Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » mer set 03, 2014 6:21 am

Una settimana dedicata al popolo dell'Etruria, torna “Velimna, gli Etruschi del Fiume”
E' considerata una delle manifestazione più importanti "Velimna, gli Etruschi del Fiume" che per la sua dodicesima edizione sarà concentrata sulla lingua parlata da una civiltà che affascina gli archeologi di tutto il mondo

https://www.perugiatoday.it/eventi/cult ... zione.html
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » sab set 06, 2014 7:38 pm

Origini degli Etruschi - Ricerche e studi di Alberto Palmucci

https://www.originietruschi.it/public/origini/?p=29
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » mar set 09, 2014 8:59 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » sab set 13, 2014 6:17 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » lun set 22, 2014 7:47 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » mer dic 03, 2014 9:35 pm

Museo Nazionale Etrusco "Pompeo Aria" con annessa area archeologica
Via Porrettana Sud 13, Pian di Misano
tel. (+39) 051 932353 - email: Museo Etrusco di Marzabotto

https://www.archeobologna.beniculturali.it/marzabotto

Kainua
https://it.wikipedia.org/wiki/Kainua
Kainua è un'antica città etrusca che sorgeva sul Pian di Misano presso l'attuale comune di Marzabotto, in provincia di Bologna, nota fino a pochi anni fa con il nome di Misa (dal nome del luogo del ritrovamento).

L'impianto cittadino è attraversato da quattro principali assi ortogonali (plateiai in greco), orientati secondo i punti cardinali. Di essi, uno (plateia A) attraversa l'abitato in senso nord-sud (equivalente al cardo romano) e tre invece (plateiai B, C, D) in senso est-ovest (con funzioni equivalenti al decumano romano). Il reticolato di strade suddivide l'abitato in otto aree quadrangolari regolari chiamate "regioni" (regiones in latino), mentre una serie di strade secondarie (chiamate stenopoi in greco) parallele al cardo, ma poste a distanze irregolari tra loro, suddividono ulteriormente le regioni in isolati (insule in latino) dalla forma stretta ed allungata.

A lungo si è discusso sull'origine della planimetria cittadina: se rispecchiasse il rito di fondazione etrusco (secondo il quale la città doveva riflettere la suddivisione del templum celeste), o se invece fosse più compatibile con le teorie urbanistiche del mondo greco (come poteva far supporre il fitto reticolato di strade) e, quindi, senza alcuna ingerenza religiosa. La soluzione al dibattito la rivelò un particolare ritrovamento: nel punto d'incrocio dei principali assi viari vennero trovati, interrati, quattro ciottoli di fiumi, di cui solo uno presentava incisa sulla sommità una croce (decussis in latino) orientata secondo i punti cardinali. Il cippo con decussis era stato trovato in corrispondenza dell'incrocio fra il cardo e l'asse trasversale centrale.

Tale scoperta indusse gli archeologi a pensare che quel cippo indicasse il centro della croce sacrale (principale suddivisione del templum celeste, formato dall'incrocio dell'asse nord-sud con quello est-ovest) che, nell'ambito della fondazione di una città, costituiva il punto di partenza da cui tracciare l'intero reticolato cittadino. L'ipotesi sarebbe comprovata dal ritrovamento sull'acropoli dei resti di strutture necessarie alla fondazione, fra cui un altare e l'auguraculum (oggi non più presente): una sorta di piattaforma da cui il sacerdote effettuava la spectio, ovvero la proiezione degli assi della croce sacrale celeste sul punto terreno dove sarebbe sorta la città. Questo farebbe dell'acropoli (punto più alto della città, da cui si aveva la migliore visuale del territorio) la sedes augurationis, mentre in corrispondenza del centro della croce sacrale (dove venne infisso il cippo con decussis) era con tutta probabilità disposta l'altra sede necessaria al rituale di fondazione: la sedes inaugurationis. Tale scoperta ha permesso di vedere nella planimetria della città una frammistione di elementi culturali etruschi (come il rituale di fondazione della città secondo l'etrusca disciplina) ed elementi organizzativi del mondo greco (come la pluralità di assi).

Immagine
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/ ... botto3.JPG

Pianta ortogonal de łe çità – no lè na envension romana
viewtopic.php?f=176&t=843
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » ven feb 13, 2015 5:17 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » dom apr 26, 2015 3:16 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » lun feb 19, 2018 11:11 pm

LA CHIANINA E GLI ETRUSCHI: SEGNALI DI MIGRAZIONI DA ORIENTE.

[Cicno]

La chianina è una razza bovina italiana autoctona della Toscana e dell’Umbria, che un tempo veniva utilizzata praticamente solo come animale da lavoro e ora è allevata esclusivamente per la sua produzione di carne, il cui nome deriva dalla Val di Chiana. Si tratta di una razza di antiche origini, di cui troviamo tracce scritte da più di 2000 anni; Plinio il Vecchio e altri autori latini, ad esempio, la chiamarono “bos vastos et albus”, e proprio il manto candido di questa razza e la grandezza delle sue dimensioni colpirono molto etruschi e romani, che la utilizzarono nei cortei trionfali e nei sacrifici alle divinità.

La ricerca delle origini della chianina sembra andare in parallelo con quella sui suoi primi illustri allevatori, gli etruschi. Secondo uno studio del 2007 (e successivi aggiornamenti) condotto dal professor Marco Pellecchia del Centro di Ricerca sulla Biodiversità e sul DNA antico (BioDNA) dell’Università Cattolica di Piacenza, la razza chianina proviene dall’Asia minore.
Le vacche del Centro Italia presentano infatti un’elevata affinità genetica con i bovini allevati in Anatolia e nella regione caucasica, e secondo la teoria di Pellecchia questo va di pari passo con l’origine anatolica del DNA mitocondriale di circa il 5% degli attuali abitanti di alcune zone della Toscana, in particolare Murlo e Casentino.
Piazza, Cerrutti et al., con lo studio Origins of Etruscans: novel clues from the Y chromosome lineages (2007) avevano confrontato i lignaggi maschili di abitanti di Murlo, Volterra e del Casentino con quelli di abitanti del Nord Italia, dei Balcani e dell’isola di Lemno, che secondo diversi autori è la terra d’origine degli etruschi. Gli studiosi hanno trovato tracce di flusso genetico dal Vicino Oriente, specialmente a Murlo: i campioni hanno mostrato la presenza di aplogruppi diffusi in Turchia e nelle aree confinanti, come E3b1-M78, G2*- P15, J2a1b*-M67. Gli aplotipi associati a questi aplogruppi hanno permesso di stimare un antenato comune relativamente recente, databile attorno al 3500 a.C. e quindi successivo alle ondate migratorie neolitiche.

Uno studio del 2013, Origins and Evolution of the Etruscans’ mtDNA condotto da Silvia Ghirotto et al. e pubblicato su Plos One, ha contribuito a fare maggiore chiarezza sul tema, evidenziando come il DNA degli antichi etruschi fosse ancestrale a quello degli attuali abitanti della vallata del Casentino e di Volterra, ma differente da quello della popolazione toscana contemporanea considerata in generale.
Lo studio di Ghirotto ha riguardato i resti ritrovati in diversi luoghi di sepoltura, dall’epoca etrusca a quella medievale (ricavata da uno studio precedente di Guimaraes et al.), comparando poi il tutto con i dati genetici dei toscani odierni, compresi gli abitanti delle aree già prese in considerazione da Pellecchia.
Gli etruschi appaiono molto vicini geneticamente a una popolazione centro europea del Neolitico, mentre popolazioni antiche (Età del Bronzo ed Età del Ferro) lontane geograficamente (Iberia e Sardegna) si differenziano geneticamente dagli etruschi.
Lo studio ha confermato la continuità genetica tra gli antichi etruschi e gli attuali abitanti del Casentino e di Volterra, mentre al contrario Firenze si è distinta geneticamente sia dai campioni etruschi che da quelli medievali, andando ad occupare un ramo diverso dell’albero genealogico.

Il DNA mitocondriale offre un supporto più forte al modello di continuità genetica tra etruschi e toscani moderni. Ad ogni modo, questo quadro emerge chiaramente quando le varie comunità toscane sono considerate separatamente, evidenziando l’importanza della struttura della popolazione su piccola scala geografica.
Considerato che esiste continuità tra gli etruschi ed i toscani medievali, è probabile che il grosso della popolazione toscana attuale discenda da ondate migratorie avvenute negli ultimi cinque secoli, mentre gli etruschi “sopravvivono” in alcune vallate e, come abbiamo visto in precedenza, in uno dei principali simboli di tutta la regione: la razza chianina.

P.S. Vi starete chiedendo quali aplogruppi mitocondriali portavano gli antichi etruschi. Vi rispondo con i risultati dello studio di Achilli et al. Mitochondrial DNA Variation of Modern Tuscans Supports the Near Eastern Origin of Etruscans del 2007, che stimava tra gli abitanti di Murlo una frequenza del 17,5% di aplogruppi d’origine orientale, in particolare lignaggi di HV che non sono né H né HV0, così come aplogruppi R0a, U7 e U3b tipici di popolazioni dell'Anatolia e del Vicino Oriente.

FONTI:

https://journals.plos.org/plosone/article
https://www.theguardian.com/world/2007/…/18/italy.johnhooper
https://www.lanazione.it/…/1644-Casentinesi_chianine_parenti…
https://www.mondodelgusto.it/prodotti/5552/chianina
https://www.sciencedirect.com/…/article/pii/S0002929707611069
https://it.wikipedia.org/wiki/Chianina
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etruski: etimoloja, xenetega e storia

Messaggioda Berto » sab ott 20, 2018 9:29 pm

La donna etrusca: indipendente, libera, moderna e bellissima
di Finestre sull'Arte, scritto il 09/06/2018

https://www.finestresullarte.info/888n_ ... oderna.php

La donna etrusca era la più libera nelle società antiche: raffinata, elegante, indipendente, bellissima. Attraverso l'arte etrusca un affascinante viaggio nell'universo femminile etrusco.

Quando pensiamo allo stato della donna nelle civiltà antiche, nel nostro immaginario si profila la figura di una donna subalterna rispetto all’uomo, e il cui compito è soprattutto quello di curare le attività domestiche, o comunque di attendere a occupazioni tipicamente femminili. Non era così, invece, per la donna etrusca: nessun altra donna come quella etrusca godette di un grado tanto alto di emancipazione, libertà e autonomia. “Le donne etrusche”, ha scritto l’insigne studioso Jean-Paul Thuillier, “sapevano essere custodi del focolare”, ma allo stesso tempo erano in grado di “tenere a bada la folla di servi e domestici. Semplicemente, a differenza di Penelope e Andromaca, esse non si accontentavano di attendere pazientemente a casa il ritorno degli sposi, ma prendevano legittimamente parte a tutti i piaceri della vita”. L’alto livello di benessere economico della società etrusca fece sì che, già in età arcaica (dal sesto secolo avanti Cristo), il ruolo della donna avesse iniziato a subire delle modifiche: se prima le donne erano essenzialmente madri dedite alla cura della famiglia, a partire da quest’epoca cominciarono a “uscire” dalle mura domestiche per partecipare in maniera sempre più attiva alla vita pubblica. Ciò vale soprattutto per l’area dell’Etruria propriamente detta (Toscana, alto Lazio e Umbria), mentre nelle altre zone d’Italia occupate dagli etruschi questo processo di emancipazione assunse contorni decisamente più lenti: per tal ragione occorre evidenziare che è improprio parlare di donna etrusca tout-court: in questo articolo utilizzeremo dunque questa locuzione per riferici alla condizione della donna nell’Etruria tra il sesto e il quarto secolo avanti Cristo (epoca, quest’ultima, a partire dalla quale, a seguito degli accresciuti contatti con i greci prima e con i romani poi, si assisterà a una regressione della condizione sociale della donna).

Un primo aspetto importante delle donne etrusche consiste nel fatto che, come attestano numerose iscrizioni, erano dotate di nome proprio: al contrario, a Roma le donne venivano identificate esclusivamente con il nome della gens, ovvero della famiglia, alla quale appartenevano (Tullia, Iulia, Cornelia, e così via: nel caso in cui ci fossero due donne nella stessa famiglia, venivano indicate coi numerali, come prima, secunda, tertia, oppure con gli aggettivi maior e minor se erano due). Solo a partire dalla tarda età repubblicana le donne romane avrebbero iniziato a far uso del cognomen (una sorta di soprannome). Sono sopravvissute molte attestazioni di nomi propri femminili delle donne etrusche: Velelia, Anthaia, Thania, Larthia, Tita, Nuzinai, Ramutha, Velthura, Thesathei. E sono proprio le iscrizioni rinvenute sugli oggetti a dirci molto sullo status della donna etrusca. Sappiamo dunque che le donne possedevano oggetti, sappiamo che erano in grado di leggere (su alcuni strumenti di uso quotidiano compaiono infatti indicazioni esplicative, magari per illustrare una scena decorativa, oppure dediche), e probabilmente in certi casi potevano anche essere titolari di attività commerciali. Un paio esempi: al Museo Gregoriano Etrusco, nei Musei Vaticani, è conservata un’olletta in bucchero (ovvero un piccolo recipiente che serviva per contenere alimenti: si veda l’articolo sulla cucina etrusca) dove si legge la scritta “mi ramuthas kansinaia”, ovvero “io sono di Ramutha Kansinai”, dove il proprietario del vaso, una donna, è identificata con nome e cognome. E al Louvre si trova invece una pisside, databile al 630 avanti Cristo circa, sulla quale è apposta l’iscrizione “Kusnailise”, che potrebbe essere tradotta con “nella bottega di Kusnai”, dove Kusnai (un nome da donna) è presumibilmente la proprietaria dell’attività commerciale.
Olletta in bucchero inciso con iscrizione
Olletta in bucchero inciso con iscrizione (630-590 a.C.; ceramica in bucchero decorata a incisione, altezza 12 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Etrusco). Ph. Credit Finestre sull’Arte

Che tipo di donna possiamo immaginarci quando pensiamo alla donna etrusca? Occorre specificare che conosciamo soprattutto le donne etrusche benestanti, quelle che potevano permettersi di farsi effigiare sugli affreschi oppure che potevano commissionare agli artisti sontuosi sarcofagi. Scrive lo studioso Lidio Gasperini che “vediamo, a Cerveteri come a Tarquinia, Volterra, Chiusi, Perugia, su pareti dipinte, sarcofagi, urne cinerarie, immagini di spose, solitamente sdraiate sul letto conviviale con acconciature ricche e raffinate, spesso di grande effetto ed eleganza. Nobiltà e gentilezza del vestire, che si accompagnano alla nobiltà e alla gentilezza dell’atteggiarsi, alla intensa e affettuosa partecipazione ad uno dei momenti più raccolti e più intimi della giornata”. Le immagini e i reperti che ci sono giunti ci hanno tramandato l’immagine di una donna orgogliosa, raffinata, gentile, che gradiva i piaceri mondani, amava vestirsi bene e indossare gioielli preziosi e di buona fattura, dedicava molto tempo alla cura del corpo e del proprio aspetto, sperimentava acconciature elaborate, e ricopriva un ruolo importante sia a livello familiare sia a livello sociale, data anche “la quantità e la ricchezza, talora eccezionale, dei suoi ornamenti e degli oggetti deposti in suo onore (e in suo uso)” nelle sepolture.

Ecco dunque che, pensando alla donna etrusca, ci vengono in mente, per esempio, le immagini di Larthia Seianti, la dama del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, vestita con una lunga tunica stretta in vita decorata con borchie e che porta preziosi gioielli d’oro, come un paio di vistosi orecchini a disco o un’armilla sul bicipite, oppure la giovane Velia, una sposa raffigurata in un affresco che decora la Tomba dell’Orco a Tarquinia, e che porta una ricca collana di ambra, un paio di orecchini a grappolo, e ha i capelli ricci raccolti sulla nuca con una reticella e ornati con una coroncina di alloro, oppure la bellissima ragazza conservata al Metropolitan Museum (una delle testimonianze più evolute dell’arte etrusca, una scultura a grandezza naturale), che veste una tunica aderente che evidenzia, senza lasciare molto alla fantasia, le forme del seno, e che porta elaboratissimi e ricchi gioielli con raffigurazioni di divinità. I corredi funerari delle donne etrusche includono diversi oggetti che ci raccontano molto delle loro attività: sono stati ritrovati strumenti per la tessitura e la filatura (hobby che venivano praticati anche dalle donne dell’alta società, supportate dalle loro ancelle), e poi specchi, gioielli, ornamenti di vario tipo e unguentari, segno che le donne etrusche dovevano passare molto tempo a farsi belle, e ancora morsi di cavallo che potrebbero suggerire il fatto che, nell’antica Etruria, le donne si muovessero e viaggiassero in autonomia, senza un padre o un marito che le accompagnasse. Le statue e i ritratti testimoniano inoltre una grandissima varietà di pettinature che le donne etrusche amavano provare, anche se ce ne sono alcune ricorrenti: in antico (nel sesto secolo avanti Cristo) andava di moda l’acconciatura con lunghe trecce che pendevano sul seno (potevano essere due, ma anche di più), oppure con i capelli lunghi portati all’indietro in modo che ricadessero dietro le spalle. In epoche più recenti si diffuse invece la moda dei capelli corti, oppure raccolti: venivano tenuti fermi con una reticella, come nel caso della sopraccitata Velia, oppure erano pettinati “a melone”, ovvero raccolti in ciocche spesse e tirati all’indietro. Donne belle, donne raffinate, spose di principi ma anche di ricchi possidenti, di magistrati, di politici, di commercianti, che non conducevano una vita chiusa tra le pareti di casa, ma trascorrevano molto tempo in società, partecipavano a eventi mondani, uscivano spesso per assistere a gare sportive e spettacoli. In altre parole, come ha scritto lo studioso Jean-Marc Irollo, le signore etrusche “non permettevano ai loro uomini di esercitare il monopolio sul lusso e sulla gioia di vivere”.
Sarcofago di Larthia Seianti
Sarcofago di Larthia Seianti (150-130 a.C.; terracotta policroma, 105 x 164 x 54 cm; Firenze, Museo Archeologico Nazionale). Ph. Credit Finestre sull’Arte
Il ritratto di Larthia Seianti
Il ritratto di Larthia Seianti. Ph. Credit Finestre sull’Arte
Ritratto di Velia
Ritratto di Velia (IV secolo a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba dell’Orco)
Statua di giovane donna
Statua di giovane donna (fine del IV - inizio del III secolo a.C.; terracotta, altezza 74,8 cm; New York, Metropolitan Museum)
Busto di donna
Busto di donna (xoanon) ritratta nell’atto del compianto funebre (prima metà del VI secolo a.C.; pietra fetida; Chiusi, Museo Nazionale Etrusco)
Busto femminile con pettinatura a melone
Busto femminile con pettinatura a melone (200-150 a.C. circa; terracotta; Arezzo, Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate”). Ph. Credit Francesco Bini

La dimensione della donna etrusca era infatti molto meno “domestica” rispetto a quella della donna greca o della donna romana: al contrario di queste ultime, la donna etrusca prendeva abitualmente parte alla vita pubblica, come attestano le fonti letterarie latine e come possiamo agevolmente evincere anche dalle opere d’arte. Negli affreschi della tomba delle Bighe (si veda l’articolo sugli etruschi e lo sport) vediamo, in una delle tribune dalle quali gli spettatori assistono alle gare sportive, oltre a diverse donne d’ogni età, anche una coppia, con la donna che abbraccia l’uomo. Questo gesto, con la donna a prendere l’iniziativa, è stato interpretato dal succitato Thuillier come segno del fatto che tra uomini e donne vigesse una certa parità (anche perché, notava sempre lo studioso francese, nelle rappresentazioni in cui compare un pubblico, le donne hanno spesso posti nelle prime file): si tratta, per usare le parole del noto etruscologo, di un “gesto molto moderno”.

Se dunque la donna etrusca prendeva spesso parte a spettacoli, giochi o comunque a eventi pubblici, altrettanto di frequente partecipava ai banchetti. Si trattava di un’abitudine che, in Grecia e a Roma, destava scandalo, poiché fuori dall’Etruria, nella società greca e in quella romana, le uniche donne ammesse ai banchetti erano quelle che esercitavano il meretricio: una donna di buona famiglia non poteva prender parte ai banchetti, dal momento che era ritenuto disdicevole. Di conseguenza, la costante presenza delle donne presso i banchetti etruschi alimentò le maldicenze degli scrittori greci e romani. Tra i passi più celebri sulle donne etrusche figura quello dello storico greco Teopompo, vissuto nella metà del quarto secolo avanti Cristo e autore di un giudizio molto severo sulle donne etrusche, anche se ormai bollato come menzognero da tutta la critica. Teopompo scriveva, in quello che è il più lungo brano antico sulle donne etrusche a noi noto, che “era costume presso gli etruschi che le donne fossero in comune: esse curano molto il loro corpo, facendo esercizi sportivi da sole o con gli uomini; non ritengono vergognoso comparire in pubblico nude; stanno a tavola non vicino al marito, ma vicino al primo venuto dei presenti e brindano alla salute di chi vogliono. Sono forti bevitrici e molto belle da vedere”. E ancora, sull’educazione dei figli: “i Tirreni allevano tutti i bambini ignorando chi sia il padre di ciascuno di essi; questi ragazzi vivono nello stesso modo di chi li mantiene, passando parte del tempo ubriacandosi e nel commercio con tutte le donne indistintamente”. Teopompo godeva della fama di maldicente anche in antico e, a parte l’affermazione sul fatto che le donne etrusche fossero “molto belle da vedere” (evidentissimo da sculture e affreschi), diverse delle sue asserzioni appaiono del tutto infondate: il passaggio sul fatto che condividessero la tavola non col marito, ma col primo che capitava, è smentito da Aristotele che assicura che “gli Etruschi mangiano insieme con le mogli giacendo sotto lo stesso manto”. Che le donne etrusche partecipassero ai banchetti insieme ai mariti è un fatto noto anche dalle testimonianze artistiche etrusche. Nella scena di banchetto della tomba degli Scudi a Tarquinia vediamo una coppia, marito e moglie, che stanno mangiando assieme sulla klíne, il tipico letto da banchetto, ma questo uso appare evidente anche dai sarcofagi che non di rado raffigurano coppie sdraiate come se stessero partecipando a una cena. In tal senso, l’opera più famosa è sicuramente il sarcofago degli sposi di Cerveteri, attualmente conservato presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma: i due sposi sono sdraiati su di una klíne e guardano davanti a loro, abbracciandosi teneramente. A un grado ben più elevato di realismo giunge poi la cosiddetta Urna degli Sposi conservata al Museo Guarnacci di Volterra: in questo caso, è possibile che le fattezze dei due protagonisti, una coppia d’età piuttosto avanzata, corrispondano a quelle reali e palesino l’intenzione dei due coniugi di mantenere vivo il loro ricordo anche dopo la scomparsa (i ritratti, infatti, venivano posti direttamente sopra al coperchio dei sarcofagi o delle urne).
Riproduzione della parete sinistra della Tomba delle Bighe di Tarquinia
Riproduzione della parete sinistra della Tomba delle Bighe di Tarquinia (1901; olio su tela, 204 x 516 cm; Boston, Museum of Fine Arts)
Riproduzione della parete sinistra della Tomba delle Bighe di Tarquinia, dettaglio con gli spalti
Riproduzione della parete sinistra della Tomba delle Bighe di Tarquinia, dettaglio con gli spalti
Arte etrusca, Lastra con scena di banchetto (VI secolo a.C.; terracotta; Murlo, Antiquarium di Poggio Civitate - Museo Archeologico)
Arte etrusca, Lastra con scena di banchetto (VI secolo a.C.; terracotta; Murlo, Antiquarium di Poggio Civitate - Museo Archeologico)
Arte etrusca, Sarcofago degli sposi (530-520 a.C.; terracotta; Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia)
Arte etrusca, Sarcofago degli sposi da Cerveteri (530-520 a.C.; terracotta; Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia)
Arte etrusca, Sarcofago degli sposi, dettaglio
Arte etrusca, Sarcofago degli sposi da Cerveteri, dettaglio
Arte etrusca, Urna degli sposi (II-I secolo a.C.; terracotta; Volterra, Museo Etrusco
Arte etrusca, Urna degli sposi (II-I secolo a.C.; terracotta; Volterra, Museo Etrusco “Mario Guarnacci”). Ph. Credit Francesco Bini

Ancora, in merito alle accuse di Teopompo: sulla nudità non si sono conservate scene di banchetti nelle quali compaiano donne nude intente a condividere il momento di convivialità con uomini, mentre sull’accusa di essere forti bevitrici l’unico dato che possiamo sottolineare è il fatto che, in molti corredi tombali femminili, sono stati ritrovati calici, brocche e quant’altro possa lasciar presagire che le donne, in Etruria (come, del resto, anche in Grecia e a Roma), amassero il vino. Infine, in merito all’educazione dei figli, Teopompo probabilmente non vedeva di buon occhio il fatto che le donne etrusche, al contrario delle donne greche, non erano poste sotto la tutela del padre o del marito, e godevano pertanto di una maggiore libertà. Inoltre, forse il suo giudizio rifletteva la condizione giuridica delle madri che, probabilmente, potevano educare i figli a prescindere da quale fosse lo status del padre, al contrario di quanto invece avveniva in Grecia e a Roma, dove era il padre a decidere del destino dei figli, e le donne erano escluse da qualsiasi ruolo decisionale.

Anche nell’arte gli etruschi avevano un approccio diverso nei confronti delle madri rispetto a quello dell’arte greca. I greci evitavano di raffigurare madri nell’atto di allattare i propri figli: “tale gesto”, spiega infatti l’etruscologa Larissa Bonfante, “faceva parte del mondo delle Furie, delle Eumenidi, del mondo del sangue, della natura quasi animale dell’uomo”, ragione per la quale i greci si rifiutavano di ammetterlo all’interno del loro repertorio figurativo riferito al “mondo normale”. Uno dei principali capolavori d’arte etrusca conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze è proprio una madre che allatta un bambino: si tratta della Mater Matuta, la dea italica del mattino e dell’aurora, e di conseguenza protettrice della fecondità, della maternità e della nascita. È stata ritrovata in una necropoli nei pressi di Chianciano Terme, e aveva la funzione di grande urna cineraria (la testa infatti è mobile): l’opera colpisce l’osservatore per la sua monumentalità che comunque non intacca il grado di realismo che lo scultore è riuscito a conferire alla Mater Matuta (si osservi la naturalezza del movimento delle mani che reggono il bambino, ma anche le pieghe dei panneggi). Nel territorio italiano anticamente era molto radicato il culto della dea madre, al contrario di quanto avveniva in Grecia, dove peraltro era anche molto meno diffusa la pratica di allattare i figli (le donne greche di elevata estrazione sociale affidavano il compito alle balie). Questo spiega anche perché ci sono giunte alcune raffigurazioni di madri con i figli nella scultura etrusca: ne sono interessanti esempi la cosiddetta kourotrophos (“colei che nutre il bambino”) proveniente da Veio, una statuetta votiva oggi conservata nei depositi della Soprintendenza per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, oppure un bronzetto custodito al Louvre con una madre che tiene per mano il proprio figlio, o ancora la grande statua, anch’essa proveniente da Veio, di Latona, madre di Apollo, colta nell’atto di cullare il piccolo dio. Le statue votive potevano anche rappresentare neonati, e avevano lo scopo di ottenere, dalle divinità, protezione per i piccoli: ne sono interessanti esempi quelli conservati al Museo Nazionale Etrusco di Arezzo.
Mater Matuta
Arte etrusca, Mater Matuta, statua-cinerario etrusca di una defunta con bambino o divinità italica della madre mattutina (450 a.C. circa; terracotta; Firenze, Museo Archeologico Nazionale). Ph. Credit Finestre sull’Arte
Madre con bambino
Arte etrusca, Madre con bambino (500-450 a.C. circa; bronzo; Parigi, Louvre)
Statuetta votiva con kourotrophos
Statuetta votiva con kourotrophos (terracotta a stampo, 13,8 x 6,9 cm; Depositi della Soprintendenza per l’Area Metropolitana, la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale)

sull’Arte
Arte etrusca, Latona (510-500 a.C. circa; terracotta policroma; Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia). Ph. Credit Sergio D'Afflitto
Arte etrusca, Latona (510-500 a.C. circa; terracotta policroma; Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia). Ph. Credit Sergio D’Afflitto
Statuette votive di neonati da Castelsecco
Statuette votive di neonati da Castelsecco (II secolo a.C.; terracotta; Arezzo, Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate”). Ph. Credit Francesco Bini

Per quanto fosse importante il ruolo della donna etrusca nel contesto familiare, è stata tuttavia smentita dagli studiosi l’ipotesi che la società etrusca avesse un impianto matriarcale. Secondo gli studi più recenti, le donne in Etruria non svolgevano un ruolo dominante all’interno della famiglia: il fatto che nelle iscrizioni prevalgano i nomi dei padri (anche se talvolta poteva comparire quello della madre) ha portato pressoché tutta la comunità scientifica a rifiutare l’ipotesi che spettasse alla donna la posizione principale. È però vero, come si diceva in apertura, che le donne etrusche godevano di una libertà che non era conosciuta in altre società antiche. Una libertà che, tuttavia, avrebbe conosciuto dei pesanti ridimensionamenti nel momento in cui gli etruschi entrarono in contatto con i romani. E che si perse quando la civiltà etrusca fu “inglobata” in quella romana.

Bibliografia di riferimento

Alfonsina Russo (a cura di), Egizi Etruschi. Da Eugene Berman allo Scarabeo Dorato, catalogo dlela mostra (Roma, Centrale Montemartini, dal 21 dicembre 2017 al 30 giugno 2018), Gangemi, 2017
Liana Kruta Poppi, Diana Neri (a cura di), Donne dell’Etruria padana dall’VIII al VII secolo a.C. Tra gestione domestica e produzione artigianale, catalogo della mostra (Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico, dal 15 febbraio al 10 marzo 2015), All’Insegna del Giglio, 2015
Fabrizio Ludovico Porcaroli, Mater et Matrona: La donna nell’antico, catalogo della mostra (Ladispoli, Centro di Arte e Cultura, dal 1° agosto al 1° novembre 2014), Gangemi, 2014
Jean MacIntosh Turfa, The Etruscan World, Routledge, 2013
Jean-Marc Irollo, Gli Etruschi: alle origini della nostra civiltà, Dedalo, 2008
Antonio Giuliano, Giancarlo Buzzi, Etruschi, Mondadori-Electa, 2002
Mario Torelli, The Etruscans, Rizzoli International, 2000
Antonia Rallo (a cura di), Le Donne in Etruria, L’Erma di Bretschneider, 1989



Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo

Se questo articolo ti è piaciuto o lo hai ritenuto interessante, clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter: niente spam, una sola uscita settimanale per aggiornarti su tutte le nostre novità!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Xenti de l'ara veneta

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite