Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:25 pm

19) Israele organizza azioni belliche con armi pesanti, elicotteri e aerei, contro popolazioni civili.

Ma è proprio quello che evita bagni di sangue. Le azioni sono sempre mirate con sorprendente accuratezza. Non si capirebbe altrimenti come un missile po-trebbe essere guidato con precisione millimetrica (un ufficio, una finestra) sull’obiettivo prefissato. Talvolta purtroppo succede che dei civili vengano coinvolti, ma è la conseguenza del terrorismo organizzato a freddo dalla direzione palestinese.


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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:26 pm

20) Che il “falco” Sharon sia stato eletto capo del governo israeliano è una provocazione, ed è la dimostrazione che gli israeliani non vogliono la pace.

Probabilmente se Arafat avesse accettato le proposte del precedente Premier israeliano, Ehud Barak, la pace sarebbe ora vicina e il popolo d’Israele lo avrebbe confermato alla guida del paese. Si può quindi affermare che è stato Arafat a determinare il successo di Sharon, che oggi, secondo tutti i sondaggi, gode dell’appoggio del 70% della popolazione, la quale evidentemente non erede più alla buona fede di Arafat, o alle sue effettive possibilità di controllare i suoi quadri. Di fronte al rifiuto di Arafat il governo israeliano di coalizione (della destra e della sinistra) ha prontamente accettato tutti gli accordi precedenti quel rifiuto.
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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:26 pm

21) Se gli israeliani hanno la coscienza a posto, perché non accettano la presenza di osservatori internazionali?

Gli osservatori internazionali non potrebbero impedire le azioni terroristiche palestinesi, ma impedirebbero le risposte israeliane, perché le prime sono evidentemente sempre clandestine e sfuggono ad ogni controllo. I terroristi potrebbero continuare a compiere i loro attentati nei luoghi affollati d’Israele senza preoccuparsi della presenza di osservatori neutrali. Israele, che è un paese sovrano, membro dell’ONU, riconosciuto internazionalmente, non potrebbe rispon-dere se gli osservatori neutrali coprissero, magari involontariamente, le basi da cui partono gli attentatori. L’esperienza degli osservatori in Libano e successivamente in Bosnia non offre sufficienti garanzie. Nessun accordo davvero e finalmente fattivo può essere raggiunto senza una vera tregua e prima che l’Autonomia Palestinese abbia debellato le sue frange estremiste, sotto qualunque sigla si nascondano.
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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:27 pm

Palestina: le ragioni di Israele
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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » gio mag 24, 2018 8:37 am

Le verità sul medio oriente oltre la propaganda antisemita
http://veromedioriente.altervista.org


Lettera aperta agli abitanti degli Stati Europei su Israele da parte degli ebrei
http://veromedioriente.altervista.org/lettera.htm

Lettera aperta a chi manifesta per la Palestina in caso di guerra a
http://veromedioriente.altervista.org/lettera2.htm

Lettera aperta a chi crede di essere nel giusto odiando Israele
http://veromedioriente.altervista.org/lettera3.htm


Lettera aperta a chiunque parli di Israele in nome degli ebrei
http://veromedioriente.altervista.org/lettera4.htm


Indice delle sezioni:
L'antisemitismo moderno e l'odio contro Israele
Guida alle principali bugie su Israele
Guida per capire correttamente la questione israelo-palestinese
Guida al conflitto di Gaza tra Israele ed Hamas
Informazioni storiche essenziali su Israele e palestinesi
La disinformazione dei media su Israele
Miti e fatti sul conflitto arabo-israeliano
Video di approfondimento su Israele e sui palestinesi
PowerPoint di approfondimento su Israele e sui palestinesi
Inchiesta sull'Islam
Guida al negazionismo sull'olocausto ebraico
Guida al complottismo sugli ebrei
Guida ai siti internet che fanno informazione corretta su Israele e sui palestinesi

Lettera aperta a chi manifesta per la Palestina in caso di guerra a Gaza
http://veromedioriente.altervista.org/lettera2.htm

Manifestare liberamente e pacificamente (e sottolineo pacificamente) è un Diritto di qualsiasi cittadino europeo. Come era ampiamente prevedibile e previsto al primo accenno di reazione israeliana il movimento pacivendolo si è scatenato un po’ in tutta Europa riempiendo le piazze per manifestare solidarietà verso i palestinesi “aggrediti dagli israeliani cattivi” e spesso (molto spesso) odio verso Israele più che solidarietà verso i palestinesi. Quello che noi vorremmo chiedervi è: ma sapete per chi o per cosa manifestate?

Dando per scontato che tra chi manifesta per la Palestina ci sia anche chi lo fa in buona fede, magari perché poco informato, quello che ci appare chiaro è che la maggioranza di coloro che dicono di volere il bene del popolo palestinese vogliano in affetti il bene di Hamas e di conseguenza la distruzione di Israele come da statuto del gruppo terrorista. Vorremmo quindi rivolgerci a coloro che tengono veramente ai palestinesi e non a sostenere un gruppo terrorista come Hamas, perché, cari amici, non è la stessa cosa.

Vi hanno detto che la guerra a Gaza è iniziata per iniziativa di Israele e/o per vendetta per l’uccisione di israeliani. Non è vero. La guerra a Gaza è iniziata perché da mesi i terroristi di Hamas e della Jihad Islamica lanciano decine e decine di missili contro la popolazione civile del sud di Israele. Non contro obbiettivi militari o contro depositi di armi israeliane, contro la popolazione civile. Dopo mesi in cui si è tentato di risolvere tutto con la calma è diventato impossibile per Israele non reagire (sottolineo reagire). E quando pochi giorni fa è stata proposta una tregua Israele l’ha accettata mentre Hamas, infischiandosene dei civili, l’ha rifiutata continuando a lanciare missili anche quando Israele aveva sospeso ogni attività. Anche durante la tregua umanitaria Hamas ha lanciato i suoi missili.

Vi dicono che a Gaza i civili muoiono mentre in Israele no. Ogni minuto vi tartassano con il conto dei morti palestinesi a causa “della aggressione israeliana” (la reazione di cui sopra). E’ vero, c’è una enorme disparità tra il numero dei morti a Gaza e quello in Israele, ma c’è un motivo preciso per questo, un motivo che gli amici di Hamas si guardano bene dal dirvi: Israele usa le armi per proteggere la sua popolazione, Hamas usa la sua popolazione per difendere le armi e se stesso. C’è una enorme differenza tra le due cose e questa differenza genera quella disparità su cui tanto battono gli amici di Hamas. Israele prima di bombardare avvisa i residenti di lasciare l’area, Hamas li costringe a rimanere. Vi diranno che li convincono, non ci credete, sono costretti perché ogni morto civile è una vittoria per Hamas (come disse qualche anno fa Khaled Meshaal). Il sangue di quei morti è tutto nelle mani di Hamas.

Vi dicono che Gaza vive da anni un vero e proprio assedio. Vi parlano delle terribili condizioni di vita in cui versano i palestinesi di Gaza. Ma non vi dicono che secondo il quotidiano arabo Asharq Al-Awsat a Gaza ci sono almeno 600 milionari, che i boss di Hamas vivono nel lusso più sfrenato, che prima che l’Egitto chiudesse il valico di Rafah ogni giorno entravano a Gaza decine di macchine di lusso. E’ vero, queste cose non riguardano la maggioranza della popolazione ma riguardano Hamas, quello che voi state difendendo. Perché non vi parlano degli oltre 20 miliardi di dollari destinati dalla comunità internazionale a Gaza (fonti UE e FMI) ma dei quali si è persa ogni traccia? Chi li ha presi dato che i progetti a cui erano destinati (desalinatori, infrastrutture basilari come le fognature, centrali elettriche ecc. ecc.) non sono mai stati implementati? Perché non vi parlano del pizzo che Hamas pretende su tutto, compreso gli aiuti umanitari? E qualcuno vi ha mai detto che il 95% degli aiuti umanitari per Gaza arriva da Israele? Qualcuno vi ha detto che la centrale elettrica di Gaza funziona grazie al carburante fornito da Israele? E allora, chi tiene in ostaggio la Striscia di Gaza, Hamas oppure Israele?

Qualcuno vi ha mai detto che la Cisgiordania libera da Hamas cresce a livelli superiori a quelli di un qualsiasi paese occidentale nonostante la corruzione in seno alla ANP? Qualcuno vi ha detto che oltre 150.000 palestinesi della West Bank libera da Hamas lavora in Israele? Qualcuno vi ha mai detto che ogni anno oltre 180.000 palestinesi vengono curati gratuitamente in Israele? Se la Cisgiordania libera da Hamas ha tutte queste possibilità, perché Gaza non può averle? Ve lo domandate mai?

Lo Stato di Israele si e' COMPLETAMENTE ritirato da Gaza nel 2005.
Nel 2006 Hamas ha vinto le elezioni e ha formato un governo con l'appoggio del partito Fatah di Abu Mazen.
Nel 2007 a seguito di violenti scontri tra Hamas e Fatah, il primo ha preso, con la forza ed un discreto spargimento di sangue, il controllo della Striscia di Gaza ed ha instaurato a Gaza un regime integralista islamico.
Questi signori, invece di costruire il loro Stato e sviluppare la propria disastrata economia si sono preoccupati di rifornirsi di armi (attraverso tunnel sotterranei, essendo i confini presidiati da Israele ed Egitto) e di educare all'odio, anche e soprattutto nelle scuole di qualsiasi grado, le giovani generazioni.
Sebbene non vi sia alcun contenzioso territoriale con Gaza, i signori di Hamas pensano bene di utilizzare la Striscia di Gaza come rampa di lancio per i loro attacchi ad Israele. Ma perchè?
La risposta e' tanto drammatica quanto esplicita. Hamas (come ben espresso nelle dichiarazioni dei suoi leader e nel suo Statuto) si prefigge la DISTRUZIONE dello Stato di Israele e la costituzione di uno regime islamico integralista in tutta la regione.
Come puoi immaginare e' difficile parlare con tali interlocutori di PACE, TRATTATIVE, NEGOZIATI!!!
Hamas, avendo a disposizione (al momento) razzi con una gittata di circa 120 km, con i suoi lanci quotidiani mette a repentaglio la vita di milioni di persone che vivono in Israele.
Per fare un esempio, è come se dalla Francia un gruppo che ha assunto con le elezioni e con la forza il controllo della Savoia sparasse quotidianamente razzi sulla popolazione civile mettendo a repentaglio la vita di 40 milioni di cittadini italiani (diciamo fino alla Campania?).
In questo contesto, decine di giorni fa, Hamas ha deliberatamente iniziato il lancio di una pioggia di razzi in territorio israeliano senza precedenti.
Che cosa si poteva fare? Cosa avrebbe fatto qualsiasi altro Stato? Cosa avresti fatto tu?
Lo Stato di Israele ha deciso di rispondere agli attacchi tentando di indebolire Hamas colpendo militarmente le sue infrastrutture.
Purtroppo, nonostante le attenzioni dell'Esercito di Israele, ad oggi, risulta ci siano delle vittime civili innocenti.
Perché Israele riesce a limitare feriti e vittime, mentre Hamas no?
Perché Israele ha investito sui sistemi di difesa (come l’Iron Dome, sofisticatissimo sistema che rintraccia ed abbatte missili in volo), mentre Hamas preferisce usare la sua popolazione come scudo.
Nonostante i militanti di Hamas si nascondano tra la popolazione civile e nascondano i propri arsenali all'interno di edifici pubblici e nonostante che il teatro di guerra sia una delle zone maggiormente popolate della Terra, l'Esercito di Israele sta facendo quanto in suo potere per ridurre il coinvolgimento di civili innocenti. Di ieri è la notizia che Hamas chiede ai suoi cittadini di NON ABBANDONARE gli edifici (dove sono nascosti arsenali) quando gli israeliani (dopo aver avvertito) li buttano giù.
Nonostante gli attacchi alle sue infrastrutture, Hamas interrompe il lancio di razzi contro le città di Israele.
In considerazione della sua schiacciante superiorità militare, Israele avrebbe potuto costringere Hamas alla resa bombardando con maggiore intensità la Striscia di Gaza.
Tutti gli eserciti del mondo - che abbiano combattuto guerre giuste o sbagliate - per piegare i propri nemici non hanno mai esitato a utilizzare la propria superiorità militare anche a danno dei civili.
Ma Israele, in queste ore, anche al fine di limitare il coinvolgimento di ulteriori civili palestinesi innocenti e di evitare catastrofi umanitarie, ha deciso di mettere a repentaglio la vita dei propri giovani avviando le operazioni via terra, per tentare di stanare, indebolire e possibilmente sradicare Hamas.
Spero che anche tu capirai che la presenza nella Striscia di Gaza di una organizzazione estremista e fondamentalista come Hamas non solo preclude alla popolazione israeliana di vivere una vita normale ma, educando alla violenza e all'odio i propri giovani, preclude alla possibilità che anche in futuro si possa arrivare alla tanto auspicata pace tra israeliani e palestinesi.
Malgrado il desiderio di tutte le persone equilibrate, civili e razionali del mondo, del Governo di Israele e della sua popolazione, malgrado le guerre siano sempre sporche ed ingiuste, Israele, purtroppo, DEVE fare quello che sta facendo. Lo deve ai suoi cittadini, minacciati quotidianamente dai razzi di Hamas. Lo deve alle future generazioni di entrambe le parti.

Cari amici che manifestate per i palestinesi, lo fate veramente per loro oppure manifestate a favore di Hamas? Lo fate perché credete che un giorno ci possa e ci debba essere pace, due popoli in due Stati, oppure lo fate perché odiate Israele e lo vorreste vedere cancellato dalle mappe? Se manifestate per i palestinesi allora iniziate a chiedere loro di liberarsi di Hamas, la base di tutti i loro problemi. Se invece manifestate per Hamas non andate in giro a dire che lo fate per i palestinesi perché state sostenendo il peggior nemico della Palestina e dei palestinesi.
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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » dom giu 03, 2018 8:49 pm

Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
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Re: Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte

Messaggioda Berto » dom giu 03, 2018 8:52 pm

Stampa e Israele: disinformazione “corretta”. Calunnia, calunnia... ... qualcosa resterà
Nathan Greppi

http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-n ... sa-restera

Perché i media italiani “odiano” Israele? Ecco voci e testimonianze di un fenomeno diffuso. È dopo la Guerra dei Sei giorni che lo Stato ebraico perde la simpatia occidentale. Poiché ha osato vincere. E vivere

È ormai un dato di fatto: i maggiori media italiani hanno sempre provato un certo astio verso Israele, soprattutto quelli di sinistra. O meglio, una data di nascita per questo sentimento c’è: giugno 1967, all’indomani della vittoriosa Guerra dei Sei Giorni. Israele osa vincere e vivere, umilia gli eserciti arabi (e la loro alleata, la Russia).

E così, da un giorno all’altro, la musica cambia: l’Unità, organo del Partito Comunista Italiano, rinnega le simpatie sino ad allora manifestate verso il piccolo Stato degli ebrei e inizia la sua campagna antisionista, come ben documenta il saggio di Luciano Tas Cartina rossa del Medioriente.

Ma oggi, come si manifesta questo sentimento di ostilità, che dovrebbe essere incompatibile con una informazione oggettiva e corretta? E quali sono le sue cause? Lo abbiamo chiesto ai testimoni diretti dal fronte della stampa, giornalisti italiani che hanno respirato per anni l’aria delle Redazioni Esteri di casa nostra.

Vi ricordate il caso Al Dura, quello del video in cui compariva un dodicenne palestinese presumibilmente ucciso dai soldati dell’IDF a Gaza? Dopo che il canale televisivo France 2, nel 2000, aveva messo in onda il video, questo fece subito il giro del mondo, facendo del piccolo Muhammad Al Dura un simbolo, tanto che in molti Paesi islamici gli dedicarono strade e francobolli. Se non che, quattro anni dopo, il giornalista francese Philippe Karsenty dimostrò che il video era un falso, ma dovette prima affrontare un processo per diffamazione conclusosi solo nel 2008. E chi si ricorda di quando a Ramallah, il 12 ottobre 2000, due miluim, soldati israeliani della riserva, con l’unica colpa di aver sbagliato strada, vennero linciati da una folla inferocita? In quell’occasione una troupe di Mediaset filmò tutto, e il cameraman palestinese, minacciato di morte, fu espatriato in Giordania la notte stessa. Mentre il corrispondente della RAI, Riccardo Cristiano, si era precipitato a scrivere all’ANP che “lui non aveva filmato il linciaggio”, fedele alle regole d’ingaggio palestinesi.


La manipolazione, Un automatismo

Non sono, questi, casi isolati: nei maggiori media italiani, specialmente quelli di sinistra, è molto comune imbattersi in manifestazioni di astio, manipolazioni della realtà più o meno sottili e subdole, omissioni e veleni nei confronti dello Stato ebraico.
Chi lo ha sperimentato in prima persona, ed è disposta a raccontarlo, è Lucia Ferrari, ex-vicecaporedattore di Tg3 RAI, oggi free lance, la quale ha avuto una carriera lunga e intensa. Giornalista dal 1986, negli anni ha visitato molti Paesi: dall’Iraq della guerra del Golfo, alla guerra dei Balcani, in Bosnia; dall’Etiopia alla Costa d’Avorio, portando avanti i suoi ultimi reportage in Sierra Leone. Ma nel corso di questa carriera, che ha concluso nel 2016 quando è andata in pensione, ha assistito a numerosi atti di disinformazione sistematica, attuata nei modi peggiori e a scopi ideologici, sul conflitto israelo-palestinese.
«Nelle redazioni dove ho lavorato ho constatato di persona un atteggiamento prevalentemente anti-israeliano – dichiara Lucia Ferrari a Bet Magazine-Bollettino. – Nella maggioranza dei casi i colleghi si definivano ‘di sinistra’, e io non ho mai colto posizioni obiettive verso Israele. Ad esempio, in occasione della Seconda Intifada, ho cominciato ad accorgermi di pregiudizi antisraeliani che coincidevano con l’antisemitismo: quando scrivevo il breve testo di lancio di un servizio che il conduttore doveva leggere, e indicavo il numero delle vittime sia israeliane sia palestinesi fornito dalle agenzie di stampa, il numero delle vittime palestinesi veniva aumentato, in diretta, durante la messa in onda del telegiornale. E quando eravamo in onda non potevo più intervenire. Alla fine del Tg chiedevo al conduttore o alla conduttrice perché avessero cambiato la cifra e rispondevano: ‘eh, perché quello che ci dai, anche se lo prendi dalle agenzie, è tutto di parte’. Per loro, agenzie come ANSA o Reuters, per esempio, erano di parte filo-occidentale, filo-israeliana, filo-americana. Da quel momento, – racconta Ferrari – con il passare degli anni, da così grossolana la propaganda si è fatta sempre più subdola, fino ad arrivare a capovolgere la regola delle “cinque W”, alla base del giornalismo occidentale. Dopo la Seconda Intifada mi sono accorta che la disinformazione è diventata un modo di fare costante. Si negano le cause e viene modificata la storia. Anche durante l’Operazione Piombo Fuso si è sempre preferita l’espressione “attacco militare” piuttosto che “risposta militare”».

Lucia Ferrari aggiunge che «in tanti anni di riunioni di redazione riguardo a Israele e alla questione palestinese, ho sempre detto le mie opinioni, ma sono sempre stata in minoranza. E il taglio dei pezzi veniva realizzato così come la direzione desiderava. La battuta che mi è stata rivolta spesso negli ultimi anni è stata “meglio il velo delle divise”; mi hanno dato della fascista, della conservatrice, a me che vengo da tradizioni culturali di sinistra; a me che non appartengo a nessuna congrega, a nessuna confessione religiosa, a nessun partito politico», conclude Ferrari.


Tuttavia, oltre ai casi di disinformazione più o meno velata da lei descritti, ne esistono anche di più espliciti: la rivista Internazionale, ad esempio, nel maggio 2017 ha pubblicato un articolo del filosofo sloveno Slavoj Zizek, il quale insinuava che l’antisemitismo di oggi fosse causato dal Sionismo e dall’esistenza di Israele. La stessa rivista, alla fine del 2017, ha dedicato un intero numero a storie sulla Palestina. Un caso analogo è quello di Radio Popolare, che nel febbraio 2016 accusò Israele di essere un regime di apartheid che “ruba l’acqua ai palestinesi”. Ma come ha avuto origine tutto questo? Se guardiamo a come la stampa parlava di Israele pochi decenni fa, ci accorgiamo che sono cambiate molte cose. Oggi pochi potrebbero credere che, nel febbraio 1948, L’Unità accusò il Gran Muftì di Gerusalemme di voler massacrare gli ebrei. All’epoca la sinistra sosteneva Israele perché era ciò che voleva l’URSS. Una posizione che ha cominciato a vacillare dopo la Guerra dei Sei Giorni, in seguito alla quale Israele venne sempre più dipinto come “un’entità colonialista”.


La Sindrome dell’American Colony

Ferrari non è l’unica persona ad aver assistito a una tale avversione e a manifestazioni di pregiudizio anti-israeliano da parte di giornalisti italiani: lo sa bene anche Daniele Moro, per anni inviato di guerra del TG 5, caporedattore della testata e collaboratore di Terra!, oggi docente alla Johns Hopkins University, il quale racconta a Bet Magazine le radici del fenomeno, e in particolare quella che lui chiama “Sindrome dell’American Colony”: «L’American Colony, – spiega – è un albergo, ma anche un’istituzione. È a Gerusalemme Est, ed è da sempre il luogo dove i media internazionali fanno base quando “coprono” il Medio Oriente. Idem per il personale delle Agenzie dell’ONU che hanno gli uffici nelle vicinanze. È in “territorio occupato”, e tu dormi dalla parte dei palestinesi. È considerato un luogo neutro, ma tradizionalmente tutto il personale è palestinese. Il condizionamento ambientale è una cosa di cui gli israeliani non hanno mai capito l’importanza, e all’American Colony questo condizionamento è clamoroso, perché se tu vuoi sapere qualcosa devi andare lì, perché lì ci stanno tutti i giornalisti, lì arrivano tutte le notizie. È un luogo molto protettivo, ti trattano bene, ma è chiaro che se tu fai un servizio giornalistico scrivendo dalla terrazza dell’American Colony non lo fai “contro” i palestinesi, perché altrimenti corri dei rischi».

Parlando delle sue esperienze personali, Moro ha raccontato un fatto avvenuto dieci anni fa, legato al programma televisivo Terra!: «C’era una puntata su Israele, per cui mi mandarono a fare un servizio, ma poi durante il montaggio ho scoperto che mi usavano per giustificare altri quattro servizi filopalestinesi; divenni la foglia di fico della redazione. Loro pensavano che io fossi “il filoisraeliano”, mentre io cercavo solo di essere obiettivo, di fare un lavoro professionale e serio».
Un altro caso, più recente, di disinformazione legato a Mediaset riguarda il programma Le Iene che, il 4 aprile di quest’anno, mostrava le reazioni dell’esercito israeliano alle manifestazioni a Gaza, senza spiegarne minimamente il contesto, e tacendo sulla violenza di Hamas. Altro esempio legato al mondo della televisione riguarda il programma La Gabbia su La7, dove, nel giugno 2016, il giornalista Giulietto Chiesa accusò Israele di finanziare l’Isis, oltre a definirlo, assieme a Turchia e Arabia Saudita, «tre Stati canaglia a cui bisogna tagliare le unghie». Una dichiarazione, la sua, alla quale non aveva ribattuto né il conduttore Gianluigi Paragone né il pubblico in sala.
Tuttavia, secondo Moro, negli ultimi anni ci sono stati anche esempi di buona informazione, dovuti a una presenza massiccia di italiani nello Stato ebraico: «La comunità italiana in Israele si è distinta per aver fatto sentire la propria voce. Sui social network, attraverso lettere ai giornali o interventi nei blog degli opinionisti, migliaia di ebrei italiani che oggi vivono in Israele hanno espresso la loro opinione e raccontato la realtà dei fatti, il che ha scombussolato i filopalestinesi». «Noi italiani siamo “razzisti alla rovescia” – conclude Moro – per cui, dato che gli israeliani sono “occidentali” e gli arabi ‘poveretti’, allora simpatizziamo per i palestinesi. Nella sinistra si pensa che se sostieni Israele sei automaticamente “di destra”, ed è un pregiudizio difficile da scalfire».


La Shirley Temple Palestinese

Un chiaro esempio di buona informazione proviene proprio da La7, e riguarda il caporedattore Silvia Brasca, la quale si è occupata della storia di Ahed Tamimi, la “Shirley Temple palestinese”, protagonista di tante provocazioni e sceneggiate davanti ai soldati israeliani. «Nel suo caso,- spiega – sono andata a cercare, e ho visto che compariva più volte in altri video, sin da quando era bambina. Ora ha 17 anni, è stata processata da un tribunale israeliano; si può discutere se la sentenza sia giusta o meno, ma per capire vanno approfondite la sua storia e quella della sua famiglia.

Lei è figlia di un clan, il più importante nel suo villaggio, ed è una famiglia di persone con atteggiamenti violenti nei confronti di Israele, di filo-terrorismo, che i suoi genitori non hanno mai sconfessato. Inoltre, noi siamo abituati a immaginarci il ragazzo palestinese con la keffiyah; lei invece è una ragazza di pelle chiara con i capelli biondi, che cattura l’attenzione, un’immagine che si presta bene per la pubblicità, con una forza di comunicazione molto accesa. Ovviamente Amnesty e Human Rights Watch la dipingono come un’eroina, emblema di una protesta pacifica. Ma questa storia va raccontata bene, non c’è niente di pacifico nelle loro proteste. Uno dei suoi parenti ha postato, sul suo profilo Facebook, calunnie contro Israele, come quella di asportare organi di palestinesi, derivante dall’accusa medievale del sangue».

Ma ci sono casi dove l’astio non proviene solo dai giornalisti, ma anche dal pubblico; a testimoniarlo è l’avvocato Barbara Pontecorvo, che dal luglio 2017 al febbraio 2018 ha curato un blog sul sito de Il Fatto Quotidiano. Una collaborazione nata «in seguito a un articolo di Gianluca Ferrara, oggi senatore del Movimento 5 Stelle, che parlava di ‘Shoah dei palestinesi’. Dato che avevo recentemente partecipato al programma Matrix con Peter Gomez e gli avevo detto che ero indignata per quell’articolo, dopo esserci scontrati lui mi propose di avere un mio blog. Ci riflettei a lungo, e dopo un po’ accettai. Sul primo articolo ricevetti 480 commenti, quasi tutti di odio, all’ultimo 270. Ma poi mi sono arrivate minacce dirette, pesanti. Alla fine ho chiuso il blog, anche se sono rimasta in buoni rapporti con la redazione, che mi ha detto che potrei tornare se lo volessi».
Barbara Pontecorvo ha aggiunto che, prima del diverbio con Gomez, ne aveva avuti altri con giornalisti del Fatto: nel gennaio 2017 aveva partecipato a una conferenza al Teatro Farnese di Roma, dove «mi scontrai con un giornalista del Fatto, Stefano Citati. Avevo chiesto di partecipare perché il panel era troppo squilibrato, ma nonostante fossi tra i quattro relatori, non mi hanno mai interpellata».

Ma allora, quali sono i media che non sono prevenuti, vittime di pregiudizi antisionisti o altro? Secondo Ugo Volli, oltre a significative eccezioni come Il Foglio e Il Giornale, nei maggiori media italiani esistono anche singoli opinionisti che esprimono idee diverse (come Pierluigi Battista sul Corriere della Sera e Maurizio Molinari su La Stampa). Come abbiamo visto, dunque, è dopo il ’67 che è cambiato radicalmente il modo in cui una parte della sinistra racconta Israele, al quale non viene perdonato il fatto di esser riuscito a sopravvivere. In questo contesto, assumono valore le parole del giornalista israeliano Ben-Dror Yemini, pubblicate su Yediot Ahronoth in occasione dei 50 anni della Guerra dei Sei Giorni: «Dobbiamo ricordare una cosa: l’alternativa alla vittoria era l’annientamento. Perciò, scusateci se abbiamo vinto. Poiché un’occupazione senza annientamento è preferibile a un annientamento senza occupazione».



Idiozie e odio contro Israele e gli ebrei
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