"Dai pm campagne pro-migranti". Salvini inchioda le toghe rosseGiuseppe De Lorenzo - Dom, 09/09/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 73600.html Il ministro dell'Interno riapre lo scontro: "Magistratura Democratica sposa la campagna pro-immigrazione con le Ong"
Due giorni fa l’affondo, ieri i toni più pacati e oggi di nuovo all’attacco.
Lo scontro tra Salvini e la magistratura non si è chiuso con le parole concilianti di ieri. Anzi. Riprende con la classica intensità, solo senza più sparare nel mucchio: “Se un tassista ti frega, non vuole dire che tutti ti fregano", è il ragionamento. Il leghista conferma di non vedere "golpe giudiziari”, ma critica “l’ipocrisia” di quella fetta di magistratura che da sempre ha “simpatie di sinistra”. E lo fa scoperchiando un retroscena su Magistratura Democratica.
Il suo day after la retromarcia sulla giustizia, il leghista lo fa partire con un'intervista radiofonica a 'L'Indignato speciale' su Rtl 102,5. Il tema è sempre quello dell’indagine aperta a suo carico sul caso Diciotti. Salvini non si capacita di come sia possibile che le toghe siano tanto interessate da quanto successo al porto di Catania mentre non concentrino altrove le loro energie e le limitate risorse. "Non tutti i reati sono uguali - dice il "presunto imputato” - ci sono reati più gravi e reati meno gravi e dovrebbe esserci la responsabilità in una scaletta di gravità di reati". L’idea potrebbe essere quella di mettere mano ad una riforma della giustizia (M5S permettendo), rivedendo “l’ipocrisia” dell’istituto dell’obbligatorietà dell’azione penale. E costringendo così i pubblici ministeri a selezionare i fascicoli da aprire in base ad un ordine di importanza.
“Lo proporrò”, spiega uno scettico vicepremier. "Ma sai che cosa mi diranno? Che la politica vuole mettere le mani sulla giustizia, che il governo fascista di Salvini vuole dare indicazioni ai giudici che invece sono un potere terzo libero e indipendente, sovrano eccetera eccetera".
La posizione del leghista paga per ora l’accordo di governo con i Cinque Stelle. Il ministro può criticare le toghe, certo. Ma senza esagerare. Ieri Di Maio lo avrebbe convinto a non calcare troppo la mano: il timore è quello di irritare l’ala movimentista che già guarda al duro e puro Fico come al nuovo faro verso uno sbilanciamento a sinistra. Entrambi i vicepremier puntano a stare al governo il più a lungo possibile, ma occorre evitare frizioni. Meglio non sparare nel mucchio dei pm o si rischia di far scattare la reazione dei magistrati considerati sacri dal M5S. Se succedesse, tra moglie e marito potrebbe inserirsi il Pd, che alla festa dell’Unità non ha mancato di coprire d’applausi il presidente della Camera.
Questo, però, non impedisce a Salvini di mettere nel mirino una parte del mondo togato. “Per carità di Dio io non ce l’ho coi giudici”, spiega pacato il ministro. “Ma che ci sia qualche magistrato con chiare e evidenti simpatie politiche non svelo il mistero di Fatima". E su Facebook spiega con più precisione a chi sta pensando: “’Magistratura Democratica’ - scrive pubblicando uno screenshot - sposa la campagna pro-immigrazione insieme, tra gli altri, a: Potere al Popolo, ONG, Cgil, Arci, Rifondazione Comunista e coop varie (compresa la “Baobab Experience” dove si erano rifugiati gli sbarcati della Diciotti). Poi quello accusato di ledere l’autonomia dei magistrati sono io...”. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Diciotti, ora il Tribunale dei ministri passa al setaccio le carte su SalviniSergio Rame - Lun, 10/09/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 73889.html Il caso Diciotti arriva in Aula: nei prossimi giorni potrebbe essere sentito Salvini. Ecco chi sono i tre magistrati che indagano su di lui
Si muove la macchina del Tribunale dei ministri.
Da oggi i giudici di Palermo sono al lavoro per decidere le sorti dell'inchiesta a carico di Matteo Salvini che è stato indagato per "sequestro di persona aggravato" dopo aver vietato alla nave Diciotti della Guardia costiera di far sbarcare i clandestini recuperati nel Mar Mediterraneo. "Non ho tempo da passare con gli avvocati - ha replicato la scorsa settimana il ministro dell'Interno su Facebook - venitemi pure a trovare a san Vittore con le arance, ma io non mollo di un millimetro finchè gli italiani mi chiedono di andare avanti. E se domani dovesse arrivare un'altra nave carica di clandestini in Italia non sbarca. Dopo la Diciotti non è arrivata nemmeno una nave".
La Procura di Palermo ha trasmesso venerdì pomeriggio gli atti al Tribunale dei ministri chiedendo ai giudici di svolgere le indagini preliminari nei confronti di Salvini (guarda il video). Da oggi il Tribunale dei ministri deciderà le indagini da svolgere. Inizialmente la procura di Agrigento aveva contestato a Salvini e al capo di Gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi, i reati di "sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di coazione, arresto illegale, abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio". La scorsa settimana, poi, la procura di Palermo ha modificato i reati contestati. L'unico che resta è il sequestro di persona aggravato. Da queste accuse è stato, poi, sollevato il capo di gabinetto Matteo Piantedosi.
Il Tribunale dei ministri è la sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni. La materia è regolata da una legge costituzionale che sottopone premier e ministri, "anche se cessati dalla carica", alla giurisdizione ordinaria "per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni". Ovviamente, "previa autorizzazione del Senato o della Camera". Il presidente del Tribunale dei ministri è Fabio Pilato. Fino a pochi anni fa aveva ricoperto la carica di giudice tutelare proprio al Tribunale di Palermo dove aveva siglato un protocollo d'intesa per accompagnare i minori sbarcati da soli sulle coste siciliane. Prima ancora si era occupato di rifugiati e riconoscimento di status e protezione sussidiaria.
L'altro giudice, che vaglierà il caso della Diciotti, è Filippo Serio che proviene dal Tribunale del Riesame. Nel 2011 il suo nome era finito nella lista nera di "amici degli immigrati", pubblicata sul sito neonazista Stormfront, dopo che aveva annullato la misura cautelare per un migrante per il solo fatto che l'ordinanza non era stata tradotta in inglese. A decidere su Salvini c'è, infine, Giuseppe Sidoti che nel suo curriculum vanta una lunga esperienza da magistrato fallimentare.
Entro novanta giorni, una volta compiute le indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, il Tribunale dei ministri può decidere l'archiviazione - non impugnabile - oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al pm, affinché chieda l'autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza dell'inquisito. Nel caso di Salvini la competenza è del Senato. Secondo quanto previsto dalla legge, la Camera competente può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere laddove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato. Il Tribunale dei ministri potrebbe sentire Salvini. Nei giorni scorsi era stato lo stesso leader leghista a dirsi disponibile a venire "a Palermo anche a piedi".
La Commissione Ue: "Minimo tre mesi di detenzione per evitare fuga dei migranti irregolari"
La Commissione europea ha presentato una proposta che prevede di imporre agli Stati membri un minimo di tre mesi di detenzione per i migranti irregolari per evitare fughe e facilitare i rimpatri
Luca Romano - Mer, 12/09/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 75084.html La Commissione europea ha presentato una proposta che prevede di imporre agli Stati membri un minimo di tre mesi di detenzione per i migranti irregolari per evitare fughe e facilitare i rimpatri.
La proposta è contenuta nell'ultimo pacchetto sull'immigrazione presentato in occasione del discorso sullo Stato dell'Unione che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha pronunciato durante la plenaria del Parlamento.
La Commissione punta a una revisione mirata della direttiva rimpatri per contribuire a accelerare le procedure, impedire le fughe e i movimenti secondari irregolari e aumentare il numero di rimpatri effettivi. L'esecutivo comunitario propone di introdurre una nuova "procedura di frontiera" per fare in modo che, se la domanda d'asilo è respinta, il migrante venga direttamente indirizzato verso una procedura di rimpatrio semplificata, senza applicazione del periodo per la partenza volontaria e con termini abbreviati per il ricorso. Per evitare ritardi, la decisione di rimpatrio dovrà essere emanata contemporaneamente alla decisione che pone fine al soggiorno regolare o immediatamente dopo. Nel caso dei richiedenti asilo respinti dovrebbe essere fissato un termine comune di 5 giorni al massimo per la presentazione di un ricorso. Per le persone sottoposte a procedura di rimpatrio dovrebbe essere introdotto l'obbligo di cooperare, anche ai fini della verifica dell'identità e dell'ottenimento dei documenti di viaggio. Gli Stati membri dovranno anche varare programmi di rimpatrio volontari. La proposta include la fissazione di criteri comuni per appurare il rischio di fuga.
SENTI CHI PIRLA di Marco TravaglioFatto Quotidiano - 9 settembre 2018
“Complotto”, “Watergate italiano”, “eversione”, “attacco alla democrazia”, “inchiesta con false prove per colpire il governo”, “pm deviati”. Sembrano parole di Matteo Salvini, il vicepremier e ministro eversore che sfida e minaccia i giudici dei casi Lega e Diciotti, ricorda che non sono stati eletti mentre lui sì (mo’ me lo segno) e appende nel suo ufficio al Viminale l’avviso di garanzia per sequestro di persona come una medaglia di guerra o un trofeo di caccia, beccandosi le sacrosante reprimende delle opposizioni, degli alleati 5Stelle e delle migliori penne del giornalismo. Invece no: sono alcuni dei commenti che i massimi vertici del Pd renziano dedicarono ai pm e ai carabinieri che avevano scoperto lo scandalo Consip: cioè i traffici del galoppino di papà Renzi e dell’imprenditore Alfredo Romeo per truccare il più grande appalto d’Europa (2,7 miliardi di euro) e le fughe di notizie dal Giglio Magico renziano per avvertire i sospettati su indagini e intercettazioni, salvarli dai guai e rovinare l’indagine.
Era un anno fa, il 15 settembre 2017, quando una fuga di notizie dal Csm trasmise a Repubblica, Corriere e Messaggero alcuni stralci (manipolati ad arte) di un verbale segretato del procuratore di Modena Lucia Musti, sentita mesi prima su un’altra inchiesta condotta dagli stessi inquirenti di Consip: il pm Henry John Woodcock e il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto. Dal verbale taroccato, pareva che la Musti accusasse Scafarto e il suo ex comandante Sergio de Caprio di averle fatto pressioni per “far esplodere la bomba” e “arrivare a Renzi”. La bufala, rilanciata a reti ed edicole unificate, servì allo stato maggiore del Pd (seguito a ruota dai partiti alleati e amici, inclusa ovviamente FI) per accusare i pm napoletani delle stesse nefandezze che Salvini & C. imputano ai magistrati siciliani e genovesi. “Lo scandalo Consip – tuonò Renzi – è nato per colpire me e credo che colpirà chi ha falsificato le prove per colpire il premier. Io lo so bene chi è il mandante”. Il presidente Matteo Orfini rincarò: “Questo è il Watergate italiano”, un caso di “eversione”, un “attacco alla democrazia”. Il capogruppo Luigi Zanda, l’ex segretario Ds Piero Fassino e il sottosegretario Riccardo Nencini, in perfetta coordinazione, strillarono al “complotto”. I ministri Franceschini e Pinotti si unirono al coro. Andrea Romano e Mario Lavia, direttore e vice dell’house organ “Democratica”, titolarono stentorei: “Il complotto”. L’ora era grave. Si attendeva lo schieramento delle Forze Armate a presidio delle istituzioni minacciate dalla magistratura deviata.
Poi, quando uscì il vero verbale della Musti (sul Fatto), si scoprì che era un Piano Sòla: l’indagine riguardava una coop emiliana vicina alla vecchia “ditta” del Pd (cioè non a Renzi, ma ai suoi avversari interni) e, portando delle carte di quel fascicolo, Scafarto aveva confidato alla pm di essere impegnato in un’altra indagine che portava al giro renziano (Consip). Acqua fresca, insomma. Ma nessuno rettificò, né si scusò, anzi il processo staliniano a Woodcock è proseguito fino all’altroieri sui media e in un Csm ormai scaduto e putrefatto, ma sopravvissuto a se stesso solo per sparare le ultime raffiche contro il pm napoletano (e pure contro Di Matteo).
Ora qualcuno dirà: qualunque scandalo investa il governo giallo-verde, parte il solito ritornello “E allora il Pd?”. Ma è esattamente l’inverso: è il Pd che, qualunque scandalo tocchi il governo giallo-verde, non ha alcun titolo per scandalizzarsi perché ha fatto le stesse cose e pontifica dal peggior pulpito possibile. Come quello dei giornaloni, del Csm e di pezzi dell’Anm che, quando Renzi & C. attaccavano i magistrati, non gridavano all’eversione, ma tacevano o si associavano. Il 16 settembre 2017, anziché ridicolizzare – carte alla mano – i delirii pidin-governativi, Repubblica li rilanciò con lo stesso armamentario dialettico di B&C. Titolo di prima pagina: “Caso Consip, manovre e veleni. Renzi: creato solo per colpirmi”. Editoriale del direttore: “La democrazia anormale”. E giù botte contro gli inquirenti colpevoli di “manipolazione delle carte giudiziarie… affinché fosse affondato l’allora primo ministro”, per “disarcionarlo” e “chiudere una carriera politica”. Un caso di giustizia a orologeria, con perfetta “tempistica”, per rovesciare il governo del povero Renzi (che per la cronaca, quando uscirono le prime notizie su Consip, si era già dimesso da due settimane). Seguiva un drammatico appello a chi di dovere (Quirinale? Ue? Nato? Onu?) sulla “necessità di liberare le istituzioni da pezzi di apparati che, come troppe volte nella storia d’Italia, agiscono in modo deviato ed eversivo” e usano il “metodo a strascico… con intercettazioni telefoniche e ambientali” (copyright a B.).
Ma c’è di più, come ricordiamo oggi a pag. 2 a beneficio degli smemorati di Collegno. La Lega ha rubato 49 milioni di soldi pubblici al Parlamento e deve restituirli, o farseli sequestrare. Dunque ha ragione l’opposizione, cioè il Pd (stante comprensibile il silenzio di FI in tema di furti), a reclamare il bottino a nome dei cittadini derubati. Anzi avrebbe ragione se lo stesso Pd non avesse promosso al governo e in Parlamento un plotone di consiglieri regionali e comunali indagati nelle varie Rimborsopoli per altri soldi pubblici rubati: quelli per le spese politico-istituzionali dei gruppi consiliari. Tutto ciò non allevia di un grammo le colpe della Lega nelle ruberie e negli attacchi ai giudici: dimostra soltanto che il primo problema dell’opposizione, oltre al crollo di voti e consensi, è l’assenza di credibilità. L’oppositore che non si può zittire con un bel “senti chi parla” deve ancora nascere. O sta entrando all’asilo.