La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » lun gen 14, 2019 8:12 pm

Migranti, così le Ong buoniste "affondano" le leggi del mare
Giuseppe De Lorenzo - Mer, 09/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26005.html

I metodi di soccorso delle due Ong nel mirino dei governi italiano e maltese: "Opinioni diverse sulle dinamiche..."

L'attenzione di tutti è puntata sui quei 49 migranti a bordo delle due navi Ong ferme al largo di Malta. Europa, Stati, buonisti, sinistra e Chiesa chiedono a gran voce di farli sbarcare "prima possibile" perché non si può far politica sulla pelle degli stranieri.

Vero. Ma nel mondo democratico esistono delle regole che tutti, anche chi vanta spirito umanitario, devono seguire. Le Ong lo hanno fatto? "Ci sono molte opinioni diverse sulla dinamica di questi salvataggi e su come sono stati condotti", ha detto ieri il premier maltese Joseph Muscat. Ecco perché sta facendo resistenza allo sbarco: Malta non intende creare un "precedente" che costringa l'isola a "occuparsi" dei migranti recuperati in mare da "Ong che fanno quel che vogliono". Tradotto: se cediamo questa volta, poi bisognerà farlo in futuro. Lo stesso discorso vale per l'Italia.

Ieri Palazzo Chigi sosteneva che "la Sea Watch era stata contattata dalle autorità di Tripoli", ma "ha deciso di lasciare le acque libiche per andare in quelli maltesi". Salvini invece aveva puntato il dito contro Sea Eye che "ha deciso di disobbedire" a Tripoli per "caricare a bordo gli immigrati e fuggire".

Il caso Sea Watch

I documenti rivelati dal Giornale.it sembrano confermare queste dichiarazioni, almeno per quanto riguarda Sea Watch. Ma partiamo dal principio. Sea Watch individua il gommone intorno alle 8.22 del 22 dicembre. Secondo quanto riporta Repubblica (che ha visionato i "rescue report" scritti dagli ufficiali delle navi umanitarie), "l'equipaggio accerta che si tratta di un caso di distress (emergenza)" e "si attiva per il recupero". Se "attivarsi per il recupero" significa aver preso a bordo i migranti, già qui nascerebbe il primo errore (lavoriamo per ipotesi). Le leggi prevedono infatti che nel momento in cui viene avvistata un'imbarcazione a rischio naufragio, "il comandante deve innanzitutto informare il MRCC competente". A spiegarlo è un rapporto della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, non certo passabile di leghismo.

Bene. La nostra Marina, come rivelato dal Giornale.it, riferisce che solo alle 11.50 (secondo Rep alle 10.44, comunque ore dopo l'avvistamento), Sea Watch comunica "via e-mail alla Guardia costiera italiana, a quella di Malta e a quella olandese" la presenza del barcone. E qui cascherebbe l'asino per la seconda volta. Perché trovandosi in area Sar Libica, l'Ong avrebbe dovuto telefonare all'Mrcc di Tripoli e non a quello italiano. Ecco perché la nostra Guardia costiera invita la nave a contattare i libici e a sua volta telefona a Tripoli, ricevendo l'assicurazione che "avrebbe provveduto ad inviare una motovedetta sul posto".

Secondo la nostra Marina, alle 15.10 la Sea Watch comunica a Roma "di aver recuperato i 33 migranti, asserendo di aver richiamato la Guardia costiera libica senza esito". L'Ong - scrive Rep - avrebbe cercato di contattare Tripoli due volte (alle 12.20 e alle 12.48), ma senza mai ottenere risposta. A questo punto chiede (sono le 21.52) un porto di sbarco a Malta, Italia, Olanda, Francia, Germania e Spagna. Ricevendo netto diniego.

Perché la Ong non ha atteso che Tripoli prendesse le redini del soccorso? Il comandate italiano nella sua relazione scrive che la motovedetta libica proveniente da Tripoli "sembrerebbe essere arrivata in zona", ma "si sarebbe fermata ad una piattaforma petrolifera per fare rifornimento di carburante". L'Ong non poteva attendere il suo arrivo lasciare alla marina libica la gestione del barcone?


I dubbi su Sea Eye

Passiamo alla Sea Eye. Secondo Repubblica l'avvistamento del barcone con circa 15 immigrati risale alle 7.12 del 29 dicembre. Anche in questo caso - driblando le norme - "partono i contatti con Roma" che, ovviamente, invita a sentire la Libia competente nell'area Sar. Tripoli avrebbe risposto solo alle 8.25, "assumendo il coordinamento delle operazioni" e invitando l'Ong a "stare lontano dai migranti".

Sea Eye però non avrebbe eseguito gli ordini. Dopo aver autonomamente deciso che "la stabilità dell'imbarcazione è compromessa", decidono "di mettere in salvo tutti i passeggeri". Qui le Ong giocano con le leggi del mare, molto intricate su questo punto. Ogni comandante è obbligato a portare in salvo chiunque se "il pericolo di vita sia imminente e grave". Il fatto è che spesso qualsiasi barcone, anche se non a rischio immediato di naufragio, viene considerato in "pericolo imminente" così da avviare subito il soccorso.

Infatti alle 10.10, scrive Rep, la Marina libica avrebbe telefonato Sea Eye per avvertirli che sarebbero arrivati a caricare gli immigrati per riportarli a Tripoli, ma questi pare fossero già a bordo della Ong. A quel punto, c'è poco che la motovedetta possa fare. Le leggi del mare infatti permettono al comandante di una nave di opporsi alla consegna dei naufraghi perché "la Libia non può essere considerato un porto sicuro". Alla fine, la Marina invita l'Ong a fare "rotta verso nord" e di "lasciare la Sar libica" senza indicare il porto sicuro di sbarco. Facendo nascere lo stallo che ancora adesso tiene in ballo 49 migranti e metà Europa.




I pirati del mare e la miopia di Bruxelles
Gian Micalessin - Mer, 09/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 26099.html

Dopo 19 giorni in compagnia di 49 migranti raccolti, in palese violazione delle leggi internazionali, in una zona di soccorso assegnata alla Guardia Costiera libica, i pseudo-umanitari di Sea Watch e Sea Eye lamentano di attendere «invano l'interesse dell'Ue per una soluzione».

Non hanno torto. Da oltre tre anni l'Ue assiste nella più totale indifferenza alle attività di navi che sventolano la bandiera dell'umanitarismo, ma agiscono alla stregua di vascelli corsari. Indifferenti alle leggi violano da anni le acque libiche, traghettano migranti irregolari e garantiscono ai trafficanti di uomini quell'ultima tratta verso l'Italia e l'Europa senza la quale non potrebbero taglieggiare le proprie vittime. Ma i corsari dell'umanitarismo non si limitano a un'implicita connivenza con i trafficanti di umani.

Nell'indifferenza dell'Europa si rendono anche complici delle stragi collaterali che fanno da cornice alla tratta di disgraziati. I 5mila sventurati inghiottiti dal Mediterraneo nel 2016, i 3mila del 2017 e gli oltre 2mila del 2018 non si sarebbero sognati di tentare la traversata se i loro sfruttatori non li avessero ammaliati offrendo la certezza di un salvataggio garantito dalle navi delle Ong.

In questo gioco perverso e spregiudicato l'umanitarismo è solo copertura di facciata. Dietro l'identità buonista si celano la finalità meramente ideologiche di organizzazioni interessate non tanto a salvare vite, quanto ad imporre un principio del diritto alla migrazione non riconosciuto da alcun ordinamento europeo. Eppure nonostante la palese illegalità di queste operazioni, nonostante la triste scia di morti collaterali, nonostante il tentativo di imporci l'accoglienza dei migranti irregolari, Bruxelles continua a non voler vedere quanto succede nel Mediterraneo. Fedele a questa indifferenza ha scaricato per anni il peso dei migranti sull'Italia rifiutandosi persino di far valere quel Regolamento europeo di Dublino che oggi imporrebbe a Germania e Olanda, le nazioni di cui battono bandiera le navi Sea Watch e Sea Eye, di accollarsi i 49 disgraziati alla deriva da 19 giorni. Nell'assenza di Bruxelles l'unica nazione che ha imposto regole e leggi ai filibustieri dell'umanitarismo è stata l'Italia. Grazie a Marco Minniti e a Matteo Salvini la spregiudicata e palese attività illegale delle Ong è stata parzialmente debellata. Ora però è tempo che l'Ue apra gli occhi. Senza azioni e regolamenti europei le Ong e i loro vascelli torneranno ad esser il cavallo di Troia di un'immigrazione irregolare capace di seminare il caos nelle società europee.



L'Ong Sea Watch sfida Salvini "Stati rispettino gli impegni"
Chiara Sarra - Mer, 09/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26518.html

Sbarcati a Malta i 49 migranti soccorsi prima di Natale. E l'Ong accusa l'Europa: "Non si può rinegoziare ogni caso"

"Ora gli Stati rispettino gli impegni". Pur non citandolo, Sea Watch sfida ancora Matteo Salvini che promette di non avere nessuna intenzione di aprire all'accoglienza di una parte dei 49 migranti salvati dalla ong tedesca il 22 dicembre scorso.

E questo nonostante il premier Giuseppe Conte abbia accettato il ricollamento insieme ad altri sette Stati membri dell'Unione europea.

Proprio in virtù di quell'accordo, dopo giorni in mare sulle navi Sea Watch e Sea Eye i migranti sono oggi sbarcati a Malta. E la portavoce italiana della ong, Giorgia Linardi, racconta di "sollievo" e di festeggiamenti a bordo. Ma non mancano bordate al governo italiano e al sistema europeo per la gestione dell'immigrazione clandestina: "Ci auguriamo che gli Stati membri che si sono accordati per la ricollocazione dei migranti, rispettino gli impegni presi", ha detto la portavoce, "Ovviamente quello che è accaduto per noi, come organizzazione e come cittadini europei, ha un significato più complesso, da un lato c'è la soddisfazione per la fine di questa epopea con una soluzione condivisa, dall'altro la consapevolezza che servirebbe un approccio strutturale al fenomeno dei migranti che vada oltre l'emergenza. Non si può rinegoziare ad hoc ogni caso. E comunque la si voglia pensare prima si salvano le persone in mare e poi le si portano in un porto sicuro. Tutto il resto dovrebbe venire dopo, il fatto che non sia così è preoccupante".

In ogni caso la ong non rinuncia alle sue missioni al limite della legalità (anche stavolta le navi sono intervenute violando gli accordi con la Libia). "Domani? Si torna al più presto in area Sar", assicura Sea Watch.



Migranti, anche in Spagna stretta sulle Ong: Open Arms bloccata a Barcellona
di ALESSANDRA ZINITI
2019/01/14

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... -216523058

Il caso Sea Watch e la sempre più difficile intesa europea per gli sbarchi dei migranti provocano una ulteriore stretta all'attività delle Ong. Nelle stesse ore in cui a Roma il commissario europeo per l'immigrazione Avramopoulos incontra il presidente del Consiglio Conte e il ministro dell'Interno Salvini, la Spagna (il paese europeo che nel 2018 ha accolto più migranti, quasi 60.000, il triplo dell'Italia) blocca in porto la Open Arms che, dopo l'ultimo sbarco di alcune settimane fa ad Algeciras, stava per ripartire per una nuova missione nel Mediterraneo.

La capitaneria di porto di Barcellona ha infatti rifiutato alla Open Arms l'autorizzazione a ripartire. "Di nuovo bloccati in porto - la denuncia del fondatore Oscar Camps - Impedirci di salvare vite umane è irresponsabile e crudele". In un tweet Open Arms spiega così il motivo dello stop improvviso: "La capitaneria di porto di Barcellona ci nega il permesso di raggiungere il Mediterraneo centrale. Motivo: se gli Stati non adempiono i loro obblighi di soccorso nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita. Eliminano testimoni per nascondere le morti".

La Open Arms aveva sbarcato il 28 dicembre ad Algeciras 311 migranti soccorsi al largo della Libia dopo che Italia e Malta avevano negato l'autorizzazione all'attracco. Dopo aver fatto rifornimento e cambio d'equipaggio, la nave avrebbe dovuto ripartire per una nuova missione l'8 gennaio, ma le autorità portuali di Barcellona glielo hanno proibito affermando che la Ong viola le norme internazionali in materia di salvataggio in mare. Dopo lo sbarco a Malta dei 49 migranti soccorsi a fine dicembre da Sea Watch e da Sea eye, da giorni nessuna nave Ong è presente nel Mediterraneo centrale.
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Messaggioda Berto » gio gen 24, 2019 9:40 pm

"Senza Ong, più migranti morti". Ma i dati smentiscono la grande bugia
Giuseppe De Lorenzo - Dom, 20/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/senza-noi ... 31587.html

Muoiono 117 immigrati, le Ong accusano Salvini e i porti chiusi: "Governi responsabili morali". Ma i numeri dicono altro

Le tragedie rimangono tragedie. Osservare 170 migranti inabissarsi nel mare tra la Libia, il Marocco e l'Europa è un dolore che segna la pelle di chiunque, anche del più cinico osservatore.

Ma anche le bugie restano bugie. Pure quando c'è di mezzo il dolore di un naufragio di massa.

"Adesso qualcuno dovrà pure prendersi le sue responsabilità per queste vittime", dice a Repubblica Claudia Lodesani, presidente di Msf Italia. L'atto di accusa è rivolto al Belpaese, ai porti chiusi di Salvini, all'Europa che resta in "silenzio" di fronte alla "criminalizzazione delle Ong". Legittimo. Per Salvini invece la "colpa" del naufragio di venerdì è delle Ong. "Non sono io metterle sui gommoni mezzi sgonfi", dice il vicepremier, "sarà una coincidenza che da tre giorni c'è una nave di una Ong che gira davanti alle coste della Libia e in questi giorni gli scafisti tornano a far partire gommoni che si sgonfiano?".

Posizioni sostanzialmente inconciliabili. Da una parte chi è certo che la presenza delle navi umanitarie sia un pull factor, spinga cioè i migranti a salpare; dall'altra chi rivendica l'obbligo "di salvare le vite umane" imposto dalla legge internazionale. In mezzo ci sono però i numeri. E quelli non si possono falsificare. "Folle attaccare noi delle Ong, più morti proprio perché ci bloccano”, titolava oggi Repubblica. Ma è una bugia.

Vediamo perché, osservando i dati sui decessi nel Mediterraneo centrale forniti dal Missing Migrants Project dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni.

Quando nel 2014 le Ong erano solo un miraggio ma l'Italia finanziava l'operazione Mare Nostrum (voluta da Letta), di morti in mare se ne contavano 3.165. Tanti, tantissimi. La missione terminò il 31 ottobre 2014 e l'anno dopo i decessi diminuirono fino a 2.877. L'annus horribilis è il 2016: tra l'Italia e la Libia annegano 4.581 immigrati, guarda caso proprio quando a 12 miglia dalle coste di Tripoli navigano quasi 12 navi umanitarie.

La strage va avanti fino a metà del 2017. Il calo di decessi inizia ad agosto: dopo le partenze in massa di Pasqua, Minniti decide di varare una stretta. Nasce il codice di condotta per le Ong, iniziano le inchieste, scoppia lo scandalo e l'Italia sostiene la Guardia costiera libica. Così le organizzazioni umanitarie cominciano a limitare le operazioni al largo della Libia e non solo gli sbarchi in Italia calano vertiginosamente, ma anche le tragedie si riducono: dai 4.581 immigrati morti nel 2016 si arriva ai 2.853 del 2017. Gran parte di questi avviene nei primi sei mesi (2.171), poi il numero crolla a 682 nei restanti sei mesi (cioè dopo la stretta di Minniti alle Ong).

Nel 2018 il ritornello si ripete. Le Ong abbandonano definitivamente il campo e intanto la Libia inizia seriamente ad intercettare i barconi. I morti scendono da 2.171 a 1.314. Con l'eccezione di giugno (564 decessi), grazie la chiusura dei porti disposta da Salvini ingressi e lutti si sono ridotti via via al lumicino: a ottobre dell'anno scorso ne sono morti solo 7 (contro i 431 del 2016), a novembre 24 (contro i 703 di due anni prima).

Certo: vedere inabissarsi 170 corpi in un solo giorno è un dramma inestimabile. Ma asserire che è per l'assenza delle Ong che aumenta il numero di migranti morti è una bugia. Bella e buona. Nel 2019, dal 1 al 20 gennaio, il contatore segna 23 immigrati dispersi. Anno scorso erano 179. Due anni fa 202.

Direte: il flusso si è spostato verso la Spagna. Vero. Ma sommando le tragedie nella rotta centrale (Italia), quella occidentale (Spagna) e quella orientale del Mediterraneo, il risultato non cambia: nell'ultimo anno le fatalità si sono ridotte notevolmente, dai 5.143 del 2016 ai 2.229 del 2018.

Ps: Ong e sinistra fanno notare che nel 2019 il tasso dei immigrati annegati rispetto alle partenze è notevolmente aumentato. Dal 1,6% del 2018, oggi sarebbe al 6,7%. Come mai? Semplice: gli sbarchi si sono ridotti, dunque è salita la percentuale. Una normale conseguenza matematica. Il dato, se non falsato, è quindi utilizzato in maniera pretestuosa. Domanda: ci interessa il tasso o il numero assoluto di migranti morti (in meno) dovuti alla politica dei porti chiusi?
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Messaggioda Berto » ven gen 25, 2019 5:32 am

Sea Watch fa rotta sull'Italia Salvini: "Nessuno sbarca qui"
Luca Romano - Gio, 24/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 33715.html

Ancora un braccio di ferro tra la ong e il Viminale. A bordo della nave 47 migranti salvati in mare. Il ministro: "Porti chiusi"
La Sea Watch non ha nessuna intenzione di porre la parola fine alla sfida che porta avanti da tempo contro l'Italia.

La nave della Ong tedesca di fatto dopo aver salvato 47 migranti in mare adesso sta facendo rotta verso l'Italia. A segnalarlo è stato lo stesso ministro degli Interni, Matteo Salvini: "Ennesima provocazione in vista: dopo aver sostato per giorni in acque maltesi, la nave olandese Sea Watch3 con 47 a bordo si sta dirigendo verso l’Italia".Il titolare del Viminale però non ha perso l'occasione per ribadire ancora una volta la linea sugli sbarchi che resta quella dei porti chiusi: "Ribadisco che la nostra linea non cambia, né cambierà. Nessuno sbarcherà in Italia. Pronti a mandare medicine, viveri e ciò che dovesse servire ma i porti italiani sono e resteranno chiusi”. Solo ieri anche il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, aveva segnalato la presenza della Sea Watch a poche miglia dalle coste italiane: "La Sea Watch con 47 a bordo è vicina alle coste di Lampedusa? Noi non erigiamo muri. Gli sbarchi del resto li abbiamo ogni giorno...".

La nave ieri si trovava a 20 miglia dall'isola siciliana. "Se mi interpellano per arrivare in porto, io rispondo che devono chiedere l’autorizzazione alla Guardia costiera. Noi siamo esecutori e di certo non mettiamo muri, nè io nè alcun altro lampedusano. Lo sanno e non lo sanno tutti, a partire da Salvini, che gli sbarchi qui continuano ogni giorno?", aveva aggiunto il sindaco di Lampedusa. Adesso all'orizzonte si potrebbe aprire un nuovo braccio di ferro tra le ong e il governo italiano.
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Messaggioda Berto » mer mar 06, 2019 7:42 pm

Migranti, nuova sfida dell'Ong: "Pronti a mollare gli ormeggi"
Luca Romano - Mer, 06/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 57841.html

La Mare Jonio, nave di Mediterranea, si prepara a partire la prossima settimana: "Necessario monitorare, testimoniare e soccorrere"

Nei prossimi giorni l'Ong dovrebbe ricevere la visita degli ispettori della Capitaneria di porto.

Poi, se troveranno tutto in regola, la Mare Jonio tornerà nel Mediterraneo centrale per "monitorare, testimoniare e soccorrere". Tradotto: andrà nel tratto di mare che separa la Libia dall'Italia per i migranti che cercano di attraversarlo.

"La Mare Jonio sta per mollare gli ormeggi ed è pronta a partire alla volta del Mediterraneo Centrale per tornare ad essere là dove è necessario monitorare, testimoniare e soccorrere - spiega Mediterranea Saving Humans nel suo profilo Facebook - La partenza è prevista tra una settimana esatta, il 13 marzo, in attesa delle ispezioni a bordo programmate dalla Capitaneria di Porto di Palermo per domani 7 e l'11 di questo mese".

L'Ong italiana è una delle poche rimasta nel Mediterraneo per soccorrere i migranti. Dopo la chiusura dei porti da parte dell'Italia e il calo delle partenze, a pattugliare il mare con lei ci sono Sea Watch, Sea Eye e Open Arms. La Sea Watch, dopo il braccio di ferro con l'Italia per lo sbarco dei migranti a fine gennaio, è rimasta per diversi giorni nel porti di Catania. A bordo sono state riscontrate delle irregolarità, poi nei giorni scorsi è ripartita per Marsiglia. "Prevediamo di tornare in mare a metà marzo”, ha detto la portavoce Giorgia Linardi.

In attesa che pure Sea Watch "molli gli ormeggi", nel Mediterraneo ci sarà la Mare Jonio. Entrambe le Ong hanno partecipato peraltro alla marcia milanese contro le discriminazioni. "La Mare Jonio ha navigato a Milano in un fiume di umanità - aveva rivendicato su Twitter l'Ong - Grazie People per averci ricordato che i recinti, i muri e il filo spinato saranno travolti se essa si mette in cammino". Mentre Sea Watch aveva marciato dietro ad uno striscione eloquente: "Zero sbarchi, sei morti al giorno. Nel Mediterraneo annega l'Europa".


Olanda, ora è bufera sulla Sea Watch: "Processiamo i comandanti"
Luca Romano - Gio, 07/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 58166.html

In Olanda è bufera poltica sulla Sea Watch. La nave umanitaria battente bandiera olandese si trova nel porto di Marsiglia per alcuni interventi di manutenzione. Ma scoppia il caso sui comandanti

Per il momento l'Aja non ha ancora dato il semaforo veerde per un ritorno in mare del natante e nei Paesi Bassi esplode la polemica. I Popolari hanno infatti chiesto un prcedimento contro i comandanti della nave per "traffico di esseri umani". Di fatto la posizione del del Partito Popolare per la libertà e la democrazia agita e non poco il dibattito. L'Olanda dopo lo scontro con l'Italia ha deciso di tenere ferma la nave che come detto resta per il momento in Francia.

E così adesso anche nei Paesi Bassi c'è chi chiede un procedimento a carico dell'equipaggio per indagare sui presunti aiuti agli scafisti per traffico di esseri umani. "Non è giusto che il pubblico ministero non si sia ancora mosso", ha affermato Bente Becker del Partito dei Popolari. E questo acso rischia di spaccare la coalizione. I moderati di "The Christen Unie" non sono d'accordo e così avvertono i Popolari: "Non ci sono assolutamente indizi che parlano di una condotta scorretta da parte dei comandanti dell'imbracazione". Insomma il braccio di ferro su Sea Watch potrebbe avere serie conseguenze sulla politica interna olandese. Ma di fatto, per ora, la nave resta in porto...
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Messaggioda Berto » sab mar 09, 2019 9:42 pm

Sea Watch, i pm indagano sul ritardo per lo sbarco
Luca Romano - Sab, 09/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 59496.html

Aperto un fascicolo sul caso della nave umanitaria ferma per giorni a largo di Siracusa. L'esposto che riapre il caso

Il governo continua ad essere appeso a un filo. Le tensioni sulla Tav agitano e non poco la maggioranza.

I grillini hanno messo nel mirino Salvini e secondo alcune indiscrezioni avrebbero minacciato il ministro di dare l'ok all'autorizzazione a procedere per la Dciotti nel caso in cui dovessero andare avanti i lavori sulla Torino-Lione. Ma oltre alla Diciotti c'è anche un altro caso che potrebbe presto bussare alle porte del Viminale ed essere "cavalcato" dai pentastellati "ribelli": la vicenda della Sea Watch. La Procura di Roma infatti, secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano, potrebbe farsi consegnare i prvvedimenti e le comunicazioni con cui il ministero degli Interni e le Capitanerie di Porto hanno negato l'accesso ai porti italiani alla nave con a bordo 47 migranti. Sulla vicenda è intervenuto il Capo di gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi che ad Avvenire ha affermato: "La tipologia di atti richiesti non è soggetta a pubblicazione obbligatoria".

Di fatto però in questo quadro c'è un elemento importante: un fascicolo sul ritardo dello sbarco. A sollevare il caso è stata l'associazione "Lasciateci entrare" che con un team di avvocati sta cercando di mettere in discussione le mosse dell'esecutivo anche sul fronte Sea Watch. Il fascicolo, come sottolinea il Fatto, è sul tavolo del pm Sergio Colaiocco, per ora senza ipotesi di reato. Intanto l'avvocato Alessandra Ballerini dell'Associazione diritti e frontiere ha chiesto ai ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasportidi pubblicare “provvedimenti” e “comunicazioni" sul “divieto di approdo nei porti italiani” per Sea Watch. Insomma il caso a quanto pare non è chiuso. E per il Viminale potrebbe aprirsi un nuovo fronte...
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Messaggioda Berto » sab mar 16, 2019 7:42 pm

Sbarchi, il piano dell'ammiraglio: "Stop Ong e blocco navale: così si ferma il traffico di migranti"
Claudio Cartaldo - Mar, 05/02/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 40097.html

L'ammiraglio di Divisione spiega come fermare il traffico di esseri umani: blocco navale, stop alle Ong e missioni internazionali
L'ammiraglio di Divisione, Nicola De Felice, ha le idee chiare. Il flusso migratorio si può fermare, basta volerlo.

Ma per bloccare gli immigrati prima che mettano piede in Italia, occorre mettere in pratica alcuni accorgimenti: realizzare un'operazione militare multinazionale, attuare il blocco navale al largo delle coste libiche, decretare il divieto di approdo alle navi delle Ong e favorire un intervento dell'Onu in Africa per assistere i migranti.

L'ammiraglio De Felice, numero uno di Marisicilia dal 2015 al 2018, ha elencato le sue proposte in una lunga intervista a ilsitodisicilia.it. Ex comandante di fregata (come la Orsa e la Scirocco, oltre al cacciatorpediniere Mimbelli), ha lavorato anche nell'ambasciata italiana a Tunisi come addetto alla Difesa. Ha guidato le navi nel mare di Sicilia, quindi sa come funziona, e in Nord Africa ci è stato. Insomma, sembra titolato a parlare di questi argomenti.

Secondo De Felice per "rendere vano ogni ulteriore tentativo da parte dei trafficanti di esseri umani di smerciare uomini, donne e bambini" occorre "uno strumento risolutivo" al fenomeno-migranti. Quale? "L'articolo 83 del Codice della Navigazione permette di vietare il transito e la sosta di navi nelle acque territoriali italiane per motivi di sicurezza e di ordine pubblico - spiega -. Fa bene dunque il Governo nazionale ad adoperarsi in tal senso verso le navi Ong ritenute sospette e pericolose".

L'idea è allo studio del Viminale, come trapelato nei giorni scorsi da fonti governative dopo la conclusione del "caso Sea Watch". "Non si può attendere che il problema si presenti davanti alle nostre acque territoriali - aggiunge però l'ammiragio - Occorre giocoforza attivare, contemporaneamente all'interdizione delle navi 'non inoffensive' nei porti italiani (Ong ndr), il cosiddetto blocco navale delle zone costiere libiche e tunisine coinvolte, passando dalla dimensione organizzativa e giuridica nazionale a quella multinazionale".

Secondo l'ex comandante di Marisicilia questo "comporta una sinergia internazionale e l'allargamento del numero degli attori coinvolti, con l'aggregazione di varie nazioni interessate al contenimento del flusso migratorio clandestino in Europa oppure l'Ue, la Nato, l'Onu ed anche realtà non governative".
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Messaggioda Berto » mer mar 20, 2019 8:24 am

La Libia è un inferno, ed è la Farnesina a dirlo: ma Salvini continua a rimandare indietro i migranti
Simona Musco
21 febbraio 2019

https://www.linkiesta.it/it/article/201 ... xKhXV_osBA

Il ministro dell'Interno ripete da mesi che riportare i migranti in Libia significa salvarli. Ma quando vengono rispediti a Tripoli finiscono in carcere in condizioni spaventose, senza acqua né cibo per giorni, sottoposti a torture, a rischio di epidemia e alla compravendita

Riportare i migranti in Libia significa salvarli, ripete da mesi il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ma se sei italiano è meglio non metterci piede: non ci sono «adeguati standard di sicurezza». Un paradosso certificato dal sito del ministero degli Affari esteri, che nel suo periodico aggiornamento del portale “Viaggiare sicuri” inserisce la Libia tra i Paesi maggiormente a rischio, invitando gli italiani a non partire o ad abbandonare quella zona, in virtù di una «assai precaria situazione di sicurezza». Un concetto chiaro all’Europa, che attraverso la portavoce della Commissione, Natasha Bertaud, ha più volte ricordato all’Italia che la Libia non è considerata un luogo sicuro e che nessun migrante salvato in mare dovrebbe essere riportato lì, ma non gradito a Salvini, che ha inaugurato il suo mandato chiedendo all’Ue di smetterla con «l’ipocrisia» e rendere quelli libici «porti sicuri». Una linea dalla quale non si è mai discostato, nonostante il rischio - ormai scampato - di finire a processo per il caso Diciotti: «è finito il business dei trafficanti e di chi non scappa dalla guerra - ha affermato in un’intervista a Mattino Cinque pochi giorni fa - I migranti si salvano, come ha fatto la guardia costiera libica, e si riportano indietro, così la gente smetterà di pagare gli scafisti per un viaggio che non ha futuro».

Ma è lo stesso governo di cui fa parte a smentire il ministro dell’Interno. L’aggiornamento risale infatti soltanto al 12 febbraio, dunque pochi giorni fa e in piena era gialloverde. «I viaggi (in Libia, ndr) sono assolutamente sconsigliati in ragione delle precarie condizioni di sicurezza nel Paese», si legge proprio in cima alla scheda delle informazioni generali. Poi tutta una sezione riguarda le condizioni di sicurezza del Paese, con l’invito ai connazionali «a non recarsi in Libia e, a quelli presenti, a lasciare temporaneamente il Paese in ragione della assai precaria situazione di sicurezza». Una situazione determinata dagli «scontri tra gruppi armati» che interessano «varie aree del Paese (incluso in Tripolitania, nell’area intorno a Sirte, a Sebha, Bengasi, Derna e Sabratha)». Il pericolo è alto anche nella capitale, segnala la Farnesina, zona in cui imperversa «la minaccia terroristica» e ad «elevato rischio rapimenti». Elevati i tassi di criminalità, «anche nelle principali città e strade del Paese, tra cui il tratto stradale costiero dalla Tunisia all'Egitto».

Una volta riportati in Libia, i migranti intercettati in mare finiscono in carcere in condizioni spaventose, spesso senza acqua né cibo per giorni, sottoposti a torture, a rischio di epidemia e sottoposti alla compravendita degli aguzzini locali.

Tra i pericoli segnalati anche la presenza di cellule jihadiste in varie zone del Paese, inclusa la capitale. «Attacchi terroristici rivolti a libici e stranieri, anche con ricorso ad autobombe, hanno avuto luogo a Tripoli (da ultimo contro la Commissione Elettorale il 2 maggio e contro la National Oil Corporation il 10 settembre 2018 - continua il report - Si sottolinea che standard adeguati di sicurezza non sono garantiti nemmeno nei grandi hotel della capitale, che sono anzi considerati ad alto rischio. Si richiama inoltre l'elevato rischio di sequestri di cittadini stranieri, a scopo di estorsione o di matrice terrorista, in tutto il Paese».

Spostarsi sul territorio è rischioso, al punto che tra le raccomandazioni vi è quella di evitarlo, assieme a riprese video o fotografie «a qualsiasi sito di rilevanza politica (ministeri, ambasciate, eccetera) nonché militare (inclusi porti, aeroporti e check point)», raccomandazioni che confermano una situazione socio-politica tutt’altro che serena. Così come la situazione sanitaria: le strutture sul territorio «sono inadeguate», tanto da consigliare lo spostamento di eventuali pazienti in Italia, Tunisia o Malta, anche se «le evacuazioni mediche dalla Libia sono per il momento estremamente problematiche», mentre molti medicinali risultano irreperibili. E per concludere, gli aeroporti sono spesso chiusi per «eventi sul piano della sicurezza», mentre si registrano attacchi aerei «sulla città di Misurata», in particolare contro l’aeroporto internazionale, il porto e alcune strutture industriali. Così come si verificano di frequente chiusure al valico di frontiera libico-tunisino di Ras Jadir. E in ogni caso, conclude la Farnesina, «ogni spostamento nel Paese, su ruota, comporta un elevatissimo rischio ed è fortemente sconsigliato».

La Libia, dunque, non è un posto sicuro. E se non bastassero le raccomandazioni del ministero degli Affari esteri, anche il report dell’Unhcr evidenzia una situazione drammatica: una volta riportati in Libia, i migranti intercettati in mare finiscono in carcere in condizioni spaventose, spesso senza acqua né cibo per giorni, sottoposti a torture, a rischio di epidemia e sottoposti alla compravendita degli aguzzini locali. Col rischio, poi, di pagare una seconda volta nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e scappare dall’inferno. Al punto da arrivare a dire «meglio morire in mare che tornare in Libia»
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer mar 20, 2019 8:24 am

La Chiesa di papa Francesco e la Lega non possono che essere nemici
di Renzo Guolo

https://www.facebook.com/saved/?list_id ... 60&cref=35
http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... a-1.331179

La questione migranti è, anche, la cartina di tornasole dei rapporti tra Lega e Chiesa. Tanto più intricati in quanto la Lega, abbandonato il folcloristico neopaganesimo degli albori, si vuole “partito cristiano”. Come ricorda il comizio di Salvini con tanto di rosario e Vangelo in piazza Duomo a Milano.

Una rivendicazione, quella del “partito cristiano”, che viene da lontano. Nata in territori di subcultura politica bianca, prima feudi della Dc, la Lega, per sfondare, doveva raccogliere quello che, un tempo, veniva chiamato il “voto del cielo”. Obiettivo non impossibile dopo la fine dell’unità politica dei cattolici. Anche perché gli uomini del Carroccio provenivano, in larga parte, da quel mondo. Legati più a un cattolicesimo del campanile, al peso della tradizione e al ruolo del clero come attore di legittimazione dell’ordine sociale, che a un cattolicesimo ispirato da venature evangeliche.

La partecipazione di militanti ed elettori in veste di fedeli, al rito religioso della messa e a quello sociale del sagrato, la loro presenza nei consigli pastorali, ha consentito alla Lega di non essere percepita come estranea al mondo cattolico, rendendo naturale il passaggio dall’ampolla al crocifisso. Tanto da non risentire né della decisa opposizione ecclesiale alla rottura dell’unità d’Italia, invocata dal secessionismo padano nei primi anni Novanta, né del mai rinnegato rapporto con gli allora scomunicati lefebvriani.
Antonio Spadaro
L’idolatria di chi sfrutta 
la croce, l’odio diffuso, la necessità di «tornare 
a essere popolari» e l'importanza della democrazia e della formazione. Parla il direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro

Divenuta stabile forza di governo, la Lega ha poi cominciato a guardare ai tradizionalisti dentro la Chiesa. Un “entrismo” manifestatosi nel sostegno ai vescovi contrari al dialogo religioso o fautori dell’accoglienza su base religiosa degli immigrati, come Maggiolini e Biffi, e nell’ostilità verso gli aperturisti Martini e Tettamanzi.

L’interventismo leghista nelle vicende ecclesiali, un’anomalia nella storia italiana, almeno quella repubblicana, che semmai l’ha visto soventemente praticare a parti inverse, origina una sorta di cesaropapismo in salsa verde, con la pronuncia a favore o contro la nomina di talune guide episcopali in base ai loro orientamenti pastorali. Un’irruzione della politica nella religione, che non si arresta nemmeno di fronte a temi come il significato del Vaticano II, con i leghisti schierati su posizioni anticonciliari e, comunque, vicini a quanti sostengono la lettera più che lo spirito del Concilio, l’ermeneutica della continuità della Chiesa post-tridentina più che quella della discontinuità.

In ogni caso, quella leghista è una visione del cristianesimo come religione etnica su base locale, come elemento identitario di un popolo che vive storicamente in un determinato territorio. Una concezione del mondo in cui la religione funziona da sbarramento verso chiunque non appartenga, preferibilmente per nascita, a quella comunità. Assunto che nega alla radice il carattere universale del cristianesimo. Una religione in cui la Croce viene impugnata a rovescio, divenendo spada da brandire verso lo straniero, tanto più se religiosamente altro.

Di fronte a questa torsione identitaria l’episcopato italiano ha adottato nei confronti della Lega, durante la lunga era ruiniana, un pragmatico realismo che teneva conto sia del suo ruolo nel sistema politico, sia del consenso che mieteva nel mondo cattolico. Nonostante i timori espressi da gruppi e esponenti cattolici, i vertici ecclesiali del tempo non hanno mai percepito la Lega come un serio problema. Tanto meno dopo la sua “costituzionalizzazione”: politicamente minoritaria, era obbligata a governare in una coalizione in cui il garante verso la Chiesa era Forza Italia. E ciò bastava.

Nonostante la Lega propugnasse, ciclicamente, una religione senza Chiesa, idealmente trasmessa da una comunità di popolo in versione identitaria e patriottica, e, sempre, un cristianesimo senza Cristo, estraneo a misericordia, dignità della persona e diritti umani per tutti, la Cei ruiniana si asteneva dall’aprire una discussione sul cosa significasse, per un partito che si proclamava tale, definirsi cristiano. Del resto non erano solo alcuni parroci ma anche importanti prelati a ritenere che fosse preferibile prendere atto del consenso popolare di quel partito e della sua “condivisione dei valori della Chiesa”. Per una Cei concentrata sulla “questione antropologica” e sui “valori non negoziabili”, l’appoggio del Carroccio a provvedimenti in materia di bioetica e famiglia era, infatti, più rilevante della battaglia su temi come la solidarietà e l’accoglienza, considerati divisivi nel mondo cattolico.

Una linea oggi non più replicabile. Non solo per la svolta imposta da Bergoglio , rispetto ai papati di Wojtyła e Ratzinger, e delle posizioni della Cei di Battisti rispetto a quelle di Ruini e Bagnasco, ma perché molto è mutato anche sul piano politico. Innanzitutto, la Lega non è più un partito locale di minoranza ma un partito nazionale egemone a destra. Se il voto del 4 marzo ha fatto emergere tra i fedeli un consenso non da sottovalutare nei confronti di Salvini, non di meno la Chiesa non può restare passiva: pena la fine della possibilità di orientare il suo gregge su valori che questo papato ritiene fondamentali. Il rischio è l’esplosione di un rancore generalizzato contro ogni forma di umanità i cui simboli sono i muri, il filo spinato, i porti chiusi.

Da qui la crescente mobilitazione di quanti ritengono sia venuto il tempo di opporsi al leghismo. Un mondo che, contrariamente al passato, avverte alle spalle il sostegno alla linea del Buon Samaritano della Chiesa, delle sue organizzazioni, dei suoi media. A partire dal tentativo di convincere chi si proclama credente che la paura non va esorcizzata ma nemmeno usata strumentalmente a fini politici e che il concetto di sicurezza che si va affermando non è coerente con i valori del Vangelo. Un sentire culminato nel clamoroso “Vade retro Salvini” di Famiglia cristiana e nei meno gridati ma fermi articoli di Avvenire. Una battaglia, ingaggiata da molti vescovi, che investe anche l’uso strumentale dei simboli cristiani. E che fa dire al direttore della Civiltà Cattolica, Spadaro, che «La croce è segno di protesta contro peccato, violenza, ingiustizia e morte. Non è mai un segno identitario. Grida l’amore al nemico e l’accoglienza incondizionata».

Chiesa e Lega sono, dunque, a un bivio. Anche perché la sfida ha assunto carattere insieme politico e religioso. Sul versante ostile alla Chiesa di Bergoglio si sta, infatti, formando un fronte che salda insieme leghisti come l’ipertradizionalista ministro Fontana e quanti, nelle gerarchie ecclesiali, non si riconoscono nella linea di papa Francesco: come il cardinale Burke. Il porporato tradizionalista, firmatario dei dubia sull’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, è vicino a Steve Bannon, punto di riferimento della destra estrema a stelle e strisce e mente di “ The Movement”, organizzazione alla quale aderisce anche Salvini.

Un fronte che punta all’alleanza di populisti e sovranisti in Europa. E che sogna un continente dall’identità cristiana marcatamente conservatrice. Magari con tanto di preambolo valoriale formalizzato, in una logica di esclusione, in una costruzione giuridica destinata a diventare quella costituzione europea che miopi egoismi nazionali hanno bocciato in passato.

L’intesa tra movimenti politici ispirati al cattolicesimo identitario italiano, a quello neovandeano lepenista francese, a quello slavo e magiaro di Orbán e Kaczinsky, prefigura, un mondo cattolico europeo schierato su posizioni assai diverse da quelle della Chiesa di Bergoglio. Un’Europa nella quale i valori dei padri fondatori, in particolare il rispetto della dignità umana, potrebbero essere solo un pallido ricordo. Un’Europa preoccupata soprattutto di chiudere i confini, e di rinchiudere chi li oltrepassa, più che delle sorti dei “cristi” di oggi evocati da papa Francesco.



Alberto Pento
Quante falsita e che manipolazione della realtà in questo articolo demenziale e demoniaco.
Sarebbe interessante fare un'indagine statistica per accertare la "coerenza di questi cattolici bergogliani" verificando quanti di loro hanno adottato nella loro famiglia e ospitano a loro spese e nella loro casa e sotto la loro rsponsabilità economica, civile e penale qualcuno di questi "migranti, rifugianti, asilanti" dall'Asia e dall'Africa.


Rovi Gatti
Perchè invece gli "italianisti convinti che pensano ai terremotati ed agli italiani in difficoltà" scommetto che ne hanno tutti ospitati un paio a casa loro, o hanno fatto generose donazioni.

Alberto Pento
C'è una certa differenza, innanzi tutto per i cittadini italiani ci deve pensare lo stato italiano che esiste per questo e in seconda istanza se necessario anche la solidarietà dei concittadini locali, regionali e nazionali. Per i cittadini degli altri paesi ci devono pensare gli altri paesi, gli altri stati e se proprio si vuole che ci pensino anche i volontari italiani con le loro risorse private e non non con le risorse pubbliche che sono scarse anche per i cittadini italiani medesimi.

Rovi Gatti Bene
Quindi in seconda istanza permane l'obiezione che ho posto: nonostante evidentemente lo Stato non riesca a sopperire ai bisogni di molti italiani in difficoltà, nessuno di quelli che a parole difende i loro diritti ne prende uno in casa.

Alberto Pento
Rovi Gatti e che ne sai tu?

Rovi Gatti
Va bene, allora pongo la faccenda in questi termini: sarebbe interessante fare un'indagine statistica per accertare la "coerenza di questi caritatevoli italianisti convinti" (Alberto Pento, per esempio), verificando quanti di loro hanno adottato nella loro famiglia e ospitano a loro spese e nella loro casa un indigente italiano.

Alberto Pento
A me personalmente nessuno ha chiesto di accogliere e ospitare qualche terremotato bosognoso. Probabimente non avrei difficoltà in tsl senso in caso di necessità.

Roberta Filippi
Alberto Pento a nessuno è stato chiesto personalmente. Però direi che quando si insiste tanto sulle necessità che qualcuno ha, è dovere civico e etico darsi da fare. E comunque l'Italia è in Europa, e ci sono trattati europei e norme del diritto della navigazione che in taluni casi impongono il soccorso. A prescindere da nazionalità e diritto di accoglienza. Il problema attuale è che si identifica il migrante con il termine di clandestino. In realtà diventano clandestini dopo che è stato loro rifiutato il diritto di asilo o assistenza umanitaria o altro. E questo nessuno lo può prevedere, tanto meno quando sono ancora su un gommone che sta affondando.


Gentile Roberta Filippi,
da come parla lei mi pare che non abbia proprio molto da insegnare, primo lei non sa nulla della vita degli altri di coloro che sono i suoi concittadini italiani, secondo le ricordo che sta agli altri e non a lei decidere della loro vita e se dare o meno la loro disponibilità in questi casi a seconda della loro possibilità e della loro volontà e libertà e che nessuno ha il diritto di giudicarli.
Per quanto riguarda le convenzioni del soccorso in mare le rammento che chi abusa delle stesse per favorire la migrazione o l'invasione clandestina è doppiamente un criminale come lo è chi sia avvale di questo abuso per trarne indebiti vantaggi a spese altrui;
tali convenzioni sono state fatte a suo tempo per ovviare a dei veri naufragi e non certo per favorire la migrazione o l'invasione clandestina dei paesi altrui; l'abuso criminale di tali convenzioni arreca grave danno ai paesi che subiscono tali invasioni e quindi queste convenzioni si annullano automaticamente e gli stati convenzionati le possono automaticamente sospendere.
Sul termine clandestino applicato a questi criminali che abusano del soccorso in mare non vi è nessuna deriva semantica errata dovuta a pregiudizi ma rispecchia esattamente la realtà: lo stato italiano non ha alcuna risorsa territoriale ed economica per accogliere e ospitare tutta questa gente che vorrebbe venire qui a vivere a spese dei cittadini italiani magari anche spacciando droga, praticando la prostituzione, rapinando, rubando, estorcendo, stuprando, sfruttando l'assistenza pubblica e privata.
I primi diritti da salvaguardare per uno stato anche europeo sono quelli che riguardano i loro cittadini, il loro benessere e la loro sicurezza, i presunti diritti dei clandestini sono prevalentemente un problema di ordine pubblico e di sicurezza dei confini del territorio dello stato.
Quando i numeri superano una certa soglia diventano un problema da affrontare anche militarmente colpendo giudiziariamente anche i cittadini che si fanno complici di questa migrazione/invasione clandestina e criminale.
Lo stato italiano è il paese occidentale più indebitato di tutti, con milioni di poveri, milioni di disoccupati, in recessione economica, con centinaia di migliaia di giovani che emigrano legalmente in cerca di un futuro migliore, con milioni di giovani che non riescono a farsi una famiglia e milioni di famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese e con milioni di anziani e disabili male assistiti e che vivono in condizioni precarie e malsane a rischio di malattie e di morte.
Lo stato italiano non ha risorse da regalare, scialacquare, prodigare, buttare al vento o al mare.
Lo faccia lei con i suoi beni personali e privati e non con quelli degli altri o comuni.
Anche l'abuso delle convenzioni sul diritto d'asilo va considerato un crimine grave e anche contro l'umanità; al pari dell'abuso delle convenzioni sul soccorso in mare.


Roberta Filippi
Alberto Pento 1. tante parole, ma non mi risulta ancora nessuna condanna per "abuso di soccorso". 2. Non ho voluto insegnare niente a nessuno. Lei ha detto che nessuno le ha chiesto "personalmente" di ospitare e ho fatto un'osservazione in merito. 3. Chi le ha detto che non so niente della vita degli altri? Qui è lei che giudica. 4. Se i nostri giovani hanno il diritto di emigrare x cercare una situazione economica migliore, perché altri non possono avere questo diritto? 5. I migranti che arrivano qua e riescono a mettersi in.regola fanno quasi sempre lavori rifiutati da altri. Conosco parecchie situazioni di ditte che non riescono ad assumere perché i nostri giovani non vogliono lavorare di sera o il sabato o la domenica. 6. I dati pubblici dicono che i migranti che lavorano aumentano il nostro PIL, perché sono tutti giovani, e quindi contribuiscono a pagare le nostre pensioni. Poi se lei crede ai 35 euro che prende ogni migrante, che tutti i migranti sono muscolosi e terroristi (a proposito, molti sono muscolosi perché la genetica è stata generosa con il popolo africano, non perché sono palestrati...) e che il decreto "sicurezza" porterà ordine e, appunto, sicurezza, libero di crederci. Ma "... questo lo dice lei!" (Cit.)



Alberto Pento
I giovani italiani che emigrano, lo fanno legalmente e a loro spese e non clandestinamente e a spese dei paesi dove emigrano; la maggioranza parte già con in mano un regolare contratto di lavoro e gli altri se non trovano lavoro se tornano a casa.
Poi non si confondano i migranti regolari che lavorano e che si mantengono, con i clandestini che entrano illegalmente abusando delle convenzioni sul soccorso in mare e dell'asilo politico (e del demenziale e insostenibile asilo umanitario che impoverisce gli italiani) e che vivono alle spalle dei cittadini italiani tra cui molti dediti alla criminalità comune e politico-religiosa;
mia madre ha una badante ucraina con regolare permesso di soggiorno e con regolare contratto e non è certo una clandestina che vive alle spalle dei cittadini italiani o che vanno a chiedere l'elemosina fuori dai supermercati o a estorcere alla gente nei parcheggi pubblici come parcheggiatori abusivi.
I migranti regolari producono PIL, quelli che lavorano, mentre i clandestini non producono niente e molti alimentano la criminalità e consumano risorse sottratte agli italiani, una minima parte va anche a sostenere l'economia sommersa del caporalato.
Noi non abbiamo bisogno di questa gente che consuma risorse pubbliche e ci fa pure del male.
I 35 euro per ogni clandestino sono solo una parte della spesa che l'assistenza pubblica sottrae agli italiani per accogliere, ospitare, assistere queste centinaia di migliaia di criminali clandestini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer mar 20, 2019 8:25 am

Salpa (ancora) la nave buonista: "Basta barbarie confini chiusi"
Franco Grilli - Sab, 16/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 63776.html

La Mare Ionio di Mediterranea Saving Humans in mare per i migranti. Festeggiano la sinistra e Orlando: "Buon vento"

"Buon vento, Mare Jonio". È partita la nave di Mediterranea Saving Humans, la piattaforma di associazioni italiane che intende pattugliare il Mediterraneo per "monitorare e denunciare" quanto accade tra le onde di fronte alla Libia.

L'Ong aveva annunciato nei giorni scorsi l'intenzione di levare l'ancora in questi e, dopo un rinvio dovuto a cause climatiche, la nave umanitaria ha preso il largo da Palermo. "Abbiamo lavorato fino a tardi, superato quattro ispezioni della Capitaneria di Porto, resistito a mesi di frustrazione, di fronte alla barbarie della chiusura dei confini - scrive su Twitter Mediterranea - Oggi finalmente la Mare Jonio torna a solcare il Mediterraneo".

A salutare la partenza dell'imbarcazione il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e i tre portavoce di Sinistra Comune, Luigi Carollo, Mariangela Di Gangi e Antonella Leto. "La nave Mare Jonio sta per salpare. Sinistra Comune augura 'buon vento' e ribadisce pieno sostegno e condivisione della mission e del progetto - dicono - È importante essere presenti e testimoni di ciò che accade nel Mar Mediterraneo per porre un argine alla deriva xenofoba e razzista che non riguarda solo il nostro Paese ma l'intera Europa, che sembra aver rinunciato alle politiche di salvataggio e di accoglienza. Tutta l'Unione Europea, in questi anni, sta trasformando col suo silenzio il Mediterraneo da ponte tra mondi a confine di una fortezza. Auguriamo quindi buon viaggio ai compagni e alle compagne di Mediterranea Saving Humans, impegnati in una azione 'non governativa, di disobbedienza morale e obbedienza civile affinchè il mare non sia più luogo di morte. Noi tutte e tutti in mare e a terra abbiamo il compito di combattere contro la barbarie e l'odio dilaganti, dentro le istituzioni e attraverso pratiche solidali, impegnandoci affinchè si ponga fine alle morti in mare e ad una politica miope e crudele che considera i lager libici un 'porto sicuro'".

Esulta anche Orlando: "La nave Mare Jonio torna a solcare le acque del Mediterraneo centrale - dice il sindaco della città siciliana - A bordo come sempre la bandiera di Palermo sventola accanto al tricolore, per ricordare che la nostra città è in prima fila per difendere ed applicare i valori della Costituzione e per difendere il bene supremo della vita umana. Buon vento!".




Propaganda dell'ong buonista: "Il vostro odio non ci fermerà"
Luca Romano - Dom, 17/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 64325.html

Mediterranea sfida ancora il governo. La nave umanitaria dell'ong infatti ieri ha lasciato il porto di Palermo per tornare a presidiare le coste vicine alla Libia. Spunta pure lo spot

Mediterranea sfida ancora il governo. La nave umanitaria infatti ieri ha lasciato il porto di Palermo per tornare a presidiare le coste vicine alla Libia per segnalare la presenza di migranti in mare che tentano la traversata verso l'Europa.

Lasciando il porto siciliano l'ong ha mandato un messaggio chiaro all'esecutivo gialloverde: "Abbiamo lavorato fino a tardi, superato quattro ispezioni della Capitaneria di Porto, resistito a mesi di frustrazione, di fronte alla barbarie della chiusura dei confini - scrive su Twitter Mediterranea - Oggi finalmente la Mare Jonio torna a solcare il Mediterraneo".

E per il ritorno in mare della nave buonista ha esultato anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: "La nave Mare Jonio torna a solcare le acque del Mediterraneo centrale - dice il sindaco della città siciliana - A bordo come sempre la bandiera di Palermo sventola accanto al tricolore, per ricordare che la nostra città è in prima fila per difendere ed applicare i valori della Costituzione e per difendere il bene supremo della vita umana. Buon vento". Ma adesso Mediterranea rilancia la sfida all'esecutivo e soprattutto al Viminale con uno spot di propaganda per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'immigrazione. Lo slogan parla chiaro: "Il vostro odio ci spaventa, ma non può fermarci". Una frase chiara che di fatto riapre il fronte tra la stessa ong e il ministro Salvini.


Alberto Pento
il nostro umanissimo e giustissimo odio verso il male che voi siete in particolare e che rappresentate in generale vi fermerà definitivamente.



Salvini alza il muro anti-Ong: "Direttiva per fermare azioni illegali"
Giuseppe De Lorenzo - Lun, 18/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... pELFDMdRkM

La Mare Jonio recupera 50 migranti al largo della Libia. La reazione del Viminale: pronta la direttiva per stoppare le Ong

Salvini è pronto allo scontro frontale con le Ong. I mesi passano, gli sbarchi si riducono, ma le organizzazioni umanitarie continuano a pattugliare le acque di fronte alla Libia.

Sabato la Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans è partita da Palermo e neppure 48 ore dopo ha già "incrociato" un'imbarcazione con 50 migranti, li ha caricati a bordo e ora punta verso Lampedusa per chiedere a Roma l'indicazione di un porto sicuro di sbarco.

Non sarà così facile ottenerlo. Il ministero non sembra disposto a autorizzare lo sbarco della Mare Jonio, almeno non senza combattere. Pochi secondi dopo l'annuncio dell'operazione di soccorso da parte di Mediterranea, infatti, fonti del Viminale hanno fatto trapelare che il ministro Salvini "sta per firmare una direttiva" per "stoppare definitivamente le azioni illegali delle Ong".

Nel mirino del Viminale ci sono proprio le modalità con cui Mediterranea avrebbe realizzato il salvataggio. Il barcone si trovava a circa quaranta miglia dalla costa libica, dunque in quella che viene definita l'area Sar di Tripoli. Dopo aver lanciato i giubbotti di salvataggio, i volontari avrebbero caricato a bordo gli immigrati. La domanda cui ora sarà necessario dare una risposta è: perché non attendere l'arrivo della Guardia costiera libica?

Secondo le prime ricostruzioni, la Marina di Tripoli sarebbe sopraggiunta, ma solo qualche istante dopo e - scrive Repubblica - avrebbe fatto marcia indietro per tornare verso le proprie coste.

Il braccio di ferro ora si giocherà proprio si questo dettaglio. Salvini da tempo ripete questo dogma: "Il principio è che in acque libiche intervengono i libici". Punto. Ecco perché alla richiesta di un Pos da parte di Mediterranea, il Viminale ha reagito con l'annuncio di una stretta sulle operazioni delle Ong. In realtà sembra difficile che la Mare Jonio, che batte bandiera italiana, possa essere tenuta in stallo troppo a lungo (come successo per Sea Watch e in altre occasioni), ma Salvini sembra intenzionato a porre un freno alle navi umanitarie.

L'idea è quella di impartire "una direttiva per ribadire le procedure dopo eventuali salvataggi". "La priorità - assicurano fonti del ministero - rimane la tutela delle vite, ma subito dopo è necessario agire sotto il coordinamento dell’autorità nazionale territorialmente competente, secondo le regole internazionali della ricerca e del soccorso in mare". Il Viminale sembra ipotizzare che Mare Jonio non abbia collaborato con la Marina libica come sperato. "Qualsiasi comportamento difforme - sostiene il ministero - può essere letto come un’azione premeditata per trasportare in Italia immigrati clandestini e favorire il traffico di esseri umani". Ecco perché presto arriverà la direttiva di Salvini per "chiudere le acque" alle Ong.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer mar 20, 2019 8:34 am

Luca Casarini: da leader no-global veneziano a "salvatore" di migranti
Lunedì 18 Marzo 2019

https://www.ilgazzettino.it/nordest/ven ... Z5SXAD4nA8

Luca Casarini, nato a Mestre nel 1967, e cresciuto tra Carpenedo e Monselice, dove la famiglia si era trasferita, si è diplomato perito termotecnico a Padova. Vive da anni a Palermo, con i due figli e la moglie, che è figlia del professor Toni Negri, il "cattivo maestro" negli anni di piombo. Studente della facoltà di scienze politiche, ha sostenuto solo sei esami.

Ha cominciato a frequentare gli ambienti antagonisti di sinistra negli anni 1980, prima presso il centro sociale "Pedro" di Padova, quindi al "Rivolta" di Porto Marghera. È stato leader del movimento dei Disobbedienti. Nella sua veste di leader dei Disobbedienti, Casarini ha guidato azioni di protesta, tra le altre, nei confronti delle agenzie di lavoro interinale, i centri di permanenza temporanea, la Costituzione Europea, la guerra in Afghanistan e in Iraq, numerosi vertici internazionali, i Treni ad Alta Velocità, la costruzione della nuova base USA a Vicenza. L'azione più nota in cui Casarini ha giocato un ruolo importante, sia sul campo che nel rapporto con i mezzi di informazione nazionali, è senz'altro la contestazione del G8 di Genova. Fece scalpore, in particolare, la sua "dichiarazione di guerra" ai leader mondiali nei giorni che precedettero il vertice.

Nel marzo 2014 si candida al Parlamento Europeo nella lista L'Altra Europa con Tsipras nella Circoscrizione Italia centrale. Non viene eletto ma riceve oltre 11.000 voti. Entra in Sinistra Ecologia Libertà, il partito guidato da Nichi Vendola, aderisce al processo costituente di Sinistra Italiana e nel 2017 è eletto con Bianca Guzzetta alla carica di Segretario di Sinistra Italiana in Sicilia dal Congresso Regionale del Partito.

Nel 2018, dopo una raccolta fondi che ha permesso di raccogliere oltre 150.000 euro, con la ong Mediterranea Saving Humans ha attrezzato un vecchio rimorchiatore di quasi 50 anni, battezzato Mare Jonio, facendone una nave salva-migranti.



La Guardia Costiera libica: "Intervento pretestuoso della nave dell'Ong"
Franco Grilli - Mar, 19/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... B8-lX7tsUY

Adesso la Guardia Costiera libica inchioda la nave umanitaria Mare Jonio che nella giornata di ieri ignorando l'intervento dei libici ha imbarcato 49 migranti. Il duro attacco dell'ammiraglio

All'Agi un portavoce della Guardia Costiera libica ha infatti puntato il dito contro l'ong Mediterranea: "La Guardia costiera libica era a cinque miglia dal gommone in panne ed era in grado di recuperare in sicurezza tutte le persone a bordo. L’intervento della nave dell’Ong Mediterranea non era necessario ed è stato pretestuoso", afferma il portavoce libico, l'ammiraglio Ayoub Qassem.

E ancora: "Non comprendiamo perché abbiano voluto prendere loro i migranti, a ogni costo, pur essendo in acque libiche. Alla nostra richiesta di chiarimenti hanno spiegato che i migranti si trovavano in una situazione di pericolo ma questo non è vero, non si è trattato di un naufragio ma solo di un guasto al motore". A questo punto l'ammiraglio ricostruisce i movimenti della motovedeta libica: "È poi a distanza perchè a quel punto i migranti per non tornare in Libia avrebbero messo a rischio la loro vita e quella dell’equipaggio". Infine sempre Qassem ha aggiunto: "Le Ong ostacolano le operazioni di salvataggio per interessi certamente non umanitari". Intanto il Viminale ha ribadito la linea dei porti chiusi e il vicepremier, Matteo Salvini, ha usato parole chiare: "Se un cittadino forza un posto di blocco stradale di Polizia o Carabinieri, viene arrestato. Conto che questo accada. Lo afferma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentando quanto emerso al Viminale dal tavolo permanente sul conto dell’operato della nave ’Mare Jonio. Nessun pericolo di affondamento - afferma - nè rischio di vita per le persone a bordo (come documentato da foto), nessun mare in tempesta. Ignorate le indicazioni della Guardia Costiera libica che stava per intervenire, scelta di navigare verso l’Italia e non Libia o Tunisia, mettendo a rischio la vita di chi c’è a bordo, ma soprattutto disobbedienza (per ben due volte) alla richiesta di non entrare nelle acque italiane della Guardia di Finanza". Insomma lo scontro resta aperto.


Così Salvini smaschera le Ong: "Ecco come violano il diritto"
Chiara Sarra - Lun, 18/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... DixQ0SM1gg

Una direttiva del Viminale svela il "modus operandi" degli attivisti e fa chiudere le acque territoriali alle navi "buoniste"

Un modus operandi ormai codificato e sempre uguale. È quello delle Ong che pattugliano il Mediterraneo alla ricerca di migranti in difficoltà da portare verso l'Europa (attraverso l'Italia).

Ed è quello "smascherato" da una direttiva inviata oggi dal Viminale a forze dell'ordine e capitanerie di porto (leggi il documento integrale).

Un modus operandi che prevede il "soccorso, a opera di navi, di migranti irregolari in acque di responsabilità non italiane" e il "successivo deliberato trasferimento dei medesimi migranti, nonostante il Comando delle Capitanerie di Porto italiano non avesse coordinato l’evento e, quindi, in violazione delle leggi vigenti in materia di immigrazione". Proprio come ci hanno abituato in passato le varie navi delle Ong: la Sea Watch, l'Aquarius e ora la Mare Jonio che proprio oggi ha deciso di recuperare 49 naufraghi nel Mediterraneo e ora punta verso l'Italia.

"Tali condotte di soccorso e navigazione non costituiscono un evento occasionale e disposto da un competente centro di soccorso di un Paese costiero responsabile per quella determinata area di mare, bensì un modus operandi volontario che favorisce – in concreto – l’ingresso illegale sul territorio europeo di migranti soccorsi nel mar Mediterraneo", ricorda però ora il ministero guidato da Matteo Salvini, "Ne consegue che le condotte di soccorso e navigazione come descritte costituiscono una manifestazione concreta di un modus operandi di una attività di soccorso svolta con modalità improprie, in violazione della normativa internazionale sul diritto del mare e, quindi, pregiudizievole per il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero in quanto finalizzata all’ingresso di persone in violazione delle leggi di immigrazione nello Stato costiero".

Ed è questa la base per cui il Viminale ha disposto la chiusura delle acque territoriali italiane alle navi degli attivisti e ha invitato le autorità "ad attenersi scrupolosamente alla presente direttiva, impartendo le conseguenti indicazioni operative al fine di prevenire, anche a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica dello Stato italiano, l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale".



L'ong e la tempistica sospetta dietro il blitz in mare dei centri sociali
Andrea Indini - Mar, 19/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... pfaka-DLp0

La Libia inchioda la ong: "Intervento pretestuoso". E la Lega solleva il dubbio: "Coincidenza sospetta col voto sulla Diciotti". Ecco perché i centri sociali hanno voluto creare un nuovo caso politico

Dalle facinorose proteste in piazza al Mediterraneo. I centri sociali sono scesi in mare per sferrare un nuovo attacco a Matteo Salvini.

A capitanarli c'è Luca Casarini, l'ex no global del G8 che non ha mai smesso la casacca del disobbediente. Si è messo al timone della Mare Jonio, l'imbarcazione battente bandiera italiana della ong Mediterranea, ed è andato a recuperare 50 immigrati al largo della Libia per tendere un vero e proprio agguato al leader del Carroccio alla vigilia del voto sulla nave Diciotti. Una tempistica sospetta che, secondo i leghisti, sarebbe stata studiata ad hoc per "fare una battaglia politica" contro il governo Conte.

"Ecco Luca Casarini, noto tra l'altro per aver aperto l'osteria 'Allo sbirro morto', pluripregiudicato, coccolato da Pd e sinistra, oggi alla guida del centro sociale galleggiante arrivato davanti a Lampedusa. E noi dovremmo cedere a questi personaggi?". Salvini ha messo in chiaro che non cederà al ricatto dei no global. Il porto di Lampedusa rimarrà, dunque, chiuso. Almeno per il momento. Perché, sebbene Luigi Di Maio si affretti ad assicurare che "non ci sarà un altro caso Diciotti", c'è il rischio concreto che nelle prossime ore il Paese possa rivivere l'estenuante braccio di ferro vissuto l'estate scorsa e culminato con Salvini indagato per "sequestro di persona". Allora, per sbloccare il governo gialloverde dall'impasse, si era mobilitato pure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ad oggi quel capitolo non è stato ancora chiuso. Domani il Senato dovrà, infatti, decidere se mandare a processo il ministro dell'Interno. E proprio a ridosso del voto, ecco spuntare in mare i centri sociali e replicare ad hoc un caso che ricorda in tutto e per tutto quello della nave della Guardia Costiera tenuta in rada per dieci giorni lo scorso agosto.

Che il blitz della Mare Jonio sia stato studiato a tavolino, nei tempi e nei modi, è più che un sospetto. La Guardia costiera libica ha fatto sapere che si trovava "a cinque miglia dal gommone in panne", quando l'imbarcazione della Mediterranea è entrata in azione, e che "era in grado di recuperare in sicurezza tutte le persone a bordo". "L'intervento della nave della Mediterranea non era necessario ed è stato pretestuoso", ha spiegato all'Agi il portavoce Ayoub Qassem dicendo di "non comprendere perchè abbiano voluto prendere loro i migranti, a ogni costo, pur essendo in acque libiche". Alla richiesta di chiarimenti da parte dei libici, la ong ha spiegato che "i migranti si trovavano in una situazione di pericolo". Ma questo non è affatto vero: non si è trattato di un naufragio ma solo di un guasto al motore. Tanto che Qassem accusa i "soccorritori" italiani di aver ostacolato le operazioni di salvataggio per "interessi certamente non umanitari".

Cosa c'è dunque dietro il blitz della nave capitanata dai centri sociali? Per il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, "la coincidenza temporale con il voto sull'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini" è evidente. "In nome del soccorso degli immigrati", Casarini e i suoi li starebbero usando "per fare battaglie politiche". È, infatti, lampante il tentativo di ricreare un'altra situazione di stallo, proprio come era successo con la Diciotti. Non a caso è stata creata un ong ad hoc che potesse mettere in mare una nave battente bandiera italiana e, a pochi giorni dal voto a Palazzo Madama, sono andati a recuperare in gran fretta 50 immigrati e li hanno portati davanti al porto di Lampedusa per innescare un nuovo braccio di ferro con il governo. "Non crediamo alle coincidenze", ha commentato Maurizio Gasparri di Forza Italia secondo cui altro non è che "una manovra politica per tornare a proporre la dissennata iniziativa delle organizzazioni non governative". Per il sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone, poi, siamo di fronte a "un vero e proprio ricatto politico allo Stato". "Se lo Stato cede oggi - è l'avvertimento - potrebbe mettersi in moto un processo per cui chiunque si riterrebbe libero di condizionarne le politiche con mezzi illegali".



"Porti aperti, potete scendere". Migranti vicini a Lampedusa, il sindaco che sfida Salvini
19 Marzo 2019

https://www.liberoquotidiano.it/news/it ... fu9dasXWgQ

È arrivata nei pressi del porto di Lampedusa la nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans, con a bordo 49 migranti salvati ieri. "Se la nave arriva e vuole entrare, il porto è aperto e possono entrare. Non ci sono forze dell'ordine davanti al porto che bloccano chi vuole entrare", ha spiegato ai microfoni di Circo Massimo, su Radio Capital, il sindaco di Lampedusa Totò Martello, in chiaro scontro con l'alt imposto dalla Guardia costiera e con la linea dei "porti chiusi" ribadita dal ministro degli Interni Matteo Salvini lunedì sera.

"Tutti gli sbarchi che ci sono stati nel 2019 sono entrati direttamente nel porto, sono scesi, e poi sono stati raccolti per essere portati nel centro d'accoglienza - ha proseguito il sindaco -. Da Guardia Costiera e governo non sono arrivate indicazioni. Da due anni siamo stati cancellati dalla geografia politica del governo italiano. Ci autogestiamo completamente".
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