L'Italia antisemita e antisraeliana

Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:52 am

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All'ONU sempre contro Israele e con i nazi maomettani (70 anni di odio antisemita e antisraeliano)



La vergogna delle mozioni contro Israele all’Onu e dell’Italia che le vota
Ugo Volli
03-12-2021

https://shalom.it/blog/israele-bc1/la-v ... a-b1106511

È accaduto di nuovo, come tutti gli anni, almeno due volte l’anno. A primavera tocca all’UNESCO, in autunno-inverno all’Assemblea Generale dell’Onu. Ci sono poi occasioni estemporanee, in cui tocca alla commissione per i diritti umani, magari presieduta dal Venezuela o dall’Iran, o ad altri organismi internazionali, che dovrebbero occuparsi di ecologia o dei diritti delle donne. Nella noia dei dibattiti su problemi concreti e reali, sempre arriva il momento distacco, in cui finalmente i delegati si possono sentire buoni e giusti, dedicati agli interessi generali dell’umanità. La formula è semplice, basta condannare Israele, dire che non esiste, che non ha alcun diritto, che opprime i poveri palestinesi, che ha sede in un territorio con cui non ha nulla a che fare. Alla faccia della storia.

È un vecchio gioco, dopotutto. Israele è lo stato degli ebrei e l’ebreo degli stati. E gli ebrei, si sa, sono di razza inferiore (così Hitler e i suoi predecessori), hanno il vizio di “autoannientarsi” nei campi di sterminio (così Heidegger), di avere una religione che è un “fossile” (così Kant), di essere allo stesso tempo sfruttatori e miserabili, capitalisti e rivoluzionari, di uccidere Dio (così per secoli la Chiesa), di ammazzare i profeti (così l’Islam). Insomma possono essere accettati fra gli altri solo se si taglia loro la testa e la sostituisce con un’altra (così Fichte), oppure è meglio bruciarli vivi nelle loro sinagoghe (così Lutero in teoria e i nazisti in pratica). Dunque negare loro diritti, dire che non c’entrano niente con Israele, con Gerusalemme e con il Tempio, è assolutamente normale.

C’è una pagina di Wikipedia che elenca le risoluzioni dell’Onu contro Israele, questa: https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_U ... ing_Israel . L’elenco comprende 216 risoluzioni dell’Assemblea generale (ma solo fino al 2016, oggi saremmo ben più su); ma cita anche 45 risoluzioni dell’United Nations Human Rights Council (UNHRC), esattamente il 45,1% delle sue deliberazioni; 225 risoluzioni del Consiglio di sicurezza (sempre dall’inizio dello Stato di Israele al 2016). Per capire il peso di questa campagna contro Israele, che dura ininterrottamente da settant’anni, è utile un’ideografica di Al Jazeera, l’emittente televisiva del Qatar. Sebbene essa sia ferocemente anti-israeliana e sostenitrice di Hamas, in questa pagina (https://interactive.aljazeera.com/aje/2 ... index.html ) si vede che il conflitto arabo israeliano è da sempre uno dei due o tre temi più frequentati nei dibattiti dell’Onu, alla pari con i grandi temi dello sviluppo economico e della pace, battendo sistematicamente quelli del colonialismo e del disarmo nucleare.

La cosa più bizzarra di questi dibattiti è il loro carattere fortemente ripetitivo e staccato dalla realtà, non solo nel senso di ignorare allegramente i fatti storici (per esempio la più ambiziosa delle risoluzioni appena approvate tace completamente del rapporto del popolo ebraico col Tempio, chiamandolo solo col nome arabo di “Haram al Sherif” e accusa di conseguenza Israele e non gli arabi, o anche se stessa, di manipolare la storia). Ma anche in quello di non tener conto dell’evoluzione della politica mediorientale. Se si guarda al comunicato stampa dell’ufficio stampa dell’Onu che riassume il dibattito su queste ultime risoluzioni (https://www.un.org/press/en/2021/ga12390.doc.htm racconta la discussione in Assemblea Generale, https://www.un.org/press/en/2021/gaspd743.doc.htm i lavori della commissione preparatoria), si vede che le posizioni di nemici durissimi, come l’Arabia Saudita e il Qatar o gli Emirati e l’Iran sembrano identiche; nessuno usa mai, in parecchie pagine di dissertazioni ripetitive e oscure, la parola terrorismo. Il solo che lo faccia è l’ambasciatore israeliano Erdan, l’unico che dissenta davvero dalla demonizzazione generale di Israele. A lui però sono riservate una ventina di righe su circa 400; ma quando dice che il giorno prima a Gerusalemme c’è stato un attentato terrorista di un dirigente di Hamas che ha provocato un morto e molti feriti e lo definisce “atto di terrore”, l’espressione viene messa fra virgolette. Non c’è il terrorismo, fuori dalle virgolette, non c’è Hamas, le linee armistiziali del ‘67 diventano “confini”; Israele deve astenersi dalla violenza sul Golan siriano e rispettare i diritti umani (questa dichiarazione allucinante diventa anche surreale perché la fa il rappresentante siriano, il cui rispetto dei diritti umani è noto…), l’Iran si lamenta che Israele sia una minaccia per la pace… gli egiziani del fatto che Israele viola le leggi... Insomma il dibattito sembra una commedia dell’assurdo, recitata però in un linguaggio rigido, fatto di forme precostituite (“Il Golan siriano”, “i Territori palestinesi occupati”, lo status quo…) Parlano quasi solo i paesi arabi e i loro alleati, gli Usa sprecano solo qualche battuta per lamentare il “linguaggio non equilibrato” delle risoluzioni, l’Europa tace del tutto.

Tace, ma le vota praticamente tutte. La mozione sull’”assistenza ai rifugiati palestinesi” (cioè sull’UNRWA, l’agenzia dell’Onu che è praticamente un braccio di Hamas) passa con 160 voti contro 1 (Israele) e 9 astensioni (fra cui gli Usa); quello sul Golan con 144 in favore, 2 contrari (Usa e Israele), 22 astenuti. Il testo più generale, il cui titolo è già tutto un programma (“Colonizzazione israeliana dei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est e del Golan Siriano” è approvata con 142 voti favorevoli, 7 contrari (Canada, Ungaria, Israele, Marshall Islands, Micronesia, Nauru, Stati Uniti) e 16 astensioni. Spiace dire che l’Italia, come quasi tutti gli altri paesi dell’Unione Europea, non compaia mai fra i contrari e neppure fra gli astenuti. Nonostante gli appelli arrivate da diverse parti, anche quest’anno il nostro paese, o meglio il suo ministro degli esteri Luigi Di Maio, non si vergogna a votare una mozione in cui si impone a Israele di restituire lo Haram Al Saherif alla sua autentica tradizione storica, che sarebbe quella di mosche musulmana. Che poi da quelle parti siano passati Abramo e Isacco, Davide e Salomone, come racconta la Bibbia che per mille anni ci sia stato il Tempio, che vi sia passato anche Gesù, a quel che dicono i Vangeli, tutto questo non importa. Per l’Europa, per l’Italia, per Di Maio, come per il Qatar, l’Iran e Hamas, quello è lo Sharam Al Sherif e ci si è fermato soprattutto l’asino di Maometto.


C’è una pagina di Wikipedia che elenca le risoluzioni dell’Onu contro Israele, questa:

https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_U ... ing_Israel
C’è una pagina di Wikipedia che elenca le risoluzioni dell’Onu contro Israele, questa: https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_U ... ing_Israel . L’elenco comprende 216 risoluzioni dell’Assemblea generale (ma solo fino al 2016, oggi saremmo ben più su); ma cita anche 45 risoluzioni dell’United Nations Human Rights Council (UNHRC), esattamente il 45,1% delle sue deliberazioni; 225 risoluzioni del Consiglio di sicurezza (sempre dall’inizio dello Stato di Israele al 2016). Per capire il peso di questa campagna contro Israele, che dura ininterrottamente da settant’anni, è utile un’ideografica di Al Jazeera, l’emittente televisiva del Qatar. Sebbene essa sia ferocemente anti-israeliana e sostenitrice di Hamas, in questa pagina (https://interactive.aljazeera.com/aje/2 ... index.html ) si vede che il conflitto arabo israeliano è da sempre uno dei due o tre temi più frequentati nei dibattiti dell’Onu, alla pari con i grandi temi dello sviluppo economico e della pace, battendo sistematicamente quelli del colonialismo e del disarmo nucleare.



L'ONU internazi comunista e nazi maomettano antisemita e antisionista
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La Cancellazione islamica della storia ebraica e la complicità dell’ONU
9 dicembre 2018

http://www.linformale.eu/la-cancellazio ... meyQqjCuN4

La storia la si riscrive a piacimento quando si ha l’agio per farlo, cioè i mezzi, la volontà politica. La volontà islamica di cancellare dalla Palestina la storia ebraica è pervasiva e radicata nell’assunto teologico che l’Islam antecede a tutto e che dunque, ciò che storicamente lo precede è solo un anacronismo. Se pure Adamo ed Eva erano musulmani lo erano anche inconsciamente tutti, lo siamo tutti. L’Islam è la protostoria dell’umanità e lo sono anche le sue testimonianze architettoniche, dunque, la Moschea di Al Aqsa fatta costruire nel 715 sotto il califfato degli Omayyadi, per alcuni predicatori infervorati precederebbe addirittura il Tempio di Salomone, mai ubicato in realtà sul Monte del Tempio.

Per il lord of terror, Yasser Araft, forse sì, c’era una volta un tempio degli ebrei, ma da qualche parte nei pressi di Nablus, non certo sulla Spianata delle Moschee. Lo diceva lui che vantava per i “palestinesi”, ovvero gli arabi che invasero il Medioriente dalla penisola arabica nel VII, fantasiose discendenze cananee o gebusee. Eppure la lingua batta dove il dente duole, e la Palestina prima del 135 AD, era conosciuta come Giudea e in ebraico, “ebreo” si dica “Yehud”, così come Giudea è il nome, insieme a Samaria, della cosiddetta Cisgiordania, così chiamata dagli inglesi, o West Bank, così chiamata dai giordani dopo che la occuparono nel 1948 e se la annessero illegalmente nel 1951. Nomi abusivi dati da invasori che non cancellano la storia sottostante, ben più antica, incardinata nella Bibbia.

Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland, nel suo viaggio in Palestina scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.

Eppure, il 16 aprile del 2016 l’UNESCO approva in prima battuta una risoluzione sottoposta da un gruppo di stati arabi-musulmani, il Sudan, l’Algeria, il Qatar, l’Egitto, l’Oman e il Marocco, la quale recepisce in toto la volontà palestinese di appropriarsi nominalmente e simbolicamente del Kotel hamaravi )il Muro Occidentale o Muro del Pianto) e il soprastante monte del Tempio, da sempre il sito più sacro per l’ebraismo. È un ulteriore tappa dell’offensiva politico-diplomatica contro Israele cominciata con ritmo serrato dopo la sconfitta araba del ’67, e da allora mai cessata.

La risoluzione viene approvata definitivamente il 13 ottobre 2016. Il giorno successivo, Mahmoud Al-Habbash supremo giudice della sharia nonché consigliere per le questioni religiose di Abu Mazen dichiarerà:

“La risoluzione dell’UNESCO conferma ciò che pensiamo e in cui crediamo, che Gerusalemme e in particolare la Moschea di Al-Aqsa e il Muro di Al-Buraq (il Kotel) e la piazza di Al-Buraq, sono luoghi puramente islamici e palestinesi e nessun altro può avere il diritto di esservi associato. Nessuno ha il diritto. Noi siamo i padroni e noi ne abbiamo il diritto. Solo i musulmani hanno il diritto ad Al-Aqsa, al Al-Buraq e alla piazza di Al-Buraq che sono puramente proprietà waqf islamica…Questo è il nostro messaggio e quello di tutta la comunità internazionale a Israele. Il nostro messaggio è che non rinunceremo al nostro diritto fin tanto che vivremo. E anche se moriremo, le generazioni future ci seguiranno, dai nostri figli ai nostri pronipoti i quali aderiranno a questo diritto”.

Ciò che non è stato possibile prendere con le armi, si prende indirettamente, attraverso la sua appropriazione simbolica. La conquista è nominale, manca di concretezza effettiva, ma ha comunque un peso rilevante poiché recide le profonde e millenarie radici ebraiche con Gerusalemme e il Muro Occidentale per sostituirle con un nuovo innesto rigorosamente musulmano. D’altronde, è caratteristico dei conquistatori modificare, rinominandola, la toponomastica dei luoghi catturati e sottomessi al loro imperio. La storia abbonda di esempi. E per restare a Gerusalemme non è forse l’imperatore Adriano che nel 135 AD rinomina la capitale ebraica Aelia Capitolina, trasformando la regione che per secoli era stata chiamata Giudea, in Palestina?

La decisione dell’UNESCO è solo un ulteriore tassello di quel mosaico di appropriazione-espropriazione (estirpazione) araba-musulmana dell’ebraismo che ha come mira la sua sostituzione-sottomissione all’imperio islamico, e se è pur vero che alcune personalità musulmane gerosolimitane hanno riconosciuto per secoli l’esistenza del Monte del Tempio a sua volta suffragata contro ogni ragionevole dubbio da scoperte archeologiche, oggi non è più così. E non è più così unicamente per una ben precisa agenda politico-ideologica che l’UNESCO, quale emanazione dell’arabizzato ONU, ha prontamente ed ossequiosamente recepito.

Ed è solo di venerdì scorso l’approvazione da parte dell’ONU delle ennesime risoluzioni anti-israeliane approvate dall’Assemblea Generale, secondo cui i legami fra ebraismo e Gerusalemme sono completamente recisi secondo il dettato islamico. La risoluzione principale su Gerusalemme, passata con 148 voti a favore, 11 contrari e 14 astenuti, disconosce qualsiasi sovranità israeliana su Gerusalemme. Un’altra risoluzione approvata con 156 voti favorevoli, 8 contrari e 12 astenuti, fa riferimento al Monte del Tempio con la sua denominazione araba, al-Haram-al Sharif come era già accaduto il il 14 aprile del 2015 nella risoluzione presentata all’UNESCO nella quale il Monte del Tempio veniva rinominato in lingua araba nello stesso identico modo (il nobile santuario). Si marcia insieme, si colpisce insieme.

Occorre ricordare che all’ONU, su 193 stati membri, 22 sono arabi, che assommati ad altri stati islamici porta il totale degli stati musulmani a 57 a cui vanno aggiunti tutti quegli stati che per motivazioni ideologiche o economiche appoggiano i paesi arabi, portando il totale a 122 stati pregiudizialmente avversi a Israele. Una armata decisa e compatta.

In questo scenario non poteva mancare la sudditanza europea. l’Unione Europea, che già nel 2017 votò compattamente a fianco dei paesi musulmani contro la decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, ha approvato entrambi i testi, riservandosi una specificazione che suona come una beffa, ovvero che “In futuro, la scelta delle parole usate potrebbe influire sul sostegno collettivo dell’Unione Europea a queste risoluzioni”. Nel frattempo, però, si dà il proprio sostegno.



L'antisemitismo dell'ONU filo nazi maomettana


L'Ultima Farsa dell'ONU
17 ottobre 2018
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/lultima-farsa- ... qF4swxCNMI

Uno degli argomenti principali della propaganda anti-israeliana è che, per quanto concerne la Palestina, arabi e musulmani non sono mai stati ostili agli ebrei e all’ebraismo, ma solo al sionismo e ai sionisti.
Dopo tutto, i musulmani non hanno trattato le loro minoranze ebraiche in modo di gran lunga migliore dei loro omologhi europei?
Gli arabi e gli ebrei non hanno convissuto armoniosamente per secoli prima dell’avvento del movimento sionista?
Come affermò Fayez A Savegh, rappresentante del Kuwait durante il dibattito all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione che equiparava il sionismo al razzismo nel novembre del 1975: “noi nel mondo arabo abbiamo sempre offerto ospitalità agli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni in Europa quando l’antisemitismo europeo li spingeva nelle nostre braccia…è stato soltanto quando è arrivato il sionismo che, nonostante la nostra ospitalità verso gli ebrei, siamo diventanti ostili al sionismo”.

Questa rappresentazione idillica è in contrasto con la documentazione storica. È vero, la persecuzione degli ebrei nel mondo arabo non ha mai raggiunto lo stesso livello dell’Europa cristiana. Ma questo non ha protetto le comunità ebraiche del mondo arabo da secoli di inferiorità legalmente istituzionalizzata, da restrizioni sociali umilianti, e dalla rapacità dei funzionari locali e della popolazione musulmana in generale. Nella stessa Palestina pre-sionista, i contadini arabi, durante la rivolta del 1830 contro la coscrizione obbligatoria imposta dalle autorità egiziane, colsero l’occasione per devastare le comunità ebraiche di Gerusalemme e Safed, e, a loro volta, i militari intervenuti per sedare l’insurrezione uccisero gli ebrei di Hebron. Un secolo più tardi, nel dicembre del 1941, a seguito di un fallito colpo di stato filonazista in Iraq, gli ebrei di Baghdad furono sottoposti ad un orrendo massacro in cui perirono a centinaia.

È possibile dunque affermare, nonostante le osservazioni contrarie, che arabi e musulmani non hanno mai realmente fatto una distinzione tra sionisti, israeliani ed ebrei, e spesso usano questi termini in modo interscambiabile. Per esempio, Anis Mansur, uno dei più importanti giornalisti egiziani e consigliere del presidente Sadat, ammetteva: “Non c’è niente di simile in tutto il mondo come l’ebreo e Israele. Ogni ebreo è un israeliano. Nessun dubbio a riguardo”. In effetti, l’antisionismo arabo e musulmano riflette un odio che va ben oltre il livello “normale” di ostilità che ci si aspetterebbe in seguito a uno scontro prolungato e aspro, appare, più che una risposta all’attività sionista, come una manifestazione di pregiudizi radicati che sono stati portati allo scoperto dal conflitto in atto.

Con questo non si intende negare lo scontro tra i due gruppi nazionali. Ma è proprio perché il movimento sionista è stato interpretato come incarnazione delle peggiori caratteristiche tradizionalmente associate agli ebrei nella mente degli arabi musulmani che l’impresa sionista è descritta in una luce così nefasta da politici e intellettuali musulmani. Come Lutfi Abdel Azim, il direttore di un prestigioso settimanale egiziano, che nel 1982, tre anni dopo la conclusione di un trattato di pace tra Egitto e Israele, scrisse:“un ebreo è un ebreo, e non è cambiato per migliaia di anni. È vile, spregevole, disprezza tutti i valori morali, rosicchia la carne viva e succhia il sangue per una miseria. Il mercante ebreo di Venezia non è diverso dagli acerrimi carnefici di Deir Yasin e da quelli dei campi profughi. Entrambi sono modelli simili di depravazione disumana”.

Da dove provengono tali pregiudizi? È stato giustamente osservato che la moderna ideologica antisemita è un’invenzione dell’Europa del XIX secolo, e che tradizionalmente il mondo islamico ne era in gran parte libero. Ma la facilità e la rapidità con cui i precetti dell’antisemitismo europeo sono stati assimilati da parte del mondo arabo-musulmano testimoniano la pre-esistenza di un profondo fanatismo antiebraico. Questo fanatismo risale al primo periodo dell’Islam, e in effetti al profeta Maometto stesso.

Al momento della sua migrazione dalla sua città natale, La Mecca, a Medina nel 622, Maometto corteggiò la popolazione ebraica locale, sottolineando la somiglianza tra la sua nuova religione e il giudaismo,adottando una serie di pratiche e rituali religiosi ebraici. Dal momento che questi gesti non riuscirono a impressionare gli ebrei di Medina, che divennero critici verso Maometto mettendo in evidenza le lacune e le incongruenze presenti nel Corano e il suo travisamento dell’Antico Testamento, il profeta si scagliò contro le tre tribù ebree di Medina. Usando alcuni incidenti come banali pretesti, espulse la tribù Qaynuqa, la più debole delle tre, dalla città e ne divise le proprietà tra i musulmani. Tre anni dopo, nel marzo del 625, dopo che una sconfitta militare aveva intaccato il prestigio di Maometto agli occhi delle vicine tribù beduine, fu il turno della tribù Nadir di pagare il prezzo della battuta d’arresto del profeta: dopo un assedio di poche settimane, gli ebrei della tribù Nadir furono cacciati dalla città e le loro terre assegnate ai musulmani. L’ultima e più potente tribù ebraica- Quraiza- soffrì in maggior misura in seguito al fallito assedio di Medina, nella primavera del 627. Con la collaborazione del nemico, 600-800 uomini della tribù furono portati in piccoli gruppi davanti a fosse scavate il giorno precedente, fatti sedere sul bordo, poi decapitati uno ad uno e gettati dentro. Le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù e venduti, il ricavato della loro vendita, così come i beni posseduti dalla tribù, furono divisi tra i musulmani. Questo processo è stato completato dall’ingiunzione, formulata sul letto di morte da Maometto, che ordinava l’espulsione degli ebrei (e dei cristiani) dalla penisola araba: “due fedi non vivranno insieme nella terra degli arabi”.

Questa eliminazione fisica è stata accompagnata da una crescente rottura dell’Islam con le sue origini ebraiche. La direzione della preghiera è stata cambiata da Gerusalemme allaMecca, il sabato sostituito dal venerdì come giorno sacro del riposo, il minareto ha sostituito le trombe ebraiche (e le campane cristiane) come richiamo per la preghiera, e il Ramadan è stato designato come mese del digiuno. Inoltre, riflettendo l’indignazione di Maometto per il rifiuto del suo messaggio religioso da parte della comunità ebraica contemporanea, sia il Corano sia le successive biografie del profeta abbondano di raffigurazioni negative degli ebrei. In queste opere vengono rappresentati come un popolo ingannevole, traditori che nel loro desiderio insaziabile di dominio potrebbero facilmente raggirare un alleato e truffare un non-ebreo. Gli ebrei hanno manomesso le Sacre Scritture, disprezzato il messaggio divino di Allah, e perseguitato il suo messaggero Maometto proprio come avevano fatto con i profeti precedenti, tra cui Gesù di Nazareth. Per questa malvagità, essi saranno soggetti a una serie di punizioni, sia nella vita dopo la morte, quando bruceranno all’inferno, e qui sulla terra dove sono stati giustamente condannati ad un’esistenza di miseria e umiliazione.

Come suggerisce questa sintesi, i tratti associati agli ebrei producono una miscela paradossale: sono prepotenti e deboli, arroganti e vili. “Non ho mai visto la maledizione pronunciata contro i figli di Israele più pienamente esercitata che in Oriente”, scriveva un viaggiatore occidentale dell’Impero Ottomano all’inizio del XIX secolo, “dove sono considerati come a metà tra uomini e animali”.

La convergenza tra l’antisionismo arabo-musulmano e l’antisemitismo classico europeo conosce un nuovo sviluppo durante gli anni Trenta con l’ascesa dei Fratelli Musulmani in Egitto, così come nell’alleanza de facto tra il nazismo tedesco e Haj Amin el-Husseini, leader indiscusso del nazionalismo arabo palestinese. L’antisemitismo è stato un importante, addirittura un vitale, cemento di tali alleanze ideologiche e politiche. Non è stato un caso che nel corso degli anni Cinquanta, nell’Egitto di Nasser, un certo numero di consiglieri nazisti sulla “questione ebraica” trovasse non soltanto un rifugio dalla giustizia, ma contribuisse a organizzare una grande campagna di propaganda “antisionista” che raggiunse l’Europa, l’Africa, l’Asia, l’America Latina e il Medio Oriente. L’ipotesi antisemita comune dietro questo massiccio programma di indottrinamento condotto dall’ Egitto era che Israele, il sionismo e gli ebrei rappresentassero un’unica radice velenosa e mortale all’interno di un piano ebraico di dominio del mondo. I rami di questa “mafia mondiale” presumibilmente si estendevano da Gerusalemme e New York agli angoli più remoti della terra.

La guerra dei Sei Giorni del 1967 e la caduta di Gerusalemme Est nelle mani di Israele hanno esacerbato ulteriormente la militanza islamista del vecchio-nuovo antisemitismo anti- sionismo.

I biasimi coranici contro i “traditori e perfidi giudei” erano ormai ampiamente citati, trattati polemici medievali contro l’ebraismo e gli ebrei erano portati nuovamente alla luce; mentre gli scritti antisemiti di autori come Sayyid Qutb (giustiziato dal regime di Nasser nel 1966),l’ideologo dei Fratelli musulmani egiziani, erano ampiamente diffusi. La débâcle del 1967 degli Stati arabi con la congiunta umiliazione nazionale, la perdita dell’onore arabo e l’occupazione da parte di Israele di ciò che era ritenuta essere “terra islamica”, hanno affilato e intensificato la demonologia del sionismo preesistente. Sempre più spesso, lo Stato ebraico è stato visto come un reincarnazione del ventesimo secolo dell’astuto e insidioso“spirito del giudaismo”.

Anche il presidente egiziano Sadat,l’uomo che sarebbe andato più lontano di qualsiasi altro leader del Medio Orientale nell’accettazione dell’esistenza di uno Stato ebraico sovrano, ricordavaal suo popolo nell’aprile del 1972 perché gli ebrei erano stati schiacciati e perché il loro potere era ancora da temere:“Erano i vicini di casa del Profeta a Medina. Essi erano i suoi vicini di casa, e ha negoziato con loro e hanno raggiunto un accordo. Ma alla fine hanno dimostrato che essi erano uomini di inganno e di tradimento, in quanto hanno concluso un trattato con i suoi nemici, in modo da colpirlo a Medina e attaccarlo dall’interno…Sono un popolo di traditori e bugiardi, di orditori di trame, un popolo nato per atti di tradimento”.

La rivoluzione di Khomeini nell’Iran sciita nel 1979 ha aggiunto un elemento ancora più radicale a questo antisemitismo teologico-politico. Il “Khomeinismo”ha combinato un orrore specificamente sciita degli ebrei come ritualmente “impuri” (najas) con l’ostilità religiosa islamica in quanto antichi nemici dell’Islam. Ciò si sovrapponeva ad una demonizzazione dell’inesistente “cospirazione satanica” tra Stati Uniti e Israele per distruggere l’Iran. Da Khomeini a Ahmadinejad, fino ad Ali Khamenei, l’antisionismo islamico iraniano (in cui gli Stati Uniti sono il “grande satana” e Israele figura come il “piccolo Satana”) continua ad attribuire tutti i mali del mondo ad una sconfinata ambiguità ebraica e ad un desiderio sionista incessante di“dominio globale.”

Questa ideologia antisemita e anti-sionista motiva non solo l’Iran, ma anche la formazione sciita libanese Hezbollah e la musulmana sunnita Hamas (un ramo della Fratellanza Musulmana egiziana) a Gaza. È importante notare che né l’Iran, né Hezbollah né Hamas si sottraggono alla richiesta genocida di una distruzione totale dello Stato di Israele. Non è certo un caso che queste formazioni che negano con insistenza che l’Olocausto nazista sia mai accaduto, siano le stesse che esigono l’eliminazione fisica di Israele.

Per quanto concerne il contesto palestinese, sia Fatah che Hamas hanno pienamente abbracciato tale negazionismo radicale e il suo programma. Nell’accordo originale per la fondazione dell’OLP nel 1964, così come nelle sue edizioni successive, tutto il sionismo è considerato un “movimento illegale”, la Dichiarazione Balfour è considerata“nulla”, e viene categoricamente negato qualsiasi legame storico tra il popolo ebraico e la terra di Israele. Non c’è da stupirsi che il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton sia rimasto profondamente frustrato per la totale intransigenza del leader dell’OLP Yasser Arafat nell’estate del 2000 durante il negoziati con il premier israeliano Ehud Barak. L’errore di Clinton è stato quello di presumere che la “questione palestinese”riguardasse in ultima analisi il territorio e non l’esistenza stessa di Israele, come stato ebraico sovrano in Medio Oriente. Il doppio linguaggio di Arafat ha senza dubbio reso molto più facile tale auto-inganno occidentale circa le intenzioni palestinesi.

Questo livello di dissimulazione in una certa misura è cambiato. Il controllo draconiano di Gaza da parte di Hamas dal 2006, la subordinazione del nazionalismo palestinese alla fede islamica militante, il suo incitamento palesemente antisemita, rendono tali pretesti futili. Come ha detto uno storico israeliano senza mezzi termini, per Hamas, “la distruzione dello Stato ebraico è il comando di Allah”.

È certamente significativo che arabi e musulmani giudeofobi – malgrado il loro odio per l’Occidente –abbiano scelto di annettere i simboli e le espressioni dell’antisemitismo europeo senza alcuna esitazione,tra cui la negazione dell’Olocausto, come parte integrante della loro guerra contro Israele. Si riscontra una disponibilità crescente tra i musulmani a credere, per esempio, che gli ebrei abbiano consapevolmente inventato la “menzogna Auschwitz”, la “bufala” del proprio sterminio, come parte di un piano diabolico per sopraffare l’Islam e dominare il mondo. In questo surreale, scenario machiavellico, l’archetipo del “satanico ebreo” – autore e destinatario del più grande “mito” del 20° secolo – raggiunge una vera e propria apoteosi.

Uno dei motivi di attrazione della negazione dell’Olocausto per gli arabi antisemiti risiede nel fatto che interpretano la negazione della Shoah come una sfida radicale ai fondamenti morali dello Stato ebraico. Leader e intellettuali arabi e palestinesi sono stati particolarmente attivi nel promuovere questo sforzo. Così, il leader palestinese Hamas Khalid Mashaal su Al-Jazeera TV (16 luglio 2007) ha voluto “far capire all’Occidente e al popolo tedesco che venivano ricattati” a causa di ciò che il nazismo aveva fatto ai sionisti. Per Mashaal, era evidente che ciò che Israele aveva fatto al popolo palestinese era molto peggio di quello che il nazismo aveva fatto agli ebrei. Questa convinzione era condivisa anche da Mahmoud Abbas (meglio noto come Abu Mazen), l’architetto degli accordi di pace di Oslo, a capo dell’Autorità palestinese, che abbracciò la negazione dell’Olocausto più di trentacinque anni fa. Infatti,scrisse un saggio tratto dalla sua tesi di dottorato, discussa a Mosca nel 1982, sui Rapporti segreti tra il Nazismo e il Movimento Sionista. Facendo riferimento al negazionista Faurisson, affermava che la cifra di sei milioni di morti nella Shoah era falsa, poiché gli ebrei morti nei lager erano meno di un milione.

In Iran, la negazione dell’Olocausto si è diffusa a partire dai primi anni Ottanta, a fianco delle caricature nazistedell’ebreo “talmudico”, la promozione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, e gli appelli ripetuti per sradicare il“cancro” sionista dal pianeta. Questa escalation è stata un passo logico per il radicalismo in stile Khomeini che, dal 1979, ha completamente demonizzato il sionismo come nemico del genere umano. Quindi, non sorprende che la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, abbia potuto annunciare al suo popolo che: “ci sono prove che dimostrano che i sionisti avevano stretti rapporti con i nazisti tedeschi e esageravano le statistiche sugli omicidi degli ebrei. Ci sono anche le prove che un gran numero di teppisti non ebrei e teppisti dell’Europa orientale sono stati costretti a emigrare in Palestina come ebrei (…) installare nel cuore del mondo islamico uno Stato anti-islamico con il pretesto di sostenere le vittime del razzismo”.

Il presidente iraniano Ahmadinejad ha definito nel 2005 la Shoah un mito e
“una spregevole propaganda sionista”. Molti giornalisti iraniani, prendendo spunto da queste affermazioni sconsiderate, hanno ripetuto fino alla nausea che la “lobby sionista” usava l’Olocausto. Nel dicembre del 2006, l’Iran ha ospitato una conferenza molto pubblicizzata accogliendo i più noti negazionisti. Il Ministro degli Esteri, Manouchehr Mottaki, aprì i lavori affermando che, “se la versione ufficiale dell’Olocausto è messa in dubbio, allora l’identità e la natura di Israele saranno messi in dubbio.” I partecipanti hanno in effetti messo in dubbio il fatto storico della Shoah. Il punto su cui convenivano tutti i partecipanti era che l’Olocausto era stato grossolanamente manipolato per servire gli interessi finanziari e politici di Israele. La conferenza di Teheran può essere vista come esempio di una politica antisemita.

Nel caso iraniano, la negazione della Shoah è apertamente legata all’estremo antisionismo, ad un letale antisemitismo, e alla sponsorizzazione del terrorismo globale, guidato dal culto della jihad islamica, che cerca senza sosta l’eliminazione del “tumore chiamato Israele”.

Il collegamento più noto tra negazionisti occidentali e mondo arabo si è creato in risposta al processo contro Roger Garaudy nel 1998 in Francia. È importante ricordare che in Francia vige dal 13 luglio del 1990 la Legge Gassot che con un emendamento, l’articolo 24bis alla legge del 1881 sulla libertà di stampa, rende perseguibile chiunque contesti “l’esistenza di uno o più crimini contro l’umanità” così come definiti dall’articolo 6 del tribunale di Norimberga.

Garaudy, ex comunista convertitosi al cattolicesimo ed in seguito all’islam, nel novembre del 1995 pubblicò per la casa editrice la Vieille Taupe un pamphlet intitolato Les mythes Fondateurs de la Politique Israélienne, in cui sosteneva che lo Stato d’Israele, con la connivenza delle potenze occidentali e sovietiche interessate a distogliere l’attenzione dai propri crimini di guerra, avrebbe sfruttato il “mito dell’Olocausto” per legittimare la propria politica espansionistica agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. A corredare l’accusa, l’insinuazione che i miti fondativi di cui al titolo fossero delle costruzioni fittizie. Di qui l’accenno alla possibilità che gli ebrei non fossero stati sistematicamente uccisi nei lager, e che le camere a gas fossero un’invenzione della propaganda sionista. Garaudy scriveva che “l’unica soluzione finale consisteva, dunque, nello svuotare l’Europa dagli ebrei, allontanandoli sempre più, fino a che la guerra (supponendone la vittoria) avesse permesso di sistemarli tutti in un ghetto fuori dall’Europa (come suggeriva il progetto Madagascar). Questo Shoah Business non utilizza che “le testimonianze” sulle diverse maniere di “gassare” le vittime, senza che mai ci vengano mostrate le modalità di funzionamento di una sola “camera a gas” (di cui Leuchter ha dimostrato l’impossibilità fisica e chimica)”. Da notare che la frase camere a gas nelle pagine del lavoro di Garaudy è sempre virgolettata, in modo da sottolinearne la caratteristica di falsità.

Garaudy fu processato e condannato ad una multa di 120.000 franchi. Nel corso del processo, fu venerato come eroe e ricevette una vasta attenzione mediatica in Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Iran, Siria, Libano, Giordania, e territori palestinesi.

L’affaire Garaudy ha evidenziato la vitalità della negazione antisemita e antisionista dell’Olocausto in Iran e nel mondo arabo. Le traduzioni delle opere di Garaudy in arabo sono diventate best-seller in molti paesi del Medio Oriente, anche se in Francia è stato condannato per incitamento all’odio razziale. Il cemento ideologico dietro l’effusione di solidarietà verso Garaudy è stato un antisemitismo che ha definitivamente bollato l’Olocausto come una cospirazione ebraica e una diabolica “invenzione sionista”. Quindi,la reazione favorevole alle tesi di Garaudy da parte di giornali e politici arabi,come lo sceicco Muhammad al-Tantawi, leader politici libanesi, come il defunto presidente Rafiq Hariri, o noti intellettuali come Mohammed Hassanin Haikal, acquisisce una diversa dimensione.

Dal 1990, la negazione dell’Olocausto è diventata un fenomeno molto più ampio e diffuso in tutto il Medio Oriente. Dal 2000, si riscontra un aumento del numero di funzionari palestinesi, di Hamas e Hezbollah,iraniani e siriani, che fanno pubblicamente dichiarazioni negazioniste dell’Olocausto. Nei media egiziani, giordani e sauditi, dove l’antisemitismo è stato a lungo dilagante, la retorica negazionista relativa allo sterminio degli ebrei europei è diventata un tema molto comune. Ciòè importante per la nostra analisi, perché la negazione dell’Olocausto è particolarmente insidiosa e rappresenta una forma di incitamento all’odio antiebraico. Questo è il motivo per cui i negazionisti sono stati chiamati “assassini della memoria”, fanatici impegnati in un nuovo tipo di genocidio simbolico del popolo ebraico. Dove le folle una volta gridavano“morte agli ebrei,”ora è come se i negazionisti proclamassero cinicamente che “gli ebrei non sono mai morti”.

Più di recente i palestinesi e i loro sostenitori hanno ampliato la campagna di delegittimazione attraverso una negazione totale della storia ebraica e del legame tra ebrei e terra di Sion. I nemici di Israele cercano sempre più di minare le radici della storia, della religione, della memoria culturale e nazionale, e dell’identità ebraica ponendo un accento particolare sull’univoco carattere arabo di Gerusalemme. Già a Camp David nel 2000, il leader palestinese Yasser Arafat ha insistentemente negato che gli ebrei avessero costruito il primo e il secondo Tempio a Gerusalemme. Allo stesso modo, l’allora muftì di Gerusalemme Ikrama Sabri, nel 2001, ha dichiarato pubblicamente che il Muro del Pianto nella Città Santa non aveva alcun collegamento con il passato ebraico ed era semplicemente una truffaorganizzata da ebrei “ingannatori” per imbrogliare i musulmani e l’intero mondo gentile. Da allora, vi è stato uno sforzo sistematico per distruggere eventuali tracce materiali o resti archeologici dell’antica presenza ebraica a Gerusalemme, all’interno di una più ampia strategia di delegittimazione di Israele.

Il fatto che i Templi di Gerusalemme siano menzionati non meno di 534 volte nella Bibbia ebraica e ben 70 volte nel Nuovo Testamento, non scoraggia,naturalmente, coloro che nutrono sentimenti antiebraici e anti-israeliani. Il negazionismo palestinese ha comunque trovato un terreno fertile, che attinge ai miti nazionali arabi, al fanatismo islamico e alle radicate correnti anti-ebraiche presenti nella teologia cristiana. Ancora una volta, l’antisemitismo e l’antisionismo convergono facilmente nel loro obiettivo comune – smantellare lo Stato ebraico e restituire il popolo di Israele a una condizione di esilio e impotenza– quella di “ebrei erranti” in balia dei loro aspiranti persecutori.

Data la profondità del sentimento anti-ebraico nel mondo arabo, non sorprende chealcuni dei temi più bizzarri dell’antisemitismo europeo abbiano toccato delle corde sensibili quando si sono diffusi nel corso dei secoli in Medio Oriente.

Per questa ragione, la concezione biblica del popolo eletto è soggetta a particolare scherno: Anis Mansur la qualifica come “la quintessenza del giudaismo degli ebrei…padroni dell’Universo- dei suoi popoli, delle terre e delle cieli…ai quali tutti gli altri popoli sono servi, immeritevoli della fede nel Dio ebraico”. Secondo questa dottrina, è attribuita agli ebrei la licenza di maltrattare i non ebrei, facendo esplicito riferimento all’accusa del sangue, la calunnia antisemita di età medievale secondo cui gli ebrei userebbero il sangue dei gentili, e in particolare il sangue dei bambini cristiani, a scopo rituale. Importata nell’Impero Ottomano dai cristiani nel Quattrocento, questa menzogna ha acquisito uno status mitico, raggiungendo un picco di popolarità nel XIX secolo.L’accusa del sangue è stata rapidamente interiorizzata dall’immaginario musulmano, dove ha messo salde radici.

Il tema antisemita di maggior successo importato nel mondo arabo è sicuramente quello che fa riferimento alla teoria di un complotto ebraico organizzato per ottenere il dominio del mondo, come viene enunciato nel famigerato libro I Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Questo libro di virulento antisemitismo, fabbricato dalla polizia segreta russa a cavallo del ventesimo secolo,fece la sua comparsa in Europa occidentale durante e subito dopo la prima guerra mondiale. Già nel 1918, a Chaim Weizmann, in viaggio in Palestina con la Commissione Sionista, si presentarono alcuni interlocutori arabi con le copie del Protocolli. Tradotto in arabo a metà degli anni Venti, il libro ha mantenuto il suo fascino popolare fino ad oggi, pubblicato in numerose edizioni e in diverse traduzioni, tra cui una per il fratello del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser (Nasser stesso consigliò l’opuscolo come utile guida per capire la‘mente ebraica’, come avrebbero fatto il suo successore Anwar Sadat, il re Faisal dell’Arabia Saudita e Muammar Gheddafi, tra i tanti).

Come per l’accusa del sangue, la popolarità stupefacente dei Protocolli è direttamente correlata al disprezzo millenario verso gli ebrei in quanto infidi e traditori. Secondo un filone di pensiero arabo-musulmano in materia, ciò che si cela dietro il concetto della supremazia del popolo eletto è, infatti, un perverso complesso di inferiorità che risale ai tempi biblici. Quando gli antichi regni ebraici furono distrutti, questo complesso di inferiorità fu trasformato in una volontà di occupare le terre confinanti per ottenere un controllo finanziario, economico, e politico dovunque gli ebrei avessero vissuto. Il sionismo è considerato una risposta a questo impulso –la volontà di occupare le terre straniere, assoggettandone le popolazioni, giustificandosi con le promosse bibliche.

Quando, inoltre, i sionisti sono riusciti a sfruttare il sostegno internazionale per la loro impresa – nella forma della Dichiarazione Balfour e con l’approvazione delle sue promesse da parte della Società delle Nazioni – hanno utilizzato (così viene esplicitato l’argomento) gli stessi metodi ripugnanti usati contro il profeta Maometto.

Durante gli anni Venti e Trenta, le percezioni tradizionali islamiche si fusero con i temi articolati nei Protocolli per creare una versione decisamente mediorientale della teoria di un complotto ebraico finalizzato a dominare il mondo.

Le teorie della cospirazione anti-israeliane e antisemite,cresciute nel mondo arabo e musulmano dopo l’11 settembre, non sono dunque nuove. Rivelano una miscela altamente infiammabile di anti-occidentalismo, fanatismo ideologico, odio, e irrazionalità che sta alla base di un filone significativo del pensiero musulmano contemporaneo. L’atteggiamento verso gli ebrei, in particolare, con il suo linguaggio veemente e l’accento sulle “soluzioni radicali”è inquietante dato che ricorda gli anni Trenta e Quaranta della storia europea. Gli stereotipi antisemiti sono frequenti in Giordania e in Egitto, che hanno sottoscritto trattati di pace con Israele, ma anche in Siria,nei territori soggetti all’Autorità Palestinese, in Arabia Saudita, o in altri Stati del Golfo. Gli esempi abbondano e potrebbero essere moltiplicati fino alla nausea.

Una caratteristica centrale dell’antisemitismo arabo è stato e rimane il rifiuto categorico di accettare il diritto di Israele ad esistere e la sua legittimità morale. Questa premessa fondamentale è stata aggravata da un’educazione inesorabilmente diretta verso l’odio per Israele e per gli ebrei. In questa propaganda, Israele è il capro espiatorio per la continua incapacità araba di raggiungere l’unità politica, lo sviluppo economico, o altri obiettivi nazionali. La frustrazione per la mancata modernizzazione ha portato ad uno spostamento di rabbia verso gli ebrei e lo Stato ebraico come “agente dell’imperialismo occidentale, della globalizzazione, e di una cultura modernista invasiva nella regione”.

Gli israeliani sono semplicemente una accozzaglia di senza radici, ebrei nomadi che illegalmente hanno usurpato una terra che non era propria al fine di creare uno Stato “nazificato” sulla base di sogni di dominazione del mondo come stabilito nei Protocolli. Israele è un’entità “artificiale” e uno Stato malvagio, che sfrutta la religione giudaica “imperialista” e il suo concetto di “popolo eletto” per strappare sempre più terra araba;è simile alla diffusione di un cancro che deve essere rimosso chirurgicamente.

L’antisemitismo arabo e musulmano ha sempre avuto un caratteristica politica molto forte che deriva dalla intensità del conflitto arabo-israeliano. Ma la dimensione territoriale del conflitto israelo-palestinese non deve farci dimenticare il fatto che l’antisemitismo ha una dinamica autonoma. Sussiste una distintiva struttura sottostante l’ideologia antisemita arabo-musulmana, al di làdelle circostanze politiche immediate, della propaganda dei governi, del conflitto territoriale con Israele e dell’uso strumentale di stereotipi e simboli anti-ebraici importati dall’Occidente.

Il risentimento storico contro il colonialismo e l’imperialismo occidentale, così come l’amarezza provocata dalla sconfitte consecutive per mano degli israeliani, hanno notevolmente peggiorato il contesto culturale e politico;le teorie del complotto che postulano un “sionismo internazionale” bloccato in un’eterna inimicizia verso la nazione araba sono sempre più diffuse tra i nazionalisti arabi come nei circoli fondamentalisti. I nazionalisti pan-arabi, già prima del 1967, consideravano l’esistenza e il consolidamento di Israele come una “sfida di civiltà”, un sintomo patologico della debolezza degli arabi e della loro arretratezza. Quello che era particolarmente incomprensibile era che la precedenza impotenza e debolezza ebraica avessero lasciato il posto ad uno Stato ebraico indipendente in grado di sconfiggere diversi eserciti arabi sul campo di battaglia. Si può forse meglio spiegare la peculiare rabbia emotiva dietro l’antisemitismo arabo-musulmano come un tentativo di deviare i traumi irrisolti inflitti sulla psiche araba dal valore militare e tecnologico di Israele.

La guerra dei Sei Giorni ha intensificato notevolmente la demonologia del sionismo e degli ebrei, soprattutto tra i fondamentalisti islamici. Vi era un profondo senso di umiliazione per la perdita di terra islamica nel 1967 e la conquista di Gerusalemme da parte degli israeliani; non a caso, i fondamentalisti ora considerano il conflitto nei termini di una lotta tra l’Islam e gli ebrei-una battaglia di cultura, di civiltà e di religione. Le vittorie israeliane sono diventate per loro un sintomo del malessere dell’Islam e del suo degrado, della sua incapacità di recuperare le fonti religiose della sua gloria passata e superare le sfide poste da una“decadente”, anche se apparentemente potente, modernità occidentale.

Un rifiuto radicale di tutte le caratteristiche occidentali e la convinzione che solo l’Islam sia la soluzione si sono uniti ad una visione di Israele come nemico e minaccia mortale. La paura esistenziale che sta dietro gran parte dell’antisemitismo islamico e arabo ricorda il paradigma nazista dell’odio antiebraico e lo fa sembrare particolarmente dinamico, volatile e persino genocidiario nelle sue implicazioni.

Israele e gli ebrei sono percepiti non solo come una minaccia militare, politica, e economica per gli arabi e l’Islam, sono anche un simbolo di tutte le fobie provocate dal secolarismo e dai“veleni” della cultura occidentale-pornografia, AIDS, prostituzione, musica rock, Hollywood, il consumismo di massa, la criminalità, la droga e l’alcolismo.

Una delle caratteristiche più evidenti del contemporaneo antisemitismo arabo-islamico è la staticità dei suoi stereotipi. Gli ebrei sono costantemente denigrati come irrimediabilmente malvagi, corrotti, immorali, intriganti, ingannevoli, creature avide, vilipesi come razzisti, colonialisti e fascisti,“vampiri” che succhiano sangue arabo.

In conclusione, è possibile affermare che rimangono ancora drammaticamente attuali le parole del compianto Robert Wistrich nel saggio Antisemitism: The Longest Hatred: “un’ideologia araba anti-ebraica si è cristallizzata e ha acquisito un proprio slancio nel corso degli ultimi decenni, uno slancio che ha distorto l’immagine dell’Ebreo in modalità storicamente senza precedenti per il mondo islamico”.

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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:52 am

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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:53 am

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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:53 am

8)
Il caso di Eitan il bambino ebreo israeliano (2021)



Eitan è un ebreo cittadino israeliano e non italiano.
viewtopic.php?f=197&t=2972

Deve essere un tribunale israeliano e non italiano a decidere a chi affidare Eitan che è cittadino israeliano.
Italiani non rubate i bambini di Israele dopo avergli ucciso i genitori per criminale avidità e irresponsabilità civile.
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts/960265027883601

Abbiate rispetto per l'ebreo israeliano Eitan che è ebreo di etnia, di nazionalità, di cultura e di religione ed è cittadino di Israele che è lo stato nazionale degli ebrei etnici e religiosi.
Abbiate rispetto della sua identità e dei suoi diritti umani, civili e politici.

Eitan dovrebbe vivere e crescere nella terra dove sono nati e cresciuti e dove sono sepelliti i suoi genitori, ossia Israele e non Italia dove sono stati uccisi.
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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:53 am

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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:54 am

9)
L'antisemitismo sinistrato, ateo, social comunista e pentastellato



D'Alema: "La sinistra ha abbandonato i palestinesi, grave mancanza di memoria storica dell'Italia"
Giulio Alibrandi
20 Mag. 2021

https://www.tpi.it/cronaca/dalema-sinis ... 520786723/

L’Italia ha abbandonato i palestinesi, tradendo una lunga tradizione politica rappresentata da figure come Enrico Berlinguer, Bettino Craxi e Aldo Moro. Lo ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano Massimo D’Alema, che ha parlato di una mancanza di memoria storica dell’Italia “grave”. “L’Italia è un paese che ha avuto una politica di amicizia per i palestinesi, un patrimonio che non è stato solo della sinistra, ma di tutte le forze democratiche, da Enrico Berlinguer a Bettino Craxi, ad Aldo Moro e molti altri”, ha detto.

L’ex presidente del Consiglio sostiene che oggi “neppure le migliori forze della sinistra sembrano in grado di tornare a dire la verità”, specificando che “Israele non ha il diritto di continuare a occupare i Territori palestinesi, non ha il diritto di annettere Gerusalemme e colonizzare tanta parte della Cisgiordania. Non ha il diritto di cacciare i palestinesi dalle loro case e non ha il diritto di aggredire le persone riunite in preghiera nella grande spianata di Gerusalemme”. Secondo D’Alema, la reazione di Israele agli “inaccettabili” razzi di Hamas nel conflitto scoppiato la scorsa settimana tra Israele e Gaza, il peggiore dal 2014, “finisce per colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese seminando una strage fra civili, innocenti e bambini”.

Nell’intervista D’Alema definisce “una vergogna” la politica della destra israeliana “avallata dagli Usa e non contrastata dall’Europa, che ha finito per rafforzare Hamas” affermando di non temere accuse di antisemitismo. “Io non sono antisemita, mio padre ha combattuto contro i nazisti, mio nonno era un antifascista che, lavorando alle Poste, intercettava le lettere di denuncia per cercare di salvare le famiglie degli ebrei dalla deportazione”. “Colpisce che in prima fila con Israele ci sia la destra nazionalista venata di razzismo”, ha detto D’Alema, accusando la “destra erede dell’antisemitismo” di aver convertito quel sentimento in “anti-islamismo”.

Secondo l’ex ministro degli Esteri del secondo governo Prodi, “la solidarietà verso i palestinesi è stata erosa negli ultimi 15 anni, in cui è maturato un sentimento anti-arabo che ha assunto forme crescenti di islamofobia”, un processo che “ha riguardato l’intera Europa, che pure formalmente non riconosce l’annessione di Gerusalemme”.

D’Alema è tornato anche sulla manifestazione al ghetto ebraico di Roma, parlando di cedimento culturale “drammatico”. All’evento hanno preso parte i leader dei principali partiti presenti in parlamento tra cui anche Enrico Letta, segretario del Partito democratico, che D’Alema ha lasciato nel 2017. Il presidente della Fondazione Italianieuropei ha espresso ottimismo per l’iniziativa di alcuni membri del partito democratico statunitense, “che cominciano a far circolare la parola d’ordine Palestinian lives matter”.

Nel resto dell’intervista, D’Alema ha osservato che “il ruolo dell’Italia si è ridotto negli ultimi dieci anni” e ha detto che papa Francesco è “l’unico grande leader occidentale” che sembra essere consapevole dell’importanza del dialogo con paesi considerati ostili all’occidente, come l’Iran.

L’ex presidente del Consiglio è finito al centro delle polemiche la settimana scorsa, quando è emerso che la Fondazione degli studi progressisti (Feps), la fondazione dei socialisti europei che ha guidato dal 2010 al 2017, lo ha citato in giudizio per chiedere la restituzione di circa 500mila euro. L’ex segretario dei Democratici di sinistra sostiene di aver ricevuto i compensi legittimamente, in base a un contratto da circa 120mila euro l’anno siglato nel 2013 con il segretario generale della Fondazione, il tedesco Ernst Stetter, di cui però all’organizzazione non risulterebbe traccia.


Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2804



L'invito alla Camera che imbarazza la Boldrini
Laura Boldrini nella bufera per gli inviti ai palestinesi. Per l'ambasciata israeliana e per Fdi trattasi di "organizzazioni terroristiche"


Francesco Boezi
21 Dicembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 97485.html

L'ex presidente della Camera Laura Boldrini rischia di essere travolta da una bufera. L'esponente politico di sinistra è al centro di un caso per via dell'invito che ha inoltrato a Al Haq e Addameer presso la Camera dei deputati.

Si tratta di due Ong facenti parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina che l'ambasciata israeliana a Roma non ha esitato a definire "organizzazioni terroristiche". Ma anche la politica italiana è scesa in campo su quanto accaduto, stigmatizzando l'iniziativa presa dalla Boldrini e la presenza di quelle organizzazioni presso una sede istituzionale.

L'onorevole Andrea Delmastro, esponente da Fratelli d'Italia, ha inviato una nota secondo cui l'ex funzionario dell'Onu e terza carica dello Stato avrebbe invitato, presso la commissione Esteri della Camera, delle persone ritenute vicine ad organizzazioni terroristiche palestinesi. Delmastro ha espresso quello che chiamare disappunto sarebbe eufemistico.

Tutto ruota attorno ai presunti legami degli invitati della Boldrini con il terrorismo:"A distanza di un mese dalla scioccante scoperta, avvenuta a seguito di una mia interrogazione, che i soldi della cooperazione internazionale della Farnesina finiscono ad organizzazioni terroristiche - ha premesso l'esponente del partito guidato da Giorgia Meloni - , veniamo a sapere che Laura Boldrini ha invitato in commissione Esteri, e segnatamente alla sottocommissione per i Diritti Umani, personaggi politici legati a organizzazioni terroristiche in Palestina".

Delmastro ha poi incalzato: "La Farnesina finanzia indirettamente organizzazioni terroristiche e la Camera dei Deputati diventa il loro palcoscenico. La politica estera in era pentastellata e sinistra - ha proseguito il meloniano - oscilla fra regimi brutali come quello cinese, regimi dittatoriali come quello di Maduro e terrorismo internazionale: siamo oltre la decenza". Viene posto anche un accento, dunque, sulla prossimità ideologica del MoVimento 5 Stelle con il Venezuela, la nazione che è al centro del caso della presunta valigia di cui Il Giornale ha scritto in più circostanze.

Stando a quanto ripercorso dall'agenzia Nova e come premesso, anche l'ambasciata israeliana a Roma ha condannato l'invito della Boldrini: è il termine "scioccato" a fare capolino per via della presenza di "terroristi e organizzazioni terroristiche" che hanno avuto modo di dire la loro sui "diritti umani alla Camera dei deputati". Ma non solo: l'ambasciata israeliana ha rimarcato pure la presenza in Commissione di Shawan Jabarin, che è stato definito, senza troppi giri di parole, come un "terrorista condannato".

La Boldrini, dal canto suo, ha difeso la sua iniziativa, parlando di legittimità in merito alla presenza delle due Ong: "Premesso che il Comitato, organismo interno alla Commissione Affari Esteri, nell'ambito della sua indagine conoscitiva ascolta la voce di decine di organizzazioni e personalità per raccogliere informazioni e opinioni, senza doverli necessariamente per questo condividerle, considero le affermazioni contenute nella nota dell'Ambasciata del tutto inesatte e improprie", ha fatto presente la parlamentare.



Voci critiche da Israele sulle armi nucleari di casa propria
Luciana Borsatti
30 dicembre 2021

https://www.huffingtonpost.it/entry/voc ... mg00000003

“Le sanzioni non hanno messo in ginocchio gli iraniani, i misteriosi attacchi contro scienziati e installazioni iraniane non fermano gli ayatollah, e a Washington c’è un presidente che si tiene a distanza dal Medio Oriente. Ci rimane l’opzione di un attacco militare diretto contro i reattori iraniani, a qualunque costo, con perdite di vite umane sul fronte interno, spese di miliardi di shekel e danni alle relazioni estere di Israele”. L’analisi, ben lontana dai toni bellicosamente assertivi cui ci ha abituati l’ex premier Benjamin Netanyahu, giunge proprio da Israele – o meglio dalle colonne di Haaretz, autorevole voce della sinistra liberale, in un articolo di opinione di Akiva Eldar.

Il suo articolo giunge nei giorni della faticosa ripresa dei negoziati a Vienna sul ritorno all’accordo sul nucleare iraniano da parte degli Usa – che lo avevano unilateralmente abbandonato nel 2018 – ma anche di Teheran, che ha di molto accelerato la sua corsa all’arricchimento dell’uranio (ormai fino al 60%, mentre la soglia dell’uso militare è del 90% circa) in reazione alle sanzioni e alla “massima pressione” Usa incoraggiata da Israele, pervicacemente attuata dall’ex presidente Trump e proseguita con il suo successore Biden. E mette in piazza un tema scomodo, quello dell’iniziativa delle Nazioni Unite per un Medio Oriente privo di armi nucleari: progetto che vedrebbe Israele per primo, e non l’Iran, costretto a riconoscere di possedere da decenni un arsenale di armi atomiche mai ammesso ufficialmente, ma da sempre attribuitogli da “fonti straniere”.

Questo “bluff” ha “funzionato meravigliosamente per decenni”, scrive Eldar, e così anche la consueta formula “secondo fonti straniere”. Tre anni fa, ricorda, Russia e Cina erano tra gli 88 sostenitori di una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu per la convocazione di una conferenza per istituire una zona libera da armi nucleare e di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction Free Zone, sulla quale si tenne una conferenza internazionale nel 2019 e un’altra nel novembre scorso), mentre vi si opposero Usa e Israele, insieme a Liberia e Micronesia.

La questione non viene sollevata a caso su Haaretz, visto che dal 4 al 28 gennaio si terrà a New York la decima Review Conference dei firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare (Ntp): trattato al quale aderisce l’Iran ma, appunto, non Israele, che si stima possieda almeno una novantina di testate nucleari al plutonio e non prevede ispezioni dell’Aiea nel suo impianto di Dimona.

Ora, a gennaio, “Israele presenterà la minaccia nucleare iraniana come un pericolo per la pace mondiale”, prevede Eldar. Inoltre “lo stesso Paese, che (in base a rapporti stranieri), è stato immerso nel nucleare fino al collo per anni, cercherà di far fallire l’iniziativa per una demilitarizzazione nucleare del Medio Oriente”.

Ma la questione è ben presente anche in Iran. Tant’è vero che a metà dicembre Hossein Shariatmadari, direttore del quotidiano ultraconservatore Kayhan nominato direttamente dalla Guida Ali Khamenei, ha proposto che l’Iran dilazioni i negoziati di Vienna finché Israele (e altri Paesi come India a Pakistan) rinuncino ai propri arsenali nucleari. E si è anche chiesto, l’editorialista di Kayhan, perché mai l’Iran continui ad aderire all’Npt considerato che potrebbe uscirne in base all’art.10, che prevede tale possibilità in caso vi siano stati eventi straordinari che minacciano la sicurezza nazionale del paese aderente.

D’altronde, scrive ancora su Haaretz Anshel Pfeffer - in un recente articolo sul fatto che per Putin, Xi e Khamenei l’ordine americano del mondo è ormai finito - l’Iran non ha alcuna necessità di arrivare alla soglia della capacità di fabbricare un ordigno nucleare: ha già mostrato infatti che, nonostante le sanzioni, i sabotaggi e gli assassini dei suoi scienziati, anch’essi “attribuiti a Israele”, sarebbe in grado di farlo in un paio di mesi. Cosa di cui ora non sarebbe capace, aggiungiamo noi, se l’accordo del 2015 non fosse stato gettato alle ortiche da Washington e Teheran avesse potuto continuare a rispettarlo come stava facendo.

“Gli Usa non lo fermeranno – aggiunge Pfeffer – e anche Israele, nonostante i baldanzosi proclami di alcuni suoi leader e generali, probabilmente non ha la piena capacità di farlo”. D’altronde, osserva ancora il giornalista di Haaretz, “Israele non ha molte ragioni per lamentare” il mancato rispetto delle regole da parte di altri: “dopo tutto, con successo le ha ignorate e ha disprezzato ogni pressione per porre fine all’occupazione militare dei palestinesi per 45 anni”.



Ma leggete che cosa scrive questa “giornalista” sull’Huffingtonpost: Israele è sullo stesso piano dell’Iran, e anzi forse sono le sue armi nucleari che minacciano l’Iran, e non l’opposto. Come sarebbe diverso il mondo se si fosse deciso di denuclearizzare il M.O.: oggi sarebbero rose e fiori per tutti.
Emanuel Segre Amar
30 dicembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 8725798212

E poi, insomma, l’Iran, che se non fosse per colpa di Trump, non avrebbe mai fatto ciò che sta facendo (ma l’arricchimento tenuto nascosto agli ispettori?), in fondo è arrivato solo al 60%, mica al lontano, ma necessario 90%? Basta non dire che il 60% (ma nemmeno il 10%) non serve per scopi civili, e poi il gioco di ingannare il lettore sprovveduto è fatto.


Alberto Pento
Certo è Israele che minaccia e aggredisce l'Iran attraverso gli hezbollah in Libano, attraverso i pasdaran in Siria, Hamas e Gaza; ed è sempre Israele che a Gerusalemme ha un orologio che conta i giorni che mancano alla totale distruzione dell'Iran!
https://www.israele.net/a-teheran-hanno ... di-israele





Il demenziale pentastellato sinistrato Di Battista

Nell'era dell'ipocrisia e della strumentalizzazione facile basta esprimere solidarietà al popolo palestinese per essere accusati di antisemitismo.
Alessandro Di Battista
5 gennaio 2022

https://www.facebook.com/dibattista.ale ... 5875298775

Nell'era dell'ipocrisia e della strumentalizzazione facile basta esprimere solidarietà al popolo palestinese per essere accusati di antisemitismo. Tra l'altro anche i palestinesi sono un popolo di origine semita. Ma il punto qui è un altro. Oggi è sempre più difficile esporsi a favore dei diritti di un popolo martoriato, ghettizzato e sotto occupazione come quello palestinese. Si rischia il “linciaggio” a mezzo social. La solita disavventura mediatica è appena capitata ad Emma Watson, la popolare attrice britannica. Per aver pubblicato su instagram una foto di una manifestazione pro-Palestina con la frase "La solidarietà è un verbo" si è beccata la solita accusa di antisemitismo. Sono i consueti “manganelli” mediatici e servono a bastonare coloro che osano esprimere solidarietà ai palestinesi. In passato hanno colpito Roger Waters, Oliver Stone, Ken Loach e tutti coloro che hanno osato schierarsi. Colgo l'occasione per ripubblicare un reportage che ho scritto per TPI sui campi profughi palestinesi in Libano. Evviva Hermione Granger e abbasso la pavidità!


“GLI ULTIMI TRA GLI ULTIMI”
"Sul lungomare di Sidone, a pochi metri dal castello che i crociati costruirono su un isolotto che ospitava un tempio fenicio, decine di pescatori lanciano le lenze nel Mediterraneo orientale. Per molti la pesca non è più solo un hobby. E' il modo per rimediare un pasto in un Paese dilaniato dalla povertà. L'esplosione nel porto di Beirut del 2020 ha peggiorato le condizioni economiche del Paese già deficitarie per via della guerra civile del 1975, dei bombardamenti israeliani del 2006 e della crisi economica del 2019. Il Libano è uno dei paesi più piccoli al mondo. L'Abruzzo è più grande. Gli abitanti sono poco più di 6,5 milioni e tra questi, oltre 400.000, sono rifugiati palestinesi. A pochi km dal lungomare di Sidone c'è il campo profughi più grande del Libano. Si chiama Ein al-Hilweh ed è un mondo a parte. Qui i primi profughi palestinesi, costretti a lasciare le loro terre, arrivarono nel 1948. Da 73 anni sperano di tornare a casa. I primi arrivati sono ormai morti mentre la maggior parte degli attuali abitanti di Ein al-Hilweh non hanno visto altro che il campo. Prigionieri sebbene non abbiano commesso alcun reato. Oggi ai palestinesi si sono aggiunti i profughi siriani fuggiti dall'ennesima guerra per procura combattuta per ragioni che nulla hanno a che vedere con i diritti umani. Ein al-Hilweh è diviso per zone ed ognuna di esse è sotto il controllo delle organizzazioni politiche palestinesi e dei lori rispettivi bracci armati. Ci sono settori controllati da Al-Fatah, il partito di Abū Māzen per anni guidato da Arafat e altri governati da Hamas. Esercito e polizia libanese qui non entrano. In cambio, davanti alle moschee, uomini armati di kalashnikov sono responsabili della sicurezza del campo. Sebbene Ein al-Hilweh sia il campo più popoloso del Libano la povertà non è paragonabile a quella di Burj Albarajne, un campo che si trova tra l'aeroporto ed il centro storico di Beirut. E' difficile trovare al mondo un altro luogo con una carenza tale di diritti. La maggior parte degli abitanti di Burj Albarajne sono indigenti. Il sistema fognario è precario, l'acqua è salata a tal punto da essere imbevibile, il sovraffollamento è spaventoso e la rete elettrica, oltre ad essere deficitaria, uccide. Sì uccide. Ogni anno, mediamente, una dozzina di abitanti del campo muore fulminata da un filo della luce esposto che viene giù per via della pioggia o per l'assenza della minima manutenzione. Se nel Libano di oggi è sempre più complicato accedere alle cure o procurarsi una medicina, nei campi profughi risulta spesso impossibile. Tuttavia, oltre all'intollerabile mancanza di diritti economici e sociali, è l'assenza di diritti civili e politici a dare il voltastomaco. Nel mondo occidentale si parla spesso di profughi. Politici ed opinionisti si dividono su come gestire i flussi migratori, sul pagare o meno Erdogan che minaccia l'Europa con l'arma dei rifugiati, su come comportarsi con i migranti che vivono nei campi nella periferia di Atene o con quelli che tentano di attraversare il canale di Sicilia o lo stretto di Gibilterra. Ma sui profughi palestinesi non si divide nessuno perché, semplicemente, nessuno ne parla. I palestinesi sono gli spettri del mondo alla rovescia che è meglio non mostrare. Poveri, disoccupati, profughi e senza una patria dove un giorno far ritorno o, quantomeno, sognare di farlo. Ai profughi palestinesi manca addirittura la speranza, una delle poche cose che tiene in vita. Questo in virtù dell'ipocrisia che caratterizza la politica mondiale. “Sostengo l'idea di due popoli e due Stati” dicono i farisei moderni. Salvo poi dimenticare che esistono due popoli ma non esistono due Stati. Lo Stato di Palestina in pochi hanno il coraggio di riconoscerlo e soprattutto, di fatto, non esiste. La maggior parte delle terre lasciate dai profughi palestinesi sono oggi occupate dagli israeliani ma anche la Cisgiordania è sotto occupazione. Lo sanno i perbenisti di oggi che anche nelle enclave palestinesi della Palestina continuano a crescere illegalmente le colonie israeliane? Lo sanno gli ipocriti moderni che i soldati israeliani fanno il bello ed il cattivo tempo anche a Ramallah, Hebron o nei quartieri arabi di Gerusalemme? Lo sanno i sepolcri imbiancati della pseudo-sinistra che in Cisgiordania la moneta che si usa è lo shekel israeliano? Probabilmente no, ma anche se lo sapessero insisterebbero con la litania dei “due popoli e dei due Stati”, tanto per lavarsi le mani come tanti Ponzio Pilato moderni. Se ne lavano le mani delle tragedie che necessitano risposte politicamente scorrette. Oppure si voltano dall'altra parte. Quel che non possono fare gli abitanti di Burj Albarajne i quali, dovunque guardino, vedono miseria, mura pericolanti, infiltrazioni di acqua e di rabbia che l'ignavia dei potenti non fa altro che alimentare. La questione palestinese, che negli anni 80' era oggetto di dibattiti parlamentari, di consigli di ministri o dei discorsi alla nazione del Presidente della Repubblica, pare oggi non interessare più a nessuno. Non interessa l'angosciosa sopravvivenza dei profughi palestinesi perché interessa sempre meno schierarsi in un modo governato dal conformismo. Meglio dimenticarsi di Shatila, del suo massacro, dei suoi carnefici e delle migliaia di persone che oggi vivono in questo campo profughi tra immondizia ed indigenza. Meglio convincersi del fatto che i palestinesi siano solo fantasmi. Così se dovesse capitare di legger qualcosa sull'apartheid che vivono dentro e fuori la Palestina, si potrebbe sempre pensare ad una visione, una fantasticheria, un brutto sogno di cui scordarsi presto. Nulla a che vedere con l'incubo che vivono da 73 anni i palestinesi. Un incubo difficile da dimenticare perché non è mai finito".


Luisa Morgantini
Grazie molto di fare informazione giusta, anche in Italia sono stati fatti attacchi vergognosi alla già Presidente della Camera Laura Boldrini per avere ospitato due Ong palestinesi come Al Haq e Addameer, accusati senza prove di terrorismo.Laura ha difeso la Costituzione e la sovranità del parlamento visto l'ingerenza dell' Ambasciata Israeliana

Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2804
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:54 am

“LO STATO DI ISRAELE? UNA MONTAGNA DI MERDA E APARTHEID NAZISTA DI UN POPOLO ALTRETTANTO CRIMINALE”: BUFERA SULLE PAROLE DI UN CANDIDATO SINDACO DI SINISTRA
7 giugno 2022

https://www.facebook.com/progettodreyfu ... 1969808123

Le parole datate fra il 2011 e il 2014 sono di Michele Foggetta, esponente di Sinistra Italiana e candidato sindaco di Sesto San Giovanni, l’hinterland milanese che aprirà i suoi seggi il 12 giugno. A una settimana dal voto Foggetta finisce nell’occhio del ciclone con parole inaccettabili di evidente matrice antisemita da cui egli stesso ha cercato di smarcarsi attribuendolo a un peccato di gioventù e liquidandolo con un “mea culpa” d’ufficio: "In dieci anni, specie se sei ancora giovane (aveva 27 anni), cambi modo di parlare, di comunicare i tuoi concetti, e capisci che non sempre i governi sono effettiva espressione dei popoli che rappresentano. In dieci anni cambiano tutti. Nella vita si fanno degli errori e poi si cambia e si cresce. Il linguaggio e il merito che ho usato io nei confronti dello Stato di Israele anni fa in vecchie dichiarazioni non mi rappresentano più in alcun modo".




L'Italia antisemita e antisraeliana
viewtopic.php?f=197&t=2985
L'Italia sinistrata (atea e cristiana) antisemita: social fascista, social socialista e comunista, grillina e piddina
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 2474739090

Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra antisemiti, antiamericani e filo nazi maomettani
viewtopic.php?f=197&t=2944



Di nuovo la sinistra contro Israele
Il convegno della vergogna
Ugo Volli
31-10-2022

https://www.shalom.it/blog/italia/il-co ... a-b1122661

Stanno tornando i tempi in cui una certa sinistra italiana non aveva problemi ad appoggiare il terrorismo palestinese, ad ospitare la flottilla che cercava di aprire le porta ai rifornimenti militari a Gaza, non aveva reticenza a esprimere solidarietà alla “lotta armata” dei gruppi islamisti? Lo si direbbe guardando a un paio di episodi recenti, la candidatura nelle liste del Pd di “giovani” con un passato cospicuo di dichiarazioni anti-israeliane sui social, difesi dal partito come innocue ragazzate. E soprattutto un convegno che si è tenuto sabato scorso in un hotel alla periferia meridionale di Milano.

Il convegno

Il convegno aveva un titolo per nulla pacifico e tranquillizzante: “Gerusalemme è nostra”, anzi in inglese “Al Quds is ours” (e l’espressione stessa si contraddice, perché Al Quds viene dall’arabo Bait-ul-Muqaddas, che non è altro che la trascrizione dell’ebraico Bet Ha-Miqdash, il nome del Santuario). Al di là della filologia, dato che “nostra” vuol dire araba, musulmana, palestinese, qualunque cosa ma assolutamente non ebraica, si tratta di un programma evidentemente per nulla pacifico. Nessuna meraviglia, dato che si tratta di una pretesa continuamente ribadita dai palestinisti in tutte le sedi interne e internazionali, ma certamente non una base pere possibili trattative di pace.

I partecipanti

Il convegno era organizzato con ricchezza di mezzi e di nomi. Fra i partecipanti annunciati c’erano un po’ di membri della nomenklatura dell’Autorità Palestinese, come Rashid Al Masri (membro del consiglio centrale palestinese) Ramzy Baroud (direttore del Palestine Chronacle), Sari Zealter (dirigente dell’organizzazione dei “palestinesi all’estero”) qualche esponente delle organizzazioni islamiche come Abdallah Ben Mansur (presidente del Consiglio dei Musulmani d’Europa), Abdallah Juilio (archimandrita della chiesa greco-cattolica): tutti personaggi per un verso o per l’altro avvicinabili alle posizioni del gruppo terroristico di Hamas. Vi sono poi un paio di professionisti delle organizzazioni internazionali, naturalmente anti-israeliani (Luis Ocampo, Ben Emmerson) e perfino uno “storico” israeliano, ma da molti anni residente in Gran Bretagna, Ilan Pappé, che secondo i suoi colleghi come Benny Morris non merita questo titolo di storico, perché i suoi scritti non sono fondati sui fatti, comunque comunista e ferocemente contrario allo stato di Israele. Anche questi nomi non destano meraviglia, anche se non costituiscono certamente la premessa per un dibattito bilanciato o anche solo pacato; forse proprio per questo, per il loro evidente ruolo propagandistico non sorprendono in una manifestazione del genere.

Gli italiani

Due i partecipanti italiani annunciati. Uno è il senatore Tino Magni, appena eletto nelle liste del Pd per la componente di Sinistra Italiana: una presenza particolarmente grave proprio perché coinvolge il Pd, come hanno notato fra gli altri Mara Carfagna e Ivan Scalfarotto. Magni al convegno non si è visto, ma non ha smentito la sua adesione: forse infastidito dall’inatteso scandalo provocato dalla partecipazione di un senatore della repubblica a una manifestazione vicina al terrorismo, ha giustificato la sua assenza con diplomatici motivi di salute. C’è da dire che si sono levate alcune autorevoli voci di disapprovazione e sdegno di personaggi della politica italiana, tra cui quella di Piero Fassino. Chi è andato a Milanofiori ed è intervenuto è l’ex deputato e ancora enfant terrible o “anima pura” dei 5 stelle Alessandro Di Battista che ha fatto un intervento molto ambiguo, dicendosi convinto che la “Palestina libera” arriverà con mezzi pacifici, ma citando come esemplari e ancora valide le parole pronunciate in Parlamento da Bettino Craxi nel 1984 a sostegno della “lotta armata dei Palestinesi”, chiedendo perché se si danno armi all’Ucraina non le si forniscono ai palestinesi che resistono anch’essi a un’”occupazione”, per poi dire che è meglio non darle a tutti e due. Inutile dire che Di Battista si è detto contrario “all’ipocrisia e alla viltà” di coloro che non incoraggiano la “lotta” contro Israele.

La sostanza politica

Bisogna sempre tener presente che il terrorismo quasi mai si propone risultati diretti. Esso serve invece a suscitare attenzione e simpatia nella base delle organizzazioni che lo promuovono e nel mondo esterno. È chiaro che da alcuni anni la “lotta” palestinista contro gli ebrei e Israele ha perso rilevanza e che anche in molti paesi arabi è prevalsa l’accettazione di Israele come uno stato mediorientale legittimo e addirittura un prezioso alleato contro le mire imperialiste dell’Iran. Questa è la ragione per cui è in atto un’ondata terroristica crescente in Israele: contrastare l’irrilevanza. Manifestazioni come quella di Milanofiori servono a fare da eco a tale tentativo di recuperare la centralità diplomatica e le prima pagine dei giornali. Il fatto che esponenti non secondari dell’estrema sinistra vi si prestino e dunque incoraggino la continuazione di tali attività, appoggiando organizzazioni socialmente reazionarie contro donne, gay, minoranze, oltre che palesemente terroriste, dovrebbe molto far riflettere.
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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:54 am

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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:55 am

10)
L'antisemitismo UE, BDS, la Corte Penale Internazionale e degli stati europei


La Corte Penale Internazionale contro Israele, Corte antisemita internazi comunista e filo nazi maomettana.
viewtopic.php?f=197&t=2946

La demenziale Europa antisemita e filonazimaomettana boicotta Israele, io no!
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =92&t=2010



La sentenza sui fatti del 25 Aprile 2018. "Minacciarono gli ebrei": tutti assolti
I giudici di Milano non si smentiscono mai: insultare la Brigata ebraica non è un reato

Cristina Bassi
29 Aprile 2022 - 06:00

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1651209801

Milano. Tutti assolti a Milano dai reati contestati con l'aggravante dell'«odio etnico e razziale» gli antagonisti che al corteo del 25 Aprile del 2018 hanno contestato e insultato la Brigata ebraica. Fatti che si ripetono a ogni corteo della Liberazione, tuttavia gli episodi del 2018 sono i primi di questo tipo, finora, ad approdare a processo. La Procura non ha impugnato le assoluzioni.

La sentenza è arrivata lo scorso ottobre e sono poi state pubblicate le motivazioni della Quarta sezione penale presieduta dal giudice Nicoletta Marchegiani. Tra i quattro antagonisti anche Claudio Latino, 64 anni, già condannato anni fa dopo l'operazione antiterrorismo «Tramonto». Il pm Leonardo Lesti aveva chiesto pene dai tre agli otto mesi, i difensori, gli avvocati Benedetto Ciccarone, Giuseppe e Margherita Pelazza, l'assoluzione. Latino e un altro imputato, E.B., erano accusati di minacce aggravate ai rappresentati della Brigata ebraica. In particolare di aver mimato «il gesto dello sgozzamento» e «la sventagliata di una mitragliatrice». A.P. di aver lanciato una bottiglietta d'acqua contro la Brigata per «offendere o imbrattare», con la medesima aggravante. E D.L.C. di aver colpito in testa un poliziotto con una canna da pesca usata come asta da bandiera. Quest'ultimo è stato l'unico condannato, per resistenza a pubblico ufficiale (non aggravata), a sei mesi di carcere. Tutte le scene sono state riprese dai video della polizia.

Le indagini hanno ricostruito che gli imputati sventolavano bandiere palestinesi e inneggiavano contro Israele. Al passaggio della Brigata ebraica il gruppo di cui facevano parte ha urlato «assassini» e «bastardi». In aula gli imputati hanno ammesso i gesti incriminati, ma hanno insistito sulla «forte valenza politica» della contestazione «delle politiche israeliane di occupazione di territori palestinesi». La protesta sarebbe stata rivolta alla «presenza di vessilli dello Stato di Israele» ma «senza alcuna valenza discriminatoria nei confronti del popolo ebreo». I testi della difesa, tra cui Moni Ovadia, hanno suffragato tale versione, insistendo sulla distinzione tra «antisemitismo» e «antisionismo». Latino ed E.B. si sono detti «offesi» dall'aggravante dell'odio razziale, «incompatibile» con la loro attività di «accoglienza degli stranieri». Aggiungendo che il gesto dello sgozzamento non era una minaccia, bensì voleva «rappresentare l'infanticidio compiuto dall'esercito di Israele poco tempo prima» e che era accompagnato dalla frase (visibile nei video) «Tu ammazzi i bambini».
La Corte accoglie in questi aspetti le tesi difensive. E assolve sulla base del «significato intrinseco attribuito a detti gesti dai loro autori». La protesta non aveva «motivi razziali» ma origini «prettamente politiche». La condotta, per i giudici, non era infine «accompagnata dalla cosciente volontà di minacciare un male ingiusto».
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Re: L'Italia antisemita e antisraeliana

Messaggioda Berto » ven dic 17, 2021 9:55 am

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