Le ensemense só e contro łi ebrei e Ixrael

Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » lun set 19, 2016 11:06 pm

“Ho creduto alle cose che mi venivano dette….”
maggio 7, 2012
Aaron Klein

https://bugiedallegambelunghe.wordpress ... vano-dette

Il regista arabo israeliano Muhammad Bakri, autore del documentario “Jenin, Jenin” che accusava Israele di genocidio e crimini di guerra, ha ammesso in una deposizione la scorsa settimana d’aver falsificato alcune scene usando informazioni sbagliate e d’aver ricevuto finanziamenti da parte dell’Autorità Palestinese per la produzione del film diffamatorio. Il regista e produttore del celebre film, che accusava i militari israeliani d’aver commesso atrocità inaudite nel campo profughi di Jenin nell’aprile 2002, deponendo in tribunale nel corso di un processo per diffamazione ha riconosciuto che in tutto il film sono presenti errori e artifici.

Il regista deve difendersi dalla querela di cinque soldati israeliani che hanno combattuto a Jenin e i cui volti sono riconoscibili nelle sequenze del documentario che accusa i militari d’aver ucciso “un grande numero di civili”, mutilato corpi di palestinesi, eseguito esecuzioni a casaccio, bombardato donne bambini e disabili psico-fisici, e d’aver spianato l’intero campo profughi compresa un’ala del locale ospedale.

Il documentario non mostra nessuna immagine delle presunte atrocità, ma in alcune sequenze i volti dei soldati (che hanno querelato Bakri) vengono sovrapposti a presunte “testimonianze oculari” con la chiara indicazione che essi sarebbero colpevoli di “crimini di guerra”.

Ora però Bakri ammette d’aver “prestato fede” a testimonianze selezionate senza procedere a nessun controllo sulle informazioni che gli venivano fornite. “Ho creduto alle cose che mi venivano dette. Le cose a cui non ho creduto non sono state incluse nel film”, ha spiegato il regista.

Ad una domanda relativa alla scena del film in cui si lascia intendere che truppe israeliane siano passate con i loro mezzi sopra civili palestinesi, Bakri ha ammesso d’aver costruito la sequenza come sua propria “scelta artistica”. Alla domanda se crede davvero che “durante le operazioni a Jenin soldati israeliani abbiano ucciso la gente in modo indiscriminato”, Bakri ha risposto “No, non lo credo”. La parte forse più clamorosa della deposizione è giunta quando Bakri ha ammesso che il suo documentario, proiettato nei cinema di tutto il mondo, è stato finanziato dall’Autorità Palestinese, spiegando che “parte delle spese per il film sono state coperte da Yasser Abed Rabu, allora ministro palestinese per la cultura e l’informazione nonché membro del comitato esecutivo dell’Olp sotto la direzione dell’allora leader palestinese Yasser Arafat”.

Nell’aprile del 2002 le truppe israeliane entrarono a Jenin nel quadro dell’Operazione Scudo Difensivo volta a fermare la sequela ormai quotidiana di attentati suicidi ad opera di Hamas, Jihad Islamica e Brigate Martiri di Al Aqsa. Israele inviò unità di fanteria alla ricerca di terroristi casa per casa anziché colpire da lontano la “culla” degli attentatori: una scelta che costò la vita a 23 riservisti uccisi da imboscate, cecchini e trappole esplosive palestinesi. Subito dopo la fine dei combattimenti venne fatta circolare dalla dirigenza palestinese l’accusa che Israele avesse commesso un deliberato massacro a sangue freddo di più di 500 civili indifesi.

Successivamente è stato appurato che i morti palestinesi nei durissimi combattimenti erano stati 53, per la maggior parte armati. Resoconti di stampa, prove documentarie, indagini di enti governativi, non governativi e di organizzazioni umanitarie hanno presto dimostrato che non aveva avuto luogo nessun massacro di civili.

Il film di Bakri mostra diversi “testimoni” che descrivono “brutalità” da parte delle Forze di Difesa israeliane, sostenendo che Israele avrebbe aggredito e ucciso “numerosissimi” palestinesi con carri armati, aerei e cecchini. L’autore tuttavia si guarda bene dall’indicare chiaramente quale dovrebbe essere, secondo lui, il numero esatto di palestinesi uccisi.

Nel frattempo un altro film, “The Road To Jenin” di Pierre Rehov, è giunto a smentire le accuse di Bakri. Una di queste era che Israele avrebbe sparato undici missili contro l’ospedale di Jenin spianandone un’intera ala con tutti i pazienti all’interno, e che non avrebbe nemmeno permesso al personale di soccorso di accedere alla zona. Il direttore dell’ospedale, dottor Mustafa Abo Gali, dice al pubblico del film di Bakri: “Tutta l’ala ovest è stata distrutta. Caccia militari lanciavano i loro missili ogni tre minuti”. Bakri non si prese la briga di controllare. Ma quando Rehov intervistò lo stesso dottor Gali per il suo film e si fece mostrare le dimensioni dei danni, tutto ciò che questi poté mostrare fu un modesto buco sull’esterno dell’ala ovest, completamente intatta.

Rehov fornisce anche le immagini aeree dell’ospedale prese l’ultimo giorno della battaglia di Jenin in cui si vede che tutte le sezioni dell’edificio sono normalmente in piedi. Circa l’accusa di Bakri per cui alle ambulanze non fu permesso di raggiungere la zona, il dottor David Zangen, capo ufficiale medico delle Forze di Difesa israeliane durante l’azione a Jenin, racconta a Rehov come i soldati israeliani hanno soccorso molti combattenti palestinesi feriti, compresi quelli di Hamas.

Rehov mostra persino un soldato israeliano che autorizza Gali in persona a ricevere tutto il materiale medico di cui ha bisogno per il suo ospedale. “Anche lo spettatore più distratto – ha scritto Tamar Sternthal, del Committee for Accuracy in Reporting in the Middle East – si accorgerebbe delle evidenti incongruenze delle presunte testimonianze su cui fa affidamento Bakri”. Bakri sostiene che i soldati avrebbero sparato a una mano di un inerme abitante palestinese, Ali Youssef, per poi sparargli anche alle gambe. Ma Rehov ha rintracciato Youssef e nel suo film rivela che questi venne ferito a una mano mentre stava dentro a un edificio insieme a terroristi armati di Hamas. Medici israeliani medicarono la ferita di Youssef, gli riscontrarono un difetto congenito al cuore e lo inviarono in Israele perché fosse curato nell’ospedale di Afula. Dalle cartelle cliniche dell’ospedale si rileva che Youssef non è mai stato ferito alle gambe.

Secondo Zangen, Bakri fa ampio ricorso a tecniche filmiche ingannevoli per creare il mito del massacro a freddo, cosa che ora Bakri ammette nella sua deposizione. Zangen cita ad esempio la scena di un tank che si dirige verso una folla. La scena quindi si oscura, lasciando la falsa impressione che quella gente sia stata uccisa. Inoltre Bakri, che in nessun momento della battaglia è stato sul posto a filmare, ingannevolmente giustappone le immagini di tank israeliani e quelle di tiratori scelti in posizione di tiro ad immagini di bambini palestinesi: altra circostanza ammessa da Bakri nella sua deposizione. Alcune di queste immagini giustapposte includono i cinque soldati riservisti che hanno querelato l’autore davanti a un tribunale di Tel Aviv. I cinque accusano Bakri d’averli falsamente accusati di crimini di guerra e spiegano che, oltretutto, nella loro professione civile hanno frequenti contatti con palestinesi che ora potrebbero riconoscere i loro volti per averli visti nel diffamatorio documentario di Bakri, cosa che mette a repentaglio la loro attività professionale e la loro stessa vita.
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » mer set 21, 2016 12:56 pm

La menzogna di Barack Obama
di Niram Ferretti
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 2351932125

Nel suo discorso di ieri all'ONU, Obama ha redarguito Israele dicendo una menzogna che grida vendetta e che fa solo il gioco degli esecratori di Israele. Affermare che Israele "Non può perennemente occupare terra palestinese" significa di fatto affermare un falso clamoroso.
La Giudea e la Samaria non sono mai state "terra palestinese" e la Risoluzione 242 lo afferma chiaramente ponendosi in linea di continuità con quanto proposto il 29 novembre del 1947 dall'ONU, il quale, recependo quanto era stato deliberato nella Conferenza di San Remo del 1920, stabiliva senza alcuna ambiguità il diritto degli ebrei di insediarsi ovunque nella Palestina occidentale tra il Giordano e il Mediterraneo.
Gli Accordi di Oslo del 1993 recepiscono chiaramente lo spirito di entrambi le risoluzioni attribuendo all'Autorità Palestinese il governo sulla popolazione palestinese dei territori lasciando alla giurisdizione di Israele unicamente l'Area C a tutela della popolazione ebraica ivi residente.
Con la sua dichiarazione di parte Obama ha di fatto affermato che la Giudea e la Samaria sono palestinesi e che la presenza ebraica su di esse è abusiva.
Mentre in Israele sono ripresi gli accoltellamenti Obama legittima indirettamente la violenza offrendo ai terroristi la scusa che Israele "occuperebbe" la loro terra. Questa è, dal 1967, la narrazione propagata dall'OLP e coadiuvata dall'allora Unione Sovietica per delegittimare lo stato ebraico agli occhi del mondo.
Il rischio che nei prossimi mesi il presidente uscente possa avvelenare ulteriormente i pozzi è concreto. Cosa potrebbe fare? Per esempio fare in modo che gli Stati Uniti appoggino una risoluzione ONU per il venire in essere di uno stato palestinese creando di fatto un precedente che, seppure non vincolante, metterebbe Israele con le spalle al muro indebolendolo ulteriormente a livello internazionale.
Chi fa notare come questa Amministrazione sia stata particolarmente generosa con Israele in termini di fondi, non ha ancora capito che Obama usa la tecnica del bastone e della carota. Da una parte provvede a versare miliardi di dollari nelle casse dello stato ebraico (e va detto che sarebbe comunque molto difficile per gli USA giustificare una riduzione degli aiuti economici ad Israele soprattutto dopo avere fatto un accordo con l'Iran, il suo principale nemico nella regione), dall'altra gli assesta ben mirate bastonate che hanno il solo scopo di portare acqua al mulino dell'Autorità Palestinese.
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » mer nov 23, 2016 8:35 pm

CILE: AMBASCIATORE ISRAELIANO E CONSORTE ESCLUSI DA CENA DEI DIPLOMATICI DI TUTTO IL MONDO

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8689844824

C'è chi ha la nomina e chi fa i fatti. Israele è spesso tacciato di razzismo nei confronti dei palestinesi, mentre le rappresentanze diplomatiche palestinesi di tutto il mondo, se ne vanno in giro a demonizzare e a discriminare qualunque israeliano incontrino per la strada. Con questa moda del boicottaggio, tanto cara all'Europa degli anni '30, i rappresentanti palestinesi e tutti i simpatizzanti, discriminano indisturbati artisti, professionisti e politici israeliani, con veri e propri atteggiamenti razzisti.

Tutto ciò per introdurre un episodio a dir poco sgradevole accaduto a Santiago; la moglie dell'ambasciatore israeliano è stata esclusa dall'annuale serata di beneficienza organizzata dal Club delle consorti dei diplomatici in Cile, perché l'evento si terrà in una location che appartiene alla rappresentanza palestinese.

Quando Michal, la moglie dell'Ambasciatore Eldad Hayat, ha chiamato il presidente del club per protestare, le è stato risposto che era molto dispiaciuto per l'accaduto, ma che non si poteva più rimediare, vista l'imminenza dell'evento che si terrà domenica prossima. "È troppo tardi per cambiare la situazione - si è sentita rispondere la signora Hayat - l'evento proseguirà così come previsto", senza di lei.

"Se fossimo stati invitati, avremmo partecipato con grande gioia" - ha replicato la consorte del diplomatico israeliano - ma state politicizzando sia questa organizzazione che l'evento, che dovrebbe servire per raccogliere denaro per i poveri".

In tutta questa squallida storia, un barlume di speranza nell'umanità è stato restituito dagli Stati Uniti e da atri paesi occidentali che hanno deciso di disertare l'evento proprio a causa dell'esclusione di Michal Hayat. Fra questi, la Germania e il marito dell'ambasciatrice dell'Unione Europea in Cile.

In una lettera a tutti i corpi diplomatici cileni, l'Ambasciatore israeliano ha scritto che la loro esclusione dell'evento di beneficenza per motivi politici "è in totale contrasto con il codice diplomatico condiviso" e che chiunque partecipi all'evento "supporterà questa brutta e inappropriata politicizzazione di un'organizzazione, che nella sua carta si definisce apolitica, indipendente e priva di una caratterizzazione religiosa".
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » gio nov 24, 2016 9:28 pm

FIAMME IN ISRAELE, AGGIORNAMENTI.

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 1133020913

Quattro persone sono state arrestate perché sospettate di essere gli autori degli incendi dolosi appiccati quest’oggi a Haifa, la città costiera israeliana, oggi colpita duramente dalle fiamme che hanno causato diversi disagi alla popolazione con migliaia di cittadini costretti a lasciare le loro case e centinaia di ettari di terra bruciati considerati dal sindaco Yona Yahav una vera e propria “catastrofe nazionale”.

Oltre a Haifa le zone colpite dal disastro sarebbero diverse aree del centro nord del paese oltre a Rishon LeZion, un sobborgo a dieci chilometri da Tel Aviv.

Nel frattempo i media arabi manifestano la loro gioia con la creazione dell’hashtag #اسراييل_تحترق o #Israelisburning e pubblicando video come quello allegato in cui un drappello di persone cantano manifestando la loro soddisfazione per la terra israeliana che brucia:«Loro hanno provato a vietare il richiamo del muezzin e Allah ha fatto loro piovere il fuoco». Al di la dell’ennesima manipolazione, i fatti di oggi raccontano di un arresto e la conferma del Ministro della Sicurezza Erdan e del Premier Netanyahu che almeno il cinquanta per cento degli incendi sono dolosi che rappresentano l'evidente risposta di alcune frange estremiste della popolazione all'invito del leader di Hamas, Khaled Mashaal, che qualche giorno fa durante un'intervista ha dato la sua opinione sulla legge attualmente al vaglio dalla Knesset che vieta l’uso dei megafoni da parte dei muezzin per richiamare i fedeli musulmani alla moschea nelle ore notturne, affermando che se passasse la proposta di legge gli israeliani inizierebbero a “giocare col fuoco”. Tutto in pieno stile mafioso.



ISRAELE, NON DANNO TREGUA GLI INCENDI CHE SAREBBERO DI NATURA DOLOSA

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 1403051886

Sono oramai due giorni che Israele è divorata da una serie di incendi che secondo il Ministro della Sicurezza sono di natura dolosa. Decine di abitazioni sono state sgombrate nelle aree di Zichron Jaacov e nelle vicinanze di Haifa dove le autorità hanno ordinato pochi istanti fa l’evacuazione dell’università.

Intanto Grecia, Croazia, Cipro, Russia, Turchia e Italia hanno dato la loro disponibilità nel fornire aerei anfibi per contrastare questa serie di incendi che non vogliono dare tregua e per cui alcuni paesi arabi proprio in queste ore se ne starebbero rallegrando. E’ stato infatti creato un hashtag #israelisburning creato non per informare i lettori per gli accadimenti in corso ma per allegare manifestazioni di gioia e di tripudio motivando la tragedia come una punizione divina per il comportamento politico degli israeliani.



Il terrorismo degli incendi dolosi
I primi possono essere scoppiati per qualche stupida negligenza; poi si è scatenata la campagna dell’odio
Di Avi Issacharoff

http://www.israele.net/il-terrorismo-de ... ndi-dolosi

Non bisogna essere un ispettore dei vigili del fuoco per capire che l’ondata di incendi scoppiata in tutto Israele nel giro di due-tre giorni non è né casuale né il semplice risultato delle condizioni atmosferiche. I primi due, tre, forse quattro incendi scoppiati martedì possono essere stati la conseguenza di atti di stupida negligenza: una sigaretta incautamente gettata nella boscaglia secca o un falò non spento bene alimentati dai venti caldi fino a causare danni considerevoli.

Ma lungo le giornate di mercoledì e giovedì è apparso sempre più chiaro che si era di fronte a qualcosa di ben più sinistro. Gli incendi vengono appiccati deliberatamente. E questa è la conclusione a cui sono giunti gli investigatori professionisti: certo non il tipo di persone che getta facilmente in pasto ai mass-media infondati proclami allarmistici.

Alcuni politici arabi israeliani hanno esortato le loro comunità ad agire in modo responsabile e adottare misure per fermare gli incendi. Altri hanno fatto ricorso alla solita denuncia automatica del razzismo degli israeliani e degli istigatori di destra che starebbero eccitando l’ostilità verso gli arabi con false accuse.

Abitazioni raggiunte dalla fiamme a Haifa

Questi politici arabi dovranno farsi un esame di coscienza, quando le fiamme saranno finalmente spente. Non si può sfuggire ai fatti. Siamo di fronte a un’ondata di incendi dolosi senza precedenti all’interno di Israele, a quanto pare appiccati non da palestinesi di Cisgiordania. La posizione degli incendi all’interno di Israele ci mette tutti di fronte a una triste e brutta realtà.

Il nuovo “terrorismo degli incendi” è alimentato da una perniciosa campagna di odio sui social network arabi, pieni di appelli a “bruciare” – letteralmente – ebrei e sionisti. Appelli in qualche raro caso punteggiati da qualche commento di segno contrario, ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di messaggi colmi di odio, di antisemitismo, di ribrezzo per lo stato di Israele e per gli ebrei. Istigazione antisemita della peggior specie.

Al momento in cui scriviamo non è del tutto chiaro quanto sia ampia la dimensione di questi attacchi, e neanche quanti incendi esattamente siano di origine dolosa. L’amara ironia, però, è che il fatto stesso che in Israele di parli di questa ondata di incendi fa il gioco di Hamas, che li usa per infervorare i suoi sostenitori ed esortare i giovani arabi a uscire e appiccare altri incendi.

Cittadini israeliani evacuati dai quartieri più a rischio

Può ben darsi che il “terrorismo dei fuochi” abbia avuto inizio da pochi individui non organizzati che sono entrati in azione dopo che i primi incendi erano scoppiati per negligenza e per il clima. Poi l’incendio terroristico si è auto-alimentato. Dal momento in cui i primi incendi hanno cominciato a dominare i mass-media israeliani, ecco che sono scoppiati sempre più incendi un po’ dappertutto. E ora altri sono pronti a saltare sul carro. Giovedì sera un gruppo Facebook che si autodefinisce “Coalizione dei giovani dell’intifada” ha dichiarato di assumersi la responsabilità per gli incendi e ha esortato a continuare a bruciare Israele.

(Da: Times of Israel, 24.11.16)



Nel silenzio, “Israele brucia”: 80 mila evacuati. Netanyahu: “E’ terrorismo”
“E’ la prima volta che usano un’arma di distruzione di massa”. Roghi in tutto il paese. “Una situazione spaventosa” di Giulio Meotti
25 Novembre 2016

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/11/2 ... c.facebook

Roma. La voce di Shmulik Tal, direttore dell’ufficio comunicazioni del Keren Hayesod, è rotta dall’emozione, mentre i roghi divampano in tutto Israele, raggiungendo Gerusalemme, dove sono stati appiccati da bombe molotov. La casa di Tal a Zichron Yaakov, la località più colpita, è appena andata in fumo. “È una situazione spaventosa, niente mi aveva preparato a questo scenario scioccante, che ha colpito anche la mia casa, che è stata appena demolita”, dice Tal al Foglio. “Il paesaggio verde della mia città natale, Zichron Yaakov, si è trasformato in un orrendo fumo nero, con gli scheletri di alberi che sembrano lanciare i loro rami per protestare contro il cielo marrone”. 80 mila israeliani hanno lasciato le loro case, in quello che il premier Benjamin Netanyahu ha definito “terrorismo”. Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, ha detto che dodici palestinesi sono stati fermati con l’accusa di aver appiccato il fuoco. “Metà degli incendi sono dolosi”, ha confermato il ministro per la Sicurezza, Gilad Erdan, mentre quello per l’Educazione, Naftali Bennett, ha commentato: “Solo chi non appartiene alla nostra terra è capace di bruciarla”.


Le fiamme accerchiano Haifa
Gli incendi nel nord di Israele potrebbero non essere causati soltanto dalla siccità.

I media israeliani parlano di “Intifada delle fiamme” (già nel Mandato Britannico e negli anni Ottanta gli incendi dolosi sono stati utilizzati come strumento di violenza politica). Haifa, la terza città del paese, sembra una “zona di guerra” e settecento case sono andate distrutte. Italia, Grecia, Cipro, Turchia, Azerbaigian, Egitto e Russia hanno mandato aiuti. Le fiamme hanno lambito Gerusalemme e investito la superstrada che porta a Tel Aviv. Incendi nascono in posti lontani fra di loro, come Talmon, un insediamento in Cisgiordania, Shuafat a Gerusalemme est e Sajur e Nahf, in Galilea. E’ il secondo più grave disastro “naturale” della storia israeliana, dopo l’altro grande incendio che nel 2009 uccise quaranta israeliani (per la prima volta nella storia, allora Israele fece affidamento alla comunità internazionale). In attesa di accertare l’origine di questi nuovi terribili incendi, nei social divampa l’odio per gli ebrei. “Israele brucia” è diventato ieri il primo hashtag del mondo arabo e il terzo più popolare sui social network. Un tweet di Michary Rashid al Afasy, l’imam della Grande moschea del Kuwait, ha avuto 20 mila retweet e 15 mila like: Afasy aveva augurato “ogni bene” agli incendi. “Israele brucia” è comparso in oltre 128 mila tweet. In Egitto, l’hashtag più popolare è “Entità sionista brucia”.

L’imam saudita Mohammed al Arefe, che ha 16 milioni di follower, ha scritto: “Brucia l’entità sionista”, augurandosi che “Allah liberi la moschea di al Aqsa”. Il responsabile dei social nel mondo arabo del governo Netanyahu, Ofir Gendelman, ha condannato questa ondata di giubilo definendola “odio fanatico”. Un account arabo ha scritto: “Suggerisco di inviare aerei che facciano piovere benzina sulle zone in fiamme. Voglio respirare l’odore di barbecue dei sionisti”. Un account da Gaza: “Gli aerei russi che bruciano i corpi siriani ogni giorno stanno aiutando a spegnere gli incendi all’interno dei territori occupati”. Un altro: “Allah, aggiungi benzina fino a quando non arrivi la loro fine”. Anche il celebre capo della sicurezza di Dubai, Dhahi Khalfan Tamim, ha scritto su Twitter: “Israele prende il fuoco benedetto da Allah”. Sono apparsi anche dei meme. Il sito di informazione egiziano Almogaz ha pubblicato un meme che mostra una persona che dice a un’altra: “Israele sta bruciando”. Risposta: “Ottimo. Nessuno al mondo può sopportarlo”. Ieri Yisrael Hasson, ex vicedirettore dello Shin Bet, il servizio segreto interno, ha detto che è la prima volta che i terroristi palestinesi usano “un’arma di distruzione di massa”.



Israele: arrestati decine di arabi per gli incendi
Nov 27, 2016

http://www.rightsreporter.org/israele-a ... ialWarfare

Sono decine gli arabi arrestati con l’accusa di aver appiccato le centinaia di incendi che da diversi giorni devastano Israele. Secondo l’ultimo rapporto diffuso sabato sera solo nelle ultime ore la polizia israeliana e lo Shin Bet hanno arrestato almeno 30 terroristi arabi colti mentre cercavano di appiccare incendi nei pressi di città e villaggi israeliani.

Il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che chi verrà colto ad appiccare gli incendi verrà considerato alla stregua di un terrorista per cui le loro case verranno abbattute. «C’è un prezzo da pagare per i crimini commessi» ha detto Netanyahu venerdì sera alla TV «c’è un prezzo da pagare per gli incendi dolosi e per il terrorismo» ha aggiunto prima di dire di ritenere che molti degli incendi dolosi siano un vero e proprio atto di terrorismo pianificato.

E proprio su questa strada si sta muovendo lo Shin Bet che anche nella notte appena trascorsa ha condotto diverse operazioni di prevenzione in Giudea e Samaria dove sono stati arrestati una decina di arabi trovati in possesso di materiale utile ad appiccare incendi tra cui bombolette di gas, liquido infiammabile e inneschi già pronti.
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » sab dic 03, 2016 9:19 am

Se Israele è l’eterno nemico
Accettare la narrazione iper-semplicistica palestinese significa sostenere che Israele è un crimine in se stesso, e chiudere gli occhi su tutto il resto
Di Marc Goldberg
sabato 3 dicembre 2016

http://www.israele.net/se-israele-e-leterno-nemico

Nei minuti in cui state leggendo questo articolo delle persone vengono uccise in Siria. Nello stesso momento in cui il regime di Assad sta schiacciando la resistenza ad Aleppo e si consuma una delle peggiori crisi civili dalla seconda guerra mondiale, il tema più discusso nei campus universitari del mondo occidentale rimane la questione israelo-palestinese. Un conflitto fra opposte narrazioni.

Conosco bene la versione palestinese. So che è una narrazione iper-semplicistica che suona più o meno così: un giorno arrivarono gli ebrei che cacciarono via i palestinesi e ora li opprimono sulla terra che hanno rubato loro e, quel che è peggio, hanno la sfacciataggine di dire che quella terra è il loro paese.

Credere a questa narrazione significa credere nella colpa intrinseca dello stato d’Israele. Anche i paesi in cui libertà e democrazia non sono mai esistite, anche quelli in cui le minoranze vengono sistematicamente perseguitate, dove le persone vengono sommariamente giustiziate in pubblico, anche i paesi i cui conflitti hanno causato e continuano a causare un numero di vittime e distruzioni infinitamente più alto del conflitto arabo-israeliano, tutti questi paesi sono più accettabili di Israele. Perché le loro guerre potrebbero finire, i loro governi dispotici e sanguinari potrebbero cadere, le loro politiche retrograde potrebbero cambiare. Non è così per Israele. La narrazione palestinese sostiene che l’esistenza stessa di Israele è un crimine, frutto di pulizia etnica, spargimenti di sangue e razzismo. Perché tutto vada a posto nel mondo, Israele in quanto tale deve scomparire.

Celebrando ogni anno all’Onu la “Giornata di Solidarietà col Popolo Palestinese” proprio il 29 novembre (giorno in cui l’Onu approvò la spartizione del Mandato Britannico in due stati, uno arabo e uno ebraico) i palestinesi ribadiscono il loro rifiuto dell’esistenza di Israele, come confermano tutte le mappe della loro propaganda

La narrazione palestinese, se la si accetta, significa che tutta la Palestina doveva diventare un unico stato arabo affrancato dal dominio coloniale, come gli altri stati insieme ai quali avrebbe celebrato il conseguimento dell’indipendenza. In questo contesto, tutti gli interrogativi su democrazia, guerra e pace, diritti delle minoranze, sviluppo economico e sociale diventano insignificanti: sono tutte cose (teoricamente) temporanee, mentre l’esistenza di un paese viene vista come un dato permanente e definitivo, ed è per questo che è così importante condurre una perpetua campagna contro Israele indipendentemente da tutto quello che succede nel mondo. Poco importa se in Siria infuria una guerra civile devastante: prima o poi finirà e in qualche modo tutto si aggiusterà. Ma nulla può aggiustarsi per i palestinesi finché esiste Israele.

Ma questa non è l’unica narrazione. Non potendone più d’essere costretti nei ghetti, d’essere additati al disprezzo e all’odio dei loro concittadini, d’essere usati come capro espiatorio per qualunque male, gli ebrei riacquistarono la propria dignità reclamando il diritto alla loro patria ancestrale, dove sono nati come popolo, dove non hanno mai smesso del tutto di abitare, dove hanno sempre sperato di poter tornare. In un mondo che li aveva traditi e abbandonati più e più volte, gli ebrei si resero conto che potevano contare solo su se stessi, che dovevano prendere nelle loro mani il loro destino. E così ricostruirono il loro stato, riscattando un paese sottosviluppato e semi-abbandonato, e si guadagnarono la libertà che difesero da attacchi letali. Grazie all’autodeterminazione nazionale, gli ebrei non vivono più alla mercé del potere altrui, tirannico o democratico; non vivono più nel timore d’essere prelevati nel mezzo della notte per essere portati in un lager o in gulag. Con il loro esercito che li difende, noi devono più temere d’essere di nuovo soggiogati; con la loro voce tra le nazioni del mondo non devono più temere di restare di nuovo inascoltati, di poter essere di nuovo perseguitati o assassinati mentre il mondo sostiene di non sapere niente, di non poter fare nulla.

In questo scontro fra narrazioni ogni fatto, ogni missile, ogni bomba, ogni posto di blocco, persino ogni dichiarazione diventa semplicemente un’occasione per sostenere la stessa narrazione. E così arriviamo al punto in cui una serie di incendi che hanno imperversato nel paese mettendo in pericolo allo stesso modo cittadini ebrei e arabi e l’habitat in cui vivono, diventa solo un ennesimo pretesto per proclamare che Israele non dovrebbe esistere. E la Siria viene totalmente dimenticata quando un giovane soldato israeliano in visita ad un campus universitario di Londra diventa il fulcro di un’enorme manifestazione anti-israeliana che non ha niente a che fare con il miglioramento della condizione dei palestinesi che vivono in Cisgiordania e Gaza, e ha tutto a che fare con la volontà di imporre la narrazione iper-semplicistica per la cancellazione di Israele.

Pensateci, la prossima volta che vedete in tv la devastazione di Aleppo e gli studenti in un campus che gridano: “Palestina libera dal fiume al mare”.

(Da: Times of Israel, 1.12.16)
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » lun dic 26, 2016 7:41 am

In cauda venenum: l'ultimo veleno di Obama
Niram Ferretti
23 dicembre 2016

http://www.linformale.eu/in-cauda-venen ... o-di-obama

Era nell’aria. Se ne parlava da qualche mese. E così è avvenuto. L’Amministrazione Obama si astiene all’ONU e permette che la Risoluzione 2334, la quale chiede un immediato congelamento di tutti gli insediamenti nella West Bank, passi in virtù dell’astensione degli Stati Uniti.

La risoluzione invita tutti gli stati a “distinguere nei loro rapporti tra i territori dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967”, il che, tradotto significa che la presenza di Israele nella West Bank è considerata abusiva e illegittima. Nulla di nuovo in questo senso, poiché questa è la posizione dell’ONU dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, quando le armate vittoriose israeliane, dopo una guerra dia aggressione da parte della coalizione araba formata da Egitto, Giordania, Siria, Iraq, Libano e Arabia Saudita, intesa all’annichilimento di Israele, catturava alla Giordania che se li era annessi abusivamente nel 1951, i territori di Giudea e Samaria, rinominati West Bank, sotto il dominio giordano.

Fu all’epoca che, dietro pressione araba e sovietica L’ONU di fatto trasformò Israele in un occupante illegale in sprezzo totale di quanto scrisse con mirabile chiarezza Lewis Stone, “Il precetto basilare della legge internazionale concernente i diritti di uno stato vittima di una aggressione, il quale abbia legalmente occupato il territorio dello stato aggressore per legittima difesa, è chiaro. E sussiste ancora come legge internazionale a seguito della Carta, la quale non concede alcun potere all’Assemblea Generale dell’ONU di emendare tale legge. Il precetto è che un occupante legale come Israele è autorizzato a restare in controllo del territorio coinvolto in attesa della negoziazione di un trattato di pace”. Concetto ribadito da Dame Rosaylin Higgins, già Presidente della Corte Internazionale di Giustizia:

“Non vi è alcunché nella Carta delle Nazioni Unite o nelle leggi internazionali che lasci supporre che l’occupazione militare, in assenza di un trattato di pace sia illegale…La legge dell’occupazione militare, col suo tessuto complesso di diritti e di doveri, rimane integralmente rilevante fintanto che le nazioni arabe accettino di negoziare un trattato di pace, Israele è di pieno diritto autorizzato a rimanere nei territori che attualmente detiene”.

Essendo Israele difficilmente attaccabile sotto questo aspetto (malgrado la grottesca richiesta fatta all’epoca da parte araba e sovietica che Israele restituisse i territori. A chi? alla Giordania che se li era annessi illegalmente?, ai palestinesi ivi residenti ai quali non era attribuita giuridicamente alcuna sovranità sui territori medesimi?), l’occupante (di fatto, militarmente Israele è occupante, ma solo in questo senso e a tutela della propria difesa e di quella dei coloni insediati nei territori), si è provveduto a livello politico e giuridico a definire illegale la presenza degli insediamenti stessi e a fare in modo che Israele risultasse comunque sempre fuori legge.

Lo si è fatto interpretando l’Articolo 49 della Convenzione di Ginevra 25, in modo da fare apparire l’impresa degli insediamenti, legittimata di fatto dal Mandato per la Palestina, come una impresa illegale e soprattutto come il principale ostacolo per la pace.

Oggi il tradimento americano certifica questa persistente menzogna. La rende plastica consegnando ai palestinesi e a tutti i nemici di Israele nuove munizioni, non solo metaforiche. Si tratta inoltre di uno schiaffo in faccia a Donald Trump, il quale poco prima della approvazione della risoluzione era intervenuto invitando l’amministrazione Obama a porre il veto.

In un colpo solo, Barack Obama, è riuscito a colpire Benjamin Netanyahu e Donald Trump. È il veleno nella coda di questa disastrosa Amministrazione uscente, che lascia un Medioriente in cui ha fallito su tutti i fronti, premiando l’Iran e l’Autorità Palestinese e scaricando il suo storico alleato.

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Onu a Israele: "Stop nuove colonie nei territori". E per la prima volta Usa astenuti

La risoluzione è passata con 14 voti a favore. A sorpresa non c'è stato il veto statunitense. L'ambasciatrice americana: "Abbiamo difeso la soluzione dei due Stati". Ira di Tel Aviv: "Ci avete abbandonati". Trump: "Le cose cambieranno dal 20 gennaio"

http://www.repubblica.it/esteri/2016/12 ... -154768767

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede ad Israele di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi, inclusa Gerusalemme est e insiste sul fatto che la soluzione del conflitto in Medioriente passi per la creazione di uno Stato palestinese che conviva insieme a Israele. La risoluzione è passata con 14 voti a favore perché a sorpresa gli Usa si sono astenuti e non hanno fatto ricorso al loro potere di veto per bloccare il provvedimento. Questa decisione ha scatenato l'ira di Israele che da tempo accusa l'amministrazione Obama di aver tradito il Paese e ritiene l'iniziativa un colpo di coda del presidente Usa uscente. E il presidente eletto Donald Trump avverte via Twitter l'Onu e Obama: "Le cose cambieranno quando sarò in carica".
"Astensione per difendere la soluzione dei due Stati". La continua costruzione di insediamenti "mina seriamente la sicurezza di Israele", ha detto l'ambasciatrice Usa all'Onu, Samantha Power, spiegando la posizione degli Usa. "Gli Stati Uniti hanno inviato sia privatamente che pubblicamente per quasi cinque decenni il messaggio che le colonie devono cessare di esistere", ha spiegato Power che ha aggiunto: "Non si può simultaneamente difendere l'espansione degli insediamenti e difendere la soluzione praticabile dei due popoli, due Stati per arrivare alla fine del conflitto. Si doveva fare una scelta tra colonie e separazione". Power ha comunque definito Israele "l'unica democrazia in Medio Oriente" dove "va riconosciuto" che la nazione si trova sotto pressione. Secondo l'ambasciatrice, il sostegno degli Usa "non ha mai traballato".

Onu: la via dei due Stati messa in pericolo dalle colonie. Questa via, si legge nel testo, è posta in pericolo dall'espansione delle colonie, che stanno arrivando a una "realtà di Stato". Secondo la risoluzione, gli insediamenti "costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e un grande ostacolo per costruire la soluzione dei due stati, così come una pace giusta, duratura e completa". Inoltre, il Consiglio ribadisce che non riconoscerà alcuna modifica alle linee tracciate nel 1967 salvo diverso accordo tra le due parti attraverso i negoziati. Così, condanna "tutte le misure volte ad alterare la composizione demografica, il carattere e lo stato del territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme Est, in cui accadono confische e demolizioni di case palestinesi. Allo stesso tempo, il massimo organo decisionale dell'Onu chiede misure per prevenire "tutti gli atti di violenza contro i civili, inclusi atti di terrorismo, così come tutti gli atti di provocazione e distruzione" e condanna l'incitamento all'odio.

Diversi membri del Consiglio di Sicurezza hanno sostenuto che si tratta di una risoluzione equilibrata e che, in fondo semplicemente ribadisce una posizione che difende l'Onu e la quasi totalità della comunità internazionale. La risoluzione è la prima sul conflitto in Medio oriente che il Consiglio approva dal 2009.

L'ira di Israele. La reazione di Israele - che aveva già definito "vergognosa" l'attesa mossa di Obama alla vigilia del voto - non si è fatta attendere, con l'ambasciatore presso il Palazzo di Vetro che ha parlato di "risoluzione scandalosa": "Né il Consiglio di sicurezza dell'Onu né l'Unesco possono spezzare il legame fra il popolo di Israele e la terra di Israele", ha affermato Danny Danon. In merito all'astensione americana Danon ha messo in evidenza che "ci si attendeva che il maggiore alleato agisse in linea con i valori che condividiamo e che mettesse il veto su una scandalosa risoluzione. Non ho dubbi sul fatto che la nuova amministrazione americana e il nuovo segretario generale dell'Onu apriranno una nuova era in termini di relazioni dell'Onu con Israele".

"Gli Stati Uniti hanno abbandonato Israele, il loro unico alleato in Medio Oriente", ha dichiarato il ministro per le Infrastrutture Pubbliche e l'Energia ed esponente di punta del Likud, Yuval Steinitz. Sulla stessa linea si è espressa anche l'influente lobby ebraica negli Usa, l'Aipac che si è detto "profondamente turbata dal mancato ricorso al veto da parte dell'amministrazione Obama per prevenire una distruttiva, risoluzione anti Israeliana. L'Aipac ha invece espresso il suo apprezzamento per il presidente eletto Donald Trump e ai molti membri del Congresso democratici e repubblicani che avevano fatto pressione affinché gli Usa opponessero il veto" al Consiglio di Sicurezza Onu.

Prima del voto i responsabili del Centro Wiesenthal di Los Angeles avevano fatto appello all'Amministrazione per bloccare la risoluzione. Il rabbino Marvin Hier e Abraham Cooper avevano stigmatizzato l'azione "draconiana", presa "a un minuto dalla mezzanotte della presidenza Obama", a loro avviso "il segnale sbagliato al momento sbagliato".

Ebrei a favore dell'astensione. Il gruppo ebraico progressista J Street si è invece schierato a favore dell'astensione: "Diamo il benvenuto alla scelta dell'amministrazione. La risoluzione è coerente alla tradizionale posizione bipartisan americana che include un forte appoggio alla soluzione dei due Stati e una chiara opposizione a azioni irresponsabili e dannose tra cui il terrorismo palestinese e l'espansione degli insediamenti e la distruzione di case da parte di Israele".

L'Anp esulta. La presidenza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) giudica un "duro colpo" ad Israele il voto con cui il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato la politica delle colonie e degli insediamenti di Tel Aviv in Cisgiordania e Gerusalemme Est, chiedendone "l'immediata cessazione". Il portavoce Nabil Abu Rudeina ha parlato di una "storica risoluzione" che si è dimostrata anche "un importante sostegno alla soluzione dei due Stati".

La rivincita di Obama. Anche negli Usa ci sono i primi contraccolpi: lo speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan, ha definito la posizione degli Usa "vergognosa". Ma questa, per Obama, è una piccola-grande rivincita dopo aver fallito nel favorire i negoziati tra israeliani e palestinesi, fin dal 2009 la sua priorità numero uno in politica estera. Con la decisione di dare carta bianca al segretario di stato John Kerry la cui missione era di portare a casa una storica pace. Così non è stato, anche a causa dei gelidi rapporti tra Obama e Netanyahu che hanno fatto precipitare le relazioni tra Usa e Israele ai minimi di sempre.

Neppure Donald Trump è riuscito a fermare il voto dell'Onu o a convincere la Casa Bianca a presentare il veto come in passato. A lui si è rivolto il governo israeliano quando oramai si era capita l'intenzione di Obama. Il tycoon - con un'interferenza senza precedenti per un presidente eletto - ha provato il tutto per tutto, telefonando anche al presidente egiziano al Sisi che aveva presentato la risoluzione originaria. Una chiamata che in effetti ha portato l'Egitto a rinunciare al voto nella giornata di giovedì.

Ma a distanza di poche ore sono stati altri quattro Paesi a ripresentare il testo (Malesia, Nuova Zelanda, Senegal e Venezuela). A quel punto i giochi erano fatti. L'ambasciatore della Malesia, Dato' Ramlan Ibrahim, ha spiegato poco prima della votazione che i quattro Paesi consideravano importante "cogliere l'opportunità" e il "crescente consenso" in seno al Consiglio, a fronte anche del progetto di legge che è in discussione al Parlamento israeliano per legalizzare in modo retroattivo le colonie ebraiche in Cisgiordania. E la risoluzione è passata con 14 voti e l'astensione degli Usa.

Nel 2011 l'amministrazione Obama era invece ricorsa al veto contro una simile condanna della politica israeliana sulle colonie. Mentre ha posto il veto in Consiglio di sicurezza altre 40 volte su risoluzioni critiche verso Israele. L'unica astensione Usa che si ricordi risale all'amministrazione Bush nel 2009, quando gli Usa non posero il veto sui un testo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.



Obama senza più maschera, tradisce Israele
Commento di Fiamma Nirenstein
da Il Giornale
24 dicembre 2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=64825

Israele deve tornare ai confini del '67

Scriviamo 'Obama getta la maschera' pur sapendo che il tradimento è iniziato otto anni fa. La sua politica estera è stata alleata dell'estremismo islamico fin dall'inizio con il discorso all'Università del Cairo. Quindi disastrosa non solo verso Israele, ma letale per tutto il Medio Oriente. Il terrorismo islamico ha tratto enormi vantaggi dalla politica di Obama, se è cresciuto come sappiamo, in tutto mil mondo e in particolare nei paesi europei, il primo responsabile è Obama. Il voto di astensione dimostra quanto avevamo ragione nel criticarne la politica estera.
I giornali riprendono oggi il voto contro Israele, per fortuna quasi tutte le cronache citano l'affermazione di Donald Trump "dopo il 20 gennaio tutto cambia". IC pubblica oggi in altra pagina il commento di Deborah Fait e l'analisi legale di Giovanni Quer. Domani -come ogni anno non escono i giornali- IC pubblicherà sulla vicenda Obama la Cartolina di Ugo Volli, con tutti i particolari inediti della vicenda.

Ecco il commento di Fiamma Nirenstein da Gerusalemme:

Con una scelta che si incide nella storia degli Stati Uniti come l'ennesimo colpevole fraintendimento dell'amministazione Obama nei confronti del Medio Oriente, una incapacità che ha portato a stragi immense e a disastri indicibili in Siria ma anche in tante altre zone, il presidente uscente ha deciso di rovesciare la politica tradizionale degli Stati Uniti: tale politica ha sempre difeso Israele col veto nel Consiglio di Sicurezza dalle maggioranze automatiche piene di odio che hanno caratterizzato l'atteggiamento dell'Onu verso Israele. Stavolta con un colpo di coda impensabile Obama ha lasciato per la sua legacy in primo piano l'astensione su una risoluzione votata da 14 membri che stabilisce che occorre «distinguere fra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati nel 1967», condanna gli insediementi che vengono definiti illegali e «un grande pericolo per la possibilità della soluzione dei due Stati» e aggiunge una serie di altre osservazioni fuori di ogni realtà e senso storico. I territori non sono «illegali» ma «disputati» secondo le risoluzioni del 1967, la legge internazionale non è stata violata perché non ci sono mai state deportazioni della popolazione originaria, i territori non sono mai stati «palestinesi» ma giordani e conquistati con una guerra di difesa, e soprattutto la vera difficoltà nel raggiungere un accordo con i palestinesi per due Stati è il rifiuto ad accettare l'esistenza dello Stato d'Israele che ha portato a dire no a soluzioni generose come quelle di Barak e di Olmert. Una risoluzione come quella votata ieri non tiene in nessun conto che ci sono insediamenti indispensabili alla sicurezza mentre altri sono trattabili, consente discriminazioni legate alla Linea Verde, incrementa il BDS, forse anche le sanzioni, promuove odio e incitamento antiebraico, conferisce una vittoria pazzesca per i palestinesi nonostante il rifiuto e il terrorismo, ed è una festa per l'estremismo islamico che odia l'Occidente.
Gli egiziani avevano rinunciato giovedì alla loro mozione su richiesta, pare, del nuovo presidente Trump; ma il vecchio presidente ha fatto sì, si dice, che la sua gente lavorasse sott'acqua perché la mozione fosse subito ripresentata da Malesia, Venezuela, Nuova Zelanda e Senegal. Obama sin dall'inizio del suo primo mandato ha dimostrato verso Israele un'antipatia alimentata dall'opposizione all'accordo nucleare con l'Iran del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahau, applaudita dal suo stesso Congresso. Che gli importa se l'Iran è diventato il migliore amico di Putin e combatte sanguinosamente in Siria? Obama ha mancato di ogni consistenza nel mondo mediorientale, col suo apprezzamento per la Fratellanza Musulmana e la sua convinzione che il suo personale charme avrebbe creato un rapporto pacifico col mondo islamico. E così la sua colpevole sottovalutazione del terrore e la sua repulsione verso l'unico vero difensore della democrazia in medio Oriente, Israele, si combina fino all'apoteosi del suo gesto definitivo con la politica di quell'Onu che nel 75 stabilì col voto che «sionismo è uguale a razzismo» e che ha dedicato al piccolissimo Paese due terzi delle sue condanne ignorando centinaia di migliaia di morti, di profughi, di violazioni. Forse Obama sta disegnando il suo prossimo ruolo di presidente dell'Onu, gli si addicerebbe. Stasera in Israele si festeggia Hanuccà, in parallelo col Natale: che gli uomini di volontà seguitino a esserlo, nonostante Obama e la sua ipocrisia.


12 motivi per i quali gli USA avrebbero dovuto impedire la Risoluzione 2334
Lettera del Direttore dell'UN Watch a Samantha Power
Victor Skanderbeg RomanoVictor Skanderbeg Romano
- 4 gennaio 2017
http://www.progettodreyfus.com/usa-impe ... zione-2334

L’Executive Director dell’UN Watch, Hillel Neuer, ha inviato una lettera all’Ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Samantha Power, in cui spiega in dodici punti perché il governo americano avrebbe dovuto impedire la Risoluzione 2334 approvata all’Onu in data 23 dicembre 2016. Di seguito vi proponiamo i primi sei punti.

12 Punti: Perchè gli USA Non Avrebbero Mai Dovuto Permettere l’Approvazione della Risoluzione ONU 2334
Per comprendere il motivo per cui così tanti sostenitori della pace fra Israele e Palestina si siano opposti a quanto avete fatto venerdì scorso, consiglio caldamente, a lei e alla sua Amministrazione, di considerare i seguenti 12 punti.

1. La Risoluzione 2334 incoraggia il rifiuto Palestinese delle trattative e le danneggia

La Risoluzione disincentiva i Palestinesi, in modo pericoloso, a sedersi al tavolo delle trattative. Al contrario, la Risoluzione 2334 li incoraggerà, nel prossimo futuro, ad aspettare aiuti simili o maggiori da parte delle istituzioni internazionali. Questo alimenterà la strategia Palestinese volta a favorire i negoziati con gli organi internazionali rispetto agli incontri bilaterali con Israele.
Al contrario, quindi, di quanto stabilito come obiettivo della Risoluzione, questa riuscirà solo nell’intento di rimandare ancora i negoziati.
A questo proposito, ricordiamo che nel 2011 il suo predecessore Susan Rice pose il veto su una Risoluzione simile ritenendo che avrebbe “irrigidito entrambe le parti sulle loro posizioni”, e che “avrebbe incoraggiato entrambe le parti a stare fuori dai negoziati”. Susan Rice disse che era “poco saggio, per questo Consiglio, cercare di risolvere i contrasti alla base della divisione fra Israeliani e Palestinesi.” Sebbene il suo discorso lasci intendere che oggi le circostanze sono differenti, molti vedranno come unica differenza il fatto che questo momento di transizione permetta a un presidente di prendere decisioni impopolari senza pagarne il costo politico.

2.La Risoluzione fomenta i Palestinesi a colpire gli Israeliani tramite BDS e Processi Internazionali

Il Segretario di Stato John Kerry ha promesso questo mese di opporsi a qualsiasi “Risoluzione prevenuta e ingiusta presentata per delegittimare Israele”. E sebbene abbia anche detto, venerdì appena dopo il voto, che egli è fiero di “difendere Israele da qualsiasi tentativo di minare la sua sicurezza o la sua legittimazione in sede internazionale”, e che “si oppone fermamente alla campagna BDS organizzata per colpire Israele”, rimane il fatto che tutte queste cose sono invece de facto legittimate dalla Risoluzione 2334.
Il testo approvato venerdì non solo sancisce un primo sostegno ufficiale alla scandalosa opinione consultiva redatta dalla International Court of Justice (ICJ) nel 2004, che nega il diritto Israeliano di difendersi dai razzi provenienti da Gaza, ma incoraggia implicitamente la International Criminal Court (ICC) a muoversi per un esame preliminare di qualsiasi ufficiale israeliano abbia avuto un ruolo nel “crimine di guerra” costituito dalla costruzione di una colonia, e dà la stessa legittimazione a procedere alle corti nazionali che invocano una giurisdizione universale. Visto che a Tzipi Livni sono già stati inoltrati mandati d’arresto dallo UK, la Risoluzione 2334 porterà solo a un aggravamento della giustizia anti-Israeliana.
Gli USA non avrebbero mai dovuto prestarsi a una campagna ideata per delegittimare i leader Israeliani, civili e militari, e portarli a essere considerati come dei criminali. Inoltre la Risoluzione, nel paragrafo 5, chiede a tutti gli stati di agire; una richiesta volta quindi a intensificare le campagne volte al boicottaggio dei prodotti, delle aziende e dei cittadini Israeliani. Certamente l’UNHRC si sentirà in diritto di continuare a compilare la blacklist delle compagnie Israeliane che fanno affari oltre la green line, che sarà pronta a marzo. Nel frattempo, i report obbligatori sullo stato esecutivo della Risoluzione, che saranno preparati ogni tre mesi dal Segretario Generale, garantiranno un’attività costante.

3. Al contrario di quanto sostenuto dagli USA, la Risoluzione non condanna le Incitazioni Palestinesi alla violenza.

Lei ha detto, dopo il voto, che gli USA “non avrebbero fatto passare questa Risoluzione nel caso in cui non fosse stata rivolta anche contro le azioni, controproducenti, poste in essere dai Palestinesi, come il terrorismo e l’incitazione alla violenza.” E invece è successo proprio questo: la Risoluzione adottata menziona il terrorismo e l’incitazione solo nell’abstract; in nessuna pagina questi crimini sono attribuiti ai Palestinesi. Mentre Israele viene nominato e infamato in tutto il testo, i Palestinesi la passano liscia. Permettendo l’adozione di un testo così sbilanciato, gli USA hanno fatto una completa inversione di rotta rispetto alla prassi degli scorsi decenni. Il fallimento di questa Risoluzione nel confrontarsi davvero con l’istigazione Palestinese è però perfettamente coerente con la sua incapacità di denunciare le continue incitazioni all’antisemitismo e al terrorismo da parte dei presidi delle scuole Palestinesi e degli insegnanti dell’UNRWA, nelle cui casse la sua Amministrazione ha versato, nell’ultimo anno, 380 milioni di dollari.
Le abbiamo inviato una petizione dopo l’altra, tutte firmate da migliaia di persone in tutto il mondo, e, ciononostante, le sue uniche dichiarazioni in merito all’UNRWA sono state di difesa o promozione dell’organizzazione, che non ha mai ritenuto responsabile di nulla. Spero che lei possa cambiare approccio non appena riveleremo l’ultima raccolta di istigazioni online alla violenza dell’UNRWA.

4. La Risoluzione accusa Israele di essere il “Maggior Ostacolo” alla Pace, mentre ai Palestinesi non è attribuita alcuna Responsabilità

Sebbene i Palestinesi rifiutino di negoziare senza precondizioni, abbiano rifiutato di negoziare anche durante il blocco Israeliano degli insediamenti nel 2009-2010, rifiutato i punti basilari proposti da Kerry e stiano incitando al terrorismo con grande veemenza, nella Risoluzione non gli viene addebitata alcuna responsabilità. Al contrario, la Risoluzione accusa il solo Israele di creare, tramite gli insediamenti, il “maggior ostacolo” a una pace giusta, duratura e completa.

5. Il Fallimento nel distinguere fra i diversi Insediamenti ha portato a un rifiuto della Risoluzione da parte di tutti gli Israeliani

Ignorando i parametri posti da Clinton nel 2000, l’Amministrazione Obama è riuscita a rendersi invisa, in modo poco saggio, alla grande maggioranza della popolazione Israeliana e dei partiti politici, che considerano il Quartiere Ebraico, il Muro del Pianto, e i sobborghi Israeliani della parte orientale di Gerusalemme, come Ramot e Gilo, una parte integrante di Israele, mentre la Risoluzione li definisce tutti “Territori Palestinesi Occupati”. Allo stesso modo, l’opinione comune Israeliana considera parte di Israele anche le Comunità Ebraiche Israeliane residenti negli insediamenti più grandi, come ad esempio Gush Etzion. Il fallimento degli USA nell’effettuare una distinzione fra questi insediamenti e quelli più isolati e remoti è ciò che ha condannato questa Risoluzione al completo rigetto da parte dell’intera società Israeliana.

6. Ѐ Offensivo chiamare i Luoghi Sacri dell’Ebraismo a Gerusalemme “Territori Palestinesi Occupati”

La Risoluzione offende tutti gli Ebrei del mondo definendo i Quartieri Ebraici di Gerusalemme e i luoghi più sacri agli Ebrei, quali il Monte del Tempio e il Muro del Pianto, come “territorio Palestinese occupato”. Descrivendo il suo impegno nei confronti di Israele come personale e profondo, lei ha fatto presente, in diverse occasioni e davanti a platee Ebraiche ed Israeliane, che suo figlio discende, da parte di padre, dal Rabbino Elijah, il saggio Lituano ed Ebreo del XVIII secolo conosciuto come Vilna Gaon, considerato il più importante studioso di Talmud della sua epoca. Sottolineando come la visione di Gaon di un ritorno in Terra d’Israele sia stato un fattore decisivo per la ricostruzione del Quartiere Ebraico, poichè ha ispirato centinaia di suoi discepoli a immigrare in Israele all’inizio del XIX secolo, e considerando che siamo quasi centesimo anniversario della Dichiarazione di Balfour, che ha riconosciuto gli antichi e originari diritti Ebraici sulla Terra Santa – formalizzata ufficialmente con il Mandato sulla Palestina conferito dalla Lega delle Nazion, il quale ha previsto che l’Amministrazione Inglese dovesse “incoraggiare… l’insediamento di Ebrei nel territorio”- spero che, alla luce di tutto questo, possa riconsiderare i processi logici che hanno portato, oggi, a criminalizzare gli Ebrei residenti nel Quartiere Ebraico.
Tags: Hillel Neuer, Israele, Nazioni Unite, risoluzione 2334, Stati Uniti, UN Watch
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » gio dic 29, 2016 9:02 am

???

Kerry rilancia i due stati. “Non abbandoniamo Israele”. Trump: non disprezzare Gerusalemme
Mosca non vuole partecipare al Quartetto per il Medio Oriente
gianni riotta

http://www.lastampa.it/2016/12/28/ester ... agina.html

John Kerry ufficializza la road map dei «due popoli e due stati» dell’amministrazione Obama in merito del conflitto israelo-palestinese e tra gli Stati Uniti e lo stato ebraico cala il gelo.

«Il presidente Barack Obama è profondamente impegnato per Israele e la sua sicurezza. Una soluzione a due stati è l’unica strada per una pace duratura», afferma il segretario di Stato nell’atteso discorso che segue i concitati giorni di confronto a distanza dopo il voto sulla risoluzione Onu che considera illegali nuovi insediamenti nei territori occupati. «Se Israele intraprende la strada di un soluzione a uno solo stato, non ci sarà pace nel mondo arabo, afferma Kerry, sottolineando che i leader arabi sono pronti a sostenere la pace e la sicurezza. Per il capo di Foggy Bottom è forse il discorso più importante e delicato dei suoi quattro anni alla guida della diplomazia americana tanto più che arriva a circa tre settimane dalla fine del secondo mandato Obama.

«L’amicizia non significa che gli Usa devono accettare ogni politica. Gli amici si dicono la dura verità e si rispettano», dice Kerry spiegando che gli Usa «hanno votato in linea con i loro valori», astenendosi in Cds durante il voto della risoluzione 2330 del 23 dicembre. Il segretario di Stato è convinto che gli insediamenti rappresentano una minaccia per la pace», e in questo modo «la soluzione di due Stati è in pericolo». In questo modo il rischio è di alimentare derive estremiste sulla sponda palestinese e «ciò non va bene perché non c’è giustificazione al terrorismo». Il messaggio è chiaro «più ci saranno insediamenti israeliani in Cisgiordania e più la pace sarà difficile e che se la soluzione è quella a uno Stato, Israele può essere o ebreo o democratico, non può essere tutti e due».

L’amministrazione Obama rompe così gli indugi (forse con un certo ritardo visto il decorso del mandato) ponendosi in una posizione del tutto contrapposta a quelle sostenuta dalla coalizione guidata dal premier israeliano Benyamin Netanyahu. «La più a destra della storia israeliana, con un’agenda definita dagli elementi più estremisti», chiosa Kerry e per questo non certo foriera di una soluzione indirizzata la pace, secondo il segretario di Stato. Il discorso si inserisce in quando assai complesso che ha visto nelle ultime ore una inconsueta presa di posizione da parte della Russia. Mosca è infatti tutt’altro che favorevole all’adozione di un principio in tale senso da parte del Quartetto per il Medio Oriente, ovvero Stati Uniti, Unione europea, Nazioni Unite e Russia stessa. A dirlo è il ministro degli Esteri Sergey Lavrov il quale afferma che il Cremlino rigetterà qualsiasi richiesta in tale senso promossa dagli Usa. Una presa di posizione anomala, almeno rispetto alle linee politiche seguite sino ad oggi dalla diplomazia sul dossier israelo-palestinese e che vedevano le cancellerie occidentali più garantiste nei confronti dello Stato ebraico.

Del resto era stato lo stresso Putin a dare indicazioni, alla vigilia del voto della risoluzione Onu che definisce illegale ogni nuovo insediamento israeliano nei territori occupati, al proprio ambasciatore al Palazzo di Vetro, Vitaly Churkin, di chiedere un rinvio del voto, trovando però l’ostruzionismo dei membri occidentali e dei Paesi sponsor della risoluzione. E ciò dopo la richiesta di intervento del premier israeliano Benjamin Netanyahu il quale si era reso conto che era stata la Gran Bretagna a lavorare in segreto con i palestinesi sulla bozza di risoluzione e aveva fatto pressioni sulla Nuova Zelanda (membro non permanente del Cds) a spingere per un voto celere. Un gioco a parti invertite rispetto alle tradizionali dinamiche che hanno caratterizzato sino ad oggi il dossier israelo-palestinese al Palazzo di Vetro. E che vedono ora una convergenza parallela di Russia e Israele in virtù - spiegano fonti ben informate - degli accordi strategici che legano i due Paesi in Siria.

Dura la replica del premier israeliano Netanyahu, che non ha gradito le parole di Kerry: «Io cerco la pace, la cerco ardentemente. Ho visto il terrore e la guerra ma le autorità palestinesi istruiscono i giovani a odio e guerra e dicono ai giovani che non dovranno mai accettare l’esistenza dello Stato ebraico. Come si fa a fare la pace con chi non accetta l’esistenza dello Stato di Israele?». Diametralmente opposta la reazione di Abu Mazen. Il presidente palestinese ha detto di essere pronto a riprendere i negoziati di pace se Israele congelerà la costruzione di nuovi insediamenti. La ripresa dei negoziati «finali - ha aggiunto - avverrà all’interno di un determinato periodo di tempo e sulla base del diritto internazionale e delle decisioni di legittimità internazionale, tra cui l’ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2334».

È questo l’ultimo capitolo del caso politico più infuocato di questo fine 2016, iniziato appunto con la votazione risoluzione 2334 del 23 dicembre con la quale in Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha decretato l’illegalità di qualsiasi nuovo insediamento nei territori occupati, grazie all’astensione degli Usa. A nulla sono valsi gli appelli a porre il veto da parte dell’ex alleato israeliano: Barack Obama è andato diritto per la sua strada assestando fra l’altro un colpo al suo successore Donald Trump, lui stesso contattato da Netanyahu per arginare le «derive» del presidente uscente. Il timore di Israele è che Obama voglia ora ottenere un si di principio da parte del Quartetto e quindi un impegno dei membri del Cds Onu col quale presentarsi alla conferenza sul Medio Oriente promossa dalla Francia per il 15 gennaio a Parigi, e ottenere il via libera al progetto dei «due Stati» prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca previsto cinque giorni dopo. Ma sulla sua strada rischia di mettersi di traverso ancora una volta Vladimir Putin, alleato ritrovato di Israele che ha già minacciato di disertare il Quartetto. E soprattutto amico del presidente in pectore, il quale ha già annunciato che col suo insediamento, il 20 gennaio, all’Onu sarà tutta un’altra musica.

Nella stessa giornata Trump è intervenuto sul tema. «Non possiamo continuare a far sì che Israele sia trattata con totale disprezzo e mancanza di rispetto», ha detto Trump su Twitter. Israele «aveva negli Usa un grande amico, ora non più. L’inizio della fine è stato l’orribile accordo con l’Iran, e ora con l’Onu» aggiunge, invitando Israele a «restare forte, il 20 gennaio si sta avvicinando rapidamente». In serata, la Casa Bianca ha reso noto che durante una conversazione telefonica con Donald Trump, Obama ha confermato la necessità di «continuare una transizione senza problemi ed efficace». Sempre la Casa Bianca ha fatto sapere che i due si sono impegnati a restare in contatto nelle prossime settimane e si sono detti d’accordo sul fatto che i loro staff continuino a lavorare insieme.
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » sab dic 31, 2016 9:48 pm

Li ensemenii!

Criticare Israele si può. E non chiamatemi “antisemita”
di Gianluca Ferrara | 30 dicembre 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... ta/3286840

Dopo l’astensione degli Stati Uniti all’Onu, la risposta di Israele è stata inaccettabile e ha palesato quella tracotanza che caratterizza la politica estera di un Paese, la cui costruzione artificiosa, ha destabilizzato il Medio Oriente.

Non è permesso contestare la politica estera d’Israele. Guai a chi si permette di pronunciare una semplice verità e cioè che devono smetterla di accaparrare terre non loro. La macchina del fango subito si mette in azione e si è tacciati di essere discendenti di Hitler. Questo piagnisteo ipocrita deve finire. La Shoah è stata un orrore, una mostruosità, ma questo non significa che chi l’ha subita abbia il diritto di fare violenza su altri.

In molti, dopo un post sulla mia pagina Facebook, mi hanno sollecitato a dar voce ai tanti che sono stanchi di ricevere la solita fallace versione da parte dei mass media. Il popolo palestinese da decenni sta subendo atrocità da parte di uno degli eserciti più potenti al mondo (il quarto). Nell’attacco a Gaza del 2008, quando fu usato fosforo bianco, secondo la ong Palestian center for human rights furono uccisi 895 civili e 167 poliziotti a cui vanno aggiunti 280 bambini e 111 donne.

In quei giorni, mentre Gaza era una prigione dalla quale non si poteva fuggire e non era permesso a imbarcazioni internazionali di portare soccorso, Israele continuava a ricevere armi dagli Stati Uniti con cui bombardava ospedali, centrali elettriche, infrastrutture idriche e scuole. L’Idf, dall’ inglese Israel Defense Forces, una volta giunto a Gaza dopo aver colpito più di 20.000 abitazioni, costrinse i bambini palestinesi a camminare di fronte ai loro mezzi trasformandoli in piccoli scudi umani.

L’8 luglio del 2014 ci fu l’operazione denominata “Margine protettivo”. Secondo Amnesty International quell’estate ci furono centinaia di attacchi aerei su tutta la Striscia di Gaza, che distrussero abitazioni sovente senza il preavviso sufficiente all’evacuazione né la previsione di rifugi e vie sicure; centinaia di strutture mediche; almeno sei scuole gestite dall’Onu (e complessivamente 137 scuole della Striscia di Gaza) e l’unica centrale elettrica di Gaza. Ma pensare di raccogliere in un solo articolo i crimini subiti dai palestinesi è come voler far entrare un capodoglio in una vasca da bagno.

È davvero grave quello che è accaduto in questi giorni. Venerdì scorso l’Onu ha chiesto a Israele di fermare gli insediamenti in Cisgiordania. Gli Stati Uniti, che sempre hanno appoggiato e sovvenzionato le azioni militari israeliane, si sono “permessi” di astenersi e all’Onu è passato lo stop ai nuovi insediamenti. Il premier israeliano Netanyahu, in tutta risposta, ha subito dato l’ok per la costruzione di 618 nuove case. L’arroganza d’Israele rende questo Paese un ostacolo per la pace e per la sicurezza del Medio Oriente. L’antitesi di ciò che ha sostenuto il premier israeliano che ha anche criticato John Kerry, segretario di Stato Usa, sostenendo che è stata “attaccata l’unica democrazia in Medio Oriente”.

Israele in realtà è tra le cause principali della destabilizzazione del Medio Oriente. Si pensi al fatto che sono in molti a pensare che appoggi l’Isis per abbattere Bashar al Assad. Possiede un numero consistente di ordigni atomici e adotta politiche terroriste contro la Palestina. Purtroppo nessun grande quotidiano o tv esplicita questo semplice dato di fatto. I mass media occultano la verità non spiegando in che condizione di ingiustizia si trova il popolo palestinese a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. Sarebbe il caso che sempre più forte si alzasse alta la protesta contro le velleità dei sionisti che hanno già rubato troppi acri di terra ai palestinesi.

E specifico che il termine ‘sionista’ non equivale a ‘ebreo’, anzi gli ebrei sono ostaggio di questo gruppo che ha tra uno dei suoi padri David Ben Gurion. Con l’elezione di Donald Trump la situazione in Medio Oriente peggiorerà. Il legame economico del Tycoon con le élite israeliane soffocherà ancor di più il desiderio di giustizia dei palestinesi. Come scrisse Vittorio Arrigoni: “Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo ‘civile’, in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto. Restiamo umani”.
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » lun gen 02, 2017 8:02 pm

Rai3: quando il pregiudizio soffoca la professionalità: il caso Demichelis Commento di Deborah Fait

http://www.informazionecorretta.it/main ... M.facebook


http://www.raiplay.it/video/2016/12/Rad ... 369f8.html


È difficile esprimere a parole quello che ho provato nel guardare il documentario "Radici, l'altra faccia dell'immigrazione, presenta Palestina" andato in onda su Rai 3 , il 30.12. Conduttore e viaggiatore Davide Demichelis. Lo schifo ha inizio subito, prima ancora di sentir parlare, con la presentazione della cartina di Israele, disegnata con un brutto e cupo colore marrone mentre i territori palestinisti sono colorati di un luminoso arancio, dove compare solamente la scritta enorme PALESTINA cosa che non lascia dubbi su come sarebbe stato condotto il documentario.

Il palestinista che accompagna Demichelis per tutta la durata del programma, si chiama Yias e con lui incomincia la serie di menzogne. Spesso mi chiedo come sia possibile che gli italiani abbiano tanta simpatia per i palestinisti e guardando questo documentario l'ho capito. E' la loro capacità di parlare sempre con un velo di pianto e di tristezza per la loro terra perduta, è la loro abilità di mentire guardando negli occhi l'interlocutore, è la straodinaria attitudine a fare le vittime travolgendo la storia. Sono dei veri artisti della recitazione e tutto questo lascia il segno su chi conosce poco o niente del problema e della storia di Israele. Il messaggio è sempre quello: Palestinisti buoni e vittime, israeliani perfidi e occupanti.

Yias racconta di essere stato costretto a lasciare Baka perchè per gli arabi israeliani c'è una dura selezione per entrare all'università. Bugia! Per ogni israeliano sia ebreo, arabo, druso o altro esiste l'esame psicometrico che diventa sempre difficle a seconda della facoltà scelta, è anche questo che rende gli accademici israeliani tra i migliori del mondo. Yias voleva fare medicina quindi non avrà superato lo psicometrico ed è andato in Italia come tanti altri. Nessuno lo ha costretto e, dal momento che nelle università israeliane studiano migliaia di arabi, significa chiaramente che sono aperte a tutti purchè superino gli esami.

Lo scopo di Yias è di far passare Israele come paese illiberale che impedisce alle vittime palestiniste di laurearsi. E ci riesce poichè Demichelis non ne sa niente, annuisce beato ad ogni menzogna, quindi non può contraddirlo. Ci riesce anche perchè racconta le sue balle senza odio, lo fa con calma, dolcezza, quasi sussurrando. Come si fa a non credegli. Che genio! Il suo paese, Baka è diviso in due dal muro salvavita, e allora devono vivere come sequestrati in casa perchè i soldati israeliani fanno le ronde per evitare le intrusioni di terroristi... Evidentemente lui considera gli attentati intrusioni. Demichelis non parla mai del motivo per cui è stato costruito il muro...lungo, secondo lui, 700 km. Bugia! Il muro di cemento esiste solo per 9 km non consecutivi ma eretto nei punti più pericolosi, evidentemente la città di Baka è in odore di terrorismo e allora c'è poco da fare le povere vittime. Se lo tengano e stiano anche molto zitti. Il resto dei chilometri è di rete altamente tecnologica.

Una immagine della propaganda contro Israele mostra "tutta la Palestina... libera" dopo la distruzione dello Stato ebraico

Yias con voce paciosa e cantilenante dice che quel muro gli spezza il cuore. Mi dispiace tanto per lui ma senza muro sarebbero spezzate le vite degli israeliani e tra vivere e morire Israele sceglie la vita, se i palestinisti hanno scelto la morte e il terrorismo devono subirne le conseguenze. La famiglia di Yias vive nella Baka israeliana, tutti i 5 o 6 figli sono laureati e questo significa che hanno studiato nelle università israeliane e che non sono stati costretti a lasciare il loro paese come il povero incompreso Yias che, pensate un po', in Italia ha dovuto persino lavorare per pagarsi gli studi. Faceva l'aiuto cuoco e con questo lavoro, beato lui, è diventato proprietario di un ristorante a Brescia (di cucina tradizionale palestinese, dice, cioè un misto di cucina israeliana tipica, drusa e mediorientale, altro che palestinista), sponsorizza una squadra di calcio giovanile a Betlemme. Sempre beato lui, evidentemente a Brescia pagano bene! In una fabbrica di birra a Baka Demichelis ha chiesto al gestore se lavorare come arabi in Israele fosse difficile. È stato un momento comico perchè il gestore ha fatto no colla testa e allora è immediatamente intervenuto Yias che, impedendogli di rispondere, ha snocciolato la solita tiritera che si è dura perchè bisogna ottenere i documenti e i permessi...credo che questo sia un problema internazionale ma lui lo ha fatto passare come una difficoltà dovuta al razzismo israeliano.

Finalmente Demichelis ha buttato sul piatto il terrorismo palestinista ed è incominciata la litania "quelli che fanno terrorismo non sono musulmani, lo fanno solo per mettere in cattiva luce l'islam che è pace e amore". Semplice no? Finalmente, dopo abbracci e baci con la numerosa famiglia di Yias, sono usciti da Baka e sono arrivati a Yafo, secondo Yias questa era la capitale, il sogno della Palestina...quindi possiamo capire il livello della trasmissione. Un'altra capitale, quella economica, era Nablus. Ma quante capitali hanno? Naturalmente tutto questo accadeva prima della nakba "quando la Palestina era una grande nazione" ..... poi sono arrivati gli ebrei che hanno distrutto tutto e fatto pulizia etnica. Siccome i palestinisti invece sono buoni e vanno d'accordo con tutti, con i cristiani e con gli ebrei, prima del 48, persino gli ebrei si consideravano arabi palestinesi. Questa cosa mi ha fatto andare in bestia, riescono a raggirare tutto, a mentire con una tale serenità, imbrogliano chiunque, infatti Demichelis annuiva sorridendo...ehhh persino gli ebrei si sentivano arabi palestinesi... ehhh si.... quelli si che erano bei tempi. Non so se si è reso conto dell'enormità di tale affermazione. Possibile che si bevano tutto... pensate che queste assurdità il buon Yias le racconta a Brescia e come lui migliaia di altri in tutta Italia. Gli ebrei che vivevano nel Mandato Britannico erano chiamati palestinesi perchè erano gli unici ad usufruire di questo termine, gli altri erano arabi, si autochiamavano arabi, gli inglesi li chiamavano arabi. Gli arabi si sono trasformati in palestinisti dopo il 1967, inventati da Arafat, dalla Lega Araba e dal comunismo internazionale.

Demichelis, senza mai cambiare l'espressione di dolcezza e bontà sul volto, chiede "cosa vorresti per il futuro?" Yias, fondatore a Brescia dell' associazione Italia Palestina, sai la propaganda che farà da quelle parti, risponde che il suo sogno è che la Palestina "ritorni" ad essere uno stato unico (quindi ha già cancellato Israele) e che ogni profugo possa tornare a casa sua perchè tanti palestinisti non hanno mai visto il mare. Prima del 48, continua Yias, la Palestina arrivava fino al Mediterraneo,quindi, anche il mare è loro.

Beh a questo punto, con questa mania del tutto è nostro, stiano attenti i bresciani. A conclusione, ecco che arriva l'ultima perla di questo assurdo documentario. Demichelis, con aria sognante, parla della Palestina nei testi sacri....Bibbia...Vangeli...tutti parlano della Palestina...Evidentemente il giornalista non è mai stato a catechismo. Approfittando di tanta ignoranza, interviene Yias col suo Corano che, udite udite, dedica tante pagine alla Palestina. Il Corano non nomina mai Gerusalemme che sulla Bibbia è citata più di 600 volte. Il Corano non parla della Palestina. La Bibbia e i Vangeli parlano invece soltanto di Israele, di Giudea, di Galilea mai di una Palaestina romana inventata nel 135 d.c. Poi ci interroghiamo sul perchè gli europei odiano tanto Israele e adorano i palestinesi. Sembrano usciti tutti dall'Actors Studio.

Deborah Fait
"Gerusalemme, Capitale di Israele unica e indivisibile"
"Non si chiama Cisgiordania, si chiama Giudea e Samaria"
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Re: Le ensemense só e contro łi ebrei

Messaggioda Berto » ven gen 06, 2017 11:24 am

Oro benon, l'Amerega no lè el so enfame presidente Obama

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6784920014

Qualche ora fa il Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Paul Ryan, ha reso noto che il Congresso degli Stati Uniti con voto bipartizan, ha bocciato la risoluzione Onu 2334 che condanna le attività degli insediamenti israeliani e definisce "territori palestinesi occupati" quei luoghi sacri per il popolo ebraico.
Gli fa eco Mike Pence, il vice Presidente degli Stati Uniti, che ha accolto con entusiasmo il risultato del voto concludendo che Israele è il più amato alleato degli Usa e che gli Stati Uniti saranno sempre dalla parte di Israele.
Tutti questi indizi fanno credere che dal 20 gennaio, lo stato ebraico dimenticherà molto facilmente il presidente uscente Obama.
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