“Grazie presidente Trump Riconoscendo la storia hai fatto la storia”14 maggio 2018
David Sinai
http://www.italiaisraeletoday.it/grazie ... -la-storia“Presidente Trump – ha detto Benjamin Netanyahu – riconoscendo la storia, hai fatto la storia, tutti noi siamo profondamente commossi e tutti noi siamo profondamente grati. Grazie, Presidente Trump, per avere il coraggio di mantenere le promesse!”
Sessantanove anni dopo che Israele aveva dichiarato Gerusalemme come sua capitale, e 23 anni dopo che il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato una legge che imponeva che Washington trasferisse la sua ambasciata, gli Stati Uniti hanno aperto formalmente l’ambasciata a Gerusalemme.
In un video all’indirizzo dell’assemblea, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che “Israele, come tutte le nazioni sovrane, ha il diritto di nominare la propria capitale. Gli Stati Uniti saranno sempre un grande amico di Israele e un partner nella causa della libertà e della pace.”
Il genero e il consulente senior di Trump, Jared Kushner, è salito sul palco. per dichiarare che “Quando il presidente Trump fa una promessa, la mantiene.Trasferendo la nostra ambasciata a Gerusalemme, abbiamo dimostrato ancora una volta al mondo che ci si può fidare degli Stati Uniti. Noi stiamo con Israele perché crediamo entrambi nella libertà, siamo uniti perché crediamo entrambi nei diritti umani, siamo uniti perché entrambi crediamo nella democrazia e sappiamo cosa è giusto da fare.”
Da sottolineare che Kushner ha ricevuto un clamoroso e fragoroso applauso quando ha menzionato la decisione del presidente Trump di uscire dall’accordo nucleare iraniano, e quando ha reso grazie all’ambasciatore statunitense all’ONU Nikki Haley per il suo duro lavoro.
Io sto con Trump, gli USA e non sono antiamericano. Sto con Israele e i suoi ebrei e e assolutamente non posso minimamente stare dalla parte dei nazi maomettani chiunque essi siano: palestinesi, arabi, siriani, iraniani, irakeni, egiziani, pakistani, turchi, marocchini, tunisini, algerini, libici, nigeriani, afgani, ...
https://www.facebook.com/Netanyahu/vide ... 5553887076Su Gerusalemme l’eutanasia della democrazia europea di fronte all’Islam14/05/2018
https://www.rightsreporter.org/su-gerus ... e-allislam Oggi a Gerusalemme, cioè nella legittima capitale di Israele, si inaugura la nuova ambasciata degli Stati Uniti dopo che il Presidente Trump ne aveva ordinato il trasferimento da Tel Aviv. L’estremismo islamico è in subbuglio e se c’è una cosa certa è che non si lascerà sfuggire l’occasione per cercare di creare caos, attentati e morti.
Hamas, l’Iran e l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ormai da mesi soffiano sul fuoco sostenuti incredibilmente dalla posizione assunta dall’Europa che se da un lato si è detta contraria alla decisione del presidente Trump, dall’altro non ha fatto nulla per cercare di gettare acqua sul fuoco delle annunciate violenze, anzi, ha dato l’impressione di schierarsi con quegli estremisti islamici che vorrebbero trasformare una decisione logica e comunque politica in un conflitto di religione finendo così per gettare benzina su quel fuoco che avrebbe dovuto spegnere.
Israele e Stati Uniti non si piegano all’Islam
Ma Israele e Stati Uniti non si sono piegati alla prepotenza islamica, non hanno ceduto al ricatto violento di coloro che ritengono Gerusalemme una città esclusivamente musulmana, addirittura una città santa per l’Islam. Oggi l’inaugurazione ci sarà anche se blindata da eccezionali misure di sicurezza allargate a tutto il Paese e al confine con Gaza.
La resa e il suicidio europeo
L’Europa si è schierata sin da subito contro la decisione del Presidente Trump di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, ma non perché la decisione in se non fosse corretta, d’altro canto ogni Paese ha il diritto di scegliersi la capitale che vuole, ma per il timore che il mondo islamico si sollevasse e che trasformasse questo atto normale e assolutamente diplomatico in una guerra di religione. Un timore fondato ma che tuttavia non giustifica una resa senza condizioni come quella europea.
E’ come se l’Europa condizionasse la sua politica estera in base ai desiderata musulmani e non al Diritto Internazionale. Si poteva essere contrari al trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme senza però schierarsi così smaccatamente dalla parte islamica, un atteggiamento che finisce per giustificare le violenze che sicuramente oggi ci saranno. Una resa all’islam che non trova nessuna giustificazione logica se non quella del suicidio, di una eutanasia della democrazia di fronte alla prepotenza islamica.
Oggi nessuno dei più importanti Paesi europei parteciperà alla inaugurazione della ambasciata USA a Gerusalemme, certamente nessuno dei Paesi fondatori della UE, gli stessi che proprio sulla democrazia hanno creato le basi dell’Unione Europea. Un non senso incomprensibile per chi va in giro per il mondo a sostenere di essere la maggior rappresentazione di pace e democrazia del pianeta.
Io veneto sto con Israele e i suoi ebrei che sono tra gli uomini più umani e civili della terraviewtopic.php?f=197&t=2759 Il giorno in cui Israele ha vinto14 maggio 2018
http://www.linformale.eu/il-giorno-in-c ... e-ha-vintoSono tanti i momenti, a partire da quel 14 maggio del 1948, in cui Israele ha potuto festeggiare delle vittorie di natura politica, accademica o economica. Israele è una grande nazione e questo è chiaro a tutti, nonostante un territorio limitato e l’accanimento dei vicini arabi, ha costruito uno stato forte, un’economia competitiva, un sistema fresco, funzionante e democratico.
Ad Israele non manca nulla (ad eccezione del petrolio, forse). Nell’ultimo anno, registrando l’ennesima vittoria politica, Gerusalemme, grazie ad abilità politica e intelligenza, è riuscita addirittura a vincere il pregiudizio delle grandi nazioni arabe, che pur condividendo ancora una certa preoccupazione per il destino dei palestinesi, si sono convinte che Israele può essere un valido partner, se non altro per quanto riguarda la tecnologia, lo sfruttamento delle risorse idriche, l’intelligence.
Israele ha vinto molto più in un anno di quanto non avesse vinto nei precedenti quattro, quando l’amministrazione Obama, cosi imbevuta di terzomondismo e spirito di arrendevolezza nei confronti del terrorismo di matrice islamica, aveva per la prima volta rotto il patto non scritto di fiducia e amicizia con lo stato ebraico, appoggiando il JCPOA e dando, cosi all’Iran il via libera per ottenere tutti gli strumenti necessari per la nascita di un programma nucleare militare.
Mentre il mondo, ha festeggiato l’avvicinamento tra occidente e la repubblica teocratica degli ayatollah, Israele ha continuato a ricevere le solite minacce senza riscontro, tentando, ormai senza più l’appoggio degli alleati storici, di riscoprire il proprio valore e di elaborare una nuova strategia. In poco tempo, grazie anche all’appetito territoriale sciita, il quale ha suscitato lo spavento del mondo arabo, Israele ha tessuto una rete di rapporti con i propri vicini con abilita notevole.
Dopo essersi guadagnato, con una fatica imponente tanto quanto il pregiudizio contro di sè, il rispetto di numerosi stati dell’Africa centrale, aiutati tanto nella lotta all’Ebola quanto nell’ambito del deficit idrico e in quello agricolo, dopo essersi guadagnato e il rispetto di una buona parte del Sud America, (di chi ne ha chiesto l’appoggio contro le FARC e contro la criminalità organizzata), Israele ha finalmente superato gli otto anni dell’amministrazione Obama. Tutto ciò nonostante la delusione iniziale e le pugnalate alle spalle provenienti dall’altro alleato storico, l’Europa – che tra le dichiarazioni propalestiniste della Mogherini e l’appoggio alle risoluzioni UNESCO in cui si afferma che non esiste legame tra il popolo ebraico, il Monte del Tempio e le tombe dei Patriarchi.
Israele ha fatto, come sempre da prima della sua nascita, di necessità virtù, plasmando le politiche degli ultimi anni sulla base della più netta strategia militare “alla Sun Tzu”, tessendo reti con i “nemici dei nemici” e servendosi del servizio di intelligence più efficiente al mondo per prevenire la nuclearizzazione dell’Iran e per contastarne le aspirazioni egemoniche. Si tratta dello stesso spirito di determinazione che mosse i pionieri a trovare l’acqua nel deserto e a coltivarlo nelle condizioni più drammatiche e che ha portato la politica a trovare, nell’epoca dei tradimenti, una nuova schiera di alleati e una nuova narrativa che possa affrontare al meglio gli anni a venire.
Quello che mancava a Israele non è mai stata la vittoria, bensì il riconoscimento, da parte del mondo, della vittoria stessa. L’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme è una vittoria simbolica per Israele, perché, di fatto non afferma un cambiamento sostanziale, un ribaltamento di piani, certifica semplicemente la realtà: Gerusalemme è la capitale di Israele, lo è dal 1948, e lo è spiritualmente e culturalmente da 3000 anni.
Ma la giornata di ieri rappresenta, forse come nessun altro avvenimento nella storia di questo grande piccolo paese, il riconoscimento di questa realtà da parte degli Stati Uniti, un amico ritrovato grazie all’elezione di Donald J. Trump. Si tratta di una ventata di aria fresca per la popolazione israeliana, che ha lottato decenni per sé stessa e per la difesa dell’Occidente senza mai ottenere una parola di appoggio da parte dei molti che hanno beneficiato per decenni dell’unico baluardo di democrazia nella regione.
Il giorno in cui Israele ha vinto di più non è un giorno di vittoria, ma un giorno di riconoscimento, di sostegno, appoggio e amicizia. È un giorno che molti hanno sognato, senza sperare che, per questo, si potesse inventare da zero una pace con un partner inesistente. Il giorno in cui Israele ha vinto non ha nulla a che vedere con la guerra, non parla della fine degli scontri con i palestinesi, non riguarda la pace con gli stati arabi: il 14 maggio del 2018 verrà ricordato come il giorno in cui Israele ha finalmente identificato Gerusalemme con se stessa grazie al realismo dell’Amministrazione Trump, che ha riconosciuto e ufficializzato un’identità negata dagli interessi della comunità internazionale.
La verità storica non potrà più essere sottoposta al revisionismo delle istituzioni europee, né di chi, appoggiando il falso, ha pensato anche solo per un momento che Israele concedesse Gerusalemme a chi ha contribuito per decenni a negarne il legame indissolubile con il popolo ebraico.