Ebraeixmo spertoałetà e rełixon

Re: Ebraeixmo

Messaggioda Sixara » mer dic 25, 2013 11:03 am

Berto ha scritto: kel fredo el te conpagne


Amèn. A so' propio na creatura del frédo mi :D A stago bèn solo col fredo, col jàtso, la neve.. però l è vero, me piaxe anca el fògo, vardare le falìve ca va sù pal camìn..
Bon Nadale Berto.
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo : Va- erà

Messaggioda Sixara » ven dic 27, 2013 10:45 am

Oncuò gnente 'na parola al jorno' ma :
http://www.giuntina.it/Parasha/

La Parashà della settimana :
Va- erà
(Esodo 6,2 - 9,35) Dio conferma a Mosè il patto di Abramo e la promessa della terra. Preannuncia che il Faraone proibirà ai figli di Israele di seguire Mosè nel deserto. Al rifiuto seguiranno le prime sette piaghe che però risparmieranno la terra di Goshen, luogo di residenza degli ebrei. Il Faraone, al verificarsi delle piaghe, pare riconoscere i propri torti, ma all'atto pratico non lascia uscire gli ebrei dall'Egitto.

La Parashà di Va-erà ci descrive le prime sette piaghe che colpirono il Faraone e gli egiziani che si ostinavano a non voler lasciar libero il popolo d'Israele dalla schiavitù in cui lo avevano ridotto.
Come abbiamo già rilevato in altre occasioni, i nostri Maestri hanno voluto e saputo trarre da ogni minimo particolare che ci narra la Torà un insegnamento morale valido in ogni tempo e in ogni luogo. E perfino dal triste racconto delle piaghe hanno dedotto un elevato principio etico.
Quando l'Eterno decise di colpire l'Egitto con le prime tre piaghe, affidò il compito ad Aronne invece che a Mosè, a differenza di quanto fece con tutte le altre. Per la prima, infatti, con la quale l'acqua viene trasformata in sangue, è scritto: “E l'Eterno disse a Mosè: `Di' ad Aronne, prendi il tuo bastone e stendi la tua mano sulle acque dell'Egitto...’” (7,19). Così pure per quanto riguarda la seconda piaga, l'invasione delle rane, leggiamo: “E l'Eterno disse a Mosè: `Di' ad Aronne...’” (8,1). Una situazione analoga si verifica infine per la terza piaga (8,12).
I nostri Maestri si sono posti la domanda: “Perché questa differenza tra le prime tre piaghe e tutte le altre?”. E dopo avere esaminato con attenzione la questione ci hanno proposto una suggestiva risposta.
Il Signore Benedetto, essi affermano, disse a Mosè: “Non è giusto che le acque vengano percosse dalla tua mano, in quanto esse ti hanno salvato quando fosti gettato nel Nilo!” (Shemoth Rabbà VIII,12). Mosè, come infatti sappiamo, all'età di tre mesi era stato salvato dalla morte proprio perché era stato affidato alle acque del Nilo, e perfino il suo nome ricorda tale episodio (cfr. Es. 2,10).
Dato quindi che Mosè aveva un debito di riconoscenza verso le acque dell'Egitto, Dio non gli permise di ripagare un atto di giustizia con un'offesa.
Per motivi analoghi, continua il Midrash, anche la seconda e la terza piaga non furono portate sull'Egitto direttamente da Mosè.
La sensibilità e la gratitudine che si devono avere verso chi ci ha anche una sola volta beneficato è un pensiero sublime nella sua elevatezza ed è certamente valido anche oggi! La morale dell'interpretazione rabbinica è chiara: “Non ripagare mai un bene con un torto; un benefattore deve essere considerato sempre con gratitudine e infliggergli un'offesa è un'azione bassa e vile”.
E usare l'acqua e la sabbia che avevano protetto Mosè in pericolo avrebbe significato usare un benefattore per portare del male; anche se questo male costituiva una giusta punizione.
Un'antica massima ebraica afferma: “Non gettare del fango in un pozzo da cui ti sei abbeverato!” (Talmud Babilonese, Bavà Kamà 92b). Il fatto che questo proverbio si trovi in molte lingue dimostra, purtroppo, che spesso ci si allontana da questo elevato principio morale.
Molti sono infatti i casi di ingratitudine in cui ci imbattiamo.
Troppo spesso, per esempio, ci troviamo di fronte all'ingratitudine dei figli.
E analogamente troppo spesso siamo testimoni del rigetto totale, da parte di molti, del patrimonio spirituale e culturale che ha sostenuto e guidato la collettività ebraica attraverso i secoli; di molti che senza conoscere tale patrimonio o conoscendolo solo superficialmente o attraverso informazioni prevenute e distorte, rischiano di rompere una catena i cui anelli sono stati costruiti con pazienza e sacrificio; si offende in tal modo la memoria e l'operato di coloro che hanno beneficato i loro discendenti con il dono di un insegnamento morale e spirituale di enorme valore del quale si dovrebbe essere grati e riconoscenti.
Essere ebrei significa non solo far parte ufficialmente di una Comunità ebraica, ma anche agire attivamente perché il nostro ebraismo venga trasmesso alle generazioni future.
Abbiamo parlato di ingratitudine da parte dei figli. Dobbiamo tuttavia riconoscere che questa ingratitudine a volte è causata anche dalla nostra incapacità di seminare nel giusto modo, dal non avere fatto loro attingere nel giusto tempo a quella sorgente di “mayim chaim”, di “acqua viva” che è la Torà, il che avrebbe loro permesso di conoscere ciò che l'Ebraismo è, e ciò che ha dato e continua a dare alla civiltà umana.
Sarebbe molto doloroso dover riconoscere valida l'affermazione che “la religione è per l'Ebreo ciò che è il mantello per il viaggiatore: vi si avvolge quando i freddi venti delle avversità soffiano intorno a lui e la lascia quando il sole splende su di lui!”.
Dobbiamo inoltre tenere sempre presente che le Comunità ebraiche vengono giudicate, a torto o a ragione, dal comportamento di tutti i loro membri e che quindi ogni azione del singolo, buona o cattiva che sia, finisce per far sentire il suo influsso su tutti i membri della comunità e sull'immagine di sé che essa dà all'esterno.
Facciamo ogni sforzo perché la sorgente da cui ci siamo abbeverati sia rispettata, così come Mosè rispettò le acque che gli avevano salvato la vita.
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo : Shabbàt

Messaggioda Sixara » sab dic 28, 2013 12:04 pm

Oncuò xe Sàbo :

Shabbàt, o Sabato, è l'istituzione religiosa centrale dell'ebraismo rabbinico. L'osservanza dello Shabbàt è la pratica che definisce più di tutto l'appartenenza alla comunità osservante degli ebrei credenti. L'idea di un giorno santo, diversamente da qualsiasi concetto di luogo sacro, è considerata dalla Toràh come esistente fino dall'inizio del mondo. È iniziato il giorno dopo la creazione degli uomini, il giorno in cui Dio si è riposato. Dio ha santificato il Sabato dall'inizio stesso del tempo (Gen. 2:1-4). Questo è un modo di dire che l'esistenza umana stessa non può essere immaginata in un mondo dove non c'è lo Shabbàt.
La radice della parola Shabbàt significa “cessare” o “desistere”. Osservare lo Shabbàt vuol dire cessare la nostra vita lavorativa ed interrompere la nostra routine giornaliera ogni settimo giorno, rendendo quel giorno santo. Shabbàt deve essere un giorno di godimento del mondo di Dio piuttosto che di scontro con esso; un giorno di distensione piuttosto che di lotta, un momento per vivere in armonia piuttosto che di conseguimento del dominio.
Due eventi sono celebrati ogni Shabbàt. Uno è la Creazione del mondo da parte di Dio. Il nostro riposo è un modo di prender parte al riposo di Dio, addirittura rientrando, per un momento, in quel giardino perfetto che era il mondo secondo l'intenzione di Dio. Shabbàt è famoso per portare in sé “il sapore dell'Eden” e “qualcosa del mondo a venire”, che è un Giardino dell'Eden ripristinato. Ma Shabbàt commemora anche l'Esodo dall'Egitto. Gli schiavi non sono in grado di scegliere il loro riposo. La capacità di creare il proprio equilibrio tra lavoro e svago è un segno di libertà. Secondo il Midràsh, Mosè andò da Faraone e chiese un giorno settimanale di riposo per gli schiavi ebrei, istituendo così lo Shabbàt perfino prima che essi lasciassero l'Egitto. Parte di ogni celebrazione dello Shabbàt consiste nella nostra ammissione che siamo ancora schiavi del lavoro, schiacciati, oggi, dal ritmo veloce della nostra vita lavorativa e dalla pressione di vivere in una società orientata sempre più verso la conquista. I nostri padroni, oggi, possono essere elettronici piuttosto che umani, ci blandiscono più che frustarci per farci lavorare ancora un po' più velocemente e più duramente. La nostra capacità di metterli da parte una volta alla settimana è la nostra proclamazione di liberta, un motivo autentico di celebrazione.
La Toràh non dà quasi alcuna istruzione su come osservare il Sabato. Il “lavoro” è proibito, ma la natura di questo lavoro non è specificata. Alcuni dettagli, compreso il divieto di accendere il fuoco e di raccogliere legna il giorno di Sabato, sono tutto ciò che il testo fornisce. I rabbini, tuttavia, trovarono un intero corpo di leggi del Sabato celato nella Toràh, basato su un'analogia tra la melakhàh (“lavoro”) proibita per Shabbàt e il lavoro richiesto per la costruzione del tabernacolo nel deserto. Tutti i tipi di lavoro richiesti per la costruzione (ci sono trentanove categorie principali e molte da esse derivate) sono quelli proibiti il giorno di Shabbàt.
Il tabernacolo, naturalmente, rappresenta il Tempio di Gerusalemme. Nei tempi antichi la religione d'Israele aveva il suo punto focale nel Tempio, e i riti più importanti avevano luogo solo in quel posto sacro. Tutto il resto del mondo, per così dire, era situato tutto intorno ad esso (dal momento che i cristani hanno ereditato questa geografia sacra dagli ebrei, non sorprende che le mappe più antiche mostrino Gerusalemme come il centro del mondo). I rabbini del primo e del secondo secolo, di fronte alla perdita del Tempio, capirono che esso doveva essere in qualche modo sostituito. Un centro sacro portatile, tale che santificasse il tempo più che lo spazio, poteva servire ugualmente allo scopo sia in esilio che nella Terra Santa, e non avrebbe minacciato il loro costante attaccamento a Gerusalemme. Ingegnosamente essi collegarono strettamente il Sabato al Tempio, impiegando la stessa serie di regole. Facendo questa serie di lavori, costruiamo lo spazio sacro; astenendoci dallo stesso elenco di lavori santifichiamo il tempo sacro. Shabbàt diventa così un'immagine speculare del Tempio, un tabernacolo-in-esilio che funge, nei secoli, da centro effettivo della vita ebraica.
Shabbàt può essere ancora il modello religioso più importante che l'ebraismo può dare all'umanità. Nella nostra epoca dall'andatura sempre più veloce e dalle esigenze sempre maggiori, la necessità di un giorno di autentico riposo è ancora più importante. Ma le forme di osservanza del Sabato, nel loro evolversi in infiniti dettagli, sono, per molti ebrei, soffocanti e perfino opprimenti nei confronti dello stesso spirito di libertà dello Shabbàt. Lo Shabbàt dei nostri giorni dovrà essere più semplice e efficiente. Ciò è necessario prima che lo Shabbàt possa essere accettato da settori più vasti del popolo ebraico, ed anche per il bene di qualsiasi messaggio nuovo, relativo al Sabato, che speriamo di potere estendere al di là dei confini della nostra comunità. Uno Shabbàt di questo tipo dovrà naturalmente essere totalmente spontaneo, senza alcun tipo di costrizione.
Nell'intento di provvedere a questa necessità, ecco l'elenco di dieci consigli per un Sabato moderno. Possono essere utilizzati singolarmente, per creare uno Shabbàt per voi e la vostra famiglia, o in unione con qualunque cosa vi sembri giusta, contenuta nell'halakhàh tradizionale.
 
Dieci consigli per un Nuovo Shabbàt

Cose da farsi:
 
1. Rimanete a casa. Passate del tempo prezioso con la vostra famiglia e i veri amici.
2. Festeggiate con gli altri: alla vostra tavola, in sinagoga, con la vostra comunità o chavuràh, o con coloro con i quali potete meglio condividere il sentimento di apprezzamento per il mondo di Dio.
3. Studiate o leggete qualcosa che vi istruisca, vi sia di stimolo o vi faccia crescere.
4. Rimanete da soli. Prendete del tempo per voi stessi. Esaminatevi. Riconsiderate la vostra settimana. Chiedetevi a che punto siete nella vostra vita.
5. Contrassegnate l'inizio e la fine di questo tempo sacro: con l'accensione delle candele e il qiddùsh la sera del venerdì, e l'havdalàh il sabato sera.
 
Cose da evitare:
 
6. Fare tutto quello che sia legato al vostro lavoro. Questo comprende le letture obbligatorie, i compiti a casa dei figli (anche se non scritti!), gli obblighi sociali non desiderati e il prepararsi al lavoro o farlo addirittura.
7. Spendere denaro. Separatevi totalmente dalla cultura consumistica che ci assedia.
8. Fare affari. Nessuna telefonata al vostro operatore di borsa, nessuna attenzione agli annunci economici, nessun pagamento di conti. Tutto questo può attendere.
9. Viaggiare. Evitate in particolare gli aeroporti, le stazioni, gli alberghi e altri luoghi di incontro altrettanto spersonalizzanti. Tenetevi lontani da situazioni nelle quali è probabile che gli altri vi augurino una buona giornata! (“Shabbàt è sempre una buona giornata, grazie!”).
10.Dedicarsi ad un tipo di intrattenimento consumistico e pre-confezionato, come quello della tivvù o del computer. Fate in modo di trovarvi faccia a faccia con coloro che sono intorno a voi piuttosto che stare di fronte ad un video onnipotente.

Bòn Sàbo a tuti! :D
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo

Messaggioda Berto » sab dic 28, 2013 11:17 pm

Etimołoja de sabo, sabato

http://it.wikipedia.org/wiki/Shabbat
Nella religione ebraica lo Shabbat (detto anche Shabbath, Shabbos secondo la pronuncia Ashkenazita o Shabat; plur. Shabbetot o Shabbatot, in ebraico שבתות), in ebraico: שבת, è la festa del riposo, che è osservata ogni sabato (dal tramonto del venerdì).
???
La parola ebraica Shabbat proviene dal verbo ebraico lishbot (לשבות) che letteralmente significa smettere, inteso come smettere di compiere alcune azioni. Sebbene "Shabbat" o la sua versione anglicizzata "Sabbath" siano universalmente tradotti come "riposo" o "tempo del riposo", una traduzione più letterale sarebbe "lo smettere" con l'induzione a "smettere di lavorare".
Sheva, in ebraico, può anche significare il numero "7".
Questa considerazione contribuisce anche a chiarire la questione teologica sul perché, nel settimo giorno della creazione, così come riportato nel libro della Genesi, Dio abbia avuto bisogno di riposare: una volta compreso che Dio ha smesso di lavorare piuttosto che riposato, si rientra in un'ottica biblicamente più aderente alla figura di un Dio onnipotente che non ha necessità del riposo; per questo si deduce l'interpretazione del versetto riposò come aggiunta dell'anima al Mondo, appunto lo Shabbat; similmente si dice che durante lo Shabbat ogni Ebreo riceve un'anima santa aggiuntiva chiamata Ruach superno o ancora Neshamah yeterà. Ferma restando questa doverosa chiarificazione, questa voce seguirà la traduzione più comunemente accettata di Shabbat con "riposo".



Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... to-551.jpg


Kisà se a ghè on ligo:

Sabasio
http://it.wikipedia.org/wiki/Sabazio

« Ascolta, padre, figlio di Crono, Sabazio, demone glorioso,
che Bacco Dioniso, dal suono rimbombante, Eirafiote,
hai cucito nella coscia, affinché portato a termine andasse
al sacro Tmolo presso Ipta dalle belle guance.
Ma, beato, protettore della Frigia, re supremo di tutto,
benevolo vieni soccorritore a coloro che celebrano i misteri »

(Inni Orfici)


Sabazio (in greco Σαβάζιος, -ου, in latino Sabazĭus, -i) era una divinità frigia.
Era ritenuto comunemente figlio di Rea, anche se altre versioni lo riconoscono come discendente di Zeus e Persefone; il mito ritiene che i Titani lo assassinarono, spezzandolo in sette parti.


Sabasio el jera fiolo de Crono (el tenpo)

http://it.wikipedia.org/wiki/Chronos_(Orfismo)
Chronos (Χρόνος, Tempo) è una divinità propria delle teogonie orfiche avente il compito di temporalizzare gli eventi.
Nella teogonia di stampo orfico attribuita a Ieronimo e a Ellanico, di datazione incerta, e che viene riportata nel modo più esauriente da Damascio nel VI secolo d.C. così viene presentata la genesi dell'universo:
all'inizio vi è l'acqua (hydôr) e la materia (hylê); da questi si condensa la terra (gê);
prima di questi non c'è nulla, osserva Damascio, forse perché il "prima" è di natura "indicibile" quindi tramandato segretamente;
dall'acqua e dalla terra prese origine un serpente (drakonta) avente la testa di un toro e quella di un leone e in mezzo tra queste il volto di un dio, aveva anche le ali poste dietro le spalle, il suo nome era Tempo (Χρόνος, Chronos) privo di vecchiaia (agèratos), e ma ebbe anche il nome di Eracle (Herakles);
a questo serpente era congiunta Ananke (Ἀνάγκη, Necessità) incorporea, per natura identica ad Adrastea (Ἀδράστεια), con le braccia aperte a contenere ("ne raggiunge i limiti", peráton) tutto il mondo (kosmoi);
Tempo, il serpente, è padre di Etere umido, di Chaos senza limiti e di Erebo nebbioso; in questa triade Tempo genera l'uovo;
dall'Uovo nasce un essere dall'aspetto sia femminile che maschile, con le ali d'oro, le teste del toro sui fianchi, un enorme serpente sul capo somigliante a tutte le creature selvatiche, questo essere conteneva in sé tutti i semi delle creature future, il nome di questo essere nato dall'Uovo era Protogono ((Πρωτογόνος, Protogonos), anche chiamato Zeus o Pan (Πάν).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ebraeixmo: de Sàbo

Messaggioda Sixara » lun dic 30, 2013 11:40 am

El dì del Sàbo el fa miracoli : uno el ghe mòla da laorare e l se mete a pensare.. e pensa e pensa, vièn fòra dee bèle robe anca. Tante domande anca. Nisùna risposta. :D
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo: Kol Nidré

Messaggioda Sixara » lun dic 30, 2013 11:44 am

Sèmo drio ndar verso el cào de l àno: tenpo de riflesion, tenpo de Kol Nidré

Per Yom Kippùr la preghiera serale è preceduta dal kol nidré, una dichiarazione, espressa con termini legali, che annulla tutti i voti fatti per il nuovo anno. La recitazione di questa formula, una delle parti più conosciute della liturgia ebraica, ha una storia lunga e controversa. Era già conosciuta e discussa all'epoca dei gheonìm (nono secolo). La formula originale era retroattiva, in quanto invalidava tutti i voti fatti nell'anno precedente. La sua recitazione permetteva di accedere a Yom Kippùr con una coscienza pulita, senza alcun voto dimenticato o inadempiuto che ostacolasse il cammino verso l'espiazione. Ma qualcuno sosteneva che la possibilità di questa invalidazione generale incoraggiava le persone a fare voti con maggiore superficialità, contando poi sul previsto kol nidré come una scappatoia dall'obbligo di adempiere al voto. Come compromesso con coloro che si opponevano totalmente al kol nidré, i rabbini lo mutarono in una formula preventiva, piuttosto che retroattiva.
La melodia usata per il kol nidré è considerata tra le più antiche del repertorio sinagogale. L'esecuzione del kol nidré ha una grande forza drammatica. Prima si estraggono dall'arca due o più rotoli della Toràh che hanno il ruolo simbolico di testimoni del tribunale; poi viene recitata una formula particolare che permette alla comunità “di pregare insieme ai trasgressori”. Questa formula, espressa anch'essa in linguaggio legale, venne usata, in alcuni periodi della storia ebraica, per permettere a coloro che erano stati obbligati all'apostasia di unirsi ai loro fratelli ebrei nelle preghiere di Yom Kippùr. Questa formula, a quel tempo il vero e proprio kol nidré, viene recitata tre volte, e man mano si eleva da un canto silenzioso verso un forte crescendo. La comunità risponde recitando a voce alta Numeri 15:26: “Tutti i figli d'Israele e gli stranieri che dimorano in mezzo a loro sono perdonati, perché tutto il popolo ha agito senza intenzione”.
Tutto ciò deve aver luogo prima del tramonto, poiché la dispensa dai voti non è permessa il giorno di Sabato. Terminato questo rito iniziale di perdono, la comunità loda a gran voce Dio con la benedizione she-hecheyànu, rendendo grazie all'Uno che “ci ha tenuto in vita, sostenuto e permesso di arrivare a questo momento”. Questa benedizione, come ho sentito dire una volta da un saggio maestro, è l'essenza stessa dello Yom Kippùr. Eccoci qua |m- con la coscienza ripulita |m- pronti a presentarci direttamente davanti a Dio con un'attenzione serena e indivisa, quale è possibile soltanto per Yom Kippùr. Questa benedizione è seguita direttamente dalla funzione serale di Yom Kippùr stesso.

Senpre drio costionare i ebrei, elora i rabìni i la gà catà la soluzion : da retroattivo i lo gà trasformà n preventivo et voilà.. bèlo ke fato el kol nidré!
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo: Bo

Messaggioda Sixara » mar dic 31, 2013 9:43 am

La Parasha de la stìmana l è so la libertà, so i tipi de libartà ke ghe vièn concesa a l òmo :
http://www.giuntina.it/Parasha/

No la méto tuta: a ghì tenpo na setimana pa ndare vardarvela :) Vojo metare però la parte finale ke l è inportante anca par nantri :
(...)

I figli di Israele sapevano che, redenti dall'Egitto, li attendeva un duro compito. Certo, le antiche restrizioni sarebbero state tolte; ma sarebbero state sostituite da altre nuove restrizioni. Dio era ed è un padrone esigente: al Suo popolo, ai Suoi figli, avrebbe richiesto un arduo compito, e tutta la loro vita sarebbe stata controllata dalla Sua volontà.
D'altronde la vera libertà dell'uomo consiste nella scelta della legge a cui sottomettersi. Chi cede alla tentazione di proclamare la propria assoluta libertà completamente svincolata dall'umano viver civile finisce per soccombere alle proprie passioni e per divenire loro schiavo. Una schiavitù assai più dura e umiliante di quella richiesta dal volere divino. Questa situazione è assai ben descritta dalla massima: “Tzadikim libbam birshutam ursha'im birshut libbam” e cioè: “I giusti hanno il cuore sotto il proprio dominio, i malvagi sono sotto il dominio del proprio cuore” (Bereshith Rabbà 34).
(...)
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo : Mitzvàh

Messaggioda Sixara » gio gen 02, 2014 9:47 am

La parola de oncuò l è veramente inportante :
http://www.giuntina.it/Una_parola_al_giorno/

Le mitzvòt i è le azioni , i àti ke uno el fa :

Una mitzvàh o “precetto” è un'azione attraverso la quale viene data agli uomini la possibilità di adempiere la volontà di Dio. Questa volontà è inerente alla creazione stessa, poiché Dio ha creato un mondo che non è ancora perfetto. La ragione d'essere della mitzvàh è che a noi è lasciato un compito, un lavoro che ci renderà “soci di Dio nella creazione del mondo”, come dice il Midràsh.
La presa di coscienza dell'esistenza della mitzvàh è resa esplicita, per la prima volta, nei sette comandamenti che si suppone siano stati dati ai “figli di Noè”. Essi riguardano tutta l'umanità; costituiscono la legge morale universale come la intende l'ebraismo. I sette comandamenti noachidi sono proibizioni contro l'omicidio, il furto, l'incesto e l'adulterio, l'idolatria, la bestemmia e il privare un animale vivo di alcuna delle sue membra (ovvero la distruzione crudele o immotivata delle creature di Dio). Essi comprendono anche un unico comandamento positivo: la costituzione di tribunali (ovvero una forma di governo giusta).
Secondo i rabbini, Abramo nostro padre fu in grado di scoprire e realizzare il volere divino prima che venisse data la Toràh. Un procedimento di seria e profonda introspezione gli permise di scoprire tutti i precetti all'interno della sua anima. Questo insegnamento può essere allargato nel suo significato intendendo che tutti gli uomini e le donne di grande devozione, in tutto il mondo, sono in grado di vivere in tale profonda armonia con se stessi e con la natura che la volontà divina diventa per loro assolutamente chiara. Le religioni sono sforzi di creare intere società che realizzino i princìpi visti per primi da questi individui eccezionali.
Per il popolo d'Israele la rivelazione del Sinai amplia il numero delle mitzvòt a 613, un numero mai menzionato nella Toràh, ma registrato dal Talmùd a nome di Rabbi Simlai. Queste includono precetti sia positivi che negativi. Esse sono inoltre divise fra mitzvòt della sfera religiosa (che riguardano specificamente il rapporto “tra la persona e Dio”) e quelle della sfera etica (relative alle relazioni “tra individuo e individuo”). Il numero dei precetti basati sulla Toràh è stato stabilito sin dall'epoca del Talmùd, ma le diverse liste, fatte da autori diversi, dei 613 precetti presentano delle variazioni. Il popolo d'Israele si santifica attraverso l'adempimento dei precetti; le mitzvòt sono gli strumenti attraverso i quali noi dedichiamo la nostra vita a Dio. Una tradizione mistica associa la parola mitzvàh all'espressione aramaica be-tzavtà o “insieme”. La mitzvàh è l'evento in cui Dio e l'anima dell'uomo sono uniti l'uno all'altra.
Se 613 è il numero stabilito di mitzvòt nella Toràh, i rabbini si incaricarono di aumentare questo numero. Questi “precetti dei rabbini” (mitzvòt de-rabbanàn), come l'accensione delle candele di Chanukkàh o la celebrazione di Purìm, commemorano eventi che hanno avuto luogo molto tempo dopo il dono della Toràh. Alcuni autori chassidici, commentando un passo del Talmùd che afferma che Dio ha “moltiplicato” le mitzvòt per Israele, asseriscono che 613 è un numero troppo basso di precetti. Ogni cosa che facciamo nella vita, dicono, dovrebbe esser vista come una mitzvàh, poiché l'anima può essere legata a Dio attraverso ogni azione umana, e “Dio deve essere onorato in ogni modo”. Questa estensione chassidica del concetto di mitzvàh può essere la fonte di una più ampia comprensione del termine nel comune modo di parlare ebraico, nel quale mitzvàh ha preso il significato di “buona azione” o “atto di gentilezza”, sia esso imposto o no dalla Toràh.
Laddove “ogni cosa” può essere, da un certo punto di vista, una mitzvàh, la totale dedizione ad un'unica mitzvàh può avere più potere di un impegno tiepido nei confronti dell'intero sistema. Le mitzvòt non furono date per essere contate, e a nessuno si dovrebbe chiedere “quante mitzvòt hai eseguito?”. Ricordate l'insegnamento dei rabbini: “Uno fa di più, l'altro fa di meno. La cosa importante è volgere il vostro cuore verso il cielo”.

be-tzavtà asieme co i altri e co dio.
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo : Lekchà Dodi

Messaggioda Sixara » sab gen 04, 2014 10:36 am

On Sàbo speciale :

Qabbalàt Shabbàt
Qabbalàt Shabbàt, un particolare rito di accoglienza del Sabato (Shabbàt), fa parte della liturgia ebraica soltanto da tre secoli e mezzo. Ciò lo rende la più recente e importante “innovazione” nel siddùr tradizionale. Ideato dai mistici di Safed, una città nella Galilea dove ebbe luogo una grande rinascita della devozione ebraica nel sedicesimo secolo, esso divenne subito una parte della preghiera ebraica largamente accettata, e molto amata in tutto il mondo.
L'idea di “dare il benvenuto” al Sabato, come ad un ospite riverito, era stata a lungo ben conosciuta come parte delle tradizioni del Sabato; come anche lo era la descrizione di questo santo giorno come una “regina”. Aggiungendo a tutto ciò l'idea di una speciale anima del Sabato, o neshamàh yeteràh, i qabbalisti trasformarono questo benvenuto sia in un atto religioso intimo e individuale che in una celebrazione comunitaria. Il salmodiare della Qabbalàt Shabbàt raggiunge il suo punto culminante nel verso finale dell'inno Lekhà Dodì, il momento in cui il fedele si suppone riceva un'anima aggiuntiva. Se la preghiera viene recitata prima che inizi il Sabato, quello è anche il momento dell'accettazione degli obblighi relativi all'osservanza dello Shabbàt.
La versione più ampiamente accettata della Qabbalàt Shabbàt consiste di sei salmi, dal 95 al 99 e il 29, seguìti da Lekhà Dodì, composto da Rabbi Shlomo Alqabetz di Safed. Il servizio si conclude con i salmi 92 (indicato nel testo della Bibbia come “Canto per il giorno del Sabato”) e 93, seguìto dalla funzione di `arvìt. La tradizione chassidica inserisce in questo contesto un profondo insegnamento dello Zòhar, che evidenzia come tutti i mondi si uniscono insieme ed il male scompare in questo sacro momento in cui la Sposa Suprema si prepara all'unione con il suo Sacro Compagno.

E la version de Lekchà Dodi cantà da David D'Or :
http://www.youtube.com/watch?v=yNCw66KjE8w
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Ebraeixmo : Beshallach

Messaggioda Sixara » dom gen 05, 2014 1:09 pm

La Parashà de la stìmana :
http://www.giuntina.it/Parasha/

(Esodo 13,17 - 17,16) I figli d'Israele sono inseguiti e raggiunti nel deserto dall'esercito egiziano guidato dallo stesso Faraone pentito di aver lasciato andare libero un popolo che lo aveva così ben servito. Il popolo si trova così fra due fuochi: dietro l'esercito egiziano, davanti il mar Rosso. Ma il mar Rosso si apre e lascia passare il popolo all'asciutto. Dopo questo intervento miracoloso dell'Eterno, il popolo si lamenta ancora a causa della mancanza di acqua e di cibo che gli viene immediatamente concesso dal Cielo sotto forma di manna. Il popolo di 'Amalek attacca proditoriamente i figli d'Israele.

(...)
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Ebraismo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 15 ospiti

cron