Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » dom set 15, 2019 7:03 am

Ma cosa sta facendo il Presidente Trump con l’Iran?
Paola P. Goldberger·
Settembre 12, 2019·

https://www.rightsreporter.org/ma-cosa- ... LHfd5rd2hQ

Ormai appare chiaro che le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton nascono da uno scontro con il Presidente Trump sulla più che probabile apertura dello stesso Trump all’Iran.

È vero, non è solo questo. Bolton era un interventista, un vero falco. Fosse dipeso da lui avrebbe raso al suolo Hamas, Hezbollah, i talebani, le centrali nucleari iraniane, quelle nordcoreane e ogni nemico delle democrazie.

Il Presidente Trump, al contrario, abbaia molto ma non morde quasi mai. Preferisce la strada delle sanzioni a quella della guerra, preferisce portare l’avversario a più miti consigli attraverso lo strangolamento economico.

È un differenza di visione non proprio minimale. In questo Trump assomiglia a Obama molto più di quanto si voglia credere.

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso di Bolton è stata la dichiarata volontà del Presidente Trump di voler riaprire colloqui con l’Iran, a partire da un incontro con il Presidente iraniano, Hassan Rouhani, che con molta probabilità avverrà a margine dell’annuale Assemblea Generale dell’Onu che si terrà tra poco a New York.

In questi giorni si assiste a schermaglie verbali tra Trump e gli iraniani. Da un lato il Presidente americano minaccia l’Iran dopo che a Teheran hanno ripreso ad arricchire l’uranio su valori molto alti, dall’altro gli iraniani dicono che smetteranno di farlo quando gli Stati Uniti toglieranno le sanzioni.

Sono i preparativi di una trattativa dove ognuno rafforza le proprie posizioni per arrivare ad eventuali colloqui partendo da un punto di forza.

È questo che ha fatto infuriare il falco Bolton (oltre ad altre cose come le trattative di pace con i talebani ecc. ecc.) e che lo ha spinto alle dimissioni.

Trump ha bisogno di arrivare alle elezioni presidenziali americane con un risultato positivo in politica estera che al momento non ha avuto in nessun contesto, né con la Corea del Nord, né in medio Oriente dove da mesi promette un piano di pace che però non decolla, né in Afghanistan da dove vorrebbe ritirare le truppe ma per farlo ha bisogno di trattare con i talebani.

Un accordo con l’Iran che riveda sostanzialmente il vecchio accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) concluso da Obama sarebbe per lui un bel trofeo da esibire.

Il problema però è che l’Iran, o meglio, il pericolo iraniano non si limita al solo programma nucleare.

L’Iran ha messo nel mirino Israele e attraverso i suoi proxy si sta preparando a sferrare il suo attacco. Chi pensa che a Teheran non siano decisi a farlo o che abbiano un qualche timore ad implementare il proprio piano è un illuso.

Lo sanno bene a Gerusalemme dove infatti sono preoccupatissimi per le voci sempre più insistenti di un incontro tra Trump e Rouhani e dove l’abbandono di John Bolton è stato visto come una grave perdita.

Israele ha perso il suo più importante alleato alla Casa Bianca, Netanyahu ha perso la sua più importante spalla a Washington e in questo particolare momento è una perdita gravissima.

Quello che si spera è che il Presidente Trump non sacrifichi Israele sull’altare della rielezione e che rimanga fermissimo sulle sue posizioni con l’Iran. Magari le preoccupazioni israeliane sono solo esagerate e, come in molti affermano, ci si deve fidare del Presidente americano e delle sue scelte. Ma l’abbandono di John Bolton ha provocato indubbiamente un brivido freddo nella schiena di Netanyahu. E se il mio Premier è preoccupato la cosa non è affatto rassicurante.


Alberto Pento
Trump deve fare i conti con le prossime elezioni e con gli equilibri politici in USA, deve stare attento a non fare passi falsi: una guerra con l'Iran potrebbe avere degli effetti disastrosi sulla politica interna e sulle sue possibilità di rielezione. La prudenza non è mai troppa.
Meglio per Israele che Trump possa essere rieletto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » mar set 17, 2019 10:04 pm

L’attacco alla raffineria saudita: un atto di guerra dell'Iran contro gli Usa
Ugo Volli
17 settembre 2019

https://www.progettodreyfus.com/iran-pe ... zG3YooXOaM

Sui giornali e nella politica europea non ha avuto molta attenzione l’attacco alle raffinerie saudite dei giorni scorsi. Eppure si tratta di un evento molto importante, innanzitutto sul piano economico, perché gli impianti colpiti erano importantissimi e i danni comportano una diminuzione della produzione mondiale di circa il 5%, il che avrà un impatto forte sui prezzi, fra l’altro assai più in Europa, quasi interamente dipendente dalle importazioni di petrolio, che negli Stati Uniti, ormai autosufficienti per questa risorsa. Qualcuno ricorda lo “shock petrolifero” del 1973 quando la Lega Araba, per vendicarsi della sconfitta nella guerra del Kippur, tagliò i rifornimenti a tutti i paesi che non mostravano ostilità ad Israele, innescando una crisi economica mondiale. Oggi le posizioni non sono più quelle, ma è chiaro che l’Iran sta cercando di ottenere un effetto analogo, attaccando raffinerie, petroliere, minacciando la chiusura completa del Golfo.

In secondo luogo la sfida è politica: l’Iran sta cercando di espellere gli Stati Uniti dal Medio Oriente, per poter impadronirsi del Golfo Persico e quindi di gran parte del petrolio mondiale, vuole distruggere i regimi filo-occidentali dell’Arabia e degli Emirati, ha ormai un potere rilevante in Yemen, Iraq, Siria, Libano, prepara l’arma atomica, vuole soprattutto distruggere Israele. Gli Usa contrastano questa strategia con le sanzioni, Israele si difende in Libano, Siria Iraq. Cina e soprattutto Russia, la grande protettrice dell’Iran, guardano con compiacimento a questa vicenda dal punto di vista del loro interesse, come una fonte di guai per l’America; l’Europa con la solita ottusità ideologica e saccenza da mosca cocchiera, predica “pace e moderazione”, ma in realtà cerca di sabotare la strategia americana di blocco economico dell’Iran (perché è l’economia in crisi il punto debole degli ayatollah) per trarne qualche vantaggio economico e per odio a Trump e alla sua America.

In realtà l’Iran è stato lasciato libero di fare quel che vuole: ha abbattuto un paio di mesi fa un drone americano nelle acque internazionali del Golfo Persico; ha compiuto atti di pirateria prendendo possesso di due petroliere in queste acque; quando una sua petroliera è stata bloccata a Gibilterra perché violava il blocco Onu della Siria ne ha ottenuto la liberazione con false promesse di portare altrove il suo carico di petrolio, ma poi ha mandato la nave a scaricare il petrolio proprio in Siria, più esattamente a Tartus, che è la maggiore base della marina russa nel Mediterraneo. Ha finanziato e armato i ribelli Houti in Yemen, ma soprattutto le milizie sciite in Iraq e Siria, Hezbollah in Libano e ancora Siria, Hamas e Jihad Islamica a Gaza e in Giudea e Samaria. Sembrerebbe un attore impazzito della politica mondiale, ma c’è del metodo (imperialista) in questa follia. Si pensi per esempio a questi attacchi alla raffineria saudita: i missili da crociera e i droni che l’hanno compiuto (una ventina di velivoli, è stata una cosa in grande stile) erano iraniani; ma la rivendicazione è stata fatta dagli Houti, che sono i pupazzi dell’Iran in Yemen; e il lancio è stato fatto dall’Iraq. Non c’è esempio più chiaro della rete d’attacco imperialista montata dagli ayatollah.

Israele si oppone militarmente e proprio perciò finora non è stato colpito; ma si è letto di recente che la Russia sta di nuovo intervenendo per impedire la dissuasione israeliana in Siria. Ciò è molto grave, perché mette Israele nella scelta se scontrarsi direttamente con le truppe russe o subire la crescita della rete d’attacco iraniana con decine di migliaia di razzi di precisione proprio al suo confine. Le scelte decisive sono ora in mano a Trump. Semplificando al massimo la questione, Trump può continuare la politica delle parole forti e della stretta del blocco economico dell’Iraq, ma rischia dopo quest’ennesimo attacco ai suoi alleati, di perdere credibilità. O può decidere una rappresaglia militare, che però avrebbe sviluppi imprevedibili e rischierebbe di costargli le elezioni dell’anno prossimo. E’ anche una lotta contro il tempo: l’Iran cerca di mostrarsi invincibile militarmente e capace di sconfiggere gli Stati Uniti prima che le sanzioni distruggano del tutto la sua economia; gli Usa hanno bisogno di tempo per far agire l’assedio economico.

Entrambi puntano a un accordo, ma non lo stesso accordo. L’Iran vorrebbe restaurare da vincitore il trattato di Obama e avere in mano così il Medio Oriente, facendo i conti con Israele e nemici sunniti, aspettando qualche anno prima di dotarsi esplicitamente dell’arma atomica e diventare inattaccabile. Trump vorrebbe riformulare il vecchio trattato, rendendo definitiva la proibizione dell’armamento nucleare, includendo la proibizione dei missili strategici e la rinuncia da parte dell’Iran all’imperialismo e in particolare all’attacco dei paesi del Golfo e di Israele. E’ un braccio di ferro assai difficile. L’esito cercato dall’Iran è la costituzione di un blocco islamico totale sotto la sua egemonia che controllerebbe il Medio Oriente, sarebbe capace di eliminare in un modo o nell’altro Israele e naturalmente a questo punto cercherebbe l’egemonia nel Mediterraneo minacciando l’Europa e nell’Asia centrale, isolando la Russia. Quello voluto da Trump è invece la conservazione degli equilibri in Medio Oriente, contro ogni imperialismo, il che garantirebbe Israele e gli stati del Golfo inclusa l’Arabia, restaurando l’autonomia di Iraq, Siria e Libano con l’eliminazione dei terroristi.

Sono due disegni incompatibili ed è evidente che al mondo conviene di gran lunga in termini strategici quello americano. Ma Europa e Russia non si curano dei pericoli a lungo termine e preferiscono cercare vantaggi a breve. E’ chiaro che la guerra continuerà. Forse continuerà ad essere solo guerra economica, con occasionali colpi di mano militari. Ma facilmente, domani o fra qualche mese, Trump deciderà che l’America non può più continuare a perdere la faccia, o gli iraniani per azzardo o disperazione, faranno qualche mossa ancora più estremo. E avremo ancora una guerra del Golfo, con il rischio concreto di un’estensione a tutto il Medio Oriente e oltre.



Missili dall'Iran sul petrolio. Gli Usa: "L'esercito è pronto"
Valeria Robecco - Mer, 18/09/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... d9zKOpyTgU

La Cnn: i raid sugli impianti sauditi partiti da Teheran Trump cauto: non voglio guerre, ma aspettiamo le prove

New York - Donald Trump tira il freno e tenta di smorzare i toni della crisi con l'Iran, allontanando il pericolo di un conflitto.

«Non voglio la guerra con nessuno», dice il presidente parlando dalla Casa Bianca, pur avvertendo che gli Usa sono pronti, se necessario: «Abbiamo i militari più forti del mondo, siamo preparati, più di chiunque altro». E se da un lato afferma che Teheran «sembra sia responsabile» degli attacchi contro le raffinerie saudite di Aramco, dall'altro precisa che «verifiche sono ancora in corso».

Anche se nelle ultime ore, tra fonti dell'intelligence di Washington e Riad, si fa sempre più strada l'ipotesi che l'attacco agli impianti petroliferi sia stato lanciato con venti droni e una pioggia di missili cruise, almeno una decina, da una base di Teheran in Iran, vicino al confine con l'Iraq. Una tempesta di fuoco che ha compromesso 5,7 milioni di barili di petrolio al giorno, il 6% della produzione mondiale di greggio, facendo schizzare il prezzo alle stelle. Non c'è la prova definitiva, ma la Cnn, citando fonti a conoscenza delle indagini, fa sapere che gli investigatori americani e sauditi hanno stabilito con «altissima probabilità» che l'attacco sia partito dal territorio iraniano. E le medesime fonti escludono pure che le traiettorie dei missili siano compatibili con un lancio da sud, in particolare da postazioni così lontane come lo Yemen (dove gli Houti, i ribelli filo-iraniani, hanno rivendicato l'attacco).

Puntare ufficialmente il dito contro la Repubblica Islamica, tuttavia, vorrebbe dire accusarla di un atto di guerra, con tutte le conseguenze del caso. Ad invocare la prudenza e' soprattutto il Pentagono, che nelle ultime ore ha chiesto a Trump di usare cautela. Mentre l'amministrazione Usa sottolinea come l'affermazione del tycoon che gli Stati Uniti sono «pronti e armati» non abbia nulla a che fare con la minaccia di un raid militare. In ogni caso, il capo del Pentagono Mark Esper e il numero uno delle forze armate Usa Joseph Dunford hanno messo sulla scrivania dello Studio Ovale tutte le opzioni militari possibili: se ci sarà una rappresaglia dovrà essere proporzionata, per evitare un'escalation che porti ad un nuovo conflitto nella regione.

L'ipotesi è dunque quella di bombardamenti mirati su obiettivi specifici, come i siti in cui si trovano le basi di lancio dei missili iraniani o le aree di stoccaggio dei vettori. Una guerra con l'Iran porterebbe con sè conseguenze disastrose, e andrebbe anche contro la promessa fatta da Trump agli elettori nel 2016 di evitare nuovi coinvolgimenti all'estero. Senza contare il contraccolpo economico che potrebbe mettere in pericolo la campagna di rielezione nel 2020. Chi ha sin da subito puntato il dito direttamente contro Teheran, però, è il segretario di Stato Usa Mike Pompeo - che oggi si recherà in Arabia Saudita - affermando che «l'Iran ha lanciato un attacco senza precedenti alla fornitura energetica mondiale». Parole respinte dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mousavi, il quale fa sapere che «tali accuse cieche e inappropriate in un contesto diplomatico sono incomprensibili e insignificanti». E nel frattempo, la Guida suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, chiude definitivamente la porta ad un possibile incontro tra Trump e il presidente Hassan Rohani a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu la prossima settimana a New York. «Non ci sarà alcun colloquio con gli Usa a qualsiasi livello», afferma. «Se gli Stati Uniti si pentono e tornano all'accordo sul nucleare, allora possono venire a dialogare con l'Iran tra gli altri membri dell'intesa - continua - Altrimenti nessun negoziato avrà luogo a nessun livello, né a New York né altrove».



L’attacco iraniano all’Arabia Saudita nasconde un’altra verità
Maurizia De Groot Vos·Middle EastReport e analisi·Settembre 19, 2019·

https://www.rightsreporter.org/lattacco ... SNbwsz_9TM

Ormai non ci sono più dubbi sul fatto che a lanciare l’attacco con missili e droni contro le più importanti installazioni petrolifere saudite siano stati gli iraniani.

È francamente incomprensibile e persino ridicolo per gli Ayatollah aver pensato di poterla fare franca e che tutti si sarebbero bevuti la rivendicazione degli Houti dello Yemen.

Non sappiamo fino a che punto i Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) avessero avvisato il governo iraniano del loro piano. Quello che appare certo è che la tempistica dell’attacco fa pensare che i pasdaran mirassero a far saltare qualsiasi possibilità di un incontro tra Trump e Rouhani.
Colpiti gli interessi globali

L’attacco iraniano alle infrastrutture petrolifere saudite è un attacco agli interessi globali, non solo a quelli dell’Arabia Saudita. I prezzi del petrolio sono immediatamente schizzati in alto.

Colpire strutture di tale importanza vuol dire essere consapevoli che si colpiranno anche gli interessi globali e questo fa pensare che gli iraniani vogliano alzare l’asticella della tensione e della sfida, tanto che persino Paesi solitamente sin troppo benevoli con Teheran, si sono visti costretti a condannare l’attacco con una certa fermezza.
Divisioni all’interno del regime iraniano

Conosciamo sin troppo bene la qualità della diplomazia iraniana per pensare che gente come Zarif e persino il Presidente Rouhani fossero stati a conoscenza del piano di attacco dei pasdaran.

Stavano organizzando (probabilmente con successo) un incontro con il Presidente Trump che poteva riaprire una qualche forma di dialogo diplomatico tra USA e Iran e (forse) permettere a Teheran di uscire dal tunnel delle sanzioni.

Questo però sarebbe andato contro gl interessi dei Guardiani della Rivoluzione Islamica che invece intendono proseguire a pieno ritmo con il programma nucleare e con la politica fortemente espansionista messa in atto negli ultimi anni.

Tutto lascia pensare che i potentissimi pasdaran abbiano agito da soli, senza cioè avvisare il Governo fatta eccezione per la Guida suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei senza il cui benestare difficilmente si sarebbe dato il via ad un attacco di simile portata.

Questo fa pensare che le divisioni all’interno del regime iraniano siano addirittura più profonde di quanto si possa pensare.

Non è necessariamente una buona notizia. Fino ad oggi in qualche modo Khamenei ha sempre fatto da mediatore tra gli estremisti pasdaran e i più diplomatici Zarif e Rouhani. Ma dare il via ad un piano del genere significa schierarsi apertamente dalla parte dei pasdaran.

Non è una scelta di campo da nulla perché nei fatti avvalla l’intera politica aggressiva delle IRGC e mette nell’angolo ogni tentativo diplomatico di riportare l’Iran all’interno dell’alveo della comunità internazionale.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » lun set 23, 2019 9:35 pm

La minaccia iraniana è una realtà globale. Il piano di Teheran è una trappola
Maurizia De Groot Vos·Middle East·Settembre 23, 2019·

https://www.rightsreporter.org/la-minac ... BD4Wj-EceM

Crediamo che ormai il mondo non abbia più scuse per non affrontare la minaccia iraniana per quello che è realmente, cioè una minaccia globale.

Bombardare, come hanno fatto gli iraniani, le più importanti infrastrutture petrolifere dell’Arabia Saudita non è “solo” un attacco a Riad, è un attacco all’economia globale.

Ma l’attacco all’Arabia Saudita è solo l’ultimo tassello di una meticolosa strategia di conquista che l’Iran porta avanti ormai da anni.

Libano, Siria, Iraq e Afghanistan sono ormai entrati in pianta stabile nell’area di influenza iraniana e vengono usati da Teheran come “piattaforme di lancio” per gli attacchi contro i nemici del regime iraniano, Israele e Arabia Saudita prima di tutti.

Oggi a New York inizia l’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il Presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha promesso di presentare una sorta di “piano di pace” per la regione.

Le premesse sono tutto un programma. Gli iraniani, forse presi da senso di onnipotenza, promettono di «estendere la mano dell’amicizia e della fratellanza alle nazioni del Golfo Persico» e di essere «pronti a perdonare i loro errori passati».

Insomma, a Teheran sono diventati tutti buoni e fraterni a condizione che tutti gli altri si pieghino ai voleri di Teheran.

Ai più ottimisti può sembrare una sparata, invece è una cosa dannatamente seria. Gli Ayatollah ci credono a quello che dicono e a quello che propongono.

Il piano anticipato ieri da Hassan Rouhani durante la parata militare in occasione della “Sacra settimana della Difesa” è di una semplicità disarmante. Per avere la pace nella regione serve che le potenze occidentali lascino il Golfo e che le potenze islamiche regionali uniscano le loro forze contro “il nemico” (Israele?).

La proposta iraniana ricorda molto da vicino quella fatta nel 2015 dal dittatore turco, Recep Tayyip Erdogan, che in occasione del riconoscimento americano di Gerusalemme capitale di Israele, propose una grande alleanza musulmana e la creazione di un esercito dell’Islam.

Allo stesso tempo si contrappone a quella avanzata dalle potenze sunnite che nell’aprile di quest’anno proponevano una sorta di “NATO araba”.

Hassan Rouhani mette insieme queste due “formulazioni” e propone di mettere fine alle divergenze tra sunniti e sciiti costruendo una grande alleanza islamica purgata da interferenze esterne e volta a sconfiggere i nemici dell’islam.

«La presenza occidentale è sempre stata una calamità per la regione» ha detto ieri Rouhani. «Più stanno lontani e meglio sarà per la sicurezza nel Golfo Persico e in Medio Oriente» ha poi continuato il Presidente iraniano.

Rouhani propone quindi che tutti gli Stati del Golfo e quelli della regione si uniscano per garantire la sicurezza delle vie del petrolio che passano per il Golfo Persico e quindi per lo Stretto di Hormuz e per il Golfo d’Oman. In cambio l’Iran è disposto a “dimenticare gli errori del passato”.

Lo ripetiamo e lo ripeteremo all’infinito. Non bisogna fare l’errore di sottovalutare le ambizioni iraniane. A Teheran fanno sul serio e ci credono. Lo dimostrano ogni giorno con la loro manovra di accerchiamento verso Israele, lo hanno dimostrato pochi giorni fa con l’attacco all’Arabia Saudita.

Intendiamoci, nella realtà il piano iraniano di unire tutte le potenze islamiche regionali ha ben poche speranze di andare in porto, ma getta un’esca in una mare che pullula di squali estremisti che sostengono questa idea ormai da tempo, e lo fa in un momento delicatissimo.

Gli iraniani sono maestri nell’insinuarsi nelle dinamiche islamiche e nell’insinuare zizzania e sospetti, specie se possono contare sull’aiuto di estremisti islamici che come unico obiettivo hanno l’espansione dell’Islam in tutto il mondo.

La Comunità Internazionale riunita da oggi a New York deve denunciare il piano fortemente espansionistico di Teheran. È un vantaggio che non si può e non si deve permettere di concedere all’Iran specie se questo piano mira a minare l’integrità degli altri Paesi del Golfo.

È arrivata l’ora di mettere fine ai doppi sensi con l’Iran e di affrontare la minaccia iraniana per quello che è in realtà, cioè un minaccia alla pace globale. È arrivato il momento di agire. Più si aspetta e più gli Ayatollah acquistano potere e pericolosità.

Rimandare ulteriormente il problema nella vana speranza che l’Iran si possa accontentare della sua egemonia su qualche paese e che possa rinunciare ad una guerra totale contro Israele, è solo una pia illusione. Prima o poi questo problema andrà affrontato. Meglio prima che poi.




Trump e Iran non vogliono la guerra: ma è scontro su come sarà la pace
Autore Lorenzo Vita
23 settembre 2019

https://it.insideover.com/politica/trum ... XnvbTCzB8w

Donald Trump non vuole una guerra con l’Iran. E a quanto pare non la vuole nemmeno Teheran, visto che ieri Hassan Rouhani ha annunciato che è in procinto di proporre un piano di pace per il Golfo Persico di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni unite. E così, in pochi giorni, mentre il Medio Oriente si infiamma come il fuoco che ha inondato gli impianti petroliferi dell’Arabia Saudita, il mondo si trova non di fronte a una semplice guerra: ma a una guerra su come dovrà essere la pace.

Sembra un paradosso: ma del resto non è un mistero che il Medio Oriente non sia sempre un luogo dove regna la linearità. E così ci troviamo di fronte non a due Paesi che vogliono combattere, ma a due Paesi che vogliono la pace: solo che la vogliono a modo loro. Ed è del tutto evidente che arrivare al compromesso non sia facile. Perché nessuno vuole cedere di fronte a un nemico quasi esistenziale, come lo è l’America per l’Iran della Repubblica islamica o come lo è Teheran per una Washington alleata di Israele e Paesi arabi. Ma dall’altro lato, il governo iraniano sa che non può permettersi troppo una guerra logorante fatta di sanzioni e cyber attacchi. Mentre gli Stati Uniti di Trump, costruiti sull’America First e sui piani di “ritirata strategica” non hanno alcun interesse a scendere in guerra per il Golfo Persico. Specialmente dopo il disastro afghano e iracheno e con le elezioni alle porte in cui The Donald vuole essere ricordato come chi ha mantenuto la promessa di un’America forte ma non impegnata in conflitto in mezzo mondo.

È in questo clima di escalation to de-escalate che si muovono, in punta di piedi, le cancellerie di Washington e di Teheran. Il tutto mentre il Medio Oriente continua ad infiammarsi con gli strike silenziosi di Israele, i bombardamenti sauditi in Yemen e i ribelli Houthi che colpiscono gli impianti di Riad mettendo a nudo le debolezze non solo saudite ma anche americane. Un meccanismo talmente complesso da diventare inestricabile. Ed è per questo che il lavoro per uscirne senza passare per sconfitti diventa, ogni giorno, più complicato quanto necessario.

Il piano di Trump è semplice. vuole un compromesso con Hassan Rouhani che da un lato rassicuri i suoi partner mediorientali e dall’altro non lo faccia apparire come colui che cede di fronte al nemico. Per farlo, dipartimento di Stato e Pentagono hanno proposto una soluzione accettabile anche per la Casa Bianca: rafforzare la presenza Usa nella regione, costruire una coalizione aeronavale in grado di proteggere la libera circolazione delle navi nello Stretto di Hormuz, imporre la propria presenza militare come garanzie per la pessima difesa saudita. Il tutto, come spiegato dallo stesso Mike Pompeo, per evitare una potenziale guerra. Il capo della diplomazia americana, intervistato a Fox News, è stato chiaro: “La nostra missione è quella di evitare la guerra”. Non solo. Pompeo ha anche sottolineato che il suo stesso presidente “vorrebbe una soluzione diplomatica”. Parole non casuali, dal momento che sono arrivate mentre da Riad annunciavano che, in caso di conferma della responsabilità iraniana negli attacchi della scorsa settimana, quel raid sarebbe da considerare un “atto di guerra”.

La strategia di Trump per ora appare quindi lineare. Sa di non poter permettersi una guerra e sa di non voler farla. Su questa certezza, giocano soprattutto i Guardiani della Rivoluzione, che possono permettersi di alzare tiro nella sfida del Golfo Persico con operazioni che fino a qualche mese fa sarebbero stati impensabili, se si considerano i sequestri delle petroliere lungo le rotta controllate dalla stessa marina dei Pasdaran. Ma questa escalation è un problema anche per Rouhani che, come personalità estranea ai Guardiani, sa per certo che un conflitto di questo calibro non fa altro che aumentare le sanzioni, impoverire la fascia media della popolazione iraniana e sopratutto rischia di aumentare il potere interno delle frange più estreme e bellicose del Paese. Le stesse che di fatto possono compromettere la sua leadership.

Un complicato gioco di alleanze, nemici, avversari che possono diventare partner e partner che, invece, si trasformano nei peggiori nemici. Il tutto mentre c’è in ballo una delle aree più bollenti del pianeta. Gli Stati Uniti continuano ad armare la regione vendendo sistemi missilistici e addestrando le truppe degli alleati arabi. Nel frattempo, la Marina iraniana annuncia esercitazioni congiunte con Cina e Russia nelle acque antistanti Hormuz, con Mosca e Pechino che chiedono calma a tutte le parti in conflitto. L’idea è che nessuno voglia questa guerra. I rischi sono enormi per tutte le parti: ma gli interessi in gioco sono contrapposti e, ancora paradossalmente, sono divergenti proprio tra alleati.

Tutti vogliono la pace? Si. Ma ognuno la vuole a modo suo. Trump per scendere a compromesso deve per forza di cose “deludere” le aspettative saudite s israeliane, che possono essere rassicurati solo in cambio di garanzie legate alla presenza iraniana nella regione e con la vendita di armi. Ma sopratutto devono avere la certezza che Teheran non abbia mai il potenziale nucleare per avere l’atomica. L’Iran vuole la pace: ma non può rinunciare alla sua strategia a lungo termine che si fonda sull’espansione dei suoi interessi oltre il Golfo, verso Mediterraneo e oceano Indiano. La Cina vuole una pace che implichi la libertà di manovra nella regione. Mentre la Russia punta al compromesso, ma con un accordo che garantisce tutte le parti in conflitto per non scardinare la sua strategia mediorientale. Nel frattempo, Israele vuole Teheran fuori dai giochi in Siria e in Iraq, mentre i sauditi sperano che la loro disastrosa operazione in Yemen volga a loro favore. Quale sarà la pace che vincerà sulle altre?
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » dom ott 06, 2019 7:36 pm

Un grande pericolo incombe su Israele. Mettere fine ai giochi politici
Paola P. Goldberger·
Ottobre 6, 2019·

https://www.rightsreporter.org/un-grand ... __zKXlQNSE

Per la prima volta in due mesi questo pomeriggio si riunisce il Gabinetto di Sicurezza a Gerusalemme. L’intelligence israeliana, le fonti di informazione delle IDF e ogni tipo di segnale possibile stanno urlando a squarciagola avvertimenti su una imminente operazione iraniana contro Israele.

Lo Stato Ebraico lasciato da solo?

Venerdì scorso il New York Times ha riferito che l’incapacità americana di reagire militarmente agli attacchi iraniani contro un proprio drone e, fatto ancora più grave, contro le infrastrutture petrolifere dell’Arabia Saudita, sta spingendo Riad a compiere passi di avvicinamento verso Teheran.

«La situazione peggiore per i sauditi è passare da uno possibile scontro con l’Iran credendo nell’appoggio americano e scoprire che invece questa Amministrazione è del tutto incapace di rispondere alle minacce iraniane» ha detto al Times Philip Gordon, ex coordinatore della Casa Bianca in Medio Oriente.

I sauditi stanno rivedendo completamente, o quanto meno stanno ammorbidendo, la propria posizione verso l’Iran a causa dell’atteggiamento americano. Questo è un dato di fatto difficilmente contestabile.

Ma questo vuol dire anche che il fantomatico “asse anti-iraniano” che voleva Riad e Gerusalemme sulla stessa barricata si sta sgretolando.

Questo comporta che Israele si troverà ad affrontare la sempre più incombente minaccia iraniana da solo, forse senza nemmeno il supporto americano visto come si sono comportati con l’Arabia Saudita.


Il Gabinetto di Sicurezza

Dicevamo che questo pomeriggio si riunisce a Gerusalemme il Gabinetto di sicurezza. Non è una riunione di routine. Le notizie che arrivano dalle varie intelligence sono davvero molto preoccupanti.

Da giorni funzionari della intelligence israeliana lanciano allarmi sempre più pressanti su una imminente azione militare contro Israele orchestrata dall’Iran galvanizzato dalla vittoria sull’Arabia Saudita e sugli Stati Uniti.

Negli ultimi giorni sia il Primo Ministro Benjamin Netanyahu che il Presidente Reuven Rivlin hanno menzionato “esigenze di sicurezza cruciali” chiedendo la formazione di un governo di unità nazionale.

Gabi Ashkenazi, del partito blu e bianco, recentemente nominato capo del potente comitato per gli affari esteri e la difesa della Knesset, ha parlato giovedì di «molte sfide nel campo della sicurezza, alcune conosciute da tutti e alcune che vengono discusse solo a porte chiuse». Un altro segnale che la situazione è molto seria anche se altri esponenti del partito di Benny Gantz sostengono che «non esiste un reale allarme sicurezza».

Mettere fine ai giochi politici e assumere le responsabilità che la situazione richiede

È arrivato il momento che tutte le forze politiche si assumano in pieno le proprie responsabilità verso il Paese e che si prendano le decisioni che il pericolo incombente su Israele richiede.

L’Iran si è posizionato strategicamente tutto intorno a Israele e non lo ha fatto certo per uno sfizio. L’intenzione iraniana di attaccare Israele non solo è palese, ma è stata più volte apertamente dichiarata dalle più alte cariche iraniane. Quello che sta facendo Teheran è davanti agli occhi di tutti.

Continuare a tenere il Paese in una situazione di stallo politico quando invece ci sarebbe bisogno di un Governo nel pieno delle sue capacità è semplicemente da irresponsabili.

Non ne facciamo una questione di politica. Quando si tratta di difendere Israele della politica non ce ne importa nulla. Ma adesso serve responsabilità e serve prima di subito perché il pericolo è vero ed è imminente.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » mar nov 05, 2019 9:26 pm

Guerra Iran-Israele: uno scenario da incubo e una incombente domanda
Adrian Niscemi·
Novembre 5, 2019·

https://www.rightsreporter.org/guerra-i ... A13sP3W3qk

È uno scenario da incubo quello descritto da Michael Oren, ex ambasciatore israeliano negli USA, nel caso di una guerra tra Iran e Israele.

In un articolo a sua firma pubblicato su The Atlantic l’ex ambasciatore israeliano a Washington descrive in maniera cruda e agghiacciante quello che potrebbe succedere e si chiede cosa faranno gli Stati Uniti in caso di conflitto.

Secondo il quotidiano americano i Ministri israeliani si sono riuniti due volte la scorsa settimana per discutere la possibilità, più che concreta, di una guerra aperta con l’Iran.

Sul tavolo uno scenario da incubo che viene ben descritto nell’articolo senza tanti giri di parole. Una vera e propria pioggia di missili si potrebbe riversare su Israele, qualcosa come 4.000 missili al giorno.

Michael Oren descrive l’attuale situazione come “estremamente delicata”. Il minimo errore, da una parte e dall’altra, potrebbe portare allo scontro aperto in brevissimo tempo.

Secondo Oren nelle riunioni della scorsa settimana «i ministri hanno esaminato il recente attacco di droni e missili da crociera iraniani contro due installazioni petrolifere saudite, concludendo che un simile attacco potrebbe essere lanciato contro Israele dall’Iraq».

Per questo motivo, secondo quanto scrive Oren «le forze di difesa israeliane hanno annunciato l’adozione di un piano di emergenza, nome in codice Momentum, per espandere significativamente la capacità di difesa missilistica di Israele, la sua capacità di raccogliere informazioni sugli obiettivi nemici e la preparazione dei suoi soldati alla guerra urbana».

«Le truppe israeliane – scrive ancora Oren – specialmente nel nord, sono state poste in stato di massima allerta. Israele si sta preparando al peggio e sta agendo sul presupposto che i combattimenti potrebbero scoppiare in qualsiasi momento».


Scenario da incubo

L’equilibrio è molto fragile, il minimo errore da una parte o dall’altra porterebbe allo scontro aperto. Nei mesi scorsi Israele ha compiuto diversi “attacchi di contenimento” contro obiettivi iraniani, ma si è sempre stati molto attenti a non superare determinate linee e, soprattutto, a non mettere in “imbarazzo” gli iraniani tanto da spingerli ad una reazione. Ma compiere un errore in questa situazione è davvero facile.

La conflagrazione, come tante in Medio Oriente, potrebbe essere innescata da un’unica scintilla. I caccia israeliani hanno già condotto centinaia di bombardamenti contro obiettivi iraniani in Libano, Siria e Iraq, preferendo scoraggiare piuttosto che mettere in imbarazzo Teheran

In queste condizioni, secondo Michael Oren, è molto facile superare il limite, basta colpire un obiettivo più sensibile di un altro, una parola di troppo da parte di qualche politico e il gioco è fatto.

«Il risultato – scrive Oren – potrebbe essere un contrattacco da parte dell’Iran, usando missili da crociera che penetrano nelle difese aeree israeliane e si schiantano contro obiettivi come il Kiryah, l’equivalente del Pentagono di Tel Aviv».

A qual punto si innescherebbe una reazione a catena. Israele risponderebbe bombardando il quartier generale di Hezbollah a Beirut e dozzine di postazioni lungo il confine libanese. Inizierebbero scambi di artiglieria e scontri armati su larga scala.

I razzi, che trasportavano tonnellate di TNT, pioverebbero a centinaia su Israele; i droni armati di carichi esplosivi si schianterebbero in strutture cruciali, militari e civili

Scrive Oren: «il numero di missili potrebbe arrivare fino a 4.000 al giorno. La maggior parte delle armi nell’arsenale di Hezbollah sono missili di stallo con traiettorie fisse che possono essere rintracciati e intercettati dal sistema israeliano Iron Dome. Ma Iron Dome ha un’efficacia media del 90 percento, il che significa che per ogni 100 missili, 10 passano e le sette batterie operative non sono in grado di coprire l’intero paese. Tutto Israele, da Metulla a nord alla città portuale meridionale di Eilat, si troverebbe nel raggio di fuoco nemico».

Poi continua: «ma i missili a guida di precisione, un numero crescente dei quali si trovano negli arsenali iraniani, rappresentano una minaccia molto più mortale. Diretti da joystick, molti possono cambiare destinazione durante il volo. Il sistema Sling di David, sviluppato in collaborazione con gli Stati Uniti, può fermarli, in teoria, perché non è mai stato testato in combattimento. E ciascuno dei suoi intercettori costa 1 milione di dollari. Anche se non viene raso al suolo fisicamente, Israele può essere dissanguato economicamente».

Per non parlare poi della possibile paralisi di porti, aeroporti, ospedali, sistemi di comunicazione, linee elettriche anche dovuti ad attacchi provenienti dal Libano, dalla Siria e dalla Striscia di Gaza. Uno scenario veramente da incubo.


Cosa farà l’America?

Ma la domanda più importante che Michael Oren si pone nel suo articolo è: «cosa farà l’America se di dovesse presentare uno scenario simile?»

Se ci fosse un pericolo reale per la sopravvivenza di Israele, se ci fosse cioè uno scenario simile a quello immaginato da Oren, gli Stati Uniti interverrebbero militarmente? La risposta, secondo Oren, è SI. Non solo, metterebbero in atto tutti quei piani in vigore da sempre per rifornire massicciamente Israele di armi.

Ora, leggendo tutto l’articolo scritto da Michael Oren per The Atlantic, si potrebbe pensare che l’ex ambasciatore israeliano sia un po’ esagerato. In realtà Oren disegna un quadro abbastanza verosimile. In fondo l’Iran negli ultimi anni ha agito proprio per creare uno scenario simile e accerchiare Israele. Riuscendoci, purtroppo.

La domanda più importante resta comunque l’ultima. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo nella sua ultima visita in Israele ha dato ampie garanzie sul supporto americano a Israele in caso di un conflitto aperto con l’Iran. E c’è da credere che gli americani manterranno le promesse.

Resta il fatto che errori di calcolo (anche grossolani) hanno permesso all’Iran di accerchiare Israele creando una situazione, verosimile o meno, che nella migliore delle ipotesi metterà a dura prova la resistenza del piccolo Stato Ebraico.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » gio nov 21, 2019 8:37 pm

Attacco israeliano in Siria: distrutto il quartier generale della Forza Quds
Paola P. Goldberger
Novembre 21, 2019

https://www.rightsreporter.org/attacco- ... z9ZFG4IaHQ


Mano a mano che passano le ore e si apprendono nuovi dettagli sull’attacco israeliano in Siria effettuato in risposta al lancio di quattro missili dalla Siria verso Israele, si capisce quanto dura sia stata la risposta israeliana.

Tra la ventina di obiettivi colpiti e distrutti oltre a depositi di armi, batterie della contraerea, e basi militari iraniane, si apprende che è stato colpito anche il quartier generale della Forza Quds in Siria.

La Forza Quds è una sezione molto speciale e potentissima del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) deputata alle operazioni all’estero.

Tra le missioni che la Forza Quds si è data la più importante è quella di “esportare la rivoluzione islamica in tutto il mondo”, ma anche distruggere Israele e riprendersi Gerusalemme. Il comandate in capo della Forza Quds è il potentissimo Generale Ghasem (o Qasem) Soleimani.


Il quartier generale in Siria distrutto da Israele

La “Glass House”, così viene chiamato il quartier generale della Forza Quds a Damasco, era noto ormai da tempo all’intelligence israeliana.

Situato in un edificio nei pressi dell’aeroporto di Damasco, un ex hotel da 180 camere, la “Glass House” ne occupava il quarto e quinto piano dove oltre al comando c’erano alloggi per le truppe iraniane e altri locali adibiti a valutare le informazioni e a pianificare attacchi. C’era persino una caffetteria e una clinica privata. Nei piani inferiori venivano ospitati membri della intelligence del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica.

Secondo le informazioni della intelligence israeliana, nel seminterrato gli iraniani tenevano invece una gran quantità di denaro, milioni e milioni di dollari in due camere blindate, che doveva servire a pagare le operazioni clandestine della Forza Quds e dei gruppi locali.

Negli attacchi precedenti a quello di martedì scorso l’aviazione israeliana si era guardata bene dal colpire la “Glass House”, forse per non esacerbare lo scontro e aveva colpito diversi depositi di armi immediatamente adiacenti. Ma così non è andata nell’ultimo attacco.

Secondo testimoni locali e le immagini satellitari il quartier generale della Forza Quds in Siria non c’è più. L’attacco, chirurgico, lo ha completamente distrutto, o almeno ha distrutto il quarto e il quinto piano.

Stando alle informazioni in possesso della intelligence israeliana, gli uffici però erano stati evacuati in precedenza, probabilmente perché dopo il lancio dei quattro missili contro Israele gli iraniani si aspettavano di non passarla liscia.

Quello che appare certo è che Israele ha colpito il più importante centro di comando iraniano in Siria, un colpo che per gli iraniani sarà difficile da digerire senza dare una risposta.



L’Europa si sveglia e critica (finalmente) il programma balistico iraniano
Sarah G. Frankl· Dicembre 5, 2019·

https://www.rightsreporter.org/europa-s ... NzhMyLZXnE

L’Europa ha finalmente scoperto che gli iraniani stanno lavorando a un programma balistico direttamente legato al suo programma nucleare.

Francia, Germania e Regno Unito hanno denunciato il fatto che “lo sviluppo iraniano di missili balistici a capacità nucleare” va contro una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che invita Teheran a non intraprendere alcuna attività relativa a tali missili.

Gli ambasciatori delle tre nazioni europee hanno scritto una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nella quale denunciano che il programma balistico iraniano è “incoerente” con una risoluzione delle Nazioni Unite del 2015 sul programma nucleare iraniano nella quale si vieta esplicitamente all’Iran di produrre missili in grado di trasportare armi nucleari.

La lettera cita un test iraniano dello scorso 22 aprile 2019 nel quale Teheran ha usato una variante dei missili Shahab-3 equipaggiata con componentistica indicata per il trasporto di armi nucleari e chiede al Segretario Generale dell’ONU di riferire al Consiglio di Sicurezza.

La lettera cita anche un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) del 2015 nel quale si esprimono dubbi su test condotti con missili Shahab-3 giudicati “potenzialmente in grado di trasportare testate atomiche”.

Lo stesso rapporto della AIEA cita testualmente “prove estese” che indicano come l’Iran tra il 2002 e il 2003 abbia condotto test balistici sullo Shahab-3 mirati a configurare il missile al trasporto di armi nucleari.

Ora viene da chiedersi dov’era l’Europa quando il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, denunciava (anche alle Nazioni Unite) che l’Iran stava eseguendo test missilistici volti ad implementare vettori in grado di trasportare armi nucleari.

Dov’era l’Europa quando l’AIEA produceva i suoi allarmanti rapporti sui test svolti sui missili Shahab-3?

Ma soprattutto, cosa vuol dire questa lettera di Gran Bretagna, Francia e Germania? Che l’Unione Europea intende cambiare il suo atteggiamento servile verso Teheran, oppure è solo un contentino giusto per far vedere che sono attenti a quello che fa l’Iran? Attenti per modo di dire visto che ci sono voluti mesi da quel 22 aprile 2019 per arrivare a una denuncia che non riguarda nemmeno tutta la UE.

Per esempio, perché il nuovo “ministro degli esteri europeo” Josep Borrell non ha controfirmato la lettera inviata ad Antonio Guterres? Significa che comunque, nonostante le evidenze, l’Unione Europea intende continuare con la linea genuflessa verso Teheran impostata da Federica Mogherini? Di certo Borrel è un amico degli Ayatollah iraniani e questo non lascia ben sperare.

Rimane il fatto che ormai è chiaro a tutti che il programma balistico iraniano è volto essenzialmente a produrre vettori in grado di trasportare armi atomiche ed è strettamente legato al programma nucleare iraniano. Solo chi è in malafede continua a negarlo.




Oggetti volanti non identificati bombardano base iraniana in Siria
Dicembre 5, 2019·

https://www.rightsreporter.org/oggetti- ... OGChxwTXxc


Una base appartenente al Corpo dei Guardiani della Rivoluzione iraniana (IRGC) situata al confine tra Siria e Iraq è stata bombardata la notte scorsa da oggetti volanti non identificati (aerei o droni).

Secondo fonti arabe ad essere bombardato dai misteriosi velivoli è stato un deposito di armi e missili appartenente ai Pasdaran situato nella regione siriana di Al Bukamal.

Stando alle stesse fonti non ci sarebbero morti o feriti tra il personale iraniano ma le esplosioni si sono sentite a Km di distanza.

Immediate le accuse a Israele che in questo caso non conferma né smentisce di aver effettuato l’attacco.

La base colpita è la stessa che Gerusalemme ha ammesso di aver colpito in altre occasioni situata in una posizione strategica per consentire all’Iran di rendere operativo il cosiddetto “corridoio sciita” che nelle intenzioni di Teheran dovrebbe unire l’Iran al Libano passando per l’Iraq e la Siria.

Il “corridoio sciita” viene usato dagli iraniani per far giungere armi avanzate ai loro alleati regionali, principalmente agli Hezbollah libanesi, in modo di aumentare le loro capacità di attaccare Israele.

Negli ultimi mesi Israele ha attaccato in diverse occasioni basi iraniane in Siria per impedire che Teheran rifornisca di sistemi d’arma avanzati i suoi proxy regionali.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » sab dic 28, 2019 10:33 pm

Perché è necessario (e non più rinviabile) fermare Iran e Turchia
Adrian Niscemi
28 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/perche-e ... wJXxUtkgI8

Se ci sono due paesi che che con le loro ultime mosse geopolitiche rappresentano concretamente la prepotenza islamica questi sono Iran e Turchia.

Mentre l’occidente, compresi gli Stati Uniti, sembrano incapaci di reagire a tale prepotenza che si manifesta praticamente in ogni scenario di primaria importanza in Medio Oriente, l’unico ad opporsi concretamente a quello che Iran e Turchia stanno preparando è Israele, che però è lasciato solo ad affrontare rischi che invece dovrebbero riguardare tutti i paesi del bacino del Mediterraneo e quello mediorientale.
La minaccia turca

Questa mattina sul quotidiano israeliano Yediot Aharonot, è stata pubblicata una analisi molto interessante scritta da Shaul Chorev e dal Dr. Beni Shpeinner (che trovate qui nella versione digitale) nella quale si spiega con dovizia di particolari perché la Turchia dopo l’accordo con la Libia potrebbe bloccare l’accesso al mare per Israele, per la Grecia e per Cipro.

Non è una cosa da nulla, molte guerre sono scoppiate a causa dei contrasti per l’accesso a determinati tratti di mare e quello attualmente conteso (e fatto proprio dalla Turchia) contiene i più grandi giacimenti di gas scoperti negli ultimi decenni.

Per usare un termine tecnico si tratta di “zone economiche esclusive” e di grande importanza per Israele, Grecia e Cipro di cui però la Turchia rivendica il controllo (ma per ora non la proprietà che non potrebbe rivendicare).

Per capirci meglio, la Turchia intende impedire qualsiasi prospezione in un tratto di mare vastissimo che non avvenga dietro al suo assenso. Quello che è successo poco tempo fa ad una nave da ricerca israeliana allontanata dalla marina turca da acque di pertinenza cipriota, potrebbe quindi ripetersi anche in futuro e scatenare da parte israeliana (o greco/cipriota) una risposta non proprio “pacifica”.

La Turchia di Erdogan sta portando avanti una politica estremamente aggressiva in Medio Oriente. In Siria si è appropriata del Kudistan siriano, di fatto una invasione vera e propria. In Libia, per garantire l’accordo raggiunto con il Governo di Tripoli, invierà truppe e mezzi a sostegno di Fayez al Sarraj. Ormai è fuori dalla politica della NATO e presto acquisterà un secondo lotto di missili S-400 dalla Russia. Tiene l’Europa praticamente sotto perenne ricatto con milioni di profughi.

Ormai l’aggressività turca non è più nemmeno mascherata, è palese.

La minaccia iraniana

Non meno importante di quella turca è la minaccia iraniana. Più aggressivi dei turchi, gli iraniani hanno attaccato impunemente alcune petroliere, hanno attaccato (sempre impunemente) l’Arabia Saudita. Vogliono imporre il Premier in Iraq in modo da poterne controllare le mosse. Per farlo non esitano a usare le proprie milizie per sopprimere le proteste degli iracheni. La stessa cosa la stanno facendo in Libano. Hanno ripreso pienamente il loro programma nucleare (ammesso che lo abbiano mai interrotto), e non c’è giorno che passi che non minacciano di distruggere Israele. Sono implicati nella guerra in Yemen e in quella in Siria. Da ieri vantano anche l’appoggio della Cina mentre quello della Russia ce l’hanno ormai da anni.

Naturalmente non basta un piccolo riassunto come quello sopra per descrivere bene quanto sia importante la minaccia iraniana, eppure nessuno sembra fare realmente qualcosa per fermare l’espansionismo aggressivo di Teheran. Neppure gli Stati Uniti.


Cosa fa l’occidente e in particolare l’Europa?

Di fronte a queste due minacce ormai palesi per tutti, l’occidente continua a rimanere inerte, soprattutto l’Europa che invece non solo avrebbe interesse a muoversi, ma è la prima ad essere minacciata dal prepotente espansionismo di Turchia e Iran, perché quando avranno finito in Medio Oriente e in Nord Africa, nel mirino ci sarà proprio l’Europa.

Eppure con l’Iran gli europei continuano a farci affari e a cercare di salvare l’insalvabile accordo sul nucleare. Con la Turchia chiudono tutti e due gli occhi e accettano passivamente anche un accordo assurdo come quello fatto con la Libia che permette ad Ankara di controllare mezzo Mediterraneo orientale. Addirittura c’è ancora chi vorrebbe la Turchia in Europa.

Ormai siamo in una condizione in cui, se ci fosse un governo europeo serio, sarebbe doveroso intervenire in ogni modo possibile per fermare queste due potenze islamiche che nel medio periodo rappresentano uno dei pericoli più seri per l’occidente.

Per non parlare poi degli Stati Uniti che con la loro immobilità stanno letteralmente regalando il Medio Oriente non solo a Iran e Turchia, ma soprattutto a Russia e Cina.

Molte volte si dice che la politica in Medio Oriente è difficile e incomprensibile, fatta di sotterfugi e di alleanze non dichiarate. Beh, lasciatemi dire che la politica mediorientale non è mai stata così chiara, così limpida. Ci sono due potenze islamiche estremamente aggressive che tentano di sottomettere gli altri stati e quando non possono farlo pacificamente (si fa per dire), minacciano di distruggerli.

Non è più il momento, né per l’Europa, né per gli Stati Uniti, di rimanere immobili di fronte a questa vera e propria escalation. Un ruolo importante lo deve svolgere sicuramente la politica, ma turchi e iraniani non possono essere convinti solo con la diplomazia, serve un deterrente militare, una minaccia aperta e non interpretabile, non piccole azioni dimostrative o minacce solo verbali.

Il problema è serio, molto più serio di quanto si pensi a Bruxelles o a Washington, perché se è vero che l’occidente rimane inerte non lo fa Israele che difenderà se stesso e i propri interessi nazionali (e vitali) con ogni mezzo possibile.

E se fino a ieri si parlava di una più che probabile guerra tra Israele e Iran, oggi non sarebbe saggio escludere nemmeno un conflitto armato tra Israele e Turchia. I giacimenti di gas del Mediterraneo sono la miccia perfetta e quello che sta facendo Erdogan, le sue provocazioni, sembrano proprio finalizzate ad arrivare ad uno scontro con Gerusalemme. Possibile che nessuno in occidente lo veda?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2020 8:58 am

Iraq: spari da auto su manifestanti a Baghdad, almeno 25 morti
07.12.2019

https://tg.la7.it/esteri/iraq-spari-da- ... 019-145072

L'attacco è stato tra i più sanguinosi dal primo ottobre scorso, quando migliaia di iracheni sono scesi in strada chiedendo ampie riforme politiche e la fine dell'influenza dell'Iran negli affari iracheni

È di 25 persone uccise il bilancio di un attacco di uomini armati non identificati che hanno sparato dalle auto contro un raduno di manifestanti anti-governativi nella piazza di Khilani, a Baghdad. Lo riferiscono funzionari della sicurezza e della sanità che parlano anche di 130 feriti.

L'attacco è stato tra i più sanguinosi dal primo ottobre scorso, quando migliaia di iracheni sono scesi in strada chiedendo ampie riforme politiche e la fine dell'influenza dell'Iran negli affari iracheni.





Iraq, contractor ucciso e dei soldati feriti in un attacco ad una base Usa
La nciati una trentina di missili. Gli americani puntano il dito contro le milizie sciite sostenute dall'Iran
28 dicembre 2019

https://www.repubblica.it/esteri/2019/1 ... 244507565/

Un contractor americano è stato ucciso in un attacco missilistico a Kirkuk, nel nord dell'Iraq. Sebbene non via siano state accuse o rivendicazioni ufficiali, gli americani sospettano che l'attacco sia stato sferrato dalle milizie sciite sostenute dall'Iran.

"Un contractor civile statunitense è stato ucciso e altri militari americani e iracheni sono rimasti feriti nella base di Kirkuk", si legge in una nota della coalizione anti-Isis a guida Usa. Sia le milizie sciite e sia l'Isis hanno cellule dormienti nella provincia di Kirkuk, contesa tra la minoranza curda e la maggioranza araba. "Le forze di sicurezza irachene stanno guidando la risposta e l'indagine" sull'attacco avvenuto alle 19:20 locali. Contro la base sarebbero stati lanciati una trentina di missili. Si è trattato dell'attacco più imponente tra quelli sferrati in Iraq contro interessi americani dallo scorso ottobre e della prima vittima americana.

Lo scorso 3 dicembre, quattro missili avevano colpito la base di Al-Asad, solo quattro giorni dopo la visita alla truppe del vice presidente americano Mike Pence. A novembre oltre una dozzina di missili avevano colpito la base di Qayyarah, dove la presenza militare statunitense è ingente. Il capo del Pentagono Mark Esper ha manifestato preoccupazione all'inizio del mese "per questi attacchi contro basi in Iraq dove sono presenti truppe ed equipaggiamenti Usa", durante un colloquio telefonico con il primo ministro Adel Abdel Mahdi, rivendicando il diritto degli americani a difendersi.



L'Irak campo di battaglia Raid Usa fa 25 morti tra i miliziani filo Iran
Chiara Clausi - Mar, 31/12/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 05532.html

Pompeo: «Teheran non osi mettere a rischio vite americane». Hezbollah giura «vendetta»

Beirut Si accende lo scontro fra Stati Uniti e Iran e il campo di battaglia questa volta sono l'Irak e la Siria. Domenica l'aviazione americana ha sferrato un duro attacco contro il gruppo paramilitare sciita Kataib Hezbollah.

Washington lo accusa di aver condotto venerdì un raid missilistico in Irak su una base Usa, che ha causato la morte anche di un contractor civile statunitense.

Era la prima vittima, dopo una serie di raid sempre più aggressivi con razzi e mortai ed è scattata quindi la ritorsione: il Pentagono ha colpito il deposito delle armi e i centri di comando e controllo di cinque siti della milizia, sia sul territorio iracheno che in Siria. Il contractor è morto quando più di 30 missili hanno colpito una base vicino a Kirkuk. Sono rimasti feriti anche quattro membri del personale di servizio americano e due membri delle forze di sicurezza irachene. La risposta Usa è stata più pesante. Kataib Hezbollah ha dichiarato che 25 combattenti sono stati uccisi e 51 feriti. Gli Stati Uniti sostengono che la milizia è armata dall'Iran e ha forti legami con la forza paramilitare Al Quds di Teheran. Il leader di Kataib Hezbollah Jamal Jaafar Ibrahimi, noto anche come Abu Mahdi al-Muhandis, ha avvertito che «il sangue dei martiri non sarà stato versato invano: la nostra risposta sarà molto dura».

Altri gruppi appoggiati dall'Iran si sono uniti a lui chiedendo l'espulsione delle truppe statunitensi dall'Iraq. «Non abbiamo altra scelta che lo scontro», ha detto la forza paramilitare. «Trump dovrebbe sapere che pagherà un prezzo pesante in Irak e nei Paesi in cui sono presenti le sue forze criminali». Il premier iracheno Adil Abdul Mahdi ha denunciato la «violazione della sovranità irachena», mentre il ministero degli Esteri iraniano ha affermato che gli attacchi statunitensi sono stati un «chiaro esempio di terrorismo».

Dal 2009, gli Stati Uniti hanno designato Kataib Hezbollah come un'organizzazione terroristica e elencato Abu Mahdi al-Muhandis come «terrorista globale». Il gruppo è accusato di aver minacciato la pace e la stabilità dell'Iraq. Subito sono arrivate anche le reazioni americane. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Mark Esper ha detto ai giornalisti che i raid «hanno avuto successo» e che ha discusso con il presidente Donald Trump «altre opzioni» per scoraggiare ulteriori attacchi alle forze statunitensi.

Anche il segretario di Stato Mike Pompeo ha preso una posizione molto netta. «Questa non è la prima di una serie di attacchi contro questa particolare struttura irachena e altre in cui vi sono vite americane a rischio. Quello che abbiamo fatto chiarisce ciò che il presidente Trump ha detto per mesi, mesi e mesi: non sopporteremo che la Repubblica islamica dell'Iran intraprenda azioni che mettono in pericolo uomini e donne americani».

Il portavoce del Pentagono Jonathan Hoffman è stato dello stesso parere. «L'Iran e le sue forze per procura devono cessare i loro attacchi contro gli Stati Uniti e le forze della coalizione e rispettare la sovranità dell'Iraq, per prevenire azioni difensive da parte delle forze statunitensi» ha precisato. L'attrito tra gli Stati Uniti e le milizie è cresciuto da quando lo Stato Islamico è stato sconfitto militarmente. Prima entrambe le parti erano impegnate nella guerra all'Isis ora invece lottano ciascuna per la propria influenza in Iraq. L'attacco di venerdì vicino a Kirkuk è l'undicesima volta negli ultimi due mesi che basi irachene dove sono presenti le forze americane sono state colpite da missili di gruppi della milizia sciita alleata dell'Iran. L'escalation arriva in un momento di caos in Iraq dopo tre mesi di proteste che hanno fatto oltre 400 morti.



Baghdad, assalto all'ambasciata Usa. Trump accusa: «Iran responsabile»
31 dicembre 2019

https://www.ilmessaggero.it/mondo/iraq_ ... 55821.html

Caos in Iraq, dove migliaia di persone stanno manifestando davanti all'ambasciata americana di Baghdad per protestare contro i raid Usa sulle basi dei miliziani sciiti. Le forze di sicurezza irachene hanno respinto un attacco di manifestanti all'ambasciata americana a Baghdad, frapponendosi tra loro e le porte della sede diplomatica. Lo riferiscono i media internazionali. I manifestanti hanno oltrepassato i checkpoint della Green Zone, abitualmente blindata, al grido di «Morte all'America» e bruciando bandiere americane.

Proteste in Iraq, il presidente Saleh rassegna le dimissioni al Parlamento

I manifestanti hanno dato fuoco ad una delle torrette di guardia del complesso che ospita la sede diplomatica: lo riporta la Bbc online. Le forze Usa, scrive inoltre l'emittente, stanno cercando di disperdere i manifestanti con gas lacrimogeni. Almeno 10 manifestanti sono rimasti secondo i media arabi. Sul posto sono arrivati il ministro iracheno dell'Interno e di alcuni deputati. Il primo ministro dimissionario dell'Iran, Adel Abdel Mahdi, ha esortato le migliaia di manifestanti a ritirarsi.


Trump accusa l'Iran

«L'Iran sarà ritenuto pienamente responsabile delle vite perse o dei danni subiti da qualsiasi delle nostre strutture. Pagheranno un GRANDE PREZZO! Questo non è un avvertimento, è una minaccia. Felice anno nuovo!». Così il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in un tweet, mentre a Baghdad l'ambasciata statunitense è ancora accerchiata dai manifestanti.

«L'Iran ha ucciso un contractor, ferendo molti. Noi abbiamo risposto duramente e lo faremo sempre. Adesso l'Iran sta orchestrando un attacco all'ambasciata americana in Iraq. Saranno ritenuti pienamente responsabili. Inoltre, noi ci aspettiamo che l'Iraq impieghi le sue forze per proteggere l'ambasciata, e così siete avvisati!»: lo ha twittato oggi il presidente americano Donald Trump commentando l'attacco in corso all'ambasciata statunitense a Baghdad in segno di protesta contro i raid Usa sulle basi dei miliziani sciiti in Iraq.


Appello del premier iracheno: lasciate l'ambasciata. Il primo ministro iracheno, Adel Abdul-Mahdi, ha invitato i manifestanti a lasciare «immediatamente» i dintorni dell'ambasciata americana a Baghdad, presa d'assalto stamane da migliaia di persone per protesta per i raid statunitensi in Iraq e in Siria contro la milizia sciita filo-iraniana Kataib Hezbollah. Lo ha riferito l'emittente 'Sky News Arabià, precisando che Abdul-Mahdi ha anche proclamato tre giorni di lutto nazionale per i miliziani morti nei raid statunitensi.




Iraq, migliaia di manifestanti assaltano l'ambasciata Usa a Bagdad. E Trump manda altri 750 soldati
L'attacco durante le proteste contro i raid con cui gli americani hanno risposto al lancio di razzi contro una loro base a Kirkuk. Trump accusa l'Iran di aver orchestrato l'azione contro la sede diplomatica.
31 dicembre 2019


https://www.repubblica.it/esteri/2019/1 ... 244683500/

BAGDAD - Diverse migliaia di manifestanti si sono radunati fuori dall'ambasciata Usa a Bagdad e l'hanno assaltata per protestare contro i raid lanciati domenica contro diverse strutture della milizia filoiraniana Kataib Hezbollah al confine tra Iraq e Siria. Nei disordini sono anche state bruciate bandiere a stelle e strisce.

I dimostranti si sono staccati dal corteo funebre per i 25 combattenti della formazione sciita uccisi nei raid. Al grido di "Morte all'America", "No all'America... No a Trump", hanno oltrepassato il checkpoint della Green Zone, abitualmente blindata, e hanno raggiunto l'ambasciata. Le forze speciali li hanno inizialmente a respingerli, ma in un secondo momento un gruppo di manifestanti è riuscito a superare la prima recinzione del complesso. Nel tentativo di disperdere la folla, le truppe Usa hanno usato lacrimogeni e granate stordenti. L'ambasciatore Matthew H. Tueller e parte del personale della sede diplomatica sono stati allontanati.

Durante l'assalto una delle torrette di guardia e parte delle mura esterne della sede diplomatica sono state date alle fiamme. E sulla recinzione sono state issate bandiere di Kataib Hezbollah. Secondo i mezzi di informazione locali, nei disordini sono rimaste ferite 62 persone.

L'operazione di domenica è stata ordinata dal Pentagono come ritorsione per i recenti attacchi missilistici contro interessi americani nella regione, in particolare il lancio venerdì scorso di oltre 30 razzi contro una base Usa a Kirkuk che ha causato la morte di un contractor statunitense.


Trump accusa l'Iran
Il presidente americano, Donald Trump, accusa l'Iran di aver "orchestrato l'attacco all'ambasciata americana a Bagdad". "L'Iran ha ucciso un contractor americano, e ne ha feriti tanti altri. Abbiamo risposto con forza, e lo faremo sempre. Ora l'Iran sta orchestrando un attacco all'ambasciata degli Stati Uniti in Iraq. Saranno ritenuti pienamente responsabili. Inoltre, ci aspettiamo che l'Iraq usi le sue forze per proteggere l'Ambasciata, e sono avvisati!", ha twittato il capo della Casa Bianca.

E dopo l'attacco all'ambasciata, il Pentagono invierà "immediatamente" circa 750 soldati aggiuntivi in Medio Oriente, "in risposta ai recenti eventi in Iraq". Lo ha annunciato il ministro della Difesa americano, Mark Esper. "Circa 750 soldati saranno schierati immediatamente nella regione" e "ulteriori forze" sono pronte per essere schierate "nei prossimi giorni", ha detto Esper in un comunicato. "Questo dispiegamento è un'azione precauzionale e appropriata in risposta ai crescenti livelli di minaccia contro il personale e le installazioni americane, come abbiamo assistito a Baghdad", ha affermato il ministro della Difesa americano. In precedenza un funzionario americano aveva affermato che gli Stati Uniti hanno inviato 500 militari in Kuwait, vicino dell'Iraq, e che alla fine nella regione potrebbero essere schierati "fino a 4.000 soldati".

L'attacco all'ambasciata americana a Baghdad è stato opera di "terroristi" sostenuti da "alleati dell'Iran", ha aggiunto nella notte il segretario di Stato americano Mike Pompeo facendo i nomi di quattro persone. "L'attacco è stato orchestrato dai terroristi Abu Mahdi al-Muhandis e Qàs al-Khazali e sostenuto dagli alleati iraniani Hadi al-Amari e Faleh al-Fayad", ha twittato il capo della diplomazia Usa. "Sono stati tutti fotografati davanti alla nostra ambasciata", ha scritto Pompeo allegando tre fotografie che mostrerebbero i quattro uomini.

Muhandis è un alto funzionario delle Forze di mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), una coalizione di paramilitari iracheni dominata da fazioni filo-iraniane accusata da Washington di un attacco missilistico che ha ucciso un americano in Iraq venerdì scorso. Fayad è il capo dell'Hashd al-Shaabi. Khazali è il capo dell'altra milizia sciita irachena Assaib Ahl al-Haq, accusata dagli Usa di essere responsabile di numerosi attacchi missilistici contro i loro interessi in Iraq. Amari è stato il ministro dei Trasporti iracheno tra il 2010 e il 2014 ed è a capo della potentissima organizzazione Badr, un'altra fazione filo-iraniana in Iraq.

Miliziani tra i manifestanti
In Iraq da settimane migliaia di persone scendono in piazza per protestare contro il governo e la corruzione ma anche contro le milizie come Kataib Hezbollah e gli sponsor iraniani che appoggiano l'esecutivo del primo ministro Adel Abdul Mahdìs.
Ma oggi a manifestare davanti all'ambasciata statunitense c'erano soprattutto combattenti di gruppi paramilitari vicini a Teheran. Tra i molti esponenti di spicco delle milizie, c'era Qais al.Khazali, capo della filoiraniana Asaib al-Haq, tra i leader sciiti più temuti e rispettati.

"Gli americani non sono i benvenuti in Iraq - ha detto Khazali all'agenzia Reuters - Sono una fonte di male e vogliamo che se ne vadano".

Nel panorama dei gruppi vicini a Teheran Kataib Hezbollah è uno dei più piccoli ma anche dei più potenti. Davanti all'ambasciata americana c'era anche il suo capo, Jamal Jaafar Ibrahimi, noto anche come Abu Mahdi a-Mohandes. E c'era Hadi al-Amiri, leader dell'Organizzazione Badr.

Gli incidenti all'ambasciata statunitense rischiano di essere i primi di una lunga serie. Una delle milizie filoiraniane, Al Hashd, ha infatti minacciato di assediare altre rappresentanze diplomatiche per ottenere che le forze straniere lascino l'Iraq.



Ucciso a Baghdad il generale iraniano regista degli attacchi contro gli Usa
03 gennaio 2020

https://www.agi.it/estero/iraq_ucciso_g ... 020-01-03/

Due giorni dopo l'assalto all'ambasciata statunitense in Iraq, gli americani hanno risposto; e hanno risposto con un raid vicino l'aeroporto di Baghdad che rischia di scatenare un terremoto nella geopolitica mediorientale.

Le Forze di Mobilitazione popolare (Hashed al-Shaabi), la coalizione paramilitare filo-iraniana, ormai affiliata al governo di Baghdad, ha annunciato che nel raid gli Usa hanno ucciso Qassem Soleimani, il potente generale iraniano capo delle milizie al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione, la forza d'elite dell'esercito della Repubblica islamica, incaricata di compiere le operazioni all'estero.

"Il 'numero 2' di Hashed, Abu Mahdi al-Muhandis, e il capo delle Forze al-Quds, Qassem Soleimani, sono stati uccisi in un bombardamento americano che ha colpito la loro auto sulla strada dell'aeroporto di Baghdad", ha riferito un portavoce.

Il raid, si legge in una nota del Pentagono, è stato ordinato direttamente da Donald Trump che ha poi twittato un'immagine della bandiera americana. "Per ordine del presidente, l'esercito americano ha adottato misure difensive decisive per proteggere il personale americano all'estero uccidendo Qassem Soleimani", si legge nella nota, "Il generale Soleimani stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici e militari americani in Iraq e in tutta la regione. Il generale Soleimani e la sua Forza Quds erano responsabili della morte di centinaia di soldati americani e della coalizione e del ferimento di altre migliaia".

L'attacco è avvenuto poco dopo la mezzanotte, una pioggia di missili ha colpito due veicoli che si trovavano vicino l'aeroporto. Fonti della sicurezza irachena hanno subito chiarito che i missili avevano colpito un convoglio Hashed e ucciso otto persone, tra cui "figure importanti".

L'Hashed è una rete di milizie armate prevalentemente sciite, molte delle quali hanno legami molto stretti con Teheran e che sono stati ufficialmente incorporati alle forze di sicurezza dello Stato iracheno.

Muhandis era nella 'lista nera' degli Stati Uniti, ma sarebbe Qassem Soleimani la vittima eccellente. Soleimani è una figura quasi leggendaria, uno degli uomini più potenti in Medio Oriente: generale, stratega con ambizioni politiche, è spesso apparso al fianco della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ma si è sempre mosso nell'ombra, arcinemico di Usa e Israele.

È considerato l'architetto di gran parte delle attività iraniane in Medio Oriente, compresa la guerra in Siria e gli attacchi su Israele. L'Iran, Paese a stragrande maggioranza sciita, esercita un'enorme influenza sull'Iraq da quando è stato ucciso il 'rais', Saddam Hussein, che era sunnita. Da ottobre è scosso dalle proteste anti-governative e contro l'Iran, considerato la 'longa manus' che agisce dietro il governo; e Suleimani, proprio per aiutare il governo a riportare la situazione sotto controllo sarebbe stato più volte nelle ultime settimane in Iraq.

Teheran ha confermato la morte di Soleimani. "Le Guardie Rivoluzionarie annunciano che il glorioso comandante dell'Islam, Haj Qassem Soleimani, dopo una vita di schiavitù, è morto martire in un attacco americano contro l'aeroporto di Baghdad questa mattina", hanno detto in una dichiarazione letta dalla televisione di Stato iraniana.

La morte di Soleimani è destinnata con ogni probabilità a innescare una grave escalation nel conflitto rimasto a lungo sottotraccia tra Stati Uniti e Iran, e recentemente esploso con l'assalto all'ambasciata americana da parte di miliziani filo-iraniani dopo il raid statunitense proprio contro un'altra milizia appoggiata da Teheran, Kataeb Hezbollah.

l prezzo del petrolio è subito salito di oltre il 4% sui mercati asiatici. Un barile di "light sweet crude" (WTI), il punto di riferimento americano per il greggio, in consegna a febbraio, è salito del 4,3% a 63,84 dollari, negli scambi elettronici. Il greggio Brent, benchmark europeo, per marzo ha guadagnato il 4,4% a 69,16 dollari.



Raid Usa a Bagdad, ucciso il generale iraniano Soleimani. Il Pentagono: "L'ordine partito da Trump"

Missili contro le auto del gruppo sciita che ha assediato l’ambasciata. Otto morti, tra cui 5 membri del movimento iracheno e due emissari di Teheran. Washington conferma: "Proteggeremo sempre i nostri interessi". E ora si rischia la guerra
di GIANLUCA DI FEO
03 gennaio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 244853151/

Un attacco notturno rischia di portare Stati Uniti e Iran sull'orlo della guerra. Un raid statunitense sull'aeroporto di Bagdad ha ucciso il generale Qassem Soleimani, responsabile delle operazioni coperte di Teheran e uomo chiave del regime degli ayatollah. L'ordine di colpire è stato impartito direttamente dal presidente Trump: mai il confronto tra i due Paesi era arrivato a un punto di tensione così alta.

Intorno alla mezzanotte alcuni missili hanno distrutto un convoglio delle Pmu, le Forze di mobilitazione popolare irachene, che stavano accompagnando all’aeroporto una delegazione dei Guardiani della Rivoluzione di Teheran. Due auto sono state incenerite, ammazzando cinque esponenti del movimento iracheno e due iraniani. Tra le vittime, il leader delle Pmu Abu Mahdi Al-Muhandis, l’uomo che il 30 dicembre ha spronato la folla ad assaltare l’ambasciata americana. E soprattuto il generale Soleimani, un personaggio fondamentale nella storia recente del Medio Oriente: la sua morte è stata confermata dal Pentagono e da Teheran.

Soleimani era al comando delle brigate Qods, un'unità leggendaria che ha avuto un ruolo decisivo nei conflitti della regione. Ha animato la seconda fase dell'insurrezione anti-americana in Iraq, ha armato hezbollah libanese contro Israele, ha pilotato la repressione del regime di Damasco contro la rivolta. Poi ha indirettamente collaborato con i suoi storici nemici americani per riuscire a sconfiggere lo Stato islamico. Più volte chiamato in causa come mente di attentati contro bersagli israeliani e statunitensi, era sempre sfuggito ai tentativi di eliminarlo o catturarlo: l'ultimo poche settimane fa.

Il raid letale è scattato meno di 24 ore dopo la fine dell'assedio all'ambasciata americana di Bagdad. All’inizio sembrava che fosse stata lanciata una salva di razzi Kathyusha, tipici delle milizie, contro una caserma irachena nei dintorni dell’aeroporto. Le prime notizie parlavano di undici soldati feriti. Pareva quindi un episodio secondario. Poi però lo scenario è cambiato radicalmente, assumendo la dinamica di un attacco condotto da droni o bombardieri.colonna delle Pmu che scortava all’aeroporto gli emissari iraniani. I rapporti iniziali indicavano un'unica vittima eccellente: Muhammed Reda, numero tre della formazione irachena.

Più tardi sono state fonti dello stesso movimento a parlare di un’azione mirata, che ha ucciso cinque dei suoi uomini e due “ospiti importanti”, tutti a bordo delle vetture distrutte mentre si trovavano già all’interno dello scalo internazionale. La tv di stato irachena ha infine fatto i nomi di Soleimani e Al-Muhandis, i veri bersagli dell'operazione killer.

Alcune ricostruzioni sostengono che ad aprire il fuoco sia stato un elicottero americano. E collegano l’attacco alle parole del capo del Pentagono, Mark Esper, che mercoledì aveva minacciato “azioni preventive” qualora gli Usa avessero rilevato “altri comportamenti offensivi da parte di questi gruppi, che sono tutti sostenuti, diretti e finanziati dall’Iran”. In pratica, l’Iraq si sta trasformando nel fronte più incandescente del confronto tra Washington e Teheran. La comunità sciita irachena è da sempre legata al paese vicino, la cui influenza è continuata a crescere dopo la fine del regime di Saddam Hussein. Le milizie filo-iraniane negli ultimi mesi hanno assunto un atteggiamento sempre più aggressivo contro la presenza americana, protestando contro le basi create per combattere contro l’Isis. Una settimana fa una raffica di razzi è piovuta contro un’installazione alle porte di Kirkuk, ammazzando un contractor statunitense.

La rappresaglia non si è fatta attendere. Droni hanno bombardato una struttura di Kataeb Hezbollah, la branca militare delle Forze di Mobilitazione Popolare, uccidendo venticinque uomini. Come risposta, il 30 dicembre Al-Muhandis ha lanciato un appello e radunato la folla contro l’ambasciata americana della capitale. Le recinzioni esterne sono state divelte e per due giorni la sede diplomatica è stata stretta d’assedio, riportando sugli schermi degli States l’incubo di una replica di quanto accadde a Teheran nel 1979. Solo le imponenti difese del complesso, la più grande ambasciata statunitense del mondo, hanno impedito che accadesse il peggio.

Mercoledì primo gennaio, i leader delle Pmu hanno ordinato di interrompere la protesta. E per poche ore è tornata la calma. Iran e Stati Uniti si sono scambiati accuse di fuoco. Mentre il Pentagono ha deciso di rinforzare lo schieramento in Medio Oriente: è stata disposta la partenza di 750 paracadutisti verso la capitale irachena e di 3000 marines verso il Kuwait.

Giovedì per tutto il giorno è stato segnalato un intenso traffico di velivoli militari americani diretti verso la regione, con decine di grandi cargo C-17 che hanno attraversato il Mediterraneo, atterrando nelle basi in Turchia e Arabia Saudita. Un ponte aereo senza precedenti in tempo di pace, tale da far pensare alla premessa per un conflitto. E il raid contro l'aeroporto di Bagdad rischia di scatenarlo realmente, perché è facile prevedere una risposta durissima di Teheran. La morte di Soleimani è una perdita troppo grave, che mina la credibilità degli ayatollah in un momento di pesanti proteste interne. Inevitabile che la reazione sia altrettanto forte: "Il martire sarà vendicato con tutta la forza", ha promesso il fondatore dei Guardiani della Rivoluzione Mohsen Rezai.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » sab gen 04, 2020 9:21 am

Ucciso il generale Qassem Soleimani. È allarme rosso in Israele
Sarah G. Frankl
3 gennaio 2019

https://www.rightsreporter.org/ucciso-i ... Fk3YbPA6lY


Gli Stati Uniti hanno ucciso il generale Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, le forze d’elite delle Guardie della Rivoluzione Islamica.

Secondo le prime informazioni ad uccidere il generale Soleimani e altri tre alti funzionari iraniani è stato un drone americano che lo ha colto di sorpresa mentre era appena arrivato all’aeroporto di Baghdad.

La casa Bianca ha confermato l’attacco affermando che è avvenuto con l’avvallo del Presidente Donald Trump.

Un comunicato del Dipartimento della Difesa americano afferma che «il generale Soleimani stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici e membri delle forze americane in Iraq e in tutta la regione».

Il comunicato prosegue poi affermando che «il generale Soleimani e la sua Forza Quds sono stati responsabili della morte di centinaia di membri dei servizi americani e della coalizione e del ferimento di altre migliaia di loro».

Secondo fonti iraniane nell’attacco sarebbe morto anche Abu Mahdi al-Muhandis, vice comandante delle milizie sostenute dall’Iran note come forze di mobilitazione popolari.
Allarme rosso in Israele e in tutto il Medio Oriente

L’uccisione da parte degli americani del generale Qassem Soleimani comporterà sicuramente una escalation in tutto il Medio Oriente, perché non si uccide un generale iraniano del calibro di Soleimani senza conseguenze.

Nella notte in Israele, appena arrivata la notizia dell’uccisione da parte americana del capo della Forza Quds iraniana, sono stati convocati i vertici della intelligence e delle forze armate israeliane. Si teme che l’Iran per rappresaglia attacchi lo Stato Ebraico. Ogni segmento della difesa israeliana è stato posto ai massimi livelli d’allerta. Altre notizie più dettagliate nel corso della giornata.





COLPO AL CUORE
Niram Ferretti
3 gennaio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L'uccisione del mastermind iraniano del terrore Qassem Soleimani a Baghdad da parte degli Stati Uniti segna un punto di svolta fondamentale.

Gli USA hanno evidenziato come “Il Generale Soleimani stava sviluppando piani di attacco contro diplomatici americani e funzionari in Iraq e in tutta la regione. Il Generale Soleimani e le milizie delle Forze Quds sono responsabili per la morte di centinaia di americani e di funzionari e del ferimento di migliaia".

Si tratta di un target assassination miratissimo in puro stile israeliano che colpisce al cuore il regime di Teheran e che avrà conseguenze importanti.

Era ora che gli USA si facessero sentire dopo la mancata reazione all'abbattimento del drone americano colpito dall'Iran e a quella dell'attacco ai pozzi petroliferi sauditi.

Il primo segnale è arrivato con l'uccisione di 25 miliziani di Hezbollah a seguito dell'uccisione in Iraq di un contractor americano e del ferimento di alcuni militari. Questa è la fase due.

Donald Trump ha dato finalmente seguito alla dottrina Bolton. Mostrare con chiarezza che gli USA interverranno con precisione per salvaguardare la loro sicurezza.

L'uccisione di Soleimani rappresenta per Israele un punto di svolta e la conferma, dopo molto scetticismo che gli USA sono operativi e allineati.

La tensione è al momento molto alta. L'Iran, inevitabilmente, risponderà all'uccisione di un esponente simbolo del regime.

Se ci troviamo alla viglila di una resa dei conti lo vedremo molto velocemente.



L’Hybris iraniana e il prezzo da pagare
Niram Ferretti
3 Gennaio 2020

http://www.linformale.eu/lhybris-irania ... tLdqDimX0E


L’uccisione a Baghdad da parte degli Stati Uniti di Qasem Soleimani, leader delle Forze Quds della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, segna una svolta decisiva in Medioriente e apre nuovi imprevedibili scenari.

Soleimani era considerato il principale pianificatore del consolidamento geopolitico dell’Iran in Iraq e Siria. Si deve a lui il rafforzamento militare di Hezbollah e la fredda determinazione con cui ha spinto spavaldamente l’espansionismo iraniano nella regione. Austero, frugale, vicinissimo alla Guida Suprema Khamenei, il Generale Soleimani da eminenza grigia e promotore del terrore si era progressivamente ritagliato un posto al sole diventando una figura di primissimo piano a livello pubblico, un eroe nazionale e simbolo della resistenza rivoluzionaria al “satanismo” occidentale.

In ottobre, in una intervista, aveva raccontato di come Israele avesse cercato di assassinarlo in Libano nel 2006. Pochi giorni dopo, il capo del Mossad, Yossi Cohen, dichiarò che Solemani sapeva bene che il suo assassinio non era impossibile e che l’infrastruttura da lui creata rappresentava un serio pericolo per la sicurezza dello Stato ebraico.

Ma non è stato Israele a eliminarlo. A sorpresa si è trattato di una azione voluta da Donald Trump e avvenuta a breve giro dopo la risposta americana nei confronti della branca irachena di Hezbollah a seguito di un attacco contro una base americana in Iraq.

L’uccisione di Solemani insieme a quella di Abu Mhadi Al Muhandis, responsabile dell’attacco alla base militare americana inverte drammaticamente la rotta tenuta fino ad oggi dall’amministrazione Trump nei confronti dell’Iran.

Non ci fu, infatti, risposta il giugno scorso quando l’Iran abbatte un drone americano. Il previsto strike su postazioni militari iraniane, caldeggiato dall’allora Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, venne abortito all’ultimo minuto. Non ci fu altresì risposta all’attacco ai pozzi petroliferi sauditi avvenuto a settembre, la cui matrice gli USA hanno ricondotto a Teheran.

La riluttanza dell’amministrazione Trump a reagire militarmente si iscriveva in una generale prospettiva di disimpegno dal Medioriente e nella più volte annunciata disponibilità da parte del presidente USA di sedersi al tavolo con Teheran per un nuovo negoziato.

L’uccisione di Soleimani sembra ribaltare tutto ciò, poiché, di fatto, è un colpo preciso e di grande rilevanza concreta e simbolica al cuore del regime iraniano, di cui il generale era lo stratega di punta.

La risposta iraniana non si farà attendere ed è inevitabile. Il regime sta attraversando una delle fasi più critiche da quando si è insediato nel 1979. Le sanzioni economiche imposte da Trump hanno inciso fortemente sul paese, le manifestazioni di protesta, soffocate nel sangue, si sono moltiplicate. L’uccisione di Soleimani costringe il regime a reagire, per non perdere la faccia di fronte al “Grande Satana”. Israele, il “Piccolo Satana”, potrebbe farne le spese.

L’Iran non è in grado di contrastare militarmente né Israele né gli Stati Uniti, ma si trova ora a un bivio. Dopo la baldanzosa esercitazione navale con Cina e Russia nell’Oceano Indiano e nel Golfo Persico, atta a mostrare agli USA una saldatura tra potenze avversarie, ora si trova messo di fronte a una realtà che, fino a poco fa, aveva sottovalutato. Gli USA hanno risposto alle provocazioni e alla pianificazione egemonica regionale di Soleimani nel modo più diretto e perentorio possibile, eliminando dalla scena il suo artefice.

L’hybris iraniana, al momento, ha pagato un prezzo alto.



SCIA DI SANGUE
Niram Ferretti
3 dicembre 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063


Ripercorriamo di seguito alcune delle tappe più significative delle imprese terroristiche finanziate dall’Iran nell’ultimo ventennio alle quali Qassem Soleimani ha partecipato attivamente. Si tratta di protocolli intrisi di sangue.

A Beirut, il 18 Aprile 1983 ha luogo un attentato all’ambasciata americana che provocherà 63 morti. Sempre a Beirut, il 23 ottobre 1983, 241 marines verranno uccisi in quello che è ancora oggi il più clamoroso attentato nei confronti degli USA precedente l’11 settembre.

Il 12 Dicembre 1983 è la volta dell’attentato all’ambasciata americana in Kuwait che causerà 5 morti e 86 feriti. Il 20 settembre 1984 sarà il turno dell’attentato a un distaccamento dell’ambasciata americana a Beirut Est che provocherà 24 morti. Il 17 marzo 1992 tocca all’ambasciata israeliana a Buenos Aires con 29 morti e 242 feriti a cui farà seguito, due anni dopo, il 18 luglio del 1994, l’attentato all’AMIA, centro della comunità ebraica sempre a Buenos Aires che causerà 85 morti e 300 feriti. Il terrorismo sponsorizzato dall’Iran prosegue il 25 giugno del 1996 con l’attentato alle Khobar Towers in Arabia Saudita lasciando al suolo 19 americani morti e provocando 372 feriti.

A questa lunga lista di crimini va aggiunto il supporto armato e logistico dato dall’Iran alle milizie sciite e sunnite combattenti le forze della coalizione e causa della morte di migliaia di soldati americani. Come dichiarò nel 2010, James Jeffrey, l’ambasciatore americano in Iraq, “Almeno un quarto delle perdite americane (4,491) possono essere ricondotte senza dubbio a gruppi di matrice iraniana”.

A partire dal 2006 l’Iran offre il suo supporto ai talebani nel teatro di guerra afghano. Secondo il Dipartimento del Tesoro, “Dal 2006 l’Iran ha organizzato frequenti spedizioni di piccole armi e munizioni di vario tipo ai talebani”. A questi vanno aggiunti i 1000 dollari retribuiti per ogni soldato americano ucciso.

L'assassinio mirato di Qassem Soleimani arriva molti anni dopo questi fatti, rimuovendo dalla scena uno dei principali operatori di questa strategia del terrore.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » sab gen 04, 2020 9:22 am

SALVINI: GRAZIE A TRUMP ELIMINATO SOLIMANI, TERRORISTA ISLAMICO PERICOLOSISSIMO
3 gennaio 2020

https://www.shalom.it/blog/news-in-ital ... z9VdWGbQ0g

"Donne e uomini liberi, alla faccia dei silenzi dei pavidi dell'Italia e dell'Unione Europea, devono ringraziare Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell'Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà" così il segretario della Lega Matteo Salvini.


Così gli americani hanno eliminato Soleimani
Michael Sfaradi
3 gennaio 2019

https://www.nicolaporro.it/cosi-gli-ame ... IMpdKtedgY

Qassem Soleimani è stato assassinato in Iraq. Quella di questa notte, portata a termine dalle Forze Armate Usa, è sicuramente l’eliminazione più drammatica degli ultimi anni registrata in Medioriente. Yossi Cohen, il capo del Mossad israeliano, aveva dichiarato che Qassem Soleimani non era sulla sua lista nera, ma ciò non escludeva che il capo della Guardia rivoluzionaria della Forza Al Quds, a causa delle sue attività antiamericane, fosse nel mirino della C.I.A. Passare alla prima occasione dal mirino della C.I.A. a quello di elicotteri e droni era solo una questione di tempo, serviva il momento e il luogo adatto, cosa che è successa nella notte di ieri.

Ecco il filmato dell’attacco

Soleimani è stato ucciso in un attacco mirato all’aeroporto di Baghdad insieme al vice comandante della milizia filo-iraniana. Era il responsabile di tutte le attività terroristiche iraniane nella regione ed era l’uomo che ha condotto tutte le operazioni militari iraniane transfrontaliere contro Israele in tutto il Medio Oriente. Di recente, dopo i vari salti di qualità che aveva avuto il suo operato, era stato etichettato come la “testa del serpente”. La sua uccisione è stata confermata e il Pentagono ha dichiarato che l’eliminazione del generale iraniano è stata eseguita su ordine diretto del presidente Donald Trump, azione che aveva il duplice obbiettivo di fermare una minaccia che nel tempo stava aumentando di pericolosità e anche di dissuadere l’Iran dai suoi futuri piani offensivi.

Come già detto insieme a Soleimani è stato eliminato anche il vice comandante dell’organizzazione ombrello delle milizie filo-iraniane “Al-Hashad al-Sha’abi”, Abu Mahdi al-Mohandas. Probabilmente le forze Usa avevano aspettato proprio che i due fossero nello stesso sito prima di agire e questo conferma l’enorme opera di intelligence che ha portato al successo dell’operazione. Subito dopo le milizie filo-iraniane in Iraq avevano annunciato che cinque dei loro uomini erano stati uccisi, insieme ad altri due “ospiti importanti”, in un attacco aereo statunitense contro i loro veicoli dell’aeroporto di Baghdad. Solo in un secondo momento, e probabilmente dopo aver ricevuto l’ok da Teheran, sono state pubblicate le fotografie del sito e in particolare, quella con la mano che porta l’anello di famiglia dei Soleimani, che confermavano le identità dei due “ospiti importanti”.

Alcuni funzionari iraniani avrebbero fatto sapere in forma anonima che dietro al duplice omicidio ci sarebbero sia gli Usa, che hanno rivendicato l’attacco, che Israele. Dichiarazione che potrebbe essere il preludio a qualche nuovo scenario. Questo potrebbe essere il motivo per cui il Ministro della difesa israeliano Bennet ha convocato con urgenza il Capo di Stato Maggiore dell’IDF Generale Kokavi, sia per una valutazione della situazione sia per attuare tutti quei piani di emergenza necessari a garantire la sicurezza della popolazione israeliana da eventuali attacchi missilistici che potrebbero arrivare dal Libano, dalla Striscia di Gaza e anche dalla stessa Siria.

Per il momento soltanto la stazione sciistica sul monte Hermon è stata chiusa ai visitatori, mentre il Ministero degli Esteri e funzionari della sicurezza hanno dichiarato lo stato di allerta nel timore che le Ambasciate israeliane possano finire nel mirino della vendetta iraniana. Il generale Soleimani è stato per anni l’artefice dei programmi atti ad attaccare i diplomatici e il personale di servizio americani in Iraq e in tutta la regione, la forza Al Quds, infatti, è responsabile della morte di centinaia di americani e funzionari della coalizione, nonché del ferimento di migliaia di persone. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato probabilmente l’attacco missilistico sulla base Usa di Kirkuk del 27 dicembre scorso, ne avevamo dato notizia, quando un contractor americano è stato ucciso e altri militari sono rimasti feriti.

Oltre ad essere a capo del gruppo di ingegneri che da mesi sta rendendo “intelligenti” i missili che l’Iran aveva fornito ad Hetzbollah in Libano, Soleimani era anche a capo della vasta operazione di mimetizzazione all’interno delle aree urbane dei missili balistici in Iraq, cosa che era stata denunciata a metà dicembre da vari organi di stampa israeliani. In pratica la stessa dottrina usata da Hamas nella Striscia di Gaza. Questa mossa, considerando la presenza di civili iracheni, avrebbe reso difficile una reazione israeliana in caso di attacco dall’Iraq con missili a lunga gittata.



Ecco cosa dice il demente irresponsabile Di Battista

Soleimani, Di Battista: "Raid Usa vigliacco e stupido"
03/01/2020

https://www.adnkronos.com/fatti/politic ... eRI1bDLIBA

"Quello a Baghdad è un raid vigliacco perché i droni sono vigliacchi. È un raid pericoloso perché il Medio Oriente è una polveriera. È un raid stupido perché ricompatterà l’opinione pubblica iraniana a sostegno del governo di Teheran". Lo scrive Alessandro Di Battista, su Facebook, dopo il raid americano che ha provocato la morte del generale iraniano Qassem Soleimani.

"Sono passati 17 anni dall’inizio della seconda guerra del Golfo. I droni vengono telecomandati a distanza, la morte arriva dall’alto apparentemente invisibile e silenziosa. Gli interessi politici restano prioritari rispetto al diritto internazionale e alla ricerca della pace".


Israele mette in guardia i gruppi terroristici di Gaza dal rispondere all'uccisione di Soleimani
Ambasciate israeliane, IDF aumentano i livelli di allerta mentre l'Iran minaccia attacchi di vendetta; Trump afferma che Qassem Soleimani avrebbe dovuto "essere portato fuori anni fa"
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Israele ha detto di mettere in guardia i gruppi terroristici di Gaza dal rispondere all'uccisione di Soleimani
Di MICHAEL BACHNER e TOI STAFF

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Oggi, 10:17 3

Gli iraniani marciano con uno stendardo con l'illustrazione del generale della forza Quds Qassem Soleimani durante una manifestazione a Teheran il 3 gennaio 2020, contro l'uccisione del comandante in uno sciopero degli Stati Uniti a Baghdad. (Atta Kenare / AFP)
Il Times of Israel sta livebloggando gli eventi di venerdì mentre si svolgono.

12min fa
L'Arabia Saudita chiede "l'autolimitazione" dell'Iran
L'Arabia Saudita, che è il principale rivale regionale dell'Iran, ha aggiunto la sua voce di cautela dopo che un attacco aereo americano ha ucciso il principale comandante militare iraniano a Baghdad.

Il suo ministero degli Esteri afferma alla luce dei rapidi sviluppi nel Medio Oriente, il regno "chiede l'importanza dell'autocontrollo per scongiurare tutti gli atti che possono portare ad aggravare la situazione con conseguenze insopportabili".

La dichiarazione invita inoltre la comunità internazionale "a garantire la stabilità di una regione così vitale per il mondo intero".

AP


32min fa
Le compagnie aeree Giordania, Bahrein cancellano i voli Baghdad
Due compagnie aeree del Medio Oriente affermano di aver sospeso i voli da e per Baghdad, in quanto l'uccisione del principale generale iraniano in un attacco aereo statunitense mirato in Iraq ha infiammato le tensioni geopolitiche.

La compagnia aerea di bandiera della Giordania, Royal Jordanian, ha dichiarato venerdì di aver interrotto ogni servizio tra Amman e Baghdad “alla luce della situazione di sicurezza nella capitale irachena e all'aeroporto internazionale di Baghdad, l'obiettivo dello sciopero che ha ucciso il generale Qassem Soleimani. ”

Gulf Air, la compagnia di bandiera del Bahrain, ha sospeso i voli da e per Bagdad e la città di Najaf, nell'Iraq meridionale. La famiglia reale del Bahrain si è opposta alla teocrazia sciita dell'Iran.

Royal Jordanian opera 18 voli di linea settimanali tra Baghdad e Amman. La compagnia aerea ha dichiarato che i suoi voli di linea regolari per Najaf e le città irachene di Bassora, Erbil e Sulaymaniyah funzionano come al solito.

AP

1 ora fa
Il capo delle Nazioni Unite esorta al "massimo controllo" nel Golfo
Il segretario generale delle Nazioni Unite ha esortato i leader a "esercitare la massima moderazione" in seguito all'attacco aereo statunitense che ha ucciso il principale comandante militare dell'Iran.

Antonio Guterres ha sottolineato che "il mondo non può permettersi un'altra guerra nel Golfo", afferma il portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq in una nota. Guterres "è profondamente preoccupato per la recente escalation" nella regione, afferma Haq.

AP

1 ora fa
Israele ha detto di mettere in guardia i gruppi terroristici di Gaza dal rispondere all'uccisione di Soleimani
Israele ha messo in guardia i gruppi terroristici di Hamas e della Jihad islamica palestinese da qualsiasi tentativo di risposta della Striscia di Gaza all'uccisione mirata degli Stati Uniti del generale iraniano Qassem Soleimani, secondo quanto riportato dal sito di notizie di Walla.

L'avvertimento è stato trasferito attraverso l'Egitto, secondo il rapporto.

Il governo di Gaza, Hamas, ha espresso in precedenza le sue "sincere condoglianze" dopo che Soleimani è stato ucciso e ha salutato il suo sostegno alla "resistenza palestinese", ma non ha emesso alcuna chiara minaccia.

La Jihad islamica, che a novembre ha combattuto una battaglia di due giorni con Israele dopo che uno dei suoi comandanti militari è stato ucciso in uno sciopero dell'IDF, non ha ancora risposto all'uccisione di Soleimani.

Lo sciopero a Baghdad su Soleimani arriva tra gli sforzi per mediare un accordo di cessate il fuoco a lungo termine tra Israele e Hamas, che hanno combattuto tre guerre da quando il gruppo terroristico ha preso il controllo di Gaza nel 2007.


2 ore fa
L'Iran afferma di aver deciso in risposta al micidiale attacco aereo statunitense
Il Supremo Consiglio di sicurezza nazionale iraniano afferma di aver preso una decisione su come rispondere all'uccisione da parte degli Stati Uniti del generale della guardia rivoluzionaria Qassem Soleimani, ma non sta dicendo quale sia la decisione.

La breve dichiarazione del consiglio dopo una sessione speciale di venerdì afferma che ha indagato "i diversi aspetti di questo incidente e sta annunciando che gli Stati Uniti d'America sono responsabili di tutte le conseguenze di questa avventura criminale".

Il Consiglio supremo di sicurezza nazionale dell'Iran formula la strategia militare e nucleare del paese. Tuttavia, qualsiasi questione di stato viene finalmente decisa dal leader supremo del paese, l'Ayatollah Ali Khamenei.

Gli Stati Uniti hanno dichiarato che il leader dell'élite Quds Force è stato preso di mira vicino all'aeroporto di Baghdad in risposta a "minacce imminenti per la vita americana".

AP

2 ore fa
L'Iran convoca lo svizzero per attacco aereo statunitense
Il ministero degli Esteri svizzero afferma che l'incaricato d'affari della sua ambasciata a Teheran è stato convocato venerdì per essere "informato della posizione dell'Iran" dopo che un attacco aereo americano ha ucciso il principale comandante militare iraniano.

La Svizzera rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran, offrendo un canale diplomatico tra i due paesi.

La dichiarazione svizzera non ha fornito dettagli sull'incontro, ma afferma che il suo incaricato d'affari "a sua volta ha trasmesso il messaggio degli Stati Uniti".

La Svizzera ha inoltre aderito a un numero crescente di paesi che esortano entrambe le parti a evitare un'ulteriore escalation dopo l'attacco aereo americano a Baghdad. Altri, tra cui Egitto, Turchia e Pakistan, hanno chiesto moderazione, con il ministero degli Esteri turco che ha avvertito che tutte le parti avrebbero sofferto diversamente.

Quella dichiarazione ha anche affermato che la Turchia si oppone a interventi stranieri, omicidi e conflitti settari nella regione, mentre la dichiarazione del Pakistan chiedeva "rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale".

AP

2 ore fa
Ambasciate israeliane, l'IDF aumenta i livelli di allerta mentre l'Iran minaccia gli attacchi di vendetta
Il ministero della Difesa ha messo le ambasciate e gli uffici israeliani in “stato di allerta” in tutto il mondo sulla scia dell'uccisione da parte degli Stati Uniti in Iraq di Qassem Soleimani e delle minacce di vendetta iraniane contro Stati Uniti e Israele, secondo quanto riportato da Channel 13.

La sicurezza è stata anche rafforzata dalle legazioni israeliane ritenute in luoghi considerati "sensibili", afferma il rapporto TV.

L'esercito israeliano ha anche aumentato i suoi livelli di allerta. Il sito sciistico Hermon vicino al boder Israele-Siria viene tenuto chiuso, ma non sono state impartite istruzioni speciali ai residenti nel nord di Israele.

Il ministro della Difesa Naftali Bennett (C) e capi della sicurezza durante una valutazione situazionale presso la sede militare di Kirya a Tel Aviv il 3 gennaio 2020. (Ariel Hermoni / Ministero della Difesa)
Il ministro della Difesa Naftali Bennett venerdì scorso ha convocato a Tel Aviv un incontro di capi della sicurezza e dell'intelligence per affrontare le possibili ripercussioni dell'uccisione di Soleimani.


2 ore fa
Uno ucciso a Parigi pugnalato, aggressore ucciso a colpi di arma da fuoco
La polizia francese uccide un uomo che brandisce un coltello che ha ucciso una persona e ferito almeno altre due persone in un parco in un sobborgo a sud di Parigi venerdì, dicono la polizia e fonti vicine all'indagine.

L'uomo aveva attaccato "diverse persone" in un parco a Villejuif prima di essere "neutralizzato", dice il dipartimento di polizia di Parigi.

Fonti vicine alle indagini hanno riferito che una delle vittime è morta in seguito.

AFP

3 ore fa
Le guardie iraniane minacciano gli Stati Uniti, "falso regime sionista" per l'uccisione di Soleimani
Il Corpo di guardia rivoluzionario islamico dell'Iran minaccia gli Stati Uniti e Israele dopo che Qassem Soleimani, uno dei suoi principali comandanti, è stato ucciso da uno sciopero americano a Baghdad.

"Ricordiamo ai nemici dell'ummah islamica, in particolare [il] governo terroristico americano e il falso regime sionista, che il generale Soleimani non era un individuo ma una scuola e una credenza senza fine", afferma l'IRGC in una dichiarazione citata dal Mehr agenzia di stampa.

Dice anche che lo sciopero degli Stati Uniti "aprirà un nuovo capitolo nel percorso di resistenza antisionista e nella lotta contro i terroristi americani nella regione".

Soleimani era a capo della Forza Quds, che è responsabile delle operazioni dell'IRGC all'estero.

Tra coloro che piangevano la sua morte c'erano Hezbollah in Libano e i governanti di Hamas nella Striscia di Gaza, gruppi terroristici contrari a Israele.

3 ore fa
Trump afferma che Soleimani avrebbe dovuto essere "portato fuori anni fa"
Il presidente americano Donald Trump afferma che il principale comandante iraniano Qassem Soleimani è stato responsabile di milioni di morti e "avrebbe dovuto essere portato via anni fa".

"Soleimani ha ucciso o ferito gravemente migliaia di americani per un lungo periodo di tempo, e stava pianificando di ucciderne molti altri ... ma è stato catturato!" Trump tweets.

"Era direttamente e indirettamente responsabile della morte di milioni di persone, incluso il recente gran numero di PROTESTER uccisi nello stesso Iran", afferma Trump.

Aggiunge che Soleimani era anche odiato all'interno dell'Iran e "Avrebbe dovuto essere portato fuori molti anni fa!"

Donald J. Trump

@realDonaldTrump
General Qassem Soleimani has killed or badly wounded thousands of Americans over an extended period of time, and was plotting to kill many more...but got caught! He was directly and indirectly responsible for the death of millions of people, including the recent large number....

141K
2:54 PM - Jan 3, 2020
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5 ore fa
Trump prende in giro l'Iran dopo la morte di Soleimani, afferma che il paese "non ha mai vinto una guerra"

Donald J. Trump

@realDonaldTrump
Iran never won a war, but never lost a negotiation!

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1:44 PM - Jan 3, 2020
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5 ore fa
Operai americani che abbandonano l'Iraq
I cittadini americani che lavorano nei giacimenti petroliferi iracheni stanno lasciando il paese dopo che uno sciopero degli Stati Uniti ha ucciso i migliori comandanti iraniani e iracheni a Baghdad, dice un portavoce del ministero del petrolio.

Alcuni sono già partiti al mattino e altri si stanno preparando a volare via, Assem Jihad dice ad AFP, aggiungendo che "non ha alcun impatto" sulla produzione di petrolio irachena.

Il numero del personale americano nei campi nel secondo più grande produttore di greggio dell'OPEC è già diminuito negli ultimi mesi con l'aumento delle tensioni tra USA e Iran.

- AFP

5 ore fa
Pompeo afferma che gli USA si sono "impegnati nella deescalation" dopo l'omicidio di Soleimani
Il segretario di Stato americano Mike Pompeo afferma che gli Stati Uniti si sono "impegnati a espellere" dopo l'uccisione del principale comandante iraniano Qassem Soleimani in uno sciopero americano.

Pompeo ha twittato di aver parlato con il segretario agli esteri britannico Dominic Raab e il membro del Politburo cinese Yang Jiechi sull'uccisione.

"Grati che i nostri alleati riconoscano le continue minacce aggressive poste dall'Iran Quds Force", scrive. "Gli Stati Uniti rimangono impegnati nella deescalation".

Secretary Pompeo

@SecPompeo
I spoke today with Chinese Politburo Member Yang Jiechi to discuss @realDonaldTrump's decision to eliminate Soleimani in response to imminent threats to American lives. I reiterated our commitment to de-escalation.

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12:41 PM - Jan 3, 2020
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Secretary Pompeo

@SecPompeo
Discussed with @DominicRaab the recent decision to take defensive action to eliminate Qassem Soleimani. Thankful that our allies recognize the continuing aggressive threats posed by the Iranian Quds Force. The U.S. remains committed to de-escalation.

6,156
12:49 PM - Jan 3, 2020
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Secretary Pompeo

@SecPompeo
Spoke with @HeikoMaas about @realDonaldTrump's decision to take defensive action to eliminate Qassem Soleimani. Germany is also concerned over the Iranian regime’s continued military provocations. The U.S. remains committed to de-escalation.

9,649
1:08 PM - Jan 3, 2020
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- AFP
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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