Il razzismo, le colpe e le responsabilità degli ebrei ???

Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » dom dic 27, 2015 12:36 pm

“L’anticristianesimo alle origini dell’antigiudaismo” di Don Nicola Bux
Pubblicato 16 maggio 2010 | Da Libertà e Persona
Una storia che nessuno ricorda. La Chiesa delle origini, composta anche da molti ebrei convertiti al cristianesimo, fu perseguitata dai Giudei. Al punto che le autorità dell’impero romano dovettero emanare norme per difendere i cristiani.
Da il Timone – Aprile 2010

http://www.libertaepersona.org/wordpres ... a-bux-1807

Nel suo saggio Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune (San Paolo, 2009), il noto studioso ebreo Jacob Neusner demolisce appunto l’idea, diffusasi soprattutto tra i cattolici dopo il Concilio Vaticano Il, che le due religioni abbiano molto in comune. L’autore lo aveva già fatto con un altro testo, Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù, nel quale affermava che «Secondo la Torah, molto di ciò che Gesù ha detto è sbagliato». Joseph Ratzinger nella prefazione lo definiva come «Il saggio più importante per il dialogo ebraico-cristiano dell’ultimo decennio». Neusner ha ragione?
Prendiamo le Scritture: è vero che noi cristiani abbiamo quelle ebraiche che chiamiamo Vecchio Testamento, ma gli ebrei non hanno il nostro Nuovo Testamento; inoltre, la comprensione delle Scritture per noi passa attraverso Gesù. C’è poi un altro aspetto non secondario: la religione giudaica al tempo di Gesù passava attraverso l’interpretazione dei Farisei, invece Gesù si richiamava ai Patriarchi e ai Profeti.
L’attuale religione giudaica è quella rinata dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d C, filtrata attraverso il Talmud – monumentale studio della Torah, la legge divina, compilato tra IV e V secolo, dove il ruolo dei Profeti è minimo – perché proprio i Profeti avevano preso le distanze dalle interpretazioni insopportabili intervenute al tempo della divisione dei regni e degli esili.

Nella recente visita alla sinagoga di Roma, papa Benedetto XVI ha rinnovato il rispetto per l’interpretazione che gli ebrei hanno dell’Antico Testamento: sappiamo che questa è diversa da quella cristiana, soprattutto perché la Torah, come dice Neusner, è filtrata attraverso il Talmud che è il giudaismo. Ma basterebbe solo un punto a marcare la differenza: la fine del Tempio, cioè il luogo della Shekinah, la Presenza divina. Resta il fatto che «La Chiesa, popolo di Dio, della nuova Alleanza, scrutando il proprio mistero, scopre il proprio legame con il popolo ebraico, che Dio "scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola"» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 839).
I Padri della Chiesa erano convinti che l’antica Alleanza si fosse compiuta in Cristo e se ne sentivano i veri eredi; non solo era avvenuto il passaggio dal giudaismo al cristianesimo, anzi al giudeo-cristianesimo, ma, quasi contemporaneamente, anche quello alla Chiesa dei gentili, ovvero le genti pagane che si convertivano a Cristo. L’Ecclesia ex circumcisione e l’Ecclesia ex gentibus si possono ancora oggi ammirare a Roma come due figure femminili nel mirabile mosaico di S. Sabina all’Aventino.

Allora, perché tanta insistenza da parte cattolica sulla comunanza, quando poi gli stessi ebrei continuamente prendono le distanze, ora sulla persona e l’opera del Venerabile Papa Pio XII, ora sulla "Preghiera per gli ebrei" approvata dal Benedetto XVI per l’uso nella celebrazione della forma straordinaria del rito della Santa Messa, ora sulla revoca della scomunica alla Fraternità San Pio X e così via?
E malgrado le spiegazioni, non sembrano mai appagati? A mio avviso, il motivo di fondo è l’anticristianesimo. Negli Atti degli Apostoli i "nazareni" – così erano chiamati i cristiani dagli ebrei – non pensavano di costituire una religione a parte, malgrado le vessazioni subite dagli stessi Apostoli e dalle comunità; quando furono cacciati dalle sinagoghe, infatti, misero insieme nel primo giorno dopo il sabato – chiamato kyriakè, cioè domenica – la lettura della Torah, che si faceva di sabato, e la celebrazione dell’Eucaristia.
Attorno a tale polo, si può osservare in Palestina la differenziazione progressiva della suppellettile liturgica cristiana da quella giudaica, per esempio nei simboli: il sacrificio di Isacco nelle sinagoghe è reso con tutti i dettagli figurativi, invece nelle chiese è ridotto all’agnello legato all’albero posto sotto o dietro l’altare; l’altare dei sacrifici nel cortile del Tempio e la tavola delle offerte all’interno, nelle chiese vengono sintetizzati nell’altare a cui si addossa una mensa. In occidente, molto evidente prima del Vaticano Il.
Si può intravedere in ciò una sorta di antigiudaismo cristiano?
Certamente no, ma solo la consapevolezza del compimento delle figure antiche nelle nuove. Dagli ebrei ciò è ritenuta ancora oggi una eresia. Che il cristianesimo fosse "vino nuovo in otri nuovi", lo provano alcuni altri fatti. Gesù aveva detto: «Quando poi vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua desolazione è vicina. Allora coloro che sono in Giudea fuggano ai monti, quelli che sono nella città si allontanino...» (Lc 21,20-21). Così fecero i seguaci di Gesù nel 70, in gran parte giudei divenuti cristiani, dissociandosi dalla sanguinosa rivolta antiromana. I cristiani non parteciparono nemmeno alla rivolta del 132-135 capitanata da Bar Kochba, anzi pagarono caramente.

Alcuni decenni dopo, Giustino di Nablus scriveva: «I Giudei ci considerano loro nemici e loro avversari. Come voi, anch’essi ci perseguitano e ci mettono a morte quando possono farlo [.. .]. Ne potete avere le prove. Nell’ultima guerra di Giudea, Bar Kochba, il capo della rivolta, faceva subire ai soli cristiani gli stessi supplizi se non rinnegavano Cristo» (Apologia 1,31,6). Eusebio aggiunge: «se non lo bestemmiassero» (Storia Ecclesiastica IV,8). Alcuni ritornarono da Pella, in Transgiordania, ove si erano rifugiati e si stabilirono, secondo la testimonianza di Epifanio nel Trattato dei pesi e delle misure, attorno alla "piccola chiesa" del Sion, nella parte meridionale di Gerusalemme.
La rottura tra cristianesimo e giudaismo si consumò a Yamnia, centro a sud di Jaffa, dove i rabbi farisei presero in mano le redini della nazione, per ridare fiducia ai sopravvissuti al massacro compiuto dai romani e alle deportazioni, prendendo decisioni ardue al fine di riorganizzare la comunità ormai priva del Tempio e delle autorità sacerdotali e nazionali.
Si confrontarono posizioni moderate e conciliazioniste, come quelle di rabbi Johanan ben Zakkai e Rabbi Joshua ben Hananyah, e posizioni dure e intransigenti, come quelle di Rabbi Eliezer ben Hircanos e di rabbi Gamaliel. Queste ultime, maggioritarie, prevalsero al momento di definire e approvare le cosiddette 18 Decisioni vincolanti per la comunità, e di passare alla stesura delle 18 Benedizioni, con l’aggiunta di quella dei Minim, ossia gli apostati – invero una maledizione (Birkat-haMinim) -inclusiva dei giudeo-cristiani.
Nella Mishna – compilazione della legge orale fatta da rabbi Juda agli inizi del III sec. d.C. a Tiberiade – si afferma perentoriamente: «Queste sono alcune delle decisioni che furono prese nella camera superiore di Hananyah ben Hiskiah ben Gurion, quando i saggi salirono per fargli visita. Essi votarono e i saggi della Scuola di Shammay (l’ala dura difesa da un buon manipolo di gente armata pronta a far valere la ragione della forza) si trovarono in maggioranza. Quel giorno furono prese le 18 Decisioni» (Shab 1 ,4).

Nel Talmud babilonese si legge: «Quel giorno Hillel (rabbi simbolo dei moderati in opposizione a Shammay) sedette umilmente come un discepolo davanti a Shammay. Quel giorno fu così penoso come il giorno in cui fu fatto li vitello d’oro» (Shab 171). La Birkat-haMinim finì per sancire la rottura tra l’ebraismo farisaico rappresentato dai Sapienti e la Chiesa Madre di Gerusalemme: sia gli uni che gli altri, infatti, la considerarono una vera e propria scomunica. Il testo, conservato nella ghenizah del Cairo (luogo della sinagoga dove si conservano i libri sacri) recita: «Che gli apostati non abbiano speranza e che il regno dell’insolenza sia sradicato ai nostri giorni.
Che i Nozrim (i nazareni) e i Minim spariscano in un batter d’occhio. Che siano rimossi dal libro dei viventi e non siano scritti tra i giusti. Signore che abbassi gli orgogliosi». Con tale scomunica vennero così colpite tre categorie: i Giudei collaborazionisti del vincitore romano, l’impero romano in quanto tale e i Giudei seguaci di Gesù. Veniva sancita la rottura definitiva tra la Sinagoga e la Chiesa nascente.
Tale posizione causò la caccia al giudeo divenuto cristiano. AI punto che l’imperatore Costantino nel 315 promulgava alcune leggi, come quella indirizzata ai capi giudei, in cui proibiva di molestare quanti avevano abbracciato la nuova religione, ribadendo la legislazione precedente che proibiva agli incirconcisi di diventare ebrei, insieme all’abolizione del supplizio della croce, del crurifragio – lo spezzar le gambe ai condannati a morte – e del marchio a fuoco sulla fronte degli schiavi.
Nel 329, il 18 ottobre, l’imperatore promulgava una legge per proteggere i convertiti dal giudaismo, condannando a morte i Giudei che avessero lapidato chiunque «era fuggito dalla setta omicida e aveva rivolto gli occhi al culto di Dio (diventato cristiano». Viene alla memoria il protomartire Stefano, ucciso tre secoli prima dagli ebrei ellenisti. Ancora il 21 ottobre del 335, Costantino decretava la punizione per i Giudei che avessero perseguitato un ebreo convertito al cristianesimo. Anche Valentiniano III e Teodosio II l’8 aprile 426 emanarono una legge con cui proibivano alle famiglie giudee e samaritane di diseredare i loro membri convertiti al cristianesimo.
AI tempo dell’imperatore Focas, gli Ebrei o almeno i più fanatici tra loro non perdevano occasione per ripagare autorità e popolazione cristiana con ogni genere di offese, come descrive Giacobbe, un convertito dal giudaismo: «io odiavo la legge dei cristiani e il ricordo di Cristo, e non volevo udire la profezia di profeti che avevano profetizzato a riguardo di lui; ma restavo a macchinare contro i cristiani in ogni sorta di mali e li oltraggiavo enormemente» (Sargis d’Aberga 63).
Tutto questo doveva portare malauguratamente al desiderio di vendetta dei cristiani, al punto che Focas si adoperò per la conversione forzata di tutti gli ebrei dell’impero alla religione di Stato, sebbene già in precedenza papa Gregorio Magno avesse scritto ai vescovi proibendo di battezzare gli ebrei contro la loro volontà e in altro momento ingiungeva al vescovo di Cagliari di far restituire la sinagoga che un neoconvertito dall’ebraismo aveva sottratta ai suoi antichi correligionari.
L’intolleranza cristiana si alimentava con la continua rivalsa giudaica.
Fermiamoci qui alle soglie del Medioevo. Per fortuna oggi uno spirito nuovo da parte cattolica, ma anche da non pochi gruppi di ebrei, ci porta a considerarli come "fratelli maggiori", sebbene talvolta tentati da invidia come quello della parabola del figlio prodigo perché il padre compassionevole ne aveva festeggiato il ritorno ammazzando il vitello grasso.

Don Nicola Bux
Ricorda «Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, è la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele". (S. Sofronio, patriarca di Gerusalemme, Discorso 3 su//"’Hypapante", 6,7; PG 87,3, 3293).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » lun dic 28, 2015 11:59 am

???

Stille Nacht, la notte (troppo) silenziosa
I cristiani palestinesi si schierano contro l'occupazione israeliana perché altrimenti i musulmani considerano il loro silenzio un tacito sostegno a Israele

Editoriale del Jerusalem Post
25 dicembre 2015

http://www.israele.net/stille-nacht-la-notte-silenziosa


Il Natale sarà più cupo, quest’anno a Betlemme, un riflesso della tesa situazione della sicurezza che ha già velato la recente celebrazione di Hanukka, la festa ebraica delle luci.

La mattina della vigilia, come sempre, il Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal lascia la capitale alla testa del tradizionale corteo di auto diretto a Betlemme per celebrare la messa nella Chiesa della Natività. Ma lo spirito di Yasser Arafat continua a recitare la parte del “convitato di pietra” nella messa di mezzanotte, con la sua sedia vuota nella Chiesa della Natività a simboleggiare il retaggio di terrorismo che ha tramandato alla regione.

A Betlemme si celebrano tre Natali: il 25 dicembre è la data tradizionale osservata dai cattolici e dalle varie denominazioni protestanti mentre greci, copti e siriaci ortodossi celebrano il Natale il 6 gennaio, e gli armeni ortodossi il 19 gennaio. Molte feste, ma sempre meno cristiani. La popolazione cristiana di Betlemme è drasticamente diminuita da quando l’Autorità Palestinese ha preso il controllo della città nel dicembre 1995. I cristiani, che una volta costituivano il 90% della popolazione, oggi rappresentano meno del 25% stando alla stime israeliane, addirittura il 15% secondo altre fonti.

I cristiani che vivono in Cisgiordania sono circa 35.000, 3.000 quelli che vivono nella striscia di Gaza, pari a circa l’1,3% della popolazione palestinese. L’Autorità Palestinese, la cui religione ufficiale è l’islam, sin dalla presa di potere da parte di Arafat si è adoperata per islamizzare Betlemme. La zona di Betlemme, Beit Jala e Beit Sahur, prevalentemente cristiana per secoli, è stata trasformata dall’immissione di abitanti musulmani. Circa il 60% delle famiglie cristiane sono fuggite e ora i musulmani costituiscono il 75% della popolazione.

I cristiani che restano, molti dei quali lavorano nel settore del turismo, riferiscono che quest’autunno il numero di turisti a Betlemme è stato la metà di quello degli anni precedenti. La scorsa settimana è stato acceso l’albero di Natale nella Piazza della Mangiatoia, ma sono mancati i consueti fuochi d’artificio. Significativamente in Piazza della Mangiatoia un gruppo di attivisti palestinesi ha eretto un “albero della resistenza”: il tronco di un ulivo che sostengono essere stato sradicato dall’esercito israeliano, decorato con candelotti lacrimogeni sparati dalle truppe durante manifestazioni violente.

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... r-tree.png

Per secoli Betlemme era stata in gran parte cristiana. Ma uno dei primi provvedimenti presi da Arafat quando l’Autorità Palestinese assunse il controllo della città grazie agli accordi con Israele del 1995 è stato quello di espanderne i confini municipali per assicurare una maggioranza islamica incorporando più di 30.000 musulmani dei vicini campi palestinesi. Il capo dell’Olp suggellò poi la sua presa del potere sostituendo il consiglio comunale a magioranza cristiana con una dirigenza a predominanza musulmana.

Probabilmente nulla ha rappresentato il cambiamento della sorte di Betlemme meglio di quanto abbia fatto la violenta occupazione della Chiesa della Natività ad opera di terroristi di Arafat nella primavera 2002. Per sottrarsi all’arresto da parte delle Forze di Difesa israeliane, decine di miliziani armati musulmani fecero irruzione nella basilica, ne presero il controllo e vi tennero sequestrati un certo numero di ostaggi. Per più di un mese profanarono senza ritegno il luogo sacro cristiano, in una situazione di stallo, ben sapendo che Israele non avrebbe mai attaccato la basilica per costringerli alla resa.

Questi precedenti sbugiardano il messaggio natalizio del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che esorta il mondo a difendere i palestinesi da Israele. “Gesù è un simbolo per tutti i palestinesi – ha proclamato Abu Mazen – un messaggero d’amore palestinese“. In effetti, lo stesso Yasser Arafat aveva sfacciatamente sostenuto che Gesù è stato il primo shahid (martire) palestinese.

La profanazione musulmana di santuari cristiani ed ebrei è un dato di fatto. Storicamente nella società islamica ebrei e cristiani sono considerati dhimmi, cittadini di seconda classe, e sono trattati di conseguenza. I territori dell’Autorità Palestinese, in base all’articolo 7 della Costituzione dell’Autorità Palestinese, sono soggetti alla sharia, la legge islamica.

Sin dalla guerra del 1948 le comunità arabe cristiane in Cisgiordaniahanno patirono un diverso tipo di “occupazione”: rifugiati musulmani vennero cinicamente impiantati in mezzo a loro nei campi profughi perché servissero come un’arma contro Israele. Prima della guerra del ’48, Ramallah era cristiana al 90% e Betlemme era cristiana all’80%. Nel 1967, dopo vent’anni di dominio arabo-islamico, quasi metà degli abitanti di Betlemme erano musulmani, e Ramallah è diventata oggi una grande città musulmana.

I cristiani palestinesi sentono di doversi schierare contro l'”occupazione” israeliana perché, se non lo fanno, i musulmani considerano il loro silenzio come un tacito sostegno a Israele.

I leader cristiani nel mondo che rimangono in silenzio di fronte alla condizione dei cristiani palestinesi preferiscono ignorare spensieratamente uno dei più diffusi slogan che dà voce al vero obiettivo della “resistenza” palestinese: “prima il popolo del sabato, poi quello della domenica”. Prima tocca agli ebrei, poi ai cristiani: uno slogan con cui sono stati imbrattati i muri di molte chiese locali.

Anche per questo, ai nostri lettori cristiani auguriamo un buon Natale e un felice anno nuovo.

(Da: Jerusalem Post, 23.12.15)
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mar dic 29, 2015 10:30 pm

Gli ebrei che credono in Gesù
di Elisa Pinna | luglio-agosto 2008

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo- ... seq=TS0804

Ogni venerdì sera, Ruben Pinkas festeggia, nel suo piccolo appartamento a Golders Green nel Nord di Londra, l'ora del Kiddush, la preghiera di consacrazione che avvia il giorno del riposo. «Shabbath Shalom», augura alla moglie, mentre tira fuori del pane da una busta del supermercato e lo spezza per sé e per lei. I gesti sono quelli di una famiglia tradizionale ebrea; ma per loro c'è qualcosa di più; il kiddush non è solo la consacrazione del settimo giorno e dei prodotti della terra. Il pane e il vino, ai loro occhi, hanno acquistato un significato nuovo: non disse infatti Yeshua, «io sono la vera vite, io sono il pane della terra»?
Pinkas è ebreo ma crede che Yeshua, così lui chiama Gesù, sia il messia atteso dal suo popolo, il salvatore annunciato dalle profezie dell'Antico Testamento. Fa parte di una galassia sconosciuta al grande pubblico, quella degli ebrei messianici, un movimento dalle mille sfaccettature che è riemerso con prepotenza, negli ultimi decenni, dalle profondità della storia. Gli ebrei messianici si richiamano ai primi discepoli ebrei di Gesù, di Ye shua. Non vogliono essere confusi con gli ebrei convertiti al cristianesimo, che pure esistono e sono una realtà piccola ma molto significativa, quasi l'espressione fisica dell'unità tra due fedi. Gli ebrei messianici leggono invece i Vangeli in una chiave tutta interna alla cultura giudaica e ritengono il cristianesimo una sorta di eresia posticcia e paganizzante degli insegnamenti del Messia, annunciato dalla Torah.
Pinkas, uno studioso che partecipa a Londra al primo incontro pubblico tra ebrei ortodossi ed ebrei messianici della diaspora, ricorda che il cristianesimo delle origini, nato tra i gentili di Antiochia, era ancora considerato una setta ebraica, e sottoposto dai romani al pagamento delle «tasse per gli ebrei». Solo nel tempo esso si è staccato dall'ebraismo fino a tagliare tutti i ponti, nel 325, con il concilio di Nicea che proibì l'osservanza dello Shabbath e dei riti ebraici. Molti ritengono che l'ebraismo messianico, ancora presente ai tempi di Paolo, sia scomparso nel IV secolo, dopo la svolta di Nicea, anche se, afferma Pinkas, ci sono tracce di persecuzioni contro gli ebrei messianici da parte della Chiesa cattolica nel dodicesimo e tredicesimo secolo.
Nel diciannovesimo secolo, a Londra, in Russia, in Ungheria, avvengono isolati tentativi di creare comunità di ebrei messianici attorno a sinagoghe locali che però si spengono con i loro leader. Ancora per la maggior parte del ventesimo secolo, gli ebrei che riconoscono Gesù come il loro Messia finiscono per convertirsi al cristianesimo, sopratutto a quello protestante e sionista che vede, nella nascita di uno Stato ebraico, una condizione per il ritorno di Dio sulla terra. È solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, che il giudaismo messianico riparte come movimento distinto e indipendente da qualsiasi connotazione cristiana.
Le prime sinagoghe messianiche vengono costruite negli Stati Uniti, a Filadelfia, e Washington. Le diverse comunità si raccordano nell'Unione delle Congregazioni messianiche ebraiche. Nella propria carta base l'Unione definisce l'ebraismo messianico come «un movimento di congregazioni e gruppi fedeli a Yeshua il Messia che assumono la responsabilità, nell'ambito dell'Antica Alleanza, di una vita ebraica e di una identità radicata nella Torah, espressa nella tradizione, e rinnovata e applicata nel contesto della Nuova Alleanza».
Come molti altri movimenti religiosi comparsi sulla scena alla fine del Novecento, anche gli ebrei messianici hanno registrato una crescita straordinaria. Le cifre variano a seconda delle fonti e manca, in realtà, un registro ufficiale di tutte le organizzazioni ebraiche che riconoscono Yeshua come Messia. Qualcuno parla di 350 mila ebrei messianici, altri di 500 mila, in tutto il mondo; 15 mila in Israele, dove si contano circa 80 comunità, per lo più sulle colline della Galilea.
L'ebraismo messianico non ha un «papa», ed è molto variegato per quanto riguarda la teologia e la liturgia. I tratti comuni sono la fede in Yeshua, come il Messia, e un grande rispetto per i comandamenti, sebbene l'osservanza della Torah differisca da congregazione a congregazione. La croce nei loro culti non compare mai: evoca un passato troppo vicino e doloroso. «Nella memoria - spiega Pinkas - ci sono le persecuzioni che abbiamo sofferto ad opera della Chiesa; la croce è simbolo di uccisioni, di sofferenze. Ha un significato troppo forte per la nostra sensibilità».
Ogni comunità ha un proprio modo di esprimersi. A Gerusalemme vi sono ad esempio ebrei che si riuniscono ogni sabato in una chiesa anglicana e pregano e cantano in uno stile molto simile a quello dei carismatici nord-americani, tra sventolii di bandiere con la stella di David e Alleluja ritmati con le braccia levate.
Altri riproducono invece, in modo stretto, l'atmosfera della sinagoga, come nella comunità di Netiviah nel quartiere di Rehavia. Ci sono poi anche i messianici millenaristi, come i fedeli della comunità guidata da Gershon Nehel, che gestisce un villaggio turistico nel nord della Galilea e che vivono come se la fine dei tempi fosse già cominciata.
I diversi gruppi messianici rappresentano tuttavia per gli ebrei tradizionalisti un unico pericolo, senza sfumature o distinguo: il giudaismo classico vede in loro solo dei traditori e dei nemici pronti a colpire alla schiena in casa o in sinagoga: dei missionari camuffati da «fratelli» che cercano di convertire il popolo eletto al cristianesimo. Più l'ebraismo messianico si diffonde, più si rafforzano i sentimenti di ostilità e odio tra i tradizionalisti.
La riunione di Londra, dove, tra centinaia di messianici e rabbini abbiamo incontrato anche Pinkas, ne è una testimonianza. «Gli ebrei hanno eletto la sinagoga come un muro di protezione da altre assimilazioni, o possibili interpretazioni diverse della Legge. Non si può stare a cavallo di quel muro. L'ebreo che riconosce Gesù come un messia faccia un passo in più, vada dall'altra parte del muro e abbandoni il giudaismo», tuona il rabbino statunitense Shmuley Boteach, dal palco della Friends Meeting House di Euston Road. L'atmosfera è carica di tensione: le parti si rimproverano a gran voce di aver tradito il Dio di Abramo e Mosè, di non averlo capito. L'incontro non fuga le diffidenze reciproche e le strette di mano finali non avvicinano le posizioni. Se in Europa e in Nord America, le due comunità religiose finiscono per ignorarsi a vicenda, diverso il discorso diviene per i gruppi messianici che, sempre più numerosi, scelgono di vivere in Israele. «Quando in Europa, gli ebrei dicevano "noi crediamo in Gesù", era un biglietto d'ingresso; quando in Israele noi diciamo "credo in Gesù" è un biglietto d'uscita dallo Stato ebraico», sintetizza Michael Brown, esponente di spicco del messianesimo nordamericano.
Fino a qualche mese fa, i messianici erano trattati in Israele da «estranei», emarginati, oggetto di minacce verbali, per la loro presunta attività missionaria cristiana. Il 21 marzo 2008, gruppi di oltranzisti ortodossi ebraici sono passati all'azione. Sfruttando crudelmente l'atmosfera del Purim (il carnevale ebraico) qualcuno ha lasciato all'ingresso dell'abitazione della famiglia Ortiz, ebrei messianici statunitensi rientrati nel villaggio-colonia di Ariel in Cisgiordania, quello che sembrava essere un normale pacco-dono contenente dolciumi. Quando però il quindicenne Amiel l'ha aperto, è stato investito da una fortissima esplosione che gli ha provocato gravi ferite in tutto il corpo. Appena due mesi dopo, il 20 maggio, nella cittadina di Or Yehuda, presso Tel Aviv, il vicesindaco Yehuda Uzi Aharon, un ebreo ortodosso sefardita, alla testa di un gruppo di allievi di un collegio rabbinico locale ha dato alle fiamme nella pubblica piazza testi del vecchio e del nuovo testamento razziati nelle case di famiglie messianiche. Le immagini delle ceneri fumanti hanno provocato indignazione in parte dell'opinione pubblica israeliana e qualcuno ha rievocato i roghi di libri compiuti dai nazisti e le parole profetiche del poeta ottocentesco tedesco (ed ebreo) Heinrich Heine secondo cui «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani».
Tuttavia, di fronte a quest'episodio, il governo israeliano si è celato dietro al silenzio.
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mar dic 29, 2015 10:45 pm

??? Ke łe sipia vere ???
Da verefegar!


Citazioni dal Talmud ebraico

https://www.radioislam.org/islam/italia ... talmud.htm

Frasi tratte dal Talmud ebraico, uno dei testi sacri dell’Ebraismo che molti israeliani studiano nelle yeshivot (scuole talmudiche), con cui i sionisti giustificano i loro crimini contro i Palestinesi. Questa è l’ideologia criminale-talmudica che guida l’unica Etnocrazia del Medio Oriente. Queste frasi che ogni estremista israeliano fa proprie, vanno affrontate pubblicamente e senza timore di venir accusati di “antisemitismo”. I non-ebrei vengono chiamati “goym” (“goy” al singolare), cioè i “gentili”, definiti nel Talmud anche come “bestiame” e “animali parlanti”.
Mai si è parlato del razzismo che metodicamente gli ebrei adoperano nella loro vita. Questo razzismo di origine ancestrale è evidenziabile in uno dei loro testi sacri, il “Talmud”.


- Il più santo così parlò agli Israeliti: "Voi mi avete riconosciuto come l'unico padrone del mondo, e per questa ragione, vi riconoscerò come unici padroni del mondo".
Chaniga, 3a, 3b.

- Dovunque gli Ebrei vadano, devono farsi capi dei loro Signori.
Sanhedrin, 19.

- Dio ha dato ai Giudei potere sui possedimenti e il sangue di tutte le nazioni.
Seph. Jp., 92, 1.

- Riguardo le pretese dei Gentili sui diritti di proprietà, i loro possedimenti sono ~ come terra non riscossa nel deserto ~
Baba Bathra, 54b.

- Per quanto riguarda i furti - se uno rubasse, rapinasse, rapisse una bella donna, o commettesse torti simili, se questi fossero perpetrati da un Gentile ad un altro, il torto in questione deve essere punito, allo stesso modo se fosse perpetrato ai danni di un Israelita, invece il furto da parte di un Israelita ai danni di un Gentile, può essere perdonato.
Sanhedrin, 57a.

- E' sempre un gesto meritevole impossessarsi di un bene appartenente a un Gentile.
Schulchan Aruch.

- Quando un Giudeo ha un Gentile tra le sue grinfie, un altro Giudeo può andare dallo stesso Gentile, prestargli dei soldi e a sua volta raggirarlo, così che il Gentile finisca rovinato. La proprietà di un Gentile, secondo la nostra legge, non appartiene a nessuno, e "il primo Giudeo che passa", ha pieno diritto di impossessarsene.
Schulchan Aruch, Chochen Hamischpath, Sanhedrin, 57a.

- Non è permesso derubare un fratello, ma è permesso derubare un "non-Ebreo", poichè è scritto (Levitico XIX, 13) "Tu non dovrai derubare il tuo fratello (lett.il tuo vicino)". Ma queste parole, dette da Jeovah, non valgono per un Goim, che non è tuo fratello.
Baba Mezia, 61a.

- Un Giudeo può mentire e spergiurare per condannare un Cristiano. Il nome di Dio non è profanato quando si mente ai Cristiani.
Baba Kama, 113a, 113b.

"Il nome di Dio non è profanato quando, per esempio, un ebreo mente ad un goi dicendo:
Io ho dato qualcosa a tuo padre, ma egli è morto; tu me lo devi restituire, purchè il goi non sappia che tu stai mentendo."
(Talmud, Babha Kama, 113b)

- E' un grande peccato fare un regalo ad un Gentile. Ma è permissibile fare l'elemosina ai Gentili poveri, visitare i loro malati, dare gli ultimi onori ai loro morti e consolare i loro parenti, per mantenere la pace, e per far credere ai Gentili che i Giudei sono loro buoni amici, poichè danno loro conforto.
Aboda Zarah, page 20

- Una cosa persa da un Goim, non solo dev'essere tenuta dall'uomo che la trova, ma è anche proibito restituirgliela.
Schulchan Aruch, Choschen, Hamischpath, 266, 1.

"Una cosa perduta da un Goy può non solo essere tenuta dall'uomo che l'ha trovata, ma è anche proibito ridargliela indietro."
(Schulcan Aruch, Choschen Hamischpath, 266, I)

- I giudei devono sempre provare a raggirare i Cristiani.
Zohar 1 160a.

- Coloro che fanno bene ai Cristiani non risorgeranno mai dalla morte.
Zohar 1 25b.

"Al tempo del Chol Hamoed il disbrigo di ogni tipo di affare è proibito.
Ma è permesso praticare l'usura sui Gentili,
perchè la pratica dell'usura su un Gentile in ogni momento piace al Signore."
(Schulcan Aruch, Orach Chaim 539)"

- Nel caso di una malattia mortale un Giudeo è autorizzato a consumare qualcosa di immondo (cioè qualcosa che egli è obbligato per legge a considerare come immonda, e che toccare [usare, mangiare] in altre circostanze è severamente vietato) nel caso in cui egli ritiene che essa può assistere il suo recupero. Ma anche in questo caso non è consentito fare uso di qualcosa che appartiene alla cosa più sporca di tutte, vale a dire, la Chiesa cristiana.
Schulchan Aruch, Johre Deah, 155.

- E' una buona azione per ogni Giudeo distruggere e bruciare le chiese non-Giudee e qualsiasi cosa appartenga loro o è fatto da loro ~, e gettare le ceneri ai quattro venti o nell'acqua. Inoltre, è dovere di ogni Giudeo cercare di sradicare ogni chiesa non-Giudea e maledirne il nome (lett. darle un nome maledetto)
Schulchan Aruch, Johre Deah, 143.

- I Giudei sono esseri umani; le altre persone del mondo non sono esseri umani, ma bestie.
Baba Mezia.
- Nonostante le persone del mondo somiglino esteriormente ai Giudei, loro sono in effetti solo come scimmie paragonate agli uomini.
Schene Lucohoth Ha'berith.

- Le anime delle persone non-Giudee vengono dal Diavolo e sono anime come quelle che hanno gli animali e il bestiame. Il seme dello straniero (si riferisce ai figli) è anch'esso seme di bestia (figlio di bestia).
Schefla Tal. 4.2, Memachem, page 53, F. 221.

- Le case di Goym sono le case degli animali.
Leb. Tob., 46. 1.

- I matrimoni tra Gentili non sono dei veri legami: la loro coabitazione è come tenere cavalli in coppia, pertanto i loro figli non sono umanamente legati ai loro genitori.
Schulchan Aruch

- Il seme (figlio) del Cristiano non vale più di quello di una bestia.
Kethuboth 3b.

- Tutte le donne non-ebree sono prostitute.
Eben Haezar.

- Un uomo può fare con la sua moglie ciò che più lo appaga, come se lei fosse un pezzo di carne che viene dal macellaio, che lui può mangiare secondo il suo capriccio, salata, arrostita, bollita o come un pesce comprato al mercato.
Nedarim 20b.

- Quando uno scopre che appetiti malvagi stanno impossessandosi dei suoi sensi, bisogna lasciarlo sfogare in un posto dove non è conosciuto, dove si vestirà di nero e potrà seguire gli impulsi del suo cuore.
Mo'ed Katan 17a.

- Ad un giudeo è permesso stuprare, truffare, e spergiurare; ma deve curarsi di non farsi scoprire, così che Israele possa non soffrire.
Schulchan Aruch, Johre Deah.

- Un Giudeo può violentare, ma non sposare una non-Ebrea
Gad. Shas. 2, 2.

- Una ragazza Gentile dall'età di tre anni può essere violentata.
Aboda Shara 37a.

- Se un Giudeo violenta una ragazza non-Giudea, e un altro Giudeo che lo vede è chiamato a testimoniare, quel Giudeo deve, senza esitazione, mentire.
Johre Deah.

- Mosè disse: "Tu non dovrai bramare la moglie del tuo vicino e colui che commette adulterio incapperà nella pena di morte." Questo vale solo per gli adulteri commessi da, o tra, Giudei. La moglie di un Gentile è esclusa.
Sanhedrin.

- Non salvare un Cristiano in pericolo di morte.
Hikkoth Akum X 1.

- Lo sterminio dei Cristiani, è un sacrificio necessario.
Zohar II 43a.

- Le nascite tra i Cristiani devono essere materialmente diminuite.
Zohar II 64b.

- Se un Goym uccide un Goym o un giudeo, è responsabile; ma se un giudeo uccide un Goym, non lo è.
Tosefta, Aboda Zara 8:5.

- Ogni straniero (Non-ebreo) che onora la Domenica, dev'essere ucciso senza esitazione.
Sanhedrin.

- Il migliore tra i Cristiani dev'essere strangolato.
Rasoni, Exodus 14.

- E' permesso uccidere un denunciatario degli Ebrei dappertutto, E' permesso farlo anche prima che abbia denunciato.
Schulchan Aruch, Choschen Hamischpath, 338.

- Chi versa il sangue dei Goym (chi uccide i Goym), offre un sacrificio a Dio.
Talmud, Jalqut Simeoni.

- Se un pagano colpisce un Giudeo, merita di morire.
Sanhedrin. 58b.

"Il rabbino Jochanan dice: Un goi che ficca il naso nella Legge colpevole di morte."
(Talmud, Sanhedrin, 59a)

- E' vietato introdurre un non-ebreo ai segreti della legge. L'ebreo che fa questo è colpevole, come se avesse devastato il mondo e negato il sacro nome di Dio.
Jalkut Chadash.

- I proseliti sono pericolosi per il Giudaismo, come le ulcere lo sono per un corpo sano.
Talmud.

???
...


Talmud, ke łe sipia vere ste robe? No!
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mer dic 30, 2015 10:08 am

Talmud, ke łe sipia vere ste robe?
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2065


Talmud, ke łe sipia vere ste robe? No!

Citazioni dal Talmud ebraico
https://www.radioislam.org/islam/italia ... talmud.htm

- Non è permesso derubare un fratello, ma è permesso derubare un "non-Ebreo", poichè è scritto (Levitico XIX, 13) "Tu non dovrai derubare il tuo fratello (lett.il tuo vicino)". Ma queste parole, dette da Jeovah, non valgono per un Goim, che non è tuo fratello.
Baba Mezia, 61a.

- I Giudei sono esseri umani; le altre persone del mondo non sono esseri umani, ma bestie.
Baba Mezia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Bava_Metzia
Bava Metzia (aramaico: בבא מציעא, "La Porta Media") è il secondo dei primi tre trattati della Mishnah e del Talmud, nell'Ordine di Nezikin ("Danni"), con gli altri due il Bava Kamma ed il Bava Batra. In origine tutti e tre insieme formavano un trattato singolo intitolato Nezikin (torti o lesioni), e ogni Bava stava a significare "parte" o "suddivisione". Bava Metzia discute delle materie civili come il diritto di proprietà e l'usura. Esamina anche l'obbligo di sorvegliare oggetti smarriti che sono stati rinvenuti o proprietà esplicitamente affidata ad altri (Shomer).

https://it.wikipedia.org/wiki/Mishnah
La Mishnah, o mishnà (ebraico: משנה) è uno dei testi fondamentali del Giudaismo.
La parola mishnah proviene dalla radice ebraica š-n-h (in ebraico: שנה ‎?), collegata con il campo semantico del "ripetere" (quindi anche "studiare", "insegnare"), suggerisce ciò che è imparato a memoria, per ripetizione, e designa l'insieme della Torah orale e il suo studio, in opposizione a Miqrà, che si riferisce alla Bibbia ebraica e al suo studio. Può anche designare l'insieme della halakhah (parte legislativa) o ancora una forma d'insegnamento di quella, che non parta dal testo biblico, ma dalle sentenze dei Maestri della tradizione, riguardo a problemi concreti.


http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=69204106
http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=49638603

Soncino Babylonian Talmud
http://www.come-and-hear.com/tcontents.html
http://www.jewishencyclopedia.com

http://www.dialoghi.cnr.it/news/traduzi ... protocollo




La verità sul Talmud

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https://sguardoasion.wordpress.com/2013 ... sul-talmud
http://storiaepolitica.forumfree.it/?t=70419896

Tra tutti i libri odiati e criticati nella storia dell’Europa, quello che è stato più volte censurato e bruciato è sicuramente il Talmud.
Ancora oggi questo testo ampissimo e fondamentale per l’Ebraismo non cessa di essere oggetto di profondo disprezzo da parte di molti. Basta infatti effettuare una rapida ricerca su Internet digitando la parola Talmud su Google per trovarsi davanti ad un gran numero di siti che si propongono di rivelare la terribile verità sul libro sacro degli assassini di Cristo.
Ai vecchi miti sulle abitudini sanguinare degli Ebrei e sui complotti giudaici per il dominio del mondo si accompagnano accuse più moderne: Il Talmud viene descritto dal alcuni come l’arma segreta degli Israeliani, che lo utilizzerebbero per imparare l’arte dello sterminio.La principale fonte da cui molti fondamentalisti cattolici (e non solo) traggono le loro menzogne antisemite è un testo intitolato“Il Talmud smascherato”, di Justinas Pranaitis (1861 – 1917), un prete lituano che odiava l’Ebraismo e se ne proclamava esperto.
Nel 1912, in Russia, Pranatis fu chiamato a prendere parte al processo contro Menachem Mendel Beilis, un ebreo accusato di aver ucciso un bambino cristiano per scopi rituali. Al prete venne richiesto di testimoniare parlando dell’odio giudaico e delle pratiche brutali insegnate nel Talmud.
Durante il processo, tuttavia, Pranatis dimostrò di essere in realtà molto ignorante in materia poichè non seppe spiegare il significato di alcuni termini elementari della letteratura ebraica, provocando addirittura le risate dei presenti (vedi Wikipedia).
Egli non conosceva affatto il Talmud, come non lo conoscono coloro che lo criticano su Internet riportando citazioni errate, tradotte male, estrapolate dal contesto e a volte persino inventate totalmente.Ci appresteremo ora ad esaminare le menzogne più comuni sul Talmud e a chiarire il significato di alcune espressioni rabbiniche che generalmente non vengono comprese.
E’ bene precisare che questo articolo non è rivolto agli antisemiti, perchè è molto difficile che una persona dominata dall’odio e dal razzismo possa abbandonare i suoi pregiudizi. L’obiettivo è invece quello di fornire a chi vuole davvero conoscere l’Ebraismo (studiandolo senza chiusure mentali) delle informazioni serie ed affidabili sulla vera natura del Talmud. In breve, poiché i miti e le falsità abbondano sul web, è necessario che sia reperibile anche un pò di verità per coloro che vogliono apprenderla.


Le basi del discorso: Cos’è il Talmud?

Molti sanno parlare male del Talmud e diffondere calunnie, ma pochi riescono a darne una definizione corretta o almeno accettabile.
Il Talmud non è simile alla Bibbia, al Corano o ad ogni altro libro sacro. Si tratta infatti di un testo basato principalmente sul dibattito, sull’interpretazione, sul discorso volto ad analizzare le controversie; dunque non esprime un punto di vista unico, ma raccoglie pareri diversi e li accosta continuamente.

Il Talmud si fonda sulla Mishnah, cioè l’esposizione della Legge Orale messa per iscritto da Rabbi Yehudah HaNassi dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Si ritiene che questa Legge sia indispensabile per chiarire il significato dei precetti biblici che altrimenti non sarebbe possibile comprendere e osservare.
Accanto alla Mishnah, il Talmud riporta la Gemarah, ovvero l’insieme dei commenti sulla Legge Orale e delle discussioni dei rabbini.
Esistono due redazioni diverse del Talmud. La prima è detta “Talmud di Gerusalemme” e fu composta nella Terra d’Israele nel III secolo, mentre la seconda, chiamata “Talmud di Babilonia”, è molto più ampia e venne completata circa duecento anni dopo per poi diventare la versione maggiormente autorevole e canonica.

Il Talmud appare quindi essenzialmente come una raccolta di opinioni e interpretazioni differenti espresse dai singoli rabbini.
Nella codificazione della norma da seguire (Halachah) solo alcune di queste interpretazioni diventano vincolanti, altre inevitabilmente devono essere scartate. Ad esempio, nelle discussioni tra la scuola rabbinica di Shammai e quella di Hillel, la Legge viene decretata secondo il parere di Hillel.
Per stabilire la norma si segue generalmente la maggioranza dei pareri, e in alcuni casi si è tentata una conciliazione tra opinioni apparentemente opposte.
E’ fondamentale sottolineare questo aspetto poiché non tutto ciò che è scritto nel Talmud viene osservato e accettato, eppure gli antisemiti che diffamano l’Ebraismo non tengono conto di ciò.

L’idea che un testo sacro contenga pareri contrastanti e soggettivi è inconcepibile per molti, ma nella mentalità ebraica si tratta di un concetto del tutto normale. La Torah può avere tantissimi significati e molti livelli di interpretazione, per cui è giusto che ogni studioso la comprenda in modo diverso. Nell’Ebraismo la divergenza di opinioni è considerata una ricchezza, non una problematica da eliminare, anche se nell’ambito strettamente legale è comunque necessario che venga stabilita una norma precisa e univoca.

Oltre alle parti giuridiche, nel Talmud troviamo anche racconti, cronache di avvenimenti storici, aforismi di natura morale, parabole e speculazioni scientifiche.
Si tratta perciò di una vera e propria enciclopedia dell’Ebraismo e del sapere dell’epoca di inestimabile valore.
Il Talmud è più sacro della Bibbia?

Su internet, come in molte pubblicazioni dedicate a questo argomento, si trova spesso l’affermazione secondo cui nella religione ebraica le Scritture non abbiano un ruolo centrale, mentre il Talmud sarebbe ritenuto più importante e sacro della Bibbia.
Ogni Ebreo osservante sa perfettamente che tutto ciò non corrisponde al vero.
La Torah (ovvero i primi cinque libri della Bibbia) è da sempre considerata il testo sacro con il livello di ispirazione Divina più elevato, in quanto si crede che sia stata trasmessa direttamente da Dio a Mosè. Seguono poi, con un livello di ispirazione inferiore, i libri biblici dei Profeti e i Ketuvim (scritti sapienzali), a cui è comunque riconosciuto un valore altissimo.


Un passo del Kitzur Shulchan Aruch mostra il sommo rispetto che nell’Ebraismo è riservato esclusivamente alla Torah:

“Una persona è obbligata a trattare un rotolo della Torah con grande rispetto ed è lodevole porlo in un luogo speciale, rispettare quel luogo e abbellirlo.
Chi vede qualcuno che trasporta un rotolo della Torah dovrebbe alzarsi in piedi fino a quando il rotolo della Torah viene riposto o finchè non lo si può più vedere” (Kitzur Shulchan Aruch 28:3).

Sarebbe assurdo credere che un libro dettato dal Creatore dell’universo sia meno sacro di un altro che invece riporta le discussioni dei rabbini e la loro esposizione della Legge Orale.

In un suo scritto contro gli Ebrei pubblicato nel 1543, Martin Lutero dichiara:
“La dottrina degli Ebrei non è altro che glosse di rabbini e idolatria della disobbedienza, cosicché Mosè è diventato del tutto sconosciuto presso di loro”

Questa convinzione, secondo cui gli Ebrei osservino le direttive dei rabbini più che le leggi bibliche, è ancora molto diffusa.
In realtà, i precetti rabbinici furono istituiti fin dai tempi antichi per salvaguardare la Torah, rendendo più difficile la violazione dei Comandamenti Divini attraverso restrizioni più ampie. Di conseguenza non è concepibile che uno di questi precetti contraddica la Torah, soprattutto se si considera che, secondo l’Ebraismo, le leggi bibliche hanno comunque sempre la precedenza su quelle rabbiniche.


Razzismo nei confronti degli altri popoli ???

L’accusa più comune che viene rivolta contro l’Ebraismo è quella di essere una religione esclusivista che predica il disprezzo per tutti coloro che non sono Ebrei. Le basi di questo presunto razzismo sarebbero da individuare proprio nel Talmud.

Molti sostengono che la parola ebraica Goyim (al singolare Goy), usata per indicare i non-Ebrei, sia un dispregiativo o un termine denigratorio. Alcuni asseriscono addirittura che esso significhi “bestie” o “cani”, e che sia utilizzato per sottolineare l’inferiorità degli altri popoli.
Goyim significa in realtà “nazioni“, e viene tradotto spesso con “genti” o “Gentili” (dal latino gentes, cioè stirpi).
Il fatto che non sia un dispregiativo è dimostrato, tra l’altro, dal verso biblico di Esodo 19:6, in cui questo termine viene applicato ad Israele che viene definito “Goy kadosh” ovvero “nazione santa”.

Uno dei brandi talmudici citati in relazione al presunto razzismo ebraico è quello di Bava Metzia 114b:
Gli Israeliti sono chiamati Uomo (Adam), e i Goyim non sono chiamati Uomo (Adam)”.

Qual è il significato di questo passo? I Goyim sono davvero considerati non umani?
Analizzando il contesto del brano appena citato, si scopre che si tratta di un commento al verso di Ezechiele 34:31: “Voi siete le mie pecore, le pecore del mio pascolo; siete Adam (Uomo) e io sono il vostro Dio”.
In riferimento a questa verso biblico, il Talmud afferma che gli Ebrei sono chiamati Adam, una parola al singolare che di solito non viene applicata a una collettività. Tutto ciò però non implica assolutamente che i Goyim non siano esseri umani. Infatti altrove è scritto:

“Un non-Ebreo ha il diritto di comprare territori in Israele perchè è scritto: «I cieli sono i cieli di Hashem, ma la terra Egli l’ha data agli esseri umani»” (Ghittin 47a).
Qui il termine usato non è Adam, ma Bnei Adam (esseri umani, letteralmente “figli dell’uomo”).
In Avodah Zarah 3a il Talmud applica ai Goyim anche la parola HaAdam (L’umanità).
Risulta dunque chiaro che, nonostante la sottile questione terminologica, l’appartenenza dei non-Ebrei alla razza umana non è mai messa in dubbio.

Al contrario, nel Talmud troviamo affermazioni autorevoli che tolgono ogni legittimità alla discriminazione razziale:
“Perchè fu creato un solo uomo? Per propagare la pace tra le nazioni, cioè affinchénessuno potesse dire agli altri: i miei antenati erano più grandi dei tuoi!” (trattato Sanhedrin).

“Non disprezzare alcun uomo e non svalutare nessun oggetto” (Pirkè Avot 4:3).

“Dio non rifiuta di premiare i Goyim che osservano i Suoi precetti” (Yerushalmi, Petah 1:1).

“I giusti tra tutte le nazioni avranno una parte nel Mondo Avvenire” (Sanhedrin 105a).

Infine, facendosi portavoce dell’insegnamento dei Saggi del Talmud, Maimonide scrive: “I nostri Saggi ci hanno comandato di visitare i Goyim quando sono ammalati, di seppellire i loro morti oltre ai morti degli Ebrei, e di aiutare i loro poveri assieme ai poveri degli Ebrei, per amore di pace. Nei Salmi infatti è scritto: «Dio è buono verso tutti e la Sua misericordia è per tutte le sue opere», e nei Proverbi è scritto: «Le vie della Torah sono dilettevoli e tutti i suoi sentieri sono di pace” (Hilchot Melachim 10, 12).


Lo sterminio dei non-Ebrei ???

“Uccidi [anche] i buoni fra i Goyim” (Sofrim 15:10). Questa frase molto conosciuta tra gli odiatori del Talmud può apparire come un’incitazione al genocidio di tutti i non-Ebrei. Prima di ragionare sulla sua corretta interpretazione è bene prendere in esame le frasi che la precedono:

“Dunque comprendiamo che il bestiame degli Egiziani timorati di Dio che sfuggirono alle piaghe causò grandi problemi gli Ebrei [poiché fu utilizzato per trainare i carri del Faraone]. Perciò Rabbi Shimon ha detto: uccidi [anche] i buoni tra i Goyim” .

Secondo questa riflessione rabbinica basata su Esodo 14:5-7, gli animali di cui il Faraone si servì per trainare i suoi carri durante l’inseguimento degli Ebrei appartenevano agli Egiziani timorati di Dio. Costoro infatti erano gli unici a conservare ancora il proprio bestiame in quanto non erano stati colpiti dalle dieci piaghe. Da qui si deduce che persino i buoni possono diventare la causa di grandi sofferenze.
Ai fini del nostro discorso è importante notare che nella letteratura giuridica post-talmudca la frase di Rabbi Shimon non è stata interpretata come un inno allo sterminio, ma come un’affermazione volta a insegnare che durante una battaglia non è possibile fare distinzione tra i nemici “giusti” e quelli malvagi (vedi Tosfot, Avodah Zarah 26b; Maimonide, Mishneh Torah, Hilchot Avodah Zarah 10:1).
Non bisogna inoltre ignorare che l’autore della sentenza è Shimon Bar Yochai, un celebre rabbino vissuto nel II secolo, discepolo del grande Rabbi Akiva. Il suo amato maestro venne arrestato dai Romani durante una persecuzione e fu poi torturato e ucciso davanti ai suoi occhi.
Per sfuggire ai persecutori, Rabbi Shimon fu costretto a nascondersi con suo figlio in una grotta dove rimase per tredici anni.
Se davvero Shimon Bar Yochai intendeva inneggiare alla morte dei Goyim, un tale sfogo sarebbe da ricondurre alle sue dolorose esperienze personali, e di certo non andrebbe citato come esempio della morale di tutti i rabbini. Ciò che importa è che le sue parole non furono utilizzate dagli studiosi successivi e dalle autorità rabbiniche per legittimare l’uccisione dei non-Ebrei.

La Torah condanna l’assassinio di qualsiasi essere umano:
“Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso per mezzo dell’uomo, perché Dio ha fatto l’uomo a sua immagine” (Genesi 9:6).

Quando un Ebreo commette un crimine nei confronti dei Goyim, tale atto diffama il popolo eletto agli occhi delle nazioni e di conseguenza produce una profanazione del Nome di Dio. A questo principio si riferisce il seguente detto:
“Per la profanazione del Nome è più grave danneggiare un non-Ebreo che un fratello israelita”(Tosifta Bava Kamma 10:15).

Invece di immaginare presunti progetti di sterminio da parte dei rabbini, i detrattori del Talmud farebbero meglio a riflettere sugli innumerevoli massacri che gli Ebrei hanno subito nel corso della storia a causa dei sovrani cristiani e degli Stati europei.


Comportamenti disonesti ???

Oltre alla proibizione di assassinare un non-Ebreo, esiste anche quella di mentire, imbrogliare e rubare a qualsiasi persona:
“E’ proibito ingannare chiunque, anche un pagano idolatra” (Chullin 94a).

Il furto ai danni dei Goyim è esplicitamente condannato nel Talmud in Bava Kamma 113a-b, e lo Shulchan Aruch (Choshen Mishpat 359:1) dichiara:
“E’ proibito truffare o rubare anche una piccola somma da un Ebreo o da un Goy”.

Il Talmud di Gerusalemme riporta anche un racconto che esalta il valore dell’onestà:
“Rabbi Chaninah raccontò questa storia: Alcuni studenti comprarono un mucchio di grano da alcuni soldati goyim. Gli studenti trovarono in esso un pacchetto di monete e lo restituirono. I soldati dissero: «Benedetto il Dio degli Ebrei»” (Bava Metzia 7a).

Eppure tutti questi brani vengono totalmente ignorati dai calunniatori dell’Ebraismo, che preferiscono invece diffondere il mito dei Giudei ingannatori e desiderosi di sottrarre denaro ai Cristiani.

Un passo che viene spesso estrapolato per dimostrare la disonestà degli Ebrei nei confronti dei Goyim è il seguente:
“Rav Yehuda disse a nome di Shmuel: La proprietà di uno straniero è nella stessa condizione di una terra deserta; chiunque la occupa per primo ne acquisisce il possesso” (Bava Batra 54b).
Tuttavia, leggendo il contesto, si comprende in modo estremamente chiaro che la proprietà di cui si parla è un terreno regolarmente acquistato da un Ebreo, il quale però non ha ancora ricevuto il contratto di vendita da parte del non-Ebreo:

“Rav Yehuda disse a nome di Shmuel: La proprietà di uno straniero è nella stessa condizione di una terra deserta; chiunque la occupa per primo ne acquisisce il possesso. Il motivo è che appena lo straniero riceve il denaro egli cessa di esserne il proprietario, mentre l’Ebreo non ne acquisisce il possesso fino a quando non ottiene l’atto della vendita. Quindi [in questo intervallo di tempo] il terreno è come un deserto e chi lo occupa per primo diventa il proprietario. Abaye disse a R. Yosef: Shmuel ha davvero detto questo? Shmuel non ha forse stabilito che la legge del Governo è valida, e che il re ha ordinato che la terra non si acquista tranne che attraverso l’atto di vendita?”

Il furto ai danni del non-Ebreo non ha nulla a che fare con questo dibattito. Nella situazione delineata dal brano talmudico, a correre dei rischi può essere semmai l’Ebreo, nel caso in cui non gli venga concesso immediatamente il contratto di vendita, poiché altre persone potrebbero insediarsi sul terreno mentre questo rimane senza un proprietario legalmente definito.


Il Talmud e la pedofilia ???

Una delle menzogne più infamanti sul Talmud è quella secondo cui gli antichi rabbini permettessero o addirittura incoraggiassero la violenza sessuale sui bambini.
Prima di addentrarci nell’analisi dettagliata dei brani controversi, è bene chiarire innanzitutto che i Maestri dell’Ebraismo non approvavano affatto queste pratiche perverse e immorali. Al contrario, il Talmud afferma espressamente che la pederastia è un crimine per il quale è prevista la pena di morte (vedi Niddah 13b e le spiegazioni di Rabbi Akiva e R. Abbahu in Sanhedrin 54b).

Il principale passo incriminato si trova in Ketubot 11b:

“Rav Yehuda ha detto nel nome di Rav: un bambino maschio che ha un rapporto con una femmina adulta la rende come una che è stata ferita con un pezzo di legno. […] Rava ha detto: ciò significa che quando un maschio adulto ha un rapporto con una bambina non c’è nulla, poichè quando ella ha meno di tre anni è come ficcarle un dito in un occhio”.

Come sempre, per giungere alla corretta comprensione la prima domanda che bisogna porsi è: Qual è esattamente l’argomento del dibattito?
Il trattato del Talmud da cui è stata estrapolata la citazione si occupa del tema della Ketubah.
Nell’Ebraismo la Ketubah è il contratto di matrimonio per mezzo del quale il marito si impegna a provvedere ai bisogni materiali della moglie e a versarle una somma di denaro ben definita in caso di divorzio. Lo scopo di questo contratto è di obbligare l’uomo a tutelare e a rispettare i diritti della donna.
Nel dibattito si parla in particolare del valore della dote della vergine (vedi Esodo 22:16-17), che biblicamente è diverso da quello di una donna che ha già avuto rapporti sessuali, come ad esempio una vedova o una divorziata.

La Mishnah spiega: “La Ketubah della vergine ha un valore di duecento zuz” (Ketubot 10b).
Più avanti nel testo vengono considerati i casi controversi in cui l’imene della donna viene rotto prima nel matrimonio attraverso un rapporto di pedofila o a causa di una ferita. Secondo la Mishnah, in questi casi il prezzo della dote nuziale non è soggetto a variazioni:

“Quando un uomo adulto ha una rapporto sessuale con una bambina, o quando un bambino ha un rapporto con una donna adulta [vergine], o quando una ragazza [vergine] si ferisce con un pezzo di legno, la Ketubah ha un valore di duecento zuz” (Ketubot 11a).

Primo caso: “Quando un uomo adulto ha un rapporto sessuale con una bambina”. In questa situazione la bambina non ha ancora raggiunto la maturità fisica e mentale e quindi non viene ritenuta come se avesse avuto un vero e proprio rapporto sessuale. Di conseguenza, anche se l’imene viene rotto, la bambina è considerata legalmente ancora vergine, e il valore del suo futuro contratto di matrimonio resta invariato.
E’ questo il motivo per cui nel passo “incriminato” si afferma: “quando un maschio adulto che ha un rapporto con una bambina non c’è nulla [in relazione al contratto nuziale], poichè quando ella ha meno di tre anni è come ficcarle un dito in un occhio”. Non si sta parlando della violenza sessuale sui bambini, ma solo del valore della Ketubah!

Secondo caso: “Quando un bambino ha un rapporto con una donna adulta [vergine]”. In questa seconda circostanza è invece il maschio a non aver raggiunto la maturità sessuale. Perciò, indipendentemente dall’atto immorale compiuto, dal punto di vista legale la donna non ha perso la verginità.

Terzo caso: “Quando una ragazza [vergine] si ferisce con un pezzo di legno”. Come abbiamo visto, l’ultimo caso preso in analisi è paragonato da Rav Yehuda a quello di un bambino che ha un rapporto con una femmina adulta. Infatti, come il pezzo di legno è un oggetto non predisposto naturalmente ad essere utilizzato in un atto sessuale, allo stesso modo il bambino non può essere ritenuto un partner attivo nel rapporto.
Un uomo della società moderna, privo di una mentalità ebraica e della conoscenza del Talmud, troverà probabilmente strana e bizzarra questa discussione rabbinica, ma una volta chiarito adeguatamente il suo significato non potrà certo affermare che si tratti di una legittimazione della pedofilia!


Il Talmud e il Cristianesimo ???

Gli scritti cristiani, a cominciare da alcune interpretazioni dei Vangeli e dai testi dei Padri della Chiesa, contengono gravi offese e denigrazioni nei confronti degli Ebrei che hanno portato allo sviluppo dei miti negativi dell’antisemitismo europeo.
Nonostante questo, molti accusano i rabbini di parlare male del Cristianesimo nei loro libri, quasi come se fosse stato un loro dovere quello di lodare le azioni e le credenze di coloro che odiavano gli Ebrei in nome della propria fede.
Indubbiamente, i Maestri di epoca medievale e quelli successivi espressero i loro commenti (spesso negativi, ma non sempre) sulla religione cristiana, come nel caso di Maimonide, che la definisce un’idolatria non dissimile dal paganesimo antico, o come Rabbenu Tam, che la considera una forma di “monoteismo imperfetto” che può essere concessa ai Goyim, fino ad arrivare alle considerazioni più recenti di Rabbi Jonathan Eybeschutz (1690 – 1764), secondo cui i cristiani sono degli adoratori del Vero Dio che meritano benedizione, e di Rabbi Kook (1865 – 1935), che invece critica il Cristianesimo in modo molto aspro.

Ma qual è il punto di vista del Talmud sul Cristianesimo?
Di solito gli antisemiti interpretano ogni generico riferimento a “stranieri”, “popoli”, “eretici” e “idolatri” come precise allusioni ai cristiani. In realtà ci sono validi motivi per credere che in tutto il Talmud il tema specifico del Cristianesimo non sia affatto trattato.
Il termine minim, che è traducibile con “eretici” o “settari”, è piuttosto vago e nel Talmud può riferirsi a qualsiasi gruppo religioso in contrapposizione all’ortodossia dei rabbini. Potrebbe quindi comprendere gli Esseni, gli apostati, gli Ebrei ellenizzati in genere e anche i Giudeo-Cristiani del I secolo.
Soltanto in epoca più tarda i Maestri dell’Ebraismo avvertirono la necessità di esprimere riflessioni elaborate sulla dottrina cristiana che ormai si era largamente diffusa e che rappresentava sempre più una minaccia per il popolo ebraico poiché proclamava una concezione trinitaria di Dio, l’elezione di un nuovo popolo eletto e l’abolizione della Torah.

Le maggiori controversie riguardano la figura di Gesù il Nazareno. Tra i principali motivi della censura del Talmud ci furono infatti le presunte allusioni negative al Messia dei cristiani che la Chiesa ritenne di aver individuato all’interno del testo.
Ancora oggi alcuni studiosi affermano che il nome Yeshu menzionato nel Talmud sia un riferimento alla persona di Gesù.
Non si tratta in realtà di un nome proprio, ma dell’acronimo della frase “Sia cancellato il suo nome e il suo ricordo” :
Y (ymach = sia cancellato) Sh (shemò = il suo nome) U (U’Zichrò = e il suo ricordo).


Nel Talmud troviamo diversi individui chiamati Yeshu:

Manasse, figlio del re Ezechia, citato in Sanhedrin 103a e Berachot 17b come un esempio negativo.
Yeshu Ben Pandira, vissuto nel I secolo a.E.V. (molto prima del Gesù dei Vangeli), allievo di R. Yehoshua Ben Perachiah, poi decaduto nell’idolatria. Aveva un rapporto stretto con il governo romano e fu giustiziato alla vigilia di Pesach. E’ citato anche come anonimo nel Talmud di Gerusalemme.
Yeshu Ben Stada, a volte chiamato anche lui Ben Pandira, vissuto nel II secolo E.V., dopo la distruzione del Tempio. Era figlio di una parrucchiera chiamata Miriam e conosciuta come Stada, e il suo patrigno era Pappos Ben Yehuda. Imparò la stregoneria in Egitto e fu giustiziato anch’egli alla vigilia di Pesach.

Anche se gli ultimi due personaggi risultano abbastanza simili per alcuni aspetti, secondo i racconti talmudici vissero in epoche molto diverse.
Le somiglianze con Gesù il Nazareno non sono comunque tanto rilevanti da poter dissolvere i dubbi sull’identificazione del personaggio.

In Sanhedrin 43a è riportato: “Si insegna che Yeshu [Ben Pandira] aveva cinque discepoli: Mattai, Nekai, Netzer, Buni e Todah”.
Secondo i Vangeli Gesù aveva invece notoriamente dodici discepoli, e i loro nomi non coincidono con quelli riportati nel Talmud, ad eccezione di Mattai che corrisponderebbe all’apostolo Matteo.
Il testo continua: “Si insegna che alla vigilia di Pesach Yeshu fu appeso e il banditore andò in giro per 40 giorni prima dichiarando: [Yeshu] verrà lapidato per aver praticato la stregoneria, per aver sedotto e condotto fuori strada Israele. Chiunque sappia qualcosa in suo favore, venga e lo dichiari. Ma non trovarono alcuno in suo favore e lo appesero alla vigilia di Pesach” (Sanhedrin 43a).
Dunque quest’uomo fu lapidato, non crocifisso, e il suo cadavere fu appeso dopo l’esecuzione della condanna per essere mostrato come monito al popolo secondo l’uso dell’epoca.

Nell’ambito dell’Ebraismo, l’identificazione di Ben Pandira o di Ben Stada con Gesù viene da molti rifiutata. L’unico commentatore classico che la accoglie è Abraham Ibn Daud (1110 – 1180), il quale sostiene che la figura del Gesù cristiano sarebbe stata costruita sulla base di Yeshu Ben Pandira, e che gli autori dei Vangeli avrebbero quindi scritto i loro racconti ispirandosi a questo personaggio storico. Simili teorie sono state riprese anche da alcuni studiosi contemporanei, mentre altri ritengono che i nomi Ben Pandira e Ben Stada siano stati inseriti nel testo per eludere la censura della Chiesa. Queste rimangono tuttavia solo ipotesi e dovrebbero essere considerate appunto come tali.


Conclusione

Nel terminare questa breve trattazione, ci auguriamo che la verità sulla natura del Talmud e sull’etica ebraica si diffonda sempre di più, fino a sovrastare i vecchi luoghi comuni e le le innumerevoli falsità che trovano ancora molto credito.
Ci sarebbero altre questioni complesse da esporre e altre espressioni da chiarire, ma gli argomenti affrontati sono già sufficienti a far comprendere quale metodo sia necessario utilizzare se si vuole davvero apprendere qualcosa nell’universo della letteratura ebraica. Il significato di ogni termine deve essere approfondito, il contesto di un brano non va mai trascurato, e quando nasce una controversia o una difficoltà di interpretazione diventa necessario valutare diverse ipotesi seriamente e con onestà, proprio come insegnano gli sconfinati dibattiti del Talmud, condotti da quei grandi Maestri che sapevano perfettamente arricchire lo studio dei testi sacri grazie al confronto con le opinioni altrui.
“Le parole dei saggi pronunciate con calma si ascoltano meglio delle grida di chi domina fra gli stolti.
La sapienza vale più delle armi da guerra, ma un solo peccatore distrugge un gran bene”


L'ebraego Goy

Molti sostengono che la parola ebraica Goyim (al singolare Goy), usata per indicare i non-Ebrei, sia un dispregiativo o un termine denigratorio. Alcuni asseriscono addirittura che esso significhi “bestie” o “cani”, e che sia utilizzato per sottolineare l’inferiorità degli altri popoli.
Goyim significa in realtà “nazioni“, e viene tradotto spesso con “genti” o “Gentili” (dal latino gentes, cioè stirpi).
Il fatto che non sia un dispregiativo è dimostrato, tra l’altro, dal verso biblico di Esodo 19:6, in cui questo termine viene applicato ad Israele che viene definito “Goy kadosh” ovvero “nazione santa”.


Cfr. col xerman Gau

https://it.wikipedia.org/wiki/Gau_%28su ... toriale%29
Un Gau (plurale: Gaue) è un termine tedesco che identifica una regione all'interno di una nazione o di una provincia. Era utilizzato in epoca medievale, quando corrispondeva all'incirca alle attuali contee inglesi, e il termine rientrò in uso come suddivisione amministrativa nel periodo del dominio nazista in Germania.

In origine un Gau era un termine francese che indicava una divisione politico-geografica di una nazione. La parola è la radice germanica del latino pagus, il villaggio. Da qui, il Gau è analogo al pays della Francia feudale. Nel medio alto tedesco si diceva gou e in lingua gotica gawi. Altre parole equivalenti in altre lingue sono Gouw in olandese (come Hetware / 'Hettergouw'), Go in frisone, in antico sassone e probabilmente *Ge in antico inglese, che sopravvive in nomi come Vange, Essex ('fenn-*ge', distretto di fen), o come Surrey (Sutherge = "terra del sud"). Il termine Gau o Gäu è collegato ad un altro termine geologico tedesco e nome di luogo, Au e Aue, che in antico alto tedesco era ouwe.

Nelle terre di lingua tedesca ad est del Reno, il Gau formava l'unità amministrativa dell'impero carolingio, durante il IX e X secolo. Molti territori come questi evolsero in seguito in quello che divenne conosciuto come Grafschaft, il territorio di un Graf, o conte; il conte era in origine un governatore nominato dall'alto, ma la posizione divenne poi ereditaria, come quella dei vassalli.


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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » gio gen 21, 2016 8:27 am

ISRAELE
Gerusalemme, scritte anticristiane sui muri della chiesa della Dormizione
Il premier israeliano Netanyahu condanna l'aggressione. Il Patriarca: "Atto deplorevole. Andare avanti con il dialogo tra religioni"
17/01/2016 12:43

http://www.iltempo.it/esteri/2016/01/17 ... -1.1498861

L'Abbazia della Dormizione di Maria, la massiccia chiesa benedettina che domina Gerusalemme dal monte Sion, è stata imbrattata con scritte anti-cristiane. "Morte ai pagani cristiani, nemici di Israele", "Che il loro nome sia cancellato" e "I cristiani all'inferno", queste le tre scritte comparse all'interno dell'edificio. Secondo la tradizione cristiana, la chiesa fu eretta nel luogo dove Maria trascorse l'ultima notte prima di morire. Nella cripta c'è una statua della Madonna che dorme. Nel 2014 Papa Francesco celebrò una messa nell'Abbazia, che fu visitata anche da Paolo VI durante il pellegrinaggio in Terra Santa nel 1964, ricorda il quotidiano Haaretz. Il ministro israeliano della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan, ha condannato l'accaduto e ha ordinato alla polizia di dare la priorità alle indagini sulla profanazione, assicurando "tolleranza zero contro chi danneggia i fondamenti democratici dello Stato di Israele e della libertà religiosa". "E' deplorevole che questi episodi di odio arrivino 50 anni dopo la "Nostra Aetate" che ha gettato le basi del dialogo interreligioso tra la Chiesa cattolica e le altre fedi e che ha avviato una nuova pagina con l'ebraismo", ha spiegato il Patriarcato Latino di Gerusalemme condannando "fortemente l'aggressione". L'incontro di oggi in Sinagoga con il Papa è la "migliore risposta possibile" alle scritte anticristiane in ebraico comparse stanotte. La presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello, ha detto che oggi pomeriggio accoglierà Francesco nel Tempio Maggiore di Roma. "Proprio alla luce di episodi come quello di Gerusalemme occorre andare avanti nella strada del dialogo e sconfiggere ogni tipo di fanatismo. Questa si conferma la priorità nei rapporti fra ebrei e cristiani".


Medio Oriente, Shomali: odio contro cristiani da scuole rabbiniche
Il Vicario patriarcale di Gerusalemme lo afferma in un’intervista a «inBlu Radio»
Mons. Shomali
20/01/2016

https://www.lastampa.it/2016/01/20/vati ... agina.html

«Le scuole ultra-ortodosse ebraiche hanno un programma diverso dalle altre scuole del governo, dove la religione ha un posto più importante e dove i professori indottrinano gli studenti all’odio. Il governo ha un compito molto difficile: cambiare i programmi di queste scuole rabbiniche dove gli studenti imparano a odiare i cristiani». Lo ha detto il vicario patriarcale di Gerusalemme, monsignor William Shomali, in un’intervista a «inBlu Radio», network delle radio cattoliche italiane.

«C’è una minoranza aggressiva in Israele - ha aggiunto monsignor Shomali - appartenente alla destra ultra-ortodossa che compie atti aggressivi contro i cristiani ma anche contro palestinesi e musulmani. C’è un ramo specializzato in atti anti-cristiani: scrivono graffiti dal contenuto blasfemo contro Gesù e contro i cristiani che, secondo loro, devono andare via da Gerusalemme perché non hanno diritto di cittadinanza. La città, per queste persone, dovrebbe essere solo per gli ebrei. C’è gente che non ci vuole bene e ci odia».
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » dom nov 26, 2017 9:25 pm

Razzismo e razzisti contro gli ebrei e Israele e i crimini dell'ONU
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =25&t=1413

Ensemense só e contro łi ebrei e Ixrael
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2178

Idiozie e odio contro Israele e gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2662
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mer gen 17, 2018 9:11 am

Incollo da un mio lungo post al sito "Deportati mai più".Ad A. Messina e D. Stimolo

https://www.facebook.com/francomatteo.m ... 5377578781

Spiace dover ripetere e ricordare ai lettori di formazione cristiana e laica che per secoli gli Ebrei viventi nei territori arabi son stati trattati dagli Arabi musulmani come "dhimmi", cioè cittadini "servi protetti", e obbligati al pagamento di una tassa speciale, detta "jiza". Che la Palestina è considerata dalle leggi della sharìa islamica passata e recente come terra eternamente araba, e che quindi gli Ebrei che avevano acquistato negli anni '30 e '40 terre arabe avrebbero avuto sì il diritto di possederle, ma sempre come "dhimmi" cioè soggetti alla rete generale della legislazione islamica e quindi senza alcun diritto di costruirvi un loro "Stato", visto come del tutto illegale ed usurpativo dei diritti della popolazione proprietaria araba, per diritto islamico.
IL PUNTO E' PROPRIO QUI.. Se gli Ebrei son stati in qualche modo costretti a edificare uno Stato "loro", per Ebrei, in Palestina, lo si deve al fatto che 1) era la loro casa patria da secoli, e da cui erano stati espulsi dai Romani di Tito, Vespasiano e Adriano, nel 70 e nel 135 era volgare; 2) nè i Cristiani cattolici nè gli ortodossi greci bizantini avrebbero mai permesso, a causa dell'antigiudaismo ecclesiastico perdurante nei secoli, la rinascita di uno Stato Ebraico; 3) e neanche il nascente Islam avrebbe permesso un'impresa del genere, per i pessimi rapporti instaurati da Maometto con gli Ebrei di Medina, con i quali entrò in guerra vittoriosamente per la stragrande forza del numero dei musulmani suoi seguaci. 4) ogni anno, da secoli, nella sera di Pasqua gli Ebrei ripetevano e ripetono verbalmente e con i sentimenti di nostalgia la speranza di poter ritornare nell'antico territorio di nascita come popolo (Mosè è di circa 13 secoli prima della nascita del Cristianesimo; il re Davide è di quasi 1000 anni av.C.); per cui dopo il crollo per sconfitta alla Prima Guerra Mondiale dell'Impero Ottomano, - che aveva avuto il dominio delle terre palestinesi, chiamate Siria del Sud - , (sorvolo sulla ben nota Dichiarazione Balfour, pur importante per capire la storia successiva) l'acquisto di terre palestinesi da parte di Ebrei durante il Mandato Britannico fu un fatto perfettamente legale, dichiarato tale a denti stretti perfino dall'antisemita imam egiziano Amin Al Husseini, capo religioso islamico dell'università religiosa del Cairo ( e amico di Hitler); un popolo schiavo degli altri per duemila anni riesce dopo fatiche e strazi inenarrabili (si pensi alle stragi scientifiche naziste) a comprarsi a carissimo prezzo pezzi di terra dell'antica patria, e con immenso sacrificio e fatica dissoda le terre incolte e le rende fruttifere, per amore di libertà e senso di felicità verso l'antica patria perduta (cfr Nabucco di Verdi) e in via di riconquista di diritto; cosa c'è in questo di colonialistico e oppressivo ? questo "ishuv" (villaggi e terre acquistate da Ebrei e abitate da coloni ebrei) fu visto come pericoloso dall'imam Amin Al Husseini, perchè temeva la formazione di un piccolo stato indipendente ebraico; per cui gli Arabi aizzati da questo criminale fanatico integralista islamico decisero di cacciar via gli Ebrei e di sterminarli, considerandosi i padroni eterni di quelle terre. La scelta del ritorno in Palestina fu fatta alla fine dell''800 dai Congressi Sionistici dei tempi di Herzl, perchè apparve la scelta più sensata e identificativa storico.spirituale e culturale, rispetto alla possibilità di erigere uno Stato altrove, in Uganda, per luna popolazione ebraica discriminata nel mondo (cfr. affare Dreyfus). Uno Stato indipendente per Ebrei nell'antica cara terra, dal momento che il ritorno a Sion fu visto come il più naturale e consono all'antica storia millenaria di popolo; in nessuna altra parte del mondo gli Ebrei avevano ricevuto e guadagnato il diritto di farlo. Lo Stato Ebraico fu dichiarato nel '48 perchè non vi furono le premesse per la costruzione di un solidale Stato Federale Israelo-Palestinese. La creazione di uno Stato come entità giuridico-politico.economica fu l'unico modo per essere indipendenti come Ebrei e non più essere soggetti alla schiavitù delle leggi islamiche ("dhimmitudine") o alle stelle gialle del MedioEvo cristiano, riprese poi dalle legislazioni antisemite cristiane cattoliche, e successivamente anche post-luterane protestantiche, e infinedai Tedeschi nazionalsocialisti che seppero sfruttare il vecchio antisemitismo cristiano, cattolico e protestante mai scomparso.
Per tutto questo, lo Stato d'Israele degli Ebrei rispose a una necessità storica oggettiva di difesa concreta ebraica dalle leggi islamiche oppressive e discriminatorie attuate nei confronti della popolazione ebraica nei secoli, per legislazione coranica ("dhimmitudine").-.
Se non si tiene conto di tutto questo, lo Stato d'Israele non potrà esser mai compreso nelle sue ragioni.
La mentalità palestinese ed araba in generale non tiene conto di questi importanti precedenti storici perchè esalta le leggi coraniche come un divino assoluto incontrovertibile ed insuperabile. E contro questa mentalità che non tiene conto della realtà antica e presente del popolo ebraico che gli Ebrei son costretti a scontrarsi ogni giorno, contro il pregiudizio storico-culturale per cui la terra palestinese è soltanto palestinese e gli Ebrei degli intrusi e dei violenti, che devono essere messi di nuovo nella condizione di "servi"..
Questa mentalità vetero-islamica ben viva a tutt'oggi (anche presso i numerosi amici dei "palestinisti") è secondo me la principale nemica dei diritti oggettivi della popolazione palestinese, che in realtà si trova strumentalizzata dagli stessi Arabi, ai quali piace continuamente gridare "al ladro sionista!" per mascherare la propria incapacità di riconoscere che il popolo ebraico ha tutto il diritto di possedere legalmente quella terra che era stata ebraica ben prima della nascita di Maometto, popolo ebraico che ha avuto tutto il diritto di tornare a casa dopo secoli di servaggio cristian-islamico comprando le proprie antiche terre, trovate per lo più abbandonate e in rovina, terre acquitrinose e malariche che gli Arabi non avevano mai dissodato con amore per il non cale arabo verso quella terra, vista come semplice appendice della Siria e non terra in qualche modo speciale. Non si capisce perchè per gli Arabi Gerusalemme sia dichiarata "santa", dal momento che essa era sempre stata tale solo per gli Ebrei e che Maometto, che pure agli inizi della sua missione pregava rivolgendosi verso Gerusalemme, in seguito pensò fosse meglio pregare rivolgendosi verso la Mecca, evidentemente ritenuta più santa di Gerusalemme, declassando in questo modo la santità di Gerusalemme, che prima sembra avere intuìto.
Gli errori oggettivi dei governi israeliani verso i Palestinesi nel tempo saranno sempre ricoperti dagli errori ben più madornali mentali e socioculturali e religiosi degli stessi Arabi, quando non riconoscono in alcun modo il diritto al ritorno degli Ebrei nella loro antica casa e non sono disponibili a convivere con loro, con loro che tramite Mosè e i profeti hanno insegnato il monoteismo e la civiltà dell'etica ebraica mosaica allo stesso Maometto.
Quando i Palestinesi e gli Arabi avranno imparato a rispettare i diritti ebraici sulla "Palestina" contesa, allora anche gli Israeliani saranno pronti a dare una mano ai fratelli palestinesi islamici (cosa che già di fatto avviene in vari modi nei territori contesi, perchè la legislazione israeliana tratta in modo civile i Palestinesi israeliani, contrariamente al modo con cui i Palestinesi trattano i cittadini Ebrei, visti come per lo più da eliminare con odio e disprezzo!).

Tutte le Tamimi 17enni palestinesi saranno sempre fuori strada quando accanto alla giusta lotta per i diritti palestinesi imboccheranno senza rendersene conto la vecchia mortale strada dell'odio agli Ebrei in quanto Ebrei, tipico della lettura coranica errata da secoli a questa parte.

Franco Mascolo (Milano)


Franco Matteo Mascolo
La mia conclusione popolare e se volete semplicistica elementare provocatoria sintetica ma essenziale, è: se c'era già la struttura religiosa ebraica di popolo, perchè crearne altre, come han fatto Cristiani e Musulmani?

Gino Quarelo
I cristiani all'inizio erano una fazione, una setta ebraica interna all'ebraismo, poi apertasi ai gentili è diventata completamente altro, nata con l'ebreo Cristo fanatico, esaltato con le sue fisse religiose contrarie ai sadducei, ai farisei e chissà a chi altro. I maomettani sono una mostruosità criminale disumana. Io che sono veneto cresciuto come cristiano cattolico romano e ora divenuto felicemente aidolo, personalmente non ho bisogno di alcuna religione anche se per molti aspetti sento pù umanamente vicina quella ebraica.

Franco Matteo Mascolo
Si legga del prof. David Flusser (z.l.), , insegnante universitario di Ebraismo del Secondo Tempio all'università gerosolimitana di Bar Ilan, scomparso non molti anni fa, il suo ricchissimo libretto "Jesus", in modo da avere un quadro della società in cui Jeshùa operava. Ma chi è poi lei che bacchetta Jeshua e lo chiama fanatico esaltato? questo commento non le fa onore come studioso...

Gino Quarelo
Altri ebrei lo chiamavano blasfemo. Io sono un uomo come lei e come Cristo e mi limito a definire Cristo esaltato e fanatico per taluni aspetti/elementi che emergono delle sue parole, dai suoi atti, dalle sue credenze: il credersi capro espiatorio dell'umanità intera è un elemento caratterizzante il fanatismo e l'esaltazione. Uno che si crede Dio poi! Io sono la via, la verità e la vita.

Franco Matteo Mascolo
lei prende per parole di Jeshua le interpretazioni dei suoi discepoli; io vi leggo invece il contrario, leggendo la Buona Notizia, è l'azione giusta e caritatevole che salva (cfr esempio shoccante del buon abitante di Samaria, considerato un grave eretico dagli Ebrei ortodossi) cioè la compassione verso chi si trovi in grave difficoltà, i sofferenti, i poveri, gli emarginati, i senza diritti, (gli "am ha aretz" il popolo della terra) più che le pratiche ritualistiche che vengano viste come più importanti del levitico amore verso il simile. Lei ha una concezione ancora cattolica di Gesù, per questo non lo può soffrire, perchè egli in realtà non si è caricato dei mali del mondo come un agnello di sacrificio come hanno creduto i suoi seguaci che erano ancora attaccati alla mentalità ebraica dei sacrifici vicari (ricordiamo che gli Ebrei dell'epoca seguendo le antiche usanze primitive tipiche di tutti i popoli antichi credevano che il sacrificio di una bestiola pura significasse un vero atto di pentimento agli occhi del Cielo - cosa già criticata dai Profeti!!!). Jeshua riprende la saggezza dei Neviim secondo i quali soltanto l'azione giusta è davvero gradita al Cielo...!

Gino Quarelo
Bene abbiamo appurato che per lei Cristo è solo un ebreo e non il Dio o idolo dei cristiani.
A me sta bene che Cristo sia solo un ebreo o giudeo, infatti io non credo minimamente, perché assurdo, che sia Dio e quindi io mi limito a esprimere il mio giudizio sul Cristo dei Cristiani.
Sul suo Cristo o sulla sua intepretazione di Gesù Cristo come ebreo e non come Dio o idolo dei cristiani possiamo tranquillamente discuterne.
Io sono un uomo veneto e non ho assolutamente bisogno di Cristo, né come uomo né come Dio o idolo.
Però la mia umanità si umanizza anche attraverso l'umanità altrui e i vari casi umani della storia e quindi anche attraverso il caso dell'ebreo Gesù Cristo con la cui esperienza può essere interessante confrontarsi.

Certo è che l'antisemitismo millenario dei cristiani nasce proprio in seno al mondo ebraico nel conflitto tra ebrei cristiani ed ebrei non cristiani.
Sarebbe assai interessante comprendere per bene questa contrapposizione da cui potrebbe risanarsi il conflitto sanguinoso.

Franco Matteo Mascolo
Non è esatto, gli Ebrei accettanti Jeshua come Masciach e sinceramente fedeli alla Torah erano ben accettati (cfr Atti degli Apostoli, vi erano perfino sacerdoti e farisei tra i seguaci di Rabbi Jeshua)...); non era facile capire la fede di Jeshua che ci insegna a potenziare la scintilla divina in noi in modo da avvicinarci sempre meglio al Padre; Rabbi Jesua era lontanissimo dal sentirsi divino ma insegnava un cammino che portava vicino al divino, il divino in noi da riscoprire e praticare. Nessuna trinità teologica (venuta molto dopo da parte dei Cristiani gentili) o interpretazione del tempo, nata per non perdere di vista il mistero profondo della potenza spirituale di Rabbi Jeshua, ma seppellendo la sua reale ebraicità sotto cumuili di teologia greca, lontana dal semplice credo ebraico ...

Gino Quarelo
Perché uccisero l'ebreo cristiano Stefano?

Franco Matteo Mascolo
Gli integralisti temono sempre le novità spirituali e Stefano poteva essere più diplomatico (almeno leggendo gli Atti); Simone Pietro non fu ucciso, nè con le pietre, nè con altro, evidentemente insieme ai principali seguaci sapeva distinguere la verità, accettando sia la Torah sia l'annuncio del Rabbi visto come annunciatore messianico supremo; fu ucciso secondo la tradizione dai Gentili al potere a Roma, perché evidentemente il nuovo movimento ebraico era visto come una guerra silenziosa al potere romano


Certo è che il suo Gesù Cristo non coincide con quello dei cristiani di tutto il mondo.
E ciò è un problema sia per gli ebrei, sia per i cristiani sia per l'umanità intera che è coinvolta direttamente o per riflesso da questa conflittualità per ora insanabile.



https://it.wikipedia.org/wiki/David_Flusser



La Birkat Ha Minim è la dodicesima benedizione dell'Amidah.

https://it.wikipedia.org/wiki/Birkat_Ha_Minim

Secondo il Talmud questa formula fu redatta da Samuele il giovane secondo le indicazioni di Gamaliele II, il capo del Sinedrio dal 70 d.C., e si traduce con:

« Per i calunniatori e per gli eretici non vi sia speranza, tutti si perdano presto, tutti i Tuoi nemici vadano in rovina repentinamente. Tu li annichilirai ai nostri giorni. Benedetto sii Tu o Signore che spezzi gli avversari ed umili i reprobi »
La Ha Minim e i rapporti tra ebrei e cristiani

La Ha Minim nella forma attuale è quella presente nel Talmud Babilonese. Una versione primitiva della benedizione nella liturgia sinagogale è stata ritrovata in un frammento della Ghenizah del Cairo (Egitto)[2] ed aveva forma significativamente diversa: "Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell'orgoglio; e periscano in un istante i nozrim e i minim; siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu che pieghi i superbi." Come si può notare, accanto ai minim (eretici o dissidenti) si impreca contro i nozrim, i nazareni, cioè i seguaci di Gesù di Nazareth, a cui venne comminata la scomunica poiché, pur pretendendo di rimanere dentro la sinagoga, la dividevano nella fede, proteggevano i "gentili", soprattutto i romani, e distruggevano il principio dogmatico della habdàlàh ossia la separazione tra circoncisi e non[3]. La comunità giudeo-cristiana frequentava infatti il Tempio e le sinagoghe.

L'introduzione nella "Tefillah" (=preghiera) di una preghiera aggiuntiva (nella numerazione antica era la diciannovesima "benedizione"), due decenni dopo la distruzione del Tempio, sembra essere stata fatta proprio come maledizione contro la setta eretica dei giudeo-cristiani, sia per tenerli lontani dalla sinagoga, sia per proclamare formalmente la rottura definitiva tra le due religioni. Questa ipotesi è stata già formulata nel Medioevo da Maimonide e ripresa ai nostri giorni dal rabbino americano J. Petuchowski[4].

Preghiere ebraiche contro gli ebrei convertiti al cristianesimo sono menzionate anche da Giustino[5], Girolamo[6] e Epifanio di Salamina[7]. Altri studiosi, però, ritengono che la menzione dei Nazareni non sia originaria, ma sia stata aggiunta successivamente, senza riuscire tuttavia a precisare quando. La sostanza, tuttavia, non cambierebbe, in quanto i cristiani sarebbero stati implicitamente compresi fra gli eretici (i "minim").



Perché gli ebrei non hanno creduto a l'ebreo Cristo
viewtopic.php?f=197&t=2715
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mer gen 17, 2018 11:22 am

La vera radice dell’estremismo
Vittorio Messori
14 gennaio 2015

http://www.vittoriomessori.it/blog/2015 ... estremismo

Di rabbi Giuseppe Laras – eminente nell’ebraismo italiano non solo per cultura ma anche per sensibilità religiosa – ho sempre apprezzato la schiettezza nell’esporre le sue convinzioni. Così, nell’articolo di ieri su questo giornale , non esita a iniziare affermando che "siamo in guerra, siamo solo agli inizi eppure non vogliamo prenderne coscienza".

Da realista, sarei propenso a dargli ragione: terminata, per collasso e abbandono del campo da parte del nemico, la terza guerra mondiale (detta “fredda“, ma pur sempre guerra), ecco la nuova Pearl Harbour, in un mattino di un 11 settembre a New York. Ecco, diciamolo con la chiarezza di Laras, la quarta guerra mondiale. L’ipocrisia dell’ideologia oggi egemone, la political corectness, ha tentato e tenta esorcismi, costruendo, per tranquillizzarsi, un ideale di “islamismo moderato“, da incoraggiare e accrescere ripetendo il mantra del “dialogo“. Ma, chi conosce davvero il Corano, chi conosce la storia e la società cui ha dato forma in un millennio e mezzo, sa che non hanno torto quei musulmani che chiamiamo “estremisti “ (usando le nostre categorie occidentali) a gridare, kalashnikov alla mano, che un maomettano “moderato“ è un cattivo maomettano. O, almeno, è un vile che Allah punirà. Quanti, tra coloro che si scandalizzano per questo, quanti hanno letto per intero, senza censure mentali, il Corano e magari anche le monumentali raccolte di hadith, i detti attribuiti al Profeta?

Un amico francese, religioso cattolico a Gerusalemme e noto biblista, mi raccontava di recente che , nel loro convento, serviva da sempre, come factotum, un ormai anziano musulmano. Onesto, gran lavoratore, di tutta fiducia, faceva ormai parte della famiglia e tutti quei religiosi gli volevano bene, sinceramente ricambiati. Un venerdì, l’uomo tornò dalla moschea con un’aria accasciata. Il superiore della casa, insistendo, riuscì a farlo parlare. Disse: "Oggi l’imàm che dirige la preghiera ci ha detto, nella predica, che nel giorno del trionfo di Allah e del suo Profeta, nel giorno che presto verrà e in cui libereremo questa Santa Città da ebrei e cristiani, tutti gli infedeli che non faranno subito professione di fede dovranno essere uccisi. Così vuole il Corano cui noi tutti dobbiamo obbedire". Una pausa, e poi: "Ma non tema, padre , sa che io vi voglio bene , so come fare, se dovrò sopprimervi troverò il modo di non farvi soffrire".

L’aneddoto, purtroppo, è autentico. Come autentiche sono le domande poste, con cortesia e insieme con crudezza, da Giuseppe Laras e che possono, credo, riassumersi così : è possibile, per il mondo islamico, accettare quella tolleranza, quella distinzione tra politica e religione, quella eguaglianza tra persone di diverse religioni , quel rifiuto – senza eccezioni – della violenza, quelle realtà insomma su cui basare un mondo , se possibile meno disumano? Come si sa, nel 1948, gli allora non molti Stati islamici già indipendenti che sedevano alle neonate Nazioni Unite rifiutarono di firmare la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo“, affermando che non corrispondeva alla loro prospettiva di persona e di società. Una società, tra l’altro, dove la schiavitù non era ufficialmente abrogata, dove vigeva, e vige, una poligamia nella quale la donna è relegata in un ruolo di sottomissione, dove il non musulmano è cittadino inferiore, sottoposto a una pesante tassa e a una serie codificata di pubbliche umiliazioni. Sarà mai possibile giungere almeno a un modus vivendi o lo scontro dovrà continuare e magari aggravarsi, perché tanto diversi resteranno i valori fondamentali?

Tutto è possibile, s’intende, a Dio, a Jahvé, ad Allah, a seconda delle fedi, ma, a viste solo umane, l’obiettivo non sembra raggiungibile. In effetti, l’Islam non solo è diviso a tal punto che sono quotidiani i massacri tra sciiti e sunniti o tra altre comunità in lotta cruenta tra loro. Ma, soprattutto, non esiste una autorità superiore, in grado di prendere decisioni vincolanti per i fedeli, come il papa per il cattolicesimo. Anzi, non esiste nemmeno un clero né esistono gerarchie religiose all’interno delle comunità. Tutto è lasciato a uomini soli con in mano solo un libro immutabile di millequattrocento anni fa. Il califfato ottomano, abolito nel 1924 da Kemal, era una finzione a servizio del sultanato e, in ogni caso, la sua evanescente autorità non era riconosciuta al di là dei confini dell’impero turco. Ma anche se tornasse , che potrebbe fare un “papa della Mecca“ che non avrebbe la grande, liberante risorsa di quello di Roma: la risorsa, cioè, di una Scrittura approfondibile secondo i tempi e le situazioni pur senza rinnegarla, flessibile pur senza tradirla, divina ma affidata alla ragione di credenti che con essa devono affrontare i secoli? Il cristianesimo, prima e ben più che un libro, è un incontro tra vivi, tra gli uomini e il Cristo vivo, con la ricchezza e la duttilità che nasce dalla vita. Ma così non è il Corano, anzi ne è il contrario, con il testo originale custodito in Cielo accanto ad Allah, eterno, immodificabile, dettato parola per parola a Muhammad, con le sue sentenze da osservare sempre e comunque in modo letterale, con la sua rigidità che deve sfidare ogni cultura, costi quel che costi. Possibile trarre, da qui, un “moderatismo“ maomettano?

Se questa è la situazione , il rabbino Laras non nasconde una preoccupazione: " C’è una tentazione che può profilarsi sia nel cristianesimo sia nella politica europea: quella di lasciar soli gli ebrei e lo Stato di Israele per facilitare una pace politica, culturale e religiosa con il mondo musulmano" . Per lui, questa sarebbe "una strategia fallimentare" i cui effetti disastrosi per i cristiani si sarebbero già visti. Dice, infatti: "Dopo che quasi tutti i Paesi islamici si sono liberati dei “loro“ ebrei, si sono concentrati con violenze e massacri sulle ben nutrite minoranze cristiane". Su questa convinzione del rabbino dovrebbe aprirsi, però, una discussione: la persecuzione in atto dei battezzati ha cause, crediamo, più complesse dello sfogo su di essi di una religione violenta alla ricerca di vittime. Una discussione di grande importanza, e proprio per questo non affrontabile in spazi così ridotti. Per ora , basti prendere sul serio l’avvertimento di Laras: c’è una guerra e non è opportuno mascherarla dietro gentilezze occidentali verso gli antagonisti e con severi rimbrotti alle “cassandre“ che si limitano a constatare una realtà drammatica.


Andrea Maestri
Sembra proprio che la storia, anche recente, non abbia insegnato niente ai nostri scaltrissimi politici.

Benkő Balázs
Non è una svista. La strategia endemica e teologicamente fondata della Chiesa nei confronti di Israele e quella di allearsi con l'altro usurpatore del lascito di Abramo per impedire insieme che il primogenito possa rientrare nel possesso del patrimonio che gli compete. Semplicissimo. Ed è per questo che gli esponenti del Vaticano mentono vilmente e continuamente sulla situazione politico-socoale in "Terra Santa", che non fanno nulla per proteggere i corrreligionari nei Paesi musulmani. La posta per loro è molto più alta della verità o del benessere dei fedeli: la radice immancabilmente ed irrimediabilmente antigiudaica - ora per interposta persona e in combutta con l'islam politico.

Niram Ferretti
Purtroppo quanto scrivi ha molto di vero. Non ritengo il cristianesimo un "usurpatore del lascito di Abramo" al contrario dell'Islam che ha totalmente militarizzato la sua pretesa. Ma sicuramente condivido buona parte di quello che hai scritto.

Benkő Balázs
So che non lo ritieni :-) ma lo è espressamente, talvolta con parole esplicite di teologia della sostituzione talvolta con parole melliflue rivolte al "fratello maggiore" ( naturalmente anche qui c'è la trappola di Giacobbe ). Per loro la pretesa che Israele non deve rientrare nel possesso di Gerusalemme, è estremamente importante, quanto agli "ismaeliti". Solo che si esprimono in maniera più effeminata e subdola.

Niram Ferretti
Sì Balázs, hai ragione, ma la teologia della sostituzione è stata abbandonata dalla Chiesa. In ogni caso sono d'accordo con quanto scrivi relativamente all'atteggiamento di ostilità preconcetta da parte cristiana nei confronti della totalmente legittima rivendicazione israeliana su Gerusalemme. Non parliamo poi, oltre a Roma, dell'atteggiamento esplicitamente filomusulmano delle chiese orientali.

Benkő Balázs
"abbandonata"... sì, anche lehavdil Arafat ha riconosciuto Israele :-)

Corrado Balocco
Non tutta la Chiesa, non tutta. Il "Piccolo Resto" si batte contro le apostasie dei potenti -non più cristiani- delle gerarchie vaticane... La CHiesa non appartiene al papa, o a quel vescovo o quell'altro... appartiene a Rabbi Yeshoua e chi vuole essere realmente cristiano non può non stare con Israele!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El rasixmo, łe colpe e łe responsabełetà de łi ebrei

Messaggioda Berto » mer gen 17, 2018 8:46 pm

Giuseppe Dossetti e l'antisemitismo in maschera
Niram Ferretti
17/01/2018

http://www.progettodreyfus.com/avvenire ... isemitismo


Il 4 gennaio scorso Avvenire pubblica un articolo d’antan di Giuseppe Dossetti dal titolo emblematico, “Antisionista non significa antisemita”. Perché lo fa? Evidentemente perché si riconosce nelle posizioni espresse dall’autore, le quali ruotano intorno a certi topoi immarcescibili di coloro i quali-siccome essere antisionista non significa essere antisemita-sarebbero autorizzati a utilizzare contro lo Stato ebraico tutto il repertorio nero e criminalizzante che per secoli è stato usato contro gli ebrei, e al quale la Chiesa, nella sua lunga storia, ha dato un contributo devastante. Ma ascoltiamo la voce dell’autore:

“Alcuni dei dogmi più indiscussi su cui sinora si è fondata l’opinione occidentale relativa al conflitto mediorientale, debbono proprio essere rifiutati. Si deve rifiutare, per esempio, che lo Stato sionista, così come è nato e sinora si è configurato, possa tollerare nel proprio interno l’esistenza di una popolazione araba. È ora che proclamiamo chiaramente che questo non è possibile. Sinora noi stessi, per venti e più anni, su questo punto siamo stati reticenti. Ci siamo anche noi lasciati intimidire nella memoria dell’Olocausto e dal ricatto che qualunque manifestazione di antisionismo equivale all’antisemitismo, del quale i cristiani si sono resi più volte colpevoli. Anche noi, alla fine, non siamo arrivati a separare il puro dall’impuro. Cioè ben altro è il piano dell’ebraismo in quanto religione dei Padri; e invece il piano di una concrezione politica, il «sionismo realizzato», intrisa di grossolani errori, di smisurate violenze e ingiustizie, e adesso di sacrilegi sanguinosi”.

Dossetti, con affermazione perentoria, si sottrae al “ricatto” che eserciterebbe la memoria della Shoah, ovvero che non sia possibile criticare Israele dopo di essa perché se no si verrebbe accusati di antisemitismo.

Deve davvero essere stato un ricatto di scarsa presa se fin da subito, dopo la Guerra dei Sei Giorni, dal 1967 in poi, Israele è stato costantemente fatto oggetto, fino ai nostri giorni, di una demonizzazione senza pari rispetto a qualsiasi altro stato democratico, demonizzazione confezionata dagli stati arabi con l’ausilio dell’Unione Sovietica e di cui l’ONU è stato cassa di risonanza assai efficace. Fu lì, infatti, che, dietro ben altro ricatto, quello subito dall’Europa da parte dei potentati arabi con la crisi petrolifera del 1973, Yasser Arafat venne legittimato come unico portavoce della “causa palestinese” e invitato a parlarci nel 1974, durante una seduta plenaria in cui, riferendosi a Israele in modo denigratorio come l’”entità sionista” lo presentò al pubblico come il frutto guasto dell’imperialismo e del razzismo. E da allora si è poi provveduto, in un orgia apicale di diffamazione a trasformarlo in stato razzista, nazista, genocida, praticante l’apartheid. Ora, tutto questo, probabilmente non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo, tuttavia gli assomiglia molto, basandosi com’è sul suo stesso presupposto base, la colpevolezza dell’ebreo e la sua mostrificazione. Dossetti stesso, finalmente sottratto al ricatto, ci aiuta a “separare il puro dall’impuro”, nobilitando l’ebraismo biblico come “religione dei Padri” e bollando il sionismo come impresa criminosa, “intrisa di grossolani errori, di smisurate violenze e ingiustizie e adesso di sacrilegi sanguinosi”.

Il Lutero di “Gli ebrei e le loro menzogne” avrebbe annuito. Ma certamente Dossetti non era antisemita, si limitava solo a traslare su Israele le accuse e le invettive che la Chiesa ha rivolto agli ebrei nel corso di secoli e secoli. Nel suo caso si deve essere trattato di azione irriflessa, di pregiudizi inconsci. Tuttavia, come si può non pensare nel leggere il riferimento ai “grossolani errori” al fondamentale e gigantesco errore teologico dell’ebraismo, secondo la prospettiva cristiana, nel non avere accettato la messianicità di Gesù? e “le smisurate violenze” e i “sacrilegi sanguinosi”, come fanno a non evocare le accuse di omicidio, avvelenamenti, profanazioni e sacrifici umani, nello specifico quelli nei confronti dei bambini cristiani che, costituendo vere e proprie leggende nere, ricorrevano nel Medioevo come accuse rivolte agli ebrei? Accuse che oggi, sono ancora in voga nell’ambito della pubblicistica antisemita islamica che le ha fatte proprie ereditandole in blocco dall’antisemitismo occidentale.

Quindi sì, si può essere antisionisti, riciclando con disinvoltura quello stesso vocabolario dell’antigiudaismo cristiano classico, sottraendosi al “ricatto” esercitato (questo non è dichiarato ma è implicito) dagli ebrei e dalla loro pressione sull’opinione pubblica. Pressione come si è visto, assai tenue, visto l’enorme successo conseguito dalla diffamazione perpetua di Israele. E’ vera tuttavia una cosa, essere antisionisti non significa automaticamente essere antisemiti. Basta un accorgimento per evidenziarlo, che però Dossetti evita, e Avvenire pure nel riciclare questo suo scritto. Basterebbe, per esempio, affermare che il sionismo come movimento di emancipazione di un popolo al fine di configurarlo come nazione autonoma, non sia legittimo in quanto tale e che gli ebrei avrebbero dovuto restare sempre confinati alla diaspora. Bisognerebbe poi spiegare perché avrebbe dovuto essere loro negato di tornare a vivere pacificamente su una terra che gli ha dato origine come popolo e a cui culturalmente, storicamente e spiritualmente sono sempre stati legati. Ma questo è un altro discorso e non è quello di Dossetti legittimato da Avvenire, una mera foglia di fico.
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