli Esteri italiano a Beirut e a Damasco, nella sua funzione di presidente di turno della Comunità europea, è un atto responsabile e doveroso che risponde a una politica estera, italiana e europea, attiva, attenta, consapevole di nuovi doveri a carattere continentale e mondiale dei quali essa è titolare. Non è un ennesimo atto di infermeria diplomatica, o non soltanto quello; è, più che un estremo soccorso al Libano che non c' è più, una presa di contatto con una realtà mediorientale che la scomparsa del Libano ha profondamente alterato. Neanche il ministro Andreotti possiede la ricetta per risuscitare un paese scomparso fra le rovine di dieci anni di guerra civile, ma di sicuro ha in mente alcune precauzioni perchè il processo di decomposizione del Libano non infetti l' intera area, geograficamente così vicina all' Europa, politicamente così vicina a Washington e a Mosca. E intanto la guerra continua, se guerra si può chiamare la rigorosa sequenza di massacri che Le Monde ha definito "un delirio di natura logica", guidato dall' inflessibile coerenza che presiede a ogni forma di paranoia (e si può aggiungere: l' unico elemento logico in un mondo che dalla logica e dalla coerenza rifugge per istinto, ravvisando in esse limiti artificiali imposti alla fantasia, all' astuzia, alla provvidenziale ambiguità della realtà stessa, maestra di spietatezza e d' insincerità). ORA, le ultime retroguardie israeliane che si apprestano a rientrare nei confini nazionali con tutta la celerità consentita dalla decenza, chiudono dopo tre anni l' ultima fase del processo "logico" che ha portato, appunto, all' estinzione del Libano. Quale imprevisto, quale colpo di scena, quale fatalità si è infatti avverata da quel giugno 1982 quando l' esercito di Gerusalemme intraprese l' operazione "pace in Galilea", vale a dire l' invasione del Libano, spostando il corso naturale e prevedibile degli eventi? Nessuno. Israele entrò in Libano per scacciarne i palestinesi dell' Olp, allora compattamente fedeli ad Arafat, che avevano occupato militarmente il paese facendone il proprio bastione e il proprio stesso Stato su territorio altrui. Vi entrarono con la tacita tolleranza della Siria, che già nel ' 76 aveva vigorosamente intrapreso lo sterminio dei palestinesi di Tal El Zaatar (Beirut). E perchè mai questo odio siriano per i palestinesi, anch' essi nemici di Israele? Semplicemente perchè la Siria, mirando a impossessarsi del Libano, doveva innanzi tutto scacciarne coloro che se ne erano impossessati prima di lei. E in questo senso il nemico israeliano poteva diventare momentaneamente un alleato di fatto. Così, gli israeliani arrivarono fino a Beirut, indisturbati dai siriani, accolti a braccia aperte dai falangisti, salutati con benevola neutralità anche dalla maggior parte della popolazione sciita, particolarmente densa nel Sud, particolarmente povera nella capitale, e da una parte e dall' altra ostile agli "occupanti" palestinesi. Gli sciiti, va ricordato, nonostante rappresentassero la maggioranza etnica del Libano, non possedevano allora nè un fucile nè un embrione di organizzazione politica. Dopo tre mesi di assedio, i guerriglieri dell' Olp furono costretti a lasciare Beirut (settembre ' 82). Gli israeliani si ritirarono a loro volta dalla capitale libanese all' indomani del massacro nei campi palestinesi di Sabra e Chatila. Ma il loro ritiro era comunque previsto. Non così quello dell' anno successivo (settembre ' 83) dallo Chuf, la regione montuosa intorno a Beirut, patria e fortezza dei drusi di Walid Jumblatt: anche loro animati da qualche spirito amichevole verso Israele, seppure armati di tutto punto dalla Siria, che li usava come pedina contro il governo Gemayel. Oltre al comune nemico palestinese, insomma, Siria e Israele condividevano il comune amico druso. La ritirata israeliana scatenò la cosiddetta "guerra della montagna", con i drusi che cercavano lo sbocco al mare a spese delle comunità cristiane e musulmano-sunnite; alla quale si aggiunse ben presto la "battaglia di Tripoli", che si concluse con la cacciata di Arafat e dei suoi dalla città dove essi avevano ripiantato le tende tolte da Beirut, ad opera dei siriani e della frazione dissidente dell' Olp consegnatasi a Damasco; tutto ciò mentre le plebi urbane sciite, accalcate nella periferia meridionale di Beirut, cominciavano ad armarsi, a organizzarsi, a reclamare i propri diritti politico-territoriali, e a venarsi di componenti estremistiche d' ispirazione khomeinista: per intendersi, quelle che compirono la strage di marines americani e di soldati francesi nell' ottobre ' 83. Sta di fatto che gli israeliani hanno sempre causato i maggiori guai in Libano ritirandosi piuttosto che avanzando; e c' è ragione di supporre che per ciò la Siria abbia costantemente tenute aperte per loro sia la porta d' entrata sia quella d' uscita dal paese. Damasco ha guadagnato qualcosa ogni volta che essi hanno varcato l' una o l' altra. Così è accaduto nella Beirut consegnata dagli israeliani a Gemayel: dopo l' insurrezione musulmana del febbraio ' 84, che portò al ritiro della forza multinazionale, Gemayel fu costretto ad abrogare il trattato stipulato con Israele nel maggio precedente, e a offrire i propri servigi a Damasco. COSI' è accaduto, nel febbraio scorso, con l' abbandono di Sidone, prima tappa della ritirata israeliana dal Libano; al quale è seguito il massacro dei cristiani da parte dei drusi, che si vendicavano così della tentata conquista di Sidone (città peraltro sunnita) da parte dei falangisti, che al tempo stesso si erano ribellati al governo di Gemayel... Una sola linea continua e coerente è riconoscibile in questi ultimi tre anni di vicende libanesi: quella del progressivo indebolimento delle forze sia cristiano-maronite sia musulmano-sunnite, e del parallelo rafforzamento degli sciiti, divenuti nel frattempo l' elemento predominante sulla scena libanese. Degli sciiti e dei drusi: i quali ultimi, ottenuto lo sbocco al mare a spese delle comunità cristiane della costa, rappresentano l' elemento più compatto al quale la Siria possa fare riferimento. Nessuna sorpresa, dunque, se le milizie sciite che stanno perfezionando il massacro nei campi palestinesi di Beirut, agiscono col consenso siriano, e se accanto ad esse ci sia la VI brigata dell' Armèe, composta sì di sciiti (tutte le unità sono formate su base confessionale) ma pur sempre parte dell' esercito regolare di Gemayel. L' unica sorpresa possibile sta nel fatto che i dissidenti filo-siriani dell' Olp, che nell' 83 a Tripoli usarono contro i palestinesi di Arafat i cannoni che Damasco aveva loro regalato, oggi usino quegli stessi cannoni in difesa dei palestinesi di Arafat aggrediti dagli sciiti protetti da Damasco. Ma da dove sparano oggi quei cannoni? Dallo Chouf, appunto. C' è dunque da presumere che sparino con il più o meno esplicito consenso della Siria: la quale potrebbe aver scelto questo modo per avvertire i suoi protetti sciiti: ammazzate pure tutti i palestinesi che volete, ma non crediate di poter andare oltre. Il corpo di quello che fu il Libano appartiene alla Siria. La Siria ha vinto la partita, del tutto regolamentare, ingaggiata con Israele sulla divisione delle spoglie.
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