Gerusalemme capitale di Israele

Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom dic 24, 2017 9:03 am

L'Onu dà uno schiaffo a Trump e l'Italia sta con la Palestina
Fiamma Nirenstein
24/12/2017

https://www.facebook.com/x.kisenefrega/ ... 1213545679

I palestinesi naturalmente festeggiano, la menzogna onusiana è la loro festa, Gerusalemme secondo il voto non è la capitale di Israele, tutte le delegazioni, i capi di stato, che hanno visitato la Knesset, si sono sbagliati.

Trump è stato letto male volontariamente: ha semplicemente riconosciuto una verità lapalissiana lasciando alle parti la sistemazione futura e chiedendo di mantenere fino ad allora lo status quo. Invece è stato assalito da un branco affamato di antiamericanismo, finalmente. La vittoria è stata la solita festa di odio cieco contro gli Usa e Israele. Che bello poter dire «colonialista» a Trump e a Israele come ha fatto il ministro degli esteri palestinese Ryiad Maliki, esaltare la «democrazia» di Erdogan contando sul doppio registro degli stati canaglia che hanno il loro ombrello nell'Onu.
Ma qualcosa è cambiato: è vero, ci sono stati solo 9 voti a favore dai soliti Paesi piccoli e coraggiosi. Ma ci sono state molte sorprese fra le 35 astensioni: l'Europa si è spaccata, l'Ungheria, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Romania, la Lettonia, la Bosnia (musulmana!) hanno rotto il consueto consenso europeo nonostante Macron avesse insistito.

L'Italia ha accettato, ed è una vergogna, di più, un peccato mortale. Tutti i suoi ultimi primi ministri hanno parlato alla Knesset pretendendo amicizia immortale. Tutti hanno visto la bellezza della città amata da 3mila anni, mai capitale di nessun altro, e il rispetto democratico per le tre componenti religiose. Il voto è stato un misto di antisemitismo, di paura, di cecità di chi non vede che solo la verità può indurre un processo di pace, e che le menzogne odierne non hanno mai spinto i palestinesi a rinunciare al terrorismo e al rifiuto di Israele.
Il sogno atavico dell'Assemblea è umiliare gli Usa, vedendo in Israele la longa manus del potere americano. Non si sostenga che si è difeso un processo di pace che il mondo arabo ha sempre rifiutato, anche di fronte, due volte, all'offerta di buona parte Gerusalemme.
Qui si sottende che gli ebrei sono estranei a Gerusalemme e persino a Israele, e questo giustifica la «resistenza armata» ovvero il terrorismo, i razzi da Gaza.
Forse neppure la risoluzione che Obama fece votare al Consiglio di sicurezza fu cosi drammatica.
Ieri, è stata la più evidente verità a essere vituperata e messa al bando dall'Onu, insieme alla decisione americana di riconoscerla. Non è un bel risultato.

E anche una sorpresa che Colombia, Argentina, Messico, Malawi, Ruanda, Kenia, Congo si siano astenute: Africa e America Latina hanno risposto ai contatti impostati da Netanyahu quest'anno. Erdogan ormai abbracciato alla Russia e all'Iran, ha sbraitato, come usa ormai sempre, dicendo che «non si può comprare la democrazia turca coi tuoi dollari». Due accenni sbagliati per il leader di un Paese davvero poco democratico e molto corrotto. E cosi poco fine citare il denaro, come ha fatto Trump annunciando che si ricorderà di chi vota contro gli Usa, ma è anche illogico spendere tanti soldi per chi approfitta della prima occasione per insultarti e boicottarti.
II bugdet dell'Onu è pagato dagli Usa per il 22%, fra spese di routine e speciali si tratta di più di 800 miliardi. Secondo uno studio accademico recente, l'Onu è inquinata da un mare di corruzione e di comportamenti disgustosi fino allo sfruttamento sessuale. Nelle sue commissioni si occupa quasi esclusivamente di condannare Israele, mentre i Paesi violatori di ogni diritto umano fanno la parte dei giudici. Tenere in piedi una fabbrica di puro odio, è un'azione folle.


ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom dic 24, 2017 10:36 am

"L'Italia entra nella lista nera degli Stati Uniti"
Fausto Carioti - Libero
22/12/2017

https://www.facebook.com/x.kisenefrega/ ... 1251546629

Da una parte Israele e gli Usa di Donald Trump. Dall'altra i palestinesi, i Paesi islamici e i loro tanti amici sparsi per il mondo. L'Italia e gran parte degli Stati europei hanno scelto di schierarsi al fianco dei secondi, contro i primi. L'assemblea delle Nazioni Unite ha approvato a larghissima maggioranza (128 voti contro 9) la risoluzione, scritta da Yemen e Turchia, che condanna la decisione di trasferire da Tel Aviv a Gerusalemme l'ambasciata statunitense, scelta che equivale a riconoscere la citta del Tempio come capitale di Israele. La votazione di ieri in pratica non cambia nulla, gli Stati Uniti tirano dritto.
Ma lo strappo politico tra le due sponde dell'Atlantico non ha precedenti e Trump ha assicurato che ci saranno conseguenze. "Non ci dimenticheremo di questo voto", ha ribadito Nikki Haley, ambasciatrice statunitense all'Onu. Proprio lei, due giorni fa, aveva riportato in un tweet ciò che lo stesso presidente le aveva detto: "Lasciamo che votino contro di noi, risparmieremo un sacco di soldi". Avvertimento che vale innanzitutto per i Paesi arabi e musulmani foraggiati da Washington.

Sui giornali americani e israeliani c'è già la lista dei beneficiati che hanno votato contro gli Stati Uniti e adesso rischiano il taglio dei fondi: l'Afghanistan, che ogni anno riceve aiuti per 4,7 miliardi di dollari, l'Egitto (1,5 miliardi), l'Iraq (1,1 miliardi), la Giordania, il Pakistan e così via. Spese che ora Trump ha ottimi motivi per ridurre o eliminare, al pari dei finanziamenti che il suo Paese versa alle Nazioni Unite. La lista nera, però, non finisce qui. La Haley era stata molto chiara: "Prenderemo nota di ogni singolo voto. Ci segneremo i nomi". Significa che in quell'elenco c'è anche l'Italia.

I Paesi europei sono vulnerabili e noi più degli altri. Non riceveremo aiuti cash come l'Afghanistan, ma dobbiamo agli Stati Uniti la protezione che ci garantiscono tramite la Nato, nei cui confronti siamo inadempienti cronici. Gli accordi con Washington prevedono infatti che ogni Paese dell'alleanza investa in uomini e attrezzature militari due punti di Pil, che per l'Italia significano 33 miliardi di euro l'anno; ne spendiamo, invece, poco più della metà. In Europa solo Grecia, Estonia, Polonia e Regno Unito rispettano questa intesa. Trump è stufo di pagare per gli altri e lo ha spiegato a quattr'occhi allo stesso Paolo Gentiloni durante l'incontro che i due, ad aprile, hanno avuto alla Casa Bianca. E, dopo quello che è successo ieri, il presidente americano non ha più motivi per essere benevolo con noi: la differenza, a carico del contribuente italiano, ammonta a 16 miliardi di euro l'anno. L'appoggio degli Stati Uniti è fondamentale anche dal punto di vista logistico. L'ultimo esempio è di questi giorni all'interno della missione euro-africana gestita dai francesi, l'Italia sta per inviare 470 soldati e 150 mezzi in Niger. Siccome i Paesi europei non hanno gli apparecchi per organizzare il trasporto aereo, i nostri saranno costretti ad una rischiosa traversata lunga 2.400 chilometri nel deserto del Niger. Senza lo zio Sam, insomma, i Paesi Ue non riescono nemmeno a fare come si deve un'operazione a sud della Libia. Ciò nonostante, hanno appena scelto di ignorare gli avvertimenti di Trump. Dal cui esercito, a questo punto, sarebbe ingenuo pretendere quell' aiuto che in Africa ci risolverebbe tanti problemi. Per la cronaca, la risoluzione secondo cui la decisione statunitense su Gerusalemme "è nulla, priva di validità e deve essere revocata" è stata votata da ben 22 membri della Ue. Tra questi, oltre all'Italia, figurano Francia, Germania e Regno Unito. Trentacinque delegazioni, in seguito alle pressioni esercitate dalla Casa Bianca, hanno scelto invece di astenersi, incluse quelle di Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Canada e Australia. Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha accusato l'Onu di essere "la casa delle bugie". Per il suo ambasciatore, Danny Danon, il voto di ieri "finirà nel secchio della spazzatura della storia". Rivolgendosi agli Stati che avevano appena votato in favore della risoluzione, il diplomatico ha aggiunto: "Siete marionette manovrate dal burattinaio palestinese".



L'Italia tradisce l'Occidente - L'intraprendente
Giulio Terzi di Sant'Agata

http://www.lintraprendente.it/2017/12/l ... loccidente

L'ultima sbandata della politica estera by Renzi-Gentiloni: mettersi alla testa dell'opposizione Onu alla scelta di Trump su Gerusalemme. Ma dagli affari miopi col governo iraniano all'incomprensione della dinamica mediorientale, ormai è una continua rotta di collisione con Usa, Israele e alleati tradizionali...

Tra le più gravi carenze dei Governi Renzi e Gentiloni che gli elettori avranno modo di giudicare sono evidenti quelle di una politica estera, europea , atlantica e mediterranea non soltanto confusa e incoerente.

Un pericoloso dogmatismo sta prendendo piede nella nostra politica estera. Ne sta facendo le spese un’importante qualità, riconosciuta in altri tempi alla diplomazia italiana dai nostri principali Alleati soprattutto tra la fine dell’impero sovietico nel 1990 e la crisi georgiana del 2008. Quella di saper affrontare con realistica comprensione dell’interesse nazionale le sfide alle quali l’Italia è stata chiamata , tenendo fermi i fondamentali riferimenti atlantici , i rapporti con gli Stati Uniti , con l’Europa e con Israele.Una fondamentale “regola aurea” – quella dell’affidabilità per i partners, della solidale disponibilità a intervenire contro minacce alla comune sicurezza, della coerenza con impegni liberamente sottoscritti -aveva assicurato per un quarto di secolo affermazioni considerevoli alla politica estera italiana. Lo si era visto dalla nostra partecipazione al Gruppo di Contatto per l’ex Jugoslavia ; lo avevano dimostrato la guida della coalizione “United for Consensus” nella riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; le decine e decine di affermazioni in importantissime competizioni per ruoli e incarichi internazionali – alle Nazioni Unite , all’Unione Europea, all’OCSE ,alla BCE all’OSCE, all’EXPO 2015, alle più alte Magistrature internazionali- i comandi assegnati a Ufficiali italiani in operazioni di pace. Per un quarto di secolo i riconoscimenti all’Italia hanno coinciso con una linea coerente e affidabile della politica estera italiana: anche nelle situazioni più difficili e dolorose, costate la vita a nostri valorosi uomini e donne con le stellette, e a volontari nelle missioni umanitarie, pronti a sacrificarsi per la Patria , per i suoi ideali, e per la sicurezza di tutti gli italiani dall’Afghanistan ai Balcani, dal Medio Oriente all’Africa.

Da quando coerenza e affidabilità sono invece venute a mancare e si è diffusa la percezione che tali condizioni essenziali nella “regola aurea” della diplomazia siano svanite, il nostro Paese non ha fatto che inanellare delusioni. Per ricordarne alcune:la mancata nomina di Padoan alla Presidenza dell’Eurogruppo; l’assegnazione dell’Agenzia Europea del Farmaco a Amsterdam invece che a Milano; la “mezza sconfitta” -o come eufemisticamente la narrativa ufficiale ha cercato di farla passare, la”mezza vittoria” – al Consiglio di Sicurezza dell’Onu; i continui richiami della Commissione al Governo a ogni scadenza di manovre finanziarie, di provvedimenti salva banche e salva imprese; le reprimende di Bruxelles, le polemiche con le Istituzioni Comunitarie e con importanti Stati membri in tema di immigrazione illegale, accoglienza,controllo delle frontiere. Non è certo un caso se negli stessi “teatri di crisi” della Libia e delle rotte migratorie del Mediterraneo la “leadership” che Washington e Bruxelles avevano ripetutamente invocato per l’Italia sia stata ormai saldamente assunta dalla Francia. Parigi ha saputo capitalizzare su un impegno coerente – diplomatico e militare, mentre Roma era sempre in attesa dell’ONU- espresso per oltre un quinquennio non soltanto in Cirenaica e in altre regioni libiche, ma in tutto il quadrante compreso tra Centrafrica, Chad, Mauritania, Mali, Niger. Ognuna delle sconfitte diplomatiche che negli anni di Renzi e Gentiloni abbiamo subito in tempi e Paesi “normali” sarebbero costate la sfiducia ai Governo o per lo meno ai Ministri direttamente responsabili. Ma sappiamo che il principio delle responsabilità politica è uscito da tempo dall’orizzonte dello “Stato di Diritto all’italiana”.

In questi giorni abbiamo un Governo che non dispone -ormai- neppure di un simulacro di legittimazione dal popolo italiano. E tuttavia ha deciso di avvitarsi in iniziative e prese di posizione che ci allontanano dall’Occidente. Non esitiamo a caratterizzarci come Paese in prima linea, nella rotta di collisione con Washington e con Gerusalemme. Mentre continuiamo a affondare nella irrilevanza sul terreno dell’integrazione europea, guidata sempre più da Macron, e come sempre da Berlino. Sull’Iran sono ormai due anni e mezzo che le decisioni avventate si accumulano. Lo sono per i nostri interessi di sicurezza; per la tutela delle nostre aziende a fronte degli enormi rischi economici e di riciclaggio in favore del terrorismo internazionale presenti su quel mercato; e per il mancato allineamento dell’ Italia ad altri Paesi della Nato e della coalizione arabo-sunnita formatasi recentemente a Riyad al fine di “contenere” la strategia iraniana di destabilizzazione in Medio Oriente. Dopo gli incitamenti di Renzi a correre a occhi chiusi verso il miraggio dell'”Eldorado Iraniano”- da quell’estate 2015 che ha visto la firma di un accordo nucleare per la prima volta nella storia della non proliferazione del tutto sprovvisto di un credibile meccanismo di verifiche– il Governo Gentiloni ha fatto e sta affrettandosi a fare molto di più, e di ancora più pericoloso. Incurante di tutte le circostanziate prove sul coinvolgimento diretto di Teheran nel sostegno al terrorismo internazionale attraverso Hezbollah e sui collegamenti operativi tra Al Qaeda e Pasdaran -Iran Revolution Guard Corp, IRGC– Gentiloni e i suoi ministri hanno prima avviato una vera e propria collaborazione tra la Marina italiana e quella iraniana, con esercitazioni che Palazzo Chigi giustifica con la lotta contro la pirateria: come se le nostre risorse navali già non fossero sufficientemente impegnate in analoghe operazioni sia con l’Alleanza Atlantica che con l’Unione Europea. A nessun altro Paese Nato è venuta un’idea del genere.Tanto più che unità della Nato sono sistematicamente provocate e in alcuni casi attaccate da navi e battelli iraniani quando transitano per il Golfo Persico. Si apprende ora che il nostro Governo si starebbe legando a doppio filo sul piano strategico e militare a Teheran: in una sorta di voluta, o inconsapevole, “alleanza” verso la quale l’abile regia dei Mullah ci sta facendo scivolare, in netto contrasto con le vere Alleanze alle quali siamo legati. Sul versante Afghano si starebbe negoziando un’ “intesa congiunta” tra Italia e Iran sulla cooperazione e la stabilizzazione de‎ll’Afghanistan.Le finalità sono evidentemente geopolitiche, di influenza e soprattutto militari, almeno per Teheran : dato che al primo posto delle priorità individuate c’è la realizzazione di una ferrovia che colleghi l’Iran all’ancora inesistente aeroporto internazionale di Herat. Si vogliono gettare 65 milioni di euro concessi dall’Italia come credito d’aiuto- finanziato dal contribuente italiano- in un’opera strategica essenziale per le Forze armate iraniane, con fondi che quasi certamente finiranno a un’impresa iraniana o in attività di riciclaggio a favore dell’IRGC.

E facciamo attenzione. Questa “corsa di fine legislatura” nel destinare ai Mullah iraniani enormi risorse finanziarie sottratte a altre destinazioni socialmente utili in Italia o a mercati decisamente più sicuri e promettenti per le aziende italiane trova la punta dell’iceberg nel “caso Invitalia“. Nella Legge di Bilancio Gentiloni ha fatto inserire una norma che assicura il finanziamento pubblico di garanzie sino a un miliardo di euro per esportazioni e investimenti in Iran. Nessun altro Paese occidentale sta facendo cose del genere. Apriamo così tutte le porte a rapporti finanziari e bancari, oltre che commerciali, con un Paese che è sulla lista di quelli a più alto rischio riciclaggio per la Financial Action Task Force -FATF- e verso il quale il Congresso americano e la Casa Bianca stanno rafforzando le sanzioni. A poco o nulla è valsa l‘esperienza di Banca Intesa San Paolo multata un anno fa dalla Treasury dello Stato di New York per 246 milioni di Euro. Un danno economico che evidentemente nell’andazzo della politica creditizia italiana, a dispetto delle misure di sorveglianza europee, viene facilmente assorbito dalle costanti erogazioni pubbliche attraverso i “fondi atlante” e simili. È sempre il contribuente a essere, senza saperlo, il “tassato di ultima istanza”.

Ma il “caso Invitalia” sta impressionando negativamente gli ambienti atlantici e europei anche per un altro motivo. Nella serrata discussione sugli emendamenti che un gruppo significativo di parlamentari aveva chiesto di inserire nella norma, il Governo Gentiloni ha preteso di cancellare qualsiasi riferimento alla normativa europea e alle norme adottate dalla Commissione e dal Parlamento Europeo in materia di antiriciclaggio. Quindi, il Governo italiano vuole avere le mani interamente libere, e poterlo dimostrare agli “alleati” iraniani , che si dice si siano mossi proprio per evitare quegli emendamenti. Come non dubitare che vi sia un vero e proprio disegno complessivo che collega tra loro il ” caso Invitalia” e la costruzione della ferrovia tra il confine con l’Iran e il futuro Aeroporto di Herat, nel Nord Ovest dell’Afghanistan, da dove provengono migliaia di giovani reclutati dagli Hezbollah sciiti per combattere sotto comandanti iraniani dalla Siria, all’Iraq, allo Yemen? La risposta proviene dal Presidente della Camera di Commercio Italo Iraniana (Financial Tribune pubblicato a Teheran, del 5 dicembre us): ” le questioni bancarie ancora in sospeso tra i due paesi saranno risolte entro due mesi”. Mentre il Direttore della Banca Sepah a Roma, la cui apertura è stata autorizzata nei mesi scorsi dalla Banca d’Italia esclusivamente come Ufficio di Rappresentanza e non come sede operativa, ha sorprendentemente dichiarato: “Abbiamo buone relazioni con Banca Monte dei Paschi di Siena… Abbiamo ricevuto più di un miliardo e mezzo di euro in linee di credito assegnate ai nostri clienti.. Banca Sepah a Roma ha anche trasferito 1,5 miliardi di euro dall’Iran all’Italia, il che dimostra che non vi sono problemi a trasferire fondi dall’Iran all’Italia“. Qualche settimana prima era stata la volta di un alto dirigente della Banca Popolare di Sondrio a sottolineare il ruolo della propria Banca nel promuovere operazioni finanziare prima dell’accordo nucleare, in piena vigenza del regime sanzionatorio. Nessuna rettifica o precisazione è ovviamente venuta dalle competenti Autorità italiane, né da Bankitalia, in particolare sulla circostanza che le Banche italiane sono sottoposte a norme vincolanti antiriciclaggio e restano considerevoli i rischi di sanzioni americane.Bibi vince

L’inarrestabile avvicinamento tra Roma e Teheran desta crescenti preoccupazioni negli ambienti europei e atlantici, e soprattutto nell’Amministrazione americana. Sull’Iran, e ora anche sulla questione di Gerusalemme, la politica estera italiana è entrata in rotta di collisione con il suo principale alleato, gli Stati Uniti: un partner sempre più fondamentale in un’era di sfide globali da affrontare con risorse di cui non disponiamo né a livello nazionale né europeo. Anziché lavorare per attenuare le forti tensioni ‎sulla tanto controversa questione di Gerusalemme, non abbiamo perso l’occasione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per schierarci duramente contro gli Stati Uniti e Israele. Intendiamoci, la situazione in cui si è venuta a trovare l’Italia era assai delicata. Ma proprio per questo sarebbe stato necessario evitare un proclama in bianco o nero, appiattito sulle abituali tesi filopalestinesi di tanta sinistra europea e italiana, fatte costantemente proprie dall’Alto Rappresentante UE Federica Mogherini e dai suoi ex colleghi di Governo e di partito. Altri paesi dell’Unione sono riusciti a farlo, anche se non stavano concludendo come noi una fugace permanenza di un solo anno in Consiglio di Sicurezza. Evidentemente,lo abbiamo deciso per cogliere l’occasione di distinguerci: ma sempre, come avviene da due anni e mezzo sulla vicenda iraniana, in contrasto con la linea di Washington e di altri partners europei, e ora entrando a gamba tesa su un tema vitale per la stabilità del Medio Oriente e soprattutto per la sicurezza di Israele. Di cui Renzi e Gentiloni si dichiarano fedeli amici,tranne quando si tratta di evitare di dar soldi a chi ,come l’Iran, lavora e si impegna a fondo per distruggere lo Stato ebraico, o di quanti vogliono impedire qualsiasi forma di riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele.

Vi sono molti argomenti validissimi per discutere sull’opportunità dell’ultima mossa americana. Essi derivano dal diritto internazionale, da considerazioni di tecnica negoziale, dalle prospettive di un processo di pace fermo da quindici anni sulla teoria dei due Stati -ciascuno con una parte di Gerusalemme come capitale- o di alternative mirate alla creazione di un unico stato binazionale. Su tutto questo e molto altro ancora è acceso da anni un intenso dibattito sia in campo israeliano che tra i palestinesi. Le motivazioni del presidente Trump nel riconoscere un fatto che egli ha sottolineato essere acquisito da tempo, che Gerusalemme viene “trattata”da Ambasciatori, membri di governo stranieri e Delegazioni ai più alti livelli come la vera capitale – non certo Tel Aviv- sono state certamente di politica interna: dimostrare la coerenza con le promesse elettorali; consolidare i consensi tra i sostenitori ebrei e cristiano evangelici; dar prova di saper affrontare reazioni anche molto forti, e persino rischi non certo trascurabili per gli interessi e la sicurezza americana nel mondo, pur di perseguire una linea assertiva, nazionale e nettamente diversa da quella della presidenza Obama. Non si può tuttavia sottovalutare che la creazione di un fronte arabo-sunnita, diplomatico e militare, contro una minaccia iraniana percepita ormai come infinitamente più rischiosa di quella palestinese ha costituito la cornice vera della decisione di Trump. Non è troppo difficile comprendere, se non forse per qualcuno in Italia e in Europa, che la nuova Casa Bianca ha prodotto in Medio Oriente una mutazione geopolitica che intende rafforzare nettamente il ruolo di Israele e dei Paesi Arabo sunniti, e in direzione opposta neutralizzare la minaccia iraniana.

Di fronte a questi scenari, l’Italia sta andando in rotta di collisione con i suoi principali alleati occidentali. Siccome nei rapporti internazionali è assai meno agevole di quanto non avvenga in politica interna- soprattutto da noi- far credere a belle parole contraddette sistematicamente dai fatti, la nostra politica estera viene percepita non solo ondivaga, ma ormai sempre più “schierata contro” interessi di sicurezza dell’Occidente.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom dic 24, 2017 5:06 pm

Giulio Meotti
Oggi a Milano è stata una giornata di "Intifada", di incitamento all'odio contro "il sionismo" e di slogan per la "resistenza" palestinese. Trovo indecente che la Questura, la Prefettura e il Comune diano il permesso a simili manifestazioni. Dov'è il governo? Dove il PD che quella città la governa? Dove sono gli intellettuali attenti alla tolleranza e alla democrazia? Dove i media che non riportano queste notizie? Dove le alte cariche dello stato? È un'Italia imbelle e colpevole questa che consente di scandire slogan antiebraici impunemente. "Un sasso per la libertà" si diceva oggi a Milano. Vergognatevi

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... ment_reply

...

Stefania Maggio
Francamente se a casa mia mi espropriano un pezzo di terra, lo occupano e poi gli occupanti, armi in pugno, soldi e copertura americana, si prendono la mia casa, il mio territorio, la mia ricchezza, mi rinchiudono in un recinto e mi fanno crepare di stenti, un po' di incazzatura mi verrebbe...

Mario Loiola
Sig.ra studi perche non è così Israele e la sua terra esistono da 2500 anni. I palestinesi sono arabi che vivevano di nomadismo. Questa è la storia lei può dire quello che vuole. Israele non si arrenderà mai.

Stefania Maggio
certo. Fossi la Grecia invaderei la Sicilia e tenterei di riprendermela per lo stesso motivo. Poi suggerirei ai nativi americani di rivendicare un po' di terreni...

Yehoshua Bubola-Lévy de Rothschild
informati meglio possibilmente non su un sito di propaganda: citi informazioni errate e una cartina della propaganda palestinese. Se vuoi ti ospito alla nostra mostra STORICA e non politica. Con le fonti storiche alla mano e tutti gli elementi per valutare sarai in grado di capire come stanno le cose ma non affidarti ad internet ad un vademecum fai da te sul conflitto.

Giulio Meotti
Questa mappa è la più grande fake news. Un noto falso. Come i Protocolli dei Savi di Sion

Guido Saccani
E vai di fake news. Lo sa signora che quella mappa, con tutto il rispetto, va benissimo avvolta nel portarotolo del bagno?

Yehoshua Bubola-Lévy de Rothschild
Stefania Maggio per lo stesso motivo che cita ridiamonil Sud Tirolo all Austria e Istria Dalmazia e la contea di Nizza all'Italia...

Gaetano Evangelista
Non ci credo che circoli ancora quella mappa-bufala.
Trovano ancora allocchi che abboccano...

Andrea de Martini
Se uno, o una, si informa in un centro sociale o alla casa del popolo su vecchi mayeriali sovietici, succede questo. e' come chiedere sulle condizioni di vita nei lager a goebels.

Luca Berardi
Notoriamente un falso perché erano e sono palestinesi sia gli Ebrei sia gli Arabi che vivevano entrambi legittimamente in Palestina prima del 1948. Non è colpa di Israele se i Palestinesi arabi e i paesi loro alleati hanno aggredito Israele nel 1948 perché non riconoscevano agli Ebrei paestinesi il loro legittimo diritto ad uno Stato come invece aveva viceversa fatto Israele. Se aggredisci Israele in tre guerre (1948 1967 e 1973) e prosegui con 45 anni di terrorismo palestinese perdi ogni diritto di rivendicare alcunché

Guido Saccani
Quel territorio verde non è mai stato Palestina intesa come stato arabo Palestinese. L'area cisgiordana era territorio occupato dalla giordania fino al 1967, cosi come Gaza dall'egitto. Prima del 48 esisteva un controllo di tipo coloniale inglese

Gino Quarelo
Stefania Maggio lei parteggia per una causa ingiusta e persa proprio perché ingiusta. Lei è imbevuta di un racconto falso antiisraeliano, antisionista, antisemita e parteggia non per povere vittime ma per i nazisti maomettani che sono l'umanità peggiore della terra. Inoltre il raffronto con i nativi americani e con la Sicilia è del tutto inappropriato per molte ragioni.

Luca Berardi
Per cui a partire dalla prima cartina è un falso perché la Palestina era sia araba sia ebraica e sono stati gli Arabi palestinesi a negare i diritti degli Ebrei palestinesi con le loro reiterate guerre di aggressione

Simone Tramatzu
Vorremmo capire cosa sarebbe quella cartina. Uno stato di Palestina antecedente al 48? Non è mai esistito. Quella è semplicemente la somma aspirazione dei MALEstinesi stile Hamas, che gli arabi stessi dovrebbero augurarsi di non vedere mai realizzata, considerato il divario civile delle loro condizioni tra Gaza e Israele.

Marco Pavoncello
Magari fosse vera, vorrebbe dire che entro poco tempo non ci sarebbero più palestinesi.... invece la loro popolazione si è quintuplicata dal 1946. Si informi meglio

Giacomo Di Castro
Non siamo stati noi nel 48 a rifiutare la pace e ad attaccare tutti i paesi confinanti.Le ricordo che negli anni 20 l’etnia palestinese ancora nn esisteva,e inoltre nel 67 abbiamo rivinto una guerra difensiva strappando Gerusalemme est,e cisgiordania alla giordania,e nn ai palestifinti.Le ricordo anche che per ben tre volte i palestinesi guidati dai corrotti arafat e mazen hanno rifiutato il 94% dei territori compresa gerusalemme est in cambio di confini sicuri e un riconoscimento delle stato ebraico.Chi attacca e perde nelle guerre,da quando è nato il mondo,nn puó inoltre pretendere di comandare in trattative di pace,chiaro?

Lorenzo Bracalini
Stefania Maggio gli ebrei erano li da molto prima dei "palestinesi". E se vogliamo dirla tutta, gli ultimi usurpatori del Medioriente, come del Nordafrica, sono stati l'Islam (religione/ideologia esportata in quelle terre dagli arabi) e i musulmani. Perchè il Medioriente, il Nordafrica, e anche l'attuale Turchia erano cristiani molto prima di essere islamici

Lilli Cocci
Stefania Maggio @ lei non ha la minima idea di quella che è STORIA . Parla per stereotipi diffusi da una propaganda senza vergogna a uso degli ignoranti fanatici come lei .

Moris Raccah
Stefania Maggio continua a gestire i tuoi folli racconti brevi. La follia si è installata nella tua mente se credi alle baggianate create dalla prpaganda palestinese. Con cascate di denaro ricevute negli ultimi 70 anni da paesi arabi e occidentali (cifre molto superiori a quelle ricevute da Israele), avrebbero potuto costituire e costruire uno stato palestinese più ricco d’Israele. Ma i pallestinesi si sono adagiati e i loro capimandria si sono arricchiti a dismisura, incitando all’odio contro gli ebrei e Israele. Leggiti un po’ di storia vera e non i racconti fumertistici creati dai pallestinesi. Buon Natale finché riuscirai a festeggiarlo!

Vincenzo Marsala
La cartina è falsa, così come sono false, fuorvianti e improprie le motivazioni da lei addotte.
La possibilità di ottenere uno Stato sul territorio palestinese era stata offerta anche agli arabi nel 1947 dall’Onu. È stata stupidamente e superficialmente rifiutata, con il fermo intento di annientare il nascente Stato ebraico attraverso una guerra condotta da tutte le forze arabe (ricordo che esattamente all’indomani della sua proclamazione, allo Stato di Israele fu dichiarata guerra).
A differenza del popolo ebraico, gli arabi non erano uniti e compatti verso l’obiettivo della terra, infatti il problema dei profughi arabi che avrebbero dovuto vivere nello Stato di Palestina era vissuto con fastidio dagli altri Stati arabi (Giordania, Egitto) che per ovvie ragioni di ordine pubblico e sicurezza non desideravano ospitare all’interno dei propri Stati i profughi.
L’unico legame tra le varie popolazioni arabe era ed è la distruzione e l’annientamento di Israele.
Il problema della terra è una scusa, un pretesto per offrire una parvenza di legittimità alla questione, e la dimostrazione di ciò è il continuo rifiuto da parte araba dei piani e delle proposte per portare la pace e far convivere nella regione tutti in armonia e nel rispetto dei propri diritti.

Angelo Di Consiglio
Francamente...è spaventoso che nel terzo millennio gregoriano ci sia ancora tanta ed inguaribile ignoranza/somaraggine! Vero Stefania Maggio?

Angelo Aprea
Stefania Maggio:
La prima mappa era quella del mandato britannico sulla Palestina.
La seconda era la partizione proposta dall’ONU che gli ebrei accettarono e gli arabi rifiutarono attaccando Israele.
La terza 1949-1967 al posto di Palestina sarebbe opportuno scrivere : Egitto su Gaza ; Giordania su tutto il resto.
Non mi risulta che in questo periodo ci siano mai state rivolte o intifada contro Egitto e Giordania.
La quarta che dovrebbe rappresentare la situazione attuale è un fake e non la commento nemmeno.

Giacomo Di Castro
Cara stefania,sinceramente da quello che lei ha illustrato e scritto,deduco che della causa palestifinta,a lei nn frega nulla,anzi,come troppi,arreca più danni della stessa leadership corrotta palestinese,poichè il suo è puro antisemitismo,e se nn lo dovesse essere per assurdo,la sua ignoranza in materia,nn le dovrebbe permettere di scrivere nulla,ma solo di leggere e documentarsi equilibratamente.
Marco Pavoncello forse nn lo sappiamo ma facciamo una politica nei loro confronti di inseminificazione!!!!!!


Gino Quarelo Gentile Stefania Maggio
se anche non conoscessi o conoscessi poco la storia di Israele e della Palestina, per orientarmi e farmi un'idea di dove potrebbe stare per intima coerenza il giusto e l'ingiusto, il bene e il male, mi basterebbe osservare chi sono e come vivono gli israeliani e i palestinesi nei loro paesi, quali sono le loro istituzioni politiche e il loro rispetto per i diritti umani universali, come trattano i propri cittadini e gli altri non cittadini e tutti i diversamente religiosi e pensanti;
mi basterebbe ascoltare i loro discorsi sia quelli dei capi che quelli del popolo; mi basterebbe verificare l'atteggiamento e il rispetto che hanno per la vita loro, dei loro figli e quella degli altri, come sono organizzati economicamente per vivere meglio, per rendere la loro terra meno dura e magari un degno paradiso; come funziona la loro giustizia e che esempio danno i loro capi ai rispettivi popoli;
considererei la loro cultura e civiltà in generale, la loro ideologia politica e la loro religione e quanto in esse vi è di umano e di disumano, di democratico e di rispettoso per la diversità altrui e delle minoranze, ... .
A ben guardare tutto ciò, non potrei che sentirmi umanamente e civilmente attratto da Israele e parteggiare per gli ebrei che gestiscono questo meraviglioso loro paese.

Gino Quarelo
Gentile Stefania Maggio
se anche non conoscessi o conoscessi poco la storia di Israele e della Palestina, per orientarmi e farmi un'idea di dove potrebbe stare per intima coerenza il giusto e l'ingiusto, il bene e il male, mi basterebbe osservare chi sono e come vivono gli israeliani e i palestinesi nei loro paesi, quali sono le loro istituzioni politiche e il loro rispetto per i diritti umani universali, come trattano i propri cittadini e gli altri non cittadini e tutti i diversamente religiosi e pensanti;
mi basterebbe ascoltare i loro discorsi sia quelli dei capi che quelli del popolo; mi basterebbe verificare l'atteggiamento e il rispetto che hanno per la vita loro, dei loro figli e quella degli altri, come sono organizzati economicamente per vivere meglio, per rendere la loro terra meno dura e magari un degno paradiso; come funziona la loro giustizia e che esempio danno i loro capi ai rispettivi popoli;
considererei la loro cultura e civiltà in generale, la loro ideologia politica e la loro religione e quanto in esse vi è di umano e di disumano, di democratico e di rispettoso per la diversità altrui e delle minoranze, ... .
A ben guardare tutto ciò, non potrei che sentirmi umanamente e civilmente attratto da Israele e parteggiare per gli ebrei che gestiscono questo meraviglioso loro paese.
Mi viene da pensare che se al posto degli ebrei in Israele vi fosse Maometto e la sua criccha o cerchia di allora, i palestinesi verrebbero sterminati senza alcun problema.


Ale Tzu Cos'é la Palestina?
La Palestina è la Filistea, ossia la Terra di Israele (Erez Yrael), il Regno di Israele (XIIIsecolo AEV - a.C.), Giudea e Samaria (attuale Cisgiordania- West Bank) chiamata così dai conquistatori romani, esattamente da Adriano, verso il 135 d.C. E i palestinesi, ovviamente, sono gli ebrei.
Questo ovviamente prima del diktat sovietico agli arabi (giordani, libanesi, siriani, iracheni, sauditi e egiziani migranti in Palestina durante il mandato britannico) di farsi chiamare palestinesi per poter avanzare pretese su quei territori. Ci sono documenti e testimonianze ufficiali al riguardo.

Nonostante ciò gli arabi "palestinesi" rifiutarono, e continuano ancora oggi a rifiutare, qualsiasi proposta di spartizione della Palestina (parte araba-parte ebrea) e dichiarano ufficialmente (lo statuto dell'AP lo dichiara apertamente), che non vogliono spartire ma addirittura vogliono un solo stato, lo stato della Palestina (araba ovviamente).
Se la gente conoscesse la storia, studiata con la propria testa, gli arabi palestinesi oggi avrebbero il loro stato e in quei territori ci sarebbe la pace.
Maledetta IGNORANZA!




Claudia Corradin
Carissima Stefania le consiglio un libro: Gerusalemme Gerusalemme, gli autori non sono Ebrei. Le si apriranno nuovi orizzonti! Le ricordo solo che il nome Palestina è stato dato nel 135 a.d. alla Giudea. Tutti quei territori erano impero Romano, e con vari passaggi che lei certo conoscerà, dell’Impero ottomano fino alla fine della grande guerra. Poi hanno fatto parte del mandato britannico. Fino alla proposta Onu nel 1947 di due stati uno Ebreo e l’altro arabi. Gli arabi hanno detto no. Fino al 1948 i palestinesi Identificavano gli Ebrei. A disposizione per ulteriori confronti.




Decostruire il mito palestinese - Le mappe false

http://www.linformale.eu/decostruire-il ... appe-false

Il detto recita che un’immagine vale più di mille parole. In questo articolo declineremo tale adagio nella versione tipicamente palestinese: una bugia vale più di mille parole.

Una delle creazioni più semplici ed efficaci della propaganda palestinista è senza dubbio rappresentata da una serie di quattro mappe storiche posizionate in ordine cronologico il cui titolo è “palestinian loss of land” (perdita di terra palestinese). Hanno avuto grande successo (campus americani, università europee, media, ecc.), per la loro immediatezza e facilità di lettura, soprattutto tra chi non è molto informato circa la questione arabo-israeliana. E’ capitato persino di vederle stampate su cartelloni pubblicitari in 50 stazioni della rete ferroviaria suburbana di New York, il tutto a spese di un’associazione “pacifista” (in realtà pesantemente anti-israeliana). Lo scopo di tali immagini consiste nel mostrare l’espansionismo israeliano ai danni dei palestinesi. Ma queste mappe sono una presa in giro, una vera e propria truffa, sia singolarmente che nell’insieme. Vale la pena di esaminarle per almeno due ragioni: comprendere la disonestà del messaggio e, quindi, imparare qualcosa di più sulla cosiddetta “causa palestinese”, i suoi metodi e i suoi sostenitori.

Queste riprodotte qui di seguito sono le più diffuse.
...

In generale, prendendo in considerazione la sequenza cronologica, queste mappe rappresentano un imbroglio per almeno tre motivi.

1) Mancano tappe fondamentali che demolirebbero il messaggio propagandistico. Non sono infatti rappresentati graficamente tutti i ritiri effettuati da Israele negli anni, in seguito delle guerre di aggressione scatenate dai paesi arabi e subite dallo Stato Ebraico. Non compaiono i ritiri dal Sinai egiziano (1949, 1957, 1982), da porzioni della Siria (1974) e dal Libano (1949, 1978, 2000). Qualcuno potrebbe obiettare che i territori appena citati non sono mai appartenuti ai palestinesi (ma quali territori sono mai appartenuti ai palestinesi?), quindi non sono pertinenti. Eppure, quale nazione è così sciattamente espansionista da rinunciare più volte al Sinai (tre volte la superficie di Israele e in cui si trovano pozzi petroliferi) in cambio della sola promessa di una pace? Ovviamente mostrare la storia nella sua completezza mal si sposerebbe con la voluta mistificazione – mostrare Israele come un avido conquistatore di terre altrui.

2) Manca totalmente il contesto storico-politico. Per esempio la seconda mappa (piano di spartizione proposto dall’ONU nel 1947) non dice che venne rifiutato dagli Arabi ed accettato dagli Ebrei, non dice nemmeno che, non appena Israele dichiarò la propria Indipendenza (14 maggio 1948), cinque eserciti arabi (Egitto e le quattro nazioni arabe limitrofe nate grazie ai Mandati britannico e francese, Transgiordania, Iraq, Siria e Libano) invasero il neonato Stato Ebraico con l’intento di distruggerlo. E’ importante sapere se il passaggio da una mappa a quella successiva fu il frutto di una guerra di aggressione araba (come in effetti fu) oppure causato da un ipotetico espansionismo israeliano? Ovviamente sì: senza spiegazioni vengono completamente capovolte la realtà dei fatti e le responsabilità delle nazioni coinvolte.

3) Vengono accostate mappe “storiche” (in seguito, nella parte dedicata alle singole immagini, si vedrà come di storico ci sia ben poco) e “proposte” come il piano di spartizione dell’ONU (seconda mappa) che non rappresentano la situazione sul campo, né nel 1947 né in nessun altro momento. E’ credibile una cronologia “storica” che utilizza una proposta non vincolante (per di più rifiutata dalla stessa parte che vorrebbe ambire al ruolo di vittima della rappresentazione) che non si è mai concretizzata? Ovviamente no.

– Una considerazione sulla sequenza cronologica. Si provi per un momento a pensare ad una serie di mappe da mostrare ad una persona che non conosce la storia europea dello scorso secolo in cui, senza dare alcun tipo di informazione aggiuntiva, si vedono: una prima mappa con i confini della Germania nazista nel momento di massima espansione (1942), un paio di mappe intermedie ed una quarta mappa che mostri i confini della Germania a guerra finita (1945). Chi non proverebbe simpatia per il povero popolo tedesco che si è visto drasticamente ridotto il suo territorio? Ecco perché la sequenza cronologica nella sua interezza, priva di qualsiasi informazione del contesto storico-politico, rappresenta una vera e propria impostura.

Ma l’imbroglio più squallido sta in realtà nel falso messaggio contenuto in ogni singola mappa. L’inganno principale risiede nel definire “palestinian land” (terra palestinese) la parte colorata in verde. Cosa significa “terra palestinese”?

– Sovranità palestinese? Assolutamente no. Non esisteva allora, mai era esistito prima e non esiste oggi uno “stato palestinese” che potesse esercitare sovranità territoriale.

– Proprietà privata palestinese? Assolutamente no. La maggior parte dei terreni della Palestina-Eretz Israel dell’epoca era o terra demaniale (circa il 48%, definite “pubbliche o altro” nel report Village Statistics, 1945 pubblicato dall’UNSCOP) o possedute da latifondisti arabi che vivevano a Damasco (Siria) o Beirut (Libano). Ciò è confermato anche dal Muftì Amin al-Husseini in una famosa intervista per la Commissione Peel del 1937.

– Terra abitata da Arabi palestinesi? Assolutamente no. Sappiamo da numerosi resoconti e documenti ufficiali quanto la Palestina-Eretz Israel fosse, tra il finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una terra in gran parte disabitata, specialmente il distretto meridionale corrispondente al deserto del Negev. Non manca inoltre una cospicua documentazione fotografica che mostra un territorio pressoché disabitato.

L’intervista rilasciata dal Muftì Amin al-Husseini, alleato di Hitler, è un documento storico di grande importanza perché conferma il fatto che gli Ebrei comprarono terreni*, centinaia di migliaia di dunam, dai proprietari arabi in maniera assolutamente legittima. Inoltre, conferma anche che molti Arabi in quegli anni emigrarono dai paesi circostanti verso la Palestina-Eretz Israel che, grazie agli inglesi e ai sionisti, diventò in breve tempo un luogo in cui vivere meglio, pagare meno tasse e ricevere un’istruzione migliore. Oggi i cognomi più diffusi tra gli Arabi palestinesi evidenziano ancora la loro provenienza: al-Masri (l’egiziano), al-Mughrabi (il maghrebino), Halabi (da Aleppo), Iraqi (dall’Iraq), ecc. Infine, per meglio comprendere, seppur in maniera molto sbrigativa, la situazione in essere durante il periodo del Mandato Britannico occorre ricordare i famigerati tre Libri Bianchi (1922, 1930 e 1939) emessi dal Governo di Sua Maestà. Se da un lato i britannici favorirono l’immigrazione araba, dall’altro fecero di tutto per impedire quella ebraica, arrivando addirittura, con il terzo Libro Bianco ed in concomitanza con l’inizio del massacro di sei milioni di ebrei europei, a limitare l’immigrazione in Palestina-Eretz Israel a soli 10.000 ebrei l’anno, per i successivi cinque anni.

*Daniel Pipes: Israele è stato comprato, non rubato

Esaminiamo ora le mappe una ad una:

1946 – All’epoca gli Arabi che vivevano in Palestina-Eretz Israel non si definivano palestinesi, ma “siriani del sud” o parte della “grande nazione araba”. Il termine Palestinese era usato quasi esclusivamente per indicare gli Ebrei e le loro istituzioni. Alcuni esempi: The Palestine Post (dal 1948 Jerusalem Post, quotidiano israeliano fondato nel 1932), l’Agenzia Ebraica (organo del movimento sionista) in origine si chiamava Agenzia Ebraica per la Palestina, l’Orchestra Sinfonica Palestinese fondata nel 1936 e composta da 70 Ebrei palestinesi diventerà l’Orchestra Filarmonica di Israele, ecc. Il colore verde inoltre, come spiegato in precedenza, non rappresenta alcuno stato, né sovranità o proprietà privata palestinese e nemmeno terre abitate da Arabi palestinesi. È una mappa falsa.

1947 – Il piano di spartizione proposto dall’ONU con la Risoluzione 181 fu una raccomandazione non vincolante (accettata dagli Ebrei, rifiutata dagli Arabi). Fu l’ultimo di una serie di tentativi proposti da commissioni internazionali per cercare di trovare un compromesso tra Ebrei ed Arabi. Al primo (1922) che consegnò agli Arabi il 77% del territorio della Palestina mandataria con la creazione della Transgiordania, ne seguirono altri (Commissione Peel 1937, Commissione Woodhead 1938, stato binazionale, stato federale) sempre rifiutati da parte araba in quanto riconoscevano rappresentanza politica agli Ebrei. Questa mappa, una proposta non vincolante mai realizzata, non ha nulla di storico. È una mappa ingannevole.

1949-1967 – In questo periodo, compreso tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni (entrambe furono guerre di aggressione arabe nei confronti di Israele), la striscia di Gaza, così come il distretto di Samaria e Giudea (West Bank), in origine destinate dal Mandato Britannico alla nazione ebraica, erano illegalmente occupate rispettivamente da Egitto e Giordania. Non esisteva uno stato palestinese. Lo Statuto dell’OLP nel 1964 precisava che l’organizzazione “non esercita alcuna sovranità territoriale sul West Bank nel Regno Hascemita di Giordania, sulla striscia di Gaza o sull’area di Himmah” (art. 24). È una mappa falsa.

2000 – Pur essendo piuttosto approssimativa, questa mappa rappresenta in verde quella che potrebbe essere definita “terra palestinese” (non perché esista uno stato, ma in quanto amministrata direttamente dall’ANP, in completa autonomia). Ma omette un piccolo dettaglio: questa terra è passata sotto il controllo dell’Autorità Palestinese in seguito agli Accordi di Oslo, quindi in seguito alla decisione del Governo israeliano di rinunciare a parte del territorio destinato alla nazione ebraica dal Mandato Britannico. Si tratta, di fatto, di una concessione del Governo di Gerusalemme, non di un’ulteriore fase dell’inesistente espansionismo israeliano. L’esatto contrario del messaggio che la mappa fornisce al lettore. È una mappa ingannevole.

– Vale la pena di far notare che se oggi, per la prima volta nella storia, esiste un territorio autonomo amministrato dagli Arabi palestinesi, ciò lo si deve esclusivamente allo Stato di Israele e agli Accordi di Oslo (accordi ad interim, stipulati tra Governo di Israele e OLP). Impero Ottomano, Regno Unito, Giordania, Egitto: nessuna di queste nazioni ha mai offerto agli Arabi palestinesi una forma di sovranità territoriale, nessun leader Arabo palestinese chiese mai una nazione palestinese. La prima richiesta in tal senso avvenne solo dopo la liberazione di Gaza, Giudea e Samaria dalle occupazioni di Egitto e Giordania e il loro ritorno sotto la sovranità israeliana. Inoltre, negli ultimi 16 anni, la leadership palestinese ha rifiutato due volte (Barak, 2000, Arafat; Olmert, 2008, Abu Mazen) uno stato palestinese.

Qui di seguito – detto che non ha molto senso fornire una sequenza di mappe senza spiegarne il contesto storico, politico e regionale – si propongono cinque mappe, le prime tre con le stesse date dell’esempio (ingannevole) riportato in alto, le ultime due per evidenziare i cambiamenti più recenti, con un approccio decisamente più onesto. Stabilire, con colori diversi, le proprietà private è impresa quasi impossibile (per la mancanza di tutti i dati e per lo scopo di questo articolo) e comunque irrilevante, ciò che conta è il controllo politico dell’area.

...

1946 – Tutto il territorio della Palestina-Eretz Israele è sotto controllo Britannico, in virtù del Mandato per la Palestina il cui scopo era ricostituire la patria nazionale degli Ebrei. Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese. Non cambierebbe nulla se andassimo indietro nel tempo: durante il periodo ottomano l’intero territorio era sotto controllo dell’Impero Ottomano.

1947 – Non cambia nulla rispetto alla mappa precedente. Il controllo del territorio ricade ancora sotto il Regno Unito. Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese.

1949-1967 – Nel periodo compreso tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni il controllo del territorio è diviso in tre stati: Israele e le occupazioni illegali di Egitto (striscia di Gaza) e Giordania (Giudea e Samaria). Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese.

1995 – In seguito agli Accordi di Oslo, per la prima volta nella storia, i palestinesi controllano una parte del territorio che secondo il Mandato per la Palestina appartiene alla nazione ebraica. Ci furono varie fasi successive agli Accordi, ma occorre ricordare che ogni metro quadrato di terra oggi sotto controllo degli Arabi palestinesi è frutto della disponibilità (nella speranza di ricevere in cambio una pacifica convivenza) del Governo israeliano. Si noti che gli Accordi di Oslo garantirono ai palestinesi autogoverno, non sovranità. Val la pena, a tal proposito, ricordare una dichiarazione di Yitzhak Rabin, rilasciata ai giornalisti presenti nel giorno della firma dell’accordo per il disimpegno israeliano dalla striscia di Gaza e dall’area di Gerico, il 4 maggio 1994: “In questa fase non voglio avere a che fare con soluzioni definitive. Noi non accettiamo l’obiettivo palestinese di uno stato palestinese indipendente tra Israele e la Giordania. Crediamo ci sia un’entità palestinese separata, non uno stato”.

2007-2016 – Negli anni ci sono state ulteriori concessioni da parte israeliana (in particolare, tra le molte, si ricorda il Piano di disimpegno unilaterale da Gaza del 2005). In seguito alle elezioni politiche palestinesi del 2006 ed al successivo scontro armato tra le due principali fazioni del palestinismo (Hamas-Fatah) dal 2007 l’intera striscia di Gaza è sotto controllo dell’organizzazione terroristica di Hamas.

In conclusione vale la pena ripetere un concetto fondamentale per porsi in maniera corretta di fronte alla questione arabo-israeliana: la prima volta nella storia in cui quelli che oggi vengono definiti (Arabi) Palestinesi hanno ottenuto di autogovernare parti di territorio appartenenti alla Palestina-Eretz Israel del Mandato per la Palestina è stata in seguito ad una concessione israeliana e attraverso un Accordo stipulato tra il Governo di Gerusalemme e l’OLP.

Resta una domanda, preso atto che la propaganda palestinista mente per definizione: perché organizzazioni teoricamente imparziali come l’ONU e la sua sottosezione UE insistono nel difendere e diffondere le falsità – occupazione, colonie – della propaganda palestinese?
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom dic 24, 2017 7:06 pm

ONU: non un voto su Gerusalemme ma per giustificare il Jihad che verrà
Gabor H. Friedman
Il voto dell’ONU su Gerusalemme è una “certificazione” globale al Jihad, esattamente quello che volevano gli estremisti islamici
22/12/2017

http://www.rightsreporter.org/onu-non-u ... ihad-verra

Parliamoci chiaro, il voto di ieri alle Nazioni Unite su Gerusalemme al lato pratico non cambia nulla. Come ha detto ieri il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, Gerusalemme rimarrà la capitale di Israele a prescindere da quello che decidono i burattini dell’ONU, Gerusalemme Est non verrà consegnata agli arabi come non cambierà la situazione degli insediamenti.

E allora a cosa è servito il voto delle Nazioni Unite fortemente voluto dalla Turchia e dallo Yemen? Per capirlo dobbiamo andare a rivedere le dichiarazioni dei leader musulmani prima e dopo il voto. Da Abu Mazen ad Erdogan passando per i leader di Hamas e agli Ayatollah iraniani tutti hanno parlato di “offesa all’islam” prima ancora che di un atto ostile verso i cosiddetti “palestinesi”. Indicativa la dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Ghasemi, che ieri sera subito dopo il voto all’ONU ha attaccato le dichiarazioni dello sceicco del Bahrain, Khalid Bin Ahmed Al-Khalifa, che sempre ieri aveva detto che Gerusalemme era una questione secondaria rispetto al pericolo iraniano. «È davvero spiacevole che un paese arabo e musulmano si riferisca a una ferita lunga sette decenni sul corpo ferito del mondo musulmano come una questione secondaria» ha detto il portavoce iraniano. «La questione di Gerusalemme e la Palestina sono la massima priorità per tutto il mondo musulmano» ha concluso Ghasemi.

Ecco, è tutto il mondo islamico che viene chiamato in causa e la questione di Gerusalemme viene presentata non come una diatriba territoriale tra israeliani e palestinesi ma come una offesa all’Islam.

E il mondo islamico, specialmente quello più integralista, ha subito risposto al richiamo del Jihad, della guerra santa, invocato a gran voce dai leader musulmani su Gerusalemme. Ma per poterlo fare seriamente (il Jihad) avevano bisogno di una “certificazione”, di qualcosa che desse loro ragione ufficialmente e che giustificasse le violenze islamiche che verranno (e verranno, statene certi). E chi meglio dell’ONU per certificare il Jihad per Gerusalemme?

Ecco a cosa è servita la buffonata globale vista ieri alle Nazioni Unite, una buffonata che ha visto protagonisti anche i Paesi occidentali, Italia compresa, che si sono ben guardati dall’andare contro i desiderata musulmani. Non ci sono altre spiegazioni, né storiche né di opportunità politica. La storia, checché ne dica l’UNESCO, da ragione a Israele, e di opportunità politiche non se ne vedono visto che una decisione del genere allontana la pace nella regione, non l’avvicina.

Ma è così che i terroristi islamici diventano ufficialmente “martiri”, è così che si trasforma un folle che si fa esplodere in un autobus israeliano o che ammazza un passante israeliano con una coltellata in un martire dell’islam, magari degno di accedere ai vitalizi garantiti dalla Autorità Palestinese alle famiglie dei “martiri”. E’ così che si legalizza a livello globale il Jihad.

Questa mattina la stampa occidentale quasi all’unisono scrive che il mondo ha dato uno schiaffo a Trump. Beh, il mondo ha dato uno schiaffo a se stesso, ha scelto di stare dalla parte dei jihadisti invece che da quello della democrazia israeliana, ha scelto di cedere vigliaccamente alle pretese islamiche basate sul nulla invece che stare dalla parte delle storia vera. Questa non è diplomazia, è follia, una follia che ben presto si manifesterà in tutta la sua prepotente violenza.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » lun dic 25, 2017 9:10 am

Israël salue la décision du Guatemala de transférer son ambassade à Jérusalem
25/12/2017

http://www.i24news.tv/fr/actu/internati ... -jerusalem

"Le Guatemala est historiquement pro-Israël" et "en 70 ans de relations, Israël a été notre allié"

Le ministère israélien des Affaires étrangères a salué lundi la "véritable amitié" entre le Guatemala et Israël après que le pays d'Amérique centrale a annoncé le transfert de son ambassade en Israël à Jérusalem dans la nuit dimanche à lundi.

"Merci le Guatemala pour votre décision importante de déplacer votre ambassade à Jérusalem!", a écrit le porte-parole du ministère, Emmanuel Nahshon, sur son compte Twitter.

"Merveilleuses nouvelles et vraie amitié !!", est-il ajouté.

"Vive l'amitié entre le Guatemala et Israël", a-t-il écrit en espagnol.

Le président du Guatemala, Jimmy Morales, a annoncé dimanche le transfert à Jérusalem de l'ambassade de son pays en Israël, en soutien à la décision des Etats-Unis et malgré le vote de condamnation de l'Assemblée générale de l'ONU.

"J'ai donné des instructions à la ministre (des Affaires étrangères, Sandra Jovel) pour entamer les démarches" pour mettre en oeuvre cette décision, a écrit le président sur ses comptes Twitter et Facebook, un message diffusé par son service de presse.

Premier chef d'Etat à emboîter le pas à Washington, le président Morales a rendu compte sur les réseaux sociaux d'un entretien téléphonique qu'il a eu auparavant avec le Premier ministre israélien Benyamin Netanyahou.

"Un des thèmes les plus importants (de l'entretien) avec le Premier ministre (israélien) a été le retour de l'ambassade du Guatemala à Jérusalem", a fait savoir M. Morales, soulignant les "excellentes relations" entre les deux pays "depuis que le Guatemala a soutenu la création de l'Etat d'Israël".

Le président Morales a défendu vendredi le soutien de son pays à la décision des Etats-Unis de reconnaître Jérusalem comme capitale d'Israël, au lendemain du vote massif de l'Assemblée générale de l'ONU condamnant cette initiative de président américain Donald Trump.
(Haim Zach / GPO) Prime Minister Benjamin Netanyahu (R) meets with Guatemalan President Jimmy Morales (L) in Jerusalem on November 29, 2016.
(Haim Zach / GPO)

"Le Guatemala est historiquement pro-Israël" et "en 70 ans de relations, Israël a été notre allié", avait-il déclaré.

Le Guatemala avait voté contre la condamnation de l'ONU, avec le Honduras, le Togo, la Micronésie, Nauru, Palau et les îles Marshall, en plus des Etats-Unis et d'Israël.

"Malgré le fait que n'ayons été que neuf dans le monde, nous avons la totale certitude et conviction que c'était la bonne voie", a-t-il encore déclaré.

La décision de Donald Trump, le 6 décembre dernier, a provoqué la condamnation quasi-unanime de la communauté internationale et des explosions de violences à travers le Proche-Orient, notamment en Cisjordanie et dans la bande de Gaza.

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Pour le Guatemala Hachem donnera à ce pays paix bénédictions et prospérité pour avoir soutenu ISRAEL
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mar dic 26, 2017 10:38 am

Naftali Bennet, Ministro dell'Istruzione
26 dicembre 2016

"Nessuna risoluzione può cambiare il fatto che questa terra, Gerusalemme, è la nostra capitale. Ecco perché questa risoluzione, come molte delle precedenti risoluzioni, sarà gettata nella pattumiera della storia.
Questo è un giorno storico, che contiene sia un pericolo che un'opportunità. Scelgo di vedere l'opportunità.
È il momento per Israele di rivalutare il suo approccio nel corso degli ultimi 25 anni. L'approccio con cui abbiamo adottato gli accordi di Oslo, l'approccio con cui abbiamo abbandonato il territorio di Gaza, l'approccio in cui abbiamo dichiarato la necessità di uno stato palestinese.
Abbiamo pensato che questo approccio ci avrebbe fatto guadagnare la simpatia dal mondo, invece abbiamo ottenuto decine di migliaia di missili da Gaza, migliaia di israeliani uccisi per le strade e una condanna dopo l'altra. È il momento di scegliere tra due alternative: cedere la nostra terra oppure la sovranità.
Abbiamo provato a cedere la nostra terra, non ha funzionato; è il momento della sovranità"
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mar dic 26, 2017 5:20 pm

Ecco perché Trump taglia i fondi all’Onu. È tensione con l’Europa
Roberto Bongiorni
2017-12-26

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=AEfjUIXD

La decisione era nell’aria. Ma il taglio ai finanziamenti americani destinati alle Nazioni Unite rischia di esacerbare le già non idilliache relazioni tra Washington e i Paesi europei. L’amministrazione del presidente Donald Trump ha difatti iniziato a negoziare un taglio di 285 milioni di dollari per il 2018. Il piano è stato annunciato subito dopo che i Paesi membri avevano raggiunto un accordo, domenica, sul bilancio 2017-2018, pari a 5,4 miliardi di dollari. Il taglio americano sarebbe un duro colpo per le finanze dell’Onu in un periodo in cui gli altri Paesi membri non dispongono certo di facili risorse per coprire l’eventuale perdita dei finanziamenti americani.


Gerusalemme, Usa tagliano 285 milioni dollari a bilancio Onu

Viene da chiedersi: perché proprio ora? Leggere questa decisione come la prima rappresaglia della Casa Bianca contro la bocciatura, da parte dell’Assemblea Generale Onu, del riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele (annunciato da Trump il 6 dicembre), e del successivo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv, è facile e apparentemente intuitivo.
Sono stati ben 128 i Paesi, tra cui l’Italia, insieme alla totalità dei Paesi più importanti dell’Unione europea, a votare contro lo strappo di Trump. L’ambasciatrice americana all'Onu Nikki Haley aveva promesso che gli Usa si sarebbero ricordati di chi gli ha voltato le spalle.


Guatemala sposterà ambasciata a Gerusalemme

Un appello, tuttavia, che finora non ha trovato molti sostenitori. Per ora solo il Guatemala ha seguito la Casa Bianca, annunciando a Natale, per bocca del presidente Jimmy Morales, l’intenzione di trasferire la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Tuttavia la mossa del Guatemala potrebbe non restare un caso isolato. Secondo i media israeliani, infatti, presto seguirà l’annuncio dell'Honduras, mentre sarebbero una decina i Paesi che stanno valutando la possibilità di allinearsi alla scelta di Washington sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele (tra cui Romania e Slovenia).


Gerusalemme capitale Israele: l’Onu vota contro il riconoscimento Usa

La decisione di tagliare una parte (e non tutti) dei finanziamenti all’Onu non è legata solo alla crisi su Gerusalemme. In verità Trump non ha mai gradito - e lo ha ribadito più volte - l’ingombrante presenza delle Nazioni Unite, che in molti casi confligge con le sue strategie geopolitiche. In un’occasione il presidente americano ha perfino definito questa grande organizzazione di Stati, creata dopo la Seconda Guerra Mondiale, un club triste che ha sprecato le sue potenzialità.

Ma la battaglia condotta dagli Stati Uniti contro l’Onu è una battaglia anche contro gli sprechi e le inefficienze che da tempo affliggono le Nazioni Unite, e sono in parte riconosciute anche dai suoi vertici e da molti Stati membri.
«L’inefficienza e le spese facili dell’Onu sono ben note» ha denunciato l’ambasciatore americano Nikky Haley e «noi non consentiremo più che la generosità del popolo americano sia sfruttata».


La prima rottura di Trump con la galassia Onu

Il finanziamento dell’Onu, come prevede un articolo della sua Carta, è soprattutto legato alla grandezza delle economie dei suoi Stati membri. Gli Stati Uniti sarebbero responsabili del 22% del budget operativo dell’Onu. Si tratta di gran lunga del più grande contributo. In numeri Washington ha sborsato 1,2 miliardi di dollari su 5,4 del budget 2016-2017.

Ma c'è di più. Gli Stati Uniti sono anche i maggiori contribuenti, in misura ancor più grande (28,5% del totale), alle missioni di peacekeeping dell’Onu, operazioni il cui budget, separato da quello generale, dovrebbe toccare nel 2017-2018 i 6,8 miliardi di dollari.

Resta da vedere se il piano di Trump si fermerà solo a 285 milioni di dollari. O se, come ha fatto intendere (forse solo per incutere timore) l’amministrazione americana, è solo l’inizio di un piano più vasto. In questo caso i problemi per l’Onu sarebbero davvero difficili da risolvere.



Donald Trump ha messo il Re a nudo: Nazioni Unite al capolinea?
Franco Londei
26/12/2017

http://www.rightsreporter.org/donald-tr ... -capolinea


Sbagliavo nel giudicare la politica di Donad Trump su Gerusalemme “troppo avventata” e le ultime mosse del Presidente USA vanno addirittura oltre. Per la prima volta un Presidente USA sta mettendo in discussione l’organismo più importante al mondo, l’ONU. Il Re è nudo e il mondo libero non può che trarne giovamento

Chi mi conosce e segue sa benissimo che non ho molta fiducia in Donald Trump. Non avevo stima per Obama per le ovvie ragioni spiegate mille volte ma in qualche modo Obama dava l’idea di avere una linea politica ben definita, criminale quanto volete, ma pur sempre una linea, una sensazione che Trump non mi aveva dato. Beh, mi sbagliavo.

Con il tempo mi rendo conto che le critiche che ho mosso a Trump per la tempistica dell’annuncio su Gerusalemme erano in gran parte ingiustificate. Certo, rimango ancora dell’idea che sarebbe stato più prudente attendere qualche mese e aspettare che l’avvicinamento tra Israele e Arabia Saudita fosse completo, però tutto il macello che mi aspettavo non si è verificato, anzi, come afferma la brava Maurizia De Groot Vos, Trump sta praticamente vincendo su tutta la linea.

Quello che mi ha veramente colpito di Donald Trump è la sua determinazione nello smantellare tutto ciò che aveva fatto Obama a livello internazionale (a livello interno non mi pronuncio perché non ne ho le competenze), a partire dall’accordo sul nucleare iraniano fino a quell’ultima porcheria fatta in seno alle Nazioni Unite a pochi giorni dal suo congedo, quando per la prima volta nella storia ordinò di non mettere il veto su una risoluzione che condannava gli insediamenti israeliani e li definiva illegali.

Per troppo tempo proprio le Nazioni Unite sono state lo scudo perfetto con il quale i peggiori antisemiti del mondo hanno coperto le loro malefatte contro Israele. Non solo, con il tempo l’ONU si è trasformato da una istituzione che avrebbe dovuto difendere la pace ed essere sopra le parti, in un mezzo per colpire le democrazie “scomode”. Peggio, è diventato una sorta di marionetta nelle mani dei peggiori regimi del mondo, una macchietta che pone l’Arabia Saudita alla guida del suo organismo per la difesa delle donne, l’Iran nella Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne ecc. ecc. (qui trovate un quadro recente delle porcherie fatte dall’ONU nel 2017).

Di contro Donald Trump, attraverso la sua caparbia ambasciatrice all’ONU, Nikki Halley, non solo non ha lesinato critiche alle Nazioni Unite ma per la prima volta ha fatto chiaramente intendere che la pacchia è finita, che il mondo non può più tollerare un organismo costosissimo che non solo va contro il suo mandato, ma che con il tempo è diventato il mezzo più usato dai regimi di tutto il mondo per coprire le proprie malefatte.

Da anni, forse decenni, si parla di riformare le Nazioni Unite, di ridare a questo organismo il lustro che gli compete badando bene che rimanga realmente imparziale. Troppe inutili agenzie, stipendi faraonici per i suoi dipendenti, critiche da ogni dove sulla gestione delle missioni di pace, persino accuse di aver coperto abusi sessuali commessi dai caschi blu in diverse aree. E per non farsi mancare proprio nulla anche agenzie studiate ad hoc per creare profughi altrimenti inesistenti come la UNRWA. E’ davvero troppo.

Ora Donad Trump sembra non accettare più questo stato di cose, specie in qualità di primo contribuente delle Nazioni Unite. Ieri ha tagliato i primi 280 milioni di dollari. Non è tanto rispetto agli oltre tre miliardi di dollari che gli Stati Uniti forniscono ogni anno a questo vetusto organismo internazionale, ma è un bel segnale. Come ha detto Nikki Halley «gli Stati Uniti non permetteranno più che i loro nemici approfittino della generosità americana» che cioè usino le Nazioni Unite per i loro torbidi scopi.

Non so in quanti abbiano idea della portata di questa decisione americana, non tanto per la cifra quanto per il gesto. È il secondo indizio che Donald Trump intende mettere in discussione l’ONU. Il primo è stato l’uscita degli USA dall’UNESCO. Se la teoria dei tre tre indizi che fanno una prova è corretta il prossimo potrebbe essere un ulteriore taglio ai finanziamenti per le missioni di pace o l’uscita da un altro inutile organismo. Staremo a vedere. Per ora Trump sta metodicamente mettendo a nudo il Re. Nikki Halley è il rappresentate americano all’ONU più duro di sempre e non passa giorno che non svergogni questo organismo ormai alla frutta. Di questo passo ben presto il Re sarà totalmente a nudo e c’è da giurare che ne vederemo delle belle.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mer dic 27, 2017 8:22 am

Dopo Stati Uniti e Guatemala, altri 10 Paesi avrebbero intenzione di spostare la loro ambasciata a Gerusalemme.
Il viceministro degli Esteri di Israele, Tzipi Hotovely, ha riferito che dopo Usa e Guatemala, altri 10 Paesi hanno intenzione di spostare la loro ambasciata a Gerusalemme
Aurora Vigne - Mar, 26/12/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 77459.html

A riferirlo è il viceministro degli Esteri di Israele, Tzipi Hotovely, che parla di "trattative in corso" con l'Honduras. Il Paese centroamericano ha infatti avuto legami molto stretti con Israele negli ultimi anni e insieme al Guatemala è stata una delle nove nazioni che ha votato "no" alla risoluzione delle Nazioni Unite che denunciava il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele.

A differenza del Guatemala, la cui ambasciata è stata a Gerusalemme dagli anni '50 fino agli '80, l'Honduras non ha mai avuto la sua ambasciata nella capitale israeliana. Gli altri Paesi che stanno pensando alla svolta sarebbero Romania, Slovacchia. Mentre in Sud Americana troviamo il Paraguay e in Africa occidentale il Togo.

Secondo quanto riportato dal Time of Israel, il Guatemala è stata la prima nazione a impegnarsi a trasferire la propria missione nella città santa dopo l'annuncio del presidente statunitense Donald Trump. Da allora è seguito l'annuncio della Repubblica Ceca, che ha riconsciuto Gerusalemme Ovest come capitale di Israele. Lo stesso annuncio è arrivato da parte della Russia ad aprile.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mer dic 27, 2017 11:37 am

L'idea di Israele, il treno per il Muro del Pianto arriverà alla "Stazione Trump"
2017/12/27

http://www.huffingtonpost.it/2017/12/27 ... a_23317585

Israele progetta di scavare sotto alla Città Vecchia di Gerusalemme una linea ferroviaria che giungerà in prossimità del Muro del Pianto. Lì sarà costruita una stazione dedicata al presidente Usa Donald Trump, in segno di gratitudine per la sua decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Lo anticipa con grande evidenza la stampa israeliana che riporta l'iniziativa del ministro dei Trasporti Israel Katz.

"Il Muro del Pianto è il luogo più sacro per il popolo ebraico e ho deciso di intitolare la stazione ferroviaria al presidente Trump dopo la sua storica e coraggiosa decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele" ha affermato Katz.

La nuova linea partirà dall'ingresso occidentale di Gerusalemme (dove arriveranno i treni provenienti da Tel Aviv) e, ad una profondità di 50 metri, correrà sotto la città fino a raggiungere l'area degli scavi archeologi del Cardo romano, a breve distanza dal Muro del Pianto. Katz vede nel nuovo percorso ferroviario un 'progetto nazionale" che godrà di priorità assoluta. I costi di realizzazione saranno di 2,5 miliardi di shekel, oltre 600 milioni di euro. Ogni anno 11 milioni di visitatori si recano al Muro del Pianto; in futuro potranno raggiungerlo più comodamente con quattro treni all'ora.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » gio dic 28, 2017 7:18 am

L’Iran si inventa (per legge) la rivoluzione islamica palestinese. «Gerusalemme sarà tutta islamica»
Sarah G. Frankl
28/12/2017

http://www.rightsreporter.org/liran-si- ... a-islamica

Il Parlamento iraniano approva una legge che obbliga il Governo di Teheran ad appoggiare “con ogni mezzo” la rivoluzione islamica palestinese. È la prima volta che un Governo si impegna ufficialmente e per legge a sostenere gruppi terroristici con la quasi certezza che la comunità internazionale non avrà nulla da ridire.

Il parlamento iraniano ha votato ieri una legge che obbliga lo Stato a «sostenere con ogni mezzo la rivoluzione islamica del popolo palestinese» e tra gli obiettivi da raggiungere c’è anche quello di Gerusalemme tutta quale capitale dello Stato di Palestina.

La legge è stata votata praticamente all’unanimità con un solo astenuto su 199 parlamentari.

Per capire la vera portata di questa legge votata ieri dal Parlamento iraniano che all’apparenza appare quasi come uno slogan più che come un atto legislativo di una certa portata, bisogna leggere tra le righe della legge stessa.

Prima di tutto per quanto riguarda Gerusalemme come capitale del fantomatico Stato Palestinese gli iraniani hanno dato mandato al Governo di fare in modo che tutta la città diventi capitale della cosiddetta “Palestina”. Spariscono quindi i termini “Gerusalemme Est” e “Gerusalemme ovest” in quella che sembra essere una mossa volta a contrastare la recente decisione del Presidente Trump che di fatto riconosce Gerusalemme (senza distinzioni) quale capitale di Israele.

Ma la parte più “aggressiva” della legge approvata ieri dal Parlamento iraniano (Majlis) è quella che prevede il sostegno con qualsiasi mezzo alla rivoluzione islamica palestinese. In questo passaggio sono ben chiari due punti: il primo è quello che equipara la “rivoluzione palestinese” a quella iraniana, definita appunto “rivoluzione islamica”. Il secondo è quello che evidenzia il tentativo di trasformare la questione su Gerusalemme da una vicenda politica a una questione religiosa. In Iran stanno tentando in tutti i modi di risvegliare l’orgoglio del mondo islamico e di trasformarlo in un’arma contro Israele. Non per niente nel testo approvato ieri si «raccomanda di approfondire e ampliare il sostegno alla causa palestinese attraverso il coinvolgimento di esperti musulmani» in modo che questo sostegno non venga visto solo come un aiuto a una causa di un singolo Stato ma come un vero e proprio Jihad, una guerra santa.

L’altro punto allarmante è quello in cui si chiede che l’Iran appoggi la rivoluzione islamica palestinese con ogni mezzo possibile, una frase che nemmeno tanto velatamente chiede al Governo iraniano di dare ogni tipo si sostegno, finanziario e militare, alla “resistenza” palestinese, che tradotto significa fare di tutto per armare i gruppi terroristi palestinesi quali Hamas e la Jihad Islamica e comunque chiunque voglia combattere Israele.

Qualcuno potrebbe dire, giustamente, che è esattamente quello che l’Iran ha sempre fatto. Vero, ma fino ad oggi nessuno Stato musulmano lo aveva stabilito per legge, cioè nessuno aveva impegnato il proprio governo a sostenere la rivoluzione islamica palestinese e quindi i gruppi terroristi che la implementano.

Resta da chiarire come reagirà la comunità internazionale a questa decisione iraniana dato che per la prima volta la legge di uno Stato obbliga il proprio Governo a sostenere gruppi ritenuti terroristici, un po’ come se domani, per fare un esempio, il Qatar legiferasse di sostenere l’ISIS. Ma siamo sicuri che tutto passerà sotto silenzio.
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