Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » dom nov 04, 2018 9:42 pm

Massacro di cristiani in Egitto: dopo quelli del sabato, quelli della domenica
Franco Londei -
novembre 3, 2018

https://www.rightsreporter.org/massacro ... a-domenica

Nazismo ed estremismo islamico vanno da sempre a braccetto, sin dai tempi di Hitler e del gran Mufti di Gerusalemme. Ma la “quasi indifferenza” mostrata in questi giorni dopo due terribili massacri dimostra che il mondo non ha ancora capito la pericolosità di questa strana alleanza

Un pazzo nazista e suprematista bianco entra in una sinagoga di Pittsburgh e uccide 11 persone, ebrei, quelli del sabato. Meno di una settimana dopo tocca a un pulman che trasportava pellegrini cristiani copti il quale viene assaltato da un commando di estremisti islamici in Egitto. Sette morti, cristiani, quelli della domenica.

Apparentemente i due episodi sono scollegati. Da un lato c’è un nazista bianco che spara e uccide al grido di “morte agli ebrei”, dall’altro ci sono terroristi islamici, presumibilmente legati all’ISIS che al grido di “Allah è grande” sparano su dei poveri pellegrini cristiani.

In realtà i due episodi sono meno scollegati di quanto si pensi, se non altro a livello ideologico. Nazismo ed estremismo islamico sono sempre andati a braccetto, sin dai tempi dell’amicizia tra Adolf Hitler è il gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini.

Se l’obiettivo comune primario di nazismo ed estremismo islamico è sicuramente l’ebraismo, anche il cristianesimo non è poi tanto da meno. Lo stesso Hitler, che rimane il faro nei moderni nazisti, rifiutava i principi del cristianesimo e secondo i Diari di Joseph Goebbels era estremamente cristianofobo, un fatto questo confermato anche nelle Memorie del Terzo Reich scritte da Albert Speer e nelle trascrizioni delle conversazioni private di Hitler registrate da Martin Bormann in conversazioni a tavola di Hitler.

Nazismo ed estremismo islamico sono quindi storicamente complementari. Quello che è strano è la “normalità” con la quale questo assunto viene trattato dalla stampa e dai media occidentali, come se massacrare ebrei in una sinagoga o uccidere pellegrini cristiani sia un fatto non dico normale ma accettabile, come se fosse nell’ordine delle cose.

La cosa è diventata così normale che persino il Papa, a poche ore dal massacro di Pittsburgh non ha sentito il dovere di parlarne o quantomeno di citarlo, mentre ormai uccidere o perseguitare i cristiani copti in Egitto è diventato quasi la norma. Per non parlare poi della stampa. Poche righe su Pittsburgh, qualche trafiletto sul massacro di cristiani di ieri (non so se ne parleranno più nel dettaglio stamattina, ma ho poca fede. Spero di essere smentito). E’ come se tutto questo fosse una cosa normale.

Mi chiedo allora cosa sarebbe successo a parti invertite, se cioè un ebreo avesse sparato su un raduno di nazisti o se un cristiano avesse sparato su dei musulmani uccidendone alcuni. Beh, vi posso garantire che sarebbe successo il finimondo. Titoloni sui giornali, servizi televisivi e breaking news a non finire. Se ne parlerebbe per settimane e non per poche ore com’è successo la scorsa settimana per il massacro di Pittsburgh e come succederà per il massacro di cristiani copti avvenuto ieri in Egitto. Perché? Perché ammazzare ebrei e cristiani è normale, ma provate a toccare un musulmano per ragioni religiose. Basta guardare a cosa sta succedendo in Pakistan con Asia Bibi, che poi non aveva ammazzato nessuno ma secondo l’accusa aveva offeso Maometto e per questo doveva morire.

C’è qualcosa che non funziona in questo mondo se si considera “quasi normale” il massacro di ebrei da parte di un nazista e il massacro di cristiani da parte di estremisti islamici. C’è qualcosa di distorto in questa società se sfugge il nesso tra nazismo ed estremismo islamico.

Prima quelli del sabato e poi quelli della domenica, è così che alcuni nazi-islamici vedono il futuro. E non fanno nemmeno niente per nasconderlo, tanto nessuno avrà il coraggio di contrastarli o quantomeno di denunciarli. Chi ci ha provato non ha fatto una gran bella fine.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun nov 05, 2018 7:38 pm

I sinistri criminali italiani con il concorso dei demosinistri e dei repubblicani

I sinistri criminali italiani

Nel 1982 Yasser Arafat (governo Spadolini)
https://www.facebook.com/vito.laruccia/ ... 8789869959

Nel 1982 Yasser Arafat (pochi giorni prima dell'attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre, dove perse la vita un bambino di soli due anni e altre 37 persone ferite), invitato dall'allora presidente della commissione esteri, entrò nella Camera dei deputati armato, così come le quattro guardie del corpo che lo accompagnavano.
"Posso testimoniare su quel che effettivamente accadde quel giorno, trovandomi come deputato radicale in Aula, molto vicino alla presidenza. Ad Arafat fu consentito di entrare nel Palazzo di Montecitorio circondato da quattro guardie del corpo e, in questa formazione militare, entrò in Aula e salì sull'alto podio della presidenza da cui parlò. Sia il capo palestinese che i suoi giannizzeri erano visibilmente armati. Credo che fosse la prima volta nella storia che accadesse qualcosa di simile, e la vicenda non fa onore a nessuno dei responsabili che lo consentirono. Personalmente, non appena ebbi nozione di quello che stava accadendo, abbandonai l'Aula insieme a pochi altri colleghi che la pensavano nella stessa maniera" (Massimo Teodori all'epoca deputato radicale).

" Oggi gli ebrei romani ricordano l’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982. Io ero là quel giorno, mi sono ritrovata sconvolta tra corpi sanguinanti di persone che non capivano cosa fosse accaduto.
Sono corsa all’Ospedale Fatebenefratelli per donare il sangue per i feriti e ho assistito ad una scena terribile: il papà di Stefano Gay Tachè, alla notizia che il piccolo di due anni non ce l’aveva fatta, infranse una vetrata con un pugno.
Pochi giorni prima, durante un corteo, una bara vuota era stata depositata davanti alla nostra Sinagoga: quella bara l’abbiamo riempita con il corpo del piccolo Stefano Gay Tachè. Non eravamo militari israeliani in divisa, eravamo civili in preghiera e quello era un commando palestinese. Degli attentatori ne venne individuato solo uno, Osama Abdel Al Zomar: venne arrestato in Grecia e successivamente trasferito in Libia nonostante le richieste di estradizione avanzate dall'Italia. Dal momento dell'estradizione di lui si è persa qualsiasi traccia.
L'ex Presidente della Repubblica Cossiga rivelò negli anni successivi che era stato siglato un accordo segreto tra Italia e terrorismo palestinese quando era presidente del Consiglio Aldo Moro; i servizi segreti avrebbero chiuso gli occhi sulle attività logistiche ed economiche dei terroristi in Italia, in cambio di una sorta di immunità che non preservava però i cittadini ebrei.
"Vi abbiamo venduti”, ha dichiarato infatti Cossiga. “Lo chiamavano “Lodo Moro” e la formula era semplice: “l’Italia non si intromette negli affari dei palestinesi, e in cambio loro non toccano obiettivi italiani”. Ma gli ebrei erano esclusi dall’equazione. Sono sempre esclusi dalle “equazioni". Siamo stati feriti a morte, tutti. Anche quelli non colpiti. Quella ferita non si è mai rimarginata".
(Carla Di Veroli)





Cossiga agli ebrei italiani: “Vi abbiamo venduto”
6 ottobre 2008
di Menachem Gantz

http://www.focusonisrael.org/2008/10/06 ... lW5jzEzcdQ

Riportiamo la traduzione integrale dell’intervista rilasciata dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga al quotidiano israeliano Yediot Aharonot il 3 Ottobre 2008, intervista abilmente censurata da tutti i mass media italiani:

Il Presidente del Consiglio avrebbe firmato l’accordo segreto, i servizi segreti avrebbero obbedito tacitamente, e gli ebrei sono stati uccisi in attentati terroristici. La vergognosa storia dell’Italia

Lo chiamavano “L’Accordo Moro”, e la formula era semplice: l’Italia non si intromette negli affari dei palestinesi, che in cambio non toccano obiettivi italiani. Tuttavia, ora si scopre che gli ebrei erano esclusi dall’equazione. In un’intervista speciale, l’ex Presidente Francesco Cossiga rivela come le Autorità di Roma avrebbero collaborato con le organizzazioni terroristiche negli Anni Ottanta, ed ammonisce: “Oggi c’è un accordo analogo con Hizbullah in Libano”

In casa di Francesco Cossiga, nel cuore del quartiere Prati di Roma, sventolano – l’una accanto all’altra – tre bandiere eleganti: quella dell’Italia, quella della Regione Sardegna e quella di Israele. Non sempre l’ex Presidente della Repubblica italiana – uno dei politici più noti e di buona fama del Bel Paese – era un tale amante di Sion. Una volta, negli Anni Cinquanta, fu lui ad inaugurare l’Associazione d’amicizia Italia- Palestina. Poi, quando era Presidente del Senato, ha persino dato, nel suo Gabinetto,asilo ad Arafat quando era stato emesso un mandato di cattura nei suoi confronti.

Ma oggi, a ottant’anni, Cossiga ama Israele. Questo è forse il motivo per il quale accetta quasi immediatamente, senza condizioni, di concedere un’intervista ad un giornale israeliano. Questo è forse anche il motivo per cui è disposto ad aprire, con raro candore, un vaso di Pandora tra i più stupefacenti e orripilanti dell’Italia, [che egli ha conosciuto] nei lunghi anni di servizio pubblico. Sarà forse l’imbarazzo, la volontà di riparare al male causato dall’accordo in cui l’Italia avrebbe di fatto permesso di sottrarre la vita di qualsiasi ebreo in quanto tale – sarà forse questo che lo porta ad aprire la storia per intero.

Tutto è cominciato lo scorso agosto, quando la maggior parte degli italiani inondava le spiagge per le vacanze estive. In un’intervista al Corriere della Sera, Bassam Abu Sharif, considerato il ministro degli esteri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina negli Anni Settanta e Ottanta, ha svelato che in quegli anni i Governi di Roma permettevano ad organizzazioni terroristiche palestinesi di agire liberamente in territorio italiano, in cambio [di un impegno] a non colpire obiettivi nazionali in Italia e nel mondo. L’accordo, secondo Abu Sharif, era stato denominato “L’Accordo Moro”, riprendendo il nome di Aldo Moro, ex Presidente del Consiglio assassinato nel 1978, che ne era il responsabile.

Cossiga si è affrettato [in agosto] a confermare le asserzioni di Abu Sharif. “Ho sempre saputo – benché non sulla base di documenti o informazioni ufficiali, sempre tenuti celati nei miei confronti – dell’esistenza di un accordo sulla base della formula “tu non mi colpisci, io non ti colpisco” tra lo Stato italiano ed organizzazione come l’OLP ed il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina”, ha ammesso in un articolo pubblicato dal Corriere.

Ma quella pubblicazione aveva lasciato dei buchi, degli interrogativi troppo grandi. Se l’Italia aveva ottenuto l’immunità dal terrorismo palestinese, come mai ebbero luogo nel Paese attentati sanguinosi contro obiettivi ebraici? Se c’era un accordo, come mai vi erano stati uccisi ebrei innocenti?

Ora Cossiga rivela tutta la verità. “In cambio di una “mano libera” in Italia”, ammette in un’intervista speciale, “i palestinesi hanno assicurato la sicurezza del nostro Stato e [l’immunità] di obiettivi italiani al di fuori del Paese da attentati terroristici – fin tanto che tali obiettivi non collaborassero con il sionismo e con lo Stato d’Israele”. In altre parole: gli italiani non si toccano, ma se sono ebrei – questo è già un altro paio di maniche.

“Per evitare problemi, l’Italia assumeva una linea di condotta [che le permetteva] di non essere disturbata o infastidita”, spiega Cossiga, “Poiché gli arabi erano in grado di disturbare l’Italia più degli americani, l’Italia si arrese ai primi. Posso dire con certezza che anche oggi esiste una simile politica. L’Italia ha un accordo con Hizbullah per cui le forze UNIFIL chiudono un occhio sul processo di riarmamento, purché non siano compiuti attentati contro gli uomini del suo contingente”.

Cossiga ammette di essere rimasto sorpreso per l’indifferenza con cui venne accolta in Italia la sua rivelazione. “Ero convinto che la notizia pubblicata in agosto avrebbe risvegliato i media, che magistrati avrebbero cominciato ad indagare, che sarebbero cominciate interrogazioni ai coinvolti. Invece c’è stato il silenzio assoluto. A quanto pare, nessuno se ne interessa qui. Lei è l’unico ad avermi interpellato in materia”.

Tuttavia, scavare nella profondità di questo dossier potrebbe rivelare agli italiani molto sul loro regime e sulla sua condotta. E pare non ci possa essere persona più qualificata, esperta ed informata dei dettagli di questo ambiente che Cossiga. Ha ricoperto innumerevoli cariche: Direttore Generale del Ministero della Difesa, Ministro dell’Interno, Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica. Le riforme che portò a termine nei servizi segreti italiani gli hanno guadagnato il soprannome “Spy Master”. Oggi non ha più un ruolo ufficiale, a parte quello di Senatore a Vita, ma le telefonate di Ministri ed alti ufficiali della Polizia, che interrompono continuamente l’intervista, dimostrano che la sua posizione è inalienabile. Cossiga continua a muovere i fili.

I rapporti complessi con il meccanismo del terrorismo palestinese, li ha conosciuti per la prima volta alla sua nomina a Ministro dell’Interno nel 1976. “Già allora mi fecero sapere che gli uomini dell’OLP tenevano armi nei propri appartamenti ed erano protetti da immunità diplomatica“, rammenta, “Mi dissero di non preoccuparmi, ma io riuscii a convincerli a rinunciare all’artiglieria pesante ed accontentarsi di armi leggere”.

Più tardi, quando era Presidente del Consiglio nel 1979-1980, gli divenne sempre più evidente il fatto che esistesse un accordo chiaro tra le parti. “Durante il mio mandato, una pattuglia della polizia aveva fermato un camion nei pressi di Orte per un consueto controllo”, racconta, “I poliziotti rimasero sbigottiti nel trovare un missile terra-aria, che aveva raggiunto il territorio italiano per mare”. Nel giro di alcuni giorni, racconta Cossiga, una sua fonte personale all’interno del SISMI – lui lo chiama “gola profonda” – passò al segretario del governo informazioni in base alle quali il missile andava restituito ai palestinesi. “In un telegramma arrivato da Beirut era scritto che secondo l’accordo, il missile non era destinato ad un attentato in Italia, e a me fu chiesto di restituirlo e liberare gli arrestati”.

Cossiga stesso, va sottolineato, non era stato mai ufficialmente informato dell’esistenza di questo telegramma. Se non fosse stato per la sua fonte nel SISMI, non sarebbe stato consapevole di tutta questa storia. “Alle dieci di notte telefonai al capo del SISMI e lo rimproverai, “Mi stai nascondendo delle informazioni. Perché non mi hai informato del telegramma indirizzato a me?”. Ma egli, a quanto pare, era partecipe dell’accordo con i palestinesi”.

Il Presidente del Consiglio cominciò a sospettare che dietro all’evento di poca importanza si celasse qualcosa di più grande. “Col tempo cominciai a chiedermi che cosa potesse essere questo accordo di cui si parlava nel telegramma”, racconta. “Tutti i miei tentativi di indagare presso i Servizi e presso diplomatici si sono sempre imbattuti in un silenzio tuonante. Fatto sta che Aldo Moro era un mito nell’ambito dei Servizi Segreti. Sin dalla fondazione della Repubblica fino ai miei tempi al Quirinale ho conosciuto tre politici che sapevano utilizzare i Servizi Segreti: il fondatore, io, e Aldo Moro. La gente gli giurava fedeltà, e continuava anche dopo finito l’incarico”.

Ma le vere prove dell’esistenza de “L’Accordo Moro”, e soprattutto i suoi raccapriccianti dettagli, si potevano trovare solo nella realtà. Ventisei anni sono passati dall’attentato al ghetto ebraico di Roma, ma la ferita è ancora aperta. Era il 9 ottobre 1982. La prima Guerra del Libano era in corso, e la comunità ebraica era esposta ad un’ondata di odio senza precedenti. “Sentivamo l’atmosfera”, racconta uno dei vertici della comunità di quei giorni, “sentivamo che qualcosa di terribile si stava avvicinando”.

Quel giorno, poco prima di mezzogiorno, un commando di sei terroristi si scagliò contro la sinagoga, sparando e lanciando bombe a mano sui fedeli che avevano appena finito la preghiera. Decine di persone furono ferite. Stefano Tache’, un bambino di due anni, rimase ucciso per mano dei terroristi.

Dichiarazioni ufficiali di condanna da parte dei politici al vertice furono subito rilasciate, ma gli ebrei di Roma non ne rimasero convinti. La sensazione di abbandono era grave: quel mattino, all’improvviso, sparirono senza spiegazione le due volanti della polizia che durante le feste ebraiche fornivano protezione all’ingresso della sinagoga. Anche dopo l’attentato è continuato l’atteggiamento strano. A tutt’oggi non sono stati pubblicati i nomi dei terroristi. Con il passare degli anni, prende sempre più piede l’ipotesi che anche attivisti dalla Germania ed elementi delle Brigate Rosse avessero sposato la causa di assassinare ebrei, ma a Roma non c’è stato a tutt’oggi un governo che abbia ritenuto necessario portare i colpevoli in corte.

“Io non avevo un ruolo ufficiale in quell’epoca”, chiarisce Cossiga, che allora aveva terminato l’incarico di Presidente del Consiglio e ancora non era stato nominato Presidente del Senato. “Ricordo di essere arrivato per primo sul luogo dell’attentato. Ho visto la pozza di sangue del bambino di due anni”.

Solo uno degli attentatori fu catturato, e nemmeno dagli italiani. Avvenne un mese dopo l’attentato, quando Abd El Osama A-Zumaher fu arrestato in Grecia con esplosivi nella sua macchina. I greci lo liberarono dopo sei anni, ed egli scappò in Libia. Le Autorità italiane non ne chiesero l’estradizione. “Oggi”, ammette Cossiga, “non si può più scoprire tutta la verità su quanto accaduto lì. L’Italia non chiederà mai la sua estradizione, ed i libici non lo consegneranno”.

Cossiga sa perfettamente il significato delle cose che sta rivelando qui, ne conosce la gravità. Né cerca di giustificare coloro che presero le decisioni. Tuttavia, anche oggi torna a spiegare la logica di questo pensiero: l’Italia non si immischia in quanto non la concerne. A prova di ciò, presenta l’altra parte. “L’azione del Mossad contro gli assassini degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 è passata anche per Roma”, dice. Come noto, Adel Wahid Zuaitar, il simbolo della furbizia dell’organizzazione del Settembre Nero, fu ucciso a Roma. “Crede che l’Italia non potesse, a suo tempo, arrestare i due agenti che lo fecero fuori? Un giorno, mentre rientrava in casa, due giovani lo picchiarono all’ingresso e lo fecero fuori con due pistole munite di silenziatore. Crede che gli italiani non sapessero chi fossero? È ovvio che lo sapevano, ma in questioni del genere è meglio non mettere le mani, ed è questa la linea che guidava il comportamento dell’Italia”.

Lei paragona l’eliminazione di un terrorista all’assassinio di un bambino di due anni all’uscita della sinagoga?

“No, assolutamente no. Se avessi saputo che le volanti della polizia erano state istruite ad andarsene quella mattina, nell’ambito di quell’accordo di cui mi hanno sempre negato l’esistenza, forse tutto sarebbe andato diversamente”. La colpa, tuttavia, la attribuisce solo ed esclusivamente ad Aldo Moro.

Tuttavia, basta un ulteriore singolo sguardo sull’Italia degli ultimi trent’anni per scoprire che l’influenza dell’Accordo Moro non è finita lì. Nel dicembre 1985, quando Cossiga era già Presidente della Repubblica, avvenne l’attentato sanguinoso al banco della El Al all’aeroporto di Fiumicino. Fu un attacco combinato, a Roma e a Vienna, a firma delle unità di Abu Nidal, in cui morirono 17 persone, di cui 10 in Italia. Le Autorità di Roma, superfluo anche dirlo, non si sono considerate parte in causa.

Come si concilia l’attentato all’aeroporto con l’accordo di non colpire obiettivi italiani? “Non furono colpiti obiettivi italiani”, spiega Cossiga, “fu la compagnia aerea israeliana ad essere attaccata nell’aeroporto”.

Ma il territorio era italiano.

“I morti furono tutti israeliani, ebrei ed americani, non italiani. Gli scambi di fuoco non hanno incluso i nostri uomini, solo i palestinesi e gli addetti alla sicurezza di El Al e dello Shabak [servizi di sicurezza interna israeliani – Ndt].

Cossiga sa perfettamente il significato di ciò. Dal punto di vista dell’Italia, in fondo, l’attentato non era affatto una cosa che la riguardava. Fin tanto che non sono stati uccisi italiani non ebrei, tutto bene. “Non ho mai visto le carte, ma credo di sì. Così funzionavano le cose”, ammette. Il capo del SISMI a quei tempi, Fulvio Martini, ammette in un libro che ha scritto che era stato ricevuto un vero e proprio avvertimento dell’attentato. “Qualcosa non ha funzionato con le forze della sicurezza italiane, che sapevano a priori dell’attacco”, spiega.

Cossiga tiene a che si sappia che egli non era stato coinvolto personalmente nell’accordo. “Quando ero Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica non ne sapevo niente”, insiste fermamente, “me lo tenevano nascosto. Io soltanto speculavo che un tale accordo esistesse, per via di quel telegramma da Beirut, ma tutti stavano zitti. Bassem Abu Sharif ha detto che l’Accordo Moro fu firmato a Roma e a Beirut e che gli italiani erano rappresentati dal capo dei servizi segreti dell’Italia che era in servizio in Libano, ma io non ne sapevo niente”.

Tuttavia, Cossiga mostra un certo bisogno, forse incontrollabile, di difendere quell’Italia che avrebbe firmato l’accordo.Quella politica, egli spiega, era comune anche in altri Paesi. “La Germania ha liberato il commando dei terroristi che uccisero gli atleti a Monaco di Baviera, e anche la Francia si è comportata analogamente. Questa era la politica europea. Tranne gli inglesi, ovviamente. I palestinesi sapevano quel che facevano. Non ho mai incontrato un capo di un’organizzazione terroristica che fosse stupido. Arafat non era stupido.

Cossiga, per inciso, non è solo. Dopo la rivelazione del Corriere della Sera, il famoso magistrato Rosario Priore – responsabile in quegli anni dell’indagine di misteri come il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e l’attentato contro Papa Giovanni Paolo II – ne ha ammesso i dettagli.

“L’Accordo Moro è esistito per anni”, ha dichiarato, “l’OLP aveva in territorio italiano uomini, basi ed armi. Anche fazioni autonome come quelle di Abu Abbas, il Consiglio della Rivoluzione e il Fronte di George Habbash. Era stata una decisione politica fredda, che aveva come scopo l’immunità della nostra gente e dei nostri interessi in territorio italiano, in cambio [dell’accettazione] dell’immagazzinamento e del trasporto di esplosivi e di commandi terroristici che dovevano operare altrove”.

Ebbene sì, anche l’uomo che oggi è membro della Corte di Cassazione di Roma, non ha incluso gli ebrei della città nella definizione “immunità della nostra gente”.

L’elenco non termina qui. L’Accordo Moro, si scopre, ha avuto un’influenza decisiva sulla vita – e sulla morte – di molti.

Anche le circostanze del sequestro della nave italiana Achille Lauro rivelano un legame tra l’Amministrazione di Roma e le organizzazioni terroristiche, e anche questa volta – che sorpresa! – gli obiettivi erano ebraici.

Il 7 ottobre 1985, mentre la nave era in viaggio da Alessandria d’Egitto a Port Said, l’hanno sequestrata quattro terroristi armati del Fronte per la Liberazione della Palestina di Ahmad Jibril. I sequestratori, entrati in azione prima del previsto poiché erano stati smascherati da un membro dell’equipaggio, hanno minacciato di uccidere ostaggi se non fossero stati liberati 50 prigionieri palestinesi che erano incarcerati in Israele. Si sono diretti verso la Siria, ma questa non ne ha permesso l’ingresso nelle sue acque territoriali.

La vittima di quel sequestro fu Leon Klinghoffer, un passeggero ebreo americano, paralitico in sedia a rotelle. I sequestratori non ebbero pietà di lui: gli spararono e poi lo gettarono in mare ancora vivo, con la sedia a rotelle. La nave ritornò in Egitto, e dopo due giorni di trattative i sequestratori acconsentirono a lasciarla. Furono trasferiti verso la Tunisia su un aereo civile egiziano, che fu però intercettato da caccia americani e costretto ad atterrare nella base NATO in Sicilia.

Questo evento è indelebilmente impresso nella memoria collettiva italiana. Forze italiane dei carabinieri da una parte, incursori delta americani dall’altra, in mezzo l’aereo con i sequestratori a bordo, e tutti che si minacciano a vicenda con le armi cariche, mentre si attende che i politici trovino una formula per uscire dalla crisi. L’evento è rimasto impresso nella coscienza italiana come un simbolo dell’indipendenza dell’Italia e dell’immobilità dell’allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, di fronte agli americani.

Solo che ora Cossiga rivela che il motivo della fermezza di Craxi era ben altro. Spiega che Craxi ha scelto di riservare ad Arafat un atteggiamento ruffiano. “C’era stato un accordo chiaro tra l’Italia e Arafat, secondo cui la nave sarebbe stata liberata dal commando terroristico in cambio della libertà di Abu Abbas, e così fu”, svela.

I sequestratori furono arrestati dalle forze della polizia italiana ed all’aereo fu permesso di continuare il viaggio malgrado la richiesta americana di fermarlo – poiché tra i passeggeri liberi c’era anche l’uomo che era alla guida dei sequestratori, Abu Abbas. I quattro sequestratori furono processati in Italia e trovati colpevoli. Abu Abbas, invece, fu liberato.

La spiegazione ufficiale di Craxi e del governo italiano fu che le asserzioni degli americani sul coinvolgimento diretto di Abu Abbas nel sequestro erano arrivate troppo tardi, solo dopo il suo decollo dall’Italia in direzione della Jugoslavia. Cossiga, comunque, chiarisce che non fu proprio così. “Non è assolutamente andata così”, dice, “tutto era parte dell’accordo con Arafat. Fu lui a convincere Abu Abbas, malgrado non facesse parte dell’OLP, di liberare la nave al Cairo, in cambio della sua libertà e di una promessa di incolumità. La posizione italiana, secondo cui questo lo si venne a sapere solo dopo la sua liberazione, è una frottola. Lo abbiamo liberato dopo”.

C’è chi asserisce che egli sia rimasto a Roma alcune ore ed abbia persino incontrato alcune personalità.

“Io non ne so niente. Ero Presidente della Repubblica e a me dissero che era rimasto tutto il tempo all’interno dell’aeroporto. Le ricordo che tutta l’area era circondata da agenti della CIA”.

Questo episodio, va sottolineato, è lungi dallo sparire dalla coscienza pubblica italiana. Proprio in questi giorni, la corte a Roma sta per discutere la domanda di uno dei sequestratori, Abdel Atif Ibrahim, liberato dopo vent’anni in carcere, di rimanere in Italia. “Gli permetteranno di rimanere qui, non c’è dubbio”, afferma Cossiga, “ma la decisione, in definitiva, sarà politica, ed il Ministro dell’Interno dovrà decidere”.

Se Lei fosse oggi Ministro dell’Interno e dipendesse da Lei, gli permetterebbe di restare?

“Io lo metterei su un velivolo militare diretto in Libano, atterrerei lì con la scusa di portare un diplomatico, spegnerei i motori, aprirei la porta, lo butterei sulla pista e decollerei di ritorno”.

Nonostante oggi Cossiga tenga molto a presentarsi come un fermo oppositore del terrorismo palestinese, c’è ancora chi non dimentica la sua posizione favorevole ad Arafat quando contro questi era stato emesso un mandato di cattura in Italia. Anche da questa faccenda, le Autorità e i meccanismi della legalità in Italia non escono – come dire – brillantemente. “Arafat”, spiega Cossiga, “era arrivato in Italia per il funerale del leader della sinistra italiana, Segretario Generale del Partito Comunista, Enrico Berlinguer, che era mio cugino. Fino ad oggi c’è molta gente che non crede
affatto che fossimo imparentati. All’arrivo di Arafat qui, lo attendeva un mandato di cattura del tutto folle emesso da un giudice italiano.

“A me chiesero di riceverlo a Palazzo Giustiniani, in qualità di Presidente del Senato, e permettergli di riposarsi. Stiamo parlando, Le ricordo, del 1984. Arafat partecipò al funerale e a tutta la cerimonia, alla quale era presente anche il Vice Segretario Generale del Partito Comunista di Mosca. Venne da me accompagnato dai Servizi Segreti italiani e dalle sue guardie del corpo.

Contemporaneamente, una forza di polizia era partita alla sua ricerca per ordine di un giudice. Lei crede [veramente] che non sapessero dove si trovasse?”

Comunque sia, oggi Francesco Cossiga si identifica orgogliosamente come amico prossimo dello Stato di Israele ed entusiasta sostenitore degli Stati Uniti. Questo, forse, è il motivo per cui si permette ora di dire cose del tutto in ortodosse riguardo alla condotta degli scaglioni che contano.

E se a qualcuno potesse sembrare che quei giorni bui siano spariti, il quadro che dipinge Cossiga è allarmante: l’Italia, egli crede, attua oggi un accordo analogo con Hizbullah. Le forze di UNIFIL sarebbero invitate a circolare liberamente nel sud del Libano, senza temere per la propria incolumità, in cambio di un occhio chiuso e della possibilità di riarmarsi data a Hizbullah. “L’Accordo Moro non mi fu mai esposto in maniera chiara, ne ho solo ipotizzato l’esistenza. Nel caso di Hizbullah posso affermare con certezza che esiste un accordo tra le parti”, dice Cossiga con certezza, “Se verranno ad interrogarmi, deporrò davanti ai giudici che trattasi di segreti dello Stato, e io non sono tenuto a rivelare le mie fonti”.

Cossiga ha dichiarato che intende sottoporre un’interrogazione al Governo riguardo all’esistenza di un tale accordo segreto, atto a proteggere il contingente italiano in Libano. Come noto, durante gli Anni Ottanta, le forze americane e francesi in Libano hanno subito gravi perdite, mentre nessun attentato è stato compiuto contro la forza italiana.

Il giudice Priore – di nuovo lui – ha osato addirittura portare le ipotesi di Cossiga un passo in avanti. “È possibile”, ha dichiarato ad un’agenzia stampa italiana, “che esista oggi persino un accordo tra l’Italia e Al Qaida od un’altra organizzazione fondamentalista”.

La maggior parte degli italiani sono rimasti, come ho detto prima, sorprendentemente indifferenti di fronte alla rivelazione. Ma prevedibilmente, la comunità ebraica ne è rimasta scossa. Reagendo alle nuove rivelazioni esposte su queste pagine, il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, fa appello al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di aprire un’indagine approfondita.

“È ovvio che non possiamo andare indietro nel tempo, e non si può cancellare questa vergognosa storia dell’Italia”, ha detto a Yediot Aharonot, “ma bisogna esporre gli irresponsabili che hanno offerto gli ebrei d’Italia in sacrificio, trattandoli come stranieri, come immigrati di passaggio. Più di ogni altra cosa, esigiamo risolutamente la piena sicurezza per gli ebrei d’Italia e per le loro istituzioni”.

È molto dubbio se Berlusconi darà ascolto ed inizierà l’intensa indagine che esige la comunità ebraica. È vero che il Presidente del Consiglio italiano ha modificato l’atteggiamento del suo Paese nei confronti di Israele, ma si possono ancora riconoscere incrinature nella comprensione che gli ebrei d’Italia sono parte radicale della vita italiana. Più di una volta, rivolgendosi agli ebrei, egli ha detto “il vostro governo” – intendendo il Governo dello Stato d’Israele, e non quello italiano. La buona volontà forse c’è, ma la strada è ancora lunga per assicurare che la storia non si ripeta.

(Fonte: Yediot Aharonot, 3 Otobre 2008, p B10 )
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun nov 05, 2018 7:42 pm

"Antisemitismo sia bandito da comunità umana"
2018/11/05

https://www.huffingtonpost.it/2018/11/0 ... a_23580454

"Un cristiano non può essere antisemita. Le nostre radici sono comuni. Sarebbe una contraddizione della fede e della vita". Così Papa Francesco, incontrando in Vaticano un gruppo di rabbini del Caucaso, a una settimana appena dalla strage della Sinagoga di Pittsburgh. "Insieme - ha spiegato Francesco - siamo invece chiamati a impegnarci perchè l'antisemitismo sia bandito dalla comunità umana".

Il Papa ha ricordato in proposito di aver "sempre tenuto a sottolineare l'importanza dell'amicizia tra ebrei e cattolici. Essa, fondata su una fraternità che si radica nella storia della salvezza, si concretizza nell'attenzione reciproca". "Con voi - ha confidato ai rabbini - vorrei rendere grazie al Datore di ogni bene per il dono della nostra amicizia, impulso e motore del dialogo tra noi. È un dialogo che in questo tempo siamo chiamati a promuovere e ad ampliare a livello interreligioso, per il bene dell'umanità". La libertà religiosa infatti, "è un bene sommo da tutelare, un diritto umano fondamentale, baluardo contro le pretese totalitariste".

Secondo Bergoglio, "la via è dialogare con gli altri e pregare per tutti: questi sono i nostri mezzi per mutare le lance in falci, per far sorgere amore dove c'è odio e perdono dove c'è offesa, per non stancarci di implorare e percorrere vie di pace". "Oggi non è tempo di soluzioni violente e brusche, ma l'ora urgente di intraprendere processi pazienti di riconciliazione". "Chiedo all'Onnipotente - ha concluso - di benedire il nostro cammino di amicizia e di fiducia, affinché viviamo sempre nella pace e, dovunque ci troviamo, possiamo essere artigiani e costruttori di pace. Shalom aleichem!".




Alberto Pento
E l'antisonismo-antisraelismo?
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 15, 2018 8:06 am

Replica a Raniero: contro Israele bene ogni disinformazione
Di Paola Farina |
5 novembre 2018

http://www.vicenzapiu.com/leggi/antisem ... g.facebook

Questa mattina quando ho letto la lettera di Germano Raniero ("Antisemitismo o opposizione all'occupazione israeliana dei Territori Palestinesi? L'opinione di alcune organizzazioni ebraiche europee ripostate da Germano Raniero (Usb)"mi sono messa di impegno per dare una risposta articolata ed ho perso inutile tempo. Non ha importanza, terrò i dettagli buoni per la prossima occasione. Io sono formalmente convinta che i BDS ((Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) esistano perché figli di una grande ignoranza. Più cercavo documentazione per rispondere e più questa data (quella, per Raniero, della "conferenza, che si terrà a Bruxelles il 6 e 7 novembre 2018, promossa dal governo israeliano") mi era familiare. Più cercavo in internet foto e più, davanti ai miei occhi, apparivano immagini sfocate.

Ho scritto in Ambasciata per aver informazioni, nell'arco di due ore ho capito di aver scritto una cazzata perché non mi è arrivata alcuna risposta. Allora ho chinato il capo ed ho cominciato a cercare, a indagare.
Il sei e il sette novembre 2018 si terrà a Bruxelles la consueta riunione dei sostenitori di Israele e della Cultura Ebraica. O meglio l'European Jewish Association (quella che co-organizza anche la Giornata Europea della Cultura Ebraica, per intenderci) con il Ministero Israeliano per gli affari e il patrimonio culturale e il Ministero degli Affari Esteri di Gerusalemme, unitamente a tante altre associazioni invita (ha invitato anche me e molte altre persone) ad assistere a una conferenza di cui ricopio, tradotto, l'invito:
"Noi dell'European Jewish Association insieme al Ministero israeliano per gli affari e il patrimonio di Gerusalemme, il Ministero degli affari esteri, EMIH e Associazione Cristiani per Israele siamo lieti di invitarvi a partecipare alla nostra conferenza annuale EJA di punta a Bruxelles il 6-7 novembre, presso il Parlamento europeo e nelle strutture congressuali. Ci incontriamo in un momento cruciale. Con l'aumento dell'antisemitismo, del populismo e della xenofobia in tutto il continente, con la nostra sicurezza sotto minaccia quotidiana, con ripetuti attacchi al modo in cui viviamo e che noi amiamo, con il secolarismo che cerca di avere la priorità e soffocare altre voci nel campo dei diritti umani e religiosi e tenta di dipingerci come barbari e arretrati, con i BDS che attaccano ripetutamente e tentano di delegittimare l'unico stato ebraico nel mondo in quella che è diventata la 'nuova' e ultima incarnazione dell'antisemitismo, bene amici, la posta in gioco è alta. Questo è il motivo per cui vogliamo incontrarci tutti insieme in questa grande conferenza, con forza e numeri. Abbiamo bisogno che la vostra voce sia ascoltata nella capitale politica europea, dalle persone chiave e dai formatori di opinione. T'invitiamo a salvare la data nei tuoi diari e diffondere la parola. Questa è la nostra occasione per fissare l'agenda a livello di Unione Europea e Parlamento nazionale, sulle questioni che ci interessano.
Da questo a quello che ha dichiarato Raniero nella sua lettera la differenza è sostanziale. La conferenza non è organizzata dal Governo Israeliano bensì da una Associazione Culturale, che grazie a Raniero e a altri BDS avrà ora un momento di notorietà.
Quello che mi lascia basita non è tanto la preparazione dei BDS locali che mi è nota, ma quella degli ebrei di estrema sinistra affiliati alle organizzazioni citate da Raniero nella sua lettera. Non so che dire, le donne non le conosco proprio, ma gli uomini ebrei di più, credo che quelli affiliati a queste organizzazioni siano circoncisi a metà.
Ringrazio di cuore Raniero per avermi dato la possibilità di menzionare The European Jewish Association un'organizzazione che ha mia stima ed il mio affetto! Consiglio a Raniero di inoltrare formale protesta anche all'Associazione Cristiani per Israele da cui anche parte l'invito!
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 15, 2018 8:07 am

Presa ferma sulla realtà: Intervista a Martin Sherman
Niram Ferretti
5 agosto 2018

http://www.linformale.eu/presa-ferma-su ... _pfL3TtmLM

L’antisemitismo islamico, pur non essendo limitato ai movimenti islamisti, è un fattore chiave nella guerra degli islamisti contro il mondo moderno.

Esso si cela dietro il desiderio di distruggere il “tumore canceroso” di Israele e ha motivato il recente attacco iraniano a Israele mediante un drone armato. Ispira la minaccia di Recep Tayyip Erdogan che gli israeliani non saranno in grado di “trovare un albero dietro cui nascondersi”, una chiara allusione a un hadith che esige l’uccisione degli ebrei[2]. Induce Mahmoud Abbas a negare ogni legame tra Gerusalemme e gli ebrei[1] e trasforma il conflitto politico tra Israele e gli arabi in una lotta religiosa tra il bene e il male.

L’antisemitismo islamico mobilita i terroristi dello Stato islamico per uccidere gli ebrei in Europa e garantisce che non solo ad Amman, ma anche a Berlino e Malmö gli arabi minaccino gli ebrei con questo particolare grido di battaglia: “Khaybar, Khaybar, o ebrei: l’esercito di Maometto tornerà”. Khaybar è il nome di un’oasi abitata dagli ebrei che Maometto conquistò nel sangue nel 628. È anche il nome di un fucile d’assalto di fabbricazione iraniana e di un tipo di razzo usato da Hezbollah contro le città israeliane nel 2006.

In questo articolo, parlerò in primo luogo delle caratteristiche dell’antisemitismo islamico. Cosa lo distingue dalle altre forme di odio verso gli ebrei? La seconda parte di questo scritto si occupa della storia dell’antisemitismo islamico, focalizzando l’attenzione sul libello L’Islam e gli ebrei e sulla sua diffusione da parte del Congresso di Bludan del settembre 1937. E per finire, mi occuperò di alcuni effetti attuali dell’antisemitismo islamico.

Che cosa significa il termine “antisemitismo islamico”?

Questo termine non è un attacco generale all’Islam, i cui testi includono anche riferimenti favorevoli agli ebrei né è un’accusa generale contro i musulmani, alcuni dei quali sono contrari all’antisemitismo. Piuttosto, si riferisce a uno specifico tipo di antisemitismo basato su una fusione di due risorse: l’antigiudaismo dell’Islam primitivo e l’antisemitismo moderno dell’Europa.

L’antisemitismo europeo, rappresentato dallo spettro del complotto ebraico mondiale, era estraneo all’immagine originale degli ebrei nell’Islam. Solo nella tradizione cristiana gli ebrei appaiono come una forza mortale e potente capace di uccidere anche l’unico figlio di Dio. Sono stati in grado di portare morte e rovina all’umanità – essendo ritenuti responsabili delle epidemie di peste. I nazisti credevano che gli ebrei governassero il mondo, e che quindi fossero responsabili di tutte le sue disgrazie. C’era, secondo la loro visione, un unico modo per redimere il mondo: l’annientamento sistematico degli ebrei.

Non è così nell’Islam. Qui, non furono gli ebrei a uccidere il Profeta, ma fu il Profeta che uccise gli ebrei: negli anni dal 623 al 627, Maometto schiavizzò, espulse o annientò tutte le tribù ebraiche a Medina. Pertanto, alcuni tratti tipici dell’antisemitismo cristiano non apparivano nel mondo musulmano: “Non c’erano timori di cospirazioni e dominio da parte degli ebrei, non c’era alcuna accusa di malvagità diabolica. Gli ebrei non furono accusati di avvelenare i pozzi né di diffondere la peste”[3].

Invece, i musulmani solevano trattare gli ebrei con disprezzo o con tolleranza condiscendente. L’odio verso gli ebrei promosso nel Corano e nella Sunna perseguiva l’obiettivo di tenerli sottomessi come dhimmi: l’ostilità era accompagnata dallo svilimento.

Nell’Iran sciita, gli ebrei erano considerati impuri. Quando pioveva, era loro vietato riversarsi nelle strade in modo che la loro “impurità” non contaminasse i musulmani. Questa impronta culturale faceva sembrare assurda l’idea nutrita dagli antisemiti cristiani che gli ebrei potessero rappresentare una minaccia permanente per il mondo.

Tuttavia, tutto cambiò con la comparsa dell’antisemitismo islamico. La sua essenza è la fusione dell’antigiudaismo islamico delle vecchie scritture con l’antisemitismo europeo moderno – da qui la combinazione delle peggiori immagini cristiane e islamiche degli ebrei.

Un esempio è la Carta di Hamas dove all’art. 7 si cita un hadith in cui il profeta Maometto afferma che i musulmani uccideranno gli ebrei “quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero. Allora, le pietre e gli alberi diranno: ‘O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo”. Al contempo, l’art. 22 dello stesso Statuto afferma che gli ebrei “organizzarono la Prima guerra mondiale (…) [e] la Seconda guerra mondiale. (…) Nessuna guerra è mai scoppiata senza che si trovassero le loro impronte digitali”[4].

Questo testo ritrae al contempo gli ebrei, da una parte, come degradati, in fuga e nascosti, e, dall’altra, come i veri e segreti governanti del mondo. Logicamente, questa combinazione è tanto assurda quanto la convinzione nazista che gli ebrei controllassero sia il comunismo sia Wall Street.

Ma così facendo, entrambe le componenti si radicalizzano: l’antisemitismo europeo si alimenta tramite l’impeto religioso e fanatico dell’Islam radicale, mentre il vecchio anti-giudaismo del Corano – integrato dalla teoria del complotto mondiale – è contraddistinto da una nuova peculiarità finalizzata a eliminare gli ebrei.

Un rilevante tratto distintivo di questa nuova peculiarità è la convinzione che gli ebrei di tutto il mondo, in combutta con Israele, siano dietro un complotto sinistro per minare e sradicare l’Islam.

Già negli anni Trenta, Amin al-Husseini, il Mufti di Gerusalemme, sosteneva che gli ebrei fossero impazienti di distruggere i luoghi sacri dell’Islam a Gerusalemme. Negli anni Cinquanta, Sayyid Qutb continuò questa propaganda nel suo pamphlet “La nostra lotta contro gli ebrei” in cui scrisse: “La feroce guerra che gli ebrei hanno lanciato contro l’Islam (…) non si è estinta, nemmeno per un istante, per quasi quattordici secoli fino ad ora, il suo bagliore infuria in ogni angolo del globo”[5].

Il VII secolo è di nuovo associato al XX secolo e alle affermazioni coraniche sugli ebrei unitamente alla visione di una cospirazione mondiale. Questo punto di vista esclude i compromessi: “I musulmani e gli ebrei sono bloccati in uno scontro totale e senza tempo, finché gli uni non sottometteranno definitivamente gli altri”[6]. Pertanto, il conflitto politico tra arabi e sionisti sulla Palestina si è islamizzato e si è trasformato in una lotta religiosa di vita e di morte. Come e quando si è generato questo tipo di odio verso gli ebrei?

L’Islam e gli ebrei e la Conferenza di Bludan

L’antisemitismo islamico non si sviluppò spontaneamente ma fu inventato e usato come un mezzo per un fine. Questo processo iniziò circa 80 anni fa nell’ambito dei tentativi arabi di fermare l’immigrazione sionista in Palestina, che aumentò considerevolmente negli anni Trenta.

Il primo testo che diffondeva il puro e semplice odio verso gli ebrei in un contesto islamico, mescolando alcuni episodi antiebraici della vita di Maometto con la cosiddetta malvagità degli ebrei nel XX secolo, fu un opuscolo di 31 pagine in lingua araba intitolato L’Islam e gli ebrei, pubblicato il 18 agosto 1937 al Cairo.

Da un lato, questo testo si basa sulle tradizioni dell’Islam primitivo: “La battaglia tra gli ebrei e l’Islam ebbe inizio quando Maometto fuggì dalla Mecca a Medina”, si legge nell’opuscolo.

“A quel tempo i metodi ebraici erano già gli stessi di oggi. La loro arma era la diffamazione. (…) Dissero che Maometto era un truffatore (…), cercarono di minare l’onore di Maometto (…), iniziarono a porre a Maometto domande insensate e irrisolvibili. (…) Ma anche con questo metodo, come prima, non hanno avuto successo. Così essi (…) hanno cercato di eliminare i musulmani”.

Allo stesso tempo, il testo attacca gli ebrei nella dizione di antisemitismo europeo definendoli “grandi uomini d’affari”, “sfruttatori”, “microbi” e diffusori di peste. Fin dai tempi di Maometto, si legge nel testo, gli ebrei hanno costantemente cercato di “distruggere i musulmani”. “I versetti coranici e gli hadith”, arguisce l’opuscolo,

“ dimostrano che gli ebrei sono stati i nemici più acerrimi dell’Islam e continuano a cercare di distruggerlo. Non credetegli, conoscono solo l’ipocrisia e l’astuzia. Tenete duro, lottate per il pensiero islamico, per la vostra religione e la vostra esistenza! Non riposate finché la vostra terra non sarà priva di ebrei”[7].

Questo opuscolo fu innovativo sotto molti aspetti.

Innanzitutto, mentre la letteratura islamica classica tratta la lotta di Maometto con gli ebrei come se fosse un episodio minore della vita del Profeta, ora “il conflitto di Maometto con gli ebrei è presentato come un tema centrale della sua attività e alla loro ostilità nei suoi confronti viene conferito un significato cosmico”[8].

In secondo luogo, le componenti antiebraiche dell’Islam, che erano state in precedenza latenti o di minore importanza ricevettero tutto d’un tratto nuovo vigore.

In terzo luogo, i versetti antiebraici contenuti nel Corano sono stati generalizzati e ritenuti validi per il XX secolo: concordi con il razzismo europeo, agli ebrei è stata attribuita una certa natura immutabile con caratteristiche negative.

In quarto luogo, gli schemi religiosi sono stati combinati con elementi di una paranoica teoria del complotto: i musulmani erano considerati vittime eterne (“Tentano di eliminare i musulmani”) per legittimare nuove forme di aggressione (“Non riposate finché la vostra terra non sarà priva di ebrei”), le quali ricordavano più le politiche dei nazisti che il comportamento di Maometto.

Nel settembre 1937, questo pamphlet assunse rilevanza grazie alla sua diffusione al “Congresso nazionale arabo”, tenutosi a Bludan, una stazione termale in Siria, 50 km a nord-ovest di Damasco.

Questo congresso che si svolse dall’8 al 10 settembre 1937, plasmò l’evoluzione del conflitto mediorientale per due ragioni: in primo luogo, fu il punto di partenza di un movimento panarabo centrato sulla lotta contro il sionismo. Inoltre, fu il luogo dal quale l’opuscolo L’Islam e gli ebrei raggiunse il mondo arabo.

Entrambi gli sviluppi sono collegati al nome di Amin al-Husseini.

Quest’ultimo voleva evitare la spartizione della Palestina in uno stato ebraico e in uno arabo come proposto nel giugno 1937 dalla britannica “Commissione Peel” e sostenuta da Londra. Sconfiggere il “Piano Peel” e intimidire quegli arabi che erano favorevoli a esso era lo scopo principale del Congresso di Bludan.

Il Mufti non poté partecipare di persona. Il 17 luglio 1937, un tentativo da parte del Mandato britannico di arrestarlo fallì[9]. Successivamente, Amin al-Husseini rimase nascosto nel distretto della moschea di Gerusalemme fino all’ottobre 1937, quando fuggì a Beirut. Ciononostante, i partecipanti al congresso lo nominarono presidente onorario dell’Assemblea.

Già nel giugno 1937, il Mufti si era recato a Damasco per preparare il Congresso di Bludan e nominare i responsabili per le sue ulteriori disposizioni[10]. Secondo un rapporto del console generale tedesco a Beirut, Amin al-Husseini “mise a disposizione le risorse finanziarie per affittare i due più grandi hotel di Damasco e Bludan, e garantire gratuitamente un gran numero di camere ai partecipanti al congresso”[11].

Non c’è da stupirsi, quindi, che il congresso abbia attirato 411 partecipanti, anche se soltanto 250 persone furono ammesse nella sala del “Grand Hotel di Bloudan”, dove si svolse l’evento. Centosessanta provenivano dalla Siria, 128 dalla Palestina, 65 dal Libano, 30 dalla Transgiordania, 12 dall’Iraq, 6 dall’Egitto e un delegato dall’Arabia Saudita. Tra loro c’erano importanti personalità come l’ex primo ministro iracheno Naji al-Suwaidi, che presiedette l’incontro. I membri attivi dei governi arabi, tuttavia, rimasero lontani da questa performance anti-britannica.

Questo congresso non fu un evento pubblico. Anche ai giornalisti non fu consentito di essere presenti ai colloqui. Ma il colonnello Gilbert MacKereth, che era all’epoca il console britannico a Damasco, fece in modo che una persona di sua fiducia partecipasse al congresso.

Sulla base delle relazioni di questa spia, MacKerreth nel suo “memorandum sul Congresso di Bludan” del settembre 1937, definì l’evento come “una manifestazione di giudeofobia”. A questo proposito, egli fece riferimento a

“un pamphlet sorprendentemente incendiario intitolato ‘Gli ebrei e l’Islam’ che fu consegnato a ogni membro del congresso al suo arrivo. Era stato stampato in Egitto”.

L’annesso V del memorandum di MacKereth, scritto dalla sua spia, reca il titolo: “Descrizione di un Pamphlet violentemente anti-ebraico stampato al Cairo per conto del Comitato di difesa della Palestina che fu distribuito a ognuno dei partecipanti al Congresso di Bludan”. Questo memo fornisce una sintesi del contenuto del pamphlet, senza lasciare dubbi sul fatto che la pubblicazione stampata al Cairo nell’agosto 1937 fu distribuita in quel contesto[12].

Durante la guerra, la Germania nazista stampò e diffuse L’Islam e gli ebrei pressoché invariato, in diverse lingue ed edizioni. Ad esempio, c’è la prova che nel 1942 le autorità spagnole sequestrarono circa 1500 copie di “un pamphlet di propaganda tedesco in lingua araba intitolato ‘L’Islam e gli ebrei’” che era stato inviato al consolato tedesco a Tangeri. Secondo il ministero degli Esteri tedesco, questi opuscoli avrebbero dovuto essere distribuiti “con discrezione” nel Marocco spagnolo.

Le autorità spagnole, tuttavia, che governavano a Tangeri, lo impedirono. Erano dell’opinione che “la diffusione di simili testi propagandistici diretti contro gli elementi ebraici nel Marocco spagnolo non poteva essere consentita” e tutte le copie furono confiscate e distrutte[13].

Nel 1943, a Zagabria furono stampate altre 10mila copie dello stesso pamphlet, questa volta in serbo-croato (Islam I Zidovstvo), e distribuite in Bosnia e Croazia.

Metà dei testi fu fatta circolare tra i musulmani dell’ufficio locale dello Squadrone di propaganda Croazia a Banja Luka; le copie rimanenti furono distribuite a Sarajevo. Altre copie furono pubblicate e distribuite in lingua tedesca[14].

Sebbene attualmente non si conosce la portata della diffusione di questo opuscolo, L’Islam e gli ebrei potrebbe essere considerato come il precursore del famigerato testo di Sayyid Qutb, La nostra lotta contro gli ebrei, degli anni Cinquanta. Nella sua opera di grande rilievo, Islam and Nazi Germany’s war, David Motadel considera L’Islam e gli ebrei come “uno dei più significativi esempi di questo tipo di propaganda antiebraica diffusa tra i musulmani”[15], mentre lo storico Jeffrey Herf ritiene che questo testo sia “uno dei testi fondanti della tradizione islamista, un libello che definiva la religione dell’Islam come una fonte di odio verso gli ebrei”[16]. Ma chi, in effetti, pubblicò e scrisse L’Islam e gli ebrei?

Chi autorizzò L’Islam e gli ebrei?

L’editore della prima edizione in arabo di L’Islam e gli ebrei fu Mohamad Ali al-Taher, direttore dell’“Ufficio di informazione arabo-palestinese” in Egitto. Al-Tawer era un noto giornalista palestinese che viveva al Cairo da molti anni.

Secondo il professore norvegese di Studi sul Medio Oriente, Brynjar Lia, egli era uno dei “contatti palestinesi al Cairo” di Amin al-Husseini e avrebbe contribuito al trasferimento del denaro nazista tedesco ai Fratelli Musulmani egiziani[17]. Sir Miles Lampson, ambasciatore della Gran Bretagna in Egitto, lo definì un “noto agitatore”[18]. Al-Taher fu anche coinvolto nel Congresso di Bludan come membro del suo Comitato di propaganda.

Ciononostante, non era l’autore del pamphlet. “Un eminente arabo fu l’autore di questo libello sugli ebrei e sul loro comportamento”, scrisse al-Taher nella sua breve prefazione a L’Islam e gli ebrei “e lo apprezziamo molto”[19]. Ma chi era quell’“eminente arabo”?

Questo segreto non fu rivelato né al Cairo nell’agosto 1937 né a Bludan, un mese dopo. Fu in Germania che Amin al-Husseini venne designato la prima volta come il presunto autore di L’Islam e gli ebrei. Nel 1938, a Berlino, lo “Junker und Dünnhaupt Verlag” pubblicò l’intero opuscolo con il titolo: “Islam-giudaismo. L’appello del Mufti al mondo islamico nel 1937”[20]. Nelle successive edizioni pubblicate dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, il Mufti continuò a essere designato come l’autore.

Se al-Husseini fosse di fatto l’unico promotore e autore di questo libello è tuttavia una questione aperta. Non c’è dubbio che i nazisti hanno usato questo opuscolo per i loro scopi propagandistici. Erano anche coinvolti nell’ideazione? Da un lato, il testo in arabo è caratterizzato da uno stile di scrittura poetico, come si può ravvisare in altri testi del Mufti[21]. Dall’altro, il Mufti non ne rivendicò mai la paternità.

I propagandisti nazisti, nei loro tentativi di mobilitare gli arabi contro gli ebrei, avevano scoperto che il loro antisemitismo razzista era stato accolto con incomprensione. Di conseguenza, iniziarono a usare il credo islamico come telecomando per ottenere l’accesso alle masse musulmane. Per citare David Motadel:

“Berlino fece un uso esplicito della retorica religiosa, della terminologia e del linguaggio figurato e cercò di impegnarsi e di reinterpretare la dottrina religiosa e i concetti. (…) I testi sacri come il Corano (…) furono politicizzati per incitare alla violenza religiosa contro i presunti nemici comuni. (…) La propaganda tedesca combinava l’Islam con l’agitazione antiebraica fino a un livello che sino ad allora era disconosciuto al mondo musulmano moderno”[22].

Nel 1937, i nazisti erano i più stretti alleati di al-Husseini. L’“unica grande potenza interessata alla vittoria araba sugli ebrei di Palestina e che godeva della piena fiducia da parte degli arabi era la Germania”, affermava Fritz Grobba, l’ambasciatore tedesco a Baghdad, in un report riguardante una visita effettuata dagli emissari del Mufti all’inizio del gennaio 1937[23]. Nell’estate del 1937, quando il Mufti si nascondeva sul Monte del Tempio a Gerusalemme, egli entrò in contatto con i rappresentanti della Germania nazista attraverso un intermediario.

A quel tempo, i propagandisti nazisti avevano già scoperto il potenziale antisemita dell’Islam. Così, nell’aprile 1935, la rivista nazista Weltkampf pubblicò un articolo sul “movimento antisemita nell’Islam”[24]. In seguito, Johann von Leers, uno dei più famosi agitatori nazisti, pubblicò dei saggi sugli “ebrei e l’Islam come opposti”[25]. Lo storico Robert Wistrich racconta che von Leers “aveva elogiato l’Islam nel 1936 per aver eliminato con successo la ‘minaccia ebraica’ in Arabia”[26].

Lo storico tedesco Martin Finkenberger, che ha approfonditamente studiato la biografia di Johann von Leers, scrive:

“Secondo quanto affermato da von Leers, egli era in contatto almeno dal 1933 con degli studenti arabi residenti a Berlino, alcuni dei quali avevano legami con Al-Husseini. (…) Von Leers sostiene di essere entrato in contatto con il Mufti intorno al 1936”[27].

Non è ancora chiaro come si sia giunti alla stesura e alla pubblicazione de L’Islam e gli ebrei e quale ruolo abbiano avuto i nazisti in questo. Inoltre, non sappiamo quali contatti possa avere avuto al-Taher, l’editore di questo libello, con gli agenti tedeschi in Egitto, nel 1937.

Da un lato, ”l’Ufficio di Informazioni arabo palestinese”, da lui diretto, era sospettato di collaborare con gli agenti nazisti[28]. Dall’altro lato, suo figlio, Hassan Eltaher, disse che a suo padre era stato chiesto di contattare gli agenti nazisti. Ma lui si era rifiutato di farlo e non aveva mai avuto alcun contatto[29].

Non è chiaro come sia stata orchestrata la traduzione tedesca del 1938 di L’Islam e gli ebrei e chi l’abbia curata. Non si sa nemmeno perché Ferdinand Seiler, allora console tedesco a Beirut, non menzionò questo pamphlet nelle quattro pagine di rapporto sul Congresso di Bludan[30].

Dopotutto, la Germania aveva una posizione privilegiata a Bludan: sebbene il congresso non fosse aperto agli osservatori internazionali non arabi, l’addetto stampa del NSDAP/AO a Beirut riuscì a partecipare alla conferenza grazie ai suoi contatti personali con alcuni degli organizzatori[31]. Il quotidiano nazista Völkischer Beobachter dette notizia di questo evento, con tanto di foto[32].

Mentre gli storici devono ancora rispondere a importanti domande sul pamphlet e su Bludan, il contesto politico che facilitò la comparsa dell’antisemitismo islamico è abbastanza chiaro.

Nella sua breve prefazione, Al-Taher collegò L’Islam e gli ebrei alla lotta contro la spartizione della Palestina, come proposta nel 1937 nel Piano Peel e scrisse che l’Ufficio di Informazioni arabo palestinese pubblicò questo lavoro perché i musulmani e gli arabi “dovrebbero sapere degli ebrei, proprio ora che gli ebrei cercano di creare uno stato eliminando i musulmani e gli arabi”[33].

Lo stesso libello culmina nel seguente invito: “Non si può tollerare il piano di spartizione, perché la Palestina è un paese arabo da secoli e dovrebbe rimanere arabo per sempre”[34]. L’Islam e gli ebrei intendeva pertanto teologizzare il conflitto territoriale tra gli ebrei e gli arabi per impedire l’attuazione di una proposta di spartizione della Palestina – il primo importante tentativo di compromesso – che inizialmente aveva incontrato un certo grado di approvazione da parte di alcuni arabi moderati.

Al contempo, l’antisemitismo islamico aveva l’obiettivo di far fronte agli ebrei con una specie di guerra totale: se il male degli ebrei è immutabile e permanente, trascendendo il tempo e le circostanze, c’è solo un modo per purificare il mondo: la loro totale espulsione o l’annientamento.

Questa idea fu diffusa quotidianamente tra il 1939 e il 1945 dalle trasmissioni in lingua araba della Germania nazista[35]. Così, nel dicembre 1942, Al-Husseini pronunciò un discorso all’inaugurazione dell’Istituto centrale islamico a Berlino, in cui dichiarava che “l’odierna comunità ebraica mondiale” avrebbe condotto l’umanità “nell’abisso della perdizione, proprio come fece quando il Profeta era in vita”. Fu “la stessa influenza ebraica, (…) che ha perseguitato le persone in questa estenuante guerra, il tragico destino di cui beneficiano soltanto gli ebrei”[36]. La fantasia che gli tutti gli ebrei fossero dietro la Seconda guerra mondiale e che trassero profitto da essa proviene direttamente dall’arsenale della propaganda nazista[37].

In un discorso diffuso nel marzo 1944, il Mufti definiva gli ebrei “bacilli” e “microbi” ed esortava i musulmani “a spingere tutti gli ebrei fuori dalla Palestina e dagli altri paesi arabi e islamici con determinazione e forza. A investire tutti gli sforzi per garantire che non vi sia più un solo ebreo o un solo colonialista in questi paesi”[38].

Entrambi gli aspetti contraddistinguono l’antisemitismo ancora oggi: il rigoroso divieto di scendere a compromessi con gli ebrei e la richiesta di espellerli o distruggerli. La pubblicazione di L’Islam e gli ebrei e le successive campagne dell’antisemitismo islamico hanno cambiato la percezione degli ebrei in seno alle società islamiche.

Hanno rafforzato una lettura esclusivamente anti-ebraica dei testi sacri islamici, hanno diffuso su larga scala le teorie complottistiche europee nel mondo arabo e continuano ad agitarsi contro il progetto sionista in termini genocidi, come mostrano i due esempi qui di seguito.

“La soluzione finale” escatologica

“Chiunque cerchi proclami anti-ebraici islamici può perfino trovare una tradizione secondo la quale la Resurrezione sarà preceduta da un massacro degli ebrei da parte dei musulmani – una ‘soluzione finale’ escatologica”, scriveva Yehoshafat Harkabi nel suo studio seminale del 1972, Arab attitudes to Israel (Atteggiamenti arabi nei confronti di Israele)[39]. Come prova, egli citava il seguente hadith contenuto nel pamphlet del 1937 L’Islam e gli ebrei:

“Disse il Profeta, su cui sia la pace: l’ora della Resurrezione non arriverà fino a quando i musulmani non combatteranno gli ebrei e i musulmani li uccideranno, finché gli ebrei si nasconderanno dietro pietre e alberi, e le pietre e gli alberi diranno: Oh musulmano, servo di Allah, c’è un ebreo dietro di me, vieni e uccidilo! Ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei. Disse l’imam al-Tabari: Il Gharqad è un albero famoso, dotato di spine, che si trova a Gerusalemme, dove avverrà l’uccisione del Dajjal e degli ebrei”.

Questo è un hadith particolarmente crudele. Non solo rende l’uccisione degli ebrei essenziale per la salvezza finale dei musulmani, ma esige anche che dagli alberi – simbolo della natura vivente – e dalle pietre – simbolo della natura morta – che gli ebrei vengano uccisi, come se fosse l’intero universo a condannarli a morte. È un hadith sadico perché mostra l’ebreo non come pericoloso, ma come una figura spaventata e tremante che cerca di nascondersi, ma che comunque è trascinata fuori dal suo nascondiglio e inesorabilmente uccisa.

Tali espressioni, continua Harkabi, “non si può dire che siano una parte essenziale dell’Islam; sono latenti, persino sconosciute ai suoi seguaci (…) purché non vengano ripetute con una certa frequenza”[40].

Ma questo è esattamente quello che è successo. Nel 1937, iniziò la divulgazione di questo hadith crudele, che oggi è certamente, almeno nel mondo arabo, uno dei più conosciuti e citati.

Nel 1937, il Foreign Office di Londra ne venne a conoscenza per la prima volta quando il ministro arabo-saudita a Londra informò un funzionario del Foreign Office britannico, “in merito alla propaganda anti-ebraica che viene condotta tra i musulmani più ignoranti e fanatici della maggior parte dei paesi arabi”. E questo ministro fornì al Ministero degli Esteri britannico la versione araba di questo hadith con la traduzione inglese[41].

Vent’anni dopo, non solo “i musulmani ignoranti e fanatici”, ma anche l’élite religiosa diffuse questo testo. L’Università al-Azhar del Cairo, ad esempio, il più antico e prestigioso centro d’insegnamento religioso musulmano, dedicò il numero dell’ottobre 1968 del suo periodico mensile Majallat al-Azhar a un articolo di approvazione su questo hadith.

Il suo autore, Sheikh Nadim Al-Jisr, un membro dell’Accademia di ricerca islamica, ne sottolineava l’importanza contemporanea[42]. Per tredici secoli, il suo significato rimase nascosto, egli spiegava, perché non era appropriato uccidere le inermi minoranze ebraiche. Ma alla fine il suo significato fu rivelato. Per consentire a questo hadith di trovare attuazione, Dio aveva ordinato che gli ebrei raggiungessero il potere e creassero uno stato, il che facilita e giustifica l’ucciderli tutti[43].

Nel suo libro, “The People of Israel in the Qur’an and the Sunnah”, Mohammed Sayyed Tantawi, il Grande Sceicco di al-Azhar tra il 1996 e il 2010, ha aggiunto il suo sostegno alla tesi che la distruzione di Israele è divinamente predestinata[44]. I musulmani non potevano distruggere gli ebrei mentre erano sparsi nel mondo. Pertanto, secondo Tantawi, lo scopo principale dell’assembramento degli ebrei in esilio e la creazione dello Stato di Israele è l’attuazione della promessa di Allah di annientarli[45].

Egli cita il suddetto hadith come prova “che sarebbe scaturita una guerra decisiva tra musulmani ed ebrei, in cui i musulmani avrebbero vinto a patto che (…) guidassero l’imminente battaglia per la Palestina come una lotta religiosa”[46].

La Rivoluzione iraniana del 1979 rafforzò ulteriormente l’interpretazione religiosa del conflitto palestinese. Nel 1988, Hamas incluse l’hadith degli alberi e delle pietre nella sua Carta, in vigore ancor oggi. Da allora, le promesse genocide di questo hadith sono state reiterate in moltissimi sermoni e in numerose sue varianti esistenti in molte parti del mondo islamico[47].

L’interpretazione sciita dell’hadith, ad esempio, prevede che la battaglia vittoriosa contro gli ebrei causerà il ritorno del Messia sciita, il Dodicesimo Imam. Il Grande Ayatollah dell’Iran, Nuri Hamadani, ha insistito sul fatto che sia necessario “combattere gli ebrei e sconfiggerli in modo che le condizioni per l’avvento dell’Imam Nascosto [vale a dire il Messia sciita] siano soddisfatte”. Egli ha basato la redenzione dei musulmani o addirittura dell’intero mondo sulla distruzione di Israele[48].

La “soluzione finale” dell’Iran per la Palestina

I governanti iraniani considerano chiaramente l’ambizione di distruggere Israele come parte di una guerra religiosa.

Già nel 1963, all’inizio della sua carriera, Ruhollah Khomeini concentrò i suoi attacchi antisemiti contro “i nemici del Corano”, riferisce il suo biografo Amir Taheri. Khomeini consigliò ai suoi seguaci di “rammentare e spiegare le catastrofi inflitte all’Islam dagli ebrei e dai baha’i”. Egli affermò che il governo israeliano aveva stampato milioni di copie di “un Corano falsificato” nel tentativo di “distruggere la nostra gloriosa fede”[49].

In seguito, Khomeini, che era stato un ascoltatore regolare delle trasmissioni in lingua persiana dei nazisti, concentrò i suoi attacchi sull’affermazione che gli ebrei in combutta con Israele erano dietro un complotto per distruggere l’Islam:

“Israele non vuole che il Corano sia in questo regno. Israele non vuole che gli ulema dell’Islam restino in questo regno. Israele non vuole che le leggi dell’Islam governino questo paese”[50].

Khomeini diffuse il concetto dell’estinzione di Israele per motivi religiosi – come una precondizione per l’unità musulmana e la rinascita islamica, nonché come un dovere fondamentale nella lotta contro la “corruzione morale” incarnata da una decadente cultura occidentale. Allo stesso modo, il successore di Khomeini, il leader della Rivoluzione iraniana Ali Khamenei, ha descritto “la guerra in Palestina [come] una guerra all’esistenza dell’Islam”: “Il destino del mondo dell’Islam e il destino dei paesi islamici (…) dipendono dal destino della Palestina”. La sua conclusione è chiara: “Noi crediamo che l’annientamento del regime israeliano sia la soluzione al problema della Palestina”[51].

Possiamo qui ravvisare il frutto di una fissazione, secondo la quale gli ebrei vogliono sradicare l’Islam: l’annuncio e la preparazione di una guerra contro Israele dettata da motivi religiosi, che riguarda non solo la regione, ma il mondo intero.

Oggi, come ottanta anni fa, l’obiettivo distruttivo dell’antisemitismo islamico va di pari passo con una dichiarazione di guerra contro i cosiddetti collaboratori: “Tutti gli arabi che collaborano con gli ebrei dovrebbero essere distrutti prima che aiutino gli ebrei a distruggerci”, proclamava il programma radio in lingua araba della Germania nazista nell’aprile del 1943[52]. Una generazione dopo, Khomenei dichiarò: “È dovere di tutti i paesi islamici eliminare totalmente Israele. (…) Qualsiasi contatto con Israele e i suoi agenti (…) è proibito religiosamente e costituisce una ostilità nei confronti dell’Islam”[53. Un’altra generazione dopo, Ahmadinejad esclamò: “Se qualcuno (…) riconosce il regime sionista, dovrebbe sapere che brucerà nel fuoco dell’Ummah [nazione] islamica”[54]. Infine, nell’aprile 2018, dopo che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman aveva riconosciuto il diritto di Israele a esistere, Ali Khamenei ha risposto immediatamente e ha attaccato questo “atto di tradimento da parte di alcuni capi di Stato arabi” definendolo “un grande e imperdonabile peccato”[55].

L’antisemitismo islamico, da un lato, non ha perso nulla del suo potenziale distruttivo: insieme al culto del martirio, esso appartiene al repertorio ideologico degli islamisti sciiti e sunniti e alimenta la loro guerra anti-ebraica, non solo ad Ankara, a Ramallah e ad Amman, ma anche durante le manifestazioni di protesta a Malmö e a Berlino. La sua avversione per la pace con Israele aumenta il pericolo di una guerra totale.

Dall’altro lato, noi stiamo assistendo a un periodo di disgelo in parte del mondo arabo, non solo rispetto a Israele, ma anche riguardo ai nuovi dibattiti sull’antisemitismo e sull’Islam. Di recente, ad esempio, ‘Abd Al-Hamid Al-Hakim, un intellettuale saudita di spicco, ha esortato attraverso Twitter “a sradicare la cultura dell’odio per gli ebrei”, mentre il suo collega Mash’al Al-Sudairi ha accusato Amin al-Husseini nelle pagine del quotidiano saudita che ha sede a Londra Al-Sharq Al Awsat asserendo: “Fu lui a cercare di combinare l’ideologia dei Fratelli Musulmani e quella nazista” e “danneggiò la causa [palestinese] più di chiunque altro”[56].

Questo saggio puntualizza che l’antisemitismo islamico è una invenzione relativamente recente che i nazisti usarono come parte della loro propaganda. Forse, nel contesto di un dibattito intra-islamico, i tempi sono maturi per una seria sfida a questa ideologia.

Parte di questo documento di lavoro è stata presentata per la prima volta alla Conferenza internazionale su “l’Islam e l’antisemitismo”, organizzata dall’Institute for Jewish Studies (Università di Vienna), dal Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry (Tel Aviv University) e dall’Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy dell’Università di Vienna, l’8 novembre 2016.

Questa è la versione prestampata di un articolo che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista Antisemitism Studies (Antisemitism Studies 2.2., October 2018), pubblicata dalla Indiana University Press e curata da Catherine Chatterley, Canadian Institute for the Study of Antisemitism (CISA), University of Manitoba. Si veda: www.antisemitismstudies.com/index.htm

Traduzione in italiano di Angelita La Spada

Qui l’articolo originale in lingua inglese

[1] Alexander Gruber, “Erdogans Erlösungsantisemitismus:,Kein Baum wird die Juden schützen”, MENA-WATCH, December 15, 2017, consultato il 3 maggio 2018, https://www.mena-watch.com/mena-analyse ... schuetzen/.

[2] “Abbas at OIC summit: Israel‘s violations absolve us from our commitments,” WAFA-News-Agency, Dec. 13, 2017, consultato il 3 maggio 2018, http://iinanews.org/page/public/news_de ... urNEpdCTcs

[3] Bernard Lewis, Semites and Anti-Semites. An Inquiry into Conflict And Prejudice, (London: Weidenfeld and Nicolson, 1986) 122.

[4] Statuto di Hamas del 1988, consultato il 3 maggio 2018, http://avalon.law.yale.edu/20th_century/hamas.asp.

[5] Ronald L. Nettler, Past Trials and Present Tribulations. A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews (Oxford: Pergamon Press, 1987) 83-4.

[6] Martin Kramer, “The Jihad Against the Jews,” Commentary, March 14, 2004, consultato il 3 maggio 2018, https://www.commentarymagazine.com/arti ... -the-jews/.

[7] Tradotto dalla versione tedesca di “Islam-Judentum. Aufruf des Großmufti an die islamische Welt im Jahre 1937” in: Mohamed Sabry, Islam-Judentum-Bolschewismus (Berlin: Junker & Dünnhaupt, 1938) 22-32. Secondo Andrew G. Bostom, non c’è “alcuna prova del fatto che i temi centrali dell’antisemitismo cristiano europeo siano invocati in questo testo. Cfr. Andrew G. Bostom, The Mufti’s Islamic Jew-Hatred (Washington, D.C.: Bravura Books 2014) 33. L’opuscolo di Bostom contiene una traduzione completa (anche se talvolta imprecisa) del testo tedesco di L’Islam e gli ebrei, in lingua inglese.

[8] Lewis, Semites and Anti-Semites, 128.

[9] Matthias Küntzel, “Terror und Verrat. Wie der Mufti von Jerusalem seiner Verhaftung entging,” Mena-Watch Wien, Juli 5, 2017, consultato il 3 maggio 2018, http://www.matthiaskuentzel.de/contents ... und-verrat.

[10] Yehuda Taggar, The Mufti of Jerusalem and Palestine Arab Politics, 1930-1937 (New York & London: Garland Publishing, 1986) 454.

[11] Il rapporto sul Congresso di Bludan del 16 settembre 1937, British National Archive (BNA), GFM 33/611, Serial 1525.

[12] Il memo di MacKereth del 14 settembre 1937, compresi gli allegati dall’1 al 6 è pubblicato in: Elie Kedourie, “The Bludan Congress on Palestine, September 1937,” Middle Eastern Studies 17. no. 1 (1981), 107-125. Questo è attualmente l’unico report conosciuto della distribuzione di “Islam and Jewry” a Bludan. Questa fonte, tuttavia, sembra essere credibile. Kedourie ha elogiato MacKereth nel suo suddetto articolo definendolo come “uno dei più astuti e più esperti rappresentanti britannici in Medio Oriente – forse anche il più intelligente e il più valido dei giudizi espressi in questo particolare periodo”.

[13] Beschlagnahme einer deutschen Propagandaschrift , ‘Der Islam und die Juden’ (in arabischer Sprache)”, Zentrum Moderner Orient Berlin, Höpp-Archiv, No. 01.10.015.

[14] Jennie Lebl, The Mufti of Jerusalem Haj-Amin el-Husseini and National-Socialism (Belgrade: Cigoja Stampa, 2007) 311-319; Motadel, Islam,196 e Thomas Casagrande, Die volksdeutsche SS-Division “Prinz Eugen” (Frankfurt: Campus 2003) 233.

[15] Motadel, Islam, 196.

[16] Jeffrey Herf, “Haj Amin al-Husseini, the Nazis and the Holocaust: The Origins, Nature and Aftereffects of Collaboration,” in: Jewish Political Studies Review 26, no. 3&4 (2016): 15.

[17] Brynjar Lia, The Society of the Muslim Brothers in Egypt. The Rise of an Islamic Mass Movement 1928-1942, (Reading: Ithaca Press, 1998) 179.

[18] Palestine: Egyptian press, 18. August 1937, BNA FO 371/20811.

[19] Ringrazio l’arabista e storico dr. Edy Cohen, che ha scoperto l’originale libello in arabo e ha tradotto la prima pagina per me.

[20] Sabry, Islam-Judentum, 22-32.

[21] Messaggio verbale del dr. Edy Cohen.

[22] David Motadel, Islam and Nazi Germany’s War ( London: Belkamp of Harvard University Press, 2014) 76, 97.

[23] Grobba, Bagdad, den 5. Januar 1937, Politisches Archiv des Auswärtigen Amts (PAAA), Akten betreffend Judenfragen, Pol. VII, R 104791.

[24] Kureshi, “Antisemitische Bewegung im Islam,” Der Weltkampf 12, no. 136 (1935): 113-115.

[25] Johann von Leers, “Judentum und Islam als Gegensätze,” Die Judenfrage in Politik, Recht, Kultur und Wirtschaft 6, no. 24 (1942): 275-77.

[26] Robert Wistrich, A Lethal Obsession. Anti-Semitism from Antiquity to the Global Jihad (New York: Random House, 2010) 611.

[27] Ringrazio Martin Finkenberger per questa informazione, che mi ha inviato nell’ottobre 2016.

[28] Gudrun Krämer, Minderheit, Millet, Nation? Die Juden in Ägypten 1914-1952 (Wiesbaden: Otto Harrassowitz, 1982) 291.

[29] Ringrazio Hassan Eltaher, che vive in Canada, per questa informazione, che mi ha inviato nel gennaio 2017.

[30] Deutsches Generalkonsulat, Panarabischer Kongress in Bludan, BNA GFM 33/611, Serial 1525.

[31] Götz Nordbruch, Nazism in Syria and Lebanon. The ambivalence of the German option, 1933-1945 (London and New York: Routledge, 2009) 159.

[32] Pas. Kairo, Nach dem Panarabischen Kongreß von Bloudan, Völkischer Beobachter, September 19, 1937.

[33] Secondo la traduzione del dr. Edy Cohen.

[34] Tradotto dalla versione tedesca di “Islam-Judentum”.

[35] Cfr. Jeffrey Herf, Nazi Propaganda For The Arab World (New Haven & London: Yale University Press 2009).

[36] Gerhard Höpp, ed., Mufti-Papiere. Briefe, Memoranden, Reden und Aufrufe Amin al-Husainis aus dem Exil, 1940-1945 (Berlin: Klaus Schwarz Verlag, 2001) 125-26.

[37] Si veda la brillante descrizione in: Jeffrey Herf, The Jewish Enemy. Nazi Propaganda during World War II and the Holocaust (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2006).

[38] Höpp, Mufti-Papiere, 211.

[39] Yehoshafat Harkabi, Arab Attitudes to Israel (Jerusalem: Keter Publishing House, 1972) 269.

[40] Ibid.

[41] Palestine: Authentic sayings of the Prophet Mohammad, BNA, FO 371/20812.

[42] Harkabi, Arab attitudes, cit., 269.

[43] ] D.F.Green [ossia David Littman) ha pubblicato l’articolo di al-Jisr nella sua raccolta D. F. Green (ed.), Arab Theologians on Jews and Israel, (Geneva: Editions de l’Avenir Genève, 1971) 42-47.

[44] La quarta edizione del libro di Tantawi fu pubblicata nel 1997 al Cairo. Cfr. Wolfgang Driesch, Islam, Judentum und Israel, (Hamburg: Deutsches Orient-Institut, 2003) 53.

[45] Shaul Bartal, “Reading the Qur’an: How Hamas and the Islamic Jihad Explain Sura al-Isra,” in: Politics, Religion & Ideology, 14 Dec 2016, acccessed May 3, 2018, http://dx.doi.org/10.1080/21567689.2016.1265514.

[46] Driesch, Islam, Judentum, 88-9.

[47] “California Friday Sermon: Imam Ammar Shahin Cites Antisemitic Hadith”, Middle East Media Research Institute (MEMRI), July 21, 2017, Clip No. 6133; “Egyptian Preacher Sayed Ahmad Ali Denies the Holocaust, States: There Can Be No Peace with the Jews”, MEMRI, August 4, 2017 to August 11, 2017, Clip No 6226.

[48] Meir Litvak, “The Islamic Republic of Iran and the Holocaust: Anti-Semitism and Anti-Zionism,” Journal of Israeli History 25, no. 1 (2006): 272.

[49] Amir Taheri, The Spirit of Allah. Khomeini & the Islamic Revolution (Bethesda: Adler&Adler, 1986) 132.

[50] Taheri, The Spirit, 139.

[51] Ali Khamenei, The Most Important Problem of the Islamic World. Dichiarazioni selezionate dell’ayatollah Khameinei sulla Palestina (Teheran 2009) 13, 51, 101, consultato il 3 maggio 2018, http://s15.khamenei.ir/ndata/news/18463 ... nglish.pdf.

[52] Jeffrey Herf, Nazi-Propaganda for the Arab World, (New Haven: Yale University Press, 2009) 171.

[53] Das Palästinaproblem aus der Sicht Imam Khomeinis (Teheran: Institution zur Koordination und Publikation der Wer[1] Höpp, Mufti-Papiere, 211

[54] “Iranian President at Tehran Conference”, MEMRI Special Dispatch Series No. 1013, October 28, 2005.

[55] “Knocking Saudis, Khamenei calls interacting with Israel ,betrayal‘, backs Hamas”, Times of Israel, April 4, 2018.

[56] Z. Harel, “Shift In Saudi Media’s Attitude To Israel – Part II: Saudi Writer Who Visited Israel: We Want An Israeli Embassy in Riyadh; We Should Make Peace With Israel, Uproot Culture of Hatred For Jews”, MEMRI, May 29, 2018, Inquiry & Analysis Series No. 1399 and “Saudi Writer: The Arab League Summits Are Completely Pointless; Palestinian Leaders – First And Foremost Jerusalem Mufti Al-Husseini and PLO Leader Arafat – Damaged the Palestinian Cause The Most”, MEMRI, May 31, 2018, Special Dispatch No. 7499.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 22, 2018 9:10 pm

L'orrore dei cristiani antiebrei e pronazismo islamico
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Rasixmo contro łi ebrei
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 22, 2018 9:11 pm

LA RISPOSTA ALLE STRAGI ANTISEMITE E' IL SOSTEGNO ALLO STATO DI ISRAELE
di Ugo Volli

Bisogna sentire il lutto della terribile strage di Pittsburgh per quel che è stata, per ognuna delle 11 vittime, che sono state vilmente uccise mentre erano in preghiera (ne faccio qui i nomi, perché è importante contrastare la massificazione genocida: Joyce Feinberg 75 anni; Richard Gottfried 65 anni; Rose Malinger 97 anni; Jerry Rabonowitz di 66 anni; Cecil Rosenthal 59 anni; David Rosenthal 54 anni; Bernice Simon 84 anni; Sylvan Simon 86 anni; Daniel Stein 71 anni; Melvin Wax 88 anni; e Irving Youngner 69 anni) per i feriti, per i traumatizzati, per quel neonato il cui ingresso rituale nel mondo è stato insanguinato dall’assassino.

Ma purtroppo non deve, non può essere isolata dagli altri atti di terrorismo che continuamente prendono di mira gli ebrei nel mondo, dall’accoltellamento che è avvenuto a Parigi due giorni dopo Pittsburgh al missile proveniente da Gaza che ha centrato una casa a Beer Sheva la settimana scorsa. Purtroppo questi episodi non si possono distaccare dall’incitamento e dalla propaganda antisemita che circola largamente in Europa, nel mondo arabo e nel resto del mondo...

[Continua a leggere l'articolo sul nostro blog >> https://www.progettodreyfus.com/antisem ... rrorismo-a…/]

#Antisemitismo #terrorismo #Pittsburgh #Israele

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... ment_reply

Alberto Pento
Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
viewtopic.php?f=197&t=2804

Pino Mancuso
Allora a destra è tutto a posto?

Alberto Pento
No a destra vi è una minoranza demenziale antisemita e antisraeliana, mentre a sinistra vi è una maggioranza antisionista e antisraeliana (che è la forma moderna e più subdola di antisemitismo) che utilizza l'antisemitismo europeo del passato (sfociato nella Shoah) in forma strumentale solo per dare contro alla destra e per negare i diritti umani naturali, civili, politici universali dei nativi e cittadini italiani ed europei e promuovere l'invasione dei clandestini.

Bruno Siviliano
La minoranza di destra antisemita ed antisionista è in realtà socialista, quindi di sinistra.
Sono dei bipolari politici: si ispirano ad hitler e a mussolini che furono socialisti, i quali rimasero socialisti convinti fino alla fine; ma dopo la loro fine, la intellighenzia di sinistra manipoló la realtà dicendo che furono di destra, tutti i credettero, e anche i loro nostalgici pur essendo socialisti sono convinti di fare parte della destra. Se mai un giorno ci si sveglierá da questo incubo, anche questi dementi verranno ricacciati nel luogo da cui provengono: a sinistra

https://www.prageru.com/videos/fascism-right-or-left

Esatto. La propaganda antisemita cominciata con il socialista ateo hitler, fondatore del partito socialista nazionalista di sinistra meglio conosciuto come nazista, alleato degli antisemiti dell'islam che incita all'uccisione di tutti gli ebrei prima del giorno del giudizio; la stessa propaganda antisemita che continua oggi con i socialisti internazionalisti delle sinistre islamo-friendly ed antisioniste



Antisemitismo e terrorismo: Israele è l'antidoto più efficace
Ugo Volli

https://www.progettodreyfus.com/antisem ... -attentati

Antisemitismo e terrorismo. Bisogna sentire il lutto della terribile strage di Pittsburgh per quel che è stata, per ognuna delle 11 vittime, che sono state vilmente uccise mentre erano in preghiera (ne faccio qui i nomi, perché è importante contrastare la massificazione genocida: Joyce Feinberg 75 anni; Richard Gottfried 65 anni; Rose Malinger 97 anni; Jerry Rabonowitz di 66 anni; Cecil Rosenthal 59 anni; David Rosenthal 54 anni; Bernice Simon 84 anni; Sylvan Simon 86 anni; Daniel Stein 71 anni; Melvin Wax 88 anni; e Irving Youngner 69 anni) per i feriti, per i traumatizzati, per quel neonato il cui ingresso rituale nel mondo è stato insanguinato dall’assassino.

Ma purtroppo non deve, non può essere isolata dagli altri atti di terrorismo che continuamente prendono di mira gli ebrei nel mondo, dall’accoltellamento che è avvenuto a Parigi due giorni dopo Pittsburgh al missile proveniente da Gaza che ha centrato una casa a Beer Sheva la settimana scorsa. Purtroppo questi episodi non si possono distaccare dall’incitamento e dalla propaganda antisemita che circola largamente in Europa, nel mondo arabo e nel resto del mondo. Le inchieste mostrano che in Germania ci sono stati 947 atti antisemiti nel 2017, un aumento del 55 per cento rispetto al 2016, che il 51 per cento dei polacchi non vuole che la propria figlia sposi un ebreo, che nel 2017 c’è stato un aumento del 78% degli episodi di violenza fisica contro gli ebrei nel Regno Unito e un aumento del 30% di tutti gli altri incidenti antisemiti nel paese, che a maggio 2017, il Centro ricerche PEW negli Stati Uniti, ha condotto uno studio su 2000 residenti in 18 paesi dell’Europa centrale e orientale. Lo studio ha rilevato che il 20% degli intervistati non vuole ebrei nel proprio paese e il 30% non vuole ebrei come vicini. Inoltre, il 22% dei cittadini rumeni e il 18% dei cittadini polacchi sono interessati a negare il diritto degli ebrei alla cittadinanza nel loro paese; la Grecia che registra un 69% di opinioni negative nei confronti degli ebrei; in Francia, che è il Paese con la maggiore concentrazione di ebrei nel continente, il 37% degli intervistati ha espresso opinioni antisemite. In Germania invece la percentuale è del 27%.

Ben più alte, ma non stupisce, le percentuali di antisemiti in Medio Oriente: 69% in Turchia (71% nel 2015), 75% in Egitto, 74% in Arabia Saudita, 78% Libano, 81% Giordania, 82% Kuwait, 88% Yemen, addirittura 92% Iraq. Non stupisce il dato altissimo (93%) registrato nella striscia di Gaza e nei territori dell’Autorità Palestinese. La Russia registra un 30% (calato al 23% nel 2015), il Giappone il 23%, la Cina il 20%.

Si potrebbe continuare a lungo con questi dati. La cosa da sottolineare è che dai tempi di Hitler, anzi in fondo da quelli delle prime persecuzioni sistematiche della chiesa e delle espulsioni di massa (Inghilterra 1290, Spagna ma anche Sicilia 1492, Francia 1306, Portogallo 1496, Italia meridional 1510 ecc.), non si tratta di generica ostilità, che sfocia accidentalmente in violenza, ma di un progetto di eliminazione. Del testo l’attentatore di Pittsburgh gridava esattamente questo: “Tutti gli ebrei devono morire”.

Essendo abituati a vivere in condizioni di minoranza e a far fronte all’ostilità antisemita ed essendo formati in una cultura della vita e dell’ottimismo, appena possibile gli ebrei tendono a ignorare il clima di pregiudizio che incontrano e a pensare che dove sono insediati e in genere apprezzati dai vicini per il loro lavoro e la loro creatività, l’antisemitismo omicida non sia un rischio imminente. E spesso hanno ragione per anni, decenni, generazioni, fino a che l’ “odio antico” non riemerge. E’ successo così in Francia nell’Ottocento, in Germania fino agli anni Venti del secolo scorso, perfino in Italia durante il fascismo. Ma prima o poi, con un pretesto o con l’altro (la religione o la razza, l’usura o la Palestina) l’antisemitismo riemerge.

Come capì Theodor Herzl, la risposta è lo stato ebraico. Non perché esso elimini l’odio, dato che anzi lo focalizza contro di sé, perché l’antisionismo non è altro che antisemitismo diretto contro Israele. Ma perché consente di difendersi e prende sotto la sua protezione anche gli ebrei della diaspora, nella misura in cui ciò è possibile. Oggi, nonostante tutto il terrorismo, Israele è il luogo più sicuro per gli ebrei. Per questo noi ebrei che per mille ragioni restiamo attaccati alle nazioni che hanno ospitato le nostre comunità per secoli e millenni e non troviamo il modo, il coraggio, la possibilità di unirci alla maggioranza del popolo ebraico che vive nel suo stato, dobbiamo cercare di far quel che si può per prevenire gli attacchi antisemiti. Ma ancor più abbiamo l’obbligo di difendere e sostenere Israele che è la garanzia della vita e dell’identità del nostro popolo. Dopo Pittsburgh, dopo una strage nel cuore dello stato che per molti è stato il rifugio e la sicurezza, questa consapevolezza dev’essere ancora più chiara.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 22, 2018 9:11 pm

Massacro di cristiani in Egitto: dopo quelli del sabato, quelli della domenica
Franco Londei -
novembre 3, 2018

https://www.rightsreporter.org/massacro ... a-domenica

Nazismo ed estremismo islamico vanno da sempre a braccetto, sin dai tempi di Hitler e del gran Mufti di Gerusalemme. Ma la “quasi indifferenza” mostrata in questi giorni dopo due terribili massacri dimostra che il mondo non ha ancora capito la pericolosità di questa strana alleanza

Un pazzo nazista e suprematista bianco entra in una sinagoga di Pittsburgh e uccide 11 persone, ebrei, quelli del sabato. Meno di una settimana dopo tocca a un pulman che trasportava pellegrini cristiani copti il quale viene assaltato da un commando di estremisti islamici in Egitto. Sette morti, cristiani, quelli della domenica.

Apparentemente i due episodi sono scollegati. Da un lato c’è un nazista bianco che spara e uccide al grido di “morte agli ebrei”, dall’altro ci sono terroristi islamici, presumibilmente legati all’ISIS che al grido di “Allah è grande” sparano su dei poveri pellegrini cristiani.

In realtà i due episodi sono meno scollegati di quanto si pensi, se non altro a livello ideologico. Nazismo ed estremismo islamico sono sempre andati a braccetto, sin dai tempi dell’amicizia tra Adolf Hitler è il gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini.

Se l’obiettivo comune primario di nazismo ed estremismo islamico è sicuramente l’ebraismo, anche il cristianesimo non è poi tanto da meno. Lo stesso Hitler, che rimane il faro nei moderni nazisti, rifiutava i principi del cristianesimo e secondo i Diari di Joseph Goebbels era estremamente cristianofobo, un fatto questo confermato anche nelle Memorie del Terzo Reich scritte da Albert Speer e nelle trascrizioni delle conversazioni private di Hitler registrate da Martin Bormann in conversazioni a tavola di Hitler.

Nazismo ed estremismo islamico sono quindi storicamente complementari. Quello che è strano è la “normalità” con la quale questo assunto viene trattato dalla stampa e dai media occidentali, come se massacrare ebrei in una sinagoga o uccidere pellegrini cristiani sia un fatto non dico normale ma accettabile, come se fosse nell’ordine delle cose.

La cosa è diventata così normale che persino il Papa, a poche ore dal massacro di Pittsburgh non ha sentito il dovere di parlarne o quantomeno di citarlo, mentre ormai uccidere o perseguitare i cristiani copti in Egitto è diventato quasi la norma. Per non parlare poi della stampa. Poche righe su Pittsburgh, qualche trafiletto sul massacro di cristiani di ieri (non so se ne parleranno più nel dettaglio stamattina, ma ho poca fede. Spero di essere smentito). E’ come se tutto questo fosse una cosa normale.

Mi chiedo allora cosa sarebbe successo a parti invertite, se cioè un ebreo avesse sparato su un raduno di nazisti o se un cristiano avesse sparato su dei musulmani uccidendone alcuni. Beh, vi posso garantire che sarebbe successo il finimondo. Titoloni sui giornali, servizi televisivi e breaking news a non finire. Se ne parlerebbe per settimane e non per poche ore com’è successo la scorsa settimana per il massacro di Pittsburgh e come succederà per il massacro di cristiani copti avvenuto ieri in Egitto. Perché? Perché ammazzare ebrei e cristiani è normale, ma provate a toccare un musulmano per ragioni religiose. Basta guardare a cosa sta succedendo in Pakistan con Asia Bibi, che poi non aveva ammazzato nessuno ma secondo l’accusa aveva offeso Maometto e per questo doveva morire.

C’è qualcosa che non funziona in questo mondo se si considera “quasi normale” il massacro di ebrei da parte di un nazista e il massacro di cristiani da parte di estremisti islamici. C’è qualcosa di distorto in questa società se sfugge il nesso tra nazismo ed estremismo islamico.

Prima quelli del sabato e poi quelli della domenica, è così che alcuni nazi-islamici vedono il futuro. E non fanno nemmeno niente per nasconderlo, tanto nessuno avrà il coraggio di contrastarli o quantomeno di denunciarli. Chi ci ha provato non ha fatto una gran bella fine.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 22, 2018 9:12 pm

Il massacro di Pittsburgh Un avvertimento per l’occidente
5 novembre 2018
Melanie Phillips

http://www.italiaisraeletoday.it/il-mas ... loccidente


Sabato 27 ottobre un uomo chiamato Robert Bowers è entrato in una sinagoga di Pittsburgh dove la congregazione stava celebrando il sabato e ha aperto il fuoco urlando: “Tutti gli ebrei devono morire”. Undici sono stati uccisi e molti altri feriti. Quel giorno, a New York, dove ho assistito a una sinagoga protetta di routine da due agenti di polizia armati, il dolore e l’orrore erano aggravati da due emozioni contraddittorie.

Il primo è stato lo choc che questo possa essere successo in America, dove gli ebrei si sentivano così al sicuro. La seconda era che, come le comunità ebraiche in Gran Bretagna che ora devono essere costantemente sorvegliate, gli ebrei americani temevano proprio questo. Questo a causa dell’atmosfera tossica dell’odio, della violenza e dell’isteria. L’antisemitismo è esploso su internet, sui social media e nei campus universitari.


Robert Bowers

L’attacco si è trasformato istantaneamente in un’arma politica. Non importa che Bowers abbia denunciato Trump per essere ‘un globalista, non un nazionalista’ – esattamente l’opposto dell’accusa della sinistra contro il presidente. La sinistra s’è alzata come una voce sola e ha accusato Trump di aver incitato il massacro attraverso la sua retorica nazionalista.

Cesar Sayoc

Sia Bowers che Cesar Sayoc, l’uomo della Florida accusato di inviare più di una dozzina di bombe a figure di sinistra, sono teorici della cospirazione di estrema destra.

Allo stesso tempo ci sono teorici della cospirazione a sinistra che, come l’estrema destra, pensano che gli ebrei gestiscano la politica estera americana nell’interesse di Israele. Le persone di sinistra semplicemente non riescono a credere che qualcuno dalla loro parte possa essere colpevole di antisemitismo.

Pensano che provenga solo dall’estrema destra e che Trump li abbia autorizzati. L’estrema destra rappresenta chiaramente una minaccia per le minoranze.

David Duke e il neo-nazista britannico Nick Griffin hanno sostenuto Jeremy Corbyn

Jeremy Corbyn , David Duke e Nick Griffin

Ciò che è trascurato, tuttavia, è il nesso allarmante che ha formato con l’estremismo di sinistra e con gli estremisti musulmani. Gli islamisti condividono stereotipi identici sul potere ebraico globale con i suprematisti bianchi e i neonazisti. E il suprematista bianco americano David Duke e il neo-nazista britannico Nick Griffin hanno sostenuto Jeremy Corbyn. I musulmani sono anch’essi vittime dell’estrema destra. Ma sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna gli ebrei sono il gruppo più pesantemente preso di mira per i reati di odio rispetto al loro numero.


Donald Trump

Trump non è irreprensibile: la sua retorica incendiaria contro gli avversari aumenta la temperatura. Ma anche i Democratici rendono tossico il dibattito chiamandolo regolarmente Hitler e nazisti i Repubblicani. In breve, c’è un’atmosfera carica di odio, potenzialmente violenta e pericolosa. C’è una guerra culturale sull’identità e sui valori occidentali e un terrificante ripudio della ragione da tutte le parti. Quando una cultura si disgrega, la gente invariabilmente attacca gli ebrei. L’antisemitismo è sempre il segno di una malattia culturale terminale. Il massacro di Pittsburgh non è solo un attacco agli ebrei. È anche un avvertimento per l’occidente.
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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano

Messaggioda Berto » gio nov 22, 2018 9:12 pm

Gli Ebrei del Marocco (2a parte)
2009/02/10

https://myamazighen.wordpress.com/2009/ ... o-2a-parte

All’inizio del XII° secolo, apparve nelle tribù berbere sedentarie dell’Anti Atlas marocchino, un personaggio carimastico che impose una morale rigorosa e puritana abbinata d una teologia ferocemente monoteista, privilegiando il ritorno alle sorgenti primordiali dell’Islam. Utilizzando la lingua berbera per diffondere le sue idee e appoggiandosi ad una stretta cerchia di fedeli, questo personaggio divenne il “Mahdi” Ibn Tourmert. Dopo la sua morte, verso il 1128, il suo più fedele apostolo, Abd al-Mumin prese il titolo di Califfo e nel giro di venti anni circa spodesto’ l’impero almoravide ed estese la sua potenza in tutto il Maghreb e sulla Spagna meridionale, imponendo un Islam rigoroso, intollerante ed estremista, che duro’ sino al XII° secolo.
Lo storico islamista Andrè Chouraqui notò come “gli Almohadi sottolineassero il fatto che cinquecento anni dopo l’apparizione di Maometto, il Messia di Israele non era ancora arrivato e che, in una maniera non meno certa, Gesù Cristo non era ritornato. Ebrei e cristiani non potevano ancora perseverare nei loro errori e non avevano altra scelta che l’Islam o la morte“. L’applicazione di questa politica installò un terrore profondo e provocò numerose conversioni forzate, insieme a molte esecuzioni: un documento storico menziona l’esecuzione di 150 ebrei a Sijilmasa e nel 1165 l’esecuzione del Rabbino capo della comunità ebrea di Fès, Juda Hacohen ibn Shoushan.
Molte famiglie ebree fuggirono, in particolare quella dei Maîmonidi.
In altre regioni del Maghreb gli ebrei vennero autorizzati ad esiliarsi. Dopo la grande onda di conquiste, l’attitudine degli Almohadi divenne meno intransigente. Alcune sinagoghe vennero riaperte, famiglie convertite tornarono alla pratica del giudaismo dopo due o tre generazioni. Nel XIII° secolo, un documento di Gueniza del Cairo indica la presenza di 17 comunità ebraiche in Marocco. Nel 1232, si constaterà l’esistenza di una comunità ebrea a Marrakech, ma questa tolleranza restò fragile: l’obbligo di una divisa distintiva venne imposto agli ebrei dal Califfo El Mansour.
La creazione delle Mellah, ghetti per ebrei che vennero costruiti nelle principali città, di fatto fermarono il dialogo giudeo-musulmano. Nel 1465 il Sultano venne assassinato e, per rivalsa, migliaia di ebrei di Fès vennero massacrati. Nel 1492, gli ebrei fuggiti dalla Spagna durante la Reconquista, portarono nuova linfa al giudaismo marocchino e contribuirono a consolidare l’economia del territorio dove vivevano. Una seconda Mellah venne creata a Marrakech, capitale allora del Marocco e nel XV° secolo la comunità ebrea partecipo’ alla costruzione di Meknés che divenne la nuova capitale del Paese.
Nel 1.765, il sultano Abdallah fondò il porto di Mogador (oggi Essaouira) e accordò a molte famiglie ebree dei privilegi commerciali, come il monopolio dell’esportazione sul tabacco e sui profumi. Tra il 1790 e il 1859, tre sultani si succedettero. Il primo saccheggiò le comunità di Tétouan, Meknés, Rabat, e fece mozzare un orecchio a tutti gli ebrei per fare in modo di distinguerli. L’avvento poi di Moulay Slimane permise agli ebrei di ritrovare i loro privilegi. Il suo successore adottò una politica ambigua e faragginosa.
Dopo la guerra di Tétouan, il Marocco si apri’ alla civilizzazione occidentale. La prima scuola dell’Alleanza Israelita venne creata nel 1862. L’aiuto finanziario apportato poi dai Rothschild e dal barone di Hirsch assicuro’ la sopravvivenza della comunità ebrea marocchina. Il regno di Moulay Hassan permise agli ebrei di conoscere un breve momento di calma prima di una fine di secolo tragica. I motti di Sefrou fecero oltre quaranta vittime ebree, la Mellah di Mogador venne saccheggiata e gli ebrei di Fés, Meknés e Marrakech vennero perseguitati e uccisi. Nel 1912 durante un insurrezzione contro il protettorato francese, i musulmani si vendicarono contro gli ebrei e ne massacrarono a migliaia. L’Alleanza Israelita continuò però il suo percorso ed alcuni movimenti sionisti di svilupparono e organizzarono una conferenza a Casablanca: era il 1930. juiff8Nel 1939, centinaia di ebrei vennero arruolati nell‘Armata Francese. Sotto Vichy, lo Statuto degli ebrei venne votato nel 1940 ma la sua applicazione restò moderata. Il Sultano Mohammed V protesse la comunità ebrea durante il nazismo dichiarando: “Bisognerà prevedere venti stelle gialle supplementari per me e la mia famiglia“. Dopo lo sbarco americano nel 1942, la comunità ebrea del Marocco si ricostruì ma dopo la proclamazione dello Stato di Israele nel 1.948 un clima di tensione si installò ovunque nei Paesi arabi. In Marocco, Oujda divenne la base di un movimento anti-ebraico clandestino. Incidenti sanguinari ebbero luogo e nel 1949 oltre 8.000 ebrei partirono per Israele. Dopo l’Indipendenza del Marocco, nel 1956, gli ebrei occuparono dei ruoli importanti sia nel Governo che nell’Amministrazione del Paese. Le difficoltà interne, unite al discredito verso gli ebrei che sostenevano ovviamente Israele, e l’instabilità politica del Paese, spinsero gli ebrei rimasti a lasciare il Marocco per la Francia, Israele, Canada e gli Stati Uniti. Nel 1977 erano presenti in Marocco soltanto 25.000 ebrei. Nel 1982, al Summit arabo di Fés, Hassan II presento un piano di pace. Il riconoscimento di Israele era implicito. Hassan II fu il primo dirigente arabo a ricevere uomini di stato israeliani come Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Nel 1999, Mohammed VI venne incoronato e continua la politica del padre, con la seconda Intifada il processo di normalizzazione diplomatica tra Rabat e Gerusalemme è però congelata. Robert Assaraf, di Radio Shalom dichiarò che “gli attentati di Casablanca nel 2003 colpirono la comunità ebrea. Attribuiti ad Al-Qaîda, presero di mira dei simboli giudei, come il cimitero di Bab Jdid e l’Alleanza Ebraica di Casablanca. Questo non mi ha impedito di ritornare. Il Marocco è il Paese delle mie radici e dei miei avi. Sono sempre in contatto con gli alti dignitari del Marocco e Hassan II è stato il solo ha capire che la pace tra ebrei e musulmani dovrà passare dalla pace con Israele“. Oggi gli ebrei marocchini sono cittadini a tutti gli effetti, elettori e eleggibili. Lo Stato marocchino ha stabilito uno spazio giuridico conforme ai precetti del giudaismo. jiuff7Sul piano dello statuto personale sono registrati dalla legge “mosaico“, vale a dire che sono giudicabili dalla Camera dei rabbini presso il tribunale regolare. Una piccola comunità risiede a Rabat, Marrakech, Agadir, Meknés ma è a Casablanca, metropoli economica del Paese, che vivono oltre 4.000 ebrei marocchini. Con la nuova ondata di islamismo radicale nelle Università del Paese, degli aiuti sono stati accordati dallo Stato per favorire il dialogo interreligioso. Ogni anno, gli espatriati arrivano dal mondo intero e si ritrovano davanti alle tombe dei santi situate a Ouezzane, Essaouira o Taroudant per festeggiare l’Hiloula, versione ebreaica del Moussem, che ricorda i fasti del passato e commemora l’attaccamento alla terra degli avi. Da ricordare infine che a Casablanca dal 1997 è ospitato il Museo del Giudaismo marocchino, misconosciuto dal grande pubblico; questo museo è consacrato alla componete ebreaica della cultura marocchina. Si possono visitare delle esposizioni itineranti e altre permanenti. Su oltre 600 m2 i visitatori possono ammirare caftani marocchini ornati dalla Stella di David, costumi, lampade di Hanoukka e molti oggetti del patrimonio culturale. Nel Museo è presente una biblioteca, una videoteca e una fototeca. Oggi si può affermare che nulla è ancora terminato per una pacifica convivenza e che è d’obbligo continuare a lavorare sul problema. Molte Associazioni sono state create, come quella degli ebrei di Safi e di Casablanca, alfine di facilitare lo storico interscambio e il “ritrovarsi” con il loro paese d’origine, il Marocco.
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