El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » ven apr 01, 2016 8:13 pm

A so contento parké ła xe drio verxarse ben sta storia dei romani sasini de Cristo e de l'encolpa a łi ebrei d aparte dei romani cristianexà.


Una equivalenza indegna: Sionismo=Colonialismo/Imperialismo
Commento di Manfred Gerstenfeld, Jamie Berk
(Traduzione di Angelo Pezzana)
29.03.2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=61888

Per centinaia di anni, il cristianesimo ha diffuso l’idea che gli ebrei erano la personificazione del male assoluto, perché erano ritenuti responsabili dell’uccisione di Gesù. Con il progredire delle società laiche, questa odiosa menzogna si è gradualmente attenuata, insieme all’accusa contro gli ebrei di esserne i responsabili. Per la concezione del super-uomo nazista, gli ebrei erano per definizione sub-umani, vermi e microbi, la versione nazista del male assoluto. Dopo la seconda guerra mondiale è stato il nazismo a diventare il riferimento principale di tutto ciò che è demoniaco. Ai nostri giorni, l’Occidente attribuisce questa definizione di male assoluto a Israele. Il semiologo francese Georges Elia Sarfati ha scritto che “I quattro maggiori temi nella storia dell’Occidente –nazismo, razzismo, colonialismo e imperialismo- vengono usati per definire lo Stato di Israele. Sono legati alla memoria collettiva per cui sono facili da ricordare”.

Queste quattro definizioni vengono usate dei palestinesi e dai loro alleati e sono parte della guerra globale contro Israele, demonizzato e etichettato come stato nazista, colonialista e imperialista, un falso paragone che mina il suo stesso diritto di esistere. Che il sionismo e Israele siano equivalenti a imperialismo e rappresentino il potere coloniale in Medio Oriente, è largamente presente nella narrativa intellettuale e accademica. Una nuova interpretazione e gli studi sul post-colonialismo, sottolineano i legami tra le colonie di un tempo, viste attraverso l’esame di quanto hanno lasciato in eredità e in particolare le strutture di potere e l’influenza occidentale dei paesi ex coloniali. Una versione distorta di questa disciplina include la falsa rivendicazione di una natura imperialista e colonialista del sionismo e di Israele all’interno di questa ricerca storica.

In pratica, molti moderni studi sul post colonialismo sono basati sulle false tesi contenute nel libro “Orientalismo” di Edward Said, il quale sostiene che quasi tutta l’influenza occidentale sui paesi in via di sviluppo è stata negativa e distruttiva, con i colonizzatori che hanno imposto le loro culture e attitudini sulle popolazioni colonizzate, trattandole come se fossero dei primitivi. Chi ha suggerito questa distorta versione, ha diffuso una storia parallela tra i palestinesi e gli indigeni colonizzati per secoli dall’Occidente. Questi propagatori di odio dicono che il sionismo giustifica la colonizzazione dei popoli di colore da parte dei bianchi, che governano così l’intera popolazione sfruttandone le risorse. Ecco alcuni esempi.

Lo storico israeliano Ilan Pappé espone le sue teorie nel testo “Sionismo come Colonialismo: studio sul colonialismo in Africa e Asia”, dove sostiene che l’arrivo del sionismo alla fine del 19° secolo è strettamente collegato al periodo imperialista in Europa, quindi è intercambiabile con il modo di ragionare imperialista. Pappé ha scritto che “il sionismo non è stato l’unico caso nella storia in cui un progetto colonialista è stato perseguito nel nome di un ideale nazionale o non-colonialista. I sionisti sono ritornati in Palestina alla fine di un secolo in cui gli europei controllavano molte parti dell’Africa, i Caraibi e altri territori nel nome del ‘progresso’ o di un ideale, simile a quello del movimento sionista. Succedeva in un secolo in cui i francesi colonizzavano l’Algeria, rivendicando un legame atavico ed emotivo alla terra algerina, non meno profondo di quello dichiarato dai primi sionisti verso Erez Israel”.

Anche la scrittrice a attivista americana Alice Walker ha sviluppato questi temi, paragonando Israele all’Africa dell’Apartheid, all’America del segregazionismo e alla Germania nazista. Ha scritto questo falso paragone tra sionismo e poteri europei imperialisti nel libro “The Cushion in the Road”. Nel descrivere l’Apartheid in Sud Africa, ha scritto: “...gli europei poveri, per migliorare le loro vite, imparavano a esprimersi in un buon inglese, sostenuti come erano da un sistema che favoriva i bianchi. Un potere illimitato per loro, come per i coloni ebrei in Palestina, se solo avessero voluto assimilarsi, accettando il bottino di guerra da chi deteneva il potere, contro gli indigeni schiavizzati. È una storia molto vecchia e terribile. Può vivere gente così disperatamente affamata quando altri ne hanno in abbondanza? Uno pensa a Hitler, ovviamente, a Napoleone, ai generali americani che combatterono guerre per conquistare Messico, Cuba, Filippine, Guatemala. Iraq e Afghanistan, e infiniti altri paesi di cui non ricordiamo nemmeno il nome.” Walker e altri propagatori di false equivalenze tra sionismo e colonialismo hanno suscitato forti reazioni.

Lo storico Richard Landes ha sottolineato l’ipocrisia di questa equivalenza sul suo website “The Augean Stables”, mettendo in evidenza la natura positiva della colonizzazione sionista sotto l’impero ottomano e il mandato britannico, totalmente in contrasto con le aspirazioni imperiali dei poteri europei dell’epoca e con il concetto sbagliato della Walker sulle colonie sioniste in Israele. Landes, a proposito dei paragoni della Walker con Hitler, Napoleone, i generali americani ecc. ha scritto “ Dietro queste valutazioni senza mezzi termini vi è una reale valutazione del ‘colonialismo’ e ‘imperialismo’ israeliano. Tutti gli altri progetti ( si veda la Spagna in America latina, gli inglesi in Sud Africa, i francesi in Algeria, si sono verificati sulla scia di una conquista. L’unico modo in cui i nuovi colonizzatori potevano rivendicare la terra era la conquista, al massimo con la cacciate degli abitanti, imponendo una opprimente supremazia militare. Il potere politico segue dopo la vittoria in guerra. Comportandosi così, i colonialisti/imperialisti europei seguivano regole valide da millenni. Landes conclude “ il progetto sionista di colonizzazione ha funzionato marcatamente in modo differente. Invece di arrivare a somma zero con vittorie militari, i sionisti scelsero la soluzione positiva del buon vicinato. Ammesso che non avevano le attitudini di conquistatori, e anche ammesso che costruirono difese contro gli attacchi da parte di ladri arabi e beduini che abitavano sul territorio, eppure, malgrado ciò, erano in buoni rapporti con i vicini, grazie alla modernizzazione che migliorava la vita di tutti gli abitanti.”

Martin Kramer, presidente del "Shalem Center”, ha detto che definire il sionismo una forma di colonialismo è un errore e una grave offesa a Israele. Definisce questa affermazione “ una grande menzogna, buona a tutti gli usi. Chi ci crede, si augura che nel più breve periodo Israele scomparirà. L’America deciderà di abbandonarla, o gli ebrei riterranno che mantenerla è troppo costoso, così se ne andranno in altri paesi più sicuri e confortevoli. Perché il colonialismo è qualcosa che dura solo se è conveniente. Le nazioni vere durano per sempre, i legami fra nazione e terra non verrà mai meno, lo stato è tenuto unito da legami di solidarietà attraverso le generazioni” La falsa equivalenza sionismo=colonialismo può essere riassunta così. I colonialisti conquistarono altri paesi al fine di impossessarsi delle risorse e sfruttarle e ne depredarono le economie. I sionisti investirono capitali e capacità prima durante il mandato britannico, poi con lo Stato d’Israele, che portò benessere anche ai cittadini arabi, con il risultato che il reddito medio va moltiplicato diverse volte rispetto a quello dei paesi circostanti. Gli arabi palestinesi ne avrebbero partecipato in modo eguale, se non avessero dato retta alla violenza propagandata dai loro leader.

Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. È appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). È una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.

Jamie Berk è ricercatore in scienze politiche all'Università ebraica di Gerusalemme.



Ebrei antisionisti
viewtopic.php?f=197&t=2240

Canan, Pałestina, Judea, Ixrael
viewtopic.php?f=197&t=2075
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » lun apr 04, 2016 2:49 pm

L’Onu censura una mostra israeliana sul sionismo
lunedì 4 aprile 201

http://www.israele.net/lonu-censura-una ... l-sionismo

L’ambasciatore Danon: “Ci adopereremo per diffondere il contenuto censurato a milioni di persone in tutto il mondo"

Le Nazioni Unite hanno deciso di censurare i tre pannelli relativi a Sionismo, Gerusalemme e Arabi israeliani compresi in una mostra di 13 pannelli su Israele, definendoli “inappropriati”.

L’ambasciatore d’Israele all’Onu Danny Danon, che ha organizzato la mostra in collaborazione con la ong “StandWithUs”, ha scritto domenica al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon chiedendo che la decisione venga revocata. Se la decisione non verrà revocata, Danon ha annunciato che esporrà i temi censurati con una nuova mostra volta a protestare contro l’assurdità della decisione delle Nazioni Unite.

L’apertura della mostra è prevista per lunedì nelle sede delle Nazioni Unite a New York.

“Stando a questa scandalosa decisione – ha detto Danon – il sionismo non si addice alle Nazioni Unite, e questo è il motivo per cui ho deciso di protestare. Ci adopereremo per diffondere il contenuto censurato a milioni di persone in tutto il mondo”.

Poco più di quarant’anni fa, nel 1975, le Nazioni Unite approvarono una risoluzione, annullata solo sedici anni dopo, nel 1991, che equiparava il sionismo a una forma di razzismo. Secondo Danon, la decisione delle Nazioni Unite di censurare i pannelli su Sionismo e Gerusalemme, oltre a quello sugli arabi israeliani, significa “applicare di fatto la risoluzione abrogata” e “squalificare elementi chiave del retaggio del popolo ebraico“. “Censurare quei pannelli – ha detto Danon – significa attentare all’esistenza stessa dello stato di Israele come patria del popolo ebraico”. E ha concluso: “Le Nazioni Unite devono ribaltare questa decisione vergognosa e chiedere scusa al popolo ebraico. Il sionismo e Gerusalemme costituiscono le fondamenta e la base morale su cui si regge lo stato di Israele. Non permetteremo alle Nazioni Unite di censurare il fatto che Gerusalemme è da sempre la capitale del popolo d’Israele”.

(Da: YnetNews, Jerusalem Post, 4.3.16)


I testi dei pannelli censurati

Sionismo, il ritorno di un popolo nativo. Il Sionismo è il movimento di liberazione del popolo ebraico, che mirava a superare 1.900 anni di oppressione e riguadagnare l’autodeterminazione nella propria patria d’origine. Per duemila anni, dopo essere stati conquistati e spodestati dai Romani, gli ebrei aspirarono al ritorno nella Terra d’Israele per unirsi agli ebrei che già vi risiedevano (o che non erano mai partiti) e ripristinare la propria indipendenza. Negli anni ’90 del XIX secolo Theodor Herzl tradusse questo sogno in un ideale politico progressivo e fondò il moderno movimento sionista, che nel 1948 sfociò nel ristabilimento di Israele.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... mo-tgl.jpg

Didascalie
Masada, un’antica fortezza dove ebrei sacrificarono la propria vita resistendo all’Impero Romano.
L’arco di Tito a Roma con la raffigurazione della distruzione del Secondo Tempio ebraico a Gerusalemme nel 66 e.v. [più esattamente, nel 70 ndr]
Profughi ebrei da Europa e paesi arabi tornano a casa, in Israele
Gerusalemme moderna
Tel Aviv moderna

Gerusalemme, la capitale fisica e spirituale del popolo ebraico. Il popolo ebraico è originario in Israele e ha mantenuto una presenza continua nel paese sin dal 1000 a.e.v. Gerusalemme è il centro e fulcro della vita e della religione ebraica da più di tre millenni ed è sacra anche per cristiani e musulmani.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... alemme.jpg

Didascalie
Il Muro Occidentale e la Cupola della Roccia
Gerusalemme moderna
La Chiesa del Santo Sepolcro
Ebrei in preghiera al Muro Occidentale negli anni ’70 del XIX secolo

Arabi israeliani, cittadini eguali di fronte alla legge d’Israele, unica comprovata democrazia in Medio Oriente. Gli arabi israeliani sono la più consistente minoranza in Israele, rappresentando il 20% della popolazione del paese. In quanto cittadini, hanno gli stessi diritti degli ebrei israeliani. Vivono, studiano e lavorano fianco a fianco con gli ebrei nelle comunità di tutto il paese. Siedono al parlamento, votano in tutte le elezioni e contribuiscono ad arricchire la variegata cultura israeliana

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... eliani.jpg

Didascalie
Lina Makhoul, cantante
Ayman Odeh, parlamentare, leader della Lista Araba Comune
Lucy Aharish, conduttrice tv
Salim Joubran, giudice della Corte Suprema
Mais Ali-Saleh, migliore laureata della Facoltà di Medicina a Haifa
Yusef Mishleb, generale nelle Forze di Difesa israeliane
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » ven ago 12, 2016 9:56 pm

Come le politiche coloniali distrussero la possibile convivenza fra nazionalismo arabo e nazionalismo ebraico
Dichiarazione Balfour, aspirazioni sioniste e nascita d'Israele non c’entrano nulla con la frustrazione del progetto di uno stato arabo indipendente
Di Mordecai Paldiel
9 agosto 2016

http://www.israele.net/come-le-politich ... mo-ebraico

Com’è noto, in un ennesimo tentativo di mettere in discussione la legittimità di Israele il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Riyad al-Maliki, su incarico del suo presidente Abu Mzzwen, ha chiesto alla Lega Araba di aiutarlo a intentare una causa legale contro il governo britannico per la promulgazione, quasi cento anni fa, della “catastrofica” Dichiarazione Balfour. Se Maliki e Abu Mazen verificassero con più attenzione i dati della storia potrebbero essere costretti a giungere a conclusioni assai diverse.

Nel gennaio 1916, più di un anno prima della Dichiarazione Balfour, Gran Bretagna e Francia si erano segretamente spartite tra loro grandi porzioni di terre arabe che a quell’epoca facevano ancora parte dell’Impero Ottomano. Con l’accordo sottoscritto da Mark Sykes e Charles Picot, la Gran Bretagna si aggiudicava gran parte di quelli che oggi sono l’Iraq, la Palestina o Terra d’Israele e il Regno di Giordania, mentre la Francia avrebbe dovuto ricevere quelli che oggi sono Siria, Libano e la regione settentrionale di Mosul (in Iraq). In altri termini, i giochi erano fatti fra le due superpotenze dell’epoca prima che venisse promulgata qualunque dichiarazione a favore delle rivendicazioni sioniste.

Carteggio McMahon-Hussein del 1915: la linea nera indica il limite occidentale del regno arabo promesso a Hussein, e accettato da Feisal (clicca per ingrandire)

Ancora prima, nell’ottobre 1915, con lo scambio di lettere altrettanto segreto tra Henry McMahon, alto commissario britannico in Egitto, e Hussein bin Ali, sceriffo (leader spirituale) hashemita delle città sante di Mecca e Medina, Londra aveva promesso il sostegno britannico all’istituzione di un regno arabo che comprendesse l’area della penisola arabica nonché la Siria (ad eccezione “delle parti della Siria situate a ovest dei distretti di Damasco, Homs, Hama e Aleppo”), in cambio dell’adesione degli arabi alla guerra contro la Turchia. Secondo gli arabi, la promessa inglese includeva anche una parte della Palestina/Terra d’Israele e del Libano, cosa che McMahon successivamente negò recisamente, avendo ben presenti gli interessi francesi in Siria e Libano.

Sta di fatto che il leader sionista Chaim Weizmann, quando nel giugno 1918 incontrò Faisal, figlio di Hussein, nel suo avamposto militare ad Aqaba, venne accolto calorosamente con un sontuoso banchetto in suo onore. Nel mese di dicembre di quello stesso anno i due si incontrarono di nuovo, stavolta a Londra, in preparazione della conferenza di pace di Versailles. Ad un pranzo in suo onore, Faisal, leader in pectore del nazionalismo arabo, ebbe parole di profondo elogio per l’impresa sionista. Disse che “nessun vero arabo ha motivo di diffidare o temere il nazionalismo ebraico … Noi reclamiamo la libertà araba, e ci mostreremmo indegni di essa se ora non dicessimo agli ebrei, come faccio io in questo momento: bentornati a casa; e se non cooperassimo con loro fino al limitare dello stato arabo”. E aggiunse: “I nostri due movimenti si completano a vicenda: il movimento ebraico è nazionale e non imperialista”.

Un mese più tardi, il 4 gennaio 1919, un documento firmato sia da Weizmann che da Faisal cominciava con queste parole: “L’emiro Faisal … e il dottor Chaim Weizmann … memori della parentela razziale e degli antichi legami esistenti fra popolo arabo e popolo ebraico, e consapevoli che il modo più sicuro per portare a compimento le rispettive aspirazioni nazionali è mediante la più stretta collaborazione possibile nello sviluppo dello stato arabo e della Palestina [ebraica]”, concordano fra l’altro sul diritto alla libera immigrazione di ebrei in Palestina e al loro insediamento sul territorio. Nell’accordo con Weizmann, le parole “lo stato arabo e la Palestina” implicavano due entità separate, e Faisal conveniva che la Palestina (o Terra d’Israele) dovesse diventare il territorio aggiudicato al “nazionalismo ebraico”, separato dal nuovo stato arabo. Faisal, tuttavia, sospettando l’intenzione dei francesi si usurpare Siria e Libano, aggiunse di suo pugno un codicillo in arabo: “Mi atterrò a quanto sopra a patto che gli arabi ottengano la loro indipendenza”.

Accordo Faisal-Weizmann del 1919: la prima pagina e l’ultima, con la nota aggiunta di proprio pugno da Faisal (clicca per ingrandire)

In altre parole, se il promesso regno arabo, che non comprendeva la Palestina destinata agli ebrei, non si fosse concretizzato, l’accordo sarebbe risultato nullo.

Un mese dopo, il 6 febbraio 1919, intervenendo alla Conferenza di Pace Faisal parlò della Palestina come della enclave degli “ebrei sionisti”. E si aspettava il sostegno diplomatico dei sionisti contro i francesi e le loro pretese sulla Siria (tranne forse per il Libano). Intanto alla Mecca, il giornale dello sceriffo Hussein offriva un cordiale benvenuto agli esuli di ritorno, “i figli originari del paese, dai quali i loro fratelli arabi beneficeranno sia materialmente che spiritualmente”.

L’anno dopo, però, quando Faisal fu incoronato re a Damasco, capitale dell’antico impero arabo Omayyade, gli venne ingiunto di sottomettersi ai francesi. Essendosi rifiutato, venne espulso con la forza dal paese. Suo fratello Abdullah, che era a capo delle forze arabe in quella che è oggi la Giordania, decise di vendicare l’umiliazione subita da Feisal sfidando militarmente i francesi. Venne fermato all’ultimo momento dal Segretario britannico alle colonie Winston Churchill che, per placare i due fratelli, ideò un ingegnoso compromesso: Abdullah sarebbe diventato re di un paese di nuova costituzione chiamato Transgiordania (oggi Giordania), lì dove si trovavano le sue forze, e avrebbe goduto del sostegno finanziario e militare britannico, mentre suo fratello, il deposto Feisal, sarebbe stato incoronato re dell’Iraq, che ora comprendeva anche la regione settentrionale di Mosul sottratta ai francesi.

Così venne evitata una guerra tra arabi e francesi, ma allo stesso tempo si decretò che non sarebbe nato il promesso regno arabo unitario del Levante.

Il movimento sionista non ebbe niente a che fare con questo cambiamento della sorte delle aspirazioni arabe.
La responsabilità ricade sugli autori dell’accordo Sykes-Picot, non certo su Lord Balfour che firmò una dichiarazione a favore delle aspirazioni dei sionisti che non venne contestata, ma anzi avallata da Faisal, all’epoca leader indiscusso del movimento nazionale arabo.

Dunque Abu Mazen e Maliki, anziché prendersela con i sionisti e la Dichiarazione Balfour del 1917, che non ebbero alcun ruolo nella spartizione Sykes-Picot del 1916 della quale non erano nemmeno a conoscenza, dovrebbero piuttosto rivolgere le loro accuse alle politiche coloniali britannica e francese per aver compromesso sul nascere le aspirazioni all’unità nazionale araba (che comunque, come allora era assolutamente logico, non presumevano nessuno specifico nazionalismo arabo-palestinese).

(Da: Jerusalem Post, 31.7.16)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » mer set 28, 2016 9:30 pm

"Sei grande come la causa che promuovi, diventi piccolo se promuovi te stesso"
Shalom Shimon

http://www.huffingtonpost.it/amit-zarou ... 29498.html

Piangiamo oggi la morte di un grande uomo, eccelso uomo delle istituzioni e magnifico sognatore, una luce che per anni ha camminato tra di noi -Shimon Peres. Per noi 40enni israeliani, Shimon Peres ha sempre fatto parte della nostra vita. Seppure non tutti possono vantare di averlo conosciuto personalmente, di certo siamo tutti cresciuti con la sua figura, sempre presente.

Ricordo ancora la prima volta che l'ho visto, era il 1988, piena campagna elettorale in una piccola città a sud di Ashkelon, in piedi su un piccolo palco al centro della piazza, il timbro di voce inconfondibile cercava di convincere i più della sua visione politica, piuttosto che spiegare minuziosamente il suo programma elettorale. Quella non fu la prima né l'ultima volta, infatti nel corso dei 3 anni in cui ho lavorato alla Knesset, il parlamento Israeliano, ho avuto la possibilità di assistere con i miei occhi al suo infaticabile contributo alla crescita e alla prosperità della democrazia israeliana.

Ma senza alcun dubbio, l'incontro più emozionante fu ad Ankara, nel 2007, durante il servizio all'ambasciata d'Israele in Turchia. Shimon Peres, in una delle sue prime visite come Presidente dello Stato d'Israele fu invitato a tenere un discorso di fronte al parlamento turco, la prima volta in assoluto che un leader israeliano si rivolgeva a dei parlamentari in un paese mussulmano. Fu eccezionale. Peres come al suo solito seppe toccare le corde della sua audience e costruire la storia con le sue mani.

Lo scorso febbraio ho avuto l'onore di incontrarlo per un'ultima volta insieme a una delegazione di giornalisti italiani all'interno del Peres Center For Peace - un'organizzazione no profit che si impegna a promuovere il dialogo e la coesistenza tra israeliani e palestinesi- sicuramente una delle sue creature più riuscite. Come spesso accadeva ad un leader che amava stare tra i giovani, Peres era il piu' anziano nella stanza, ma non certo per i discorsi e l'ottimismo che traspariva dai suoi occhi sognatori. Peres amava parlare di futuro, delle sue visioni, della tecnologia israeliana e di quanto questa sia in grado di migliorare la vita di tutti i giorni. Al termine dell'incontro ci siamo soffermati nella libreria dove sono esposte le sue biografie e photogallery...La sua vita, la nostra storia.

Peres non fu soltanto uno straordinario uomo di pace, ma anche un abile oratore, tra le sue citazioni quella che più amo è "sei grande come la causa che promuovi, diventi piccolo se promuovi te stesso". Shimon Peres rappresenta la roccia solida per la mia generazione, la memoria vivente dei padri fondatori, servitore del popolo e dello Stato d'Israele. Ci mancherà molto.


TANTO GRANDE CHE IL PREMIO NOBEL E' STATO SOLO UN DETTAGLIO
di Micol Anticoli

Se n’è andato all’età di 93 anni, Shimon Peres, uno dei Padri fondatori dello Stato d’Israele.

Era molto amato dal proprio elettorato, e per questo è stato un grande politico; ma, ancor di più, era amato da tutta la sua nazione, attirava la stima di tanti uomini di destra e anche di tanti arabi, e per questo è stato un grande uomo.

Un uomo dai valori sinceri, tanto che il suo impegno per la pace con i vicini non si limitò ai banchi della Knesset, per incassare vittorie politiche, ma proseguì nella vita di tutti i giorni con il Peres Center for Peace, con il quale promuoveva il dialogo tra ebrei ed arabi.

Un uomo di pace, ma non un girotondino come ce ne sono tanti oggi. Sapeva che a volte era necessario difendersi con la forza, e proprio lui fu responsabile dell’acquisto delle armi che servivano per la Guerra d’Indipendenza. Contribuì alla fondazione della Israeli Air Industries e combatté con La Haganah.

La continua ricerca di dialogo con i palestinesi e con tutti i vicini arabi non lo hanno mai allontanato dal suo dovere di proteggere i propri cittadini, e ed è per questo che sia i politici di destra che di sinistra hanno qualcosa da imparare da Peres. I primi devono tenere in considerazione che la pace si fa col nemico, e che le iniziative militari non possono prescindere dalla ricerca di una buona soluzione diplomatica; i secondi devono ricominciare a porre la difesa degli israeliani al primo posto, e non sottovalutare la minaccia terroristica che necessita di interventi militari e di decisioni che potrebbero limitare la vita degli israeliani come quella dei palestinesi.

Protagonista di un idealismo pragmatico, un sognatore che ha lavorato e combattuto per il suo popolo, un’intera nazione ha perso il suo nonno intelligente e spiritoso. Un uomo d’altri tempi nei modi, con una mente moderna che guardava alla tecnologia e all’innovazione come indispensabili strumenti per costruire un futuro florido.

Il suo ottimismo ha influenzato intere generazioni, il suo ricordo sia di benedizione.



In memoria di Shimon Peres, posto il memorabile discorso che tenne il 6 luglio del 1976 quando era Ministro della Difesa in memoria di Yonathan Netanyahu. Più di molti altri discorsi, di molte inutili parole è questa ode che dice lo spirito di Israele nel meglio di ciò che è stato e di ciò che sa essere.

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063


"L'operazione Entebbe è unica nella storia militare. Ha dimostrato che Israele è in grado di mantenere non solo frontiere difendibili ma anche una retta statura morale. Contro un picco di terrore, a cui hanno dato supporto il presidente e l'esercito dell'Uganda, a una distanza di oltre quattromila chilometri da casa, la condizione di tutto il popolo ebraico, di fatto la condizione degli uomini liberi e responsabili di tutto il mondo venne raddrizzata.

Per questa operazione era necessario assumersi un enorme rischio ma che sembrava più giustificabile dell'altro possibile rischio, quello di arrendersi a terroristi e ricattatori, il rischio che ogni sottomissione e capitolazione comportano.

Il momento più difficile di questa notte di eroismo fu quando arrivò l'amara notizia che una pallottola aveva strappato il giovane cuore di uno dei migliori figli di Israele, uno dei nostri combattenti più coraggiosi, uno dei più promettenti comandanti delle forze armate, il magnifico Yonathan Netanyahu.

L'ho visto alcune notti prima, quando si trovava a capo dei suoi uomini in un luogo del Paese, tutto il suo essere teso alla preparazione di un'altra possibile battaglia. Stava in piedi lì, con la sua caratteristica calma, un naturale comandante sul campo.

Quando questo grande uomo assunse il comando della sua unità, lo consideravamo già un comandante particolarmente dotato, crescendo e innalzandosi ai più alti ranghi di un'unità che lavorava instancabilmente e incessantemente per portare salvezza al suo popolo.

Quanti pesi non mettemmo sulle spalle di Yonathan e dei suoi commilitoni? I compiti più difficili delle forze armate israeliane, le operazioni più audaci. Missioni lontano da casa e vicino al nemico, l'oscurità della notte e la solitudine del guerriero, l'essere alle prese con l'ignoto, gli azzardi che ricorrono in pace come in guerra.

Ci sono momenti in cui il destino di un intero popolo riposa su una manciata di combattenti e di volontari. Essi devono salvaguardare l'integrità del nostro mondo in un breve spazio di tempo. In questi momenti, non hanno nessuno a cui chiedere, nessuno a cui rivolgersi. I comandanti sul luogo determinano le sorti della battaglia.

Lo scopo essenziale dell'Operazione Entebbe era di portare in salvo grazie alla forza di Israele, grazie a un'unità militare israeliana, i passeggeri che gli arabi e i tedeschi avevano ridotto a ostaggi ideali per il semplice fatto di essere israeliani.

Yoni fu il comandante della forza a cui venne affidato il compito di salvarli.

Non fu scelto a caso per questa missione. Era già stato ben conosciuto come audace e inesorabile liberatore. Nel documento che accompagnava la sua Medal of Heroism che gli fu conferita (dopo la guerra dello Yom Kippur), si affermava, "Quando un ufficiale anziano fu ferito a Tel Shams, il maggiore Yonathan Netanyahu, dopo che un primo tentativo era fallito, si offrì volontario per comandare la squadra di salvataggio, e lui riuscì in questa impresa. Per il suo coraggio, la rapidità delle sue azioni e la tenacia nel portare a compimento la missione, è stato un modello di ispirazione per i suoi uomini".

Yonathan era un comandante esemplare. Con l'audacia del suo spirito riuscì ad avere la meglio su i nemici, con la sua saggezza conquistò i cuori dei suoi commilitoni. Il pericolo non lo scoraggiava e i trionfi non gonfiavano il suo cuore. Da se stesso pretendeva molto mentre all'esercito diede l'acume della sua intelligenza, la sua competenza in azione e la sua abilità nel combattimento.

All'università studiò filosofia. Nell'esercito insegnò abnegazione. Ai suoi soldati diede il suo calore umano e in battaglia instillò loro fredda capacità di giudizio.

Questo giovane uomo fu tra quelli che comandarono un'operazione impeccabile. Ma con nostro grande dolore, questa operazione comportò un sacrificio di incomparabile pena, il primo della squadra d'assalto, il primo a cadere. E per la virtù dei pochi, molti vennero salvati, e per il valore di colui che cadde, una statura piegata sotto il peso di un grande fardello, si innalzò ancora in tutta la sua altezza. E di lui, di loro, potremmo dire con le parole di David:

Erano più veloci delle aquile,
più forti dei leoni...
O Yonathan, tu fosti ucciso sulle tue colline.
Sono sconvolto per te, fratello Yonathan...
Molto generoso sei stato con me,
il tuo amore per me fu splendido...

La distanza nello spazio tra Entebbe e Gerusalemme, all'improvviso, ha accorciato la distanza nel tempo, tra Yonathan figlio di Saul e Yonathan figlio di Benzion.

Lo stesso eroismo nell'uomo. Lo stesso lamento nel cuore del popolo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » dom nov 06, 2016 11:17 pm

L’odio della sinistra per Israele nacque all’ombra del Muro di Berlino
Il nuovo formidabile libro di Jeffrey Herf svela le campagne ideologiche e terroristiche che la Ddr orchestrò contro “i sionisti”, scrive il Weekly Standard
di Redazione | 06 Novembre 2016

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/11/0 ... e_c101.htm

"Il nuovo, profondo, libro dello storico Jeffrey Herf, dimostra come il terrorismo della sinistra tedesca contro Israele non era una tattica, ma piuttosto era parte della strategia di una guerra a lungo termine per distruggere lo stato ebraico”. L’analisi accademica e dei media sullo stato comunista della Germania dell’est ormai defunto, e sui gruppi estremisti della Germania dell’ovest, finora non erano riusciti a capire in profondità la loro guerra continua contro Israele (e si potrebbe dire contro gli Stati Uniti). Adesso arriva lo studio monumentale di Herf: “Undeclared Wars with Israel. East Germany and the West German Far Left, 1967–1989” (Cambridge University Press). Per capire la Ddr si deve conoscere la sua opposizione alla filosofia su cui si basa la fondazione dello stato ebraico, vale a dire, il sionismo.

Herf scrive: “La dittatura della Germania dell’est era un tipo diverso di dittatura rispetto a quella nazista che l’aveva preceduta, ma, sia pure per ragioni diverse, è diventata una seconda dittatura che ha considerato il sionismo come un nemico”. Herf analizza ripetutamente con grande ironia la vuota retorica antifascista della Ddr e dei tedeschi occidentali estremisti. “I leader del regime, molti dei quali avevano combattuto il nazismo, avevano interiorizzato il mortale antisemitismo di Hitler, e questo li ha inesorabilmente spinti a volere la distruzione di Israele. La Ddr ricorda la famosa frase di Bertolt Brecht : ‘Il ventre da cui nacque (quel mostro) è ancora fecondo’”. Herf fornisce la prova esaustiva di forniture militari segrete della Ddr ai nemici di Israele in medio oriente, tra cui il regime di Hafez al Assad in Siria, un partner strategico per la Germania orientale. Prendiamo per esempio il periodo 1970-1974, in cui “la Germania dell’est ha consegnato circa 580 mila armamenti, kalashnikov e mitragliatrici, alle forze armate d’Egitto e Siria, curato la manutenzione e riparazione circa 125 dei loro aerei da combattimento Mig e consegnato milioni di proiettili, molte migliaia di lancia-razzi, granate anticarro e mine, e milioni di cartucce”. Herf ha scavato con grande accuratezza negli archivi tedeschi per ottenere informazioni sul terrorismo di stato della Ddr.

Nella sua analisi sul Generale Heinz Hoffmann, potente Ministro della Difesa della Ddr, si coglie perfettamente l’alleanza di stile stalinista tra la Germania socialista e i dittatori del medio oriente nei primi anni Settanta. Hoffmann aveva parlato ai suoi interlocutori iracheni di “punti in comune della nostra lotta contro l’imperialismo e il sionismo”. Uno dei tanti nuovi contributi di Herf nello scandagliare il terrorismo di stato della Ddr è quella che lui chiama “la definizione eurocentrica del controterrorismo della Germania dell’est”. Un elemento di questa definizione è stata la politica equivoca riguardo alle organizzazioni terroristiche palestinesi. La Ddr aveva fornito armi e addestramento sofisticati ai palestinesi in cambio della loro astensione dal compiere attacchi terroristici in Europa occidentale. “In altre parole, la Ddr in gran parte subappaltava la sua guerra contro gli ebrei agli arabi del medio oriente”.

Tuttavia, i tedeschi dell’est, intenzionalmente o inconsapevolmente, nel 1986 hanno permesso ai libici di distruggere a colpi di bombe La Belle, una discoteca a Berlino ovest, uccidendo tre persone, di cui due soldati americani, e ferendone altre 229, tra cui 79 addetti militari degli Stati Uniti. Sulla base del materiale d’archivio non è possibile stabilire un collegamento concreto tra il gruppo palestinese Settembre Nero, l’uccisione di undici atleti israeliani e il servizio di polizia tedesca alle Olimpiadi di Monaco nel 1972. Tuttavia, quando il muro di Berlino è crollato nel 1989, i funzionari della Stasi e altro personale della Ddr avevano provveduto a distruggere una enorme quantità di documenti. Ulrike Meinhof, la militante di estrema sinistra della Germania occidentale, forse la più famosa terrorista tedesca al tempo del gruppo terrorista Baader Meinhof, era euforica per la strage degli israeliani. Il suo saggio che celebra gli assassini degli atleti israeliani, è stato definito da Herf come “uno dei documenti più importanti della storia dell’antisemitismo in Europa dopo la Shoah”.

La Meinhof aveva definito l’attacco di Settembre Nero “antimperialista, antifascista e internazionalista”. L’attacco di Monaco era diretto contro il “nazifascismo di Israele”. Herf mostra anche acutamente la frattura evidente tra la retorica della Germania ovest e l’azione, scrivendo: “La posizione neutrale della Germania ovest ... fu pari a una scelta di parte a favore degli stati arabi”. Il libro è denso di nuove analisi sulla letale politica estera antisemita della Ddr e sulla mortale socio-psicologia degli estremisti della Germania occidentale. L’ossessione in molti settori delle élite tedesche per lo sterminio degli ebrei durante la Shoah e l’odio per Israele nacque allora. Nacque allora anche la violenza ideologica della sinistra verso il piccolo stato ebraico.

Purtroppo, il libro di Herf non ha scalfito la sinistra tedesca. Il Partito della Sinistra, successore del Partito Socialista Unificato della Ddr, è oggi il più grande partito di opposizione nel Bundestag e continua la tradizione di aggressione nei confronti di Israele. Il Partito Socialdemocratico, partner di coalizione della Cancelliera Angela Merkel, ha formato una “partnership strategica” con l’organizzazione palestinese Fatah che inneggia all’uccisione di israeliani. Questo libro indispensabile va letto e diffuso, introduce una più profonda comprensione della guerra della sinistra contro Israele. Il libro di Herf dovrà per questo trovare al più presto un editore tedesco disposto a tradurlo e pubblicarlo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » sab nov 12, 2016 8:08 pm

10 novembre 1975, l’ONU adotta la risoluzione contro il sionismo
David Spagnoletto
10 novembre 2016

http://www.progettodreyfus.com/risoluzione-onu-sionismo

10 novembre 1975, l’Assemblea Generale dell’Onu adotta la risoluzione 3379 in cui si sancisce “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”.

16 dicembre 1991, Assemblea Generale dell’Onu cancella la risoluzione 3379.

Sedici anni, un tempo breve in un secolo che lo è stato altrettanto. Sedici anni che però hanno alimentato la convinzione di una generazione secondo cui il sionismo è paragonabile al razzismo. Quella stessa generazione che l’ha insegnato ai suoi figli, che oggi la sbandierano in nome di un’uguaglianza tra i popoli che sono i primi a negare. Quella risoluzione non andava cancellata, andava strappata lo stesso giorno in cui venne adottata. Così come fece l’ambasciatore israeliano Haim Herzog che alla fine del suo celebre discorso sul sionismo, in risposta alla votazione appena effettuata, strappò in due il foglio della risoluzione davanti all’Assemblea dell’Onu, nell’esatto momento in cui disse:

“Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così”.

L’orazione di Herzog non fu una semplice difesa del sionismo, ma una vera e propria lezione di storia e di parità fra i popoli, sottolineando come in Israele moltissimi partecipassero attivamente alla vita del paese, al suo sviluppo e alla sua crescita.

Ancora oggi è considerata uno dei capisaldi di tutta la storia della diplomazia israeliana e un atto di coraggio (strappare il foglio), figlio di sa di essere dalla parte della ragione, tanto da entrare a far parte del libro “Speeches that Changed the World” - Discorsi che hanno cambiato il mondo, di Simon Sebag-Montefiore, che l’ha ritenuta fondamentale all’interno della storia alla lotta contro l’antisemitismo.

Assieme al discorso del futuro presidente d’Israele ci sono quelli di:

Winston Churchill (“Blood, Sweat and Tears” - Sangue, sudore e lacrime), Martin Luther King (“I Have a Dream” - Io ho un sogno), John F. Kennedy (“Ask Not What Your Country Can Do for You, Ask What You Can Do for Your Country” - Non chiedere cosa il tuo paese può fare per te, chiedi cosa tu puoi fare per il tuo paese) e Nelson Mandela (“Free at Last” - Libero infine).


Assemblea Generale dell’ONU: 10 novembre 1975
Emanuel Baroz
17 novembre 2007
http://www.focusonisrael.org/2007/11/17 ... zog-israel

https://youtu.be/wqCAg2tkUyw
Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così

Il 10 novembre 1975 l’Assemblea Generale dell’Onu aveva adottato la risoluzione 3379 con la quale asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Dopo il voto, Herzog salì sul podio e tenne uno straordinario discorso sul sionismo e sull’odio anti-ebraico, considerato ancora oggi uno dei più importanti discorsi di tutta la storia della diplomazia israeliana. Fra l’altro Herzog definiva la risoluzione “un’ulteriore manifestazione del triste odio antisemita e anti-ebraico che anima la società araba”. Memorabile la chiusura dell’intervento. Brandendo una copia della risoluzione, Herzog disse: “Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così”. Pronunciando queste parole Herzog strappò in due il foglio della risoluzione davanti all’Assemblea dell’Onu. La risoluzione “sionismo uguale razzismo” venne cancellata dalla stessa Assemblea Generale il 16 dicembre 1991. Il discorso di Herzog (destinato a ricoprire successivamente la carica di presidente di Israele) è stato scelto dal gruppo di storici e ricercatori guidati da Simon Sebag-Montefiore. “Si tratta di uno dei più importanti discorsi della storia in fatto di lotta contro l’antisemitismo” ha spiegato lo studioso.

Il libro (“Speeches that Changed the World” – Discorsi che hanno cambiato il mondo, comprenderà, oltre a quello di Herzog, alcuni celeberrimi discorsi come quelli di Martin Luther King (“I Have a Dream” – Io ho un sogno), Winston Churchill (“Blood, Sweat and Tears” – Sangue, sudore e lacrime), Nelson Mandela (“Free at Last” – Libero infine) e John F. Kennedy (“Ask Not What Your Country Can Do for You, Ask What You Can Do for Your Country” – Non chiedere cosa il tuo paese può fare per te, chiedi cosa tu puoi fare per il tuo paese).

http://www.mfa.gov.il/MFA/Foreign%20Rel ... 0Ambassado

http://www.ynetnews.com/articles/0,7340 ... 39,00.html



Questo testo fu scritto nel novembre del 1975, all’indomani della vergognosa mozione ONU che assimilava il sionismo al razzismo. L’autore lo diffuse, l’11 novembre 1975, dai microfoni dell’emittente Europe 1, e, nell’aprile 1976, alla televisione francese. La versione italiana, che viene qui riprodotta, è opera dello stesso autore.

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8990855794

Oggi ve lo riproponiamo, perché, a tanti anni di distanza, ci sembra conservi tutta la sua drammatica attualità:

“Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire, sfogliando un giornale: “Fra guerre e attentati non si parla che di ebrei, che scocciatori…” È vero, siamo dei rompiscatole, sono secoli che rompiamo le balle all’universo. Che volete. Fa parte della nostra natura.

Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con le Tavole della Legge, poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la seconda sberla, poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti, rivoluzionari, nemici dell’ordine. Perché?

Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva soddisfarli, visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi; rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare destino, questo è stato il destino dei miei antenati; per questo sono sempre stati odiati da tutti i paladini dell’ordine prestabilito. L’antisemita di destra rimprovera agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica. È vero. C’erano molti ebrei nel 1917.

L’antisemita di sinistra rimprovera agli ebrei di essere i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo… È vero ci sono molti capitalisti ebrei.

La ragione è semplice: la cultura, la religione, l’idea rivoluzionaria da una parte, i portafogli e le banche dall’altra sono stati gli unici valori mobili, le sole patrie possibili per quelli che non avevano una patria.

Ora che una patria esiste, l’antisemitismo rinasce dalle sue ceneri, o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo.

Prima si applicava agli individui, adesso viene applicato a una nazione. Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia.

Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi e se la loro mezzaluna si è talvolta mascherata da falce era per meglio fregare le sinistre del mondo intero.

Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra che vuole liberare gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte di questa minoranza.

Se la sinistra ci tiene a contarmi fra i suoi non può eludere il mio problema. E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa operate dai romani nel primo secolo dell’era volgare, noi siamo stati ovunque banditi, schiacciati, odiati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza. Perché? …perché la nostra religione, cioè la nostra cultura erano pericolose.

Qualche esempio? Il giudaismo è stato il primo a creare il sabato, il giorno del Signore, giorno di riposo obbligatorio. Insomma il week-end. Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una piramide. Il giudaismo proibisce la schiavitù. Immaginate la simpatia dei romani, i più grossi importatori di manodopera gratuita dell’antichità.

Nella Bibbia è scritto: “La terra non appartiene all’uomo, ma a Dio”; da questa frase scaturisce una legge, quella della estinzione automatica dei diritti di proprietà ogni 49 anni. Vi immaginate la reazione dei papi del medioevo e degli imperatori del Rinascimento?

Non bisognava che il popolo sapesse.

Si cominciò quindi col proibire la lettura della Bibbia, che venne svalutata come Vecchio Testamento. Poi ci fu la maldicenza: muri di calunnie che divennero muri di pietra: i ghetti. Poi ci furono l’indice, l’inquisizione e più tardi le stelle gialle.

Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di genocidio. Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia. Mi ci vorrebbero dieci giorni solo per fare la lista di tutti i pogrom di Spagna, Russia, Polonia e Nord Africa. A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è andato dappertutto. Si estrapola il significato e eccoci giudicati gente di nessun posto. Noi siamo in mezzo ad altri popoli come gli orfani affidati al brefotrofio.

Io non voglio più essere adottato, non voglio più che la mia vita dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più affittare una cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia e di aspettare che mi dicano Avanti.

Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla terra e sulla terra ho la mia terra. Perché l’espressione terra promessa deve valere per tutti i popoli meno che per quello che l’ha inventata?

Che cos’è il sionismo? …si riduce a una sola frase: l’anno prossimo a Gerusalemme.

No, non è lo slogan di qualche club di vacanza; è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo.

E questa preghiera è divenuta un grido, un grido che ha più di duemila anni, e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx, di Einstein, di Modigliani, e di Woody Allen l’hanno ripetuta, questa frase, almeno una volta all’anno: il giorno della Pasqua.

Allora il sionismo è razzismo ?

Ma non fatemi ridere. Il sionismo è il nome di una lotta di liberazione e come ogni movimento democratico ha le sue destre e le sue sinistre.

Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei. I francesi hanno i còrsi, i lavoratori algerini; gli italiani hanno i terroni e i terremotati; gli americani hanno i negri, i portoricani; gli uomini hanno le donne; la Società ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati.

Noi siamo gli ebrei di tutti.

A quelli che mi chiedono: “e i palestinesi?” Rispondo “io sono un palestinese di duemila anni fa, sono l’oppresso più vecchio del mondo, sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e due nazioni”

Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme.

Tutta la sinistra sionista cerca da trent’anni degli interlocutori palestinesi, ma l’OLP, incoraggiata dal capitale arabo e dalle sinistre europee, si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a tutto un popolo, un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua indipendenza sulle mie ceneri.

C’è scritto sulla carta dell’OLP: “verranno accettati nella Palestina riunificata solo gli ebrei venuti prima del 1917″

A questo punto devo essere solidale con la mia gente.
Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme a loro contro i nostri comuni oppressori.
Ma per oggi la famosa frase di Cartesio penso, dunque sono non ha nessun valore.
Noi ebrei sono cinquemila anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere.
Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire mi difendo, dunque sono.”

http://www.focusonisrael.org/2010/01/02 ... -mia-terra

https://it.wikipedia.org/wiki/Herbert_Pagani
Herbert Avraham Haggiag Pagani (Tripoli, 25 aprile 1944 – Palm Springs, 16 agosto 1988) è stato un cantautore, disc-jockey, poeta, scrittore, scultore, pittore, e attore italiano, popolare negli anni sessanta-settanta-ottanta.
È morto negli Stati Uniti a causa di una forma di leucemia all'età di quarantaquattro anni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » dom nov 13, 2016 9:34 am

???

INCREDIBILE: CASSAZIONE ANNULLA CONDANNA PER PROTOCOLLI SAVI DI SION

E' stato accolto dalla Cassazione il ricorso dell'editore piemontese dei 'Protocolli dei savi di Sion' - caposaldo dell'antisemitismo moderno messo a punto dalla polizia zarista all'inizio del secolo scorso e costituito da falsita' su una cospirazione mondiale ebraica e massonica - contro la condanna per diffamazione inflittagli dalla Corte di appello di Torino che il 30 giugno del 2015 in via provvisionale aveva riconosciuto duemila euro di risarcimento alla Comunita' ebraica torinese costituitasi parte lesa.

Il reato addebitato all'editore Roberto Chiaramonte e' stato infatti dichiarato prescritto: la riedizione risaliva al 2008 e la prescrizione e' maturata lo scorso gennaio. Ma ad avviso della Suprema Corte - sentenza 47506 - e' da annullare, con rinvio per nuovo esame davanti al giudice civile d'appello, anche il risarcimento provvisoriamente stabilito. Secondo il verdetto, i contenuti della postfazione e della postilla - Chiaramonte inneggiava al carattere 'veritiero' dei Protocolli che anche se "probabilmente falsi" divulgano "fatti che, dovendo ancora avvenire, sono puntualmente accaduti e continuano ad accadere" - possono rientrare nel diritto di critica al sionismo e non vanno interpretati come frasi diffamatorie verso tutti gli ebrei.

Per la Cassazione, la sentenza di condanna "non ha affrontato il problema centrale di cui si fece carico il procuratore di Torino nel richiedere l'archiviazione: rilevato che l'imputato era stato molto attento e abilmente spregiudicato a dirigere le proprie critiche non nei confronti di tutti gli ebrei, bensi' solo nei confronti di coloro che egli definisce 'sionisti', il pm aveva ravvisato l'impossibilita' di sostenere validamente l'accusa in giudizio". Chiaramonte - rileva la Cassazione - "aveva rivolto i propri strali non verso gli ebrei, ed ancora meno verso la comunita' ebraica torinese, bensi' contro quei soggetti non necessariamente di religione ebraica coinvolti, secondo la teoria sostenuta dallo stesso autore, per quanto incredibile od inaccettabile, in una cospirazione giudaico-massonica".

Per gli 'ermellini', la teoria complottista dei 'Protocolli' puo' essere "una conclusione bislacca ma", per come argomentata da Chiaramonte, "non 'ipso facto' infamante". Nella postfazione, l'editore di Collegno aveva anche citato un passo del 'Mein Kampf', senza nominare Hitler e indicandolo come "un politico del quale oggi sarebbe vietato parlar bene". In primo grado, la citazione dalla 'bibbia' del nazismo era valsa a Chiaramonte la condanna per istigazione all'odio razziale per l'utilizzo dell'espressione "giudei". In appello questa accusa venne meno perche', sostenne la corte di merito, il termine e' stato usato una sola volta, tratto da una citazione, mentre - osserva anche la Cassazione - "nelle restanti parti della medesima postfazione si parla invece di sionisti da un lato e di ebrei dall'altro, cosi' come si sottolinea una differenza di fondo tra antisionismo e antiebraismo". Su questo crinale sottile e insidioso si sviluppera' l'appello bis.

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 64065810:0


Pento Alberto

Basta che al mondo venga meno l'antigiudaismo dei cristiani per contrastare alla radice l'antisemitismo comunista, islamista e nazista/neonazista (si può essere nazionalisti delle nazioni dell'Europa, senza dover essere nazisti e antisemiti). Oggi che gli ebrei hanno ritrovato la loro terra storica e gran parte di loro sono tornati a casa, nella loro Heimat, non costituiscono più un supposto elemento di quell'"internazionalismo" (ideologico, finanziario, mondialista, complottista/cospirazionista, ...) sentito come pericoloso da taluni popoli o da qualche loro frangia. Come gli ebrei difendono la loro terra/Heimat così ogni altro popolo della terra può fare altrettanto senza essere antisemita. Difendere gli ebrei e il loro diritto a Israele è difendere un valore universale, è difendere il diritto di ogni popolo della terra alla sua terra/Heimat, alla sua libertà, alla sua indipendenza e autodeterminazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » gio dic 01, 2016 8:21 am

30 NOVEMBRE - GIORNATA DELL'EBREO PROFUGO DAI PAESI ARABI

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 3268911366

Il parlamento israeliano ha indicato il 30 novembre come la giornata in memoria degli ebrei che furono costretti a scappare dai paesi arabi per avere salva la vita. Sono ebrei dimenticati perché nessuna autorità o agenzia internazionale di assistenza ha mai rivolto un minimo aiuto. Persone che scapparono con i soli vestiti che avevano indosso, alcuni con una valigia e forse qualche soldo in tasca. Si calcola che i terreni che le autorità arabe confiscarono agli ebrei in fuga sia stato pari a cinque volte la grandezza dello Stato di Israele, paese nel quale gran parte di questi oltre 850.000 migranti trovarono rifugio. Oggi rappresentano una realtà perfettamente integrata nel tessuto sociale israeliano, un vero valore aggiunto che oggi contribuisce all’estro e all’ingegno tecnologico made in Israel.

Il 30 novembre del 1947, all’indomani del voto di spartizione approvato dalle Nazioni Unite che sanciva la nascita dello Stato d’Israele, la città siriana di Aleppo fu data alle fiamme: 18 sinagoghe, 150 case, 5 scuole, 50 negozi tutti appartenenti ai membri della comunità ebraica furono devastati e bruciati dalla folla inferocita e lasciata libera di agire dalle autorità locali e nazionali che indirettamente diedero il via libera ai pogrom di matrice araba. Nel febbraio del 47, Faris Al-Khuri, esponente siriano alle Nazioni Unite dichiarava: “Fintanto che la questione palestinese non sarà risolta, avremo molta difficoltà a proteggere gli ebrei nel mondo arabo.” Da qui, i tumulti del 30 novembre del 1947 che attraversarono tutto il mondo arabo ma altro non era che il culmine di quell’odio che aveva sete di sangue perché gli episodi di violenza contro gli ebrei che abitavano nei paesi arabi già mille anni prima dell’avvento dell’Islam, si perpetravano dapprima del ‘47. Più della metà degli ebrei che ora sono in Israele, non furono spinti verso il sogno sionista per via della Seconda Guerra Mondiale ma per via degli arabi che ancora oggi si rifiutano di accettare l’esistenza dello Stato di Israele.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » sab dic 10, 2016 8:00 pm

I veri insediamenti illegali
di Bassam Tawil
Pezzo in lingua originale inglese: The Real Illegal Settlements
Traduzioni di Angelita La Spada
9 dicembre 2016

https://it.gatestoneinstitute.org/9524/ ... i-illegali

Mentre la comunità internazionale continua a stigmatizzare Israele per la costruzione di insediamenti ebraici, i palestinesi sono tranquillamente impegnati nella massiccia costruzione di interi quartieri in molte parti della Cisgiordania e di Gerusalemme. Oltre a ignorare il progetto edilizio palestinese, l'Occidente trascura chiaramente una differenza cruciale tra le due attività: mentre la costruzione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e nei quartieri di Gerusalemme è da sempre realizzata in base alla legge e conformemente agli appositi permessi rilasciati dalle autorità competenti, l'attività edilizia palestinese è abusiva a tutti gli effetti.

In questa impresa subdola, che non soddisfa il benché minimo requisito fissato da ingegneri, architetti e progettisti, l'obiettivo palestinese è quello di creare fatti compiuti irreversibili.

Una breve panoramica delle zone che circondano Gerusalemme da nord, est e sud mostra chiaramente gli enormi palazzoni che continuano a sorgere lì. Nella maggior parte dei casi, questi grattacieli sono costruiti alla bell'e meglio, senza permessi, un'adeguata pianificazione o senza porsi alcun problema di sicurezza.

Un esempio di illegale edilizia selvaggia palestinese nei pressi di Shufat e Anata, alla periferia nord-est di Gerusalemme.

L'avamposto ebraico di Amona, nella Cisgiordania centrale, che ospita 42 famiglie, è attualmente oggetto di violente polemiche sia in Israele sia in ambito internazionale. Nel 2006, l'Alta Corte di Giustizia israeliana dichiarò illegale l'avamposto perché costruito su proprietà privata palestinese. Nel 2014, la Corte Suprema ordinò al governo di evacuare e demolire l'intero avamposto entro due anni.

In Israele, come dimostra Amona, nessuno è al di sopra delle legge. Israele vanta un sistema giudiziario indipendente che non è secondo a nessuno.

Tuttavia, proprio mentre in Israele si accende il dibattito sul destino di Amona, i palestinesi si fanno beffa della legge e dei regolamenti edilizi lanciandosi nella massiccia costruzione di quartieri ed edifici abusivi. A quanto pare, gli insediamenti sono solo "un grande ostacolo" alla pace, quando sono costruiti dagli ebrei.

Negli ultimi anni e fino ad oggi, i palestinesi, con l'aiuto dei donatori occidentali per i quali solo la costruzione degli insediamenti ebraici è impensabile, stanno lavorando notte e giorno per creare fatti irreversibili sotto forma non solo di case unifamiliari ma di masse di grattacieli. L'imponenza del progetto solleva l'interrogativo: chi ha finanziato queste enormi città dentro le città? E perché? Ci sono buone ragioni per credere che dietro questa iniziativa palestinese ci siano l'Olp, alcuni arabi e musulmani, ma soprattutto l'Unione Europea.

Paradossalmente, questo accade anche quando ciò implica che i palestinesi hanno rubato la terra alla nostra gente.

Le strutture palestinesi sono edificate in quella che viene chiamata Area C della Cisgiordania, che, ai sensi degli Accordi di Oslo, dovrebbe essere sotto il controllo esclusivo di Israele. Anche gli edifici proliferano in molti quartieri – o in interi villaggi – che circondano Gerusalemme da nord, est e sud, per poi espandersi verso ovest, formando in tal modo un gigantesco collare di cemento volto a circondare e soffocare Gerusalemme.

Di recente, interi quartieri arabi con affollati grattacieli crescono rapidamente a vista d'occhio intorno a Gerusalemme. Solo una manciata di gradini separano alcuni edifici e la maggior parte di essi è sprovvista di idonee reti fognarie. I costi degli appartamenti si aggirano dai 25.000 ai 50.000 dollari. Sono prezzi ridicoli se paragonati al costo reale degli appartamenti nei (legali) quartieri arabi ed ebraici di Gerusalemme. Oggi, è pressoché impossibile acquistare un appartamento di tre stanze in città a meno di 250.000 dollari.

I nuovi quartieri sorgono a Kufr Akab, Samiramis, Kalandya, Beit Hanina, Shufat, Ras Khamis e Anata, a nord di Gerusalemme.

Nella parte meridionale e in quella orientale della città, nuovi quartieri sono spuntati come funghi a Ras Al-Amoud, A-Tur, Al-Zaim, Jabal Mukaber, Um Tuba e Jabal Mukaber. Queste aree rientrano nei confini municipali di Gerusalemme. Tuttavia, non riuscendo a fermare l'attività edilizia illegale e lasciando la città assediata da nord, est e sud, i funzionari della municipalità di Gerusalemme ammettono che Israele perderà la guerra contro l'edilizia abusiva palestinese se non si interviene immediatamente.

Preoccupato per l'edificazione illegale in corso, il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat ha preso di recente la misura senza precedenti di chiedere all'Alta Corte di Giustizia israeliana di approvare l'immediata demolizione di 14 strutture costruite abusivamente a Gerusalemme Est.

E soprattutto, non esiste alcuna emergenza abitativa della popolazione araba; non è una crisi abitativa araba che induce all'abusivismo edilizio selvaggio. Piuttosto, l'obiettivo è politico: occorre mostrare al mondo che Gerusalemme è una città araba e non ebraica. Generalmente, gli appartamenti rimangono vuoti semplicemente perché non esiste una domanda effettiva.

Ma chi c'è dietro l'ondata senza precedenti di edilizia abusiva? Secondo i residenti arabi di Gerusalemme, molti "costruttori" sono in realtà ladri di terra e furfanti che mettono le mani su terreni privati palestinesi o su quelli i cui proprietari vivono all'estero. Ma fanno anche notare che l'Unione Europea, l'Olp e alcuni governi arabi e islamici finanziano il progetto.

"Individuano un appezzamento di terreno vuoto e rapidamente se ne appropriano", ha detto un residente la cui terra gli è stata "confiscata" da costruttori abusivi.

"Ti dicono che se non sei d'accordo, finisci in tribunale, sapendo che prima della fine del procedimento giudiziario essi saranno riusciti a costruire un altro palazzone e anche a vendere alcuni appartamenti.

"Molti proprietari terrieri arabi si sentono impotenti. Ci dicono che è loro dovere nazionale edificare quanto più possibile su ogni terreno vuoto, altrimenti gli ebrei ci costruiranno sopra".

I palestinesi stimano che negli ultimi anni sono riusciti a costruire più di 15.000 unità abitative illegali nelle zone circostanti Gerusalemme come parte di un piano per accerchiare la città. L'attività edilizia continua e non accenna a diminuire. I finanziamenti provengono in parte dall'Autorità palestinese (Ap) e da qualche paese arabo e islamico, come il Qatar, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait e altri paesi del Golfo Persico ricchi di petrolio. Tuttavia, i palestinesi continuano a lamentarsi del fatto che i finanziamenti arabi e islamici sono inferiori alle aspettative.

Nell'Area C, una striscia di terra pari al 60 per cento della Cisgiordania, l'Unione Europea, condanna aspramente la costruzione di insediamenti ebraici, definendola illegale, finanzia apertamente le opere edilizie abusive realizzate dai palestinesi. L'UE afferma che il sostegno a favore dell'edilizia palestinese rientra nella categoria "aiuti umanitari" ed è ammissibile secondo il diritto internazionale.

Il vero obiettivo è quello di aiutare i palestinesi a creare fatti compiuti irreversibili prima di ogni eventuale futuro accordo di pace tra i palestinesi e Israele. Esso consiste nel facilitare il compito dei palestinesi di confiscare quanta più terra possibile, anche se ciò significa finanziare l'edilizia abusiva o fornire case mobili alle comunità palestinesi di questa area.

In breve, l'UE e alcuni arabi e musulmani sono i finanziatori della costruzione di insediamenti palestinesi illegali, pur chiedendo a Israele che smetta di costruire nuove abitazioni per le famiglie ebree nei quartieri di Gerusalemme o di ampliare gli insediamenti esistenti in Cisgiordania.

L'ipocrisia e la cruda cattiveria dell'Unione Europea e del resto della comunità internazionale verso la questione degli insediamenti sono palesemente evidenti. Eppure, si assiste anche all'ipocrisia di molti media mainstream occidentali, che vedono coi loro occhi la costruzione di insediamenti palestinesi in ogni zona di Gerusalemme, ma preferiscono scrivere e parlare solo degli insediamenti ebraici.

Le 42 famiglie ebree di Amona hanno catturato l'attenzione mondiale, ma che cosa pensa la comunità internazionale dell'appropriazione illegale di terra da parte dei palestinesi? È ora di gridare questo tradimento, questa illegalità e questo principio discriminante e di esigere che i palestinesi smettano di costruire insediamenti illegali che sono progettati con un unico obiettivo in mente: precondizionare l'esito di qualsiasi futuro accordo di pace.

Bassam Tawil è uno studioso che vive in Medio Oriente.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo

Messaggioda Berto » gio dic 29, 2016 8:59 am

In cauda venenum: l'ultimo veleno di Obama
Niram Ferretti
23 dicembre 2016

http://www.linformale.eu/in-cauda-venen ... o-di-obama

Era nell’aria. Se ne parlava da qualche mese. E così è avvenuto. L’Amministrazione Obama si astiene all’ONU e permette che la Risoluzione 2334, la quale chiede un immediato congelamento di tutti gli insediamenti nella West Bank, passi in virtù dell’astensione degli Stati Uniti.

La risoluzione invita tutti gli stati a “distinguere nei loro rapporti tra i territori dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967”, il che, tradotto significa che la presenza di Israele nella West Bank è considerata abusiva e illegittima. Nulla di nuovo in questo senso, poiché questa è la posizione dell’ONU dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, quando le armate vittoriose israeliane, dopo una guerra dia aggressione da parte della coalizione araba formata da Egitto, Giordania, Siria, Iraq, Libano e Arabia Saudita, intesa all’annichilimento di Israele, catturava alla Giordania che se li era annessi abusivamente nel 1951, i territori di Giudea e Samaria, rinominati West Bank, sotto il dominio giordano.

Fu all’epoca che, dietro pressione araba e sovietica L’ONU di fatto trasformò Israele in un occupante illegale in sprezzo totale di quanto scrisse con mirabile chiarezza Lewis Stone, “Il precetto basilare della legge internazionale concernente i diritti di uno stato vittima di una aggressione, il quale abbia legalmente occupato il territorio dello stato aggressore per legittima difesa, è chiaro. E sussiste ancora come legge internazionale a seguito della Carta, la quale non concede alcun potere all’Assemblea Generale dell’ONU di emendare tale legge. Il precetto è che un occupante legale come Israele è autorizzato a restare in controllo del territorio coinvolto in attesa della negoziazione di un trattato di pace”. Concetto ribadito da Dame Rosaylin Higgins, già Presidente della Corte Internazionale di Giustizia:

“Non vi è alcunché nella Carta delle Nazioni Unite o nelle leggi internazionali che lasci supporre che l’occupazione militare, in assenza di un trattato di pace sia illegale…La legge dell’occupazione militare, col suo tessuto complesso di diritti e di doveri, rimane integralmente rilevante fintanto che le nazioni arabe accettino di negoziare un trattato di pace, Israele è di pieno diritto autorizzato a rimanere nei territori che attualmente detiene”.

Essendo Israele difficilmente attaccabile sotto questo aspetto (malgrado la grottesca richiesta fatta all’epoca da parte araba e sovietica che Israele restituisse i territori. A chi? alla Giordania che se li era annessi illegalmente?, ai palestinesi ivi residenti ai quali non era attribuita giuridicamente alcuna sovranità sui territori medesimi?), l’occupante (di fatto, militarmente Israele è occupante, ma solo in questo senso e a tutela della propria difesa e di quella dei coloni insediati nei territori), si è provveduto a livello politico e giuridico a definire illegale la presenza degli insediamenti stessi e a fare in modo che Israele risultasse comunque sempre fuori legge.

Lo si è fatto interpretando l’Articolo 49 della Convenzione di Ginevra 25, in modo da fare apparire l’impresa degli insediamenti, legittimata di fatto dal Mandato per la Palestina, come una impresa illegale e soprattutto come il principale ostacolo per la pace.

Oggi il tradimento americano certifica questa persistente menzogna. La rende plastica consegnando ai palestinesi e a tutti i nemici di Israele nuove munizioni, non solo metaforiche. Si tratta inoltre di uno schiaffo in faccia a Donald Trump, il quale poco prima della approvazione della risoluzione era intervenuto invitando l’amministrazione Obama a porre il veto.

In un colpo solo, Barack Obama, è riuscito a colpire Benjamin Netanyahu e Donald Trump. È il veleno nella coda di questa disastrosa Amministrazione uscente, che lascia un Medioriente in cui ha fallito su tutti i fronti, premiando l’Iran e l’Autorità Palestinese e scaricando il suo storico alleato.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Obama.jpg



Onu a Israele: "Stop nuove colonie nei territori". E per la prima volta Usa astenuti

La risoluzione è passata con 14 voti a favore. A sorpresa non c'è stato il veto statunitense. L'ambasciatrice americana: "Abbiamo difeso la soluzione dei due Stati". Ira di Tel Aviv: "Ci avete abbandonati". Trump: "Le cose cambieranno dal 20 gennaio"

http://www.repubblica.it/esteri/2016/12 ... -154768767

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede ad Israele di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi, inclusa Gerusalemme est e insiste sul fatto che la soluzione del conflitto in Medioriente passi per la creazione di uno Stato palestinese che conviva insieme a Israele. La risoluzione è passata con 14 voti a favore perché a sorpresa gli Usa si sono astenuti e non hanno fatto ricorso al loro potere di veto per bloccare il provvedimento. Questa decisione ha scatenato l'ira di Israele che da tempo accusa l'amministrazione Obama di aver tradito il Paese e ritiene l'iniziativa un colpo di coda del presidente Usa uscente. E il presidente eletto Donald Trump avverte via Twitter l'Onu e Obama: "Le cose cambieranno quando sarò in carica".
"Astensione per difendere la soluzione dei due Stati". La continua costruzione di insediamenti "mina seriamente la sicurezza di Israele", ha detto l'ambasciatrice Usa all'Onu, Samantha Power, spiegando la posizione degli Usa. "Gli Stati Uniti hanno inviato sia privatamente che pubblicamente per quasi cinque decenni il messaggio che le colonie devono cessare di esistere", ha spiegato Power che ha aggiunto: "Non si può simultaneamente difendere l'espansione degli insediamenti e difendere la soluzione praticabile dei due popoli, due Stati per arrivare alla fine del conflitto. Si doveva fare una scelta tra colonie e separazione". Power ha comunque definito Israele "l'unica democrazia in Medio Oriente" dove "va riconosciuto" che la nazione si trova sotto pressione. Secondo l'ambasciatrice, il sostegno degli Usa "non ha mai traballato".

Onu: la via dei due Stati messa in pericolo dalle colonie. Questa via, si legge nel testo, è posta in pericolo dall'espansione delle colonie, che stanno arrivando a una "realtà di Stato". Secondo la risoluzione, gli insediamenti "costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e un grande ostacolo per costruire la soluzione dei due stati, così come una pace giusta, duratura e completa". Inoltre, il Consiglio ribadisce che non riconoscerà alcuna modifica alle linee tracciate nel 1967 salvo diverso accordo tra le due parti attraverso i negoziati. Così, condanna "tutte le misure volte ad alterare la composizione demografica, il carattere e lo stato del territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme Est, in cui accadono confische e demolizioni di case palestinesi. Allo stesso tempo, il massimo organo decisionale dell'Onu chiede misure per prevenire "tutti gli atti di violenza contro i civili, inclusi atti di terrorismo, così come tutti gli atti di provocazione e distruzione" e condanna l'incitamento all'odio.

Diversi membri del Consiglio di Sicurezza hanno sostenuto che si tratta di una risoluzione equilibrata e che, in fondo semplicemente ribadisce una posizione che difende l'Onu e la quasi totalità della comunità internazionale. La risoluzione è la prima sul conflitto in Medio oriente che il Consiglio approva dal 2009.

L'ira di Israele. La reazione di Israele - che aveva già definito "vergognosa" l'attesa mossa di Obama alla vigilia del voto - non si è fatta attendere, con l'ambasciatore presso il Palazzo di Vetro che ha parlato di "risoluzione scandalosa": "Né il Consiglio di sicurezza dell'Onu né l'Unesco possono spezzare il legame fra il popolo di Israele e la terra di Israele", ha affermato Danny Danon. In merito all'astensione americana Danon ha messo in evidenza che "ci si attendeva che il maggiore alleato agisse in linea con i valori che condividiamo e che mettesse il veto su una scandalosa risoluzione. Non ho dubbi sul fatto che la nuova amministrazione americana e il nuovo segretario generale dell'Onu apriranno una nuova era in termini di relazioni dell'Onu con Israele".

"Gli Stati Uniti hanno abbandonato Israele, il loro unico alleato in Medio Oriente", ha dichiarato il ministro per le Infrastrutture Pubbliche e l'Energia ed esponente di punta del Likud, Yuval Steinitz. Sulla stessa linea si è espressa anche l'influente lobby ebraica negli Usa, l'Aipac che si è detto "profondamente turbata dal mancato ricorso al veto da parte dell'amministrazione Obama per prevenire una distruttiva, risoluzione anti Israeliana. L'Aipac ha invece espresso il suo apprezzamento per il presidente eletto Donald Trump e ai molti membri del Congresso democratici e repubblicani che avevano fatto pressione affinché gli Usa opponessero il veto" al Consiglio di Sicurezza Onu.

Prima del voto i responsabili del Centro Wiesenthal di Los Angeles avevano fatto appello all'Amministrazione per bloccare la risoluzione. Il rabbino Marvin Hier e Abraham Cooper avevano stigmatizzato l'azione "draconiana", presa "a un minuto dalla mezzanotte della presidenza Obama", a loro avviso "il segnale sbagliato al momento sbagliato".

Ebrei a favore dell'astensione. Il gruppo ebraico progressista J Street si è invece schierato a favore dell'astensione: "Diamo il benvenuto alla scelta dell'amministrazione. La risoluzione è coerente alla tradizionale posizione bipartisan americana che include un forte appoggio alla soluzione dei due Stati e una chiara opposizione a azioni irresponsabili e dannose tra cui il terrorismo palestinese e l'espansione degli insediamenti e la distruzione di case da parte di Israele".

L'Anp esulta. La presidenza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) giudica un "duro colpo" ad Israele il voto con cui il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato la politica delle colonie e degli insediamenti di Tel Aviv in Cisgiordania e Gerusalemme Est, chiedendone "l'immediata cessazione". Il portavoce Nabil Abu Rudeina ha parlato di una "storica risoluzione" che si è dimostrata anche "un importante sostegno alla soluzione dei due Stati".

La rivincita di Obama. Anche negli Usa ci sono i primi contraccolpi: lo speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan, ha definito la posizione degli Usa "vergognosa". Ma questa, per Obama, è una piccola-grande rivincita dopo aver fallito nel favorire i negoziati tra israeliani e palestinesi, fin dal 2009 la sua priorità numero uno in politica estera. Con la decisione di dare carta bianca al segretario di stato John Kerry la cui missione era di portare a casa una storica pace. Così non è stato, anche a causa dei gelidi rapporti tra Obama e Netanyahu che hanno fatto precipitare le relazioni tra Usa e Israele ai minimi di sempre.

Neppure Donald Trump è riuscito a fermare il voto dell'Onu o a convincere la Casa Bianca a presentare il veto come in passato. A lui si è rivolto il governo israeliano quando oramai si era capita l'intenzione di Obama. Il tycoon - con un'interferenza senza precedenti per un presidente eletto - ha provato il tutto per tutto, telefonando anche al presidente egiziano al Sisi che aveva presentato la risoluzione originaria. Una chiamata che in effetti ha portato l'Egitto a rinunciare al voto nella giornata di giovedì.

Ma a distanza di poche ore sono stati altri quattro Paesi a ripresentare il testo (Malesia, Nuova Zelanda, Senegal e Venezuela). A quel punto i giochi erano fatti. L'ambasciatore della Malesia, Dato' Ramlan Ibrahim, ha spiegato poco prima della votazione che i quattro Paesi consideravano importante "cogliere l'opportunità" e il "crescente consenso" in seno al Consiglio, a fronte anche del progetto di legge che è in discussione al Parlamento israeliano per legalizzare in modo retroattivo le colonie ebraiche in Cisgiordania. E la risoluzione è passata con 14 voti e l'astensione degli Usa.

Nel 2011 l'amministrazione Obama era invece ricorsa al veto contro una simile condanna della politica israeliana sulle colonie. Mentre ha posto il veto in Consiglio di sicurezza altre 40 volte su risoluzioni critiche verso Israele. L'unica astensione Usa che si ricordi risale all'amministrazione Bush nel 2009, quando gli Usa non posero il veto sui un testo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.



Obama senza più maschera, tradisce Israele
Commento di Fiamma Nirenstein
da Il Giornale
24 dicembre 2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=64825

Israele deve tornare ai confini del '67

Scriviamo 'Obama getta la maschera' pur sapendo che il tradimento è iniziato otto anni fa. La sua politica estera è stata alleata dell'estremismo islamico fin dall'inizio con il discorso all'Università del Cairo. Quindi disastrosa non solo verso Israele, ma letale per tutto il Medio Oriente. Il terrorismo islamico ha tratto enormi vantaggi dalla politica di Obama, se è cresciuto come sappiamo, in tutto mil mondo e in particolare nei paesi europei, il primo responsabile è Obama. Il voto di astensione dimostra quanto avevamo ragione nel criticarne la politica estera.
I giornali riprendono oggi il voto contro Israele, per fortuna quasi tutte le cronache citano l'affermazione di Donald Trump "dopo il 20 gennaio tutto cambia". IC pubblica oggi in altra pagina il commento di Deborah Fait e l'analisi legale di Giovanni Quer. Domani -come ogni anno non escono i giornali- IC pubblicherà sulla vicenda Obama la Cartolina di Ugo Volli, con tutti i particolari inediti della vicenda.

Ecco il commento di Fiamma Nirenstein da Gerusalemme:

Con una scelta che si incide nella storia degli Stati Uniti come l'ennesimo colpevole fraintendimento dell'amministazione Obama nei confronti del Medio Oriente, una incapacità che ha portato a stragi immense e a disastri indicibili in Siria ma anche in tante altre zone, il presidente uscente ha deciso di rovesciare la politica tradizionale degli Stati Uniti: tale politica ha sempre difeso Israele col veto nel Consiglio di Sicurezza dalle maggioranze automatiche piene di odio che hanno caratterizzato l'atteggiamento dell'Onu verso Israele. Stavolta con un colpo di coda impensabile Obama ha lasciato per la sua legacy in primo piano l'astensione su una risoluzione votata da 14 membri che stabilisce che occorre «distinguere fra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati nel 1967», condanna gli insediementi che vengono definiti illegali e «un grande pericolo per la possibilità della soluzione dei due Stati» e aggiunge una serie di altre osservazioni fuori di ogni realtà e senso storico. I territori non sono «illegali» ma «disputati» secondo le risoluzioni del 1967, la legge internazionale non è stata violata perché non ci sono mai state deportazioni della popolazione originaria, i territori non sono mai stati «palestinesi» ma giordani e conquistati con una guerra di difesa, e soprattutto la vera difficoltà nel raggiungere un accordo con i palestinesi per due Stati è il rifiuto ad accettare l'esistenza dello Stato d'Israele che ha portato a dire no a soluzioni generose come quelle di Barak e di Olmert. Una risoluzione come quella votata ieri non tiene in nessun conto che ci sono insediamenti indispensabili alla sicurezza mentre altri sono trattabili, consente discriminazioni legate alla Linea Verde, incrementa il BDS, forse anche le sanzioni, promuove odio e incitamento antiebraico, conferisce una vittoria pazzesca per i palestinesi nonostante il rifiuto e il terrorismo, ed è una festa per l'estremismo islamico che odia l'Occidente.
Gli egiziani avevano rinunciato giovedì alla loro mozione su richiesta, pare, del nuovo presidente Trump; ma il vecchio presidente ha fatto sì, si dice, che la sua gente lavorasse sott'acqua perché la mozione fosse subito ripresentata da Malesia, Venezuela, Nuova Zelanda e Senegal. Obama sin dall'inizio del suo primo mandato ha dimostrato verso Israele un'antipatia alimentata dall'opposizione all'accordo nucleare con l'Iran del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahau, applaudita dal suo stesso Congresso. Che gli importa se l'Iran è diventato il migliore amico di Putin e combatte sanguinosamente in Siria? Obama ha mancato di ogni consistenza nel mondo mediorientale, col suo apprezzamento per la Fratellanza Musulmana e la sua convinzione che il suo personale charme avrebbe creato un rapporto pacifico col mondo islamico. E così la sua colpevole sottovalutazione del terrore e la sua repulsione verso l'unico vero difensore della democrazia in medio Oriente, Israele, si combina fino all'apoteosi del suo gesto definitivo con la politica di quell'Onu che nel 75 stabilì col voto che «sionismo è uguale a razzismo» e che ha dedicato al piccolissimo Paese due terzi delle sue condanne ignorando centinaia di migliaia di morti, di profughi, di violazioni. Forse Obama sta disegnando il suo prossimo ruolo di presidente dell'Onu, gli si addicerebbe. Stasera in Israele si festeggia Hanuccà, in parallelo col Natale: che gli uomini di volontà seguitino a esserlo, nonostante Obama e la sua ipocrisia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Ebraismo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Google [Bot] e 3 ospiti

cron