Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Messaggioda Berto » mar lug 06, 2021 8:58 pm

Mattarella alla Sorbona. Il discorso integrale
Simone Canettieri
5 luglio 2021

https://www.ilfoglio.it/politica/2021/0 ... e-2621759/

"Nel contesto attuale si sente dire che vi sono visioni diverse - talvolta opposte ma che si pretendono parimenti plausibili - di Europa", ha detto il presidente della Repubblica. "Ma le autentiche finalità dell’esercizio di unità europea sono inequivocabili"

Pubblichiamo di seguito il discorso integrale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Sorbona, nell'ambito della visita di stato in Francia che si tiene dal 4 al 6 luglio.

Signore e signori,

“geografia, storia, economia, cultura, religione fanno sì che i territori, gli scambi, le idee e le convinzioni dell'Italia e del nostro paese siano così vicini e intrecciati che non esiste una normativa riguardante la penisola che non incida profondamente sulla Francia e che possa, di conseguenza, costituire una base per il futuro se non vi partecipiamo. Non esitiamo ad aggiungere che questa stretta vicinanza e in una certa misura questa interdipendenza dei due grandi popoli latini resistono nell'attuale fermento dell'umanità e nonostante tutte le sofferenze del presente sono elementi su cui la ragione e la speranza dell'Europa non rinunciano a posarsi”, disse Charles De Gaulle in un discorso trasmesso da Algeri il 27 luglio 1943, due giorni dopo la caduta del fascismo in Italia.

Permettetemi ora di continuare in italiano (il presidente ha pronunciato questa introduzione al suo intervento in francese, ndr).

Grazie per l’opportunità che mi è data di prendere la parola in una sede così prestigiosa e carica di storia.

Una istituzione accademica fra le più antiche del nostro Continente, che ci ricorda come le radici dell’unità europea siano risalenti nel tempo: già mille anni fa, studenti e professori di Parigi, Bologna o Salamanca condividevano gli studi, consapevoli di come il diritto, la filosofia, la teologia o la medicina fossero un patrimonio comune nella nostra civiltà.

Un’istituzione che, nel corso dei secoli, ha contribuito in misura significativa alla elaborazione e allo sviluppo di quelle idee e di quei concetti che sono divenuti basi fondanti nella società europea contemporanea.

Un modo di essere e di pensare nel quale la persona è posta al centro di una fitta rete di diritti e tutele che garantiscono il suo libero esprimersi, il suo svilupparsi come singolo e come comunità.

Dal continente europeo, dalla cultura profonda del popolo europeo, sono venuti, in epoca moderna, messaggi fondamentali, che hanno plasmato il vivere dell’umanità.

Libertà, Eguaglianza, Fraternità recita il motto della Repubblica Francese, a interpretazione di un’aspirazione che avrebbe accomunato i popoli del mondo.

Ancora, da fucina di guerre mondiali l’Europa, dopo il 1945, ha saputo costruire un’oasi di pace e di cooperazione, contribuendo alla stabilità e allo sviluppo internazionale.

Il progredire delle buone cause è, abitualmente, lento ed è arduo il cammino per far prevalere i principi del diritto nei rapporti internazionali. Eppure è stato possibile. E, se un rammarico può essere espresso, questo consiste semmai, nell’alternarsi, nel corso dei decenni, di negligenza e di vigore nell’impegno teso ad affermare con tenacia il rispetto dei diritti della persona e delle comunità come principio inviolabile all’interno e all’esterno di ogni singolo Stato membro della comunità internazionale.

Proviamo ora a chiederci: cosa muove la storia del progresso dell’umanità? Il conflitto o la cooperazione?

Nella limpida risposta a questo interrogativo, data, nel Secondo dopoguerra, da statisti di grande saggezza - che si erano impegnati nella corale battaglia per la sconfitta del nazifascismo - si iscrive l’accaduto nel nostro continente, dapprima con l’iniziativa dei Sei fondatori e, via via – rispondendo agli appuntamenti proposti dalla storia - sino alla attuale configurazione a ventisette Paesi.

Se la storia diviene sempre più universale - prendendo atto dell’unità del genere umano - non possiamo pensare che a scriverla possano aiutare i canoni obsoleti del “sacro egoismo” delle ottocentesche rivoluzioni nazionali.

Nel contesto attuale si sente talvolta dire che vi sono visioni diverse - talvolta opposte ma che si pretendono parimenti plausibili - di Europa.

Al netto della doverosa disponibilità a comprendere i diversi punti di vista e a rendersi conto della fatica di ogni costruzione, questa tesi rischia di mettere in ombra le autentiche finalità dell’esercizio di unità europea che sono, invece, inequivocabili.

Quando si parla del percorso dell’Unione e dei suoi successi - dagli albori della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio - si invocano, normalmente, le espressioni libertà e prosperità.

Quest’ultima è condizione importante di quella coesione sociale che rende concreti i diritti e favorisce l’effettivo esercizio delle libertà ma, da sola, non le incarna e non le esaurisce.

Il patrimonio di valori racchiusi nell’ideale europeistico - ed espressi nella sua esperienza - ha inoltre consentito un ancoraggio sicuro alle democrazie dei Paesi dell’Europa centro-orientale dopo il 1989, inserendole in un contesto multilaterale che ha assicurato, loro, stabilità. Al tempo stesso accrescendo il valore storico e le prospettive dell’Unione.

Si tratta di un capitale che non può essere depauperato nè compromesso. Pena la sua dissipazione, può essere solo incrementato.

L’accrescimento della, comune, condivisa, sovranità europea è l’obiettivo: per esso occorre lavorare. Del resto è espressamente riconosciuta come finalità dai Trattati.

La dialettica politica tipica di ciascuna comunità organizzata in Stato non può essere motivo o pretesto per indebolire o porre in discussione i caratteri fondanti dell’Unione.

Si tratta di elementi inscindibili fra loro: non vi può essere democrazia senza libertà; libertà senza democrazia; libertà e democrazia senza giustizia sociale che consente il perseguimento della prosperità.

Liberté, Egalité, Fraternité: sono elementi indivisibili per tutta l’umanità.

Di questo vogliamo e possiamo essere orgogliosi come europei.

Le solenni decisioni assunte da ciascun popolo al momento dell’adesione al progetto non possono essere contraddette se non a prezzo della drastica decisione dell’abbandono.

Occorre chiarezza.

Ciascun processo in itinere è soggetto a pause, rallentamenti, incertezze, compromessi. Occorre tuttavia essere sempre ben consapevoli del costo che ciascuno di questi intralci comporta e le loro conseguenze negative sui destini dei popoli dell’Unione.

Pensiamo alla debolezza di una politica di sicurezza che scontiamo da troppo tempo. Pensiamo all’abbandono del Trattato della Costituzione per l’Europa, approvato dalla Convenzione presieduta dal presidente Giscard d’Estaing, abbandono che ha condotto all’accomodamento non esaltante del Trattato di Lisbona.

Affrontare problemi sempre più complessi richiede strumenti istituzionali adeguati. Quando ci si è accorti che la Unione non li possedeva in maniera soddisfacente, le fragilità, provocate dalla mancanza di coraggio in anni precedenti, sono state superate solo grazie a un supplemento una tantum di volontà politica. È stato il caso delle iniziative, sul piano sanitario e su quello della ripresa economica, che l’Unione ha saputo recentemente assumere per contrastare il Covid19 e i suoi gravi effetti.

La politica del caso per caso però non basta.

Occorre sapersi cimentare con i nodi che ostacolano il pieno dispiegarsi delle potenzialità dell’Europa unita.

René Pleven, all’Assemblée Nationale - in occasione della ratifica dei Trattati di Roma - prendeva posizione contro un atteggiamento che definiva frutto della psicologia da linea Maginot che, ampiamente “condannata sul piano militare non avrebbe risultati più fecondi sul piano economico”, per aggiungere: “che si tratti dell’agricoltura, dell’energia, dei trasporti, della moneta, del consolidamento del progresso sociale, nessuna soluzione nazionale è più possibile nel solo quadro nazionale...L’Europa non è per noi non so quale mania da visionari alla quale sacrificheremo gli interessi del paese. È un adattamento necessario a condizioni nuove, a una realtà economica e politica in evoluzione”. Era il 9 luglio 1957, ben oltre mezzo secolo fa.

Vogliamo dare voce a un secondo esponente politico in quel dibattito, Christian Pineau, ministro degli Esteri, che così si esprimeva: “Il Trattato... ci permette di conservare le nostre potenzialità nella competizione mondiale e di rafforzare le posizioni delle democrazie occidentali la cui debolezza, causata anzitutto dalle loro divisioni, è risultata evidente nei mesi scorsi. Il trattato permette di stabilire su basi durature l’intesa franco-tedesca della quale nessuno qui ha contestato la necessità di creare con la Germania e il mondo occidentale dei legami indissolubili... Non vi domandiamo, ratificando i trattati...di mettere un punto finale alla costruzione dell’Europa, al contrario. Non siamo ancora che all’inizio della nostra azione. Non penseremo di averla portata a termine fino a quando resterà un paese libero d’Europa fuori della nostra Comunità’’. E concludeva che il processo di integrazione va “nel senso della storia”.

Difficile non riscontrare la piena attualità di questa posizione.

La scelta europeista della Francia, notava in quella occasione Valery Giscard d’Estaing, annunciando il suo voto favorevole, corrisponde anche all’avvio di una stagione di modernizzazione del Paese. Una tesi che, simmetricamente, sosterrà - per quanto attiene all’Italia - il ministro degli Affari esteri, Giuseppe Pella, alla Camera dei Deputati di Roma.

Oggi sono le sfide del mondo globale a esigere, nuovamente, una presenza europea all’altezza delle sue responsabilità.

Diversamente la pace, le libertà, i diritti, la prosperità, potrebbero divenire in futuro, anche per noi europei, un ricordo.

Nel costante intersecarsi della storia dei nostri due Paesi - e nel contributo che essi hanno dato all’Europa e al mondo - queste idee, questo modo di concepire il rapporto fra cittadini e Stato, sono andati gradualmente consolidandosi.

È sulla base di queste riflessioni - e grazie al bagaglio straordinario di sensibilità e valori che animi consapevoli e coraggiosi avevano saputo conservare anche nel profondo abisso dei conflitti mondiali - che si giunse, nell’immediato dopoguerra, alla decisione di unire e non più dividere, di mettere in comune, piuttosto che rifugiarsi nei propri confini, aprirsi alla solidarietà, piuttosto che rimanere imbrigliati nella contrapposizione.

La storia della nascita della Comunità del Carbone e dell’Acciaio e del ruolo che Schuman, Adenauer, De Gasperi, Spaak svolsero, con il conforto del, sapiente, impulso di Jean Monnet e di altre figure lungimiranti, fa ormai parte del bagaglio inalienabile dei popoli europei e dovrebbe, a ogni generazione, essere compresa e meditata.

Non possiamo infatti consentire che prevalga l’oblio, che si possa tornare indietro e che quel grido, “mai più guerra”, risuonato così forte all’indomani del secondo conflitto mondiale, possa essere posto in sordina!

In questi decenni abbiamo avuto in proposito – e tuttora abbiamo - tristi e drammatiche esperienze sull’uscio di casa, nel nostro stesso continente - e nell’immediato “cortile di casa” - il Mediterraneo!

L’Unione, filiazione diretta e coerente di quella prima Comunità, rappresenta quanto di più significativo la coscienza europea ha saputo costruire per allontanare lo spettro del conflitto, e garantire anzitutto ai suoi cittadini – ripeto - un periodo di pace e prosperità collettiva di cui mai prima, nella nostra storia, avevamo potuto godere.

Il percorso di integrazione ha infatti introdotto stabilmente e fatto acquisire nell’animo degli europei il concetto di solidarietà fra nazioni, Stati, popoli diversi, impegnati nel riconoscere i caratteri fondanti il demos europeo, motore e risultato - al tempo stesso - dello sforzo di integrazione.

Trascorsi settantuno anni dalla dichiarazione Schuman, sono gli eventi successivi e particolarmente gli avvenimenti di questo periodo a confermarci - ben al di là di qualsiasi dubbio - quanto lungimirante sia stata la scelta dei padri fondatori.

La pandemia che ha colpito violentemente l’intero pianeta ha reso ancor più evidente la fragilità dei singoli Paesi – anche di quelli europei - stretti fra esigenze di difesa sanitaria delle proprie popolazioni, salvaguardia dell’economia e mantenimento di quella socialità indispensabile in molti settori, primo fra tutti quello dell’istruzione che, così tanto ha sofferto in questo periodo.

In un contesto così difficile, segnato in maniera indelebile da una scia di lutti che ancora pesano sulle nostre comunità, la solidarietà fra Paesi e istituzioni europee ha rappresentato un punto di riferimento e di guida che ci ha consentito di tracciare insieme una via di uscita dalla crisi.

È nei momenti di maggiore incertezza che occorre avere il coraggio di compiere passi in avanti.

La Commissione Europea ha saputo assumersi questa responsabilità. Ancora una volta, come all’alba del percorso di integrazione, coraggio e solidarietà hanno consentito il prevalere delle ragioni della speranza contro ogni visione angusta di chiusura, per costruire il nostro domani.

L’azione della Commissione è stata affiancata, con il medesimo slancio, da quella del Parlamento Europeo, che ha fatto sentire la sua autorevole voce, espressione del dibattito democratico che sempre più contraddistingue la vita dell’Unione.

Anche al livello di Stati membri la solidarietà si è manifestata in maniera spontanea e immediata, con gesti che sono già entrati a far parte della nostra memoria collettiva.

Alla solidarietà bilaterale hanno fatto seguito coraggiose decisioni del Consiglio Europeo che hanno completato il quadro della risposta collettiva alla pandemia.

Una risposta che è risultata essere ampia, articolata, consistente e che ha accompagnato gli sforzi che, sul piano nazionale, ciascuno Stato membro sta adottando, esaltando così il canone della sussidiarietà, autentica pietra angolare del funzionamento dell’Unione.

Solidarietà e responsabilità si sono confermati, dunque, come gli elementi caratterizzanti l’avventura europea.

È cresciuta una nuova consapevolezza, che supera e azzera improvvidi e modesti diversivi di contrapposizioni all’interno dell’Unione tra gruppi di Paesi, talvolta indicati con appellativi fantasiosi.

Il Consiglio, rappresentativo degli Stati membri ha, così, approvato un “pacchetto” che si pone nell’alveo di una crescita istituzionale che, partendo dalla moneta unica, passa per l’unione bancaria e giunge - adesso - al primo concreto esempio di una politica fiscale comune capace di contrastare la crisi.

L’obiettivo che ci attende è quello di consegnare alla prossima generazione una Europa più coesa, lungimirante e pienamente in grado di far sentire nel mondo la sua voce; e questo dipende anche dal modo con cui ogni singolo Paese metterà in opera i propri piani nazionali.

Non possiamo fallire la sfida di trasformare la crisi in motore di un nuovo sviluppo più qualificato e più equo, che rilanci il ruolo dell’Unione Europea come moltiplicatore della propria piattaforma di valori e come vettore di inclusione.

Il prezzo della nostra incapacità verrebbe scontato dalle prossime generazioni.

Non deve accadere!

Non può accadere che si smarrisca una opportunità di crescita collettiva, che renda l’Unione più vicina ai suoi cittadini e più autorevole sul piano internazionale, evitando il rischio di divenire marginale spettatrice degli eventi.

Un’Europa capace di tracciare - insieme ai popoli degli altri continenti - nuove strade e contribuire a scrivere le regole su grandi temi come il cambiamento climatico o la rivoluzione digitale, adottando criteri rigorosi e partecipando da protagonista alla definizione di normative coerenti con valori di crescita umana globale, rispettosi delle culture di ciascuno.

I popoli europei ne sono ampiamente convinti. Occorre che ne prendano atto le autorità politiche e che agiscano di conseguenza.

Dal punto di vista economico, grandi passi sono stati fatti. L’emissione di debito comune consentirà di affiancare alla moneta unica, un “safe asset” europeo che favorirà la diffusione dell’Euro quale moneta privilegiata degli scambi e ne aumenterà il ruolo internazionale come valuta di riserva.

Il problema del debito che verrà emesso per sostenere la ripresa non costituisce certamente questione secondaria. E vanno ascoltati coloro che ammoniscono sulle conseguenze che un tale fardello potrebbe avere per la prossima generazione.

Auspichiamo che - nel segno di un rafforzamento dell’Unione - il concetto di politica fiscale europea si sviluppi e si consolidi: non certo per trasformarci in una “unione del debito” ma per affiancare alla politica monetaria sovranazionale, gestita dalla Banca Centrale Europea, uno strumento altrettanto efficace per consolidare la crescita e ridurre le diseguaglianze tra i Paesi e al loro interno; facendo in tal modo accrescere il livello e la qualità dell’economia d’Europa.

Sotto altri profili dobbiamo fare di più.

La politica migratoria rimane un vulnus recato alla coscienza europea. Alla pandemia abbiamo saputo dare una risposta europea, alla crisi economica altrettanto.

Alle migrazioni, ovvero al tema che in grande misura oggi interpella i nostri valori, al tema che più di altri mette in gioco la nostra capacità geopolitica e la nostra visione del futuro, non siamo ancora riusciti a dare una risposta adeguata, efficace e comune.

I flussi migratori vanno regolati e governati, affinché siano rispettosi delle comunità di accoglienza e dei migranti, cancellando l’odioso traffico che criminali senza scrupoli hanno imbastito sulla loro pelle.

La pressione che avvertiamo - in tutto il mondo e non solo alle frontiere d’Europa – è il risultato delle grandi differenze nella distribuzione del benessere tra i continenti, dell’ampia diversità dei tassi demografici, dell’impatto dei cambiamenti climatici; ma è anche il prodotto di decenni di omissioni, conflitti, diseguaglianze.

In una frase: del mondo che abbiamo contribuito come europei a plasmare e del quale rechiamo ampia responsabilità.

Donne, bambini, uomini in fuga, difficilmente possono essere individuati come un nemico. Già all’epoca della Seconda guerra mondiale l’indifferenza, se non la aperta ostilità verso i profughi che bussavano alle frontiere, caratterizzò una stagione che sarebbe stata segnata da crimini efferati, dei quali l’umanità non deve perdere il ricordo.

Da lì nacque la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, con validità universale. Essa chiede a tutti i protagonisti della vita internazionale di rispettarli e, prima di essere rigorosi nel reclamarne il rispetto da parte degli altri Stati, di onorarne per primi i principi, a partire dai diritti umani dei migranti.

Dotarsi di una politica dell’immigrazione e dell’asilo all’altezza dei valori che sono alla base del progetto di integrazione europea costituisce un obiettivo primario per la stabilità e la coesione stessa dell’Unione oltre che per poterci confrontare con i Paesi della regione in maniera credibile.

Se vogliamo che questa nostra Europa continui ad assicurare prosperità e benessere dobbiamo provvederci di una strategia dell’accoglienza - sostenibile ma concreta - in sintonia con le complesse sfide dell’oggi.

Abbiamo bisogno di una politica dell’immigrazione che proietti stabilità intorno a noi, che contribuisca a riassorbire le tensioni e a dare una spinta allo sviluppo dei nostri vicini, in particolare per quanto riguarda il Continente africano, che già da tempo dovrebbe essere considerato - prima di ogni altra considerazione - un partner per l’Unione.

In questo senso, la gestione delle migrazioni deve divenire parte integrante dell’azione esterna dell’Unione.

Sotto ogni profilo e su più versanti non è da soli che possiamo pensare di arrestare la instabilità che ha ormai raggiunto praticamente l’intero arco dei confini europei!

L’Unione deve essere in grado di contrapporre a questo scenario la forza dei suoi valori e dei suoi ideali.

Deve saper proiettare equilibrio, tolleranza, benessere, al di là dei propri confini. Deve, concretamente, porsi l’obiettivo di completare il percorso di integrazione continentale con i Paesi dei Balcani Occidentali e di proseguire le politiche di partenariato con i popoli dell’altra sponda del Mediterraneo.

Deve saper agire con tutta la propria energia per affermare le ragioni della pace nel mutuo rispetto, la ferma convinzione della supremazia del diritto e del metodo multilaterale, la sua vocazione di armonia nella comunità internazionale.

Un compito arduo, che si costruisce giorno dopo giorno, nella consapevolezza - da parte di ciascuno Stato membro - che occorre saper guardare lontano, rinunciando a qualcosa, quando necessario, affinché si possa comporre un coerente quadro di politica estera dell’Unione.

Sono passati dodici anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. E il mondo e l’Europa sono - da allora - radicalmente mutati.

Una ulteriore evoluzione della nostra Unione appare oggi ineludibile.

Lo ha indicato con puntualità il presidente Macron nel suo importante intervento in questa Università, il 26 settembre del 2017, parlando di una Europa “sovrana, unita, democratica”.

Francia e Italia devono essere fra i protagonisti di questa trasformazione.

Lo abbiamo già fatto lavorando fianco a fianco per costruire la risposta economica e sociale alla pandemia, affinché nessuno rimanesse indietro e tutti potessero avere nuove opportunità.

Lo stiamo facendo anche attraverso la predisposizione di un “Trattato bilaterale sulla cooperazione rafforzata” che consentirà di porre le nostre relazioni su un piano di ancor più profonda integrazione, capace di infondere nel progetto europeo nuova energia.

Gli innumerevoli vincoli che da sempre stringono insieme le nostre società civili ci saranno di aiuto prezioso.

In questa sede non possiamo non ricordare l’eccellente collaborazione esistente a tutti i livelli fra le nostre Università e Istituzioni di ricerca e i molteplici programmi congiunti che in ogni ambito si situano al limite estremo delle attuali conoscenze. Collaborazioni che, specialmente nella scienza e nella tecnologia, rappresentano motore di sviluppo e - non a caso - stanno alla base dei grandi progetti di interesse comune sostenuti dall’Unione.

Signora Ministro,

Signor Rettore,

Signori Presidenti,

il nostro impegno deve essere quello di continuare a lavorare insieme, con determinazione, affinché nel nostro futuro vi sia un’Unione non soltanto più stretta, ma in sintonia con i suoi cittadini, con le loro sensibilità, con le loro necessità, con i loro sogni.

La Conferenza sul Futuro dell’Europa che si è aperta da pochi giorni - e che auspichiamo possa concludersi con successo nel semestre di Presidenza francese - rappresenta il banco di prova della nostra capacità di saper prestare ascolto alle istanze delle nostre società e identificare così soluzioni al tempo stesso condivise e innovative.

Se un’Unione più efficiente e più coesa, più rappresentativa dei suoi cittadini, più autorevole al livello internazionale necessita – come è evidente - di cambiamenti nella sua struttura, dobbiamo avere il coraggio di affrontare e sciogliere questi nodi.

Insieme!

Francia e Italia sono chiamate - anche in questa fase - a esprimere forza propulsiva, a beneficio di tutti, per contribuire a far compiere all’Unione un’ulteriore tappa verso la piena sovranità europea.

È un compito nel segno della coerenza con la lungimiranza dei Padri fondatori.

Lo dobbiamo anzitutto ai popoli europei e, tra essi, soprattutto ai giovani europei, alla generazione Erasmus, a cui abbiamo il dovere di consegnare un’Europa forte dei nostri comuni ideali.

Merci de votre attention.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Messaggioda Berto » mar lug 20, 2021 11:55 pm

Alla gogna perché contro i profughi: tutti assolti
Serenella Bettin
20 Luglio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 63642.html


Gli imputati del comitato "Roncolevà alza la testa" che si erano opposti al business dell'accoglienza sono stati tutti assolti. Il Giornale.it ha ricostruito la storia

Alla gogna perché contro i profughi: tutti assolti

È il 2017, il Veneto sta vivendo nel pieno la bomba immigrazione. Gli immigrati e i richiedenti asilo affollano le ex basi militari. Con centri addirittura che arrivano a contenere ben 1600 persone accatastate nelle varie tendopoli. La gestione di questi centri sta in mano a cooperative dalle uova d’oro, che hanno scoperto che con i migranti si fanno più affari che non con le letture in biblioteca e i corsi per bambini nei patronati. Era accaduto a Conetta per esempio, nel veneziano. Periodi in cui l’ex base militare, in un paesino sperduto in mezzo ai campi che conta le ore al calar del sole di 196 anime, era arrivato a contenere 1600 migranti. Il Giornale.it era andato più volte a documentare la reale situazione.

Ma torniamo alla nostra storia. Nel 2017 un gruppo di manifestanti del comitato “Roncolevà alza la testa”, si era opposto all’arrivo di una quarantina di profughi a Roncolevà di Trevenzuolo in provincia di Verona. La gente si opponeva non tanto ai migranti stessi, ma quanto al business di persone che lucravano sulla pelle di questa povera gente. Ma da lì. Da lì, nel Paese dove è consentito manifestare per i diritti dei migranti, ma non è consentito manifestare contro chi dell’accoglienza ha fatto un vero e proprio giro d'affari, da lì parte una segnalazione generica via mail, senza riscontro di responsabilità individuali, spiega al Giornale.it, l’avvocato Andrea Bacciga, penalista a Verona che in questo processo ha difeso poi la maggior parte degli imputati. La procura quindi aprì un’inchiesta.

Tra le accuse vi era il fatto che queste persone avrebbero “aggredito i richiedenti asilo, lanciato pietre e mattoni contro le auto del presidente della cooperativa, distrutto il parabrezza, suonato ininterrottamente giorno e notte i clacson di veicoli, trombette, megafoni”. E poi ancora: lanciato urla, indirizzato fasci di luce laser, lanciato petardi, offeso la responsabile della cooperativa. La prima udienza è del 18 febbraio 2020.

Nel frattempo gli imputati finiscono su tutti i quotidiani locali con tanto di nomi e cognomi. Un vero e proprio assedio secondo la Procura attuato da un gruppo animato, secondo i pm, da presunte finalità di odio razziale. Per queste proteste, il procuratore chiese per 19 dei 22 imputati, 32 anni di reclusione. L’accusa era di partecipazione a organizzazione avente tra gli scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. L’aggravante in sostanza prevista dalla legge Mancino. Il post incriminato era: “Lunedì 3 luglio andiamo tutti a difendere Roncolevà dal business dell’accoglienza. Roncolevà in rivolta…”. Poi continua il post: “La popolazione si è raccolta determinata più che mai per contrastare il nuovo affare che specula sulla pelle dei migranti e pesa economicamente e socialmente sulle spalle dei cittadini”.

Ebbene il 13 luglio gli imputati sono stati tutti assolti. Chi ha commesso questi atti non si sa chi sia. L’ avvocato Bacciga scrive su Facebook: “Un processo nato contro chi si opponeva al business dell’accoglienza. Gli imputati sono stati sbattuti sui giornali con foto, nomi e cognomi. Condannati ancor prima di essere giudicati. Oggi sono stati assolti. Tutti. Ora chi chiederà a loro scusa?”. “Una grande vittoria processuale - commenta - con indagini alquanto lacunose, che hanno coinvolto persone, anche di una certa età, totalmente incensurate e innocenti. Quella protesta non aveva alcun fondamento discriminatorio. Era nata per ribadire il fermo “no” al business dell’accoglienza.

Ora. A queste persone, chi ridà indietro questi anni passati a difendersi per dei crimini che non avevano commesso? Le ingiustizie non ci sono solo nei film. Poi quando ti toccano esistono per davvero.



Roncolevà contro il razzismo: «Profughi trattati come bestie»

https://www.larena.it/territori/villafr ... -1.5840720

Il sindaco Roberto Gazzani mentre risponde ad uno dei duecento partecipanti all’assembleaIl presidio davanti alla casa dei richiedenti asilo FOTOSERVIZIO PECORATatiana la portavoce del presidio

Assemblea pubblica a Roncolevà (Pecora)

C’era voglia di scherzare ieri sera davanti alla villetta che ospita una quarantina di rifugiati a Roncolevà. Un modo di scherzare alquanto discutibile di due esponenti del comitato contro l’accoglienza dei profughi della piccola frazione alle porte di Trevenzuolo. I rifugiati alcuni molto giovani guardavano a loro volta fuori dai cancelli, indifferenti alla richiesta di una foto di gruppo proveniente dal presidio del comitato «Verona ai veronesi». Ci ha pensato la portavoce del presidio di Roncolevà durante il dibattito poco dopo a mettere in chiaro che «Roncolevà si dissocia dagli episodi di razzismo verificatisi in questi giorni» così come segnalato dai cittadini di «Verona che dialoga».

Che il clima ieri sera, fosse un po’ teso lo si era capito una volta arrivati a Roncolevà. Alcuni dei residenti vestivano una maglietta bianca dove era riportato sul retro il tweet «#Roncolevà alza la testa» e davanti «Presidio finché el Signor nol me tol».

Un antipasto niente male per il dibattito con 200 persone svoltosi dietro all’asilo di Roncolevà alla presenza del sindaco di Trevenzuolo, Roberto Gazzani. Il primo cittadino ha illustrato alcuni dati a partire dai flussi migratori a livello nazionale così come gli era stato chiesto in questi giorni incandescenti dai residenti preoccupati dalla presenza dei rifugiati. Poi ha contestato la legge sullo Sprar, il Sistema di protezione dei richiedenti asilo e ha descritto i rapporti tutt’altro che idilliaci con la Prefettura di Verona che avrebbe latitato sul piano delle comunicazione durante la fase dell’assegnazione dei profughi al piccolo centro.

«Allo Sprar», ha detto il sindaco, «hanno aderito solo 440 Comuni su 8.000. Perché queste amministrazioni hanno aderito? Perché gliel’ha detto il partito?», si è chiesto Gazzani.

E sulla presenza dei profughi a Roncolevà, il primo cittadino ha mostrato il documento dell’ufficio tecnico: «Questo atto dice che lo stabile non è idoneo ad ospitare i rifugiati perché possono risiederci 18 persone compreso l’operatore e adesso, invece, sono in 38 con scarsi servizi igienici». E dal pubblico: «Sono trattati come bestie».

Il sindaco ha aperto anche un dialogo con la cooperativa, gestore dell’immobile: «Mi hanno offerto di attivare dei lavoratori socialmente utili». Pronta la richiesta dal pubblico: «Prendi italiani». Il primo cittadino: «Ci sono già da anni, sono i lavoratori in lista di mobilità». Ancora il primo cittadino: «Ho chiesto ai vertici della cooperativa di regalarci le giostrine per il parco alla luce dei loro profitti. Non hanno risposto».

Poi l’attacco a chi gestisce la struttura di Roncolevà: «La cooperativa ha ora 253 dipendenti mentre un anno fa, ne aveva solo 46». La morale? «Lo Stato mette i soldi, accoglie i poveri a fa dei nuovi ricchi (riferendosi alle cooperative ndr)» e via agli applausi dalla platea. E ha aggiunto: «I profughi arrivano dalla Guinea, Burkina Faso, tre dalla Nigeria, Costa D’Avorio». E dal pubblico: «Ghe la guerra lì?». Il sindaco: «Certi conflitti sono talmente piccoli che, a volte, non ne scrivono nemmeno i giornali. Il 60% delle domande vengono rifiutate, quindi, la guerra non c’è dappertutto».

Dal pubblico: «E la sicurezza? Il pronto intervento dei carabinieri arriva da Villafranca dalle 20 alle 8 di mattina. Ci sono giovani, ragazze». Poi il sindaco chiarisce: «Se voi pensate che il sindaco sia favorevole alla presenza di profughi, non avete capito la serata». Altre preoccupazioni dei residenti: «Vaccinazzioni? Malattie?». Gazzani: «Rischiano prima di tutto i profughi: non sono vaccinati alle nostre malattie e poi, una volta arrivati in Italia, teoricamente hanno effettuato tutti i controlli sanitari». La conclusione del sindaco: «La mia speranza è che le acque si muovano. Tutta la popolazione si sta ribellando e poi nel 2018 ci saranno le elezioni e così i politici iniziano ad ascoltare i cittadini».

Sullo sfondo dell’assemblea, però, restano gli episodi di razzismo, verificatisi nei giorni scorsi. Ieri è tornata sul tema anche l’associazione «Verona che dialoga». «Sia lo Stato che la cittadinanza», riporta il comunicato - appello del gruppo di cittadini, «dovrebbero, senza indugi, prendere una chiara posizione e mettere in atto un’azione di condanna oltre che di prevenzione di tanti episodi di violenza».

Poi viene rivolta un’accusa: «Nel caso di Roncolevà, le Forze dell’ordine non sono intervenute». A parere dell’associazione, infine, «bisogna riportare il pur necessario dibattito sulla presenza dei profughi nell’alveo di un confronto democratico perchè come diceva Luther King «non abbiamo paura della violenza dei malvagi ma del silenzio degli onesti».

Riferiscono i carabinieri che fino ad oggi c’è stato il deposito della querela del presidente della cooperativa. Nella denuncia, si ricostruisce l’episodio del lancio di pietre all’indirizzo della sua auto con danni al parabrezza. Non risulta, invece, che al momento ci siano indagini per individuare chi nei giorni scorsi, ha insultato i profughi e su chi ha lanciato sassi contro la casa dove sono ospitati i profughi «al punto che gli operatori sono stati costretti a barricarsi nella villetta» hanno rivelato ieri i vertici dell’associazione «Verona che dialoga».




I forzati del sit in anti profughi Notti in tenda per sorvegliare
09 luglio 2017

https://www.larena.it/territori/villafr ... -1.5822024

La manifestazione all’arrivo dei profughi a RoncolevàL’accampamento dei manifestanti con le due tende canadesi e lo striscione

È orami trascorsa una settimana da quando a Roncolevà è giunta una quarantina di profughi alloggiati in una violetta privata che si affaccia sulla strada provinciale che da Trevenzuolo porta a Mantova. Da allora sul piazzale della ditta Squassabia, a ridosso della recinzione del cortile della villetta, acquistata dalla cooperativa Versoprobo di Vercelli che gestisce il gruppo di rifugiati, è stato attivato un presidio di cittadini che, a turno giorno e notte, sorveglia i movimenti all’interno di essa. Due tende canadesi, e una più grande dove è stato collocato un frigorifero, una televisore e l’occorrente per chi passa la notte in tenda, sono la logistica per le 5-6 persone che si alternano nel presenziamento del luogo.

«Quando cala la sera sul piazzale della ditta Squassabia, che ci ha gentilmente concesso di installare le tende, arrivano diverse decine di persone, anche dai paesi limitrofi, per dare un segnale forte della volontà di non abbassare la guardia su quanto sta accadendo nella nostra piccola comunità», osserva Paola Reani uno dei portavoce di un comitato costituitosi ad hoc per protestare contro l'arrivo dei profughi. La presenza di decine di persone alla sera dà l'idea di quanto la questione sia molto sentita dalla popolazione che manifesta la sua rabbia anche con uno striscione Roncolevà alza la testa. I cittadini che danno man forte al presidio trascorrono insieme un paio d'ore che spesso sono allietate anche da una spaghettata.

«Noi non abbiamo paura dell’uomo nero ma dell’uomo bianco, delle cooperative che stanno facendo affari sulla pelle delle miserie umane. Quaranta ragazzi in 165 metri quadrati, di cui ne avranno a disposizione quattro a testa, due bagni, in cattività ed ozio per mesi forse anni, quali reazioni potranno avere? Cosa potremo loro offrire qui, che non c’è nulla? Si parla di accoglienza, umanità e pietà ma non c’è niente di tutto questo in ciò che stiamo vedendo», aggiunge Paola Reani, tra le prime persone ad essersi attivata contro le modalità adottate dalla cooperativa. «Noi stiamo qui notte e giorno instancabilmente», aggiunge Tatiana Moretti, «perché vogliamo che capiscano chiaramente che non intendiamo mollare né abbassare la testa. Il nostro è un paese piccolo, ma che risponde. La manifestazione è continua, l’obiettivo sono il sistema ed in particolare le cooperative che vincono gli appalti per la gestione dei migranti».

«Abbiamo un gruppo su whatsapp, siamo già quasi un centinaio», osserva, «e appena la sentinella lancia l’allarme si corre a supportare. Controlliamo e supervisioniamo tutti i loro movimenti, chi entra e chi esce. Allertiamo le forze dell’ordine se qualcosa non va. Tutti collaborano compatti per un unico obiettivo: farli mollare».

Tra i cittadini che si alternano nel presidio ci sono anche donne con bambini, nonne con i nipotini in carrozzina.

«Questo a dimostrazione che il problema sta preoccupando la comunità», osserva Paola Reani. Il comitato giovedì sera si è riunito per organizzare i turni di presenza del presidio, affinché non ci siano momenti scoperti. Intanto il sindaco Roberto Gazzani si sta attivando per organizzare, entro breve, un incontro pubblico con i suoi concittadini per affrontare il problema dei profughi.



A Roncolevà la protesta dei richiedenti asilo: arrivano carabinieri e vice prefetto
08 febbraio 2018

https://www.veronasera.it/cronaca/prote ... 2018-.html

La scorsa estate l'arrivo di una quarantina di richiedenti asilo presso la frazione di Roncolevà nel Comune di Trevenzuolo, aveva suscitato le proteste e tensioni animate in particolare dal gruppo Verona ai Veronesi. A distanza di qualche mese, ora a scendere in strada e protestare sono gli stessi richiedenti asilo, provenienti da svariati Paesei quali Mali, Guinea, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Camerun, Nigeria e Burkina Faso.

Questa mattina verso le ore 6 circa una decina di richiedenti asilo è scesa in strada per protestare dinanzi al cancello della struttura che li ospita. Alcuni video diffusi dalla pagina Facebook "Roncolevà alza la testa", nata appunto per protestare contro l'arrivo dei richiedenti asilo, evidenzia anche l'arrivo dei carabinieri per cercare di monitorare quanto stesse accadendo.

A quanto sembra la protesta dei richiedenti asilo parrebbe essere indirizzata nei confronti della stessa cooperativa Versoprobo che dal luglio 2017 ha in gestione la struttura di Roncolevà. Al centro delle rivendicazioni vi sarebbero le condizioni abitative scadenti e l'alimentazione giornaliera giudicata altrettanto inadeguata. Da notare anche la scritta sui cartelli esposti nella loro protesta dagli stessi richiedenti asilo:

Si tratta della principale rivendicazione proveniente dai richiedenti asilo, essendo quella che viene esposta sui cartelli utilizzati per dare vita alla protesta. Una rivendicazione di per sé difficilmente intellegibile, ma che secondo alcune indescrezioni sembrerebbe da intendersi come indirizzata alla mediatrice culturale della cooperativa, il cui nome sarebbe appunto "Anastasia". Il telefono della cooperativa squilla a vuoto, mentre dal sito web della stessa si legge che i ragazzi ospitati nella Villa di Trevenzuolo sarebbero 34, e che «come in tutte le nostre strutture i ragazzi non sono mai lasciati soli, seguono laboratori e lezioni di italiano giornalmente all'interno della struttura».

Da segnalare, in ogni caso, come già in precedenza fosse stato evidenziato dal sindaco di Trevenzuolo Roberto Gazzani, così come riferito in questo articolo del quotidiano L'Arena, il problema relativo al numero troppo elevato di richiedenti asilo ospitati all'interno di una struttura che ne potrebbe contenere non oltre una ventina. Oltre ai militari dell'Arma, sul luogo della protesta nelle ultime ore è giunto anche il Vice Prefetto di Verona.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » dom ago 01, 2021 7:01 am

Thiene. Dai ragazzi di Engim Veneto la solidarietà per i profughi della ‘rotta balcanica’
AltoVicentinOnline
29 luglio 2021

https://www.altovicentinonline.it/attua ... balcanica/

Solidarietà dai ragazzi di Engim Veneto, che come promesso all’associazione Missionland, che si occupa di persone bisognose e di problemi legati alle migrazioni, hanno avviato una raccolta di materiale utile ai profughi della rotta balcanica.
Quei disperati di nessuno, che si trovano ‘in stallo’ in Bosnia e non hanno nulla, nemmeno i pannolini per il loro bimbi più piccoli nè l’acqua per dissetarli.
A Thiene i ragazzi di Engim, con la supervisione di Marta Rigo e la collaborazione di Missionland, hanno raccolto materiale e vestiti di prima necessità, seguendo le indicazioni di chi poi dovrà distribuire i prodotti.
“Non si può ritirare tutto quello che viene offerto – spiegano da Missionland – Servono cose compatibili con le loro necessità, abiti e scarpe adatti alla stagione.
I ragazzi di Engim si sono dati da fare dopo un incontro in cui hanno appreso delle condizioni disperate in cui vivono i profughi che seguono la ‘rotta balcanica’.
Insieme alla raccolta hanno anche realizzato una serie di messaggi di vicinanza, da destinare ai loro coetanei che non possono andare a scuola e che non sanno che cosa sarà del loro futuro.
“Bambini che non possono andare a scuola – sottolineano da Missionland – Con genitori che desolati non immaginano un futuro per suoi figli, che hanno bisogni materiali certo, ma anche tanto bisogno d’amore, di sentire il calore di chi da questa parte del mondo desidera e si augura il meglio per loro”.


Gino Quarelo
Nella rotta balcanica vi è di tutto. Vi è più male che bene!
No grazie! L'invasione clandestina è un crimine come è un crimine favorirla e sostenerla. No alla rotta balcanica, no all'invasione dei nazi maomettani che sono peggio dei nazi hitleriani e degli internazi comunisti. Assolutamente no grazie! No a importare nella nostra terra l'inferno islamico, il suo terrore e la nostra morte!
La rotta balcanica va fermata e non incentivata con gli aiuti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Messaggioda Berto » gio set 30, 2021 2:29 pm

L’ex sindaco di Riace Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della richiesta dei pm
Lucio Musolino
30 settembre 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/0 ... i/6338084/

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della pena richiesta dell’accusa. Nel 2018 Lucano era stato al centro di un’inchiesta della procura di Locri che ha ipotizzato l’esistenza di un sistema criminale dentro quello che era stato ribattezzato il “paese dell’accoglienza” dei migranti. L’ex sindaco era accusato di essere il promotore di un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.

Lucano era sotto processo anche per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica, turbativa d’asta, peculato e malversazione a danno dello Stato. Il pm Michele Permunian aveva chiesto 7 anni e 11 mesi di pena. Nel corso della requisitoria l’accusa aveva affermato che “numerose conversazioni dimostrano in modo netto che l’agire, anche illecito, di Lucano è determinato da interessi di natura politica”. In altri termini, aveva proseguito il pubblico ministero, “non era importante la qualità dell’accoglienza ma far lavorare i riacesi così da conseguire, quale contraccambio, un sostegno politico elettorale”.

Nel chiedere la condanna, il pm Permunian aveva aggiunto “A Riace comandava Lucano. Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato”. Tesi sempre contestata dall’ex sindaco di Riace, oggi candidato a consigliere regionale a sostegno di Luigi de Magistris. Gran parte dei reati addebitati a Lucano erano stati cassati dal gip Domenico Di Croce che, nell’ottobre 2018, ha rigettato la richiesta di arresto formulata dalla Procura sottolineando “la vaghezza e la genericità del capo d’imputazione”.

Solo per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per alcune irregolarità nell’appalto del servizio di raccolta dei rifiuti (che nel piccolo Comune della Locride veniva effettuato con gli asinelli), nell’ottobre 2018 il gip aveva disposto i domiciliari per Lucano, poi trasformati in divieto di dimora dal Tribunale del Riesame e ancora dopo annullati dalla Cassazione. Secondo la Suprema Corte, che aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare, non c’erano indizi di “comportamenti” fraudolenti commessi dall’ex sindaco. Eppure, al termine del dibattimento, il Tribunale di Locri presieduto dal giudice Fulvio Accurso ha ritenuto che Lucano sia responsabile di quasi di tutti i reati per i quali è stato indagato e lo ha condannato a risarcire diverse centinaia di migliaia di euro. L’accusa che ha più scosso Lucano è stata quella della concussione ai danni di Francesco Ruga, un negoziante di Riace che prima lo ha denunciato e poi in aula si è rimangiato tutto.

“Prima dell’arresto io non sapevo nemmeno cos’era la concussione”, si era sempre difeso l’ex sindaco di Riace che, prima di finire ai domiciliari, aveva pure denunciato Ruga perché gli mandava messaggi minatori. Il commerciante era il teste chiave dell’accusa ma per il Tribunale del Riesame “avrebbe dovuto essere sentito con le garanzie previste dal codice di rito”. In altre parole, oltre a essere “inattendibile” in quanto “pare evidente l’atteggiamento di astio” nei confronti dell’ex sindaco, l’accusatore di Lucano doveva essere iscritto nel registro degli indagati. Evidentemente anche per il Tribunale la testimonianza di Ruga è stata definita “genuina”, come dalla Procura che all’improvviso, prima di interrogarlo, ha archiviato le quattro denunce sporte da Lucano e dagli altri imputati nei suoi confronti perché “è trascorso troppo tempo dalla proposizione della querela ad oggi per cui è impossibile acquisire dati”.

Mimmo Lucano era in aula oggi per la lettura del dispositivo. “Sono amareggiato. Non me l’aspettavo. – ha commentato a caldo – Non ho proprietà e non ho nulla. Non capisco questa cosa. Ho speso la mia vita per rincorrere i miei ideali, contro le mafie. Mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra. Oggi finisce tutto. È una cosa pesantissima. Non so se per i delitti di mafia ci sono sentenze così. Io mi aspettavo una formula ampia di assoluzione. Voglio ringraziare l’avvocato Mazzone che non c’è più e gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia che mi hanno difeso gratis. Io non avevo i soldi per pagare gli avvocati. A me mancano i soldi per vivere, come farò a estinguere questa condanna?”.




Lucano condannato, Letta: "Esterrefatto, sentenza incredibile"
"Messaggio terribile, rischia di aumentare sfiducia in magistratura"
30 settembre 2021

https://www.adnkronos.com/migranti-lett ... cWOh6ULVcj

"Solidarietà e vicinanza a Mimmo Lucano. Quello che è successo è incredibile: il raddoppio di quanto chiesto dal pm, non so quante volte capita... Io sono esterrefatto per quanto accaduto". Così Enrico Letta a Porta a Porta in onda questa sera commenta la sentenza di condanna per Mimmo Lucano. L'ex sindaco di Riace è stato condannato a 13 anni e 2 mesi. Lucano era accusato, fra l’altro, di associazione a delinquere, truffa, concussione, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

"Le sentenze si rispettano sempre, ma ho come l'impressione che in questo caso ci sia magari il gioco della prima sentenza che deve essere sproporzionata, perchè poi si pensa che tanto quella successiva ridimensionerà. Io credo che si dia un messaggio terribile, pesantissimo. Un messaggio che credo farò anche crescere la sfiducia nella magistratura. Leggeremo" le carte "però in questo momento chiunque non che può restare esterrefatto".



MIMMO LUCANO
Giovanni Bernardini
2 ottobre 2021

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 5039876034

Le forze politiche di sinistra protestano per la condanna di Lucano. Hanno tutto il diritto di farlo. Le sentenze si possono commentare, criticare e condannare, tutte. Si possono criticare le condanne come le assoluzioni, si può definire ingiusta una sentenza come la si può definire giusta. Sono quelli che oggi strillano contro la condanna di Lucano ad aver sostenuto per anni che “le sentenze non si commentano”. Sembra che oggi abbiano cambiato idea, Meglio tardi che mai.
C’è anche chi cerca di tenere il piede in due scarpe. Enrico Letta, ad esempio. Lui esprime solidarietà e vicinanza a Lucano ma rispetta il lavoro dei giudici. Che possente ingegno! Gli sfugge un minuscolo particolare: la logica. O Lucano è innocente, ed allora condannandolo ad oltre 13 anni di carcere i giudici hanno, come minimo, commesso un enorme errore ed una clamorosa ingiustizia, oppure merita la condanna perché si è macchiato di reati gravissimi, ed allora è impossibile esser solidali con lui. È pura logica, ma… chiedere coerenza logica ad un personaggio come Letta è come pretendere la castità da un divo del porno.
Vediamo di parlare di cose serie. Nei processi, specie in quelli che hanno forti legami con la politica, un imputato può difendersi in due modi.
Può dichiararsi innocente, negare di aver commesso i reati che gli vengono contestati. Non ho organizzato un attentato, non ho aggredito un poliziotto, non ho scippato una vecchia pensionata. Sono innocente.
Oppure può ammettere di aver commesso certi reati, violato certe leggi, ma sostenere che è giusto commettere quei reati, violare quelle leggi perché si tratta di leggi ingiuste. In questo casi l’imputato contrappone la giustizia alla legalità, difende le sue azioni in nome di un ideale di giustizia che è doveroso anteporre alla legge. Chi agisce in questo modo spesso mira a sollecitare un movimento di opinione che spinga i politici a modificare una legge ritenuta ingiusta. Si dichiara formalmente colpevole, ma sostanzialmente innocente.
Tornando a Lucano, l’ex sindaco di Riace ha ammesso di aver commesso alcune delle cose che gli sono state contestate. Ha fornito a migranti irregolari documenti senza aver appurato la loro reale identità, ha organizzato matrimoni di comodo fra vecchi pensionati e giovani donne nigeriane, alcune, pare, dedite alla professione più antica del mondo. Pare che molti pensionati abbiano preteso di consumare i matrimoni di comodo, altri avrebbero acconsentito “gratuitamente”.
In ogni caso, in seguito alle azioni di Lucano sono diventate regolari persone di cui non si sa assolutamente nulla, sono arrivate clandestinamente in Italia, potrebbe trattarsi di malviventi ricercati dalle polizie dei loro paesi che oggi, grazie a lui, circolano regolarmente in Italia. Di certo Lucano ha fatto cose simili che la nostra legislazione considera reati. Ebbene, è possibile ritenere che regalare documenti senza fare i doverosi accertamenti, organizzare matrimoni di comodo sia qualcosa di giusto da contrapporre al formale rispetto della legge? Chi lo sostiene sia serio: proponga che una legge stabilisca che si possono rilasciare documenti a chiunque li richieda, senza verifica alcuna, o che sia legale “convincere” un novantenne a sposare una ventenne al solo fine di regolarizzare la posizione di quest’ultima, il tutto naturalmente senza alcuna delle trafile legali che chi fra noi è sposato ha dovuto seguire.
Se le azioni di Lucano rappresentano la giustizia da contrapporre alla legalità non si deve dire: “Lucano è innocente”, si deve dire “Lucano è colpevole ma la sua colpevolezza è un esempio di superiore giustizia” e si deve chiedere che le sue azioni divengano il paradigma di una nuova legislazione.
Ovviamente i suoi sostenitori e lui stesso si guardano bene dall’assumere un simile atteggiamento. Lucano non è una sorta di nuovo Ganhdi, un martire della disubbidienza civile. In base alla sentenza che lo condanna è solo uno dei tanti che ha fatto fortuna con l’immigrazione clandestina. Davvero un bel compagno di viaggio per Enrico Letta.




Fondi sottratti, viaggi all'estero, concerti fantasma: ecco tutti i reati di Lucano che la sinistra "nasconde"
Secolo d'Italia
Lucio Meo
venerdì 1 Ottobre 2021

https://www.secoloditalia.it/2021/10/fo ... -nasconde/

La condanna inflitta all’ex sindaco di Riace (Rc) Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi, a fronte dei 7 anni e 11 mesi chiesti dalla procura di Locri, deriva dal riconoscimento della sua colpevolezza per 10 capi d’accusa (per 5 il Tribunale lo ha assolto e per uno è scattata la prescrizione). Tanti i reati. Nell’ambito del processo “Xenia”, innanzitutto, Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (i pm avevano ritirato l’accusa relativa ai matrimoni di comodo per favorire la permanenza illecita di donne straniere in Italia), e soprattutto l’ex sindaco è stato assolto dall’accusa più grave, concussione, per non aver commesso il fatto.


Tutti i reati di Mimmo Lucano

Mimmo Lucano è stato invece condannato per associazione a delinquere, truffa aggravata allo Stato, falso ideologico in atto pubblico e soprattutto peculato. Per quanto attiene all’associazione a delinquere, Lucano, secondo quanto si evince dal dispositivo della sentenza del Tribunale di Locri, ha commesso una serie di delitti contro la Pubblica amministrazione, il patrimonio e la fede pubblica al fine di soddisfare illeciti interessi patrimoniali delle cooperative e delle varie associazioni che lo stesso Lucano o persone a lui vicino controllavano e che svolgevano la funzione di gestori dei vari progetti per immigrati.

Numeri falsi sugli immigrati

Nello specifico, la colpevolezza di Lucano per quanto riguarda questo capo d’accusa lascia emergere rendicontazioni indebite sul numero degli immigrati presenti nelle strutture, sugli alimenti che sulla carta erano destinati ai migranti ma in realtà venivano utilizzati per fini privati, fatture false, prelievo di denaro dai conti correnti senza pezze giustificative e anche destinazione indebita dei fondi ottenuti per scopi diversi rispetto all’accoglienza.

L’altro capo d’accusa che pesa sulla condanna è la truffa aggravata allo Stato allo scopo di ottenere il versamento indebito di 2,3 milioni di euro nelle case delle medesime associazioni (originariamente, in questo caso, si contestava a Lucano l’abuso d’ufficio, ma i giudici hanno riqualificato il reato aggravando la posizione dell’ex sindaco). Sempre in tema di truffa allo Stato, c’è poi il riconoscimento della colpevolezza per quanto riguarda 281mila euro per fatture false, costi non verificati, acquisti vari in realtà mai avvenuti (materiale di cancelleria, mobili, ecc).


Fondi sottratti allo Stato sull’accoglienza

Lucano, quindi, è accusato anche di falso ideologico in atto pubblico. In questo caso si tratta di 56 determine redatte per ottenere il rimborso per la gestione del Cas e dello Sprar. A contribuire, poi, alla condanna a 13 anni e 2 mesi c’è anche l’accusa, riconosciuta dai giudici, di peculato per 16 fatti contestati. Secondo quanto stabilito dal Tribunale, dunque, Lucano si sarebbe appropriato sistematicamente di fondi ottenuti dallo Stato, 2,4 milioni di euro, che sono stati distratti rispetto alla finalità reale, quella dell’accoglienza dei rifugiati, e indirizzati alla ristrutturazione e l’arredo di alcune case e un frantoio senza che ci fosse una rendicontazione.


Il viaggio in Argentina e i concerti “fantasma”

A ciò va aggiunto il prelievo di circa 500mila euro utilizzati da Lucano sia per un viaggio in Argentina che per alcuni concerti a Riace che poi avrebbe dichiarato non essersi svolti per non pagare la Siae. Lucano, inoltre, oltre ad essere stato condannato per aver rilasciato alla compagna un falso certificato che attestava il suo stato civile nubile e non di coniugata, ha incassato la condanna anche per aver affidato il servizio di raccolta e trasporto rifiuti a due cooperative che mancavano dei requisiti di legge.

Ma i 13 anni e 2 mesi di reclusione sono stati inflitti anche perché, mentre i pm ritenevano che i reati contestati a Lucano fossero esecutivi di un medesimo disegno criminoso, il Tribunale di Locri ha stabilito che i disegni criminosi fossero in realtà due.


Nessuna attenuante generica

Nel primo caso, il codice prevede che si aumenti del triplo la pena base, vale a dire quella infitta per il reato più grave, in questo caso il peculato (che prevede una pena dai 4 ai 10 anni); ma la scelta dei giudici di “separare” i disegni criminosi ha comportato il raddoppio delle pene base, giungendo a una condanna di 10 anni e 4 mesi, a cui si aggiungono 2 anni e 10 mesi per alcuni abusi d’ufficio e un falso per aver rilasciato un certificato a una straniera che non aveva diritto in quanto non residente a Riace.

Va infine evidenziato che a Lucano e ai coimputati non sono state riconosciute le attenuanti generiche nei reati commessi.




Il procuratore di Locri Luigi D’Alessio, un passato in Magistratura Democratica, è nel mirino della sinistra per la sentenza contro l'ex sindaco di Riace
La toga rossa smonta Lucano: "È un bandito idealista da western"
Ignazio Riccio
2 Ottobre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1633192021

Tra cinque mesi andrà in pensione per godersi il meritato riposo dopo una lunga carriera in magistratura. Ma Luigi D’Alessio, procuratore di Locri, è finito nell’occhio del ciclone per aver giudicato l'ex primo cittadino Mimmo Lucano; una tempesta mediatica che non lo ha travolto, ma che sicuramente l’ha turbato. Probabilmente immaginava di lasciare in suo lavoro in maniera più serena, ma è ovvio che conosceva i rischi di un processo come quello a carico del tre volte sindaco di Riace. “Sono amareggiato – ha dichiarato al quotidiano La Stampa – ma sereno con la coscienza". La toga rossa, un passato in Magistratura Democratica, è attaccato dal fuoco amico per una sentenza che ha diviso gli italiani, ma non se ne preoccupa. Eppure, D’Alessio si meraviglia del tanto clamore per un processo “basato su carte e fatture false difficilmente controvertibili, non su testimoni più o meno credibili”. Per il giudice valgono i fatti e questi sembrano parlare chiaro.

Per il procuratore è assolutamente falso affermare che a Locri sia stata processata l’accoglienza. Sono stati valutati atti illegali, compiuti in dispregio della legge. Per D’Alessio, l'ex sindaco Lucano avrebbe favorito clientele, accumulato ricchezze e, soprattutto, organizzato una macchina elettorale a suo vantaggio perfetta. Per il magistrato sono questi i fatti, confermati da prove concrete che inchioderebbero il primo cittadino. La politica c’entra poco, si tratta di comportamenti delinquenziali. Lucano per D’Alessio “è un bandito idealista da western”. Dietro la facciata dei nobili ideali si sarebbero nascoste, secondo il pm, le truffe e le illegalità.

Nonostante l'ex sindaco di Riace fosse incensurato non gli sono state riconosciute le attenuanti. La sua riluttanza a farsi interrogare dalla procura ha giocato un ruolo importante nella sentenza. Tredici anni di reclusione sono tanti e hanno fatto storcere il naso a molti. Per i sostenitori di Lucano neppure per i reati più efferati si subiscono condanne così pesanti. Su questo punto D’Alessio si è esposto: “Mi auguro che in appello la pena sia ridotta”, ha detto. La procura aveva chiesto otto anni, mentre il tribunale è stato più severo sommando i reati associativi a quelli commessi per creare vantaggi a se stesso e alla sua compagna, che è stata anche lei condannata.


E ora la condanna di Lucano scatena la rissa tra le toghe
Stefano Zurlo
3 ottobre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1633236814

L iti fra le toghe. Di più, incomprensioni e frecciate fra magistrati che stanno dalla stessa parte e militano nella sinistra giudiziaria. Il caso Lucano - la condanna pesantissima dell'ex sindaco di Riace - scompone il partito dei giudici e mette in crisi antiche appartenenze.

Luigi D'Alessio, il procuratore di Locri, messo in croce da molte prime fila della politica italiana, si difende sulla Stampa: Mimmo Lucano gli ricorda «il bandito di Giù la testa proclamato capo dei rivoluzionari suo malgrado, idealista, ubriacato da un ruolo più grande di lui, inconsapevole della gravità dei suoi comportamenti».

Non proprio il ritratto di un gentiluomo. Il punto è che dopo il verdetto si è scatenato il lato sinistro del Palazzo, accusando i magistrati di Locri di aver deragliato, trasformando Lucano in un malvivente dal profilo quasi mafioso.

E che il verdetto divida come mai in precedenza lo si capisce anche da altri interventi, a dir poco inusuali. Ecco che il segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino contesta la richiesta di intervento dell'Anm a tutela dei magistrati di Locri. Una prassi collaudata, quasi automatica quando ci sono attacchi e critiche scomposte. Ma questa volta Musolino se la prende con i colleghi, schierandosi sia pure indirettamente con chi punta il dito contro il tribunale di Locri: «La richiesta di interventi dell'Anm a tutela della sentenza accresce la percezione pubblica di una magistratura chiusa, autopercepita come casta sacerdotale che tutela i suoi riti e le sue pronunce, non si interroga sugli effetti sociali dei suoi provvedimenti e, perciò, non ne tollera le critiche sollevando l'alibi del tecnicismo».

Riflessioni che non si sentono quasi mai: di solito, e pure di più, la corporazione si tutela su tutta la linea quando il potere politico e l'opinione pubblica contestano un provvedimento e alzano la voce. Ma Lucano, un'icona dei progressisti e non solo, rompe gli schemi e D'Alessio non si sottrae, confessando «il personale tormento oltreché l'imbarazzo, di essermi trovato odiato dai miei storici referenti culturali e blandito da quelli che non lo sono mai stati. Ma questa - aggiunge - è la solitudine del magistrato». D'Alessio nel colloquio con la Stampa aggiunge un paio di domande scomode: «Lucano è al di sopra della legge? O chiunque può commettere qualsiasi reato purché a fin di bene?».

Può essere che in appello, e non sarebbe la prima volta, la condanna salti o venga ridimensionata, ma è la seconda volta in pochi giorni che un verdetto fa saltare le liturgie del Palazzo e addirittura quelle di una magistratura sempre più spaccata. Era successo a Palermo, dopo l'assoluzione dei generali imputati per la trattativa, si ripete a parti inverse, a Locri, con la pena a 13 anni che si abbatte su Lucano.

Md fiuta l'aria nel Paese e si adegua. Magistratura indipendente e Articolo 101 invece sono vicini a D'Alessio. E quindi contro Md che a sua volta «scarica» il Procuratore, nella bufera a un passo dalla pensione. «Rifiutiamo di prestare il fianco a qualunque critica preconcetta - affermano i giudici di Mi - che non sia basata sull'esame dei motivi delle decisioni, che ancora non sono stati resi noti e rifiutiamo ancora di più gli attacchi mirati alla persona dei singoli magistrati, invece che alle ragioni dei loro verdetti. Sono metodi di un certo modo di fare politica che non ci appartengono e dai quali prendiamo con forza le distanze». Infine, Articolo 101: «Esprimiamo piena solidarietà ai colleghi del tribunale di Locri, fatti oggetto di inusitati e ingiustificati attacchi soltanto per aver esercitato le loro funzioni: la semplice lettura del dispositivo della sentenza, da cui risulta che Lucano è stato ritenuto responsabile di oltre 20 gravi reati, dimostra facilmente che nel provvedimento non c'è nulla di abnorme». Di più: «Non ci possono essere santuari inattingibili dal controllo di legalità penale». E le toghe strattonano di qua e di là sentenza.

Alberto Pento
Non si fuò fare del bene facendo del male; compiere reati che sono delitti maligni veri e propri e non certo violazioni di leggi ingiuste è un fare del male e non certo del bene.

https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 4001707:82
Gino Quarelo
Non ha cacciato i calabresi, ma più semplicemente i calabresi se ne sono andati per mancanza di prospettive di lavoro e di vita.
Questo demenziale personaggio voleva ripopolare parassitariamente il paese con i criminali clandestini mantenuti dalle nostre tasse e dal debito pubblico con inutili e demenziali programmi di aiuto e assistenza che producono esclusivamente parassiti di stato, razzisti e senza alcun rispetto per noi.
Gli italiani se ne vanno per mancanza di risorse e questo demente voleva ripopolare con stranieri mantenuti a vita con le risorse che lo stato ci avrebbe estorto e ci estorce per loro conto.


https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... iace-1.jpg
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Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Messaggioda Berto » ven dic 10, 2021 8:05 am

Falsi permessi di soggiorno: 210 indagati
L'operazione "Easy Permit" della Guardia di Finanza di Prato ha portato a 8 arresti

13 ottobre 2021

https://www.rainews.it/tgr/toscana/arti ... b3e96.&wt=

Documenti falsi per fare permessi di soggiorno, denaro nero e lingotti d'oro per i pagamenti: il tutto legato al fenomeno della manodopera illegale nel distretto cinese del tessile a Prato. Procura e Guardia di Finanza hanno dato una spallata a 'fabbriche' di documenti fittizi per fare il rinnovo dei permessi di soggiorno da parte di orientali assunti 'a nero'. Sono 210 gli indagati nell'operazione denominata "Easy permit", fra loro 52 imprenditori cinesi e 46 prestanome. Ai domiciliari 7 persone: due consulenti
del lavoro e tre titolari di società elaborazione dati, italiani, più due cinesi titolari di altri centri dati. L'obbligo di dimora è scattato per un altro orientale
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Re: Favorire la migrazione clandestina è un crimine universa

Messaggioda Berto » ven dic 10, 2021 8:05 am

Nuovo appello di Papa Francesco per i migranti.
Migranti: Papa, tanto dolore, 'sappiate che vi sono vicino
'
(ANSA) - CITTA DEL VATICANO
28 NOV 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 4067b.html

"Quanti migranti sono esposti anche in questi giorni a pericoli gravissimi e quanti perdono la vita alle nostre frontiere", "sento dolore per le notizie sulla situazione in cui si trovano tanti di loro, quelli che sono morti nel Canale della Manica, di quelli al confine della Bielorussia, molti dei quali sono bambini, di quelli che annegano nel Mediterraneo.
Tanto dolore - ha detto Papa Francesco all'Angelus - pensando a loro. E quelli che sono rimpatriati al Nord dell'Africa e sono catturati dai trafficanti che li trasformano in schiavi, vendono le donne, torturano gli uomini. Di quelli che anche in questa settimana hanno tentato di attraversare il Mediterraneo cercando una terra di benessere e trovandovi invece una tomba".
"Ai migranti che si trovano in queste situazioni di crisi assicuro la mia preghiera, anche il mio cuore, sappiate che vi sono vicino, pregare è fare", ha detto il Pontefice. (ANSA).



Bergoglio il papa vigliacco che non difende i cristiani

Il papa malvagio che sta dalla parte dei ladri, dei farabutti, dei violenti, dei criminali, dei carnefici e del male sempre contro le loro vittime e contro il bene.
Tutte le demenzialità e le incoerenze di un uomo che non merita il mio rispetto e che ci fa tanto del male
viewtopic.php?f=199&t=2933
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6636654604
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Favorire la migrazione clandestina è un crimine universale

Messaggioda Berto » ven dic 10, 2021 8:06 am

Messina. Finti matrimoni tra extracomunitari e donne "pecore" italiane: il Gup dispone 29 rinvii a giudizio
l'Eco del Sud
9 Dicembre 2021

https://www.lecodelsud.it/messina-finti ... a-giudizio

A Messina, il Gup Monica Marino, in udienza preliminare, ha disposto il rinvio a giudizio per 29 degli imputati coinvolti nella operazione ‘Zifaf’, scattata nel dicembre dello scorso anno ad opera della Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia; stralciate 11 posizioni.

L’inchiesta Zifaf aveva svelato che due organizzazione criminali – con base a Messina ma attive in buona parte dell’Italia e anche in Germania – erano attive nella organizzazione di falsi matrimoni tra italiani e stranieri (marocchini, algerini e tunisini), al fine di far conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e la permanenza in Italia, oppure per “sanare” la posizione degli extracomunitari che avevano subito decreti di espulsione dal territorio italiano.

Un anno fa, ordinanza di custodia cautelare fu spiccata nei confronti di 16 persone, 5 in carcere e 11 ai domiciliari, tra promotori e membri dei due gruppi criminali. Con arresti a Messina, Catania, Bergamo, Torino e Francoforte.

Dalle indagini delle Fiamme gialle era emersa l’esistenza delle due organizzazioni, da tempo attive a Messina e con consolidate ramificazioni in Marocco, “governate” da due cittadini marocchini. Per l’accusa, erano proprio loro a occuparsi di organizzare i viaggi in Marocco degli sposi fittizi, di assistere i promessi sposi durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, fino al falso matrimonio. Seguivano tutto, dalle pubblicazioni alla cerimonia, fino alla fase finale quando ottenuto lo scopo si procedeva alla separazione e al divorzio. Ma i due cosiddetti wedding planner internazionali non operavano da soli, potendo contare su un’organizzazione ben strutturata, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili.

C’era un primo livello, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini. Erano quelli incaricati di reclutare i falsi sposi, e quando venivano contattati da altri marocchini in cerca di una sposa fittizia, si mettevano in moto, riferendosi alle donne italiane come “pecore” (“…c’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora… un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…”); curavano poi l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per l’ottenimento della documentazione a favore dei cittadini extracomunitari. In questo contesto si inseriscono i riferimenti anche in territorio marocchino, che avevano il compito di coadiuvare l’attività di rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco, presso il consolato generale d’Italia a Casablanca.

I componenti del secondo livello erano 7 italiani, “affezionati” testimoni di nozze e gli interpreti mentre il terzo livello era rappresentato da una fitta rete di donne italiane, che vivevano in condizioni disagiate che venivano coinvolte prima per essere destinate a false nozze, per poi diventare volano per nuovi illeciti affari, come reclutatori di altri soggetti da indirizzare verso matrimoni falsi.

L’organizzazione pensava proprio a tutto, persino alle fedi matrimoniali, comperate per 1 euro da negozi cinesi. Ed è stato documentato il “tariffario”, di come tutto avesse uno specifico costo standardizzato: 10.000 euro circa corrisposti dallo straniero all’organizzazione, in contanti o attraverso i servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da soggetti apparentemente non coinvolti nella vicenda ma vicini ai membri del sodalizio criminale; tra i 2.000/3.000 euro allo sposo fittizio; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete. Il tutto per un giro d’affari documentato nel corso delle indagini pari ad oltre 160.000 euro.

I 29 rinviati a giudizio compariranno a processo davanti al giudice monocratico il 7 novembre 2022.
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