L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » dom ott 31, 2021 10:12 pm

AMBASCIATORE ISRAELIANO STRAPPA PUBBLICAMENTE IL RAPPORTO ONU ANTISRAELIANO: “È UN PREGIUDIZIO OSSESSIVO CONTRO ISRAELE
30 ottobre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite strappa il rapporto annuale del Consiglio per i Diritti Umani che condanna Israele definendolo “un pregiudizio ossessivo contro Israele” destinato alla “pattumiera dell’antisemitismo”. L’episodio è avvenuto venerdì, l’ambasciatore Gilad Erdan, aveva tenuto un discorso in una sessione speciale delle Nazioni Unite commentando il resoconto Onu per i diritti umani: “Fin dalla sua nascita avvenuta 15 anni va, il Consiglio non ha condannato Israele dieci volte come l’Iran o 35 volte come la Siria ma con 95 risoluzioni rispetto alle 142 di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme”. “È stato in questo podio, in questo stesso organo, che il sacrosanto diritto del popolo ebraico ad avere un focolare nazionale fu esso stesso dichiarato razzista, decisione che fu in seguito ribaltata.
Israele è il solo paese al mondo ad essere sistematicamente messo in discussione ad ogni riunione del Consiglio per i Diritti Umani.


Alberto Pento
Oramai l'ONU è dominato e in mano ai nazi maomettani e ai loro demenziali alleati internazi socialcomunisti e cristiani bergogliani. Con Trump le cose sarebbero andate assai diversamente, con Biden è un miracolo degli ebrei sionisti che Israele ci sia ancora.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » sab apr 02, 2022 8:00 pm

Il libello del sangue di Amnesty International
Niram Ferretti
1 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/il-libello-del ... rnational/

La demonizzazione di Israele, a cui lo scrivente ha dedicato un libro uscito nel 2017, è un processo lungo, che si può sostanzialmente datare dalla fine della Guerra dei Sei Giorni ad oggi anche se aveva cominciato ad attivarsi già prima in virtù dell’attivismo sovietico indispensabile nel fornire agli arabi tutta la strumentazione propagandistica in vigore fino ai nostri giorni.

Le accuse rivolte a Israele di essere uno Stato razzista, dove vigerebbe l’apartheid, in cui i palestinesi verrebbero sterminati, nonché il paragone invalso tra nazisti e israeliani è frutto dell’opera indefessa del Cremlino. Come ha ricordato Robert Spencer in un articolo pubblicato su questo sito http://www.linformale.eu/come-furono-in ... lestinesi/ :

“Ion Mihai Pacepa, già vicedirettore del servizio di spionaggio della Romania comunista durante la Guerra Fredda, in seguito rivelò che ‘l’OLP era stata una invenzione del KGB, che aveva un debole per le organizzazioni di ‘liberazione’. C’era l’Esercito di liberazione nazionale della Bolivia, creato dal KGB nel 1964 con l’aiuto di Ernesto ‘Che’ Guevara (…) inoltre, il KGB creò il Fronte democratico per la liberazione della Palestina, che perpetrò numerosi attacchi dinamitardi. (…) Nel 1964, il primo Consiglio dell’OLP, composto da 422 rappresentanti palestinesi scelti con cura dal KGB, approvò la Carta nazionale palestinese – un documento che era stato redatto a Mosca. Anche il Patto nazionale palestinese e la Costituzione palestinese nacquero a Mosca, con l’aiuto di Ahmed Shuqairy, un influente agente del KGB che divenne il primo presidente dell’OLP'”.

Fu a Mosca che venne consigliato a Yaser Arafat come muoversi, e soprattutto venne dotato dell’armamentario lessicale da utilizzare contro Israele. Non c’è da meravigliarsi particolarmente. Con la caduta del Terzo Reich nel 1945, il più pervasivo laboratorio di propaganda anti-occidentale in esercizio rimase e rimane quello russo.

Il recente rapporto di Amnesty International di cui sono state date delle anticipazioni, si iscrive perfettamente in questa continuità propagandistica, presentando Israele come uno Stato criminale nel quale il razzismo sarebbe istituzionalizzato e l’apartheid una realtà di fatto. Ma non si parte dal 1967, no, Israele manterrebbe un “sistema di oppressione e dominazione sui palestinesi” addirittura dal 1948, anno della sua fondazione. Nemmeno l’ex Unione Sovietica si era spinta così avanti ma i tempi sono oggi maturi per affermarlo.

Così come gli Stati Uniti sarebbero nati sullo schiavismo e non dai Padri fondatori e dall’indipendenza, come ha affermato il New York Times, lanciando l’inchiesta 1619 Project, Israele si sarebbe fondato sull’oppressione dei palestinesi, o meglio degli arabi, perché fino al 1964 lo specifico “popolo palestinese” non era ancora in essere. La storia viene così frantumata, ridotta in polvere. Nulla contano nè possono contare in un dispositivo propagandistico i numerosi tentativi fatti prima del 1948 da parte ebraica di giungere a un accordo con gli arabi, fino all’accettazione della Risoluzione 181 del 1947 delle Nazioni Unite, ulteriormente penalizzante per gli ebrei, che gli arabi rigettarono come hanno sempre programmaticamente rigettato la presenza di uno Stato ebraico in Medio Oriente. Al posto della realtà, dei fatti, c’è solo una torva fiction in cui gli israeliani sono rappresentati come dei delinquenti.

Il rapporto parla esplicitamente di politiche di dispossessamento, segregazionismo e suprematismo razzista esercitate da Israele nei confronti dei palestinesi “negrizzati”, come se lo Stato ebraico fosse il sud degli Stati Uniti all’epoca delle Leggi Jim Crow, o il Sud Africa di de Klerk. Non viene fornito alcun dato oggettivo, alcuna specificità circostanziata per queste accuse grottesche, in compenso viene chiesto alla comunità internazionale di non fornire più armi a Israele e di boicottare i suoi prodotti.

Questo Israele inesistente, questo mostro del Medio Oriente, è interamente frutto della propaganda, come lo erano gli ebrei raffigurati dal pornografo Julius Streicher sul settimanale nazista Der Stürmer, rappresentati come vampiri e creature delle tenebre, intente a prosciugare la linfa del popolo tedesco.

Il rapporto di Amnesty International, è, sotto questo aspetto, niente più che un libello del sangue aggiornato, dove, al posto degli ebrei omicidi di bambini cristiani, ci sono i rapaci razzisti israeliani che vittimizzano i palestinesi. Esso prosegue lungo la scia di un altro rapporto quello di Human Right Watch, di cui abbiamo dato conto in aprile http://www.linformale.eu/human-rights-w ... sraeliano/ e che sostanzialmente è un florilegio composto delle stesse false accuse.

Il rapporto ha la funzione primaria e programmatica di presentare Israele agli occhi dell’opinione pubblica come uno Stato criminale, nato nel crimine e dunque geneticamente predisposto a perpetuarlo. Non importa che in Israele la popolazione araba sia integrata nel tessuto del paese contribuendo al suo funzionamento, che alla Knesset, nella coalizione di maggioranza, vi sia un partito arabo, che arabi siedano nella Commissione israeliana per la nomina dei giudici, che nei territori della Giudea e Samaria l’unica vera forma di apartheid, se si vuole usare questo termine, è quella che non consente ai cittadini israeliani di potere entrare nella zona A interamente sotto la giurisdizione dell’Autorità Palestinese, o che sul Monte del Tempio-Spianata delle Moschee, a un ebreo in visita non è nemmeno concesso formulare una preghiera. Tutto questo scompare dalla vista, ovviamente, bisogna che resti solo il ritratto in nero del reo Israele, colpevole fin dalla nascita, come lo erano gi ebrei per Adolf Hitler.



BENVENUTI NEL PIU' STRANO STATO DI "APARTHEID" NEL MONDO: ISRAELE
Amnesty accusa Israele di apartheid per negare il diritto ad esistere dello stato ebraico
1 febbraio 2022

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 8272898197

La manovra è trasparente: proprio quando buona parte del mondo arabo si muove verso la pace con Israele, si moltiplicano a copia/incolla accuse faziose e infondate
La maggior parte degli arabi israeliani sono così traumatizzati dalla nostra apartheid che non possono immaginare di vivere altrove.
Nei nostri ospedali dell'apartheid, pazienti ebrei e arabi, tra cui terroristi arabi feriti , sono curati da medici e infermieri arabi ed ebrei.
Nel nostro stato di apartheid, gli arabi e le altre minoranze lavorano come giudici nella Corte Suprema , come ministri, sindaci, generali dell'esercito e avvocati.
Il nostro sistema politico è talmente opprimente che i membri arabi del parlamento israeliano possono liberamente demonizzare e diffamare il paese, che li protegge e li nutre.
Nel frattempo, i nostri vicini, dove non vivono ebrei, stanno portando la civiltà umana a livelli senza precedenti ....lodando il Mein Kampf, lapidando donne, condannando a morte gli omosessuali e opprimendo i cristiani.
Il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid ha personalmente commentato: “Un tempo Amnesty era un’organizzazione stimata che tutti rispettavamo. Oggi è l’esatto contrario. Non è un’organizzazione per i diritti umani, ma solo un’ennesima organizzazione estremista che riecheggia la propaganda senza un’analisi seria. Invece di controllare i fatti, Amnesty ripete bugie diffuse da organizzazioni terroristiche. Cinque minuti di seria verifica dei fatti bastano per constatare che i fatti riportati nel rapporto sono un’illusione avulsa dalla realtà. Israele non è perfetto, ma è una democrazia impegnata verso il diritto internazionale e aperta alle critiche, con una stampa libera e una forte Corte Suprema. Amnesty non definisce ‘stato dell’apartheid’ la Siria, un paese il cui governo ha ammazzato mezzo milione di propri cittadini, né l’Iran o qualsiasi altro regime corrotto e omicida in giro per il mondo. Detesto dover usare l’argomento che se Israele non fosse uno stato ebraico, nessuno in Amnesty oserebbe attaccarlo in questo modo, ma in questo caso non si può fare altrimenti”.
ISRAELE UNO STATO DI APARTHEID? MEDITATE GENTE...
Grazie a chi condividera' questo post.


DEDICATO AD AMNESTY INTERNATIONAL
1 febbraio 2022

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 8286169529

"Evidentemente ci sono persone che non hanno limiti. Come osano dire che io – un arabo israeliano che ha servito insieme a soldati ebrei nelle Forze di Difesa israeliane e che ha gestito centinaia di dipendenti ebrei – vivo sotto un regime di apartheid? Come si può affermare che la nostra società vive sotto un regime di apartheid quando tra di noi trovate dottori, giudici e anche parlamentari? Come si può sostenere che Samer Haj-Yehia vive sotto un regime di apartheid quando è a capo della più grande banca in Israele?
Equiparare Israele a un regime di apartheid con le sue leggi razziali non è solo una stralunata menzogna: è innanzitutto un insulto a tutti quei sudafricani che hanno effettivamente subìto l’apartheid. È disprezzo per il concetto e sfruttamento cinico del termine.
Guardo i nostri vicini nella regione e, grazie a D-O, sono nato nello stato d’Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente. È vero, la minoranza araba in Israele deve affrontare delle sfide, proprio come fanno altre minoranze nazionali in altri paesi. Eppure, mentre le minoranze di tutti i tipi in tutto il Medio Oriente – musulmani sciiti, musulmani sunniti, yazidi, curdi e, naturalmente, cristiani – sono perseguitate, lo stato d’Israele è l’unico paese mediorientale che garantisce alle minoranze uguali diritti e la possibilità di determinare il proprio futuro.
Con mia grande gioia Israele sarà probabilmente il primo paese a uscire dalla crisi del coronavirus e forse fra non molti mesi persone da tutto il mondo potranno di nuovo venire qui e vedere coi loro occhi come appare l’apartheid in Israele. Potranno sentire l’ebraico e l’arabo che si mescolano nel mercato di Nazareth, vedere moschee, chiese e sinagoghe l’una accanto all’altra a Giaffa, e la coesistenza del mosaico israeliano che si ritrova in tutto il paese. E forse, solo forse, la loro visita qui gli farà venir voglia di vivere sotto un “regime di apartheid”.
Yoseph Haddad, arabo israeliano ( Israele. Net)

Alberto Pento
Certo ma non è tutto oro quello che luccica.
Sotto sotto, sia tra i cristiani e molto di più tra i maomettani, il disprezzo e l'odio per gli ebrei e tra i maomettani l'odio anche per i cristiani cova e di tanto in tanto esplode e si manifesta in tutta la sua cruda verità.


Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2558



Amnesty International vuole la fine dello Stato ebraico
Richard Kemp
2 Febbraio 2022
Traduzione di Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/amnesty-intern ... o-ebraico/

L’ultima esibizione grottesca del vetriolo anti-israeliano in corso tra le ONG è la pubblicazione questa settimana di un rapporto di Amnesty International che ricicla stanchi tropi antisemiti, smentiti ripetutamente ma deliberatamente provocatori e accuse di razzismo. Da un’organizzazione che l’anno scorso è stata bollata come “sistematicamente razzista”.

Il titolo del rapporto, “L’apartheid israeliano contro i palestinesi: un sistema crudele di dominio e crimine contro l’umanità”, non solo è una menzogna palese e infondata, ma anche un insulto ai neri sudafricani che hanno sofferto così orribilmente sotto un regime di autentico apartheid. Pochi leggeranno questa diatriba di oltre 200 pagine di falsità, distorsioni e mezze verità, ma molti vedranno e assorbiranno il suo titolo, che è già stato avidamente appiccicato sui giornali di sinistra e diffuso a milioni sui social media. La BBC, ad esempio, ha strombazzato “le politiche israeliane contro i palestinesi equivalgono all’apartheid” in un articolo online, dando pieno peso alle affermazioni di Amnesty, citando diverse persone che le supportano, ma alla fine concedendo solo brevemente il punto di vista opposto al governo israeliano.

Cosa suscita una ONG come Amnesty e Human Rights Watch, che lo scorso anno ha pubblicato un rapporto screditato analogo, eccessi sempre maggiori di propaganda anti-israeliana? Perché l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha appena approvato una commissione d’inchiesta permanente senza precedenti su Israele da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite? Il problema di queste lobby anti-israeliane è che le cose non stanno andando per il verso giusto. Tatticamente, il loro intento generale di trascinare gli israeliani sul banco degli imputati all’Aia sembra vacillare, con un procuratore capo presso la Corte penale internazionale apparentemente meno entusiasta. Strategicamente, lontano dall’auspicato ridimensionamento e dalla sua eventuale cessazione lo Stato ebraico sta diventando sempre più forte con una crescente portata diplomatica ed economica a livello globale; c’è stato inoltre un totale fallimento da parte del movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni nel determinare un impatto sull’economia israeliana nonostante anni di sforzi velenosi.

Soprattutto, gli storici Accordi di Abramo, sono stati l’equivalente di un panno rosso davanti a un toro per tutti queste organizzazioni – agitato in faccia nuovamente la scorsa settimana dall’Hatikva che veniva suonata mentre il presidente israeliano veniva ricevuto al Palazzo Reale di Abu Dhabi dallo sceicco Mohammed bin Zayed. Questo non era nel copione, il quale richiedeva continue concessioni non corrisposte ai palestinesi da parte di Israele, conducenti all’imposizione di uno Stato islamico sul territorio israeliano, prima che potesse essere raggiunta una pace più ampia con il mondo arabo. Sfortunatamente per gli inveterati propugnatori di pace e per i loro seguaci, il mondo arabo è andato oltre la loro opposizione a Israele. Vedono il Paese per quello che è: una fonte di stabilità e prosperità nella regione. Capiscono i pericoli della continua intransigenza e animosità palestinese e hanno negato loro un veto sull’avanzamento del progresso, veto che Amnesty e i suoi compagni che rifiutano Israele vogliono vedere ripristinato.

La precedente bozza del rapporto, ottenuta da ONG Monitor e frettolosamente modificata, ha inavvertitamente rivelato il vero motivo dietro la campagna anti-israeliana di Amnesty. Includeva le parole: “Il sistema dell’apartheid ha avuto origine con la creazione di Israele nel 1948”. Come afferma l’Anti Defamation League, le accuse del rapporto secondo cui “i crimini di Israele risalgono al peccato della sua creazione nel 1948, servono a presentare lo stato ebraico e democratico come illegittimo nelle sue stesse fondamenta”.

Secondo ONG Monitor:, lo scopo del rapporto è “caratterizzare il diritto degli ebrei all’uguaglianza sovrana nella loro patria storica come una violazione dell’ordine legale [internazionale]”.

Non ci siano dubbi in proposito, questo rapporto non è una critica allo Stato di Israele. È un manifesto di una chiarezza agghiacciante il quale dichiara Israele è un’entità illegale che non ha diritto di esistere. Pagina dopo pagina, mostra un’ossessione profondamente preoccupante nel volere raddrizzare il presunto torto del 1948. Chiede che Israele sia inondato generazione dopo generazione di discendenti di arabi che se ne andarono nel 1948 e che si aspettavano di tornare dopo che cinque eserciti invasori avrebbero dovuto spazzare via Israele dalla mappa. Un tale afflusso di cosiddetti rifugiati sarebbe senza precedenti in qualsiasi parte del mondo. Significherebbe la fine dello Stato di Israele, una condizione di conflitto perpetuo tra arabi ed ebrei sotto un unico Stato palestinese, e la fine del diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione.

Presentare Israele come un’impresa razzista, come cercano di fare anche altre ONG di sinistra e istituzioni internazionali, ci porta al punto di partenza. La stridente e feroce opposizione agli ebrei nel paese, opposizione che in epoca moderna risale agli anni ’20, era basata sul puro razzismo. Era la conseguenza della dottrina islamica secondo la quale nessun altro popolo poteva essere sovrano in una terra dominata dai musulmani. Pertanto gli ebrei autoctoni non avrebbero mai potuto avere un proprio Stato e dovevano essere combattuti fino alla sottomissione o alla morte.

Come ho spiegato nell’articolo “Smascherare la menzogna dell’apartheid israeliano”, la natura religioso-razzista del conflitto è stata trasformata dall’Unione Sovietica in una lotta nazionalista-imperialista, per ottenere maggiore accettazione e sostegno nel mondo democratico. E ora siamo tornati a un’inversione inventata del conflitto razzista originario.

Come capirono i sovietici, le accuse di razzismo sono giustamente oggetto di orrore tra le persone civilizzate. Da qui l’attrazione di Amnesty e dei loro compagni di viaggio nel ritrarre Israele come uno Stato dove vige l’apartheid. Come ha spiegato questa settimana l’avvocato esperto di diritto internazionale Eugene Kontorovich, Israele = Apartheid non è altro che una versione leggermente aggiornata del mantra Sionismo = Razzismo indotto dall’Unione Sovietica e adottato in modo immorale dalle Nazioni Unite nel 1975 prima di essere abrogato.

Ancora una volta, come i sovietici, l’obiettivo principale di Amnesty non è il mondo arabo, è l’Occidente. Alla pari della propaganda dell’Autorità Palestinese e di Hamas, l’intenzione è quella di provocare indignazione in tutto l’Occidente, isolare e diffamare Israele tra i governi mondiali, gli organismi internazionali, le università e le imprese.

Questo rapporto provocherà anche un aumento della violenza, abusi e boicottaggi contro gli ebrei in Israele e gli ebrei che sostengono Israele nella diaspora, in un’era in cui gli attacchi antisemiti sono già al culmine e in aumento. Questo potrebbe non essere l’obiettivo di Amnesty nel produrre questo documento deformato, ma non possono essere così ciechi da non vederne le sanguinose conseguenze, che si sono verificate nel corso di decenni a seguito di rapporti, dibattiti, risoluzioni e fabbricazioni dei media analogamente deformati.

La definizione di antisemitismo da parte dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) include: “Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, ad esempio, affermando che l’esistenza dello Stato di Israele è una impresa razzista”. Il governo britannico ha aderito alla definizione IHRA. Amnesty ha sede nel Regno Unito e la polizia britannica dovrebbe aprire un’inchiesta per avere diffuso queste gravi bugie antisemite.


Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2804


""ISRAELE PRATICA L'APARTHEID VERSO I PALESTINESI". ECCO PERCHÈ L'ACCUSA DI AMNESTY È UNA VERGOGNA
Fiamma Nirenstein
2 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Quando Salman Rushdie, con quei 600mila dollari di taglia che gli pendevano sul capo, condannato a morte con una fatwa, affermò nel 2016 che Amnesty International era stata travolta da «un'autentica bancarotta morale», si riferiva alla sua resa all'Islam violento, ai suoi regimi e gang, alla paura, al suo sentimento antioccidentale, antiamericano, antisraeliano.
Questo viene oggi una volta di più sancito dal rapporto con cui questa organizzazione criminalizza lo Stato di Israele, e non solo la sua politica, ma l'esistenza stessa. Amnesty dichiara lo Stato Ebraico illegittimo in quanto coloniale e razzista. Non fondato per una scelta di autodeterminazione di una popolazione che torna a casa, non una decisione indispensabile alla sopravvivenza, non una scelta difesa con le unghie e con i denti contro un terrorismo sanguinario ed eserciti in movimento.
Il rapporto stilato dalla sezione inglese è una vergogna per l'organizzazione di cui invece si ricordano le battaglia per i dissidenti comunisti o contro l'apartheid (quello vero, del Sud Africa). Poi l'organizzazione è stata travolta dalla politica: lacune sistematiche nel denunciare abusi di diritti umani in Siria, in Iran, in Turchia, per avventarsi sugli Usa o sui Paesi europei; uno sguardo ideologico che confonde l'aggredito con l'aggressore; il terrorismo di Hamas giustificato; sguardo sull'immigrazione che criminalizza solo i Paesi di approdo. E un tripudio di odio contro lo Stato ebraico.
Il rapporto è un viaggio, come ha scritto Dan Diker, in 211 pagine di «realtà alternativa», il remake di un film del 1975 quando l'Onu votò «sionismo uguale razzismo», e poi ha cancellato il voto; o la conferenza di Durban nel 2001; o quando il giudice Richard Goldstone stilò nel 2009 un suo rapporto che disegnava Israele come un criminale di guerra, e poi nel 2011 pentito lo ritirò. Amnesty si avventura nella folle accusa di apartheid, mentre gli arabi sono al governo e nella Corte Suprema, negli ospedali, alla Knesset, all'università. Ovunque ti imbatti nella incredibile varietà di culture, religioni e razze di questo Paese che non si è mai arreso moralmente di fronte all'aggressione di eserciti e terroristi arabi. Amnesty usa il termine apartheid perché è il peggiore, indegno, destinato a scomparire, appunto come il Sud Africa. Con un'assoluzione collettiva urbi et orbi al terrorismo e alle guerre, simile a quello (Alan Dershowitz disse «Crimine di Guerra per Israele è tutto ciò che fa per difendere i propri cittadini»), della violazione sistematica dei diritti umani da parte palestinese.
Intorno a questa delegittimazione si costruisce un castello che Amnesty pretende costruito su prove (proprio come fece Goldstone). Ma la delegittimazione invece appare vecchia e rifritta, e suggerisce che il popolo ebraico non sia originario di Israele, che gli ebrei segreghino i palestinesi in nome di ideali suprematisti, che i check point siano un gesto di arroganza razzista, e non una necessità senza la quale gli assassini, come è avvenuto, colpiscono a migliaia; il contesto è cancellato, Israele impone la sua morsa a un mondo innocente. In realtà, appena si apre uno spiraglio col mondo arabo, si può osservare il caleidoscopio dei mille ruoli degli arabi israeliani mescolati con la società di Tel Aviv e di Haifa; e della passione con cui ci si precipita a fraternizzare con i Paesi del patto di Abramo. Le balle di Amnesty fanno uso di un linguaggio sovversivo sotto la copertura del tema dei diritti umani e il mondo intero dovrebbe chiedere all'organizzazione di chiedere scusa per questo.
La delegittimazione di Israele è il vero sfondo su cui si basa l'incitamento antisemita e lo scopo terrorista di distruggere Israele: se Israele è un Paese ignobile, gli ebrei sono degni di quelle manifestazioni che ormai sconvolgono il mondo in cui si urla «Hitler aveva ragione» e «Fuck the jews». Così funziona la logica pubblica, e, nello stesso paradigma, l'Iran ha ragione quando dichiara di voler distruggere Israele. Amnesty quindi ha agito in maniera irresponsabile fregiandosi di un bene morale, i diritti umani, che appartiene a tutti: mostra con prosopopea quella medaglia, ma in realtà la fa a pezzi. Denuncia i torti che gli arabi secondo lei ricevono da Israele, e non le centinaia di migliaia di morti per mano di Bashar Assad, né la tortura quotidiana di essere un cittadino del regime autoritario di Gaza.


Menzogne e calunnie demenziali per demonizzare, criminalizzare e disumanizzare, per istigare alla paura, al disprezzo e all'odio etnico-ideologico-politico-religioso, al fine di depredare, schiavizzare e impedire il libero esercizio dei diritti umani, civili, economici e politici del prossimo.
viewtopic.php?f=196&t=2942
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8357587395



ISRAELE: "RESPINGIAMO TUTE LE FALSE ACCUSE CONTENUTE NEL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL"
2 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

“Lo stato di Israele respinge senza mezzi termini tutte le false accuse che compaiono nel rapporto che Amnesty ha in programma di pubblicare domani – afferma una nota diffusa lunedì dal Ministero degli esteri israeliano – Il rapporto ricicla e rafforza bugie, incongruenze e affermazioni infondate che provengono da note organizzazioni di odio anti-israeliano, il tutto con l’obiettivo di spacciare merce avariata in una nuova confezione. Ripetere più e più volte le stesse menzogne non trasforma le menzogne in realtà: piuttosto scredita Amnesty”.
Il falso rapporto di Amnesty, prosegue la nota, “fa ricorso a doppi standard e demonizzazione per delegittimare Israele: sono esattamente gli elementi di cui si compone l’antisemitismo moderno. Il rapporto nega il diritto d’Israele ad esistere come stato nazionale del popolo ebraico. Il linguaggio estremista e la distorsione del contesto storico sono pensati per demonizzare Israele e gettare benzina sul fuoco dell’antisemitismo. Pochi giorni dopo la Giornata Internazionale della memoria della Shoah, ancora una volta scopriamo che l’antisemitismo non è solo un fatto della storia, ma purtroppo fa anche parte della realtà odierna. Proprio lo scorso fine settimana, degli ebrei sono stati aggrediti a Londra per il solo fatto di essere ebrei. Il rapporto di Amnesty funziona di fatto come un via libera a questi e altri aggressori per colpire non solo Israele, ma gli ebrei di tutto il mondo”.
“Lo stato di Israele – ricorda il comunicato del Ministero degli esteri – è una democrazia forte e vivace che garantisce a tutti i suoi cittadini eguali diritti, indipendentemente da etnia e religione. Lo stato d’Israele è stato istituito come la sede nazionale del popolo ebraico, con un ampio sostegno internazionale, alla luce dell’insegnamento della Shoà”: as the national home of the Jewish people dice la nota di Gerusalemme, citando testualmente la Dichiarazione Balfour adottata dalla Società delle Nazioni come testo di diritto internazionale, poi sfociata nella risoluzione 181 del 1947 che prevedeva esplicitamente la nascita di uno “stato ebraico”.
Invece Amnesty, denuncia il Ministero israeliano, “critica l’esistenza stessa dello stato d’Israele come stato nazionale del popolo ebraico e nega di fatto il suo diritto di esistere”. E rincara: “Non sorprende che questo rapporto venga pubblicato dalla filiale britannica di Amnesty International e sotto gli auspici del Segretariato Generale dell’organizzazione. Quella filiale è nota per essere contaminata da razzismo e xenofobia e in passato il Segretariato Generale dell’organizzazione ha accusato Israele, senza alcuna prova o base fattuale, di aver ucciso Yasser Arafat. Non sorprende che Amnesty abbia impiegato otto anni per fare marcia indietro da quella accusa grave e infondata”. Il Ministero chiede ad Amnesty di fare subito marcia indietro rispetto al rapporto che ha in programma di pubblicare, confidando che questa volta l’organizzazione non ci metta così tanto tempo. E conclude: “Lo Stato d’Israele continuerà a promuovere i valori di democrazia e inclusione, alla cui luce è stato istituito e continua ad esistere”.
Il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid ha personalmente commentato: “Un tempo Amnesty era un’organizzazione stimata che tutti rispettavamo. Oggi è l’esatto contrario. Non è un’organizzazione per i diritti umani, ma solo un’ennesima organizzazione estremista che riecheggia la propaganda senza un’analisi seria. Invece di controllare i fatti, Amnesty ripete bugie diffuse da organizzazioni terroristiche. Cinque minuti di seria verifica dei fatti bastano per constatare che i fatti riportati nel rapporto sono un’illusione avulsa dalla realtà. Israele non è perfetto, ma è una democrazia impegnata verso il diritto internazionale e aperta alle critiche, con una stampa libera e una forte Corte Suprema. Amnesty non definisce ‘stato dell’apartheid’ la Siria, un paese il cui governo ha ammazzato mezzo milione di propri cittadini, né l’Iran o qualsiasi altro regime corrotto e omicida in giro per il mondo. Detesto dover usare l’argomento che se Israele non fosse uno stato ebraico, nessuno in Amnesty oserebbe attaccarlo in questo modo, ma in questo caso non si può fare altrimenti”.



Elementi di propaganda
Il grottesco impianto accusatorio di Amnesty International
David Elber
4 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/il-grottesco-i ... rnational/

Nei giorni scorsi si è assistito all’ennesima messa in scena da parte di una ONG – in questo caso Amnesty International – che in un proprio corposo report di 278 pagine ha accusato Israele di uno dei peggiori crimini che si possono commettere: crimini contro l’umanità.

Nel caso in esame il crimine commesso sarebbe quello di apartheid. Dopo la pubblicazione del report di Amnesty International sono seguite svariate interviste da parte di alti membri dell’organizzazione, rilasciate per comprovare le accuse formulate nel report. È da sottolineare che, ad una più attenta analisi, sia il report che le varie interviste non forniscono la minima fondatezza delle accuse formulate ma solo delle prese di posizione basate su dei principi generali completamente decontestualizzati, mezze verità e vere e proprie falsità ideologiche e storiche, insomma le solite accuse rivolte agli ebrei da due millenni. Costruite oggi nella sua variante più accettabile: l’accusa allo Stato del popolo ebraico di commettere crimini contro l’umanità. Il report è talmente ricco di menzogne da risultare imbarazzante e per certi versi ridicolo per come ha “ricreato” una fiction criminalizzante. Ma questo è appunto il suo scopo principale, criminalizzare.

Prima di addentrarci nello specifico della grottesca accusa di apartheid rivolta a Israele è utile soffermarci sul reale scopo di questa mistificazione: attirare l’attenzione dell’opinione pubblica con titoli accusatori (con la compiacenza di numerose testate ad iniziare dalla BBC) per tentare di delegittimare Israele fin dalla sua nascita (questa è la tesi fondamentale propugnata da Amnesty International) agli occhi del pubblico, utilizzando lo strumento del Lawfare ideologico e accusatorio non basato su violazioni reali ma su mistificazioni create ad hoc. È un metodo che procede in maniera sistematica da Durban 2001. Si tratta della guerra perseguita con altri mezzi. Non essendo riuscito agli arabi di eliminare Israele tramite la forza militare, si tenta in tutti i modi di distruggerlo in effige.

Proveremo a capire come l’apartheid è disciplinato nel diritto internazionale e se è un termine che può essere applicato nella sua specificità a Israele.

Apartheid, definizione e utilizzo

La fonte principale del diritto internazionale che equipara l’apartheid ai crimini contro l’umanità si trova nello Statuto di Roma con cui si è istituito il Tribunale Penale Internazionale nel 1998. Nel suo articolo VII “Crimini contro l’umanità” al paragrafo 2 comma h si legge la definizione di apartheid, che qui si riporta per intero:

h) “per «apartheid» s’intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziale, ed al fine di perpetuare tale regime”;

Quindi, come recita il comma h, per esserci apartheid ci deve essere un “…regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, ed al fine di perpetuare tale regime”. Da questo postulato ricaviamo due essenziali e necessari principi:

Deve esistere una legislazione che normi e disciplini la segregazione raziale, come avvenne in Sud Africa che si era dotato di numerose e capillari leggi segregazioniste.
Deve esistere un “gruppo razziale” ben definito che “domina” su “altro o altri gruppi razziali”.

Per quanto concerne il punto 1, in Israele non esiste una sola norma che disciplini una presunta segregazione raziale, tanto è vero che lo stesso rapporto di Amnesty International non è in grado di fornire il caso di una singola legge che abbia queste caratteristiche. L’unico riferimento, per altro vago e completamente decontestualizzato è fatto in merito alla legge sullo Stato nazionale del popolo ebraico del 2018. Però addentrandosi nello specifico di questa legge fondamentale dello Stato, in nessuno dei suoi 11 articoli si trova il ben che minimo riferimento a pratiche segregazioniste o semplicemente a criteri differenziati di diritti tra i suoi cittadini in base all’appartenenza etnica o religiosa. Tanto è vero che gli arabi di Israele godono degli stessi diritti di tutti gli altri abitanti: hanno partiti politici (ora anche al governo), pieno accesso a tutti i gradi di istruzione in scuole o università in lingua araba o ebraica a loro scelta. Sono avvocati, notai, medici, infermieri in strutture aperte a tutti i cittadini senza distinzioni etniche o religiose, sono giudici (anche alla Corte Suprema), poliziotti, funzionari statali. La stessa lingua araba è equiparata all’ebraico. In pratica gli arabi godono dei medesimi diritti dei cittadini ebrei. Infine, questa legge fondamentale non dice nulla di diverso da quanto stabilito del diritto internazionale quando ha approvato il Mandato per la Palestina che è l’embrione legale dello Stato di Israele.

Per quanto concerne il punto 2, cioè pensare che il popolo ebraico sia un gruppo razziale è semplicemente surreale. Basta osservare gli ebrei di origine europea (askenaziti), quelli scappati dai paesi arabi o dai paesi mediterranei (sefarditi), quelli di origine etiope (falashà) per accorgersi dell’enorme diversità che li contraddistingue. L’unico punto in comune è la condivisione di una stessa lingua, di medesime tradizioni culturali/religiose, e del forte attaccamento alla Terra di Israele: cioè “sentirsi” appartenenti ad uno stesso popolo. In conclusione, mancano completamente tutti i requisiti stabiliti dall’articolo VII dello Statuto di Roma per poter definire Israele come Stato di apartheid.

Un’altra fonte che definisce il crimine dell’apartheid è la Convenzione contro l’apartheid del 1973. Qui si trova una definizione – all’articolo 2 –di apartheid che fa esplicito riferimento alla situazione del Sud Africa nel quale vigeva un regime di segregazione raziale molto ben disciplinato legislativamente. Però la Convenzione del 1973 non fa un riferimento puntuale a leggi e a disposizioni normative precise e inequivocabili (come nel caso del Sud Africa), ma si attiene a dei principi generali vaghi e di conseguenza manipolabili e interpretabili per convenienza politica che era la ragione stessa per la quale si è volle istituire la convenzione contro l’apartheid: cioè attaccare politicamente un qualsiasi Stato utilizzando dei principi vaghi, interpretabili e manipolabili. Fu questa la ragione per la quale la convenzione venne ratificata solamente da una trentina di paesi in tutto il mondo ad iniziare dall’Urss. L’Italia, gli USA e tutti i paesi occidentali, oltre che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo, non fanno parte di questa convenzione perché compreserò l’utilizzo politico che si poteva fare della medesima. Il rapporto di Amnesty International si colloca in questa linea di azione: utilizzare un termine – apartheid – svuotandolo dei suoi contenuti oggettivi e legali per manipolare politicamente l’opinione pubblica al fine di attaccare un ben preciso Stato: Israele.

Questa interpretazione è corroborata dal rapporto stesso di Amnesty International: non vi è la minima traccia o riferimento a una presunta legislazione segregazionista presente in nessuna delle leggi di Israele. E questo semplicemente perché non esiste nulla di tutto ciò nell’ordinamento legislativo israeliano.

Su cosa si basa quindi il rapporto di Amnesty International? Semplicemente su una serie di fatti storici (molti dei quali falsificati), controversie legali e giudiziarie completamente decontestualizzate e manipolate ad arte. Da “impressioni soggettive” di presunte discriminazioni che non trovano riscontro nei dati o nei fatti oggettivi della realtà sociale di Israele.

Se si volessero utilizzare questi disonesti criteri di giudizio e di manipolazione dei dati e applicarli ad altri contesti si potrebbe descrivere la realtà di tutti i paesi democratici come Stati nei quali vige l’apartheid. Vediamo brevemente degli esempi.

Italia

In Italia si potrebbe stilare un rapporto come quello calunnioso e manipolato di Amnesty International, ad esempio, relativo alla situazione dei gruppi etnici sinti e rom di cittadinanza italiana da numerosissime generazioni. Se decontestualizziamo e deformiamo i dati relativi a questi due gruppi etnici e ci basassimo esclusivamente su dati relativi a scolarizzazione, situazione abitativa, impieghi lavorativi, interazioni sociali e retribuzioni oltre che ad “impressioni soggettive”, non vi è dubbio che l’Italia applichi un regime di apartheid nei loro confronti.


Gran Bretagna

Se applicassimo i su menzionati criteri alla popolazione nord irlandese di religione cattolica (divisa anche fisicamente da quella protestante a Belfast da un muro in cemento) non ci dubbi sul regime di apartheid applicato dalla Gran Bretagna.

Lo stesso principio lo si potrebbe utilizzare in Stati quali: Stati Uniti d’America con la popolazione nativa indiana e di colore, Spagna con i baschi e i gitani, Francia con i gitani, Brasile e tutti gli Stati del sud America con le popolazioni native, Cuba con la popolazione di colore fortemente discriminata e totalmente assente da rilevanti incarichi legislativi e giudiziari per essendo maggioranza della popolazione, Giappone con la popolazione di origine coreana, tutti i paesi arabi con le minoranze non musulmane, Cina con le minoranze degli Uiguri e con quell tibetana, Australia e Nuova Zelanda con le popolazioni native, i territori amministrati dall’Autorità Nazionale palestinese ove vige un completo ordinamento giuridico basato sulla discriminazione etnica. L’elenco, in pratica, comprenderebbe la totalità dei paesi del mondo.

La riflessione che dovrebbe essere fatta in merito al report fraudolento di Amnesty International, dovrebbe essere relativa a due punti:

Chi finanzia organizzazioni non governative di questo genere e perché? E’ mai stata fatta chiarezza su come vengono spesi i numerosi milioni di dollari che ricevono annualmente?

Dove sta il confine tra libertà di espressione, diritto di critica e tutela dei diritti umani e diritto di calunnia, diritto a diffamare, manipolazione della realtà per fini politici e circonvenzione dell’opinione pubblica?

A seguito del report di Amensty international sono queste le informazioni che governi, organizzazioni internazionali e mass media dovrebbero chiedere conto alla dirigenza della ONG inglese.


Alberto Pento

Nel caso dell'Italia è lampante la falsità di quanto ipotizzato in analogia per spiegare l'accusa demenziale verso Israele.

Anche in Italia non vi è alcuna apartheid e discriminazione verso questa minoranza etnica nonostante la ferocia predatoria razzista di parte di questa etnia nei confronti degli italiani, dei non rom e sinti.
Gli zingari rom e sinti integrati e in quanto tali prevalentemente non più nomadi che lavorano e si guadagnano il pane onestamente e rispettano i valori umani e le regole civili non sono discriminati in alcun modo.

Lo sono invece e giustamente discriminati quelli di questa minoranza etnica che vivono parassitando, predando (con truffe, furti, rapine, ricatti, estorsioni mafiose, omicidi), costringendo i figli al crimine, senza alcun rispetto per la proprietà altrui, per l'ambiente, per la vita dei non zingari.

Cit.:
"Italia

In Italia si potrebbe stilare un rapporto come quello calunnioso e manipolato di Amnesty International, ad esempio, relativo alla situazione dei gruppi etnici sinti e rom di cittadinanza italiana da numerosissime generazioni. Se decontestualizziamo e deformiamo i dati relativi a questi due gruppi etnici e ci basassimo esclusivamente su dati relativi a scolarizzazione, situazione abitativa, impieghi lavorativi, interazioni sociali e retribuzioni oltre che ad “impressioni soggettive”, non vi è dubbio che l’Italia applichi un regime di apartheid nei loro confronti."


Niram Ferretti
Alberto Pento è esattamente quello che intende l'autore David Elber. Se si applicasse il criterio che Amnesty International applica ai palestinesi, ai rom, qui da noi o ai gitani in Francia si potrebbe sostenere che sia l'Italia che la Francia applicano un regime di apartheid. Anzi, bisognerà segnalare che in Italia l'apartheid nei confronti dei rom, e in Francia quello nei confronti dei gitani è assai maggiore perché non risultano giudici Rom o gitani e nemmeno ci sono rom e gitani al governo.



Il metodo Amnesty
Nessuna definizione di apartheid si può applicare a Israele, ma Amnesty è determinata a denigrare e delegittimare lo stato ebraico e dunque l’unica cosa che può fare è omettere e travisare i fatti
Alex Safian
4 febbraio 2022

https://www.israele.net/il-metodo-amnesty

Amnesty International ha una lunga storia di accuse malevolmente false contro Israele e in passato ha già dovuto scusarsi per i fantasiosi tweet anti-israeliani postati dalla sua leader, Agnès Callamard (che accusava Israele d’aver assassinato Yasser Arafat ndr).

È quindi del tutto ovvio che nel suo ultimo rapporto in cui afferma che Israele è uno stato illegittimo e di apartheid, Amnesty menta sin dalla prima riga in modo palese e fazioso. Riporta infatti una citazione di Benjamin Netanyahu travisata in modo tale da far credere che sostenga l’accusa di apartheid: “Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini… [bensì] lo stato nazionale del popolo ebraico e solo di esso”. “Messaggio pubblicato online nel marzo 2019 dall’allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu”, recita il rapporto di Amnesty, che ripete l’affermazione a pagina 51 citando un post di Netanyahu su Instagram.

Perché la citazione di Amnesty è una bugia? Perché ecco ciò che l’allora premier disse effettivamente sulla questione dello stato nazionale, rispondendo a un post dell’attrice e modella israeliana Rotem Sela: “Cara Rotem, una correzione importante: Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini. Secondo la legge sullo stato nazionale che abbiamo approvato, Israele è lo stato nazionale del popolo ebraico e solo di esso. Come hai scritto tu, non ci sono problemi con i cittadini arabi di Israele: essi hanno gli stessi diritti di tutti noi e il governo del Likud ha investito nel settore arabo più di qualsiasi altro governo” (corsivo aggiunto).

Agnes Callamard, Segretaria generale di Amnesty International (al centro), nella conferenza stampa di martedì a Gerusalemme affiancata dal direttore per ricerca e patrocinio di Medio Oriente e Nord Africa Philip Luther (a sinistra) e dall’attivista della Lista (araba) Congiunta Orly Noy

In altri termini, per denunciare Israele come apartheid Amnesty deve omettere la frase successiva del post di Netanyahu in cui il premier chiariva che Israele non è apartheid e che i cittadini arabi devono avere e hanno uguali diritti. Da propagandisti professionisti quali sono, gli autori di Amnesty hanno semplicemente omesso la frase che non gli tornava comoda.

Se già nella prima riga del suo rapporto Amnesty International non riesce a citare una breve dichiarazione in modo corretto e contestualizzato, come ci si può fidare di quel che dice su questioni più oscure e complicate su punti cruciali, di fatto o di diritto? La risposta breve è che, per quanto riguarda Israele, non ci si può fidare di Amnesty International, né su questioni grandi né su questioni piccole. Tutto il rapporto di Amnesty è costruito in questo modo: inventare nuove false accuse e riciclare una quantità enorme di vecchia propaganda già sconfessata.

Ma prima di entrare nei dettagli del rapporto, è importante esaminare il suo contesto: non solo ciò che include, ma ciò che omette. Incredibilmente, non fa nessuna menzione del gruppo terroristico Jihad Islamica Palestinese. E una ricerca di parole come “terrorismo” “attentato esplosivo” o “suicida”, “pugnalata” o “accoltellamento” rivela che nell’intero rapporto di 211 pagine non c’è una sola menzione di uno specifico attacco terroristico palestinese contro israeliani: c’è solo una frase buttata lì con noncuranza allo scopo di criticare gli sforzi fatti da Israele per difendere i propri civili dagli attacchi terroristici.

Salim Joubran, arabo israeliano, giudice della Corte Suprema quando venne confermata la condanna del presidente Moshe Katsav

Tanto per fare qualche esempio, Amnesty trascura di menzionare lo spaventoso attentato della Pasqua ebraica del 27 maggio 2002 in cui 30 persone vennero uccise e 140 ferite da un attentatore suicida palestinese. Omesso anche l’attentato suicida alla Pizzeria Sbarro di Gerusalemme del 9 agosto 2001 in cui furono uccise 15 persone, tra cui sette bambini. Omesso il doppio attentato suicida del primo dicembre 2001 al centro commerciale pedonale di Via Ben Yehuda a Gerusalemme in cui vennero uccise 11 persone e 180 ferite. Omesso l’attentato del giorno successivo su un autobus di Haifa che uccise 15 persone e ne ferì 40. (Si veda qui un elenco parziale di tali attentati). Questi attentati, e molti altri simili, furono la ragione per la costruzione della barriera di sicurezza e per l’adozione di altre misure di sicurezza che Amnesty utilizza per diffamare Israele e definirlo apartheid. Tuttavia, per qualche motivo Amnesty non ritiene opportuno farvi il minimo riferimento. È semplicemente sbalorditivo come un’organizzazione che si vorrebbe dedita ai “diritti umani” abbia lavorato così duramente per disumanizzare le vittime del terrorismo palestinese, in effetti ammazzandole una seconda volta. (…)

Clicca qui per l’articolo completo (in inglese) dove Alex Safian, direttore associato del Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America (CAMERA), esamina e confuta tutta una serie di affermazioni contenute nel rapporto di Amnesty: dalla “proprietà terriera” alla nascita di Israele, al cosiddetto “diritto al ritorno”, ai diritti di cittadinanza, al servizio militare (Amnesty accusa Israele per il fatto che i cittadini arabi non sono obbligati a servire nelle Forze armate ma possono farlo su base volontaria), ai diritti politici ed elettorali degli arabi israeliani (Amnesty si dimentica di citare il fatto che l’attuale coalizione di governo comprende un partito arabo islamista guidato da Mansour Abbas, che è vice ministro e vicepresidente della Knesset), fino alla presenza di giudici arabi, compreso quello che presiedeva la Corte che giudicò e condannò per reati sessuali l’ex presidente Moshe Katsav.

Dunque – conclude Alex Safian – lo stato ebraico pratica una forma unica e finora sconosciuta di apartheid, quella in cui il presidente ebreo israeliano può essere chiuso in prigione per cinque anni da giudici arabi israeliani. E questo è proprio ciò che Amnesty non può ammettere: che nessuna definizione di apartheid si può applicare a Israele. Ma poiché Amnesty è determinata a denigrare e delegittimare Israele con l’etichetta di apartheid, l’unica cosa che può fare è omettere e travisare fatti, leggi e definizioni.

(Da: jns.org, 1.2.22)



Un rapporto di Amnesty International pieno di menzogne contro Israele
Ugo Volli
02-02-2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883
https://www.shalom.it/blog/israele-bc1/ ... e-b1110371

“Un sistema crudele di dominio e di crimini contro l’umanità” … “segregazione” … “repressione brutale” … “dominazione”… “spossessamento ed esclusione”… “oppressione prolungata di milioni di persone”: di chi si parla in questi termini? Del nazismo? Delle colonie europee in Africa? Oggi della Cina in Tibet e con gli Uiguri? Dell’Isis? No, sono alcune delle calunnie che, insieme al termine chiave “apartheid” compaiono sull’ultimo rapporto di Amnesty International contro Israele, appena pubblicato e molto propagandato sui media. È un linguaggio così insensato da aver suscitato perfino lo sdegno del nuovo ambasciatore americano a Gerusalemme, Thomas Nides, nominato da Biden per cercare di annullare le politiche pro-Israele di Trump. Nides ha twittato sul rapporto così: “Ma dai, è assurdo. Questo non è il linguaggio che abbiamo usato e che useremo”. Hanno naturalmente protestato tutti i giornali e i diplomatici israeliani.

In realtà Amnesty International non è affatto nuova a queste sparate. Insieme ad altre associazioni che in teoria dovrebbero occuparsi di diritti umani e magari un tempo lo facevano, ha seguito un percorso di radicalizzazione politica che l’ha messa in prima fila nella guerra diplomatica e mediatica contro Israele. Amnesty ha fatto campagne contro lo stato ebraico nel 2005, nell’11-12, nel 14-15, nel 19-20, sempre mostrando una totale parzialità nei confronti dei gruppi palestinisti e astenendosi dal prendere in considerazione il terrorismo. Anche esplorando questo rapporto di ben 280 pagine, non vi si trovano mai parole come “terrore” “bombe”, “terroristi suicidi”, “accoltellamento”, in generale non si parla del terrorismo palestinista, di quello degli attentati suicidi con le bombe che faceva strage in negozi, autobus, centri di ritrovo fino alla costruzione della barriera di protezione, come di quello “popolare” che ancora miete vittime in questo periodo. E d’altro canto non vi è traccia nel rapporto del fatto che i cittadini arabi di Israele godono di pieni diritti politici economici e sociali, che membri della loro comunità sono giudici della corte suprema, ministri, deputati, professori universitari, ufficiali di polizia, imprenditori, personaggi sportivi e televisivi. Anzi, si sostiene senza alcuna prova e contro l’evidenza, che essi sarebbero “oppressi” ed “espropriati”, soggetti dunque ad “apartheid” quasi come i sudditi dell’Autorità Palestinese.

Amnesty in sostanza racconta che lo Stato di Israele sarebbe nato nel 1948 sulla base di un progetto “razzista” di “privilegiare gli ebrei” e usa come “prova” la “Legge del ritorno” e sullo “stato nazionale del popolo ebraico”, senza considerare che gli stati nazionali sono la grande maggioranza al mondo. Altre prove di “razzismo” vengono inventate analizzando in maniera del tutto scorretta i dati sulla terra: gli ebrei sarebbero colpevoli di aver espropriato le proprietà degli arabi passati al nemico, mentre naturalmente della distruzione e dell’appropriazione dei quartieri ebraici di Gerusalemme, Hebron e dei villaggi di Giudea e Samaria da parte della Giordania non si parla. Non si nomina la volontà genocida esplicitamente dichiarata da parte araba e palestinista come obiettivo di guerre e terrorismo, che sono durati per decenni e ancora continuano ma si condanna sempre l’autodifesa ebraica. Insomma si sposano, senza alcun contraddittorio, le posizioni più estreme del campo palestinista.

L’argomentazione è quasi sempre condotta in maniera del tutto parziale e propagandistica: si cita in maniera ingannevole una mezza frase di Netanyahu, ignorando il contesto che la precisa, si manipolano le cifre statistiche per dimostrare che Israele spossessa e opprime i palestinesi. Le proposte che concludono il rapporto chiedono il “ritorno” di molti milioni di parenti degli arabi fuggiti nel ‘48 e nel ‘67, cioè in pratica la distruzione dello Stato di Israele. E per ottenere questo risultato si propone il boicottaggio dell’economia israeliana, la chiusura di ogni fornitura di mezzi di autodifesa, il blocco delle personalità politiche e militari israeliane “colpevoli” del “reato di apartheid”.

Beninteso, il rapporto ignora il fatto che la vera e programmatica apartheid vige nei territori controllati dall’Autorità Palestinese, come del resto nella maggior parte degli stati arabi, dove nessun ebreo può vivere e neanche passare senza rischiare la vita. Si parla dei terroristi arabi come “prigionieri di coscienza” non violenti e detenuti illegalmente, addirittura regolarmente torturati, ignorando il fatto che la loro “non violenza” è costellata di assassini di donne, vecchi e bambini e che le carceri israeliane sono gestite secondo norme molto illuminate e tolleranti, sotto il controllo della magistratura, e che per esempio molti detenuti sono autorizzati a studiare e spesso si laureano presso prestigiose università israeliane.

Insomma, il “rapporto” è una sequela di falsità propagandistiche che hanno il solo scopo di demonizzare lo stato di Israele e di cercare di facilitarne la distruzione. Viene in mente il fatto che secondo la definizione di dell’IRHA, “negare i diritti nazionali del popolo ebraico” è uno dei modi caratteristici dell’antisemitismo attuale: l’accumulo di tante menzogne non si spiega se non sulla base di un fanatismo antisemita. Ma questo evidentemente ai dirigenti di Amnesty International sta bene, magari con la speranza che si avveri la previsione di Joseph Goebbels: una menzogna ripetuta all’infinito diventa per tutti verità.



PUBBLICATO SUL GIORNALE "IL FOGLIO".
*Perché Israele è la migliore tra le nazioni del mondo nonostante tutte le accuse mosse contro questo paese. È utile conoscere e apprezzare l'unità degli israeliani e la loro volontà di essere nella famiglia delle nazioni.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che, dalla sua fondazione 72 anni fa, ha dovuto sacrificare 25.000 soldati per garantire la sua sopravvivenza.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra senza confini riconosciuti.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra la cui popolazione abbia vissuto in una perpetua tensione emotiva sin dalla sua creazione.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che è costantemente minacciata di essere cancellata dalla mappa.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra minacciata da boicottaggi da nord a sud del pianeta.
-Non conosco un'altra nazione al mondo che abbia vinto tutte le guerre che le sono imposte, non ottenendo un armistizio a loro favorevole.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che fornisce al suo nemico acqua, elettricità, cibo e cure mediche.
-Non conosco un'altra nazione al mondo dove durante le visite ufficiali si pronuncino parole irrispettose e offensive.
Ma non conosco nessun'altra nazione sulla terra che abbia registrato così tanti miracoli in così poco tempo.
Immaginate un ebreo nudo e indifeso di fronte ai forni crematori e un funzionario nazista che era certo che avrebbe liberato l'Europa dal "cancro ebraico".
-Potrebbe questo ebreo immaginare che 72 anni dopo, altri ebrei avrebbero pilotato F-16 nei cieli di Israele e sopra Auschwitz?
- Potrebbe questo ebreo immaginare che la popolazione di Israele oggi sia dieci volte quella del 1948, anno della creazione dello Stato?
- Potrebbe questo ebreo immaginare che in Israele siamo molto più felici che in molti paesi europei?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele abbia la più alta produzione di pubblicazioni scientifiche pro capite al mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele abbia il maggior numero di grandi maestri di scacchi pro capite di qualsiasi città del mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia la nazione i cui accademici producono il maggior numero di articoli scientifici pro capite che in qualsiasi altra parte del mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia la nazione con il più alto rapporto tra diplomi universitari e popolazione nel mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese che, in proporzione alla sua popolazione, ha il maggior numero di start-up al mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese con la più alta percentuale al mondo di computer domestici pro capite?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese che ha assorbito il maggior numero di immigrati negli ultimi cinquant'anni?
Sfortunatamente, non troverai questa notizia nei media, poiché non si adatta allo stereotipo utilizzato che denuncia Israele come un occupante sionista coloniale. Nella coscienza del mondo, la parola "Israele" dovrebbe essere identificata con un aggressore.
Ma lo Stato ebraico, nonostante i media che gli sono ostili, i politici che non mancano di cinismo nei suoi confronti, sta dimostrando di essere capace di offrire il meglio che ha a beneficio dell' umanità.
I terroristi ei loro sostenitori in tutto il mondo odiano Israele perché è una luce per le nazioni che in questa parte del mondo sono un oceano di tenebre.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antision

Messaggioda Berto » sab apr 02, 2022 8:01 pm

CHI APPLAUDE AMENSTY INTERNATIONAL
Niram Ferretti
7 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Come volevasi dimostrare, i sostenitori del report di Amnesty, oltre alle ONG di estrema sinistra israeliane che hanno contribuito alla sua redazione, li troviamo tra i jihadisti salafiti di Hamas.
Chissà se il portavoce di Amnesty Intenational Italia, Riccardo Noury, che siede nel panel dei consiglieri di Gariwo, apprezza l'endorsement del rapporto da parte del gruppo terroristico che governa Gaza.
E a proposito di apartheid israeliano, nessuno di questi sedicenti combattenti per i diritti umani, che additano Israele come uno Stato criminale, scrive una riga sulla protesta via Twitter di giovani palestinesi che vivono a Gaza su come Hamas abbia sequestrato l'enclave, del clanismo e familismo imperante, della corruzione endemica. Chi scrive queste cose è ad alto rischio.
Tutto questo deve sparire dalla scena. L'importante è che passi il messaggio che in Israele si pratica l'apartheid, una accusa che discende direttamente dalla Risoluzione 3379 del 10 novembre 1975 che bollava Israele come Stato razzista.




Le forme dell’antisemitismo
Davide Cavaliere
7 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/le-forme-dellantisemitismo/

Amnesty International-Regno Unito ha pubblicato un nuovo rapporto con cui accusa Israele di sottoporre i palestinesi al «crimine contro l’umanità dell’apartheid». L’etichetta di «stato di apartheid» viene applicata, ingiustamente, a Israele da tempo immemore; ma questa volta, la diffamazione si è fatta più estrema, Amnesty International ha infatti accusato Israele di aver praticato la discriminazione razziale sin dalla sua fondazione nel 1948.

È chiaro che un simile rapporto ha come unico obiettivo quello di minare le fondamenta dello Stato di Israele come stato-nazione del popolo ebraico. Si tratta di puro antisemitismo che, in questo caso, si mescola all’avversione verso le nazioni caratteristica della celebre setta filantropica. L’attacco di Amnesty International non è diretto solo alla presunta «apartheid», ma a quella che il rapporto definisce, con malcelato disprezzo, «l’identità ebraica» di Israele.

Si ha l’impressione, leggendo la relazione, che il vero obiettivo polemico sia l’identità nazionale israeliana e il tema della discriminazione razziale un grimaldello per scardinarla. Dato il suo orientamento transnazionale, Amnesty non riesce ad accettare che Israele sia, primariamente, una patria per il popolo ebraico. Quello che l’antropologo Melville Herskovits chiamava il «diritto di ogni individuo alla propria cultura», non è preso in considerazione dall’organizzazione fondata da Benenson, che vede solo e ovunque «esseri umani» e condanna come «razzismo» ogni tentativo di preservare una qualche forma di specificità nazionale o religiosa.

Nel suo rapporto, Amnesty International-UK, caratterizza gli ebrei israeliani come un gruppo razziale autoidentificato, colpevole di preferire sé stesso e la propria sicurezza all’universalismo post-nazionale. Senza rendersene conto, gli attivisti per i diritti umani riprendono un’antica maledizione, quella dell’Ebreo carnale chiuso nel suo egoismo tribale e religioso. Risolutamente transnazionale, Amnesty non può che stigmatizzare la decisione israeliana di fondare lo Stato sull’identità ebraica e di porre delle differenze tra cittadini e non-cittadini.

Il perenne conflitto arabo-israeliano rianima delle rappresentazioni mentali e degli archetipi che si credevano sopiti. L’eresia marcionita, che opponeva il Dio crudele e geloso dell’Antico Testamento a quello amorevole del Nuovo, si ripresenta tra i critici del sionismo e d’Israele. Secondo i neo marcioniti, le politiche israeliane sono riconducibili allo stesso ebraismo, sono consustanziali all’identità ebraica. Da Breyten Breytenbach fino al recente rapporto di Amnesty International, passando per José Saramago e Luis Sepúlveda, tutti condannano le remote e presuntivamente «violente» e «razziste» tradizioni ebraiche.

Insomma, si dovrebbe all’Antico Testamento l’invenzione del razzismo, del genocidio e l’idea di «popolo eletto». La «candela nel filo spinato», inconsapevolmente fedele a questo marcionismo di ritorno, vorrebbe degiudaizzare Israele per far cessare lo «stato di apartheid». Nel momento in cui, in Occidente, la Shoah viene trasformata nel crimine supremo contro l’umanità e suonano le sirene della fusione universale dei popoli, riemerge la condanna dell’Ebreo tribale razzialmente connotato.

Il rapporto di Amnesty International-Regno Unito si richiama a un passato oscuro e si configura come un tentativo di demonizzare e delegittimare Israele attraverso argomenti canonici dell’antisemitismo storico.


Donato Di Segni
L’intero castello di menzogne costituito dal rapporto di Amnesty International poggia su un assunto EDULCORATO relativo a una dichiarazione rilasciata da Benjamin Netanyahu nel 2019 sul tema della “Legge Fondamentale” promulgata nel 2018 dalla Knesset israeliana:
“Israel is not a state of all its citizens... [but rather] the nation-state of the Jewish people and only them” vale a dire: “Israele non è lo stato di tutti i suoi cittadini… [ma piuttosto] la nazione stato del Popolo Ebraico e soltanto di questo”
Mi chiedo quanti abbiano letto il documento in questione con l'intento reale di capirlo, magari supportati dalla reale conoscenza dello spirito della dichiarazione di indipendenza fatta da Ben Gurion il 14 maggio 1948, nonchè del testo del mandato di Palestina promulgato dalla Lega delle Nazioni il 24 luglio 1922. In altre parole mi chiedo chi abbia letto la legge, immerso nell'humus costituito dal secolo abbondante che separa la nascita del Sionismo moderno dalla promulgazione di quest'ultima attesissima legge fondamentale. Lungi dall'essere discriminatoria la legge chiarisce senza estromettere, specifica senza separare ponendo nero su bianco un fatto storicamente imprescindibile, vale a dire che nella terra di Israele tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e ognuno di loro ha pari diritti civili individuali e altrettanto pari diritti religiosi ma che soltanto il popolo ebraico detiene il diritto politico collettivo di autodeterminarsi, soltanto il popolo ebraico ha diritto a istituire in terra di Israele una casa nazionale per il popolo Ebraico, la "medinat haieudi",essendo chiaramente compreso che nulla dovrà essere fatto che possa pregiudiziare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Israele, o i diritti e lo stato politico goduto dagli ebrei in ogni altra nazione, ricordando, quasi alla lettera il secondo preambolo del Mandato di Palestina. La legge, invocando l'essenzialità della "medinat haieudi" per la realizzazione dell'ancestrale aspirazione degli ebrei a tornare liberi sulla propria terra, non implica, mai, nessun respiro religioso! Solo un profondo e definitivo respiro politico! Lo stato, lo stato degli ebrei, ribadisce per ogni suo cittadino il diritto del pari fra pari in ogni espressione del vivere civile e religioso, in ogni espressione del diritto/dovere verso lo stato. Al punto uno della legge troviamo:
1) Principi fondamentali
A. La Terra di Israele è la patria storica del popolo ebraico, in cui lo Stato di Israele si è insediato.
B. Lo Stato di Israele è la patria nazionale del popolo ebraico, in cui questo esercita il suo diritto naturale, culturale, religioso e storico all'autodeterminazione.
C. Il diritto di esercitare l'autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è esclusivamente per il popolo ebraico.
Dalla lettura dei punti 1A e 1B della legge, emerge con ogni evidenza l'affermazione della volontà di esercitare i propri diritti naturali nella propria terra, non certo la negazione della facoltà degli altri all'espressione dei loro diritti culturali religiosi e storici in Israele. Dalla lettura del punto 1C si evince come i diritti politici collettivi di autodeterminazione nazionale siano esclusivo appannaggio del popolo ebraico. Solo gli ebrei possono esprimere autoderminazione nazionale in terra di Israele. Trovare in quanto espresso, una connotazione religiosa o etnica è un esercizio inutile salvo, ed è questo il caso, volersi genuflettere servilmente alla rigida volontà araba di vedere strumentalmente negli ebrei una sorta di complessa congrega religiosa e in quanto tale priva di qualsiasi giustificazione a rivendicare diritti su una qualsiasi terra perchè tali diritti sono di appannaggio esclusivo dei popoli e gli ebrei per gli arabi non sono mai stati un popolo. La negazione arabo mussulmana della natura popolare degli ebrei è strumentale alla negazione dei diritti ebraici sulla palestina mandataria britannica prima e sulla terra di Israele successivamente. Secondo gli arabo/mussulmani gli ebrei dovrebbero restare o tornare nelle loro terre di origine per professarvi la propria religione, ignorando in spregio alla storia, l'origine ancestrale degli ebrei in terra di Israele, la loro origine popolare, la loro cultura plurimillenaria e il loro insopprimibile diritto ad autodeterminarsi sulla propria terra senza per questo ledere i diritti altrui. È proprio sulla negazione preventiva del diritto ebraico sulla terra di Israele che Amnesty International basa tutte le sue fantasiose affermazioni di prevaricazione e di apartheid. Per quell’organizzazione politica travestita da difensore dei diritti umani, il rapporto appena prodotto è nulla altro che una mortifera arma tesa a scardinare lo stato ebraico in quanto tale.


Niram Ferretti
Donato Di Segni è precisamente come hai riportato tu in questo dettagliato post. Riporto quanto da me scritto in proposito nel mio libro, "Il Capro espiatorio: Israele e la crisi dell'Europa": "Il 19 luglio 2018 la Knesset passa con 62 voti contro 55 e lo scarto di due sole astensioni la Legge Base la quale definisce Israele come lo Stato nazionale degli ebrei. La legge si integra con altre leggi base, le quali, in guisa di costituzione strutturano il sistema legale dello Stato ebraico. Tra gli articoli principali della legge l’articolo 1. b afferma che “Israele è la casa nazionale del popolo ebraico, nella quale esso adempie il proprio diritto naturale, culturale, religioso e storico all’autodeterminazione“ mentre l’articolo 1. c afferma che “Il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è prerogativa unica del popolo ebraico”. All’ebraico viene riconosciuto lo status di lingua ufficiale nazionale mentre all’arabo viene garantito uno status speciale. Subito, appena la legge è promulgata, si aprono le cataratte delle critiche interne ed esterne le quali hanno come unico comune denominatore quello di accusarla di essere discriminatoria quando non esplicitamente razzista. Il fatto di avere semplicemente sancito una realtà ovvia e indubitabile, che Israele è lo Stato del popolo ebraico, sorto a questo scopo, intorno alla determinazione ebraica di avere il proprio Stato, è, nell’epoca del pensiero debole europeo sulla consistenza nazionale degli stati, nell’epoca del post-nazionalismo e post-identitarismo, nell’epoca comtiana dell’universalismo umano, propugnata dalla UE, una semplice eresia L’ideologia, di nuovo, trionfa sulla realtà. I fatti vengono alterati, deformati, per servire una precisa agenda. La sinistra israeliana si unisce in un unico coro ai partiti arabi che di Israele vorrebbero la scomparsa, per lamentare il carattere antidemocratico di una legge che discriminerebbe di fatto gli arabi, declassandoli a cittadini di secondo rango...Per i demonizzatori di Israele i quali insufflati da cinquanta anni di propaganda, considerano già Israele uno Stato dove vigerebbe l’apartheid, la Legge Base è solo una conferma di ciò che affermanoI fatti raccontano un’altra storia ma vanno, come sempre, separati dall’ideologia. Evelyn Gordon, in un lungo articolo, aiuta a fare luce su di essi: “L’aspetto più sconcertante di questa legge è che non dice nulla di diverso da quanto è stato assiomatico per decenni : Israele è la nazione-stato del popolo ebraico, e all’interno dei suoi confini, solo gli ebrei possono esercitare un’autodeterminazione nazionale— una disposizione che né nega uguali diritti sociali e politici (al contrario di quelli nazionali) per i non ebrei, né preclude la possibilità di uno Stato palestinese nella West Bank e Gaza, i quali si trovano fuori dai suoi confini. La capitale di Israele è Gerusalemme. La sua lingua è l’ebraico. Israele è aperto all’immigrazione ebraica. Si impegnerà a preservare l’eredità degli ebrei della diaspora e rafforzare il loro legame con Israele…In realtà molte delle sue disposizioni sono già codificate nella legislazione esistente. E anche l’apparente novità di “compromettere” lo status dell’arabo, non è un grosso cambiamento, come ha sottolineato lo studioso di giurisprudenza Netanel Fisher: l’arabo non è mai stato uguale all’ebraico (per esempio, le cause in tribunale non possono essere compilate in arabo), e tale status così come era è stato preservato da una clausola che afferma che nulla nella legge “compromette” lo status usufruito dalla lingua araba prima che la Legge Base diventasse effettiva. Inoltre, la legge non sostituisce in alcun modo le leggi base esistenti che sanciscono il sistema di governo democratico israeliano e i diritti umani fondamentali. In modo particolare, la Legge Base del 1922: La Dignita Umana e la Libertà, protegge esplicitamente ‘La dignità di qualsiasi persona in quanto tale,’ e i tribunali hanno interpretato ciò in modo coerente come un impedimento alla discriminazione, sulla base che la discriminazione viola la dignità della persona” .



Elementi di propaganda
Megafono antisionista
Davide Cavaliere
11 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/megafono-antisionista/

Il recente rapporto di Amnesty International in merito al presunto regime di «apartheid israeliano contro i palestinesi» ha trovato in Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, già nel Comitato scientifico di Gariwo e ora retrocesso a contributore, un suo strenuo sostenitore. Un fatto che non sorprende, dato che Noury è una delle voci più faziose e persistenti dell’antisionismo italiano.

Infatti, il portavoce di Amnesty International Italia, si è ripetutamente schierato a favore del movimento Boycott, divestment and sanctions (BDS), ossia della banda internazionale di anti-israeliani che chiede lo strangolamento economico dello Stato ebraico. Noury ha ripetutamente denunciato quella che lui definisce «criminalizzazione» del BDS, sorvolando sul palese antisemitismo del movimento che, in passato, ha incassato anche il sostegno di Hamas, e sulla incessante demonizzazione dello Stato d’Israele operata dall’organizzazione in questione.

In seguito a un articolo di Giulio Meotti apparso su Il Foglio il 13 giugno 2017, dal titolo Umanitaristi Impazziti, in cui il giornalista prende di mira la celebre ONG, Riccardo Noury ha redatto una lettera al giornale nella quale sottolinea che:

«Se, per il diritto internazionale umanitario, gli insediamenti israeliani sono illegali, allora il vantaggio economico realizzato dalle imprese e dalle aziende che lì producono e commerciano va fermato. Amnesty International non sta invitando i consumatori ad aderire a campagne di boicottaggio. Chiede agli stati di rispettare i loro obblighi di diritto internazionale e vietare l’importazione di prodotti provenienti dagli insediamenti illegali».

Noury, evidentemente privo delle conoscenze giuridiche fondamentali per affrontare l’argomento relativo ai cosiddetti «insediamenti illegali», (perché “illegali”?, in base a quale inequivocabile criterio?) cade in contraddizione: da un lato, infatti, afferma che Amnesty International non inviterebbe i consumatori al boicottaggio ma, al tempo stesso, chiede agli stati di vietare l’importazione dei prodotti provenienti da quelli che lui considera degli insediamenti coloniali. Associandosi al BDS, Amnesty e il suo portavoce italiano, di fatto, legittimano il boicottaggio para-nazista d’Israele e rafforzano i suoi nemici teocratici e terroristici.

L’acredine anti-israeliana di Noury si è manifestata in numerose altre occasioni. In un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano l’11/01/21, il portavoce ha sostenuto che su Israele ricadrebbe la responsabilità della vaccinazione contro il COVID-19 dei palestinesi nella Giudea e nella Samaria. Le sue affermazioni contraddicono quanto scritto negli Accordi di Oslo del 1993, che stabiliscono che la tutela sanitaria dei palestinesi è affidata all’Autorità Nazionale Palestinese. In tutto l’articolo, Noury parla di «territori occupati» e di «coloni», violando così i diritti della verità storica e manifestando la sua adesione a una visione ideologica del conflitto arabo-israeliano. In un post su Facebook datato 21 maggio 2021, nel pieno degli scontri tra Israele e Hamas , l’indefesso difensore dei diritti umani ha scritto:

«Israele accende la miccia (Sheikh Jarrah, al-Aqsa), Hamas attacca obiettivi civili israeliani (i sistemi d’allarme limitano i danni, ma ci sono vittime), Israele attua la rappresaglia contro i civili di Gaza (niente sistemi d’allarme, decine di vittime). Ognuno per i suoi calcoli politici. Tra una settimana, quando tutto (“gli scontri”, come parte della stampa italiana definisce la situazione) sarà risultato eccessivamente troppo, arriverà un cessate il fuoco. Si conteranno i morti in attesa della prossima miccia, dei prossimi attacchi e della prossima rappresaglia. Tutto tragicamente già visto da tempo».

Il post è ricolmo di sciocchezze. Noury faceva riferimento allo sfratto imposto alle famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah dal tribunale distrettuale di Gerusalemme, ossia all’esito di un contenzioso legale durato quarant’anni, nel corso del quale gli occupanti abusivi arabi, che hanno loro stessi riconosciuto che le abitazioni non erano loro, sono stati sfrattati perché non pagavano l’affitto. Dunque, Israele non ha accesso alcuna «miccia», come avrebbe voluto far credere il «nostro» portavoce.

Noury è un mentitore seriale. In una intervista rilasciata a Fanpage.it il 13 maggio 2021, ha affermato: «La nostra sensazione è che si stia ripetendo esattamente quello che è già accaduto nel 2008, nel 2012 e nel 2014. Con quel meccanismo solito che conosciamo: la miccia accesa da Israele, Hamas che colpisce obiettivi civili nel sud e nel centro di Israele, e ancora la rappresaglia israeliana che per potenza di fuoco e per una diversa modalità di allarmi fa sì che ci sia una sproporzione di morti da un lato rispetto che dall’altro». Come da canovaccio, tenta di far ricadere su Israele la responsabilità dei conflitti scatenati da Hamas, che ricordiamo essere una formazione islamista e terrorista.

Inoltre, Noury ripropone la principale accusa che Amnesty muove, da decenni, a Israele e che ruota attorno alla nozione di «risposta sproporzionata». Trattasi dell’assurda accusa secondo cui i contrattacchi israeliani causerebbero tassi più elevati di vittime e danni alle proprietà maggiori degli attacchi palestinesi. A questo argomento, manca il fatto che Hamas e altri gruppi terroristici palestinesi usano abitualmente i propri civili come scudi umani. Postazioni quali moschee, ospedali e scuole vengono abitualmente utilizzate come depositi di armi e rampe di lancio per i missili. Di questa realtà, gli «eyewitness» di Amnesty non sembrano accorgersi, proprio come il portavoce.

Insomma, Riccardo Noury è megafono di tutti i pregiudizi antisionisti dell’associazione che rappresenta.




Immaginate se in seno all'ONU ci fosse una commissione d'inchiesta per violazione dei diritti umani solo ed esclusivamente per l'Italia.
Noi che amiamo Israele
11 febbraio 2022

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 2896336401

Non per l'Iran, non per la Cina, la Turchia o l'Afghanistan ma solo per l'Italia. E se, in base a Risoluzioni adottate solo nei confronti degli italiani, i nostri militari e ragazzi dell'esercito rischiassero di essere arrestati ( in qualsiasi parte del mondo) e processati per "crimini di guerra contro l'umanità" perché difendono i propri cittadini civili.
Solo loro, non i talebani o miliziani di gruppi terroristici, Turchi o Cinesi. Solo gli italiani.
Ecco.
Questa follia discriminatoria, è quanto accade nei confronti dello Stato di Israele.
Una commissione ideata ad hoc, con il voto favorevole della Cina e altri noti paesi democratici, volta a giudicare Israele e solo Israele, attraverso metri politici e non giuridici.
Come giurista internazionale è stata scelta e messa alla guida della commissione permanente contro Israele Navi Pillay.
La Pillay è ben nota per le sue attività anti israeliane, nominò ben quattro missioni d’inchiesta contro Israele, più di qualsiasi altro paese del mondo.
Fra queste, lo screditato Rapporto Goldstone che venne successivamente sconfessato dal suo stesso autore, fu responsabile della nomina a relatore speciale per i palestinesi del professore di diritto internazionale Richard Falk, radicalmente anti israeliano.
E sempre la Pillay, come se non bastasse, convocò la famigerata conferenza di Durban II “contro il razzismo” che offrì una tribuna all’allora presidente iraniano antisemita Mahmoud Ahmadinejad, dalla quale negò la Shoah.
Ma tutto questo va bene per Madama la Marchesa, per Amnesty International, per Riccardo Noury che attraverso lo sfruttamento del diritto internazionale si auto eleggono a giudici del bene e dei diritti.
Israele è uno Stato con un sistema giuridico che funziona, chi crede che abbia bisogno di commissioni votate da Paesi come la Cina o ong politicamente ideologizzate per essere giudicato o è uno stolto o è in malafede.
Con buona pace di Amnesty International.
Tramite R.V


Navi Pillay
https://it.wikipedia.org/wiki/Navanethem_Pillay
Navanethem Pillay chiamata anche Navi Pillay (in tamil: நவநீதம் பிள்ளை) (Durban, 23 settembre 1941) è un magistrato sudafricano, giudice della Corte penale internazionale e Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani dal 2008 al 2014.
Sudafricana di origine tamil è stata la prima donna non-bianca presso l'Alta corte del Sudafrica, è stata magistrato presso la Corte penale internazionale e presidente del Tribunale penale internazionale per il Ruanda. Ha adottato il documento "Born Free and Equal" nelle orientamento sessuale e identità di genere di diritto internazionale, settembre 2012.


Rapporto Goldstone
https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_Goldstone
Il Rapporto Goldstone è un documento preparato per l'Onu dal magistrato sudafricano Richard J. Goldstone, di origini ebraiche, in collaborazione con un gruppo di avvocati, in seguito all'operazione militare israeliana Piombo fuso.
Il rapporto Goldstone critica entrambi i contendenti per il conflitto che, iniziato il 27 dicembre 2008 e finito il 18 gennaio 2009, ha ucciso oltre 1.387 palestinesi, centinaia dei quali civili, e 13 israeliani, tre civili. Il rapporto accusa in particolare l'esercito israeliano di aver commesso crimini di guerra durante le operazioni militari nella Striscia di Gaza.
Il rapporto Goldstone ha dato sei mesi a Israele e ad Hamas per sostenere adeguate indagini e fornire risposte sui rilievi riportati dal rapporto. In caso di mancata collaborazione, la Corte penale internazionale con sede all'Aia potrebbe istituire un procedimento legale contro le parti e potrebbe portare i colpevoli in tribunale e quindi eventualmente condannarli, aprendo una nuova strada alla giustizia internazionale, capace di agire nonostante le eventuali protezioni dei paesi schierati con le grandi potenze: USA, Russia e Cina.


Richard Falk
Intervista al giurista ed ex relatore speciale delle Nazioni unite: «Tel Aviv vuole convincere il mondo che non esista una soluzione. Ma i popoli ora sanno che la resistenza popolare può supplire all’inferiorità militare: dalla loro parte hanno la superiorità morale e un fine più alto, l’autodeterminazione»
21 maggio 2018
https://nena-news.it/richard-falk-un-ma ... possibile/



PUBBLICATO SUL GIORNALE "IL FOGLIO".
6 febbraio 2022

https://www.facebook.com/grupposionisti ... 4508668866

*Perché Israele è la migliore tra le nazioni del mondo nonostante tutte le accuse mosse contro questo paese. È utile conoscere e apprezzare l'unità degli israeliani e la loro volontà di essere nella famiglia delle nazioni.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che, dalla sua fondazione 72 anni fa, ha dovuto sacrificare 25.000 soldati per garantire la sua sopravvivenza.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra senza confini riconosciuti (ben definiti e universalmente riconosciuti).
-Non conosco un'altra nazione sulla terra la cui popolazione abbia vissuto in una perpetua tensione emotiva sin dalla sua creazione (per i continui attacchi bellici e terroristi e il rischio di essere sterminata).
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che è costantemente minacciata di essere cancellata dalla mappa.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra minacciata da boicottaggi da nord a sud del pianeta.
-Non conosco un'altra nazione al mondo che abbia vinto tutte le guerre che le sono imposte, non ottenendo un armistizio a loro favorevole.
-Non conosco un'altra nazione sulla terra che fornisce al suo nemico acqua, elettricità, cibo e cure mediche.
-Non conosco un'altra nazione al mondo dove durante le visite ufficiali si pronuncino parole irrispettose e offensive.
Ma non conosco nessun'altra nazione sulla terra che abbia registrato così tanti miracoli in così poco tempo.
Immaginate un ebreo nudo e indifeso di fronte ai forni crematori e un funzionario nazista che era certo che avrebbe liberato l'Europa dal "cancro ebraico".
-Potrebbe questo ebreo immaginare che 72 anni dopo, altri ebrei avrebbero pilotato F-16 nei cieli di Israele e sopra Auschwitz?
- Potrebbe questo ebreo immaginare che la popolazione di Israele oggi sia dieci volte quella del 1948, anno della creazione dello Stato?
- Potrebbe questo ebreo immaginare che in Israele siamo molto più felici che in molti paesi europei?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele abbia la più alta produzione di pubblicazioni scientifiche pro capite al mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele abbia il maggior numero di grandi maestri di scacchi pro capite di qualsiasi città del mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia la nazione i cui accademici producono il maggior numero di articoli scientifici pro capite che in qualsiasi altra parte del mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia la nazione con il più alto rapporto tra diplomi universitari e popolazione nel mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese che, in proporzione alla sua popolazione, ha il maggior numero di start-up al mondo?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese con la più alta percentuale al mondo di computer domestici pro capite?
-Potrebbe questo ebreo immaginare che Israele sia il paese che ha assorbito il maggior numero di immigrati negli ultimi cinquant'anni?
Sfortunatamente, non troverai questa notizia nei media, poiché non si adatta allo stereotipo utilizzato che denuncia Israele come un occupante sionista coloniale. Nella coscienza del mondo, la parola "Israele" dovrebbe essere identificata con un aggressore.
Ma lo Stato ebraico, nonostante i media che gli sono ostili, i politici che non mancano di cinismo nei suoi confronti, sta dimostrando di essere capace di offrire il meglio che ha a beneficio dell' umanità.
I terroristi ei loro sostenitori in tutto il mondo odiano Israele perché è una luce per le nazioni che in questa parte del mondo sono un oceano di tenebre.




Striscia di Gaza: la protesta contro Hamas smaschera Amnesty International
12 febbraio 2022

https://www.francolondei.it/striscia-di ... rnational/

Mentre Amnesty International lancia accuse assurde contro Israele e si dimentica completamente della Striscia di Gaza e di Hamas, la popolazione araba palestinese sotto la dittatura di Hamas per la prima volta insorge contro i terroristi che strangolano la Striscia e lo fa partendo dai social.

Centinaia di utenti hanno utilizzato l’hashtag #خطفوا-غزة (Hanno rapito Gaza) per condividere post che denunciano i tiranni di Hamas e il loro governo.

“I ladri non possono costruire uno stato che si prenda cura degli interessi del suo popolo, così come non possono liberare una patria occupata”, ha twittato Sad Abdalah, riferendosi alla dittatura di Hamas.

L’attivista di Gaza Amin Abed ha postato sulla sua pagina Facebook: “…Gaza è l’unico posto al mondo in cui, quando vai avanti, torni indietro grazie ai suoi governanti“.

Ha detto che la campagna ha lo scopo di “rendere il sovrano [Hamas] consapevole delle sue responsabilità dopo aver raggiunto un livello insopportabile di ingiustizia e deterioramento in tutti gli aspetti della vita“.

Amin Abed continua la sua denuncia scrivendo: “niente può descrivere la crudele realtà a Gaza. Come si può giustificare l’ultima demolizione di chioschi sulla spiaggia a Jabalia [nel nord della Striscia di Gaza], l’unica fonte di sostentamento per i giovani laureati disperati che hanno perso la speranza di trovare un lavoro! Come giustificare le tasse ingiuste estorte in cambio di nessun servizio! La disoccupazione alle stelle! L’estrema povertà!”

Scolpiamo queste parole nella pietra prima che questo gruppo di attivisti faccia la fine dei loro predecessori, cioè finisca in qualche discarica di Gaza e magari facciamole avere ad Amnesty International prima che facciano finta di niente.

Prendiamo nota di questa protesta contro Hamas fatta coraggiosamente a viso aperto da coloro i quali hanno capito che le condizioni in cui versa la Striscia di Gaza sono da attribuire ad Hamas e non a Israele, anche se come sempre viene incolpata anche Gerusalemme per il blocco di sicurezza.

I denigratori di questa campagna sostengono che sia alimentata dalla Autorità Palestinese, l’altra dittatura palestinista basata nella cosiddetta “Cisgiordania” allo scopo di indebolire politicamente Hamas.

Tuttavia questa accusa viene smentita direttamente dall’organizzatore della campagna, Amer Balosha, un attivista per i Diritti Umani laureato in giurisprudenza arrestato da Hamas e ora rifugiato in Turchia.

“Questa campagna [online], è un’estensione del movimento del 2019 [“We Want to Live”], ed è interamente basata sulle richieste di standard di vita di base come la risoluzione delle crisi dell’elettricità, dei valichi, della disoccupazione, delle tasse, della salute e dei sistemi di istruzione e non ha nulla a che fare con Hamas in quanto partito politico ma in quanto detentore del potere” ha detto Balosha.

Circa l’80% della popolazione di Gaza è dipendente dagli aiuti internazionali, aiuti che passano esclusivamente da Israele nonostante anche l’Egitto [paese arabo] confini con la Striscia di Gaza.

Questa protesta smaschera definitivamente le false accuse di Amnesty International e mostra con limpida chiarezza l’ipocrisia dell’ex Nobel per la pace oltre e indicare dove sta veramente il problema per le popolazioni palestinesi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » sab apr 02, 2022 8:02 pm

RAZZA E COLORE
Michelle Mazel
8 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Nel 2020, dopo la morte di George Floyd, l’afroamericano che rimase per lunghi minuti sotto il ginocchio di un agente di polizia prima di morire per soffocamento, milioni di americani hanno scandito in coro “Black lives matter”. Questa reazione spontanea e, diciamolo, legittima, che riguardava soprattutto la violenza della polizia contro gli afroamericani, è rapidamente sfociata in scene di tumulti e saccheggi in tutti gli Stati Uniti. La polizia spesso lasciava perdere per non aggravare una situazione già esplosiva.
Il movimento ha poi rapidamente varcato i confini e in segno di solidarietà simili proteste hanno avuto luogo in tutto il mondo, soprattutto nell'Europa dell'Est e in Scandinavia, dove il problema è quasi inesistente. Nel contempo, il fenomeno “Woke” incitava a far sentire colpevoli tutti i “bianchi”, non solo per la schiavitù, ma anche per quella macchia originale che hanno solo loro, ovvero il colore della loro pelle; i bianchi dovrebbero quindi compiere un atto di contrizione e di pentimento. Da questo, ad esempio, nasce una folle campagna volta a rivedere la storia attraverso questo prisma per condannare Cristoforo Colombo come “colpevole” di aver introdotto l'uomo bianco nel continente americano e attraverso di lui il flagello della schiavitù. La comunità afroamericana si chiude in una strategia da vittima, di cui esige l’esclusività.
L'attrice, autrice e oggi alta sacerdotessa dell’ideologia “Woke”, Whoopi Goldberg, durante un programma sul canale ABC, ha negato l'esistenza di qualsiasi legame tra la Shoah e qualsiasi forma di razzismo sulla base del fatto che le vittime ebree e i loro carnefici nazisti erano entrambi bianchi.
Ascoltiamola: “Siamo onesti su questo argomento, perché l'Olocausto non riguarda la razza. Si tratta della disumanità dell'uomo nei confronti dell'uomo. Ecco di cosa si tratta. Ma questi sono due gruppi di bianchi. È il modo in cui le persone si comportano le une con le altre. Sono dei bianchi che lo fanno ad altri bianchi.”
Per lei il massacro di sei milioni di ebrei, uomini, donne e bambini è stato solo il risultato della disumanità dell'uomo nei confronti dell'uomo, niente di più o in ogni caso, il risultato di un conflitto tra due gruppi di individui appartenenti alla razza bianca.
Inutile dire che Whoopi Goldberg evidentemente non ha mai letto il Mein Kampf e la teoria della razza al centro della politica di sterminio, e forse non ne ha mai sentito parlare. In sostanza cosa sa lei della soluzione finale, delle atrocità di cui furono vittime gli ebrei, della politica genocida di Hitler? Le sue dichiarazioni testimoniano una crassa ignoranza piuttosto che una forma di antisemitismo da cui lei si difende.
Un'ignoranza che deve estendersi alla realtà dei campi di sterminio; come interpretare altrimenti l'uso di questo cliché che è “la disumanità dell'uomo nei confronti dell'uomo” del tutto privo di emozione. Non l’interessava minimamente il destino degli ebrei; l'importante era preservare il dogma che solo gli afroamericani possono affermare di essere vittime del razzismo. Probabilmente non è l'unica a pensarla così. Non resta che osservare le reazioni indignate dei suoi sostenitori per le due settimane di sospensione che gli studios le hanno inflitto.




Alberto Pento
Il delinquente abituale nero Giorge Floyd non è morto per soffocamento, durante l'arresto per essere stato bloccato giustamente dal poliziotto bianco in quanto soggetto pericoloso che resisteva all'arresto, è morto circa un'ora dopo all'ospedale ed era strafatto di fentanyl, una droga che in certa dose e in certe circostanze psicofisiche può essere mortale.
Poi non è affatto vero che la polizia americana statunitense è violenta contro i neri per razzismo, la polizia americana giustamente è violenta contro la criminalità violenta che ammazza i poliziotti e che negli USA in buona parte è costituita da neri che in proporzione al numero rispetto ai bianchi, delinquono in modo violento molto di più dei bianchi.

Alessandro Della Mea
L’ignoranza storica sullo schiavismo è abissale si dimentica che sino al 1700 gli arabi usavano far razzie per le coste del sud Europa rapendo milioni di europei, senza contare i milioni di decine di africani schiavizzati dagli arabi e poi venduti per mezzo mondo.

Alberto Pento
I primi schiavisti in Africa furono i tribalisti africani e poi gli arabi maomettani e i non arabi africani divenuti maomettani, furono sempre loro che per primi cacciarono gli africani per ridurli in schiavitù e venderli ai trafficanti di schiavi bianchi lungo le coste del continente nero che poi li trasferivano in catene nelle Americhe.

Franco Licciardello
Ma anche gli europei facevano razzie per procurarsi schiavi lungo le coste del Nordafrica, anche se di questo si parla poco. Secondo la mia visione ci sta una differenza di percezione del diverso fra europei ed americani, al riguardo vorrei ricordare che fino al 1967 negli Usa era reato avere rapporti sessuali fra bianchi e neri (ed i giudici qualche barzelletta l' hanno pure raccontata). Già nell' antichità gli europei conoscevamo l'altro (le lotte contro i mori o contro i tatari ad esempio), è stato con le scoperte geografiche che è iniziata la cosiddetta ' missione civilizzatrice' o 'di evangelizzazione' o 'del fardello dell'uomo bianco' o di ' rules Britannia', che sull' onda dell'Illuminismo e dei suoi successori, attraverso la ' morte di Dio' hegeliana, divenne la pseudoscienza dell' antropologia razzista, e della riscoperta wolks, il cui brodo culturale darà origine ai movimenti nazi-fascisti. Gli Stati Uniti non hanno avuto tutto questo ma una Guerra Civile combattuta con le bandiere di abolire la schiavitù che ha segnato grandemente il Paese. Difatti un giudice nel 1922 non esitò a definire una emigrata siciliana di razza nera (grazie anche agli studi Lombroso), mizzica se avessero letto la stima genetica del mio DNA sarebbero impazziti! 0,8 '/' Nigeriano, 8,5 '/. Ebreo askenazi, 7,4 turco-iranico, 4,6 mediorientale, 14 '/. Berbero, 5 '/. Nord europeo, 34 '/' Siceliota, e 25 '/' italico. Quindi non mi stupisce più di tanto la frase di Whoopy, semmai ci sta da lavorare nella cultura statunitense

Franco Licciardello
Questo è il più famoso quello di Edith Lobue per quanto riguarda i siciliani, altro caso famoso di reato di miscegenation furono i genitori di Obama https://casetext.com/case/rollins-v-state-120

Franco Licciardello
Alessandro Della Mea su questo ok, ma ricordati se ci sta un'offerta allora a monte ci sta una domanda. Interi stati africani si basarono sul commercio degli schiavi, e non ti è difficile trovare africani che maledivano la tratta ed africani che benedivano la tratta. Le colpe non sono da un lato solo della vicenda


Alberto Pento
Gli schiavi europei bianchi e cristiani degli africani mori e maomettani.

La tratta barbaresca degli schiavi era il commercio degli schiavi europei che fiorì negli stati barbareschi del Maghreb, gli attuali Marocco, Algeria, Tunisia e Libia occidentale, tra il XVI e il XIX secolo. Questi mercati prosperarono mentre gli stati erano nominalmente sotto il dominio ottomano, ma in realtà erano sostanzialmente autonomi.

https://it.wikipedia.org/wiki/Tratta_ba ... li_schiavi

Al mercato degli schiavi nordafricano si commerciavano schiavi di origine europea. Questi venivano catturati dai corsari barbareschi in incursioni sulle navi e sulle città costiere di città italiane, spagnole, portoghesi, francesi, inglesi, dei Paesi Bassi, fino ad arrivare in Islanda. Uomini, donne e bambini venivano catturati; a causa dell'entità devastante di queste azioni un grande numero di centri abitati costieri, in particolare nell'Europa mediterranea, vennero abbandonate.

Il professor Robert Davis, insegnante di storia alla Ohio State University, descrive la tratta bianca degli schiavi come minimizzata dalla gran parte degli storici moderni nel suo libro Christian Slaves, Muslim Masters: White Slavery in the Mediterranean, the Barbary Coast and Italy, 1500-1800. Davis stima che, solamente da parte di schiavisti da Tunisi, Algeri e Tripoli, 1-1.25 milioni di cristiani europei vennero schiavizzati in Maghreb dall'inizio del XVI secolo alla metà del XVIII (questo numero non comprende gli europei schiavizzati dal Marocco ed altri assalitori delle coste del Mediterraneo), e circa 700 americani vennero fatti prigionieri in questa regione tra il 1785 e il 1815. Le statistiche doganali del XVI-XVII secolo suggeriscono che un ulteriore apporto di schiavi importati da Istanbul dal Mar Nero potesse arrivare ad un totale di 2.5 milioni dal 1450 al 1700.

Il mercato declinò dopo la sconfitta degli Stati barbareschi nelle guerre barbaresche e finì definitivamente poco dopo il 1830, con la conquista francese dell'Algeria.





L'"Apartheid" israeliano e i suoi chansonniers
8 febbraio 2022

http://www.linformale.eu/lapartheid-isr ... nsonniers/

http://www.linformale.eu/quinta-colonna-2/

Tra i numerosi siti che propagano a mo di megafono la propaganda contro Israele, c’è ampia scelta, uno fra i tanti è il sito di Fujiko Formazione, una radio con sede a Bologna, che, quando si occupa di Medio Oriente, e nello specifico di Israele, segue pedissequamente le coordinate dell’Autorità Palestinese.

Non è tanto il sito in sè a interessarci, quanto un recente articolo che, prendendo le difese dell’inverecondo rapporto di Amnesty International secondo il quale in Israele si praticherebbe l’apartheid, condensa in un paragrafo una serie sorprendente di menzogne. Vale la pena riportarle perchè sono la dimostrazione di come le accuse contro Israele, al di là di quella realtiva al “genocidio” dei palestinesi, siano poche, ripetute, e grottesche, un po’ come le false mappe della presunta espansione israeliana ai danni dei palestinesi, che circolano da anni, malgrado siano una bufala degna di Amici Miei https://www.israele.net/la-false-mappe- ... israeliana.

Ma c’è poco da fare, la coazione a ripetere è una prerogativa necessaria della propaganda, anzi è la sua stessa ragione d’essere, così, a proposito del rapporto in questione, sul sito citato leggiamo che:

“Nelle 278 pagine del rapporto di Amnesty International…vengono dettagliate le pratiche israeliane che portano al dominio e all’estrema discriminazione nei confronti dei palestinesi. I grandi limiti alla libertà di movimento, la requisizione delle terre, il divieto di edificare, le discriminazioni in tema di ricongiungimenti famigliari, le uccisioni illegali, le deportazioni di popolazioni o la loro cacciata da villaggi o quartieri, come è avvenuto a Gerusalemme Est nel maggio dello scorso anno, la ripartizione discriminatoria delle risorse. Sono queste ed altre le misure praticate da Israele”.

Queste sarebbero le accuse, che, saldate una all’altra come gli anelli di una solida catena imprigionerebbero i palestinesi nel ferreo giogo dell’apartheid. Sulla natura dell’apartheid, i suoi requisiti base, ha già chiarito nel suo articolo, David Elber http://www.linformale.eu/il-grottesco-i ... onal/sugli aspetti contenuti invece in questa requisitoria, è il caso di soffermarsi brevemente per decostruirne gli assunti base.

Procedendo con ordine dobbiamo iniziare con la prima libertà negata in Israele ai palestinesi. Effettivamente, da Gaza gli abitanti, chiusi nell’enclave governata da Hamas dal 2007, non ci sono flussi in Israele. Non risultano nemmeno flussi da Israele a Gaza. Diversa è la situazione nei cosiddetti territori “occupati”, ovvero la Giudea e Samaria dove i flussi di movimento dei frontalieri palestinesi che ogni giorno entrano in Israele, è regolato da checkpoint, visto lo statuto speciale di questi ultimi, normato dagli Accordi di Oslo del 1993, così come si trovano checkpoint in altri punti del paese, la cui presenza, come quella della barriera fatta costruire nel 2002 durante la Seconda Intifada, si è resa necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani. È singolare che nel rapporto di Amnesty International la barriera non venga anche essa considerata un simbolo tangibile dell’apartheid.

Sono 87.000 i palestinesi che, provenienti dai territori lavorano legalmente in Israele, mentre 35,000 lavorano negli insediamenti israeliani. Recentemente Israele ha concesso 16.000 permessi supplementari per aiutare la precaria economia dell’Autorità Palestinese. Sono dati che evidenziano quanto Israele limiti il movimento dei palestinesi residenti fuori dal suo perimetro.

Veniamo alla “requisizione delle terre” considerate di proprietà araba. Lo faremo facendo un salto indietro, retrocedendo per l’esattezza al periodo ottomano quando gli arabi possedevano circa il 15% della terra. Oggi, nel 2022, la percentuale è la medesima. Bisogna però dire che nel corso degli anni determinati terreni di proprietà araba laddove ritenuto necessario sono stati espropriati dallo Stato, sempre con compensazione economica nei confronti dei legittimi proprietari. Secondo le normative del diritto internazionale l’espropriazione di un terreno per ragioni di difesa militare, sempre dietro compensazione economica, è ammessa, così come stabilto con chiarezza dalla IV Convenzione dell’Aia del 1907.

In tutti i paesi civili, e Israele non si vede perchè dovrebbe fare eccezione, l’edificazione è consentita secondo le leggi vigenti, le edificazioni abusive sono considerte un reato. La percentuale di abusivismo edilizio palestinese in Israele, nonostante “l’apartheid”, è endemica. Ancora nel 2017, secondo quanto riferito alla Knesset da Marco Ben Shabat della Divisione di Vigilanza nell’Area C della Giudea e Samaria, il 60% delle strutture abusive palestinesi costruite era ancora intatto dal 2010. Fino al 2010 solo dal 10% al 15% delle strutture abusive era stato buttato giù e solo il 30, 35% demolito. Evidentemente, per gli estensori del rapporto di Amnesty International, l’abusivismo palestinese dovrebbe essere condonato così come dovrebbero essere considerare illegali tutte le uccisioni di terroristi.

Si ricorda qui il caso della grande manifestazione organizzata da Hamas con la collaborazione parziale di Fatah e della Jihad islamica organizzata il 30 aprile del 2017 al confine di Gaza con Israele e che avrebbe dovuto culminare tra il 14 e il 15 maggio dello stesso anno. In mezzo a 40.000 partecipanti, il 30 marzo, l’esercito israeliano uccise 16 manifestanti. Ventiquattro ore dopo l’esecrazione internazionale, l’IDF fu in grado di mostrare le fotografie dei 16 morti, qualificati dalla stampa di mezzo mondo come “innocenti” e “pacifici” manifestanti, in assetto militare. Erano infatti membri della Brigata Izz ad-Din al-Qassam, rivendicati successivamente da Hamas stesso come propri miliziani. Vi furono 62 altri morti successivamente, quelli che Massimo D’Alema, in una intervista, defini come vittime disarmate di un “barbaro eccidio”. Fu lo stesso portavoce di Hamas a rivendicarne 50 come propri miliziani. Gli esempi potrebbero essere molti altri, ma per Amnesty International, queste uccisioni sono da considerarsi “illegali”, come lo è l’uccisione di qualsiasi altro terrorista da parte della polizia israeliana o dell’esercito.

Discendendo per li rami, in Israele i ricongiungimenti familiari sono disciplinati burocraticamente come in qualsiasi altro paese, tuttavia vi è una legge restrittiva relativamente al ricongiungimento di cittadini palestinesi residenti nei territori, sposati con cittadini palestinesi residenti in Israele. La legge venne introdotta nel 2003 al culmine della Seconda Intifada per motivi di sicurezza dopo che un membro di Hamas, Shadi Tubasi, il quale ottenne la carta di identità israeliana in virtù del suo matrimonio, uccise sedici israeliani in uno dei più brutali attachi terroristici del periodo.

Circa 130,000 palestinesi ottennero il ricongiungimento familiare durante gli anni ’90. Secondo lo Shin Bet 155 di costoro e i loro discendenti si sono resi responsabili di atti di terrorismo dal 2001 in poi. Ma tutto questo scompare dalla scena per i fautori della “discriminazione” che questa legge esemplificherebbe, occultando le ragioni della sua entrata in vigore. Essa sarebbe un simbolo dell’apartheid che vigerebbe in Israele.

“La deportazione di popolazioni”, è forse il gioiello della corona del rapporto di Amnesty International e si coniuga perfettamente con l’accusa di “pulizia etnica”, quella che, nella fabula neocolonialista di Illan Pappe, pupillo di ogni propalestinese duro e puro, sarebbe avvenuta da parte ebraica nei confronti della popolazione araba, durante la guerra del 1948. La pietra di inciampo, in questo caso è però vistosa.

È sempre la storia (ovvero i fatti) a sostenerci. Nel 1948 nel territorio mandatario risiedevano complessivamente circa 1.300.000 arabi. Oggi nello stesso territorio ne risiedono 6.400.000 (1.800.000 in Israele, 2.800.000 nei territori amministrati dall’ANP e 1.800.000 a Gaza). Per quanto riguarda Gerusalemme la situazione è la seguente: nel 1967 vi risiedevano 263.000 arabi, oggi sono 320,000 su 900.000 complessivi, ovvero la percentuale più (35%) dall’inizio del primo censimento effettuato nel 1840. Un caso davvero clamoroso quello di Israele, in cui la deportazione della popolazione araba l’ha esponenzialmente incrementata.

L’ultimo misfatto elencato è la discriminazione delle risorse, altro segno inequivocabile, secondo Amnesty International, del suprematismo razziale ebraico. In questa circostanza ci possono venire in soccorso gli Accordi di Oslo.

Nell’appendice I, all’Art. 40, le parti concordarono in modo estremamente dettagliato sull’utilizzo delle risorse, i compiti delle parti nella gestione del sistema idrico e lo stabilirsi di una commissione congiunta per la verifica del fabbisogno della popolazione. Tra i compiti di parte israeliana, c’è quello di fornire la maggior parte dell’acqua per la popolazione palestinese.

Inizialmente, fu stabilito che le autorità israeliane dovessero fornire una quantità pari a 28.6 mcm/anno di acqua fresca. Nel corso degli anni successivi la commissione congiunta aumentò enormemente la quantità d’acqua per migliorare la situazione idrica dei palestinesi. Già nei primi anni 2000, la quantità erogata da Israele è passata da 28.6 mcm/anno (concordata negli accordi di Oslo) a 47 mcm/anno fino a raggiungere i 52 mcm/anno.

Tuttavia, per Riccardo Noury, rappresentante italiano di Amnesty International, non ci sono dubbi, l’apartheid israeliano è una realtà di fatto.



Quinta colonna
10 febbraio 2022
http://www.linformale.eu/quinta-colonna-2/

Tra i numerosi siti che propagano a mo di megafono la propaganda contro Israele, c’è ampia scelta, uno fra i tanti è il sito di Fujiko Formazione, una radio con sede a Bologna, che, quando si occupa di Medio Oriente, e nello specifico di Israele, segue pedissequamente le coordinate dell’Autorità Palestinese.

Non è tanto il sito in sè a interessarci, quanto un recente articolo che, prendendo le difese dell’inverecondo rapporto di Amnesty International secondo il quale in Israele si praticherebbe l’apartheid, condensa in un paragrafo una serie sorprendente di menzogne. Vale la pena riportarle perchè sono la dimostrazione di come le accuse contro Israele, al di là di quella realtiva al “genocidio” dei palestinesi, siano poche, ripetute, e grottesche, un po’ come le false mappe della presunta espansione israeliana ai danni dei palestinesi, che circolano da anni, malgrado siano una bufala degna di Amici Miei https://www.israele.net/la-false-mappe- ... israeliana.

Ma c’è poco da fare, la coazione a ripetere è una prerogativa necessaria della propaganda, anzi è la sua stessa ragione d’essere, così, a proposito del rapporto in questione, sul sito citato leggiamo che:

“Nelle 278 pagine del rapporto di Amnesty International…vengono dettagliate le pratiche israeliane che portano al dominio e all’estrema discriminazione nei confronti dei palestinesi. I grandi limiti alla libertà di movimento, la requisizione delle terre, il divieto di edificare, le discriminazioni in tema di ricongiungimenti famigliari, le uccisioni illegali, le deportazioni di popolazioni o la loro cacciata da villaggi o quartieri, come è avvenuto a Gerusalemme Est nel maggio dello scorso anno, la ripartizione discriminatoria delle risorse. Sono queste ed altre le misure praticate da Israele”.

Queste sarebbero le accuse, che, saldate una all’altra come gli anelli di una solida catena imprigionerebbero i palestinesi nel ferreo giogo dell’apartheid. Sulla natura dell’apartheid, i suoi requisiti base, ha già chiarito nel suo articolo, David Elber http://www.linformale.eu/il-grottesco-i ... onal/sugli aspetti contenuti invece in questa requisitoria, è il caso di soffermarsi brevemente per decostruirne gli assunti base.

Procedendo con ordine dobbiamo iniziare con quella che sarebbe la prima libertà negata in Israele ai palestinesi. Da Gaza, l’enclave governata da Hamas dal 2007 i palestinesi cercano, se viene loro consentito, di andare a lavorare in Israele. Sono diecimila i permessi lavorativi istituiti da Israele per i palestinesi residenti nell’enclave. Nei cosiddetti territori “occupati”, ovvero la Giudea e Samaria (Cisgiordania, West Bank) i flussi di movimento dei frontalieri palestinesi che ogni giorno entrano in Israele è regolato da checkpoint, visto lo statuto speciale di questi ultimi, normato dagli Accordi di Oslo del 1993, così come si trovano checkpoint in altri punti del paese, la cui presenza, come quella della barriera fatta costruire nel 2002 durante la Seconda Intifada, si è resa necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani. Anche essa un simbolo tangibile dell’apartheid.

Alcuni numeri possono farci capire in che misura il movimento dei palestinesi che vivono nei territori sia coartato. Sono 87.000 i palestinesi che, provenienti dai territori lavorano legalmente in Israele, mentre 35,000 lavorano negli insediamenti israeliani. Recentemente Israele ha concesso 16.000 permessi supplementari per aiutare la precaria economia dell’Autorità Palestinese. Sono dati che evidenziano quanto Israele limiti il movimento dei palestinesi residenti fuori dal suo perimetro.

Veniamo alla “requisizione delle terre” considerate di proprietà araba. Lo faremo facendo un salto indietro, retrocedendo per l’esattezza al periodo ottomano quando gli arabi possedevano circa il 15% della terra. Oggi, nel 2022, la percentuale è la medesima. Bisogna però dire che nel corso degli anni determinati terreni di proprietà araba laddove ritenuto necessario sono stati espropriati dallo Stato, sempre con compensazione economica nei confronti dei legittimi proprietari. Secondo le normative del diritto internazionale l’espropriazione di un terreno per ragioni di difesa militare, sempre dietro compensazione economica, è ammessa, così come stabilto con chiarezza dalla IV Convenzione dell’Aia del 1907.

In tutti i paesi civili, e Israele non si vede perchè dovrebbe fare eccezione, l’edificazione è consentita secondo le leggi vigenti, le edificazioni abusive sono considerte un reato. La percentuale di abusivismo edilizio palestinese in Israele, nonostante “l’apartheid”, è endemica. Ancora nel 2017, secondo quanto riferito alla Knesset da Marco Ben Shabat della Divisione di Vigilanza nell’Area C della Giudea e Samaria, il 60% delle strutture abusive palestinesi costruite era ancora intatto dal 2010. Fino al 2010 solo dal 10% al 15% delle strutture abusive era stato rimosso e solo il 30, 35% demolito. Evidentemente, per gli estensori del rapporto di Amnesty International, l’abusivismo palestinese dovrebbe essere condonato così come dovrebbero essere considerare illegali tutte le uccisioni di terroristi.

Si ricorda qui il caso della grande manifestazione organizzata da Hamas con la collaborazione parziale di Fatah e della Jihad islamica del 30 aprile 2017 al confine di Gaza con Israele e che avrebbe dovuto culminare tra il 14 e il 15 maggio dello stesso anno. In mezzo a 40,000 partecipanti, il 30 marzo, l’esercito israeliano uccise 16 manifestanti. Ventiquattro ore dopo l’esecrazione internazionale, l’IDF fu in grado di mostrare le fotografie dei 16 morti, qualificati dalla stampa di mezzo mondo come “innocenti” e “pacifici” manifestanti, in assetto militare. Erano infatti membri della Brigata Izz ad-Din al-Qassam, rivendicati successivamente da Hamas stesso come propri miliziani. Vi furono 62 altri morti successivamente, quelli che Massimo D’Alema, in una intervista, defini come vittime disarmate di un “barbaro eccidio”. Fu lo stesso portavoce di Hamas a specificare che no, non erano vittime disarmate ma, ancora una volta 50 dei propri miliziani. Gli esempi potrebbero essere molti altri, ma per Amnesty International, queste uccisioni sono da considerarsi “illegali”, come lo è l’uccisione di qualsiasi altro terrorista da parte della polizia israeliana o dell’esercito.

Discendendo per li rami, in Israele i ricongiungimenti familiari sono disciplinati burocraticamente come in qualsiasi altro paese, tuttavia vi è una legge restrittiva relativamente al ricongiungimento di cittadini palestinesi residenti nei territori, sposati con cittadini palestinesi residenti in Israele. La legge venne introdotta nel 2003 al culmine della Seconda Intifada per motivi di sicurezza dopo che un membro di Hamas, Shadi Tubasi, il quale ottenne la carta di identità israeliana in virtù del suo matrimonio, uccise sedici israeliani in uno dei più brutali attachi terroristici del periodo.

Circa 130,000 palestinesi ottennero il ricongiungimento familiare durante gli anni ’90. Secondo lo Shin Bet 155 di costoro e i loro discendenti si sono resi responsabili di atti di terrorismo dal 2001 in poi. Ma tutto questo scompare dalla scena per i fautori della “discriminazione” che questa legge esemplificherebbe, occultando le ragioni della sua entrata in vigore. Essa sarebbe un simbolo dell’apartheid che vigerebbe in Israele.

“La deportazione di popolazioni”, è forse il gioiello della corona del rapporto di Amnesty International e si coniuga perfettamente con l’accusa di “pulizia etnica”, quella che, nella fabula neocolonialista di Ilan Pappe, pupillo di ogni propalestinese duro e puro, sarebbe avvenuta da parte ebraica nei confronti della popolazione araba, durante la guerra del 1948. La pietra di inciampo, in questo caso è però vistosa.

È sempre la storia (ovvero i fatti) a sostenerci. Nel 1948 nel territorio mandatario risiedevano complessivamente circa 1.300.000 arabi. Oggi nello stesso territorio ne risiedono 6.400.000 (1.800.000 in Israele, 2.800.000 nei territori amministrati dall’ANP e 1.800.000 a Gaza). Per quanto riguarda Gerusalemme la situazione è la seguente: nel 1967 vi risiedevano 263.000 arabi, oggi sono 320,000 su 900.000 complessivi, ovvero la percentuale più (35%) dall’inizio del primo censimento effettuato nel 1840. Un caso davvero clamoroso quello di Israele, in cui la deportazione della popolazione araba l’ha esponenzialmente incrementata.

L’ultimo misfatto elencato è la discriminazione delle risorse, altro segno inequivocabile, secondo Amnesty International, del suprematismo razziale ebraico. In questa circostanza ci possono venire in soccorso gli Accordi di Oslo.

Nell’appendice I, all’Art.40, le parti concordarono in modo estremamente dettagliato l’utilizzo delle risorse, i compiti delle parti nella gestione del sistema idrico e lo stabilirsi di una commissione congiunta per la verifica del fabbisogno della popolazione. Tra i compiti assegnati alla parte israeliana c’era quello di fornire la maggior parte dell’acqua destinata alla popolazione palestinese, compito che Israele assolve ancora oggi.

Inizialmente, venne stabilito che le autorità israeliane dovessero fornire una quantita di acqua fresca pari a 28.6 mcm annuali. Nel corsi degli anni successivi la commissione congiunta aumentò enormemente l’erogazione dell’acqua per migliorare la situazione idrica dei palestinesi. Già nei primi anni 2000, la quantità di acqua erogata da Israele è passata dai 28.6 mcm iniziali (concordata con gli Accordi di Oslo) a 47 mcm annuali, fino a raggiungere i 52 mcm all’anno.

Tuttavia, per Riccardo Noury, rappresentante italiano di Amnesty International, non ci sono dubbi, l’apartheid israeliano è una realtà di fatto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » sab apr 02, 2022 8:02 pm

Il Consiglio per i Diritti Umani e il suo doppio standard
Fin dalla sua creazione il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, che è l’Agenzia preposta per il controllo e la salvaguardia dei diritti umani nel mondo, si è contraddistinto per un palese e discriminatorio doppio standard verso lo Stato di Israele.

David Elber
2 aprile 2022

http://www.linformale.eu/il-doppio-stan ... tti-umani/

Si deve ricordare qui brevemente che il Consiglio per i Diritti Umani venne creato dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2006 con la Risoluzione 60/251 del 15 marzo. Questa decisione fu presa in quanto la precedente Agenzia ONU, la Commissione per i Diritti Umani, creata nel 1946 si era dimostrata così inefficiente e politicizzata che moltissimi paesi erano giunti a reputarla più un danno che un vantaggio. Nel 2007, dopo il primo passo compiuto dell’Assemblea Generale, i primi Stati che furono incaricati alla stesura del suo Statuto (sono 47 gli Stati che a turno vengono eletti nel Consiglio) approvarono la Risoluzione 5/1 del 18 giugno, con la quale si formulava la struttura e gli obiettivi della riformata Agenzia ONU per i diritti umani. Tuttavia, fin dalla creazione del suo Statuto, si capì subito che l’inefficienza e soprattutto la politicizzazione non solo non furono eliminate dal nuovo organismo ma peggiorarono. Come coronamento si aggiunse un ulteriore elemento: l’ossessione verso Israele.

Questa ossessione motivata politicamente si è manifestata in tre principali atti politico-programmatici ben distinti e inequivocabili: l’Agenda 7, la pubblicazione di una black list di aziende e banche relazionate a Israele e la creazione di una Commissione Perpetua incaricata di riportare tutti i presunti crimini dei diritti umani effettuati da Israele. È superfluo dire che nessun altro Stato al mondo ha ricevuto o riceve un trattamento minimamente paragonabile. Esamineremo più nel dettaglio i tre atti del Consiglio.

Agenda 7

L’Agenda 7 è il primo dei tre elementi su cui si incardina la discriminazione contro Israele propugnata dal Consiglio. Questa Agenda è una delle dieci (vedi elenco sottostante) con le quali sono stati create le aree di intervento del Consiglio per i Diritti Umani. Ciò significa che fin dalla sua creazione il Consiglio conteneva in sè una Agenda completamente ed esclusivamente dedicata a Israele mentre tutte le altre dieci Agende sono di carattere generale e si possono applicare di volta in volta in casi specifici individuati dai suoi rappresentati.

In particolare l’Agenda 4 si occupa di tutti i casi di presunte violazioni che si verificano in tutti gli altri paesi del mondo. In pratica, se il Consiglio sospetta che in un qualsiasi paese del mondo si è verificato o si sta verificando un caso di violazione dei diritti umani, esso agisce in base all’Agenda 4. Invece, se il Consiglio vuole indagare su presunte violazioni avvenute in Israele o nei territori amministrati dalla ANP (ma solo ed esclusivamente se è Israele a essere imputato di commettere i presunti crimini) si muove sotto l’egida dell’Agenda 7.

In base a questi elementi si possono formulare diverse considerazioni. La prima, e la più importante è che fin dalla sua creazione, il Consiglio per i Diritti Umani considera Israele ontologicamente uno Stato “canaglia” altrimenti non sarebbe stato necessario creare una Agenda ad hoc solo per il suo caso. E’ utile ricordare che quando il primo Consiglio venne formato nel 2007 e approvò la creazione delle Agende, solo il Canada votò contro mentre tutti gli altri le approvarono 1. Per la medesima ragione si può affermare che al mondo non esistono altri Stati “canaglia” non essendovi nessun altro caso di uno Stato per cui è stata istituita una agenda permanente che si riunisce tre volte all’anno allo scopo di discutere presunte violazioni.

Appare del tutto evidente che ci troviamo al cospetto di un formidabile strumento di delegittimazione dello Stato ebraico proveniente dalla più importante organizzazione mondiale riservata ai “diritti umani”. Fino ad oggi, il Consiglio ha formulato ben 85 risoluzioni di condanna nei confronti di Israele per abusi dei diritti umani, un insieme più numeroso di tutte le risoluzioni formulate nei confronti degli altri paesi del mondo messi assieme.

Un ulteriore considerazione da fare è relativa alla dicitura utilizzata per l’Agenda 7: “la situazione dei diritti umani in Palestina e in altri territori arabi occupati”. Siccome il Consiglio per i Diritti Umani promuove e finanzia le indagini sulle violazioni dei diritti umani in Israele (relativamente alla sola popolazione araba) oltre che nei territori amministrati dai palestinesi (senza però investigare sull’Amministrazione palestinese né in Giudea e Samaria né a Gaza) si desume che la “Palestina” abbia sostituito lo Stato ebraico visto che uno Stato denominato “Palestina” non esiste e non è mai esistito a causa dell’invasione araba del 1948. Anche questo fatto dovrebbe far riflettere su come il diritto internazionale in generale e i diritti umani in particolare sono manipolati e deformati al solo scopo politico. In parole povere, la nuova Agenzia ONU per i diritti umani è ben peggiore di quella che ha sostituito nel 2006. Non è un caso, ad esempio, che Israele è uno dei pochissimi paesi al mondo che da quando è stato istituito il Consiglio non è mai stato eletto per farne parte; così come accade per il Consiglio di Sicurezza, benché Israele sia uno dei primi paesi che sono entrati nell’ONU: Israele è il cinquatanovesimo Stato membro dell’ONU (51 sono gli Stati fondatori) sugli attuali 193.

Black list

La black list di aziende e banche operanti in Giudea e Samaria è il secondo grave atto discriminatorio creato dal Consiglio per i Diritti Umani per delegittimare Israele. La black list, voluta dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU nel 2016 e resa pubblica nel 2020, è anch’esso un unicum nel panorama mondiale. Infatti non esistono altre liste di “proscrizione” istituite da nessuna Agenzia ONU per nessun caso di guerra, occupazione o contenzioso al mondo passato o presente. Si tratta di una “pratica” tagliata su misura per Israele.

Esaminado più da vicino il tono generale utilizzato nella sua formulazione, si scopre che più che essere giuridico è di natura “mafiosa”. Nel documento non c’è nessun implicito riferimento a violazioni del diritto – non essendocene le basi – ma si fanno velate allusioni in merito agli eventuali procedimenti legali in cui potrebbero incorrere aziende e banche impegnate in attività economiche nei “territori occupati” se venissero evidenziate violazioni del diritto internazionale. Come sempre, in questi casi, non vi è alcun riferimento esplicito a nessuna norma del diritto internazionale che sarebbe, eventualmente, violato. Il vero intento è palese: spaventare le aziende per indurle a cessare ogni tipo di attività economica in Giudea e Samaria. Inoltre, è doveroso sottolineare che nessuna norma del diritto internazionale prevede l’illegalità di attività economiche, commerciali o industriali in territori contesi o occupati (con l’eccezione dello sfruttamento coatto della popolazione o l’esproprio di beni privati come ad esempio nel caso di Cipro nord) da parte della potenza occupante. Infatti, nessuna obiezione, ad esempio, è mai stata fatta alla Turchia per l’occupazione di Cipro Nord o al Marocco per l’occupazione del Sahara Occidentale. Questo principio inesistente lo si vuole applicare unicamente a Israele senza che se ne conoscano le basi giuridiche.

Va altresì evidenziato che la definizione “territori palestinesi occupati” utilizzata dal Consiglio per i Diritti Umani non ha nessuna base legale nel diritto internazionale, in quanto Israele non ha mai occupato nessun territorio palestinese ne tanto meno si può definire la situazione di Giudea e Samaria come quella di territori in “stato di belligeranza” visto che l’attuale situazione è disciplinata nei minimi dettagli – dal 1995 – dagli accordi sottoscritti tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese.

E’ del tutto evidente che la lista è stata fatta esclusivamente per recare danno d’immagine (ed economico) alle aziende additate come “violatrici” dei diritti umani e facilitarne così il boicottaggio.

La black list è composta da 112 aziende e banche, delle quali 94 sono israeliane e tutte di proprietà di ebrei israeliani, mentre esistono almeno altre 11 aziende di proprietà di arabo-israeliani che sono presenti nei territori ma non sono state incluse nella lista. Perché questa differenziazione se Israele nel suo complesso è accusato di ledere i diritti umani dei palestinesi? E’ chiaro che il criterio utilizzato dal Consiglio per i Diritti Umani, per redigere la lista, è esclusivamente di carattere etnico e religioso quindi è illegale oltre che immorale.

Una società israeliana (la Rami Levy) ha fatto causa contro la black list del Consiglio in forza della legge israeliana – Defamation Law – che proibisce, in base alle norme internazionali, le discriminazioni su base etnica o religiosa delle attività economiche.

La Commissione Perpetua

Il terzo grave atto discriminatorio nei confronti di Israele compiuto dal Consiglio è stata la decisione di creare una commissione perpetua atta a indagare i presunti abusi dei diritti umani compiuti dallo Stato ebraico. Il fatto che questa commissione sia “perpetua” non ne è cioè previsto il termine, significa che il Consiglio per i Diritti Umani reputa che Israele commetterà costantemente delle violazioni. In pratica, lo statuto di Israele è aprioristicamente reputato come ontologicamente criminale. Con la Commissione Perpetua si è raggiunto il grado più alto della delegittimazione di Israele ma, allo stesso tempo, il punto più basso di credibilità e di moralità dell’istituzione ginevrina.

La commissione nasce il 27 maggio 2021 all’indomani dell’ultimo conflitto tra Israele e Gaza, iniziato dall’aggressione missilistica palestinese (sono stati lanciati oltre 4.000 razzi verso le città israeliane in tre settimane) che portò all’inevitabile risposta dello Stato ebraico.

Nel mandato della commissione sono del tutto assenti i riferimenti all’aggressione di Hamas, al continuo lancio di razzi, alle morti di civili israeliani e al palese utilizzo, da parte di Hamas dei civili come scudi umani. Nel mandato della commissione si parla unicamente delle indagini da svolgere per accertare i presunti crimini commessi da Israele sia nei confronti della popolazione araba della Striscia di Gaza che di quella che abita in Israele, la cui responsabilità in omicidi, saccheggi e distruzioni varie in città a popolazione mista è del tutto assente.

La commissione perpetua è stata istituita con 24 voti favorevoli, 9 contrari (tra i quali l’Austria, la Bulgaria, la Rep. Ceca, la Germania e la Gran Bretagna) e 14 astensioni (tra cui l’Italia). I commissari, capeggiati dalla promotrice del BDS Navi Pillay 2, cnon hanno limite di tempo e di risorse economiche per portare avanti le indagini.

Il 23 dicembre scorso, Israele ha richiesto la votazione dell’Assemblea Generale per bloccare la commissione (tramite la bocciatura del suo finanziamento che è l’unica competenza vincolante dell’Assemblea) ma la proposta israeliana è stata bocciata da 125 paesi contro solo 8 favorevoli e 34 astenuti (tra i quali l’Italia).

Note

[1] Questo è l’elenco completo: Algeria, Argentina, Azerbaijan, Bahrain, Bangladesh, Brazil, Cameroon, Canada, China, Cuba, Czech Republic, Djibouti, Ecuador, Finland, France, Gabon, Germany, Ghana, Guatemala, India, Indonesia, Japan, Jordan, Malaysia, Mali, Mauritius, Mexico, Morocco, Netherlands, Nigeria, Pakistan, Peru, Philippines, Poland, Republic of Korea, Romania, Russian Federation, Saudi Arabia, Senegal, South Africa, Sri Lanka, Switzerland, Tunisia, Ukraine, United Kingdom, Uruguay and Zambia.

[2] La giurista sudafricana oltre che promuovere il BDS contro lo Stato ebraico da numerosi anni, si è contraddistinta per aver promosso: la conferenza di Durban II del 2009, convegno caratterizzato da un forte antisemitismo nel quale si è apertamente negata la Shoah e la Commissione Goldstone del 2009, poi ripudiata dal suo stesso autore. Più volte, in qualità di rappresentante dell’ONU ha dichiarato che a Israele andava proibito l’utilizzo dell’Iron Dome per proteggere la propria popolazione civile.
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Messaggioda Berto » lun dic 19, 2022 8:48 am

Per L’ONU la nascita di Israele è una catastrofe
David Elber
8 Dicembre 2022

http://www.linformale.eu/per-lonu-la-na ... atastrofe/

Lo scorso 30 novembre, l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato l’ennesima risoluzione anti israeliana di questo 2022, e questa non sarà l’ultima dell’anno ma sicuramente è tra le più avverse a Israele mai approvate dall’ONU alla pari con la Risoluzione 3379 del 10 novembre 1975.

La risoluzione appena approvata è relativa alla “Commemorazione dei 75 anni della Nakba”. Nel testo della risoluzione è utilizzato il termine arabo “Nakba” che vuole dire catastrofe. Ciò significa che a partire dal 15 maggio del 2023 per l’ONU sarà l’occasione per commemorare una catastrofe. Ma di che catastrofe si tratta? Presto detto, della nascita dello Stato del popolo ebraico: Israele.

Siamo bel oltre la delegittimazione dello Stato di Israele: paragonare la nascita di uno Stato a una catastrofe non ha uguali nella storia delle relazioni internazionali. Nulla di paragonabile è mai stato dichiarato neanche per la Germania nazista. Non è da escludersi che i prossimi passi dell’ONU vadano nella direzione della “riparazione” di questa catastrofe.

Si obbietterà che per “catastrofe” non si intende la nascita di Israele ma l’espatrio obbligatorio, a causa della guerra del 1948-1949 di una parte della popolazione araba ivi residente. Distinzione speciosa, surrettizia, perché è evidente che se si associa la nascita di uno Stato a quella che viene reputata una catastrofe come conseguenza della sua nascita, si afferma implicitamente che sia stato il suo venire in essere a causarla. Siamo sempre al solito postulato, Israele è nato nella colpa.

La Risoluzione in questione è stata promossa dal rappresentante di uno Stato privo di consistenza giuridica e geografica, quello palestinese, che non possiede per questi evidenti motivi le caratteristiche minime per poterla promuovere, ma così è. Di conseguenza la proposta è stata portata in Assemblea dai rappresentanti di Egitto e Giordania, ovvero da due degli Stati arabi con i quali Israele ha siglato dei trattati di pace, anzi per la precisione i due Stati arabi con i quali è da più anni in pace. Un evidente segno di amicizia.

All’Assemblea Generale la proposta ha avuto il consenso di 90 paesi a fronte di 30 contrari e 47 astenuti, mentre 26 paesi non hanno partecipato al voto, tra questi l’Ucraina. Anche il non partecipare al voto è in qualche modo una presa di posizione politica. Il non votare, in concreto, è più vicino a essere contrari che ad astenersi.

Proveremo ad entrare più nel dettaglio della votazione per cercare di capire quali sono gli Stati che vedono Israele come sorta a causa di una catastrofe e quali, invece, sono quelli che rifiutano tale visione e infine, quali sono i paesi che lo “pensano” ma non ha il coraggio di dirlo pubblicamente (gli astenuti).

Tra i 90 paesi favorevoli ci sono i paesi dell’Organizzazione della cooperazione islamica una compatta lobby di 55 Stati con l’unica positiva eccezione dell’Albania che ha votato contro. Mentre tra gli altri 54 Stati è bene sottolineare i vecchi e nuovi “amici” di Israele: Egitto, Turchia, Giordania seguiti da Emirati, Bahrein, Marocco e Sudan. A questi “amici” vanno sottolineati altri “vecchi amici”: Cipro e Malta in Europa e l’Azerbaigian. A questi paesi si sono aggiunti i “soliti” paesi africani, sudamericani e asiatici che dipendono dai paesi del Golfo oltre che la Cina.

Tra gli astenuti, quindi tra coloro che sono favorevoli ma non hanno il coraggio di esprimerlo apertamente (l’astensione di fatto favorisce il voto favorevole), ci sono tanti “amici” e qualche nemico come la Russia. L’astensione della Russia è davvero una novità visto che nei decenni si è sempre schierata contro lo Stato di Israele (che si tratti di un “premio” per non avere dato aiuto militare all’Ucraina?). In questa tornata, al pari della Russia troviamo, tra gli altri: la Francia, la Spagna, l’Irlanda, il Belgio, il Portogallo, la Norvegia, la Finlandia, la Polonia, la Slovenia, l’Argentina, l’Islanda, la Lettonia e la Nuova Zelanda. Quindi, di fatto, anche per buona parte dell’Europa Israele è una catastrofe.

Tra i pochi contrari (30 in tutto) va sicuramente annoverata l’Italia che da quando si è insediato il nuovo governo, più volte ha già votato in favore di Israele cosa che in passato era praticamente un avvenimento più unico che raro. È però doveroso aggiungere anche il fatto che l’Italia, su un totale di 15 risoluzioni contro Israele adottate dall’Assemblea Generale dell’ONU, tra l’11 novembre e il 30 novembre, abbia votato a favore di esse o si è astenuta in ben 14 casi su 15.

Come si rende evidente, Israele, al mondo, gode di ben pochi amici e alleati. Molti paesi tra i quali la maggior parte dei paesi europei fanno affari commerciali con Israele ma non sono certo amici o alleati, il miglior esempio in tal senso è senza dubbio la Francia. Anche i paesi che hanno sottoscritto trattati di pace o gli Accordi di Abramo non si possono considerare amici. Con amici come questi chi ha bisogno di nemici?


A stragrande maggioranza l'Onu ha votato una risoluzione secondo la quale la fondazione dello Stato di Israele fu una "catastrofe".
Ecco i Paesi che hanno sposato tale criminale tesi:
Algeria, Angola, Azerbaijan, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Belize, Benin, Bhutan, Bolivia, Botswana, Brunei Darussalam, Capo Verde, Cambogia, Ciad, Cile, Cina, Comore, Costa Rica, Cuba, Cipro, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Gibuti, Ecuador, Egitto, El Salvador, Emirati Arabi Uniti, Eritrea, Etiopia, Fiji, Gabon, Gambia, Giordania, Grenada, Guinea, Guinea-Bissau, Guyana, Indonesia, Iran, Iraq, Jamaica, Kazakhstan, Kenya, Kuwait, Kyrgyzstan, Laos, Libano, Libano, Lesotho, Libia, Malesia, Maldive, Mali, Malta, Mauritania, Mauritius, Marocco, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niger, Nigeria, Oman, Pakistan, Filippine, Qatar, Saint Kitts E Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Arabia Saudita, Senegal, Isole Salomone, Sudafrica, Sri Lanka, Sudan, Repubblica Araba Siriana, Tajikistan, Thailandia, Trinidad E Tobago, Tunisia, Turkmenistan, Turchia, Uganda, Uzbekistan, Vietnam, Yemen, Zambia e Zimbabwe.



Il tribunale perpetuo contro Israele
Analisi di Niram Ferretti
23/12/2022

https://www.informazionecorretta.com/ma ... 1&id=88478

Si deve alla risoluta determinazione di Nikki Haley, ambasciatrice americana all’ONU sotto l’Amministrazione Trump, la messa in stato di accusa del Consiglio per i Diritti Umani (UNHRC) dell’ONU con sede a Ginevra.
Nel 2017, durante la sua visita a Ginevra, la Haley bollò in modo esplicito il Consiglio come un “forum di ipocrisia e omissioni” accusando alcuni dei suoi stati membri, come il Venezuela, Cuba, la Cina, il Burundi e l’Arabia Saudita di non avere alcuna credibilità per potere impancarsi a giudici di diritti umani, soprattutto relativamente a Israele, l’ossessione permanente del Consiglio.

Fondato nel 2006, dal 2007, l’organismo ha incardinato come tema fisso nel proprio protocollo il cosiddetto Articolo 7, ovvero “Israele e i territori palestinesi occupati”. Israele è l’unico paese all’interno del forum ad avere un articolo esplicitamente dedicato. Nell’agenda a rotazione del Consiglio relativa a specifici paesi, tutti sono una variabile, solo Israele resta la costante.
Difficile dare torto a Emmanuel Nachshon, all’epoca portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, il quale definì l’organismo “una finzione e una presa in giro dei nobili propositi che pretenderebbe rappresentare”. La reprimenda di Nachshon fece seguito a un’altra delle grottesche votazioni del Consiglio, dopo che aveva adottato cinque risoluzioni contro Israele, di cui, una delle quali chiedeva a Israele di cedere le alture del Golan alla Siria mentre un’altra metteva sotto accusa la legittimità della vendita di armi a Israele da parte di stati terzi. Le cinque risoluzioni vennero presentate da paesi membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.

In altre parole, secondo il Consiglio, Israele avrebbe dovuto rinunciare non solo alla propria vitale posizione strategica sulle alture del Golan, ma doveva essere privato della possibilità di essere equipaggiato militarmente. Risoluzione, quest’ultima che venne votata anche da due paesi dell’Unione Europa, la Slovenia e il Belgio.
In questo teatro dell’assurdo tutto è possibile, anche il fatto che vi abbia una carica elettiva il sociologo svizzero Jean Ziegler, la cui agenda antioccidentalista e terzomondista e il suo odio per Israele lo ha coerentemente portato a istituire un premio per i diritti umani a nome di Gheddafi, premio assegnato a grandi campioni della loro difesa come Hugo Chavez, Fidel Castro, Recep Erdogan e Louis Farrakhan. E’ sempre il medesimo organismo che assegnò ad un altro furente terzomondista di estrema sinistra, nonché cospirazionista e apologeta di Hamas, Richard Falk (invitato a tenere un simposio all’università di Torino nel 2018) il ruolo di relatore speciale per i diritti umani nei territori occupati, ruolo oggi degnamente occupato da un’altra antisionista doc, l’italiana Francesca Albanese.

Nel 2017, Nikki Haley fece presente che se le cose non fossero cambiate, gli Stati Uniti sarebbero usciti dal Consiglio come fecero già sotto la presidenza di George W. Bush per ritornare nel 2009 con Barack Obama e come vi sono ritornati con l’Amministrazione Biden.
Nel 2010, l’UNHRC incluse la Libia di Gheddafi tra gli stati membri malgrado fosse ben noto il record di abusi umani perpetrato dal regime del dittatore libico. Fu solo nel 2011 che il Consiglio, dopo avere tessuto le lodi della Libia, fu costretta a espellerla quando Gheddafi iniziò a dare il via alle uccisioni pubbliche degli oppositori del regime.

L’abbandono dell’organismo, da parte degli Stati Uniti nel 2017 sotto l’Amministrazione Trump a cui seguì quello dell’UNESCO nel 2018, anch’esso abbandonato per la sua esplicita agenda anti-Israeliana, siglò, all’epoca, una salutare presa di distanza nei confronti di un organismo spregiudicatamente politicizzato e privo di qualsiasi credibilità.
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » lun gen 02, 2023 10:27 am

Continua il comportamento vergognoso all’ONU contro Israele.
Emanuel Segre Amar
31 dicembre 2022
https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 4207084994
Se osservate con attenzione, anche i paesi musulmani “amici” di Israele, come gli Emirati o il Marocco, o come l’Azerbaigian che ha appena deciso di aprire la sua ambasciata a Tel Aviv, hanno votato a favore; la Francia si è “astenuta” che è, in questo caso, come votare contro Israele.
Siamo almeno felici che l’Italia continua a votare in favore dello Stato di Israele (da quando c’è la nuova maggioranza a guida Meloni)





ISRAELE, NETANYAHU TUONA CONTRO ASSEMBLEA ONU: "DECISIONE VERGOGNOSA"
Progetto Dreyfus
2 gennaio 2022

https://www.facebook.com/progettodreyfu ... 8203082827

Una decisione "vergognosa" che "non impegna Israele".
Così il premier Benyamin Netanyahu ha bollato la risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu di deferire alla Corte internazionale di giustizia "l'occupazione" del "territorio palestinese" da parte di Israele.
"Il popolo ebraico - ha detto - non sta occupando la sua terra e non sta occupando la sua eterna capitale Gerusalemme. Nessuna risoluzione dell'Onu può distorcere questa verità storica".
"Negli ultimi giorni - ha aggiunto - ho parlato con i leader mondiali che di conseguenza hanno cambiato i loro voti". Tra questi anche una coversazione con il presidente dell'Ucraina Volodomyr Zelensky.
Nella notte tra venerdì e sabato scorsi l'Assemblea ha votato, con 87 voti a favore e 26 contrari, una risoluzione che chiede alla Corte dell'Aja di "rendere urgentemente un parere consultivo" sulla "prolungata occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese" da parte di Israele.


UNA NUOVA MOZIONE CONTRO ISRAELE DELL'ONU

Ugo Volli
5 gennaio 2022
https://www.facebook.com/progettodreyfu ... 2418889072
L’Assemblea Generale ha approvato una mozione proveniente dalla commissione per i diritti umani che invita la Corte di giustizia internazionale (ICJ) a emettere un "parere consultivo" sulla "prolungata occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese" da parte di Israele.

Una nuova mozione contro Israele all’Onu
https://www.shalom.it/blog/israele-bc1/ ... u-b1125561

La mozione
Nei giorni scorsi c’è stata un’ennesima risoluzione dell’Onu contro Israele. Questa volta è stata l’Assemblea Generale ad approvare una mozione proveniente dalla commissione per i diritti umani che invita la Corte di giustizia internazionale (ICJ) a emettere un "parere consultivo" sulla "prolungata occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese" da parte di Israele. La Corte internazionale di giustizia, nota anche con il nome di Tribunale internazionale dell'Aia, è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. Non va confusa con la Corte Penale Internazionale, anch’essa con sede all’Aia nei Paesi Bassi. L'ICJ è l'unico tribunale internazionale che giudica controversie generali tra paesi, con le sue sentenze e opinioni che fungono da fonti primarie del diritto internazionale.

Un passo grave
A differenza di tante altre delibere anti-israeliane dell’Onu, questa mozione più pericolosa, perché le sentenze della IGJ fanno precedente legale e dunque possono avere conseguenze pratiche in futuro. La domanda di parere alla corte è del resto scritta in termini fortemente distorsivi: non esiste un “territorio palestinese” che Israele avrebbe “occupato” o “annesso” o su cui si sarebbe “insediato”. Non c’è mai stato nella storia uno stato palestinese indipendente, non ci sono dispositivi legali che l’abbiano stabilito, il territorio su cui sorge Israele, inclusa la Giudea e la Samaria, che molti vorrebbero diventassero il territorio di un futuro stato di Palestina, è stato per secoli territorio ottomano, dopo la prima guerra mondiale fu incorporato dalla Società delle Nazioni nel Mandato britannico di Palestina, con lo scopo esplicito di favorire l’insediamento ebraico e di costituire una patria per il popolo ebraico, poi vi fu proclamato lo stato di Israele. I trattati di Oslo non contengono affatto la stipulazione di un nuovo Stato di Palestina. Dunque le pretese di questa mozione e di molte altre indicano non un dato giuridico ma una volontà politica. Indurre la IGJ, i cui membri sono nominati dall’assemblea dell’Onu con la solita maggioranza terzomondista, a prendere posizione su tale falsa premessa è certamente un passo grave e pericoloso per Israele e per la pace.

La votazione
La gravità della decisione è stata confermata anche dalla votazione, che è stata più divisa delle solite deliberazioni anti-israeliane. I favorevoli sono stati meno della maggioranza assoluta dell’assemblea, cioè 87. I contrari sono stati 26, gli astenuti 53, mentre 22 stati non hanno partecipato alla votazione. Fra i favorevoli ci sono tutti gli stati musulmani, inclusi quelli che secondo una logica geopolitica dovrebbero essere in qualche modo amici ed alleati di Israele, come gli Emirati e il Marocco. Oltre ad essi hanno votato sì la Russia, la Cina e i loro satelliti più o meno comunisti (Bielorussia, Cuba, Corea del Nord ecc.). Bisogna notare che fra i favorevoli ci sono alcuni paesi europei come Polonia, Irlanda, Malta, Slovenia. Fra i contrari, oltre agli Usa e a Israele, c’è la maggior parte dei paesi europei, come la Germania, la Repubblica Ceca, la Croazia, la Gran Bretagna e per fortuna l’Italia, che conferma così un netto cambiamento di atteggiamento rispetto ai governi precedenti, il cui merito va attribuito alle scelte di schieramento di Giorgia Meloni e all’amicizia per Israele del nuovo ministro degli estero Antonio Tajani. Fra gli astenuti, diversi altri paesi europei fra cui Grecia, Cipro, la Bulgaria, la Svezia, la Svizzera, la Norvegia, la Danimarca e con grande scandalo della comunità ebraica locale anche la Francia. Bisogna notare che l’Ucraina, che spesso negli ultimi tempi aveva votato contro Israele (paradossalmente come la Russia), questa volta non ha votato.


Alberto Pento
Meno male che l'Italia con la nuova politica del governo di centro destra si schiera a favore di Israele.
Non capisco l'Ucraina che vota contro Israele o che si astiene o che non vota, mi domando perché, che interessi può avere l'Ucraina ad essere contro Israele che oltretutto si è schierato a suo sostegno e contro la Russia.
Forse si sente obbligata ad allinearsi con la UE antisemita/antisraeliana e filo nazi maomettana?



La vittoria di Pirro dei palestinesi alle Nazioni Unite
La geografia del voto all’Assemblea Generale dimostra che le risoluzioni anti-israeliane hanno il sostegno di meno della metà dei paesi membri, e di pochi paesi democratici
Herb Keinon
6 gennaio 2023

https://www.israele.net/la-vittoria-di- ... ioni-unite

Dimentichiamo per un momento il significato a lungo termine e le potenziali ramificazioni dell’ultima decisione delle Nazioni Unite di deferire alla Corte Internazionale di Giustizia “l’occupazione, l’insediamento e l’annessione del territorio palestinese” da parte di Israele per un parere consultivo. Era del tutto chiaro che, una volta portata al voto in Assemblea Generale, la risoluzione sarebbe stata approvata. L’unico interrogativo era quanto sarebbe stato ampio il margine. Per la maggior parte degli israeliani, tutte queste risoluzioni pregiudizialmente anti-israeliane approvate in modo automatico appaino sempre uguali a se stesse e tendono a svanire nella generica foschia del “le Nazioni Unite sono sempre contro di noi”. Tuttavia, ciò che è interessante nella votazione che ha avuto luogo venerdì scorso – che Israele ha perso e i palestinesi hanno vinto con 87 voti a favore, 26 contrari, 53 astensioni e 27 non votanti – è che essa fornisce un’istantanea di quali sono i paesi che, in questo particolare momento, non si schierano contro Israele nell’arena internazionale.

Cos’è che determina se un paese è più o meno amichevole verso Israele? L’Azerbaigian, ad esempio, è un paese musulmano sciita con cui Israele è in buoni rapporti diplomatici e che ha appena deciso di aprire un’ambasciata a Tel Aviv, per non dire che è anche un buon acquirente dell’industria della difesa israeliana. Eppure in questa occasione ha votato contro Israele. Vi possono essere varie spiegazioni. La più importante è che si tratta di un paese musulmano e non vuole distinguersi da tutti gli altri paesi musulmani che, con poche eccezioni, votano contro Israele. Gerusalemme dovrebbe aspettarsi di meglio? È quanto sosteneva il primo ministro Benjamin Netanyahu nel 2015 quando, durante il suo precedente mandato, affermò pubblicamente che era ora che la vicinanza e la cooperazione dei paesi in buoni rapporti bilaterali con Israele si riflettessero nelle votazioni negli organismi internazionali.

Oppure si prenda il caso di un paese come gli Emirati Arabi Uniti, con cui Israele ha stabilito un fiorentissimo rapporto e che pure venerdì ha votato contro Israele alle Nazioni Unite. Gli Emirati Arabi Uniti non sono amici? In questo caso la spiegazione che viene data è che gli Emirati devono votare in quel modo per dimostrare che, pur avendo firmato un accordo con Israele, non hanno abbandonato la causa palestinese. Nessuno nel mondo musulmano vuole essere visto come quello che abbandona la causa palestinese.

Il voto di venerdì sera all’Assemblea Generale (clicca per ingrandire)

In questo contesto, Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, ha dichiarato che la votazione all’Onu è “la dimostrazione del sostegno del mondo intero al nostro popolo e ai suoi inalienabili diritti storici”.

Il “mondo intero”? Veramente? Venerdì scorso ha votato a favore dei palestinesi il 45% dei 193 membri dell’organismo mondiale. Viceversa, il 55% dei paesi che compongono le Nazioni Unite hanno votato contro, o si sono astenuti, o hanno evitato del tutto di votare.

Ma non è solo una questione di quantità. Come dicono sempre i rappresentanti israeliani, quando si esaminano queste votazioni bisogna tenere conto anche della “qualità” degli stati. Vale a dire, quale delle due parti vede schierata al proprio fianco la maggioranza morale, ovvero la maggioranza dei paesi democratici? Degli 87 paesi che hanno votato per i palestinesi, ben il 43% sono classificati come regimi autoritari nell’indice annuale della democrazia dell’Economist Intelligence Unit, e altri 21 sono classificati come regimi ibridi, cioè con un mix di caratteristiche autoritarie e democratiche, come il Messico, l’Armenia, la Turchia e il Pakistan. Solo un quarto degli stati che hanno votato per i palestinesi si possono definire democrazie, più o meno complete. Al contrario, dei paesi che hanno votato per Israele il 62% sono democrazie e solo il 19% sono regimi autoritari o ibridi.

Non basta. Scorrendo l’elenco dei paesi che votano a favore e contro Israele si rivelano anche alcune tendenze interessanti. Si prenda ad esempio l’Ucraina. Quando a novembre è stata votata per la prima volta la bozza preliminare di questa risoluzione, l’Ucraina votò contro Israele suscitando una forte polemica. Molti si sono chiesti perché mai Israele dovrebbe aiutare l’Ucraina in un modo o nell’altro (cosa che ha fatto e continua a fare) se all’Onu l’Ucraina vota risoluzioni faziosamente anti-israeliane. L’ambasciatore ucraino venne convocato al Ministero degli esteri di Gerusalemme per esprimergli le rimostranze di Israele. Evidentemente il messaggio è passato, perché venerdì scorso l’Ucraina ha fatto quello che aveva fatto spesso in passato riguardo a voti relativi a Israele: semplicemente non ha partecipato alla votazione (non si presentò in aula nel 2012 quando l’Assemblea Generale votò di conferire ai palestinesi lo status di stato osservatore non membro, e di nuovo nel 2017 quando si votò per condannare la decisione dell’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump di riconoscere che la capitale d’Israele è a Gerusalemme).

I paesi con cui Israele intrattiene relazioni diplomatiche (clicca per ingrandire)

Anche la Polonia è un caso di interessante. Fino a poco fa la Polonia veniva accomunata agli altri paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) per essersi ritagliata un rapporto speciale con Israele tra i paesi dell’Unione Europea. Si poteva contare sul fatto che questi paesi votassero con Israele nelle sedi internazionali. Ora non più. L’infuocato disaccordo tra i due paesi sulla memoria della Shoà ha lasciato il segno e questa volta la Polonia ha votato contro Israele invece di astenersi come aveva fatto nel 2017 e nel 2012. La Polonia ha votato contro Israele insieme ad altri sei paesi dell’Unione Europea, e il voto dei paesi dell’Unione Europea viene sempre guardato con attenzione a Gerusalemme per via dell’importanza dell’Europa e del fatto che si tratta di paesi democratici.

Gli altri paesi dell’Unione Europea che venerdì hanno votato contro Israele sono i soliti noti: Irlanda, Belgio, Portogallo, Malta, Lussemburgo e Slovenia. I primi cinque sono i paesi dell’Unione più avversi a Israele e lo sono da anni. La Slovenia, invece, si muove a zig zag a seconda delle elezioni e dei cambi di governo. Per anni, anche la Svezia è stata in quel campo: anzi, era un paese leader del campo più avverso allo stato ebraico. Oggi non dovrebbe più essere catalogata in quel modo alla luce dalla sua astensione nel voto di venerdì. Ora ha una coalizione di governo completamente diversa e le sue politiche su Israele non sono più quelle di pochi anni fa.

I paesi dell’Unione Europea che venerdì hanno votato con Israele sono Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania e Romania. Anche il Regno Unito, importante paese europeo che non è più membro dell’Unione Europea, ha votato con Israele mentre nel voto preliminare di novembre si era astenuta. Il voto dell’Austria è interessante da un punto di vista storico poiché fino a un decennio fa si poteva star certi che votasse contro Israele, come fece nel 2012. I governi a Vienna sono cambiati e hanno mutato l’atteggiamento del paese nei confronti di Israele, cosa che si riflette nel modo in cui vota oggi. Una dinamica simile si è vista in Italia. Cipro e Grecia, paesi UE che negli ultimi 15 anni hanno sviluppato relazioni molto strette con Israele, si sono entrambi astenuti: il che è nell’ordine delle cose ed è comunque molto meglio di quanto facevano due decenni fa quando si poteva star certi che avrebbero votato contro Israele, ed erano considerati tra i paesi più anti-israeliani dell’Unione Europea.

Un altro paese che è passato dal voto automatico contro Israele all’astensione è l’India, che questo ha fatto venerdì. È un processo iniziato nel 2014 con l’ascesa al potere di Narendra Modi e che da allora è continuato. Anche il Brasile si è astenuto, confermando una serie di voti favorevoli a Israele destinata sicuramente a finire ora che è tornato alla presidenza Luiz Inacio Lula da Silva. La posizione di Israele in America Latina non è buona come era quando Netanyahu vi si recò nel 2017. Da allora i governi sono cambiati, e con loro anche le politiche verso Israele. La Colombia, che da tempo vantava un record di voti positivi su Israele, venerdì ha votato contro, così come il Messico, un paese che Netanyahu visitò nel 2017 e sui cui legami aveva investito notevoli energie. Netanyahu aveva coltivato anche i rapporti con l’Africa. Venerdì, solo quattro paesi sub-sahariani hanno votato con Israele: la Repubblica Democratica del Congo, il Kenya, la Liberia e il Togo. Altri 18 hanno votato contro, mentre paesi con cui Israele ha forti legami come l’Etiopia e il Ruanda sono tra i 10 che si sono astenuti. Altri 14 non hanno partecipato al voto. È interessante notare, tuttavia, che 10 di coloro che venerdì hanno evitato di votare avevano votato per i palestinesi nel 2012, segno che anche qui le cose sono in movimento.

“Dirò una cosa che potrebbe scioccarvi – affermò Netanyahu nel suo discorso all’Assemblea Generale del 2016 – Israele ha un futuro luminoso, qui alle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite, nate come una forza morale, sono diventate una farsa morale, per cui quando si tratta di Israele alle Nazioni Unite probabilmente pensate che non cambierà mai niente, giusto? Ebbene ricredetevi, giacché cambierà tutto e molto prima di quanto si possa pensare. Il cambiamento avverrà in questa sala, perché a casa vostra i vostri rispettivi governi stanno rapidamente cambiando il loro atteggiamento nei confronti di Israele. E prima o poi questo finirà col cambiare il modo in cui si vota su Israele alle Nazioni Unite”.
Il voto di venerdì scorso dimostra che sì, le cose all’Onu stanno cambiando, ma quel cambiamento è più graduale e meno eclatante di quanto Netanyahu avesse immaginato all’epoca.
(Da: Jerusalem Post, 1.1.23)



Continua l’iniquo accanimento dell’Onu contro Israele
Anche nel 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha emesso più condanne contro Israele che contro tutti gli altri paesi del mondo messi insieme
Clicca per l’intervista di i24 News a Dina Rovner di UN Watch (in inglese)
4 gennaio 2023
https://www.israele.net/lo-spudorato-e- ... ro-israele
Nel 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato più risoluzioni contro Israele che contro tutte le altre nazioni messe insieme, confermando quello che molti osservatori denunciano come un accanimento evidentemente squilibrato a danno dello stato ebraico.

Secondo i dati pubblicati del gruppo di monitoraggio “UN Watch”, l’anno scorso l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato 15 risoluzioni anti-israeliane e 13 risoluzioni critiche verso altri paesi. La Russia è stata oggetto di sei risoluzioni che condannano la sua invasione dell’Ucraina. Corea del Nord, Afghanistan, Myanmar, Siria, Iran e Stati Uniti (per l’embargo su Cuba) sono stati criticati da una risoluzione ciascuno. Paesi caratterizzati da pessime performance in fatto di diritti umani e/o coinvolti in conflitti regionali come Arabia Saudita, Cina, Libano, Turchia, Venezuela e Qatar non sono stati oggetto di nessuna risoluzione di condanna.

Complessivamente, dal 2015 l’Assemblea Generale ha adottato 140 risoluzioni che criticano Israele (per le sue politiche verso i palestinesi e i paesi vicini, più altri presunti abusi). Nello stesso periodo, l’Assemblea Generale ha approvato 68 risoluzioni contro tutti gli altri paesi. La più recente risoluzione anti-israeliana è quella che è stata approvata il 30 dicembre con 87 voti favorevoli, 26 contrari e 53 astenuti.

Risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’Onu votate nel 2022, suddivise per paesi oggetto di condanna (clicca per ingrandire)

Dal database di “UN Watch” risulta anche che dal 2006 al 2022 il Consiglio Onu per i diritti umani ha adottato 41 risoluzioni contro la Siria, 13 contro l’Iran, 4 contro la Russia, 3 contro il Venezuela e 99 risoluzioni contro Israele.

Oltre alle risoluzioni, vi sono due indagini “a tempo indeterminato” delle Nazioni Unite a carico di Israele, l’unico paese al mondo soggetto a tale trattamento. I commissari di entrambe sono persone notoriamente ostili a Israele che hanno rilasciato in più occasioni dichiarazioni di stampo antisemita. La relatrice speciale delle Nazioni Unite a capo di una delle indagini, Francesca Albanese, i cui commenti antisemiti sono stati esposti a dicembre in un reportage di Times of Israel, si è lamentata la scorsa settimana che Israele le starebbe impedendo di accedere alle aree palestinesi. Potrebbe iniziare a domandarsi il perché.

Da tempo, sia Israele che gli Stati Uniti accusano l’Onu di faziosità pregiudiziale contro lo stato ebraico. Israele inoltre accusa i palestinesi, che hanno lo status di osservatori non membri, di tentare continuamente di utilizzare le Nazioni Unite per eludere i negoziati e cercare di strappare concessioni e ottenere risultati senza firmare accordi di pace.
(Da: Times of Israel, unwatch.org, 3.1.23)


Gerusalemme respinge il voto Onu che chiede alla Corte dell'Aia di proclamare gli ebrei “occupanti illegali” nella aree contese della Terra d’Israele - Israele.net
Marco Paganoni
6 gennaio 2023
https://www.israele.net/gerusalemme-res ... a-disraele
La maggioranza dei paesi non ha sostenuto l’iniziativa palestinese. L’Italia ha ribadito il voto contrario dello scorso novembre
Netanyahu: “Il popolo ebraico non occupa la propria terra”
Israele respinge totalmente la decisione “distorta” delle Nazioni Unite di chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia un parere consultivo sulle conseguenze legali di “occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese” da parte di Israele.
La controversa risoluzione messa ai voti venerdì sera a New York dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata approvata con il voto favorevole di 87 paesi, cioè meno della metà dei 193 stati membri. È passata comunque perché, a parte i 26 paesi che hanno votato contro, 53 paesi si sono astenuti e altri 27 non hanno partecipato al voto. I paesi che hanno votato “no” insieme a Israele includono Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e otto dei 27 stati membri dell’Unione Europea tra cui la Germania e l’Italia (che ha confermato il voto contrario in commissione dello scorso 11 novembre). Si sono astenuti paesi come Francia, Brasile, Danimarca, Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Svezia e Svizzera. Tra i paesi che invece hanno votato a favore della risoluzione anti-israeliana figurano, oltre ai paesi arabi, Cina, Iran, Russia, Polonia e Portogallo. L’Ucraina, il cui sostegno alla risoluzione nel voto preliminare di novembre in commissione aveva innescato un diverbio diplomatico tra Kiev e Israele, questa volta non ha preso parte alla votazione.

“Esattamente come le centinaia di risoluzioni distorte approvate dall’Assemblea Generale dell’Onu contro Israele nel corso degli anni, anche questa vergognosa risoluzione non obbligherà in alcun modo il governo di Israele”, ha dichiarato sabato sera il primo ministro Benjamin Netanyahu in un video.

La risoluzione chiede un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sul fatto che l'”occupazione” del “territorio palestinese” da parte di Israele sia diventata una forma di annessione de facto e quindi illegale ai sensi del diritto internazionale. In realtà, in base agli Accordi di pace degli anni ’90 firmati dalle due parti i territori di Cisgiordania non sono “occupati” bensì contesi e la loro destinazione finale deve essere stabilita in un negoziato che tenga conto delle rivendicazioni di entrambe le parti. Ma questa risoluzione, come molte altre dell’Assemblea Generale, contravviene a quanto convenuto dalle parte negli Accordi. Oltretutto, la risoluzione sottolinea espressamente l’inclusione della “Città Santa di Gerusalemme” nella sua richiesta e ancora una volta si riferisce al Monte del Tempio di Gerusalemme, il luogo più sacro dell’ebraismo, unicamente con il termine arabo musulmano di al-Haram al-Sharif, disconoscendone il valore storico e religioso per ebrei e cristiani.

Il voto di venerdì sera all’Assemblea Generale (clicca per ingrandire)

Nel respingere seccamente il voto dell’Assemblea Generale, Netanyahu ha affermato che “il popolo ebraico non ‘occupa’ la propria terra e non ‘occupa’ la propria eterna capitale Gerusalemme, e nessuna risoluzione delle Nazioni Unite può alterare questa verità storica”. Il neo ministro degli esteri israeliano Eli Cohen ha definito il voto delle Nazioni Unite “anti-israeliano”, twittando che esso “dà sostegno alle organizzazioni terroristiche e al movimento antisemita [del boicottaggio], contravvenendo ai principi concordati delle stesse Nazioni Unite. Questa iniziativa – ha aggiunto Cohen – rappresenta un altro errore commesso dalla dirigenza palestinese che da anni sostiene e fomenta il terrorismo e guida il suo popolo in modo tale da danneggiare gli stessi palestinesi nonché ogni possibilità di risolvere il conflitto. Questa risoluzione non cambierà nulla sul terreno – ha concluso Cohen – e non ci impedirà di combattere il terrorismo, difendere i cittadini di Israele e promuovere gli interessi del paese”.

Quando lo scorso 11 novembre si è tenuta una votazione preliminare sulla richiesta, votarono a favore 98 paesi, cioè poco più della metà di quelli rappresentati nell’Assemblea Generale, mentre i voti contrari furono 17 (Israele compreso). Da novembre a oggi il sostegno alla risoluzione palestinese è calato di 11 voti, mentre al voto espressamente contrario alla loro risoluzione si sono aggiunti nove paesi. Tra i paesi che hanno cambiato il voto a favore della posizione di Israele figurano Albania, Repubblica del Congo, Kenya, Romania, Togo e Gran Bretagna. “Abbiamo ottenuto qualcosa di importante – ha affermato Netanyahu – Nella risoluzione approvata a novembre i palestinesi avevano la maggioranza assoluta degli stati membri a sostegno della loro iniziativa. Ora c’è stata una svolta: i paesi che hanno sostenuto l’iniziativa palestinese sono una minoranza e quelli che non hanno sostenuto i palestinesi [fra voti contrari e astensioni] sono la maggioranza degli stati membri”.

Le Nazioni Unite hanno una lunga tradizione di risoluzioni unilateralmente ostili a Israele, e Israele accusa i palestinesi, che hanno lo status di stato osservatore non membro presso le Nazioni Unite, di cercare costantemente di sfruttare l’organismo internazionale per sottrarsi ai negoziati di pace. Secondo l’ex inviato d’Israele alle Nazioni Unite, Danny Danon, l’Autorità palestinese ha caldeggiato con forza la richiesta del parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia allo scopo evidente di generare pressioni internazionali che costringano Israele a concessioni e ritiri senza negoziare un accordo con Gerusalemme.

“I palestinesi – ha dichiarato l’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan – hanno respinto ogni iniziativa di pace continuando a sostenere e alimentare il terrorismo. Invece di spingere i palestinesi a cambiare, le Nazioni Unite stanno facendo il contrario. La decisione, poi, di tenere un voto che riguarda Israele durante Shabbat è un altro esempio del declino morale delle Nazioni Unite che impediscono a Israele di far sentire la propria voce in una votazione dal risultato predeterminato”.

(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 1.1.23)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mar feb 28, 2023 11:46 pm

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Messaggioda Berto » mar feb 28, 2023 11:47 pm

Israele e ONU - All’ONU vige l’apartheid contro Israele
David Elber
26 Febbraio 2023

http://www.linformale.eu/allonu-vige-lapartheid/

Comunemente si è portatati a pensare che l’ONU sia un’organizzazione dove vige una sostanziale uguaglianza tra gli Stati membri. Ad eccezione degli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (USA, Russia, Gran Bretagna, Cina e Francia), che hanno diritto di veto e quindi hanno un potere maggiore rispetto a tutti gli altri Stati membri, gli altri Stati dovrebbero avere “sovrana uguaglianza” come recita il primo paragrafo dell’Articolo 2 dello Statuto ONU.

Il principio di uguaglianza tra gli Stati è un aspetto fondamentale dell’ONU ed è alla base del funzionamento stesso delle sue agenzie, delle sue numerose commissioni e della Corte di Giustizia Internazionale che è il suo massimo organo legale. Questo principio è stato ribadito dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1970 con l’approvazione della Risoluzione 2625 denominata “Dichiarazione sui principi di diritto internazionale relativi alle relazioni amichevoli e alla cooperazione tra gli Stati in conformità allo Statuto dell’ONU”.

Per queste ragioni e principi si è portati a credere che l’ONU sia un “santuario” di protezione del diritto internazionale e il luogo dove le regole e il trattamento siano uguali per tutti gli Stati membri. Ma, come vedremo, questi fondamentali principi non solo non sono rispettati, ma di fatto, all’ONU, vige un autentico sistema di apartheid nei confronti di un unico Stato: Israele. Questo è avvenuto, e avviene tutt’oggi, perché ad Israele non è permesso partecipare a tutte le attività dell’ONU, alla formazione delle commissioni, dei consigli delle Agenzie, ad un equo sistema di difesa giuridica, e a essere membro dei numerosi forum internazionali. Inoltre a Israele è preclusa la possibilità di difendersi nelle sedi competenti ma deve invocare l’aiuto altrui (quasi sempre gli USA).

Come nasce questo sistema “segregazionista” nei confronti di Israele? Con il sistema – non sancito dallo Statuto ma di fatto vigente – del sistema dei gruppi regionali.

Il Sistema dei gruppi regionali

Il sistema di rappresentazione degli Stati presso l’ONU è nato con l’intento di presentare un’”equa rappresentazione geografica” degli Stati nell’Organizzazione mondiale e per dare la possibilità a tutti gli Stati del mondo – facenti parte dell’ONU – a prescindere dalla loro grandezza, capacità economica, politica e militare di essere parte del sistema decisionale del mondo. L’eminente giurista britannico Sir Robert Jennings, che è stato anche Presidente della Corte di Giustizia Internazionale, così l’ha definito: «Il sistema dei gruppi regionali è diventato il meccanismo centrale della rappresentanza e della partecipazione dei membri delle Nazioni Unite nel sistema dell’ONU. L’appartenenza a un gruppo regionale è l’unico modo per garantire la piena partecipazione ai lavori del sistema delle Nazioni Unite.». Inoltre, afferma Jennings: «l’appartenenza ad un gruppo regionale è l’unico modo con il quale uno Stato può presentare il proprio candidato per qualsiasi posizione».

Come si può facilmente intuire dalle parole di Jennings, bisogna necessariamente fare parte di uno dei gruppi regionali dell’ONU per poi venire eletto al Consiglio di Sicurezza come membro non permanente, per far parte dei Consigli (come ad esempio quello dei Diritti Umani), per far parte delle commissioni che studiano le leggi e le disposizioni che diverranno, eventualmente, trattati internazionali o convenzioni, oppure per far nominare un proprio rappresentante in seno alla Corte di Giustizia Internazionale o della Corte Penale Internazionale ecc.

Il principio generalmente vigente all’interno del sistema dei gruppi regionali dell’ONU, è quello di eleggere a turno gli Stati che, di volta in volta, rappresenteranno il gruppo nel Consiglio di Sicurezza, nel Consiglio dei Diritti Umani, nelle commissioni, nelle sotto-commissioni ecc. Non vi è altro modo.
I gruppi all’ONU sono così suddivisi:
1) gruppo dell’Europa Occidentale e altri (per altri si intendono le democrazie di altre aree geografiche come Australia, Nuova Zelanda, Canada ecc.);
2) gruppo dell’Europa Orientale
3) gruppo asiatico;
4) gruppo africano;
4) gruppo dell’America Latina e Caraibi.

Israele per posizione geografica dovrebbe far parte del gruppo asiatico ma ne è sempre stato escluso per volere dei paesi arabi e musulmani. Perciò fin dalla creazione dei gruppi regionali, Israele non fa parte di nessun gruppo. E questo non ha destato nessuno sdegno nella comunità internazionale. Nessuna presa di posizione forte e decisiva è mai stata compiuta dagli USA o da un qualsiasi paese della UE, compresa l’Italia, o da altri, per mettere rimedio a questa palese ghettizzazione dello Stato ebraico che di fatto gli preclude di partecipare a un qualsiasi forum decisionale in ambito internazionale.
Questa situazione si avvicina molto al sistema dell’apartheid? Si. Non è una palese violazione dello Statuto stesso dell’ONU? Si, ma nell’indifferenza generale.
Nel 2000, dopo decenni di inerzia, ad iniziare da quella dei vari Segretari Generali che si sono succeduti e degli Stati “democratici” e di “diritto”, Israele è stato inserito “temporaneamente” come Stato osservatore nel gruppo Europa Occidentale e altri. Però l’inserimento temporaneo (in attesa che venga ammesso nel gruppo asiatico ma sono passati più di 20 anni) in questo diverso gruppo geografico come Stato osservatore, e non come Stato a pieno diritto, gli preclude ancora di essere eletto in qualsiasi agenzia, commissione o al Consiglio di Sicurezza. In pratica nulla è cambiato e la discriminazione è ancora in corso.
La situazione di Israele all’ONU è stata bene sintetizzata dall’ex ambasciatore all’ONU Alan Baker: «In una situazione del genere, Israele non può mai presentare la propria candidatura a membro del Consiglio di sicurezza, del Consiglio Economico e Sociale, o degli altri maggiori organi delle Nazioni Unite come la Corte Internazionale di Giustizia; le viene negata ogni possibilità di far scegliere i propri giuristi come candidati alle maggiori istituzioni legali, ai tribunali e alle corti all’interno del sistema delle Nazioni Unite e non può partecipare alle consultazioni tra Stati, organizzati all’interno del sistema dei gruppi regionali, per determinare le posizioni e votare alle risoluzioni o sulle altre questioni.». È facile intuire che in un sistema così organizzato Israele non è mai messo nelle condizioni né di difendersi né di poter portare le proprie competenze nei differenti forum mondiali. In pratica la presenza di Israele è legittimata solo nell’Assemblea Generale, dove può votare, ma dove è pressoché sempre messo in minoranza.

Su questa discriminatoria e surreale situazione di Israele all’ONU, così si è espresso, alcuni anni fa il citato giudice Sir Robert Jennings: «La continua esclusione di Israele dal sistema dei gruppi regionali è illegale perché colpisce alla radice i principi su cui esistono le Nazioni Unite. Il rimedio a questa illegalità è chiara: l’ammissione di Israele alla piena partecipazione a uno dei gruppi regionali. Mi permetto di suggerire che l’esclusione di Israele non dovrebbe più essere tollerata; e che ormai è questione di primaria importanza per l’Organizzazione stessa constatarlo e porvi rimedio. Finché continua questa violazione, l’Organizzazione stessa è in violazione della propria Carta.».

In conclusione, la decennale esclusione di Israele da tutti i gruppi regionali, o anche la sua semplice inclusione come Stato “osservatore” temporaneo tra i paesi dell’Europa Occidentale e altri, è una palese violazione della Statuto stesso dell’ONU (Articolo 2 paragrafo 1). Inoltre, fatto davvero grottesco, ci si trova nella situazione di trovare Israele sempre escluso da commissioni e Consigli ONU e di trovare a rotazione l’Iran come presidente della Commissione sui diritti delle donne o l’Arabia Saudita o la Libia a capo del Consiglio dei Diritti umani. Inoltre, ad Israele è sempre preclusa la possibilità di far sentire le proprie ragioni legali nei forum di competenza. Perciò, diventa di primaria importanza che l’opinione pubblica sia messa a conoscenza di questa situazione, e che si faccia pressione sui governi per il bene del diritto, della giustizia e della democrazia. Ciò è possibile solo con una forte presa di posizione politica da parte dei governi, a cominciare da quelli “democratici”.
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Messaggioda Berto » dom ago 13, 2023 6:39 pm

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