Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun ott 15, 2018 7:51 am

Antisemitismo di Maometto e del suo nazismo maomettano


Antisemitismo islamico, esiste dai tempi di Maometto

http://www.lanuovabq.it/it/antisemitism ... i-maometto

Dopo la strage del Museo Ebraico di Bruxelles e l'arresto del suo artefice, l'Europa si interroga ancora una volta sulle radici dell'odio islamico nei confronti degli ebrei, un odio che risale ai tempi di Maometto, un millennio e mezzo fa.

La presa di Medina

L’arresto di Mehdi Nemmouche, il francese autore della strage del museo ebraico di Bruxelles, e i legami di costui con la galassia dei jihadisti che dall’Europa si sono recati in Siria conduce irrimediabilmente a una serie di riflessioni. La prima riflessione riguarda le reazioni e le dichiarazioni che hanno fatto seguito all’attentato e che ne hanno individuato l’origine negli ambiti della destra europea o persino nel complottismo ebraico, escludendo in entrambi i casi eventuali legami con l’estremismo islamico.

Non si è fatto attendere, ad esempio, il commento di Tariq Ramadan, nipote del fondatore dei Fratelli musulmani e voce accreditata come “moderata” e “affidabile” a tutti i livelli delle istituzioni europee. Il 27 maggio Ramadan scriveva su Twitter: “I due turisti colpiti a Bruxelles lavoravano per i servizi segreti israeliani secondo Le Soir. Antisemitismo o manovra diversiva?” L’ipotesi del complotto ebraico-sionista attraverso due ex agenti del Mossad ben si accompagna con altre idee dell’islamologo svizzero che hanno fatto sì che nel 2004 dichiarasse a Silvia Grilli, all’epoca giornalista a Panorama, che uccidere un bimbo israeliano di otto anni perché da grande farà il soldato è “in sé è un atto moralmente condannabile. Ma è contestualmente comprensibile, perché la comunità internazionale ha consegnato i palestinesi agli oppressori”.

Tuttavia la seconda riflessione riguarda, più in generale, l’antisemitismo che permea l’ideologia dell’estremismo islamico che affonda le proprie radici nel testo coranico e nella tradizione islamica. Nell’VIII secolo dopo Cristo il poligrafo arabo al-Jahiz nella celebre Epistola contro i cristiani attribuì gli attacchi coranici nei confronti degli ebrei con la teoria della contiguità: “Il popolo preferisce i Cristiani ai Mazdei e agli Ebrei; è più disposto ad accordare loro amicizia, ha nei loro confronti meno odio, li crede meno infedeli e pensa che il castigo che subiranno nella vita futura sarà meno doloroso […]” perché “[…] in primo luogo gli ebrei si trovavano a Yathrib [l’attuale Medina] e quindi erano vicini ai musulmani. Ebbene, l’odio tra vicini è simile a quello che divide di solito i parenti per la profondità delle radici e la tenacia. L’uomo di fatto può essere ostile solo a chi conosce. La sua ingiustizia si esercita solo nei confronti di chi vede ogni giorno, è rivale solo al proprio simile e conosce bene i difetti di chi frequenta. Si odia e si fugge qualcuno nella misura in cui lo si ama e si è vissuti troppo vicino a lui.”

La storia dell’islam e la Sira, la biografia ufficiale di Maometto, danno ragione a Jahiz. Quando nel 622 il Profeta dell’islam si trasferì a Medina nella città vivevano tre tribù ebraiche, giunte probabilmente prima della distruzione del tempio del 70 d.C.: i Banu Qaynuqa’, i Banu Nadir e i Banu Qurayza. Dapprincipio le tribù ebraiche intrattennero rapporti pacifici con Maometto.

Purtroppo l’idillio si sarebbe ben presto infranto. La Sira, la biografia ufficiale di Maometto, riporta notizia della cosiddetta “Costituzione di Medina” nella quale si legge: “All’ebreo che ci segue sono dovuti aiuto e uguaglianza. […] Nessuna pace separata sarà stipulata quando i credenti combattono sulla via di Dio. Le condizioni devono essere eque per tutti. […] I credenti devono vendicare il sangue degli altri credenti quando versato sulla strada di Dio. […]”

È evidente che il documento preveda rispetto e tutela degli ebrei a condizione di fedeltà e non intromissione. E’ proprio l’accusa di tradimento e di connivenza con i meccani nei confronti delle tribù ebraiche che scatenerà l’ira di Maometto. Nel marzo 624 la battaglia di Badr, grande oasi a 20 km nord ovest di Medina, vede la vittoria miracolosa di Maometto sui meccani. Gli ebrei vengono accusati di essersi alleati in segreto con i meccani avversari di Maometto e i Banu Qaynuqa’ sono costretti all’esilio verso le oasi ebraiche del nord, Khaybar e Fadak, e viene consentito loro di portare con sè solo un cammello per famiglia.

Nel marzo 625 con la battaglia di Uhud, un’altura a nord di Medina, l’esercito di Maometto subisce una sconfitta e i Banu Nadir vengono espulsi dopo essere stati privati dei beni che, non essendo bottino di guerra spettarono a Maometto che li distribuì agli emigrati. Nel Corano si legge: “Il bottino che Allah concesse al Suo Inviato, sugli abitanti delle città, appartiene ad Allah e al Suo Inviato, ai [suoi] familiari, agli orfani, ai poveri e al viandante diseredato, cosicché non sia diviso tra i ricchi fra di voi. Prendete quello che il Messaggero vi dà e astenetevi da quel che vi nega e temete Allah. In verità Allah è severo nel castigo”. ( LIX, 1- 8 )

Nell’aprile 627 con la cosiddetta battaglia del Fossato che può essere definita una “semivittoria” da parte di Maometto, i Banu Qurayza vengono accusati di essere scesi a patti con il nemico meccano. Assediati vennero infine obbligati alla resa incondizionata e alla conversione all’islam. Chiunque non avesse accettato tale condizione sarebbe stato sottoposto alla pena capitale. Ebbene, solo quattro ebrei si convertirono, e la tradizione islamica narra che tra 600 e 900 uomini vennero decapitati per ordine di Maometto mentre le donne e i bambini vennero ridotti in schiavitù. L’accaduto viene ricordato anche dal testo coranico: “Ha fatto uscire dalle loro fortezze coloro, fra la gente del Libro, che avevano spalleggiato i coalizzati ed ha messo il panico nei loro cuori. Ne uccideste una parte e un'altra parte la faceste prigioniera. Vi ha dato in eredità la loro terra, le loro dimore e i loro beni e anche una terra che mai avevate calpestato. Allah è Onnipotente” (XXXIII, 26).

Ebbene, Tariq Ramadan nella sua biografia di Maometto Sulle orme del Profeta descrive il massacro dei Banu Qurayza come una “duplice vittoria” e sottolinea che “il destino riservato agli uomini dei Banu Qurayza rappresentò un forte messaggio per tutte le tribù limitrofe rammentando che ogni tradimento e ogni aggressione sarebbe stata severamente punita” (Tariq Ramadan, On the Footsteps of the Prophet, Oxford University Press, New York 2007, p. 156).

Nel X secolo il celebre teologo andaluso Ibn Hazm nel suo trattato di eresiografia Kitab al-milal wa-al-nihal ricorda altresì l’accusa di alterazione dei testi religiosi che l’islam rivolge sia a ebrei che cristiani: “I musulmani hanno precisato che entrambe le umma hanno apportato modifiche e alterato le scritture (tahrif). Gesù era convinto di ciò che aveva rivelato Mosé ed entrambi avevano dato la buona novella della venuta del nostro Profeta Maometto, profeta della misericordia” (I, pag. 249). Non solo, ma lo stesso autore nella Risala fi radd ‘ala Ibn al-Naghrila al-Yahudi, una replica all’ebreo Ibn Naghrila, si rivolge a quest’ultimo definendolo “ignorante sfacciato al quale l’ignoranza ha accecato e distrutto il discernimento”, “folle”, “un avvinazzato” dalle “viscere liquefatte dall’odio che porta al Profeta.” Quello che potrebbe apparire come un attacco ad personam si conclude invece come un attacco agli ebrei in senso lato “spero fermamente e ho molte speranze che Dio sarà severo contro coloro che si avvicinano agli ebrei, che li circondano, che ne fanno amici intimi e familiari, e non esercitano rigore nei loro confronti.”

A partire dal 1948, con la nascita dello Stato di Israele, l’odio nei confronti degli ebrei di matrice coranica va gradualmente ad assommarsi e a giustificare l’anti-sionismo confondendo i livelli religioso e politico. Va comunque ricordato che inizialmente sia la polemica negazionista sia l’ideologia anti-semita vengono relegate ai margini del dibattito.

A dimostrazione di quanto affermato vanno le parole del politico iracheno Muhammad Fadhil Jamali (1903-1997) che alla Conferenza di Londra, pur essendo un acerrimo antisionista, ebbe modo di dichiarare quanto a segue: “Dobbiamo separare, totalmente e una volta per tutte, la questione ebraica mondiale da quella della Palestina. La questione ebraica deve essere trattata dall’Europa, poiché l’Europa ha bisogno di costruttori che possano riparare alla distruzione attuata dai nazisti. Non possiamo sostenere di avere vinto la guerra se il nazismo non verrà sradicato dall’Europa e continuerà a privare i cittadini europei di religione ebraica dal godimento dei pieni diritti civili e religiosi.” Non solo, ma al-Jamali espresse tutto il rispetto e l’affetto nei confronti della comunità ebraica irachena: “In Iraq vivono circa 120.000 ebrei. Per secoli gli ebrei hanno vissuto con i musulmani e i cristiani in perfetta pace e armonia in Iraq.”

Siffatto atteggiamento scompare con la nascita dell’islam politico e soprattutto con il movimento dei Fratelli musulmani nel 1928. In questo contesto motivazioni religiose e politiche si intersecano costituendo una miscela esplosiva. Ad esempio all’art. 7 dello Statuto di Hamas si legge: “Benché gli anelli siano distanti l’uno dall’altro, e molti ostacoli siano stati posti di fronte ai combattenti da coloro che si muovono agli ordini del sionismo così da rendere talora impossibile il perseguimento del jihad, il Movimento di Resistenza Islamico ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta – le preghiere e la pace di Allah siano con Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei” (citato da al-Bukhari e da Muslim).

Nel 2005 l’allora Guida Suprema dei Fratelli musulmani Mahdi Akef denunciava il “mito dell’Olocausto” difendendo le posizioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Nel 2007 la politologa e attivista di origine yemenita Elham Manea denuncia il sito Awladuna (“I nostri figli”), legato al movimento dei Fratelli Musulmani. Nell’articolo “L’odio nei confronti degli ebrei” denuncia altresì il doppio linguaggio dei Fratelli musulmani, anche quando si tratta di ebrei: “All’inizio non ci credevo, allora ho deciso di verificare con i miei occhi. La notizia, che avevo letto in una e-mail, era che il sito Awladuna dedicato ai bambini del movimento dei Fratelli musulmani egiziani aveva riservato alcune pagine per instillare l’odio nei confronti degli ebrei nei cuori dei ragazzi. Non ci credevo perché i Fratelli musulmani continuano a ripetere che non odiano nessuno e che secondo la loro interpretazione la religione islamica è una religione di pace, che non hanno alcun problema né con gli ebrei né con la religione ebraica, bensì con lo Stato di Israele e le sue azioni repressive contro il popolo palestinese.” La Manea riporta quindi alcune frasi contenute nel sito alla voce “Lo sai?”: “Lo sai che gli ebrei hanno ucciso 25 profeti di Dio, che la loro nera storia è colma di omicidi e malvagità? Lo sai che gli ebrei assassini hanno ingiuriato e oltraggiato il nostro Signore, Eccelso e Potente? Lo sai che gli ebrei hanno tentato di uccidere il nostro amato Inviato? […] Lo sai che gli ebrei istigano tutto il mondo contro l’islam e i musulmani con la scusa di combattere il terrorismo? […]”.

La riflessione della Manea riconduce ai fatti di Bruxelles. Se è vero che l’autore della strage è da ricondurre al jihadismo europeo in Siria, è pur vero che la maggior parte delle moschee in Europa sono gestite dai Fratelli musulmani. Quindi gli apparati di sicurezza farebbero bene ad andare oltre la punta dell’iceberg del jihadismo conclamato per occuparsi del doppio linguaggio di chi apparentemente è “moderato”, ma che in nome della storia delle origini dell’islam e di una ideologia antisemita e antisionista individua in ogni ebreo un nemico da odiare e in ultima istanza da eliminare.



“Sterminare gli ebrei, soggiogare i cristiani”
Agghiacciante sermone alla tv palestinese
18 maggio 2005
http://www.israele.net/sterminare-gli-e ... -cristiani

La fase finale della storia sarà l’assoggettamento dei paesi cristiani all’islam e lo sterminio di tutti gli ebrei. È quanto ha affermato un leader religioso palestinese nel suo sermone di venerdì scorso, diffuso dalla televisione dell’Autorità Palestinese. Gli ebrei sono così malvagi, predica Ibrahim Mudayris, che non possono essere assoggettati come i paesi cristiani, per cui la sola soluzione per loro è la morte: letteralmente, lo sterminio di ogni singolo ebreo.
Nel suo sermone, Ibrahim Mudayris ha ripreso molti dei temi classici tradizionalmente utilizzati dalla propaganda estremista islamica palestinese per giustificare l’uccisione di ebrei e la prospettiva del loro genocidio.
Ecco alcuni dei brani più significativi del sermone del 13 maggio:

“Dio ha messo in guardia il suo Beneamato Profeta (Maometto) dagli ebrei, che hanno assassinato i loro profeti, che hanno falsificato le Scritture, che per tutta la loro esistenza sono stati corrotti e corruttori, che hanno violato i trattati e gli accordi. Centinaia di versetti su di loro sono scesi (dal cielo) e appaiono nel Corano. In essi si parla della corruzione dell’indole degli ebrei e delle loro malvagie intenzioni”.

“Se Dio non avesse protetto il Beneamato (Profeta), egli sarebbe caduto vittima del tradimento ebraico, e sarebbe stato uno delle migliaia di profeti assassinati dagli ebrei”.

“Questo giorno (anniversario dell’indipendenza di Israele) è il più duro, perché con la perdita della Palestina, la nazione araba fu perduta. Con la creazione del falso Stato di Israele, la nazione islamica fu perduta”.

“Israele è un cancro che si diffonde nel corpo della nazione islamica, giacché gli ebrei sono un virus come quello dell’Aids, che causa sofferenze a tutto il mondo. È dimostrato dalla storia. Leggete la storia. Non chiedo di leggere il Corano, perché il Corano è chiaro e definitivo e noi tutti gli crediamo. Ma a coloro che non credono, diciamo: leggete la storia. Troverete che gli ebrei stanno dietro a ogni conflitto sulla Terra. Le sofferenze delle nazioni? Vi sono dietro gli ebrei”.

Ibrahim Mudayris prosegue spiegando che le persecuzioni subite dagli ebrei nel corso della storia non sono altro che una legittima reazione di autodifesa contro la loro malvagità. Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Russia zarista, Germania nazista: tutte hanno perseguito e/o espulso gli ebrei come atto di autodifesa e di vendetta. “Non chiedete alla Germania cosa ha fatto agli ebrei, giacché gli ebrei furono quelli che provocarono i nazisti affinché il mondo entrasse in guerra contro la Germania. Quando gli ebrei, col movimento sionista, spinsero le nazioni del mondo a combattere la Germania, quel giorno eruppe la rabbia dei tedeschi”.

“Gli ebrei fanno cose peggiori di quelle che sono state fatte a loro all’epoca della guerra nazista. Alcuni ebrei sono stati uccisi, ma loro esagerano la descrizione (della Shoà) per guadagnarsi i mass-media e le simpatie del mondo”.

“Furono gli inglesi che promisero agli ebrei una sede nazionale nella terra di Palestina. Perché? Perché gli inglesi erano disgustati della presenza degli ebrei fra loro e volevano esserne liberati, e così promisero di creare una sede nazionale per gli ebrei in Palestina”.

“La potenza degli ebrei è un pallone gonfiato, non è reale. Perché? Perché gli ebrei traggono la loro forza dalla debolezza dei musulmani, dalla nostra debolezza. Gli ebrei non hanno forza di carattere, non hanno determinazione né la forza della fede. Dio dice che gli ebrei sono codardi, temono i musulmani più di quanto temano Dio”.

“Noi musulmani dominavamo il mondo e verrà un giorno, grazie a Dio, in cui domineremo il mondo. Verrà il giorno in cui domineremo l’America, la Gran Bretagna e il mondo intero. Ma non gli ebrei. Perché gli ebrei non accetteranno di vivere sotto il nostro dominio, giacché sono sempre stati traditori per natura. Verrà un giorno in cui tutti saranno liberati dagli ebrei, anche l’albero e la pietra dell’Hadith che tutti voi conoscete, l’albero e la pietra che vogliono che il musulmano ponga fine a ogni ebreo. Ascoltate il Beneamato (Profeta), che vi parla della fine inesorabile che attende ogni ebreo”.

L’Hadith a cui si riferisce Mudayris è il seguente: “Verrà l’ora in cui il musulmano muoverà guerra all’ebreo e lo ucciderà, e finché vi sarà un ebreo nascosto dietro una roccia o un albero, la roccia e l’albero diranno: musulmano, servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo”.

Il testo (tradotto in inglese) del sermone tenuto da Ibrahim Mudayris nella moschea di Gaza venerdì 13 maggio, nonché brani del video originale trasmesso dalla televisione dell’Autorità Palestinese (con aggiunta di sottotitoli in inglese) sono reperibili sul sito del Palestinian Media Watch

http://www.pmw.org.il

Sullo stesso sito, alla pagina http://www.pmw.org.il/KAJ_eng.htm , un rapporto (in inglese) intitolato “Kill a Jew – go to Heaven”, che documenta l’uso sistematico della giustificazione del genocidio degli ebrei nella propaganda e pubblicistica dell’Autorità Palestinese.

(Da: Palestinian Media Watch Bulletin, 16.05.05)
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun ott 15, 2018 7:51 am

Islamici e cristiani israeliani nemici degli ebrei e di Israele
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I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele
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Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo maomettano palestinese
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Basta finanziare il terrorismo arabo islamico palestinese antiebreaico e gli assassini di Allà
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Islam, palestinesi, ebraismo, ebrei, Israełe
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Mussulmani e ebrei, Palestina e Israele
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Un'incompatibilità che nasce con Maometto e si protrae sino a oggi


Iran, ebrei in Iran, persecuzione, guerra a Israel
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Islam scita, Iran e ebrei
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio ott 18, 2018 7:29 am

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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio ott 18, 2018 7:30 am

L'antisemitismo dell'ONU filo nazi maomettana


L'Ultima Farsa dell'ONU
17 ottobre 2018
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/lultima-farsa- ... qF4swxCNMI

Uno degli argomenti principali della propaganda anti-israeliana è che, per quanto concerne la Palestina, arabi e musulmani non sono mai stati ostili agli ebrei e all’ebraismo, ma solo al sionismo e ai sionisti.
Dopo tutto, i musulmani non hanno trattato le loro minoranze ebraiche in modo di gran lunga migliore dei loro omologhi europei?
Gli arabi e gli ebrei non hanno convissuto armoniosamente per secoli prima dell’avvento del movimento sionista?
Come affermò Fayez A Savegh, rappresentante del Kuwait durante il dibattito all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione che equiparava il sionismo al razzismo nel novembre del 1975: “noi nel mondo arabo abbiamo sempre offerto ospitalità agli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni in Europa quando l’antisemitismo europeo li spingeva nelle nostre braccia…è stato soltanto quando è arrivato il sionismo che, nonostante la nostra ospitalità verso gli ebrei, siamo diventanti ostili al sionismo”.

Questa rappresentazione idillica è in contrasto con la documentazione storica. È vero, la persecuzione degli ebrei nel mondo arabo non ha mai raggiunto lo stesso livello dell’Europa cristiana. Ma questo non ha protetto le comunità ebraiche del mondo arabo da secoli di inferiorità legalmente istituzionalizzata, da restrizioni sociali umilianti, e dalla rapacità dei funzionari locali e della popolazione musulmana in generale. Nella stessa Palestina pre-sionista, i contadini arabi, durante la rivolta del 1830 contro la coscrizione obbligatoria imposta dalle autorità egiziane, colsero l’occasione per devastare le comunità ebraiche di Gerusalemme e Safed, e, a loro volta, i militari intervenuti per sedare l’insurrezione uccisero gli ebrei di Hebron. Un secolo più tardi, nel dicembre del 1941, a seguito di un fallito colpo di stato filonazista in Iraq, gli ebrei di Baghdad furono sottoposti ad un orrendo massacro in cui perirono a centinaia.

È possibile dunque affermare, nonostante le osservazioni contrarie, che arabi e musulmani non hanno mai realmente fatto una distinzione tra sionisti, israeliani ed ebrei, e spesso usano questi termini in modo interscambiabile. Per esempio, Anis Mansur, uno dei più importanti giornalisti egiziani e consigliere del presidente Sadat, ammetteva: “Non c’è niente di simile in tutto il mondo come l’ebreo e Israele. Ogni ebreo è un israeliano. Nessun dubbio a riguardo”. In effetti, l’antisionismo arabo e musulmano riflette un odio che va ben oltre il livello “normale” di ostilità che ci si aspetterebbe in seguito a uno scontro prolungato e aspro, appare, più che una risposta all’attività sionista, come una manifestazione di pregiudizi radicati che sono stati portati allo scoperto dal conflitto in atto.

Con questo non si intende negare lo scontro tra i due gruppi nazionali. Ma è proprio perché il movimento sionista è stato interpretato come incarnazione delle peggiori caratteristiche tradizionalmente associate agli ebrei nella mente degli arabi musulmani che l’impresa sionista è descritta in una luce così nefasta da politici e intellettuali musulmani. Come Lutfi Abdel Azim, il direttore di un prestigioso settimanale egiziano, che nel 1982, tre anni dopo la conclusione di un trattato di pace tra Egitto e Israele, scrisse:“un ebreo è un ebreo, e non è cambiato per migliaia di anni. È vile, spregevole, disprezza tutti i valori morali, rosicchia la carne viva e succhia il sangue per una miseria. Il mercante ebreo di Venezia non è diverso dagli acerrimi carnefici di Deir Yasin e da quelli dei campi profughi. Entrambi sono modelli simili di depravazione disumana”.

Da dove provengono tali pregiudizi? È stato giustamente osservato che la moderna ideologica antisemita è un’invenzione dell’Europa del XIX secolo, e che tradizionalmente il mondo islamico ne era in gran parte libero. Ma la facilità e la rapidità con cui i precetti dell’antisemitismo europeo sono stati assimilati da parte del mondo arabo-musulmano testimoniano la pre-esistenza di un profondo fanatismo antiebraico. Questo fanatismo risale al primo periodo dell’Islam, e in effetti al profeta Maometto stesso.

Al momento della sua migrazione dalla sua città natale, La Mecca, a Medina nel 622, Maometto corteggiò la popolazione ebraica locale, sottolineando la somiglianza tra la sua nuova religione e il giudaismo,adottando una serie di pratiche e rituali religiosi ebraici. Dal momento che questi gesti non riuscirono a impressionare gli ebrei di Medina, che divennero critici verso Maometto mettendo in evidenza le lacune e le incongruenze presenti nel Corano e il suo travisamento dell’Antico Testamento, il profeta si scagliò contro le tre tribù ebree di Medina. Usando alcuni incidenti come banali pretesti, espulse la tribù Qaynuqa, la più debole delle tre, dalla città e ne divise le proprietà tra i musulmani. Tre anni dopo, nel marzo del 625, dopo che una sconfitta militare aveva intaccato il prestigio di Maometto agli occhi delle vicine tribù beduine, fu il turno della tribù Nadir di pagare il prezzo della battuta d’arresto del profeta: dopo un assedio di poche settimane, gli ebrei della tribù Nadir furono cacciati dalla città e le loro terre assegnate ai musulmani. L’ultima e più potente tribù ebraica- Quraiza- soffrì in maggior misura in seguito al fallito assedio di Medina, nella primavera del 627. Con la collaborazione del nemico, 600-800 uomini della tribù furono portati in piccoli gruppi davanti a fosse scavate il giorno precedente, fatti sedere sul bordo, poi decapitati uno ad uno e gettati dentro. Le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù e venduti, il ricavato della loro vendita, così come i beni posseduti dalla tribù, furono divisi tra i musulmani. Questo processo è stato completato dall’ingiunzione, formulata sul letto di morte da Maometto, che ordinava l’espulsione degli ebrei (e dei cristiani) dalla penisola araba: “due fedi non vivranno insieme nella terra degli arabi”.

Questa eliminazione fisica è stata accompagnata da una crescente rottura dell’Islam con le sue origini ebraiche. La direzione della preghiera è stata cambiata da Gerusalemme allaMecca, il sabato sostituito dal venerdì come giorno sacro del riposo, il minareto ha sostituito le trombe ebraiche (e le campane cristiane) come richiamo per la preghiera, e il Ramadan è stato designato come mese del digiuno. Inoltre, riflettendo l’indignazione di Maometto per il rifiuto del suo messaggio religioso da parte della comunità ebraica contemporanea, sia il Corano sia le successive biografie del profeta abbondano di raffigurazioni negative degli ebrei. In queste opere vengono rappresentati come un popolo ingannevole, traditori che nel loro desiderio insaziabile di dominio potrebbero facilmente raggirare un alleato e truffare un non-ebreo. Gli ebrei hanno manomesso le Sacre Scritture, disprezzato il messaggio divino di Allah, e perseguitato il suo messaggero Maometto proprio come avevano fatto con i profeti precedenti, tra cui Gesù di Nazareth. Per questa malvagità, essi saranno soggetti a una serie di punizioni, sia nella vita dopo la morte, quando bruceranno all’inferno, e qui sulla terra dove sono stati giustamente condannati ad un’esistenza di miseria e umiliazione.

Come suggerisce questa sintesi, i tratti associati agli ebrei producono una miscela paradossale: sono prepotenti e deboli, arroganti e vili. “Non ho mai visto la maledizione pronunciata contro i figli di Israele più pienamente esercitata che in Oriente”, scriveva un viaggiatore occidentale dell’Impero Ottomano all’inizio del XIX secolo, “dove sono considerati come a metà tra uomini e animali”.

La convergenza tra l’antisionismo arabo-musulmano e l’antisemitismo classico europeo conosce un nuovo sviluppo durante gli anni Trenta con l’ascesa dei Fratelli Musulmani in Egitto, così come nell’alleanza de facto tra il nazismo tedesco e Haj Amin el-Husseini, leader indiscusso del nazionalismo arabo palestinese. L’antisemitismo è stato un importante, addirittura un vitale, cemento di tali alleanze ideologiche e politiche. Non è stato un caso che nel corso degli anni Cinquanta, nell’Egitto di Nasser, un certo numero di consiglieri nazisti sulla “questione ebraica” trovasse non soltanto un rifugio dalla giustizia, ma contribuisse a organizzare una grande campagna di propaganda “antisionista” che raggiunse l’Europa, l’Africa, l’Asia, l’America Latina e il Medio Oriente. L’ipotesi antisemita comune dietro questo massiccio programma di indottrinamento condotto dall’ Egitto era che Israele, il sionismo e gli ebrei rappresentassero un’unica radice velenosa e mortale all’interno di un piano ebraico di dominio del mondo. I rami di questa “mafia mondiale” presumibilmente si estendevano da Gerusalemme e New York agli angoli più remoti della terra.

La guerra dei Sei Giorni del 1967 e la caduta di Gerusalemme Est nelle mani di Israele hanno esacerbato ulteriormente la militanza islamista del vecchio-nuovo antisemitismo anti- sionismo.

I biasimi coranici contro i “traditori e perfidi giudei” erano ormai ampiamente citati, trattati polemici medievali contro l’ebraismo e gli ebrei erano portati nuovamente alla luce; mentre gli scritti antisemiti di autori come Sayyid Qutb (giustiziato dal regime di Nasser nel 1966),l’ideologo dei Fratelli musulmani egiziani, erano ampiamente diffusi. La débâcle del 1967 degli Stati arabi con la congiunta umiliazione nazionale, la perdita dell’onore arabo e l’occupazione da parte di Israele di ciò che era ritenuta essere “terra islamica”, hanno affilato e intensificato la demonologia del sionismo preesistente. Sempre più spesso, lo Stato ebraico è stato visto come un reincarnazione del ventesimo secolo dell’astuto e insidioso“spirito del giudaismo”.

Anche il presidente egiziano Sadat,l’uomo che sarebbe andato più lontano di qualsiasi altro leader del Medio Orientale nell’accettazione dell’esistenza di uno Stato ebraico sovrano, ricordavaal suo popolo nell’aprile del 1972 perché gli ebrei erano stati schiacciati e perché il loro potere era ancora da temere:“Erano i vicini di casa del Profeta a Medina. Essi erano i suoi vicini di casa, e ha negoziato con loro e hanno raggiunto un accordo. Ma alla fine hanno dimostrato che essi erano uomini di inganno e di tradimento, in quanto hanno concluso un trattato con i suoi nemici, in modo da colpirlo a Medina e attaccarlo dall’interno…Sono un popolo di traditori e bugiardi, di orditori di trame, un popolo nato per atti di tradimento”.

La rivoluzione di Khomeini nell’Iran sciita nel 1979 ha aggiunto un elemento ancora più radicale a questo antisemitismo teologico-politico. Il “Khomeinismo”ha combinato un orrore specificamente sciita degli ebrei come ritualmente “impuri” (najas) con l’ostilità religiosa islamica in quanto antichi nemici dell’Islam. Ciò si sovrapponeva ad una demonizzazione dell’inesistente “cospirazione satanica” tra Stati Uniti e Israele per distruggere l’Iran. Da Khomeini a Ahmadinejad, fino ad Ali Khamenei, l’antisionismo islamico iraniano (in cui gli Stati Uniti sono il “grande satana” e Israele figura come il “piccolo Satana”) continua ad attribuire tutti i mali del mondo ad una sconfinata ambiguità ebraica e ad un desiderio sionista incessante di“dominio globale.”

Questa ideologia antisemita e anti-sionista motiva non solo l’Iran, ma anche la formazione sciita libanese Hezbollah e la musulmana sunnita Hamas (un ramo della Fratellanza Musulmana egiziana) a Gaza. È importante notare che né l’Iran, né Hezbollah né Hamas si sottraggono alla richiesta genocida di una distruzione totale dello Stato di Israele. Non è certo un caso che queste formazioni che negano con insistenza che l’Olocausto nazista sia mai accaduto, siano le stesse che esigono l’eliminazione fisica di Israele.

Per quanto concerne il contesto palestinese, sia Fatah che Hamas hanno pienamente abbracciato tale negazionismo radicale e il suo programma. Nell’accordo originale per la fondazione dell’OLP nel 1964, così come nelle sue edizioni successive, tutto il sionismo è considerato un “movimento illegale”, la Dichiarazione Balfour è considerata“nulla”, e viene categoricamente negato qualsiasi legame storico tra il popolo ebraico e la terra di Israele. Non c’è da stupirsi che il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton sia rimasto profondamente frustrato per la totale intransigenza del leader dell’OLP Yasser Arafat nell’estate del 2000 durante il negoziati con il premier israeliano Ehud Barak. L’errore di Clinton è stato quello di presumere che la “questione palestinese”riguardasse in ultima analisi il territorio e non l’esistenza stessa di Israele, come stato ebraico sovrano in Medio Oriente. Il doppio linguaggio di Arafat ha senza dubbio reso molto più facile tale auto-inganno occidentale circa le intenzioni palestinesi.

Questo livello di dissimulazione in una certa misura è cambiato. Il controllo draconiano di Gaza da parte di Hamas dal 2006, la subordinazione del nazionalismo palestinese alla fede islamica militante, il suo incitamento palesemente antisemita, rendono tali pretesti futili. Come ha detto uno storico israeliano senza mezzi termini, per Hamas, “la distruzione dello Stato ebraico è il comando di Allah”.

È certamente significativo che arabi e musulmani giudeofobi – malgrado il loro odio per l’Occidente –abbiano scelto di annettere i simboli e le espressioni dell’antisemitismo europeo senza alcuna esitazione,tra cui la negazione dell’Olocausto, come parte integrante della loro guerra contro Israele. Si riscontra una disponibilità crescente tra i musulmani a credere, per esempio, che gli ebrei abbiano consapevolmente inventato la “menzogna Auschwitz”, la “bufala” del proprio sterminio, come parte di un piano diabolico per sopraffare l’Islam e dominare il mondo. In questo surreale, scenario machiavellico, l’archetipo del “satanico ebreo” – autore e destinatario del più grande “mito” del 20° secolo – raggiunge una vera e propria apoteosi.

Uno dei motivi di attrazione della negazione dell’Olocausto per gli arabi antisemiti risiede nel fatto che interpretano la negazione della Shoah come una sfida radicale ai fondamenti morali dello Stato ebraico. Leader e intellettuali arabi e palestinesi sono stati particolarmente attivi nel promuovere questo sforzo. Così, il leader palestinese Hamas Khalid Mashaal su Al-Jazeera TV (16 luglio 2007) ha voluto “far capire all’Occidente e al popolo tedesco che venivano ricattati” a causa di ciò che il nazismo aveva fatto ai sionisti. Per Mashaal, era evidente che ciò che Israele aveva fatto al popolo palestinese era molto peggio di quello che il nazismo aveva fatto agli ebrei. Questa convinzione era condivisa anche da Mahmoud Abbas (meglio noto come Abu Mazen), l’architetto degli accordi di pace di Oslo, a capo dell’Autorità palestinese, che abbracciò la negazione dell’Olocausto più di trentacinque anni fa. Infatti,scrisse un saggio tratto dalla sua tesi di dottorato, discussa a Mosca nel 1982, sui Rapporti segreti tra il Nazismo e il Movimento Sionista. Facendo riferimento al negazionista Faurisson, affermava che la cifra di sei milioni di morti nella Shoah era falsa, poiché gli ebrei morti nei lager erano meno di un milione.

In Iran, la negazione dell’Olocausto si è diffusa a partire dai primi anni Ottanta, a fianco delle caricature nazistedell’ebreo “talmudico”, la promozione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, e gli appelli ripetuti per sradicare il“cancro” sionista dal pianeta. Questa escalation è stata un passo logico per il radicalismo in stile Khomeini che, dal 1979, ha completamente demonizzato il sionismo come nemico del genere umano. Quindi, non sorprende che la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, abbia potuto annunciare al suo popolo che: “ci sono prove che dimostrano che i sionisti avevano stretti rapporti con i nazisti tedeschi e esageravano le statistiche sugli omicidi degli ebrei. Ci sono anche le prove che un gran numero di teppisti non ebrei e teppisti dell’Europa orientale sono stati costretti a emigrare in Palestina come ebrei (…) installare nel cuore del mondo islamico uno Stato anti-islamico con il pretesto di sostenere le vittime del razzismo”.

Il presidente iraniano Ahmadinejad ha definito nel 2005 la Shoah un mito e
“una spregevole propaganda sionista”. Molti giornalisti iraniani, prendendo spunto da queste affermazioni sconsiderate, hanno ripetuto fino alla nausea che la “lobby sionista” usava l’Olocausto. Nel dicembre del 2006, l’Iran ha ospitato una conferenza molto pubblicizzata accogliendo i più noti negazionisti. Il Ministro degli Esteri, Manouchehr Mottaki, aprì i lavori affermando che, “se la versione ufficiale dell’Olocausto è messa in dubbio, allora l’identità e la natura di Israele saranno messi in dubbio.” I partecipanti hanno in effetti messo in dubbio il fatto storico della Shoah. Il punto su cui convenivano tutti i partecipanti era che l’Olocausto era stato grossolanamente manipolato per servire gli interessi finanziari e politici di Israele. La conferenza di Teheran può essere vista come esempio di una politica antisemita.

Nel caso iraniano, la negazione della Shoah è apertamente legata all’estremo antisionismo, ad un letale antisemitismo, e alla sponsorizzazione del terrorismo globale, guidato dal culto della jihad islamica, che cerca senza sosta l’eliminazione del “tumore chiamato Israele”.

Il collegamento più noto tra negazionisti occidentali e mondo arabo si è creato in risposta al processo contro Roger Garaudy nel 1998 in Francia. È importante ricordare che in Francia vige dal 13 luglio del 1990 la Legge Gassot che con un emendamento, l’articolo 24bis alla legge del 1881 sulla libertà di stampa, rende perseguibile chiunque contesti “l’esistenza di uno o più crimini contro l’umanità” così come definiti dall’articolo 6 del tribunale di Norimberga.

Garaudy, ex comunista convertitosi al cattolicesimo ed in seguito all’islam, nel novembre del 1995 pubblicò per la casa editrice la Vieille Taupe un pamphlet intitolato Les mythes Fondateurs de la Politique Israélienne, in cui sosteneva che lo Stato d’Israele, con la connivenza delle potenze occidentali e sovietiche interessate a distogliere l’attenzione dai propri crimini di guerra, avrebbe sfruttato il “mito dell’Olocausto” per legittimare la propria politica espansionistica agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. A corredare l’accusa, l’insinuazione che i miti fondativi di cui al titolo fossero delle costruzioni fittizie. Di qui l’accenno alla possibilità che gli ebrei non fossero stati sistematicamente uccisi nei lager, e che le camere a gas fossero un’invenzione della propaganda sionista. Garaudy scriveva che “l’unica soluzione finale consisteva, dunque, nello svuotare l’Europa dagli ebrei, allontanandoli sempre più, fino a che la guerra (supponendone la vittoria) avesse permesso di sistemarli tutti in un ghetto fuori dall’Europa (come suggeriva il progetto Madagascar). Questo Shoah Business non utilizza che “le testimonianze” sulle diverse maniere di “gassare” le vittime, senza che mai ci vengano mostrate le modalità di funzionamento di una sola “camera a gas” (di cui Leuchter ha dimostrato l’impossibilità fisica e chimica)”. Da notare che la frase camere a gas nelle pagine del lavoro di Garaudy è sempre virgolettata, in modo da sottolinearne la caratteristica di falsità.

Garaudy fu processato e condannato ad una multa di 120.000 franchi. Nel corso del processo, fu venerato come eroe e ricevette una vasta attenzione mediatica in Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Iran, Siria, Libano, Giordania, e territori palestinesi.

L’affaire Garaudy ha evidenziato la vitalità della negazione antisemita e antisionista dell’Olocausto in Iran e nel mondo arabo. Le traduzioni delle opere di Garaudy in arabo sono diventate best-seller in molti paesi del Medio Oriente, anche se in Francia è stato condannato per incitamento all’odio razziale. Il cemento ideologico dietro l’effusione di solidarietà verso Garaudy è stato un antisemitismo che ha definitivamente bollato l’Olocausto come una cospirazione ebraica e una diabolica “invenzione sionista”. Quindi,la reazione favorevole alle tesi di Garaudy da parte di giornali e politici arabi,come lo sceicco Muhammad al-Tantawi, leader politici libanesi, come il defunto presidente Rafiq Hariri, o noti intellettuali come Mohammed Hassanin Haikal, acquisisce una diversa dimensione.

Dal 1990, la negazione dell’Olocausto è diventata un fenomeno molto più ampio e diffuso in tutto il Medio Oriente. Dal 2000, si riscontra un aumento del numero di funzionari palestinesi, di Hamas e Hezbollah,iraniani e siriani, che fanno pubblicamente dichiarazioni negazioniste dell’Olocausto. Nei media egiziani, giordani e sauditi, dove l’antisemitismo è stato a lungo dilagante, la retorica negazionista relativa allo sterminio degli ebrei europei è diventata un tema molto comune. Ciòè importante per la nostra analisi, perché la negazione dell’Olocausto è particolarmente insidiosa e rappresenta una forma di incitamento all’odio antiebraico. Questo è il motivo per cui i negazionisti sono stati chiamati “assassini della memoria”, fanatici impegnati in un nuovo tipo di genocidio simbolico del popolo ebraico. Dove le folle una volta gridavano“morte agli ebrei,”ora è come se i negazionisti proclamassero cinicamente che “gli ebrei non sono mai morti”.

Più di recente i palestinesi e i loro sostenitori hanno ampliato la campagna di delegittimazione attraverso una negazione totale della storia ebraica e del legame tra ebrei e terra di Sion. I nemici di Israele cercano sempre più di minare le radici della storia, della religione, della memoria culturale e nazionale, e dell’identità ebraica ponendo un accento particolare sull’univoco carattere arabo di Gerusalemme. Già a Camp David nel 2000, il leader palestinese Yasser Arafat ha insistentemente negato che gli ebrei avessero costruito il primo e il secondo Tempio a Gerusalemme. Allo stesso modo, l’allora muftì di Gerusalemme Ikrama Sabri, nel 2001, ha dichiarato pubblicamente che il Muro del Pianto nella Città Santa non aveva alcun collegamento con il passato ebraico ed era semplicemente una truffaorganizzata da ebrei “ingannatori” per imbrogliare i musulmani e l’intero mondo gentile. Da allora, vi è stato uno sforzo sistematico per distruggere eventuali tracce materiali o resti archeologici dell’antica presenza ebraica a Gerusalemme, all’interno di una più ampia strategia di delegittimazione di Israele.

Il fatto che i Templi di Gerusalemme siano menzionati non meno di 534 volte nella Bibbia ebraica e ben 70 volte nel Nuovo Testamento, non scoraggia,naturalmente, coloro che nutrono sentimenti antiebraici e anti-israeliani. Il negazionismo palestinese ha comunque trovato un terreno fertile, che attinge ai miti nazionali arabi, al fanatismo islamico e alle radicate correnti anti-ebraiche presenti nella teologia cristiana. Ancora una volta, l’antisemitismo e l’antisionismo convergono facilmente nel loro obiettivo comune – smantellare lo Stato ebraico e restituire il popolo di Israele a una condizione di esilio e impotenza– quella di “ebrei erranti” in balia dei loro aspiranti persecutori.

Data la profondità del sentimento anti-ebraico nel mondo arabo, non sorprende chealcuni dei temi più bizzarri dell’antisemitismo europeo abbiano toccato delle corde sensibili quando si sono diffusi nel corso dei secoli in Medio Oriente.

Per questa ragione, la concezione biblica del popolo eletto è soggetta a particolare scherno: Anis Mansur la qualifica come “la quintessenza del giudaismo degli ebrei…padroni dell’Universo- dei suoi popoli, delle terre e delle cieli…ai quali tutti gli altri popoli sono servi, immeritevoli della fede nel Dio ebraico”. Secondo questa dottrina, è attribuita agli ebrei la licenza di maltrattare i non ebrei, facendo esplicito riferimento all’accusa del sangue, la calunnia antisemita di età medievale secondo cui gli ebrei userebbero il sangue dei gentili, e in particolare il sangue dei bambini cristiani, a scopo rituale. Importata nell’Impero Ottomano dai cristiani nel Quattrocento, questa menzogna ha acquisito uno status mitico, raggiungendo un picco di popolarità nel XIX secolo.L’accusa del sangue è stata rapidamente interiorizzata dall’immaginario musulmano, dove ha messo salde radici.

Il tema antisemita di maggior successo importato nel mondo arabo è sicuramente quello che fa riferimento alla teoria di un complotto ebraico organizzato per ottenere il dominio del mondo, come viene enunciato nel famigerato libro I Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Questo libro di virulento antisemitismo, fabbricato dalla polizia segreta russa a cavallo del ventesimo secolo,fece la sua comparsa in Europa occidentale durante e subito dopo la prima guerra mondiale. Già nel 1918, a Chaim Weizmann, in viaggio in Palestina con la Commissione Sionista, si presentarono alcuni interlocutori arabi con le copie del Protocolli. Tradotto in arabo a metà degli anni Venti, il libro ha mantenuto il suo fascino popolare fino ad oggi, pubblicato in numerose edizioni e in diverse traduzioni, tra cui una per il fratello del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser (Nasser stesso consigliò l’opuscolo come utile guida per capire la‘mente ebraica’, come avrebbero fatto il suo successore Anwar Sadat, il re Faisal dell’Arabia Saudita e Muammar Gheddafi, tra i tanti).

Come per l’accusa del sangue, la popolarità stupefacente dei Protocolli è direttamente correlata al disprezzo millenario verso gli ebrei in quanto infidi e traditori. Secondo un filone di pensiero arabo-musulmano in materia, ciò che si cela dietro il concetto della supremazia del popolo eletto è, infatti, un perverso complesso di inferiorità che risale ai tempi biblici. Quando gli antichi regni ebraici furono distrutti, questo complesso di inferiorità fu trasformato in una volontà di occupare le terre confinanti per ottenere un controllo finanziario, economico, e politico dovunque gli ebrei avessero vissuto. Il sionismo è considerato una risposta a questo impulso –la volontà di occupare le terre straniere, assoggettandone le popolazioni, giustificandosi con le promosse bibliche.

Quando, inoltre, i sionisti sono riusciti a sfruttare il sostegno internazionale per la loro impresa – nella forma della Dichiarazione Balfour e con l’approvazione delle sue promesse da parte della Società delle Nazioni – hanno utilizzato (così viene esplicitato l’argomento) gli stessi metodi ripugnanti usati contro il profeta Maometto.

Durante gli anni Venti e Trenta, le percezioni tradizionali islamiche si fusero con i temi articolati nei Protocolli per creare una versione decisamente mediorientale della teoria di un complotto ebraico finalizzato a dominare il mondo.

Le teorie della cospirazione anti-israeliane e antisemite,cresciute nel mondo arabo e musulmano dopo l’11 settembre, non sono dunque nuove. Rivelano una miscela altamente infiammabile di anti-occidentalismo, fanatismo ideologico, odio, e irrazionalità che sta alla base di un filone significativo del pensiero musulmano contemporaneo. L’atteggiamento verso gli ebrei, in particolare, con il suo linguaggio veemente e l’accento sulle “soluzioni radicali”è inquietante dato che ricorda gli anni Trenta e Quaranta della storia europea. Gli stereotipi antisemiti sono frequenti in Giordania e in Egitto, che hanno sottoscritto trattati di pace con Israele, ma anche in Siria,nei territori soggetti all’Autorità Palestinese, in Arabia Saudita, o in altri Stati del Golfo. Gli esempi abbondano e potrebbero essere moltiplicati fino alla nausea.

Una caratteristica centrale dell’antisemitismo arabo è stato e rimane il rifiuto categorico di accettare il diritto di Israele ad esistere e la sua legittimità morale. Questa premessa fondamentale è stata aggravata da un’educazione inesorabilmente diretta verso l’odio per Israele e per gli ebrei. In questa propaganda, Israele è il capro espiatorio per la continua incapacità araba di raggiungere l’unità politica, lo sviluppo economico, o altri obiettivi nazionali. La frustrazione per la mancata modernizzazione ha portato ad uno spostamento di rabbia verso gli ebrei e lo Stato ebraico come “agente dell’imperialismo occidentale, della globalizzazione, e di una cultura modernista invasiva nella regione”.

Gli israeliani sono semplicemente una accozzaglia di senza radici, ebrei nomadi che illegalmente hanno usurpato una terra che non era propria al fine di creare uno Stato “nazificato” sulla base di sogni di dominazione del mondo come stabilito nei Protocolli. Israele è un’entità “artificiale” e uno Stato malvagio, che sfrutta la religione giudaica “imperialista” e il suo concetto di “popolo eletto” per strappare sempre più terra araba;è simile alla diffusione di un cancro che deve essere rimosso chirurgicamente.

L’antisemitismo arabo e musulmano ha sempre avuto un caratteristica politica molto forte che deriva dalla intensità del conflitto arabo-israeliano. Ma la dimensione territoriale del conflitto israelo-palestinese non deve farci dimenticare il fatto che l’antisemitismo ha una dinamica autonoma. Sussiste una distintiva struttura sottostante l’ideologia antisemita arabo-musulmana, al di làdelle circostanze politiche immediate, della propaganda dei governi, del conflitto territoriale con Israele e dell’uso strumentale di stereotipi e simboli anti-ebraici importati dall’Occidente.

Il risentimento storico contro il colonialismo e l’imperialismo occidentale, così come l’amarezza provocata dalla sconfitte consecutive per mano degli israeliani, hanno notevolmente peggiorato il contesto culturale e politico;le teorie del complotto che postulano un “sionismo internazionale” bloccato in un’eterna inimicizia verso la nazione araba sono sempre più diffuse tra i nazionalisti arabi come nei circoli fondamentalisti. I nazionalisti pan-arabi, già prima del 1967, consideravano l’esistenza e il consolidamento di Israele come una “sfida di civiltà”, un sintomo patologico della debolezza degli arabi e della loro arretratezza. Quello che era particolarmente incomprensibile era che la precedenza impotenza e debolezza ebraica avessero lasciato il posto ad uno Stato ebraico indipendente in grado di sconfiggere diversi eserciti arabi sul campo di battaglia. Si può forse meglio spiegare la peculiare rabbia emotiva dietro l’antisemitismo arabo-musulmano come un tentativo di deviare i traumi irrisolti inflitti sulla psiche araba dal valore militare e tecnologico di Israele.

La guerra dei Sei Giorni ha intensificato notevolmente la demonologia del sionismo e degli ebrei, soprattutto tra i fondamentalisti islamici. Vi era un profondo senso di umiliazione per la perdita di terra islamica nel 1967 e la conquista di Gerusalemme da parte degli israeliani; non a caso, i fondamentalisti ora considerano il conflitto nei termini di una lotta tra l’Islam e gli ebrei-una battaglia di cultura, di civiltà e di religione. Le vittorie israeliane sono diventate per loro un sintomo del malessere dell’Islam e del suo degrado, della sua incapacità di recuperare le fonti religiose della sua gloria passata e superare le sfide poste da una“decadente”, anche se apparentemente potente, modernità occidentale.

Un rifiuto radicale di tutte le caratteristiche occidentali e la convinzione che solo l’Islam sia la soluzione si sono uniti ad una visione di Israele come nemico e minaccia mortale. La paura esistenziale che sta dietro gran parte dell’antisemitismo islamico e arabo ricorda il paradigma nazista dell’odio antiebraico e lo fa sembrare particolarmente dinamico, volatile e persino genocidiario nelle sue implicazioni.

Israele e gli ebrei sono percepiti non solo come una minaccia militare, politica, e economica per gli arabi e l’Islam, sono anche un simbolo di tutte le fobie provocate dal secolarismo e dai“veleni” della cultura occidentale-pornografia, AIDS, prostituzione, musica rock, Hollywood, il consumismo di massa, la criminalità, la droga e l’alcolismo.

Una delle caratteristiche più evidenti del contemporaneo antisemitismo arabo-islamico è la staticità dei suoi stereotipi. Gli ebrei sono costantemente denigrati come irrimediabilmente malvagi, corrotti, immorali, intriganti, ingannevoli, creature avide, vilipesi come razzisti, colonialisti e fascisti,“vampiri” che succhiano sangue arabo.

In conclusione, è possibile affermare che rimangono ancora drammaticamente attuali le parole del compianto Robert Wistrich nel saggio Antisemitism: The Longest Hatred: “un’ideologia araba anti-ebraica si è cristallizzata e ha acquisito un proprio slancio nel corso degli ultimi decenni, uno slancio che ha distorto l’immagine dell’Ebreo in modalità storicamente senza precedenti per il mondo islamico”.

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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio ott 18, 2018 7:33 am

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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » dom ott 21, 2018 7:46 am

Esiste una fortissima ostilità contro Israele, causata da una fortissima propaganda fatta di odio e disinformazione che si concretizza in un vero e proprio lavaggio del cervello di massa per indurre la gente ad odiare Israele e stare dalla parte dei terroristi palestinesi.


Premessa: questo articolo è volutamente riassuntivo e tratta di un tema già noto agli addetti ai lavori.

http://veromedioriente.altervista.org/s ... sraele.htm

Esiste una fortissima ostilità contro Israele, causata da una fortissima propaganda fatta di odio e disinformazione che si concretizza in un vero e proprio lavaggio del cervello di massa per indurre la gente ad odiare Israele e stare dalla parte dei terroristi palestinesi.

Per la questione della disinformazione e della manipolazione delle persone, si rimanda in altre sedi visto che anni ed anni di propaganda hanno creato una vasta letteratura disinformativa che richiede un'altrettanta vasta letteratura di risposta per essere smontata.
Quello che interessa a noi è chi sono i principali attori di questa propaganda disinformativa: sono 4 e sono gli estremisti islamici, gli antisemiti, l'estrema destra.....e la sinistra. Di questi quattro attori, ce ne è uno che ha molto più potere di loro in Europa ed in Italia, ed è la sinistra. Essa è capace di convincere facilmente grandi masse, di piegare alla propria ideologia molti media influenti, e quindi con la falsa informazione crea l'opinione. Perfino il campo dell'attivismo ne viene fortemente influenzato.

In Italia questo meccanismo è estremamente forte e la sinistra ha creato di fatto l'opinione su Israele, sui Palestinesi e su cosa sta accadendo in quelle zone. Ed ovviamente ha praticamente imposto la parte con cui stare.

È inutile dire che ha avuto grande successo, le persone sono facilmente manipolabili su questi argomenti e credono quello che viene detto loro di credere, soprattutto se si hanno i mezzi della sinistra.

Siccome la disinformazione e l'odio cieco contro Israele da parte della sinistra sono noti, quello che a noi interessa spiegare è perché la sinistra ha scelto di odiare Israele, di fare propaganda disinformativa nei suoi confronti e di stare di fatto dalla parte dei terroristi palestinesi che sostiene senza vergogna spacciandoli per "popolo palestinese".

Oltre una presenza millenaria degli ebrei in Palestina, nell'800 incominciarono ad arrivare gli ebrei dall'Europa fuggendo dalle persecuzioni zariste e dai pogrom e "quella Terra" si trasformò, fondarono Petah Tikva nel 1878, Rishon le Zion nel 1882, Rehovot nel 1880 e incominciarono a sviluppare la terra, a lavorare la sabbia sassosa del deserto israeliano che all'epoca copriva tutto il Paese. Questa nuova situazione e la creazione di posti di lavoro portò verso Sion gli arabi egiziani, siriani e di tutto il circondario pronti ad accettare il lavoro che gli ebrei offrivano .

Fino al 1948 quando fu fondato Israele con i voti delle Nazioni Unite, tutto il mondo occidentale riconosceva gli ebrei come legittimi abitanti di Israele, tutto il mondo occidentale sapeva che da quella Terra gli ebrei furono ingiustamente scacciati e che da 2000 anni ad ogni fine di festività ebraica il Popolo gridava "L'anno prossimo a Gerusalemme".

Il mondo occidentale sapeva anche che fino al 1948 , quando cambiarono il nome in israeliani, gli ebrei erano i veri palestinesi, riconosciuti come tali.

Solo nel 1967, quando gli ebrei liberarono Gerusalemme e i territori ebraici (Giudea e Samaria) occupati dalla Giordania per 20 anni, gli arabi si rassegnarono al fatto che non potevano vincere Israele con una guerra diretta ed adottarono una nuova tattica guidata da Arafat, quella di inventare il popolo palestinese da usare come arma contro Israele, prima di allora inesistente.

Nessuno sopportò la vittoria israeliana sui paesi arabi e il risultato fu che nel 1967 il mondo dimenticò tutto quello che aveva conosciuto e riconosciuto per secoli, la Storia fu rinnegata e ne riscrissero una nuova con un popolo inventato e " martire" e un altro descritto come occupante, assassino, discendente dei nazisti.

Si, Il mondo dimenticò tutto, si assoggettò ad Arafat, si vendette agli arabi, ondate di violenza antiebraica scossero tutta Europa, quello che rimase inalterato fu l'odio ancestrale che sentiva per l'ebreo e ne fece ancora una volta il capro espiatorio dei suoi umori.

La grande menzogna divenne storia, politici e intellettuali si fecero comprare, imbrogliare, lavare il cervello dalla propaganda araba, i pacifisti, sempre violenti e pieni di odio antiebraico, divennero eroi, i terroristi divennero martiri, gli assassini furono ricevuti dai grandi del mondo come capi di stato.

Incominciò così il periodo più terribile per Israele, incominciarono gli anni del TERRORE. Ebbe inizio l'incubo del terrorismo quotidiano, 10, 20 attentati al giorno per le strade di Israele, cinema. pizzerie, ristoranti, autobus saltavano per aria portando con se civili israeliani, bambini, donne, famiglie intere che morivano tra le fiamme colpiti da migliaia di pallini di acciaio con cui i terroristi riempivano le loro bombe.

Nessuno in Israele può dire di non avere un parente o un amico morto a causa del terrore palestinese. Nessuno.

Il mondo ha distolto lo sguardo dalle sinagoghe brucianti di Gaza, dalle pizzerie di Haifa e dai banchetti nuziali di Netanya sventrati dagli shahid e dai mullah che considerano gli ebrei armenti da olocausto. Non ha voluto leggerle le piccole grandi storie degli ebrei uccisi perché ebrei. Non hanno visto che l’embrione statuale palestinese è stato trasformato nel retroterra di faide, fltne e lanci di missili sugli asili nido di Sderot.

E la sinistra?

La nascita dello Stato di Israele fu salutata dalla sinistra europea (l'allora URSS votò a favore alla società delle Nazioni) come una "doverosa presenza di una democrazia in un mare di nazioni dominate da un tribalismo medioevale". Ricordo, qualora fosse necessario, lo spirito genuinamente socialista e collettivista che attraversò almeno i primi due decenni della società israeliana. Insomma c'erano tutte le premesse per una duratura luna di miele.

Pier Paolo Pasolini, su Nuovi argomenti del giugno 1967 paragonava l’invasione nazista dell’Italia all’invasione araba del nascente stato ebraico. “Nel Lago di Tiberiade e sulle rive del Mar Morto ho passato ore simili soltanto a quelle del 1944 ho capito, per mimesi, cos’è il terrore dell’essere massacrati in massa. Ma ho capito anche che gli israeliani non si erano affatto arresi a tale destino”.

L'idillio si è interrotto allorché nella sinistra è apparso un forte sentimento anti-americano (erano gli anni della guerra in Vietnam) e, la resistenza e la conseguente vittoria israeliana della "Guerra dei sei giorni" del 1967, cui tutti assistemmo con trepidante preoccupazione anche a sinistra, e ci svelò un Israele forte come una superpotenza. Per la sinistra sembrava quasi intollerabile stare dalla parte del più forte anche se Israele doveva fronteggiare l'odio di feroci eserciti che volevano distruggerlo.

Tanto più che nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni l’Unione Sovietica, tanto amata dalla sinistra, ruppe i rapporti diplomatici con Israele e si schierò definitivamente con gli Stati arabi.

I palestinesi - termine che fino ad allora non aveva una connotazione "nazionale" ma designava gli abitanti arabi al di qua del fiume Giordano, frutto di una spartizione britannica sbrigativa e insolente -, fino allora residenti in quella terra che avevano conteso e perduto a seguito della guerra, si rifugiarono presso gli stati arabi confinanti (e furono organizzati dagli Stati perdenti come una nuova arma da usare contro Israele).

E volete a questo punto che la sinistra non accolga e faccia proprie le "istanze" di un popolo "allontanato" dalla sua terra? E se c'è persino un nascente movimento pronto a coagulare a sé una specie di Risorgimento arabo contro l'aggressore, la sinistra non è invitata a nozze?

A questo aggiungiamoci la sempiterna amicizia americana per Israele tanto odiata dai comunisti dell'epoca, e abbiamo tutti gli elementi. Elementi il cui pregiudizio non è cessato fino adesso.

Da noi la questione palestinese è stata per decenni il cavallo di battaglia di una sinistra pretestuosamente anti israeliana. E di una stampa devotamente allineata. Vittima di una sorta di complesso pavloviano la nostra stampa persevera nelle vecchie abitudini.

La manifestazione più grave di questo cronico riflesso condizionato è l'incapacità, talvolta, di distinguere la causa palestinese da quella di Hamas ritrovandosi così al servizio della propaganda fondamentalista. A differenza dei giornali stranieri molte testate nostrane continuano a raccontarci un'inesistente guerra di Israele ai palestinesi anziché lo scontro con una fazione che ha fatto del terrorismo la sua principale arma. Una fazione che ha attuato violenze di ogni tipo contro il popolo palestinese e contro i civili ebrei.

Ogni volta che i terroristi attaccano Israele costringendolo a rispondere per difendersi, la sinistra italiana, quasi tutta, parlo di quella politica, di quella mediatica e di quella delle persone comuni, non riesce a liberarsi di preconcetti, pregiudizi, terzomondismo di maniera e ottusità nell'analizzare e commentare la guerra in atto fra Israele e la sanguinaria organizzazione terroristica di Hamas

Dopo i crolli dei muri e di un sistema politico che esiste e persiste, nel suo aspetto più deteriore, esclusivamente, in Corea del Nord, la sinistra, orfana di riferimenti ideologici, spiazzata dall'attivismo dei movimenti, impreparata a cogliere e governare le mutazioni economiche e sociali, che la globalità produce, incapace di intercettare le nuove istanze e problematiche dei cittadini, cerca ancora di più rifugio e consenso con un abbraccio mortale con i presunti oppressi : I palestinesi, ovverosia con l'organizzazione terroristica di Hamas, non essendo, neanche in grado, di distinguere gli uni dagli altri ( totale ignoranza della storia mediorientale, Hamas sono dei criminali che schiavizzano ed opprimono i palestinesi).

Si sono bevute tutte le bufale contro Israele, in un delirio crescente di omissioni, falsità e immoralità. La sinistra, ogni qual volta ci sia di mezzo Israele, perde lucidità e razionalità, con una buona dose di malafede e nel tentativo, maldestro, di cercare di far credere di stare dalla parte giusta, che giusta non è.......!!!

PS: nel libro di Valentino Baldacci " 1967. Comunisti e socialisti di fronte alla guerra dei Sei giorni ", è documento quello che accadde in quel momento alla sinistra italiana, riportiamo qui di seguito una beve presentazione tratta da La Stampa.

Lo strappo dell’Unità, le accuse di Rinascita e il cambiamento di posizione dell’Espresso ma anche le risposte dell’Avanti! e i dubbi di Mondo Operaio: Valentino Baldacci descrive Comunisti e socialisti davanti alla guerra dei Sei Giorni in uno studio di 638 pagine che ricostruisce la svolta della sinistra italiana che davanti al conflitto del 1967 si lacerò su Israele a causa dell’influenza dell’Urss sul Pci.
Il valore del libro sta nella mole di documenti raccolti, non solo sui giornali ma sui leader politici, da Giancarlo Pajetta a Enrico Berlinguer, che consentono di rivivere un terremoto di posizioni che cambiò l’identità della sinistra italiana. Protagonista e erede della resistenza antifascista che si era battuta contro le persecuzioni degli ebrei e per la nascita di Israele, il Pci voltò le spalle allo Stato ebraico facendo proprie le posizioni dell’Urss che nel 1967 sposò il rifiuto totale dei Paesi arabi nei confronti di Israele.
Il leader socialista Pietro Nenni e l’Avanti!, con gli articoli di Aldo Garosci, si opposero alla svolta filo-Urss in Medio Oriente del Pci, mostrando però incertezze e venature - a cominciare dalle pagine di Mondo Operaio - che vent’anni più tardi avrebbero portato Bettino Craxi a convergere con il Partito Comunista.

Lo strappo avvenne facendo debuttare in Italia, in maniera quasi istantanea, le tesi sovietiche su «razzismo», «espansionismo» e «imperialismo» del sionismo per delegittimare le fondamenta dell’esistenza di Israele, occidentale e dunque nemico.

Perché l'ideologia di sinistra è errata ed immorale

Premessa: tratto da qui

Nell'anti-israelismo e nell'antisionismo c'è spesso una base tradizionalmente antisemita, questo è chiaro. Israele non è solo lo stato degli ebrei, è l'ebreo degli stati e viene trattato come gli ebrei venivano trattati durante l'esilio: ghettizzato, discriminato, boicottato, sospettato di crimini ridicoli e spesso infamanti, come “ammazzare bambini”.

Grazie a un millennio e mezzo e passa di martellante antigiudaismo cristiano, gli ebrei sono il gruppo che viene facile odiare e il loro stato, che non doveva mai essere costituito secondo la sensibilità cristiana (perché l'esilio dell'ebreo errante faceva parte della punizione del “popolo deicida”) segue la stessa sorte, unico fra gli stati del mondo.

Ma oltre a questa radice teologico-politica, nello schieramento istintivo da parte di molta sinistra a favore del terrorismo arabo vi è qualcosa di più generale, che si ripercuote anche contro Israele: l'idea che bisogna schierarsi con loro, anche se usano metodi di lotta atroci e inumani, perché sono i “più deboli”, “gli oppressi”, e dunque i nuovi proletari, la “moltitudine” di cui parlava Toni Negri nel suo best seller internazionale “Impero”. E' un atteggiamento così diffuso e irriflesso che non si può non farci i conti. Ma bisogna dire che esso è radicalmente sbagliato.

E' sbagliato sul piano etico, naturalmente. Il drone o l'aereo che cerca di uccidere il terrorista può sbagliare, naturalmente e coinvolgere persone che non c'entrano. In guerra è sempre successo, purtroppo, e questo è un buon motivo per cercare di evitare le guerre, per tentare di risolvere le dispute sul piano pacifico. Ma il colpo mira a un bersaglio preciso, a un combattente nemico.
Il terrorista suicida che si fa saltare nella metropolitana, o come è successo spesso in Israele negli autobus nei caffè nei supermercati nei ristoranti non cerca neanche di distinguere, non si dà obiettivi militari, se la prende con la gente qualunque dall'altra parte della barricata. Lo stesso fanno i razzi di Hamas, le molotov e i sassi sulle macchine, gli accoltellamenti casuali, le stragi di civili di altra religione, magari dopo aver marcato la loro casa con un segno infamante come facevano i nazisti.

C'è in questo modo di combattere l'idea, tipicamente razzista, che tutto l'altro popolo sia non solo nemico, ma degno di morire in massa, salvo che eventualmente si sottometta e si converta. Questo modo di combattere senza distinzione fra civili e militari è tipico dell'Islam, è all'origine del genocidio armeno e assiro, della distruzione dei greci che abitavano e avevano fondato le città della costa asiatica dell'Egeo che oggi si dicono turche, delle conquiste islamiche antiche della Spagna, dell'Africa del nord, della Mesopotamia.

Ma in questo modo di vedere le cose vi sono anche degli errori di fatto. Non è vero che gli arabi siano gli “umili”, i “deboli”. Loro non si vedono affatto così. Storicamente hanno sempre pensato a se stessi come i signori e si battono per riconquistare questo ruolo, che considerano oggi provvisoriamente usurpato.

Sono stati storicamente i più grandi colonialisti: partiti dalla penisola arabica deserta e spopolata, hanno conquistato e arabizzato mezzo mondo, accumulando ricchezze gigantesche depredate ai popoli che conquistavano e opprimevano, distruggendo la loro cultura e la loro economia. L'Africa del Nord era il granaio dell'Impero Romano, abitata da popolazioni berbere; la conquista araba le ha rese spopolate, incolte… e arabe; la Mesopotamia era abitata dai babilonesi, la Siria dagli assiri, che parlavano l'aramaico, ora virtualmente estinto.

L'Africa nera fu depredata dai mercanti di schiavi arabi, che per un certo periodo fornirono gli inglesi di carne umana per le colonie americane, ma molto più a lungo servirono il mercato domestico arabo. Le regole del Corano sono tipicamente coloniali: gli indigeni conquistati sono inferiori, se non si convertono devono riscattare la loro sopravvivenza con umiliazioni legali e fiscali senza fine.

Anche il territorio dell'antica Giudea e dell'attuale Israele è stato sottoposto a queste pratiche di arabizzazione forzata e anche di immigrazione islamica dall'Egitto, dall'Arabia Saudita, perfino dall'Anatolia e dal Caucaso. La “questione palestinese” in buona parte deriva da queste pratiche coloniali. E' facile mostrare che la “Nakbah” palestinese consiste esattamente in questa condizione di non essere più i padroni coloniali del Medio Oriente.

Quanto alla miseria, essa è essenzialmente autoinflitta: non c'è regione al mondo che abbia guadagnato tanto senza sforzo nell'ultimo secolo, quanto i paesi arabi del Medio Oriente col petrolio. Quel che non ha funzionato è il meccanismo di redistribuzione, di diversificazione, di investimento. I ceti dominanti arabi hanno usato questo denaro per godere di un lusso illimitato e non hanno pensato affatto a far vivere un'economia produttiva, a elevare la condizione di vita dei loro ceti popolari. I poveri arabi sono stati sfruttati, sì, ma dai loro capi, non dall'Occidente o da Israele.

Con gli ebrei è accaduto l'opposto. Oppressi per secoli in terra di Israele dai loro colonizzatori arabi, trattati come gli ultimi, oppressi spesso sterminati sia nel mondo islamico sia in quello cristiano, quando hanno potuto liberarsi hanno cercato di arrivare in Israele. Ci sono riusciti finalmente in massa a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, arrivando per lo più poverissimi, armati solo delle loro braccia, della loro intelligenza e del loro amore per la terra, aiutati in parte da donazioni degli ebrei europei più benestanti a comprare della terra che hanno sviluppato con straordinario successo.

La creazione di Israele è un atto di decolonizzazione sia dagli occupanti britannici sia dai colonialisti arabi. Il benessere attuale di Israele è la dimostrazione che un territorio desertico e desolato può essere reso fruttuoso col lavoro e che il fattore umano è almeno altrettanto importante per l'economia della ricchezza delle materie prime. L'odio arabo per Israele è in buona parte invidia, volontà predonesca di prendersi i beni che sono stati accumulati con la fatica di generazioni – invece di rimboccarsi le maniche e costruirli a propria volta. Gli ebrei sono odiati dagli arabi perché erano oppressi erano schiavi e si sono emancipati.

I progressisti dovrebbero stare dalla parte di una società di schiavi liberati (come già Israele fu all'uscita dall'Egitto). Ma la miopia ideologica impedisce di vedere le radici storiche dei problemi e ne coglie solo gli aspetti superficiali: i “poveri” palestinesi che rivendicano una terra “loro” (cioè che una volta occupavano come colonialisti, o piuttosto emanazione locali dei colonialisti turchi) e dato che l'esercito israeliano ha il torto di impedire loro di ammazzare liberamente gli ebrei, si danno, poverini, al terrorismo.

I palestinesi hanno fatto un ottimo affare prendendo di mira Israele, specialmente negli anni ‘70. Praticare il terrorismo contro lo stato ebraico ha innescato decenni di accuse contro le vittime di quel terrorismo e di giustificazioni per i colpevoli. L’ostilità antisemita che tanti occidentali nutrono nei confronti di Israele, l’ebreo fra gli stati, rafforzò il diffondersi della cultura post-anni ‘60 della colpa occidentale, dell’abiura, della condiscendenza e della legittimazione verso qualunque nemico violento a patto che si potesse dipingere come gente del terzo mondo. Il democratico Israele, costretto a difendersi, venne dipinto come una potenza imperiale e non uno stato assediato, mentre i terroristi palestinesi vennero rappresentati come combattenti per la libertà e non come assassini invasati.

Anziché considerare quanto siano pochi i popoli, molto più sofferenti dei palestinesi, che si danno al terrorismo; anziché domandarsi come mai i palestinesi prendono di mira sistematicamente donne, bambini e anziani innocenti, i portabandiera del “dare sempre la colpa a Israele” ribaltavano la colpa sulla vittima: Israele deve essere reo di chissà quale atroce oppressione per tirarsi addosso un odio tanto spietato, sostenevano i campioni del politicamente corretto invece di analizzare il culto della morte palestinese che alimentava antisemitismo e fondamentalismo islamico.

La condiscendenza occidentale verso il terrorismo palestinese ha dimostrato che lo slogan “il terrorismo non paga” è pura farneticazione: in realtà il terrorismo funziona grazie alla arrendevolezza dell’Occidente. La violenza terroristica impose i palestinesi all’attenzione internazionale, facendoli diventare le vittime per eccellenza agli occhi di tanti terzomondisti totalitari che oggi ne ingigantiscono i patimenti, la debolezza e la centralità.


Appendice: cosa successe nel 1967, quando il mondo dimenticò tutto e cominciò ad odiare ciecamente Israele?

Bisogna fare un passo indietro. Nel 1955 l’Unione Sovietica decise di “cambiare cavallo”: dall’appoggio politico dato a Israele nel 1948, passò ad appoggiare, politicamente e militarmente, l’Egitto, fino a rompere pretestuosa-mente le relazioni diplomatiche con Israele.

L’Egitto di Nasser voleva prendersi la rivincita della sconfitta subita nel 1948 e 1949, e incominciò ad ammassare nel Sinai truppe e mezzi corazzati forniti dall’URSS. Nel 1956 Israele prevenne l’attacco egiziano e travolgendo i mediocri mezzi motorizzati forniti dall’URSS, occupò tutto il Sinai, giungendo fino al Canale di Suez. Le pressioni e le garanzie americane persuasero pochi mesi dopo Israele a ritirarsi da tutti i territori egiziani occupati.

A partire dai primi anni Sessanta l’Egitto ricominciò a preparare una seconda rivincita, con l’aiuto ormai tanto scoperto quanto massiccio, dell’Unione Sovietica, che mirava a sostituire l’influenza americana nella regione con ogni mezzo. I raid di terroristi palestinesi e di commando egiziani contro kibbutz israeliani si moltiplicavano, partendo dalle basi di Gaza. In perfetta sintonia si muovevano dal fronte opposto i siriani, i quali dalle alture del Golan sparavano con le loro artiglierie sui sottostanti insediamenti e kibbutz ebraici di Galilea.

Dopo alcuni mesi di tensione, il 7 aprile 1967 artiglierie e carri armati siriani attaccano pesantemente villaggi ebraici di frontiera. Damasco fa alzare in volo i suoi caccia, ma quelli israeliani ne abbattono sei. L’umiliazione di Damasco è cocente.

L’URSS riprende massicciamente i suoi rifornimenti di armi alla Siria e all’Egitto. Poi a maggio i suoi servizi segreti forniscono a siriani ed egiziani un’informazione falsa. Dicono cioè che Israele ha ammassato truppe e mezzi corazzati ai confini con la Siria. Il Segretario Generale dell’ONU, Sithu U Thant, smentisce: “I rapporti degli osservatori delle Nazioni Unite hanno confermato l’assenza di concentramenti di truppe o movimenti di truppe di qualche rilievo su ambo i lati della linea armistiziale “.

Il 14 maggio è l’Egitto che fa sbarcare numerose unità oltre il Canale per rinforzare il suo già massiccio schieramento nel Sinai. 1116 maggio il Presidente egiziano Gamal Abdel Nasser intima al comandante delle forze dell’ONU nel Sinai e a Gaza, generale Rikhye, di sgombrare le truppe presenti nel Sinai dal 1957, all’indomani del conflitto che aveva visto Israele arrivare al Canale di Suez.

Poi Nasser proclama il 22 maggio il blocco dello Stretto di Tiran: nessuna nave, di nessuna nazionalità, che si rechi al porto di Eilat, in Israele, o che da Eilat parta, potrà più passare. Secondo il diritto internazionale è “atto di guerra”. Le dodici potenze marittime non onorano le garanzie che nel 1956 avevano offerto a Israele per la libertà di navigazione, e non mandano le loro navi da guerra a proteggere la libertà di navigazione. Il 30 maggio re Hussein di Giordania mette le

Truppe egiziane, saudite, irachene affluiscono in Giordania. Truppe irachene, algerine e kuwaitiane raggiungono invece l’Egitto. Il 3 giugno il generale Murtaji, capo delle forze egiziane nel Sinai, dirama un ordine del giorno alle truppe, nel quale invoca “la Guerra Santa con cui voi ristabilirete i diritti degli arabi conculcati in Palestina e riconquisterete il suolo derubato della Palestina “. (Da notare che il generale parla di arabi e di Palestina, ma non di palestinesi, che nessun paese arabo nel 1967 conosceva e riconosceva, tanto è vero che quando la Cisgiordania era parte della Giordania non si sentiva neanche parlare di sovranità palestinese). Il 5 giugno 1967, all’alba, Israele risponde.

Israele vince la guerra e tutto il mondo lo odierà per aver vinto. Da allora diventerà una nazione da diffamare e perseguitare. Potere della stupidità umana.

Come ben ricordato qui, da cui si trae quello che segue, i propagandisti filopalestinesi parlano oggi di “confini del '67” per definire le linee armistiziali stabilite dopo la guerra di indipendenza del '49 e lo fanno perché è stato nel '67, con la guerra “dei sei giorni” che Israele ha liberato Giudea, Samaria, Gaza e il Golan. Di qui parte tutta la problematica attuale di questi territori, secondo loro: la “colonizzazione” e tutto il resto. Sapete che cosa accadde subito dopo?
“Il 19 giugno del 1967, il governo di unità nazionale [di Israele] votò all'unanimità di restituire il Sinai all'Egitto e le alture del Golan alla Siria in cambio di accordi di pace. Il Golan avrebbe dovuto essere smilitarizzato e un regime speciale sarebbe stato negoziato per lo Stretto di Tiran. Il governo deliberò inoltre di avviare i negoziati con il re Hussein di Giordania per quanto riguarda il confine orientale.”
Sapete chi ha scritto queste righe? Chaim Herzog, il padre dell'attuale leader della sinistra, uomo di tutt'altra tempra rispetto a lui (http://en.wikipedia.org/wiki/Chaim_Herzog; la citazione viene da Herzog, Chaim (1982). “The Arab-Israeli Wars”. Arms & Armour Press).



Insomma, immediatamente dopo la guerra trionfale, Israele era disposto a rinunciare a Sinai e Golan e forse anche a buona parte di Giudea e Samaria in cambio della pace: una grandissima occasione per risolvere il conflitto. E sapete che cosa accadde allora? Ci fu una conferenza a Khartoum, un mese e mezzo dopo, cui parteciparono i capi di stato dei più importanti paesi arabi e anche l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina che decisero una politica che divenne famosa sotto il nome di “I tre no”: No alla pace, no al riconoscimento di Israele, no alle trattative (http://en.wikipedia.org/wiki/Khartoum_Resolution). Un'altra occasione perduta, forse la più importante di tutte, anche se prima c'era stata la risoluzione dell'Onu nel '47 e poi ci sarebbero state le trattative del '99 e del 2000, e poi quella con Omert.

Poi le cose sono un po' cambiate, il mondo arabo ha delegato all'OLP e all'Autorità Palestinese la guerra a Israele, avendo altro di cui occuparsi, lo stato ebraico si è radicato profondamente e non appare così facile da eliminare di colpo, la strategia si è trasformata in un'impresa a tappe, di lunga durata. E molta acqua è passata sotto i ponti. Israele ha offerto di nuovo possibilità di pace, ma i palestinisti hanno sempre detto di no, perché pensavano che il tempo lavorasse per loro. E ancora lo pensano, grazie all'appoggio della sinistra mondiale, che ormai ha l'egemonia sugli Stati Uniti e l'Europa.

Molte trattative si sono aperte, molte si sono rotte a seguito dei no palestinesi. E' importante ricordarlo, perché di solito non se ne parla.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun ott 22, 2018 4:08 am

L'Europa nazi-maomettana antisemita e criminale che manipola i diritti umani degli ebrei di Israele

Le ignobili accuse della Corte Penale Internazionale contro Israele
Niram Ferretti
21 ottobre 2018

https://www.progettodreyfus.com/corte-p ... le-israele

Ci dice Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte Penale internazionale, l’organizzazione che recentemente John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha platealmente sconfessato come un’organizzazione di parte, che se il villaggio beduino di Khan al’Ahmar sito nell’Area C della cosiddetta Cisgiordania, verrà demolito, si tratterà di un “crimine di guerra”. Non solo, la Bensouda, allarmata, avverte che terrà gli occhi bene aperti, non wide shut, su quello che succede ai confini di Gaza e Israele dove, la violenza è perpetrata “dagli attori di ambo le parti”. Quando si dice l’equanimità.

La violenza è violenza, naturalmente, e anche durante la seconda guerra mondiale i nazisti e gli angloamericani esercitavano violenza da ambo le parti, poi tocca intendersi su cosa rappresentavano e cosa rappresentano le due parti in contesa. Da una parte, per tornare all’attualità, Hamas che organizza una finta marcia per la pace e sguinzaglia miliziani il cui scopo è quello di introdursi oltre confine e non per portare ceste di fiori e frutta, dall’altra l’esercito regolare di uno stato democratico che spara e uccide soprattutto questi miliziani. Ma lasciamo a San Tommaso D’Aquino simili sottili distinzioni.

La Corte Penale Internazionale dell’Aia è la medesima che nel 2004 ha qualificato la barriera difensiva di Israele come illegale. Nessuna considerazione cogente venne data nel dispositivo della sentenza della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa. Non a caso né Israele né gli stati Uniti hanno firmato il Trattato di Roma a cui la corte si ispira.

Ma Fatou Bensouda terrà gli occhi bene aperti su quello che accadrà in “Cisgiordania”, dopo che l’Alta Corte di Israele, ha rigettato l’appello contro la demolizione del villaggio, assurto a simbolo della “resistenza” araba contro la protervia sionista. Conta poco che secondo la legge israeliana il villaggio sia abusivo. Come possono gli israeliani decretare che qualcosa è abusivo se sono abusivi essi stessi? Così ci dicono, non Fatou Bensouda, che, non abbiamo dubbi, è giudice imparziale come Cassio era uomo d’onore, ma i paladini dei Diritti Umani, per i quali probabilmente, è giusto ciò che è scritto nello Statuto di Hamas del 1988, dove tutta la Palestina è considerata un waqf (dotazione perenne) islamica.

corte-penale-internazionale-aja-israele-crimini-guerra-progetto-dreyfus

D’altro canto Israele è abituata a essere accusata di crimini di guerra, è una costante. Dalla fantomatica pulizia etnica del 1948-49 che ha moltiplicato negli anni la popolazione araba (unico caso al mondo), alle altre nefandezze compiute, come a Jenin nel 2002, quando dopo il virulento scontro tra esercito israeliano e arabi-palestinesi, Yasser Arafat decretò che il “massacro di Jenin” poteva essere paragonato solo all’assedio di Stalingrado, seguito a stretto giro di posta da Saeb Erekat, il capo negoziatore palestinese che dichiarò alla stampa: “Il numero di morti si aggira sui 500”, aggiungendo: “Il campo profughi di Jenin non esiste più, e abbiamo notizia che vi avvengono esecuzioni di massa”.

Il numero effettivo dei morti a Jenin fu di 53 palestinesi e 23 soldati israeliani. Ci fu poi il rapporto Goldstone del 2009 quando Israele venne ancora accusata di crimini di guerra dopo l’Operazione Piombo Fuso, sennonché fu lo stesso Goldstone, nel 2011, a disconoscere l’impianto accusatorio del suo rapporto come scrisse sul Washington Post:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

E si potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma per brevità arriveremo ai giorni nostri, e alla Marcia per il Ritorno, durante la quale sarebbero stati uccisi dagli spietati cecchini israeliani “ragazzi inermi” (Massimo D’Alema), o “pacifici manifestanti”, così qualificati da buona parte della stampa, i quali, Hamas stesso annunciò, erano propri miliziani.

Sì, vanno davvero tenuti gli occhi bene aperti su Israele e i suoi crimini di guerra. A Berlino dicono ci sia un giudice, pardon, all’Aia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » mer ott 24, 2018 6:37 am

Anche in Israele i cristiani sono contro gli ebrei, alleati dei nazi maomettani, sostenitori dei palestinesi e antisraeliani e quindi è possibile che anche gli ebrei qualche volta si arrabbino, specialmente le minoranze settarie ed esaltate come questi Hilltop Youth che hanno profanato il cimitero cristiano.


Israele, cristiani nel mirino: "Cimiteri profanati e croci distrutte"
Gerry Freda - Ven, 19/10/2018

https://www.facebook.com/ilGiornale/pos ... 5310632459

Le autorità israeliane hanno condannato gli atti di intolleranza e hanno ribadito il loro impegno nel contrasto a ogni forma di violenza ai danni delle minoranze religiose

La Chiesa cattolica in Terrasanta ha lanciato l’allarme circa la condizione dei cristiani d’Israele.

Le autorità ecclesiastiche hanno manifestato la loro preoccupazione all’indomani dell’ultima provocazione anticristiana avvenuta nel territorio dello Stato ebraico. La sortita ha avuto luogo nella città di Beit Shemesh, a Ovest di Gerusalemme. In tale località, il cimitero annesso alla chiesa cattolica di Santo Stefano è stato oggetto di un raid vandalico. I responsabili di quest’ultimo hanno profanato circa 26 tombe, scoperchiandole e spezzando le croci poste in cima alle lapidi. Il cimitero era già finito nel mirino dei vandali nel 1981, nel 2016 e nel 2017.

Padre Antonio Scodo, custode del camposanto, ha affermato che la profanazione delle tombe non sarebbe affatto un gesto attribuibile a dei semplici teppisti, bensì un esplicito attacco alla millenaria presenza cristiana in Terrasanta. Egli ha quindi denunciato alla stampa il “crescente clima di odio” nei confronti dei seguaci di Gesù residenti in Israele: “Siamo oggetto di un odio che aumenta di giorno in giorno. Eppure, in questo territorio i rapporti tra cristiani ed Ebrei sono sempre stati sereni. Non abbiamo mai dato fastidio a nessuno". Pochi giorni prima, nella stessa località, nel mirino dei vandali era finito il monastero cattolico di Beit Jamal.

La polizia israeliana ha avviato delle indagini sui recenti raid anticristiani avvenuti a Ovest di Gerusalemme. Tuttavia, Mickey Rosenfeld, portavoce delle forze dell’ordine, ha precisato che, per il momento, non vi sarebbe alcun sospettato. Secondo i media, l’attenzione degli inquirenti si starebbe concentrando sulle comunità di ebrei ortodossi stanziate a Beit Shemesh, già in passato indiziate di violenze ai danni delle minoranze religiose.

Il governo Netanyahu ha condannato la crescente ondata di intolleranza che si sta abbattendo sulla popolazione cristiana. Il ministero degli Esteri di Gerusalemme, in una nota, ha definito “esecrabili” gli attacchi condotti contro tale minoranza e ha ribadito l’impegno dell’esecutivo a difesa della libertà di culto. Tuttavia, dubbi sull’effettiva volontà israeliana di individuare e punire i responsabili delle profanazioni sono stati manifestati da Wadie Abunassar, portavoce dell’Assemblea dei vescovi cattolici di Terrasanta: “Le autorità di Israele non sono mai riuscite a consegnare alla giustizia gli autori delle intimidazioni e delle violenze contro i cristiani. Di conseguenza, non resteremmo affatto meravigliati se anche questa volta i colpevoli dovessero restare impuniti.”

Negli ultimi anni, le sortite blasfeme non hanno risparmiato neanche i luoghi di culto cristiani ubicati a Gerusalemme. Ad esempio, la basilica della Dormizione di Maria, situata sul monte Sion, è stata, a partire dal 2012, ripetutamente assaltata e deturpata dai militanti dell’organizzazione Hilltop Youth.



La setta degli Hilltop Youth
https://en.wikipedia.org/wiki/Hilltop_Youth
Secondo l'esperto di terrorismo Ami Pedahzur, ideologicamente, i giovani sulle colline sposano una visione del mondo Kahanista, favorendo "la deportazione, la vendetta e l'annientamento dei Gentili che rappresentano una minaccia per il popolo di Israele".
Gli Hilltop Youth sono un "gruppo liberamente organizzato, con una mente anarchica", di alcune centinaia di giovani attorno a un nucleo duro di decine di attivisti violenti, spesso noti per stabilire avamposti illegali / contesi al di fuori degli insediamenti esistenti. I loro numeri (2009) sono stimati in circa 800, con circa 5.000 altri che condividono la loro visione ideologica. Si dissociano completamente dalle istituzioni israeliane e si identificano con la Terra di Israele.



Ecco un esempio di antiebraismo/antisraelismo ebraico dei cristiani.

Vaticano, no alla legge fondamentale di Israele: «Discrimina cristiani e musulmani e va contro l'Onu»
agosto 2018

https://www.ilmessaggero.it/primopiano/ ... 88259.html

Città del Vaticano – Non piace al Vaticano la nuova legge varata da Israele che di fatto discrimina cristiani e musulmani. Non si placa l'onda di sdegno verso il governo di Tel Aviv dopo il definitivo passaggio in terza lettura alla Knesset, il parlamento israeliano, della prima legge fondamentale che definisce l’identità e lo scopo dello Stato di Israele. Sul sito Vatican News viene definita penalizzante visto che «discrimina il 20% della popolazione, costituita da arabi e diverse minoranze presenti in Israele». Per questo alcuni giorni fa il cardinale libanese Bechara Rai la aveva bollata come «ignobile, antidemocratica e antipluralista». Di fatto il testo contravviene direttamente alla Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale dell’Onu e alla Dichiarazione di Indipendenza di Israele e stabilisce «che non ci sono uguali diritti tra ebrei e arabi e si rifiuta di riconoscere la loro esistenza».

Assai dura la condanna del Patriarcato latino di Gerusalemme perchè la nuova legge afferma «che solo gli ebrei hanno diritto all’autodeterminazione; apprezza gli insediamenti ebraici sui territori occupati come un valore nazionale; degrada la lingua araba da lingua nazionale a lingua a statuto speciale». Quella del Patriarcato latino è la prima presa di posizione ufficiale da parte della Chiesa in Terrasanta e si fa interprete della preoccupazione della popolazione cristiana insieme alle altre comunità non ebraiche. Anche diversi gruppi israeliani hanno espresso la loro contrarietà, definendo la nuova legge come parte di un «progetto autoritario ed etnocratico». Di fatto la Basic Law è esclusiva piuttosto che inclusiva, «contestata più che consensuale, politicizzata più che fondata sulle norme fondamentali comuni e accettabili per tutte le componenti della popolazione».


Quell’antisemitismo dei cristiani d’oriente
Calunnie e pregiudizi tuttora diffusi in Medio Oriente da Chiese pre-conciliari.
Di Aymenn Jawad
(Da: Jerusalewm Post, 1.8.11)

https://www.israele.net/quellantisemiti ... i-doriente

Mi diceva di recente mia zia, che sta a Baghdad, che fra gli iracheni è diffusa la convinzione che dietro alle proteste e alle rivolte che attraversano un po’ tutto il Medio Oriente vi siano delle forze esterne. Quale cospirazione esterna, mi chiedevo, potrebbe mai essere responsabile della “primavera araba”? Nessun problema: ci ha pensato George Saliba, vescovo in Libano della Chiesa Ortodossa Siriaca, a darci una risposta semplice semplice. Intervistato dalla tv Al-Dunya lo scorso 24 luglio, Saliba ha dichiarato che “la fonte … dietro a tutti questi movimenti, a tutte queste guerre civili, a tutti questi mali” nel mondo arabo non è altro che il sionismo, “profondamente radicato nel giudaismo”. Gli ebrei, spiega il vescovo, sono responsabili del finanziamento e dell’istigazione delle agitazioni, in conformità ai Protocolli dei Savi di Sion”.
Queste dichiarazioni non costituiscono un caso isolato fra i cristiani del Medio Oriente. La tendenza antisemita è diventata particolarmente evidente all’indomani dell’attacco iracheno lo scorso ottobre alla Chiesa siriaco-cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, che provocò 58 morti e 67 feriti in quella che è stata la peggiore aggressione alla comunità cristiana irachena dal 2003. Due mesi dopo quella barbarie, ad esempio, il patriarca greco-melchita Gregorio III Laham ha definito gli attacchi terroristici contro i cristiani iracheni come parte “di un complotto sionista contro l’islam”. E ha spiegato: “Tutto questo comportamento non ha nulla a che fare con l’islam … si tratta piuttosto di una cospirazione pianificata dal sionismo … che punta a minare l’islam e metterlo in cattiva luce”. Ha poi aggiunto che la strage “è anche una cospirazione contro gli arabi e il mondo arabo a maggioranza islamica che punta a dipingere arabi e musulmani dei paesi arabi come assassini terroristi e fondamentalisti allo scopo di negare i loro diritti, in particolare i diritti dei palestinesi”. Pur mettendo in guardia dal rischio di un esodo dei cristiani e del formarsi di “una società esclusivamente musulmana”, il patriarca attribuiva il rischio di “estinzione demografica” unicamente al conflitto israelo-palestinese.
Analogamente, in un’intervista alla NBN TV del 9 novembre 2010, padre Suheil Qasha, sacerdote iracheno, sosteneva che gli ebrei considerano tutti i non ebrei delle bestie, e affermava che “il vero pericolo” per i cristiani del Medio Oriente viene dal sionismo. Continuava poi affermando che coloro che avevano perpetrato l’attacco alla chiesa di Baghdad certamente non erano musulmani, bensì probabilmente gente addestrata e guidata “dal sionismo globale”.
L’antisemitismo si propaga anche alla Chiesa copta ortodossa che, interessando circa il 10% della popolazione egiziana, costituisce la maggiore denominazione cristiana in Medio Oriente e Nord Africa. Il blogger liberal egiziano Samuel Tadros ha segnalato un certo padre Marcos Aziz Khalil che ha scritto sul quotidiano Nahdet Masr: “Gli ebrei videro che la Chiesa era il loro nemico numero uno e che senza i sacerdoti la Chiesa perde la sua componente più importante. Così il movimento massonico è stato il braccio segreto sionista con cui creare rivoluzioni contro il clero”.
A questo punto molti senza dubbio tenderanno a spiegare questo antisemitismo con i sentimenti anti-ebraici che vanno per la maggiore fra le popolazioni musulmane della regione. Vivendo in un ambiente del genere, si dirà, è naturale che i cristiani stiano attenti a non denunciare convinzioni profondamente radicate tra i loro vicini musulmani nel timore di provocare persecuzioni. Purtroppo, invece, il cancro dell’odio verso gli ebrei fra i cristiani del Medio Oriente è qualcosa di assai più profondo. In effetti, è molto indicativo il fatto che altre minoranze non-islamiche che hanno patito discriminazioni e violenze per mano degli islamisti – come gli Yazidi, i Mandeani e i Bahai – non hanno mai incolpato gli ebrei o il sionismo delle persecuzioni subite: i loro credo religiosi non sono caratterizzati da dottrine antisemite.
Il caso della comunità Bahai è particolarmente significativo perché, avendo il suo centro mondiale a Haifa (in Israele), potrebbe essere facilmente esposta ad accuse di collaborazionismo con Israele. Eppure la Casa Universale della Giustizia (la suprema istituzione di governo della religione Bahai) non si è mai lamentata di una cospirazione ebraico/sionista contro le comunità Bahai in Iran e nel resto del Medio Oriente. Al contrario, ha sempre correttamente individuato il nodo del problema nell’applicazione della legge tradizionale islamica sul trattamento dei non musulmani e degli “apostati”, unita agli atteggiamenti suprematisti (razzisti oltranzisti) alimentati dalla promozione della shari’a (legge islamica).
In definitiva la malattia dell’antisemitismo fra i cristiani del Medio Oriente imperniato sull’accusa di “deicidio” (cioè di aver ucciso Gesù) addossata al popolo ebraico nel suo complesso. Per dirla con le parole del vescovo Saliba, i complotti ebraici “sono del tutto naturali” giacché gli ebrei ripagarono Cristo per i suoi miracoli crocifiggendolo. In particolare, in un’intervista mandata in onda l’8 aprile 2007 papa Shenouda III della Chiesa copta ortodossa biasimò le Chiese occidentali per aver scagionato gli ebrei dalla morte di Cristo. Shenouda III sosteneva che gli ebrei sono “assassini di Cristo” perché “lo dice il Nuovo Testamento”.
È chiaro che, in generale, le Chiese orientali non hanno ancora superato i funesti temi antisemiti ripudiati dal Vaticano con la Dichiarazione Nostra Aetate promulgata nel 1965, al termine del Concilio Vaticano Secondo. Se si vuole estirpare l’antisemitismo dal Medio Oriente e dal Nord Africa, con tutta evidenza l’onere della riforma teologica non sarà un’incombenza soltanto per i musulmani.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » mer ott 24, 2018 7:14 am

I padri della Chiesa e le basi ideologiche dell'antigiudaismo cristiano
Fabiana Cilotti
7 novembre 2015

http://www.linformale.eu/ciao-mondo

Nei primi cinque secoli il rifiuto da parte degli ebrei nei confronti della sempre più pressante dottrina cristiana veniva considerato il principale ostacolo all’apostolato cristiano. È in questo periodo che molti apologeti e teologi cristiani si dedicarono accanitamente a delegittimare e screditare l’avversario ebreo sviluppando un vero e proprio genere letterario adversus Iudaeos, teso a rendere gli ebrei disprezzabili, detestabili e odiosi. Ogni mezzo fu lecito allo scopo: le stesse parole degli antichi profeti delle Scritture vennero adoperate contro gli ebrei, colpevoli di non aver riconosciuto l’avvento di Cristo; i detrattori non esitarono nemmeno ad impossessarsi dei vecchi stereotipi pagani, spesso addirittura enfatizzandoli e caricandoli di nuovi significati.
I cristiani capovolsero addirittura contro gli ebrei le accuse che si diceva che gli ebrei avessero mosso loro: Origene (185-254) sostiene che i giudei, per discreditare i cristiani, avessero fatto circolare una storia in cui si sosteneva che questi ultimi usassero sacrificare un neonato per poi mangiarne la carne; l’argomentazione, rovesciata, dei sacrifici rituali compiuti dagli ebrei (che poi assumeranno il fine di profanare le ostie) perdurerà per tutto il Medioevo ed entrerà a pieno titolo nell’iconografia medievale antigiudaica.

I due punti focali della strategia antigiudaica dei teologi cristiani dei primi secoli furono il discredito e l’accaparramento delle Sacre Scritture. L’accusa di deicidio li delegittimava da ogni diritto sulle Sacre Scritture, di cui gli apologeti cristiani si impossessarono per rileggerle nella prospettiva della venuta del Cristo e rivendicando di esserne i veri destinatari. Gli ebrei, per le loro colpe, non erano più degni delle Scritture, di cui i cristiani puntavano ad essere i soli e veri portatori. In altre parole, gli ebrei non erano più degni di Dio e quindi nemmeno della sua Parola.

Nel IV secolo, mano a mano che la Chiesa rafforza il suo potere politico, il processo di accaparramento si completa mentre parallelamente si realizza la totale delegittimazione degli ebrei:

Per Ilario di Poitiers (315-367) gli ebrei prima della Torah erano posseduti da un diavolo immondo; dimostratisi indegni della Scrittura dopo il rifiuto del Cristo, il diavolo era tornato in loro;
secondo Girolamo (347-420) le preghiere degli ebrei erano simili al grugnito dei maiali e “Se fosse lecito odiare degli uomini e detestare un popolo, il popolo ebreo sarebbe per me l’oggetto di un odio speciale, perché fino ad oggi nelle loro sinagoghe di Satana perseguitano il Signore nostro Gesù Cristo”;

Gregorio di Nissa (335-395) li definì “assassini del Signore”, “ribelli pieni di odio verso Dio”, “strumenti del diavolo”, “razza di vipere”, delatori, calunniatori, avari e duri di comprendonio;

Giovanni Crisostomo (354-407) paragonò gli ebrei ad animali privi di ragione, esseri immondi simili a cani, spregevoli e capaci di ogni nefandezza. Per lui gli ebrei “non vivono che per il ventre” e i loro costumi sono “paragonabili solo a quelli dei porci e dei caproni”: “con le loro mani uccidono la prole per adorare i demoni”. Convinto che Dio odiasse gli ebrei, esortò tutti i cristiani a fare altrettanto con loro: “E’ dovere di tutti i cristiani odiare gli ebrei.”

Crisostomo equipara la Sinagoga a un bordello. La più antica comunità ebraica d’ Occidente viene molestata durante la preghiera del Sabato. Molte sinagoghe vengono trasformate in chiese cristiane. “La sinagoga non solo è un bordello ed un teatro; è anche un covo di ladri e una tana di bestie selvatiche; quando Dio rigetta un popolo, che speranza di salvezza gli rimane? Quando Dio rigetta un luogo, quel luogo diventa una dimora di demoni. I Giudei vivono per il loro ventre. Concupiscono le cose di questo mondo. La loro condizione non è migliore di quella dei maiali o delle capre a causa dei loro costumi sfrenati e della loro eccessiva ghiottoneria. Sanno fare una cosa sola: riempirsi il ventre ed ubriacarsi”.

Crisostomo scrive otto omelie per dimostrare di quali nefandezze fossero capaci i giudei, con il tipico metodo della diffamazione. Sostiene che le “sinagoghe sono postriboli, caverne di ladri e tane di animali rapaci e sanguinari, i giudei sono infatti animali che non servono per lavorare ma solo per il macello, anzi sono animali feroci”: “mentre infatti le bestie danno la vita per salvare i loro piccoli, i giudei li massacrano con le proprie mani per onorare i demoni, nostri nemici, e ogni loro gesto traduce la loro bestialità” e i cristiani non devono avere “niente a che fare con quegli abominevoli giudei, gente rapace, bugiarda, ladra e omicida”.

Per Ambrogio (339-397) vescovo di Milano, il popolo giudaico è “perduto, spirito immondo, preda del diavolo anche all’interno del suo tempio sacro, la sinagoga: anzi la stessa sinagoga è ormai sede e ricettacolo del demonio che stringe entro spire serpentine tutto il popolo giudaico.” – “la sinagoga dannata del diavolo, la più abominevole bagascia intellettuale che sia apparsa sotto il sole.”

Agostino (354-430) si rivolse agli ebrei chiamandoli “figli di Satana” e affermò che essi erano stati condannati alla dispersione in tutto il mondo per volontà di Dio, puniti per l’eternità a testimoniare la propria cecità:

“Figlio primogenito, il popolo maledetto; figlio minore, il popolo amato. Il primogenito sarà schiavo del minore, così gli ebrei in rapporto a noi cristiani”

La sprezzante dottrina di Agostino sugli “ebrei schiavi dei cristiani” testimoniava l’ormai avvenuto consolidamento di una Chiesa vittoriosa e dominante: da questo momento in poi l’antigiudaismo canonico non conobbe più sosta: i suoi obiettivi furono la lotta al giudaismo e il relegare gli ebrei ad una condizione reietta di subordinazione sociale. Gli ebrei divennero progressivamente sempre più isolati e fortemente distinti dal resto della popolazione.

Il popolo eletto era divenuto, a causa dei deicidio, il popolo di Satana, abominio dell’umanità, condannato a vivere come un servo ed escluso dalla redenzione a meno della conversione alla “nuova e vera fede”.

Questo processo si sarebbe definitivamente compiuto quando il governo imperiale avesse tradotto le concezioni teologiche in misure giuridiche, fase cui Costantino diede inizio. Sul finire del IV secolo la Chiesa aveva aumentato la propria forza al punto da influenzare il potere imperiale, tanto che gli ebrei diventarono cittadini di seconda categoria privi di dignità legale e sociale.

Alla vecchia dicotomia cittadino/schiavo si era sostituita quella tra fedele ed infedele.



Dall'antigiudaismo cristiano delle origini alle crociate
26 Febbraio 2013
https://www.osservatorioantisemitismo.i ... e-crociate


Primo secolo
Un grammatico alessandrino del I secolo, Apione, muove accuse infamanti nei confronti degli ebrei, tra cui quella di essere misantropi, di adorare una testa d’asino, di non rispettare le divinità locali, e di praticare omicidi rituali.

165
L’apologista cristiano Giustino nel Dialogo col giudeo Trifone polemizza con il giudaismo e afferma che le Scritture ebraiche hanno valore solo transitorio e sono al servizio di una storia della salvezza che si realizza con Gesù Cristo.

165
Melitone, vescovo di Sardi, nella sua Omelia sulla Pasqua sostiene che il giudaismo è stato definitivamente superato dal cristianesimo e che gli ebrei sono gli unici responsabile della morte di Gesù e quindi di Dio. “Ascoltate, o voi stirpi delle genti e vedete. Il Sovrano è oltraggiato, Dio è assassinato… dalla mano di Israele”. Si tratta della prima accusa di deicidio di cui resti traccia.

205
Tertulliano, apologista e teologo cristiano, scrive il trattato di polemica antigiudaica Adversus Iudaeos; il trattato inaugura un genere di letteratura cristiana destinato ad avere grande fortuna anche in epoca medioevale.

306
Il sinodo di Elvira stabilisce il divieto di matrimoni misti e di rapporti sessuali tra cristiani ed ebrei e vieta ai cristiani di prendere cibo alla stessa tavola degli ebrei

313 – 337
L’età di Costantino segna la nascita dell’Impero cristiano. Ad un’iniziale neutralità formale nei confronti delle religioni dell’Impero, fa seguito una legislazione sempre più filocristiana e sempre più antipagana e antigiudaica. Libertà di propaganda per il cristianesimo, protezione ufficiale agli ebrei convertiti e divieto assoluto di proselitismo per la religione giudaica.

386 – 387
Giovanni Crisostomo, vescovo e Padre della Chiesa, pronuncia otto violente Omelie contro i giudei provocate dalla constatazione dell’influsso profondo che la religione giudaica ancora esercita su molti cristiani

388
Ambrogio, vescovo di Milano e Dottore della Chiesa, approva l’incendio della sinagoga di Callinico da parte della comunità cristiana. Minacciato di scomunica, l’imperatore Teodosio rinuncia a difendere i diritti degli ebrei.

413 – 426
Agostino, padre della Chiesa, formula la teoria del “popolo testimone”: il popolo ebraico deve essere un popolo separato e disprezzato per avere rifiutato e ucciso Gesù ed è destinato a svolgere un ruolo di vivente testimonianza “dell’iniquità propria e della verità della fede cristiana”

438
Teodosio II, imperatore d’Oriente, legalizza l’inferiorità civile degli ebrei ai quali è vietato accedere a ogni carica pubblica, fare proselitismo, costruire nuove sinagoghe o abbellire quelle esistenti.

535 – 553
L’imperatore Giustiniano I adotta una legislazione intollerante verso gli ebrei che resterà in vigore nell’impero bizantino, praticamente immutata, per i successivi sette secoli. Un suo decreto tende ad accreditare il giudaismo come eresia cristiana e, in quanto tale, da estirpare.

586
Nella Spagna visigota re Recaredo si converte dal cristianesimo ariano al cattolicesimo. Nel III concilio di Toledo (589) la religione cattolica è dichiarata religione di stato.

612
Il re visigoto Sisebut ordina agli ebrei del regno di convertirsi al cristianesimo, pena la cacciata dal paese.

628
Dagoberto re dei Franchi ordina l’espulsione degli ebrei dalle sue terre.

632
L’imperatore bizantino Eraclio decide il battesimo forzato degli ebrei e vieta loro di risiedere a Gerusalemme.

633
Il IV concilio di Toledo vieta la conversione forzata degli ebrei ma stabilisce che gli ebrei forzatamente convertiti al cristianesimo non possano tornare al giudaismo

638
Il VI concilio di Toledo ordina l’espulsione dalla Spagna di tutti gli ebrei che rifiutano il battesimo; gli ebrei convertiti sono obbligati, dopo una sorta di pubblica confessione, a sottoscrivere un giuramento di fedeltà alla chiesa cattolica.

681
Il XII concilio di Toledo decide la conversione forzata entro un anno di tutti gli ebrei: il rifiuto di abiurare comporta la confisca dei beni, punizioni corporali e l’esilio.

694
Il re visigoto Egica accusa gli ebrei di cospirare contro la Spagna d’intesa con i mussulmani d’Africa. Su sua richiesta, il XVII concilio di Toledo adotta misure draconiane: tutti gli ebrei, convertiti o meno, sono ridotti in schiavitù, il loro culto viene proibito, i fanciulli di età superiore ai 7 anni vengono sottratti ai genitori e affidati a famiglie cristiane.

1010
Il califfo Al-Hãkim distrugge la Chiesa del S. Sepolcro a Gerusalemme. Lo storico cristiano Raoul Glaber attribuisce la responsabilità agli ebrei (da lui definiti “gli abituali alleati del diavolo”). Gli ebrei vengono espulsi da Limoges e da altre città francesi.

1012
L’imperatore Enrico II di Germania espelle gli ebrei da Magonza, probabilmente come reazione a un libello anticristiano scritto da Wecelin, un neoconvertito al giudaismo. Agli ebrei viene concesso di tornare l’anno successivo.

1096
Papa Urbano II indice la prima crociata. come pellegrinaggio armato per la liberazione del Santo Sepolcro. Ma i crociati si domandano – come scrive l’abate Guglielmo di Nogent – perché andare a combattere i nemici di Dio in Oriente quando si hanno sotto mano gli ebrei “una razza più ostile a Dio di tutte le altre”. Dopo il massacro degli ebrei di Rouen, la furia di masse fanatizzate si abbatte sulle comunità ebraiche della valle del Reno causando migliaia di vittime. Questo nonostante il tentativo di vescovi e feudatari di proteggere gli ebrei.

1144
A Norwich (Inghilterra) gli ebrei vengono per la prima volta falsamente accusati di omicidio rituale. Creatore di questo mito è il monaco Tommaso di Monmouth che costruisce intorno all’accusa il progetto di un nuovo santo, William di Norwich.

1146
Il monaco Radulfo, subito dopo l’inizio della seconda crociata, percorre Francia e Germania predicando contro gli ebrei “che hanno crocefisso Gesù” ed esorta i crociati a sterminarli prima di combattere i mussulmani. Gli ebrei vengono massacrati nelle città renane, in Baviera e in Carinzia. A Radulfo si oppone Bernardo di Chiaravalle, guida spirituale della crociata, che proibisce ogni eccesso a danno degli ebrei che non devono essere né uccisi né espulsi. L’intervento di Bernardo rende così meno drammatiche per gli ebrei le conseguenze della crociata.

1147
La conquista dell’Andalusia da parte degli Almohadi dà inizio a una politica persecutoria nei confronti dei non mussulmani e pone agli ebrei l’alternativa tra conversione o morte. Inizia un’emigrazione verso le terre cristiane. A causa della persecuzione Mosè Maimonide fugge con la famiglia in Marocco

1182
Filippo Augusto di Francia espelle gli ebrei dal regno e confisca i loro beni immobili. Li riammetterà 15 anni più tardi contro pagamento di una rilevante somma di denaro.

1190
Massacro di York. Gli ebrei per sfuggire ad una folla aizzata contro di loro si rifugiano nella Clifford’s Tower che viene circondata: molti si suicidano, altri muoiono nell’incendio della torre, i superstiti vengono massacrati.

1215
Il IV Concilio Lateranense approva una serie di misure di segregazione e di discriminazione e introduce per gli ebrei l’obbligo di portare sul vestito un segno distintivo

1222
L’Arcivescovo di Canterbury proibisce agli ebrei di costruire nuove sinagoghe, di possedere schiavi e di mescolarsi con i cristiani

1235
A Fulda, in Germania, accusa di omicidio rituale: 34 ebrei vengono bruciati. L’imperatore Federico II, dopo avere consultato numerosi ebrei convertiti, dichiara ufficialmente falsa l’accusa.

1236
Persecuzioni antiebraiche nella Francia occidentale

1240
La Chiesa inizia la guerra al Talmud. A Parigi, nel 1240, viene istruito un processo-farsa che si conclude nel 1242 con il rogo solenne di 24 carri di copie del Talmud, sequestrate agli ebrei.

1243

A Belitz in Germania per la prima volta gli ebrei vennero accusati di profanazione dell’ostia, a causa di ciò tutti i membri della comunità ebraica furono bruciati sul rogo.

1255
Accusa di omicidio rituale a Lincoln (Inghilterra) dove il re Enrico III interviene direttamente nell’azione giudiziaria contro gli ebrei avallando per la prima volta l’accusa con la sua autorità sovrana.

1263
Disputa di Barcellona. Per iniziativa dei domenicani, il rabbino catalano Moise ben Nahman (Nachmanide) è costretto a difendere il giudaismo, e in particolare il Talmud, dagli attacchi dell’ebreo convertito Pablo Christiani.

1267
Clemente IV con la bolla Turbato corde autorizza l’Inquisizione – affidata a inquisitori permanenti dell’ordine domenicano – a perseguitare come eretici i cristiani “giudaizzanti”, categoria entro la quale sono compresi i convertiti a forza che tentano di rientrare in seno al giudaismo o che continuano a praticare il giudaismo in segreto.

1278
Papa Nicola III con la bolla Vineam Sorec incoraggia gli ebrei a partecipare alle prediche per la loro conversione. Lo strumento della predica coatta era stato introdotto in Spagna fin dal 1242 dai domenicani aragonesi e approvato dal potere sovrano.

1290
Espulsione degli ebrei dall’Inghilterra. E’ la prima espulsione generalizzata in Europa

1293 o 1294

A Berna molti ebrei vengono condannati a morte in seguito ad un’accusa di omicidio rituale

1298 – 1299
Massacro di migliaia di ebrei in 146 località della Germania guidato dal cavaliere tedesco Rindfleisch che dichiara di essere stato chiamato dal cielo a vendicare la profanazione delle ostie

1300
A partire dal Trecento, nei territori tedeschi si sviluppa un modo disumanizzante di rappresentare gli ebrei (Judensau). Questi vengono rappresentati con fattezze demoniache o coinvolti in immondi rapporti con maiali e altri animali. Le scene sono dipinte sulla volta delle cattedrali e delle chiese, sulle colonne, ecc.. Questa modalità descrittiva continuerà ad essere utilizzata per oltre sei secoli.

1306
Per riempire le casse del regno, Filippo il Bello decide l’espulsione degli ebrei dalla Francia e confisca i loro beni.

1320
Un esercito di ragazzi francesi (la “crociata dei pastorelli”), dopo avere devastato il sud della Francia, avervi massacrato e convertito a forza gli ebrei, si volge contro l’Aragona e la Navarra, massacrando gli ebrei a Monclus.

1321
Persecuzione degli ebrei nella Francia centrale con l’accusa di collusione con i lebbrosi e di avvelenamento dei pozzi. A Chinon in due giorni vengono bruciati vivi 160 ebrei: a Vitry 40 Ebrei si fanno uccidere piuttosto che accettare il battesimo

1321 – 1322
Espulsione dal regno di Francia.

1336 – 1339
Capeggiate da Giovanni Zimberlin,cavaliere tedesco autoproclamatosi profeta, bande di contadini (Armleder) massacrano le comunità ebraiche in Franconia e Alsazia. Altre comunità vengono distrutte in Boemia, Moravia e lungo il Reno
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » ven nov 02, 2018 8:27 am

"L'antisemitismo è tra noi e nessuno riesce a ucciderlo"
Fiamma Nirenstein - Dom, 26/01/2014

Daniel Goldhagen

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/l ... 85943.html

Un micidiale libro-accusa di Daniel Goldhagen, lo storico che scrisse il celebre I volenterosi carnefici di Hitler: "Nel mondo arabo e in Europa molti vogliono eliminare Israele"

Il nuovo libro di Daniel Goldhagen The Devil that never Dies (Little, Brown & Company, pagg. 486, dollari 30) è, come il suo celebre I volenterosi carnefici di Hitler (1996) una testo che schiaccia il lettore sotto una valanga di informazioni e dati che provano una tesi scandalosa quanto evidente: è cioè che l'antisemitismo non è un fenomeno da affidare alla memoria del passato, relegare nei libri.

No, il male esiste ancora, il «demonio» resiste. E l'antisemitismo, dice Goldhagen, ha le stesse caratteristiche genocide di un tempo e, naturalmente, minaccia in primis lo stato di Israele, l'ebreo collettivo.
La tesi più spaventosa del libro è quella della diffusione globale dell'antisemitismo, della sua morsa su tutto il mondo.
«Con la globalizzazione l'antisemitismo, che è il principale pregiudizio etnico di tutti i tempi, è diventato mondiale. Spinto dai Paesi arabi e islamici, agganciandosi a fonti europee e cristiane di antica matrice accantonate solo momentaneamente dopo l'Olocausto, l'antisemitismo è oggi presente in larga misura ovunque. I media digitali - dal web alla tv satellitare - l'hanno messo alla portata di chiunque, ovunque e in qualsiasi momento. Sono stati fondamentali per la sua diffusione globale».

Cosa c'è di nuovo nell'antisemitismo contemporaneo?
«L'antisemitismo globale attinge a vecchi pregiudizi cristiani, musulmani, di sinistra e di destra, ma oggi ha assunto anche nuove forme e dimensioni. Se prima prendeva di mira gli ebrei locali - quelli che si conoscevano direttamente per città, regione o nazione - oggi è accanitamente fissato anche sugli ebrei lontani, ovvero su quelli americani e israeliani. Inoltre, mentre in precedenza era un fenomeno di matrice principalmente sociale o culturale, nell'era globale politicizzata in cui viviamo, è decisamente un fenomeno politico. Per la prima volta, esso occupa un posto centrale nelle strategie e nella politica estera di molti Paesi, contro lo Stato d'Israele».
Lei ha scritto che auspicare l'annientamento di Israele attraverso armi nucleari è la sostituzione dell'incitamento a un nuovo Olocausto. Il mondo islamico grida quotidianamente «morte agli ebrei» e nessuno batte ciglio.
«Nel mondo arabo e islamico dire di voler distruggere gli ebrei - e non Israele semplicemente - è cosa comune. I leader politici e religiosi, i media e l'uomo della strada lo dicono apertamente. In Occidente, a causa dell'Olocausto e dell'adozione di leggi che perseguono reati d'odio, gli antisemiti sono più cauti: non dirigono i loro attacchi contro gli ebrei di per sé, anche se ricorrono a stereotipi tradizionali, fanno di Israele il loro obiettivo».

Dove sono oggi i difensori degli ebrei?
«Solo negli Usa, il Paese meno antisemita dell'Occidente, abbiamo assistito a un arretramento dell'antisemitismo negli ultimi decenni, invece di aumentare come in Europa. Non sorprende quindi che gli americani sappiano riconoscere che dietro l'assalto antisemita contro Israele e contro gli ebrei, anche quando è mascherato da antisionismo, si celi in realtà un odio pericoloso e omicida.

Che rapporto c'è tra il desiderio di annientare gli ebrei e la negazione dell'Olocausto?
«La negazione dell'Olocausto non è che una forma della vasta gamma di negazionismi diretti agli ebrei, e agli ebrei soltanto: viene negato che gli ebrei abbiano una storia plurimillenaria che li lega alla loro terra, che il Tempio sia mai esistito, che abbiano il diritto come tutti i popoli ad avere un proprio Stato, e persino che siano esseri umani, un ritornello molto comune nel mondo arabo e islamico. Tutto ciò legittima l'idea che gli ebrei o Israele debbano essere eliminati».

Che cosa dovrebbe fare Israele per combattere l'antisemitismo?
«Ogni popolo, nel mondo moderno, per essere rispettato, per potersi autogovernare e difendere ha bisogno di un proprio Stato. Per la prima volta dopo millenni, gli ebrei hanno un proprio Stato che garantisce quella difesa che non hanno mai avuto quando sono stati perseguitati nel mondo cristiano e islamico nel corso dei secoli. Naturalmente Israele, come patria degli ebrei, è anche l'oggetto di molti attacchi antisemiti. Ed è questo antisemitismo e non le scelte politiche di Israele, che certo si possono criticare liberamente, che costituisce la radice del desiderio di eliminare Israele».

Perché l'Europa, nonostante la Shoah, è il continente oggi più affetto dall'antisemitismo?
«L'antisemitismo non è mai svanito dall'Europa. Le statistiche mostrano che un numero enorme di europei crede nelle nozioni antisemite più assurde e classiche sugli ebrei e Israele, compreso che minuscole cricche di ebrei in Europa hanno troppo potere nel mondo degli affari e che Israele sta conducendo una “guerra di sterminio” contro i palestinesi, il che - per quanto si possa essere in disaccordo con le politiche d'Israele - altro non è che una fantasia antisemita».

È possibile guarire questa malattia? Uccidere The Devil that never Dies?
«Il diavolo non è destinato a scomparire presto: è ben radicato nel mondo arabo e islamico, è diffuso in Occidente e acquista spazio altrove. Prolifera sui media digitali ed è in continua crescita, anche perché le diverse correnti di antisemitismo si rafforzano reciprocamente come mai in precedenza. Non c'è dubbio che il conflitto mediorientale lo alimenti, ma non c'è neppure dubbio sul fatto che i vecchi pregiudizi antisemiti abbiano disegnato le linee interpretative con cui molta gente si figura Israele e gli ebrei in generale».

Questa ondata di nuovo antisemitismo potrebbe portare a un nuovo genocidio?
«L'antisemitismo odierno è senza dubbio potenzialmente genocida. Certo, molti degli antisemiti, specialmente in Occidente, non mirano, quantomeno non apertamente, a massacrare gli ebrei, ma molti altri, in particolare nel mondo arabo e islamico invece sì, e lo ripetono quasi abitudinariamente. In realtà i leader religiosi e politici arabi e islamici, come anche la gente comune, invitano di continuo a uccidere gli ebrei, più di quanto non l'abbiano mai fatto i Nazisti. Ciò che fanno, i loro scopi politici- dalla corsa iraniana al nucleare all'esplicito impegno di Hamas a distruggere Israele - indicano chiaramente che, se acquisissero i mezzi per compiere un genocidio, la probabilità che li utilizzino è del tutto reale».



L'ISTIGAZIONE A DELINQUERE E I SUOI SOLERTI MANOVALI
Niram Ferretti
28 ottobre 2018
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ritorno stamattina sui diffamatori e propagatori di odio in rete. Nello specifico sugli antisemiti e antisionisti, categorie comodamente intercambiabili. In genere queste persone sono individui frustrati, falliti, pusillanimi, che alla pari di Maramaldo infierirebbero sulle loro vittime solo dopo essersi accertati che fossero già moribonde.

Insomma parliamo di feccia allo stato puro. Tuttavia, questi seminatori di odio sono anche fiancheggiatori dei terroristi e degli assassini. Istigatori morali all'omicidio.

Facebook si vanta di avere standard alti realativamente all'inibizione dei post che incitano all'odio e alla discriminazione, ma sappiamo tutti, lo sappiamo bene, che questi standard sono molto molto laschi.

Chi vorrebbe uccidere e non ha il coraggio o la determinazione di farlo, istiga, propaga menzogne, appesta, crea un clima tossico di odio e violenza verbale.

Il terrorismo non nasce da sè, non spunta dal nulla, ma da un terreno preparato e coltivato, da menzogne, infamie, teorizzazioni allucinate.

Tutti dovrebbero leggere quel libro essenziale che è "Licenza per un genocidio: I "Protocolli dei Savi di Sion e il mito della cospirazione ebraica", di Norman Cohn.

In esso, tra le molte cose scritte viene ricordato l'assassinio, nel 1922, di quel genio che era Walther Rathenau, ebreo, industriale, inventore, ministro degli Esteri tedesco.

Il suo assassinio venne doviziosamente preparato dalla stampa di estrema destra antisemita. Fu una vera e propria campagna d'odio che armò le mani dei giovani che lo assassinarono.

Allora non c'erano i social, e i giornali venivano letti molto più di oggi. Oggi sono i social i mezzi che propagano più diffusamente l'odio contro gli ebrei e contro Israele, istigando la violenza.

Ed è qui che bisogna intervenire inibendo ai fiancheggiatori dei terroristi e degli assassini di potere scrivere ciò che scrivono.

L'istigazione a delinquere non è solo quella palese, ma anche quella più subdola, meno diretta, ma altrettanto pericolosa.



Francesco Birardi
Gli squilibrati e le menti deboli ci sono sempre stati. Come sempre c'è stato chi crede alle cospirazioni e ai complotti demo-giudaico-pluto-pippo e paperino. Ma mai come oggi, con l'uso sempre più diffuso dei social, questi soggetti sono preda di suggestioni e incitamenti. Un società veramente civile dovrebbe poter distinguere fra libertà di parola e istigazione all'odio, razziale o politico che sia. In questo senso assistiamo oggi a situazioni davvero deliranti : è proibito parlar male di Maometto, ma si può diffondere liberamente l'antisemitismo più becero e feroce.... è proibito usare la parola "ne-g-ro", ma i rapper "neri" incitano liberamente a far fuori i bambini bianchi... è proibito fare apologia del fascismo, ma poi si lascia via libera a comportamenti ben peggiori... e via delirando.... Dal che si deduce che in realtà non è la censura o il controllo che manca, ma che che si tratta di censure e controlli ben orientati in una precisa direzione, e solo in quella. E allora mi pare davvero di poter dire che se è vero che ci sono i fiancheggiatori e istigatori degli squilibrati, ancor più vero è che ci sono i fiancheggiatori dei fiancheggiatori... ed è a loro - a chi gestisce i media e i social - che va imputato il diffondersi di questo ben orientato, velenoso, clima di odio.

Francesco Birardi
Colgo poi l'occasione per ribadire che sarebbe veramente ora che i partiti e le associazioni di Destra, o "civilizzazionisti" come li definisce Daniel Pipes, si liberassero una volta per tutte della feccia neonazista, becera e antisemita, che alligna nelle loro file. Saranno anche 4 gatti, ma avvelenano tutti e danno fiato e spalla e scusa ai VERI antisemiti : la UE, l'Onu, la Sinistra (quasi tutta, almeno ai livelli dirigenziali e mediatici), parte della Chiesa... e, soprattutto, l'Islam. Tutta gente che, trincerandosi dietro la condanna ai "nazisti", può condannare in blocco chiunque si opponga al loro ben più reale e pericoloso antisemitismo.

Giacomo De Luca
Non sono d’accordo di accomunare antisemiti ed antisionisti. Non si confonda la religione con la politica, né si usi l’una per giustificare l’altra.

Nathan Barur
Giacomo De Luca affermazione da analfabeta!!! L'EBRAISMO non è una religione ma un'appartenenza popolare, quella al popolo ebraico. Il Sionismo è il movimento di liberazione e autodeterminazione del popolo ebraico nella sua terra ancestrale. Chi si oppone al movimento di liberazione e autodeterminazione degli ebrei, opponendosi al sionismo, è un antisemita!!!

Niram Ferretti
Gentile Giacomo De Luca, l'antisionismo è oggi una forma evidente di antisemitismo. Mi spieghi lei che senso ha affermare che Israele non ha diritto di esistere. Strano che nessun'altro stato al mondo goda di questo sinistro privilegio, l'accanita accusa che esso non ha alcuna legittimità. La religione con l'antisemitismo centra tangenzialmente, non si odiano gli ebrei perchè hanno una religione diversa ma perchè per l'antisemita rappresentano un condensato di male in molteplici forme. La politica non ha nulla a che vedere con l'affermazione che gli ebrei non dovrebbero avere diritto ad un loro stato. Si tratta infatti di una violenta discriminazione basata sull'odio. L’antisionismo e la criminalizzazione di Israele sono legati in modo inestirpabile a figurazioni, topoi, miti e archetipi inequivocabilmente antisemiti. Come ha scritto uno dei maggiori studiosi europei del fenomeno, Pierre Andrè Taguieff, "Nella ‘classica’ giudeofobia, chiamata antisemitismo, siamo nel razzismo, nel senso che gli ebrei erano considerati una razza ostile. Nel caso della nuova giudeofobia, è al contrario nel nome dell'antirazzismo che gli ebrei sono stigmatizzati e demonizzati, come ‘razzisti’. In un caso, gli ebrei sono accusati di essere una razza maledetta, nell'altro gli ebrei sono accusati di essere razzisti. Gli ebrei sono considerati sionisti, reali o potenziali, e il sionismo è accusato di essere un razzismo, una ‘forma di discriminazione razziale’" . Demonizzazione allo stato puro. Cambia solo la terminologia, il discorso resta strutturalmente identico.


Antisemitismo e terrorismo: Israele è l'antidoto più efficace
Ugo Volli

https://www.progettodreyfus.com/antisem ... -attentati

Antisemitismo e terrorismo. Bisogna sentire il lutto della terribile strage di Pittsburgh per quel che è stata, per ognuna delle 11 vittime, che sono state vilmente uccise mentre erano in preghiera (ne faccio qui i nomi, perché è importante contrastare la massificazione genocida: Joyce Feinberg 75 anni; Richard Gottfried 65 anni; Rose Malinger 97 anni; Jerry Rabonowitz di 66 anni; Cecil Rosenthal 59 anni; David Rosenthal 54 anni; Bernice Simon 84 anni; Sylvan Simon 86 anni; Daniel Stein 71 anni; Melvin Wax 88 anni; e Irving Youngner 69 anni) per i feriti, per i traumatizzati, per quel neonato il cui ingresso rituale nel mondo è stato insanguinato dall’assassino.

Ma purtroppo non deve, non può essere isolata dagli altri atti di terrorismo che continuamente prendono di mira gli ebrei nel mondo, dall’accoltellamento che è avvenuto a Parigi due giorni dopo Pittsburgh al missile proveniente da Gaza che ha centrato una casa a Beer Sheva la settimana scorsa. Purtroppo questi episodi non si possono distaccare dall’incitamento e dalla propaganda antisemita che circola largamente in Europa, nel mondo arabo e nel resto del mondo.
Le inchieste mostrano che in Germania ci sono stati 947 atti antisemiti nel 2017, un aumento del 55 per cento rispetto al 2016, che il 51 per cento dei polacchi non vuole che la propria figlia sposi un ebreo, che nel 2017 c’è stato un aumento del 78% degli episodi di violenza fisica contro gli ebrei nel Regno Unito e un aumento del 30% di tutti gli altri incidenti antisemiti nel paese, che a maggio 2017, il Centro ricerche PEW negli Stati Uniti, ha condotto uno studio su 2000 residenti in 18 paesi dell’Europa centrale e orientale. Lo studio ha rilevato che il 20% degli intervistati non vuole ebrei nel proprio paese e il 30% non vuole ebrei come vicini. Inoltre, il 22% dei cittadini rumeni e il 18% dei cittadini polacchi sono interessati a negare il diritto degli ebrei alla cittadinanza nel loro paese; la Grecia che registra un 69% di opinioni negative nei confronti degli ebrei; in Francia, che è il Paese con la maggiore concentrazione di ebrei nel continente, il 37% degli intervistati ha espresso opinioni antisemite. In Germania invece la percentuale è del 27%.

Ben più alte, ma non stupisce, le percentuali di antisemiti in Medio Oriente: 69% in Turchia (71% nel 2015), 75% in Egitto, 74% in Arabia Saudita, 78% Libano, 81% Giordania, 82% Kuwait, 88% Yemen, addirittura 92% Iraq. Non stupisce il dato altissimo (93%) registrato nella striscia di Gaza e nei territori dell’Autorità Palestinese. La Russia registra un 30% (calato al 23% nel 2015), il Giappone il 23%, la Cina il 20%.

Si potrebbe continuare a lungo con questi dati. La cosa da sottolineare è che dai tempi di Hitler, anzi in fondo da quelli delle prime persecuzioni sistematiche della chiesa e delle espulsioni di massa (Inghilterra 1290, Spagna ma anche Sicilia 1492, Francia 1306, Portogallo 1496, Italia meridionale 1510 ecc.), non si tratta di generica ostilità, che sfocia accidentalmente in violenza, ma di un progetto di eliminazione. Del testo l’attentatore di Pittsburgh gridava esattamente questo: “Tutti gli ebrei devono morire”.

Essendo abituati a vivere in condizioni di minoranza e a far fronte all’ostilità antisemita ed essendo formati in una cultura della vita e dell’ottimismo, appena possibile gli ebrei tendono a ignorare il clima di pregiudizio che incontrano e a pensare che dove sono insediati e in genere apprezzati dai vicini per il loro lavoro e la loro creatività, l’antisemitismo omicida non sia un rischio imminente. E spesso hanno ragione per anni, decenni, generazioni, fino a che l’ “odio antico” non riemerge. È successo così in Francia nell’Ottocento, in Germania fino agli anni Venti del secolo scorso, perfino in Italia durante il fascismo. Ma prima o poi, con un pretesto o con l’altro (la religione o la razza, l’usura o la Palestina) l’antisemitismo riemerge.

Come capì Theodor Herzl, la risposta è lo stato ebraico. Non perché esso elimini l’odio, dato che anzi lo focalizza contro di sé, perché l’antisionismo non è altro che antisemitismo diretto contro Israele. Ma perché consente di difendersi e prende sotto la sua protezione anche gli ebrei della diaspora, nella misura in cui ciò è possibile. Oggi, nonostante tutto il terrorismo, Israele è il luogo più sicuro per gli ebrei. Per questo noi ebrei che per mille ragioni restiamo attaccati alle nazioni che hanno ospitato le nostre comunità per secoli e millenni e non troviamo il modo, il coraggio, la possibilità di unirci alla maggioranza del popolo ebraico che vive nel suo stato, dobbiamo cercare di far quel che si può per prevenire gli attacchi antisemiti. Ma ancor più abbiamo l’obbligo di difendere e sostenere Israele che è la garanzia della vita e dell’identità del nostro popolo. Dopo Pittsburgh, dopo una strage nel cuore dello stato che per molti è stato il rifugio e la sicurezza, questa consapevolezza dev’essere ancora più chiara.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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