Migranti, così le Ong buoniste "affondano" le leggi del mare
Giuseppe De Lorenzo - Mer, 09/01/2019
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26005.html
I metodi di soccorso delle due Ong nel mirino dei governi italiano e maltese: "Opinioni diverse sulle dinamiche..."
L'attenzione di tutti è puntata sui quei 49 migranti a bordo delle due navi Ong ferme al largo di Malta. Europa, Stati, buonisti, sinistra e Chiesa chiedono a gran voce di farli sbarcare "prima possibile" perché non si può far politica sulla pelle degli stranieri.
Vero. Ma nel mondo democratico esistono delle regole che tutti, anche chi vanta spirito umanitario, devono seguire. Le Ong lo hanno fatto? "Ci sono molte opinioni diverse sulla dinamica di questi salvataggi e su come sono stati condotti", ha detto ieri il premier maltese Joseph Muscat. Ecco perché sta facendo resistenza allo sbarco: Malta non intende creare un "precedente" che costringa l'isola a "occuparsi" dei migranti recuperati in mare da "Ong che fanno quel che vogliono". Tradotto: se cediamo questa volta, poi bisognerà farlo in futuro. Lo stesso discorso vale per l'Italia.
Ieri Palazzo Chigi sosteneva che "la Sea Watch era stata contattata dalle autorità di Tripoli", ma "ha deciso di lasciare le acque libiche per andare in quelli maltesi". Salvini invece aveva puntato il dito contro Sea Eye che "ha deciso di disobbedire" a Tripoli per "caricare a bordo gli immigrati e fuggire".
Il caso Sea Watch
I documenti rivelati dal Giornale.it sembrano confermare queste dichiarazioni, almeno per quanto riguarda Sea Watch. Ma partiamo dal principio. Sea Watch individua il gommone intorno alle 8.22 del 22 dicembre. Secondo quanto riporta Repubblica (che ha visionato i "rescue report" scritti dagli ufficiali delle navi umanitarie), "l'equipaggio accerta che si tratta di un caso di distress (emergenza)" e "si attiva per il recupero". Se "attivarsi per il recupero" significa aver preso a bordo i migranti, già qui nascerebbe il primo errore (lavoriamo per ipotesi). Le leggi prevedono infatti che nel momento in cui viene avvistata un'imbarcazione a rischio naufragio, "il comandante deve innanzitutto informare il MRCC competente". A spiegarlo è un rapporto della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, non certo passabile di leghismo.
Bene. La nostra Marina, come rivelato dal Giornale.it, riferisce che solo alle 11.50 (secondo Rep alle 10.44, comunque ore dopo l'avvistamento), Sea Watch comunica "via e-mail alla Guardia costiera italiana, a quella di Malta e a quella olandese" la presenza del barcone. E qui cascherebbe l'asino per la seconda volta. Perché trovandosi in area Sar Libica, l'Ong avrebbe dovuto telefonare all'Mrcc di Tripoli e non a quello italiano. Ecco perché la nostra Guardia costiera invita la nave a contattare i libici e a sua volta telefona a Tripoli, ricevendo l'assicurazione che "avrebbe provveduto ad inviare una motovedetta sul posto".
Secondo la nostra Marina, alle 15.10 la Sea Watch comunica a Roma "di aver recuperato i 33 migranti, asserendo di aver richiamato la Guardia costiera libica senza esito". L'Ong - scrive Rep - avrebbe cercato di contattare Tripoli due volte (alle 12.20 e alle 12.48), ma senza mai ottenere risposta. A questo punto chiede (sono le 21.52) un porto di sbarco a Malta, Italia, Olanda, Francia, Germania e Spagna. Ricevendo netto diniego.
Perché la Ong non ha atteso che Tripoli prendesse le redini del soccorso? Il comandate italiano nella sua relazione scrive che la motovedetta libica proveniente da Tripoli "sembrerebbe essere arrivata in zona", ma "si sarebbe fermata ad una piattaforma petrolifera per fare rifornimento di carburante". L'Ong non poteva attendere il suo arrivo lasciare alla marina libica la gestione del barcone?
I dubbi su Sea Eye
Passiamo alla Sea Eye. Secondo Repubblica l'avvistamento del barcone con circa 15 immigrati risale alle 7.12 del 29 dicembre. Anche in questo caso - driblando le norme - "partono i contatti con Roma" che, ovviamente, invita a sentire la Libia competente nell'area Sar. Tripoli avrebbe risposto solo alle 8.25, "assumendo il coordinamento delle operazioni" e invitando l'Ong a "stare lontano dai migranti".
Sea Eye però non avrebbe eseguito gli ordini. Dopo aver autonomamente deciso che "la stabilità dell'imbarcazione è compromessa", decidono "di mettere in salvo tutti i passeggeri". Qui le Ong giocano con le leggi del mare, molto intricate su questo punto. Ogni comandante è obbligato a portare in salvo chiunque se "il pericolo di vita sia imminente e grave". Il fatto è che spesso qualsiasi barcone, anche se non a rischio immediato di naufragio, viene considerato in "pericolo imminente" così da avviare subito il soccorso.
Infatti alle 10.10, scrive Rep, la Marina libica avrebbe telefonato Sea Eye per avvertirli che sarebbero arrivati a caricare gli immigrati per riportarli a Tripoli, ma questi pare fossero già a bordo della Ong. A quel punto, c'è poco che la motovedetta possa fare. Le leggi del mare infatti permettono al comandante di una nave di opporsi alla consegna dei naufraghi perché "la Libia non può essere considerato un porto sicuro". Alla fine, la Marina invita l'Ong a fare "rotta verso nord" e di "lasciare la Sar libica" senza indicare il porto sicuro di sbarco. Facendo nascere lo stallo che ancora adesso tiene in ballo 49 migranti e metà Europa.
I pirati del mare e la miopia di Bruxelles
Gian Micalessin - Mer, 09/01/2019
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 26099.html
Dopo 19 giorni in compagnia di 49 migranti raccolti, in palese violazione delle leggi internazionali, in una zona di soccorso assegnata alla Guardia Costiera libica, i pseudo-umanitari di Sea Watch e Sea Eye lamentano di attendere «invano l'interesse dell'Ue per una soluzione».
Non hanno torto. Da oltre tre anni l'Ue assiste nella più totale indifferenza alle attività di navi che sventolano la bandiera dell'umanitarismo, ma agiscono alla stregua di vascelli corsari. Indifferenti alle leggi violano da anni le acque libiche, traghettano migranti irregolari e garantiscono ai trafficanti di uomini quell'ultima tratta verso l'Italia e l'Europa senza la quale non potrebbero taglieggiare le proprie vittime. Ma i corsari dell'umanitarismo non si limitano a un'implicita connivenza con i trafficanti di umani.
Nell'indifferenza dell'Europa si rendono anche complici delle stragi collaterali che fanno da cornice alla tratta di disgraziati. I 5mila sventurati inghiottiti dal Mediterraneo nel 2016, i 3mila del 2017 e gli oltre 2mila del 2018 non si sarebbero sognati di tentare la traversata se i loro sfruttatori non li avessero ammaliati offrendo la certezza di un salvataggio garantito dalle navi delle Ong.
In questo gioco perverso e spregiudicato l'umanitarismo è solo copertura di facciata. Dietro l'identità buonista si celano la finalità meramente ideologiche di organizzazioni interessate non tanto a salvare vite, quanto ad imporre un principio del diritto alla migrazione non riconosciuto da alcun ordinamento europeo. Eppure nonostante la palese illegalità di queste operazioni, nonostante la triste scia di morti collaterali, nonostante il tentativo di imporci l'accoglienza dei migranti irregolari, Bruxelles continua a non voler vedere quanto succede nel Mediterraneo. Fedele a questa indifferenza ha scaricato per anni il peso dei migranti sull'Italia rifiutandosi persino di far valere quel Regolamento europeo di Dublino che oggi imporrebbe a Germania e Olanda, le nazioni di cui battono bandiera le navi Sea Watch e Sea Eye, di accollarsi i 49 disgraziati alla deriva da 19 giorni. Nell'assenza di Bruxelles l'unica nazione che ha imposto regole e leggi ai filibustieri dell'umanitarismo è stata l'Italia. Grazie a Marco Minniti e a Matteo Salvini la spregiudicata e palese attività illegale delle Ong è stata parzialmente debellata. Ora però è tempo che l'Ue apra gli occhi. Senza azioni e regolamenti europei le Ong e i loro vascelli torneranno ad esser il cavallo di Troia di un'immigrazione irregolare capace di seminare il caos nelle società europee.
L'Ong Sea Watch sfida Salvini "Stati rispettino gli impegni"
Chiara Sarra - Mer, 09/01/2019
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26518.html
Sbarcati a Malta i 49 migranti soccorsi prima di Natale. E l'Ong accusa l'Europa: "Non si può rinegoziare ogni caso"
"Ora gli Stati rispettino gli impegni". Pur non citandolo, Sea Watch sfida ancora Matteo Salvini che promette di non avere nessuna intenzione di aprire all'accoglienza di una parte dei 49 migranti salvati dalla ong tedesca il 22 dicembre scorso.
E questo nonostante il premier Giuseppe Conte abbia accettato il ricollamento insieme ad altri sette Stati membri dell'Unione europea.
Proprio in virtù di quell'accordo, dopo giorni in mare sulle navi Sea Watch e Sea Eye i migranti sono oggi sbarcati a Malta. E la portavoce italiana della ong, Giorgia Linardi, racconta di "sollievo" e di festeggiamenti a bordo. Ma non mancano bordate al governo italiano e al sistema europeo per la gestione dell'immigrazione clandestina: "Ci auguriamo che gli Stati membri che si sono accordati per la ricollocazione dei migranti, rispettino gli impegni presi", ha detto la portavoce, "Ovviamente quello che è accaduto per noi, come organizzazione e come cittadini europei, ha un significato più complesso, da un lato c'è la soddisfazione per la fine di questa epopea con una soluzione condivisa, dall'altro la consapevolezza che servirebbe un approccio strutturale al fenomeno dei migranti che vada oltre l'emergenza. Non si può rinegoziare ad hoc ogni caso. E comunque la si voglia pensare prima si salvano le persone in mare e poi le si portano in un porto sicuro. Tutto il resto dovrebbe venire dopo, il fatto che non sia così è preoccupante".
In ogni caso la ong non rinuncia alle sue missioni al limite della legalità (anche stavolta le navi sono intervenute violando gli accordi con la Libia). "Domani? Si torna al più presto in area Sar", assicura Sea Watch.
Migranti, anche in Spagna stretta sulle Ong: Open Arms bloccata a Barcellona
di ALESSANDRA ZINITI
2019/01/14
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... -216523058
Il caso Sea Watch e la sempre più difficile intesa europea per gli sbarchi dei migranti provocano una ulteriore stretta all'attività delle Ong. Nelle stesse ore in cui a Roma il commissario europeo per l'immigrazione Avramopoulos incontra il presidente del Consiglio Conte e il ministro dell'Interno Salvini, la Spagna (il paese europeo che nel 2018 ha accolto più migranti, quasi 60.000, il triplo dell'Italia) blocca in porto la Open Arms che, dopo l'ultimo sbarco di alcune settimane fa ad Algeciras, stava per ripartire per una nuova missione nel Mediterraneo.
La capitaneria di porto di Barcellona ha infatti rifiutato alla Open Arms l'autorizzazione a ripartire. "Di nuovo bloccati in porto - la denuncia del fondatore Oscar Camps - Impedirci di salvare vite umane è irresponsabile e crudele". In un tweet Open Arms spiega così il motivo dello stop improvviso: "La capitaneria di porto di Barcellona ci nega il permesso di raggiungere il Mediterraneo centrale. Motivo: se gli Stati non adempiono i loro obblighi di soccorso nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita. Eliminano testimoni per nascondere le morti".
La Open Arms aveva sbarcato il 28 dicembre ad Algeciras 311 migranti soccorsi al largo della Libia dopo che Italia e Malta avevano negato l'autorizzazione all'attracco. Dopo aver fatto rifornimento e cambio d'equipaggio, la nave avrebbe dovuto ripartire per una nuova missione l'8 gennaio, ma le autorità portuali di Barcellona glielo hanno proibito affermando che la Ong viola le norme internazionali in materia di salvataggio in mare. Dopo lo sbarco a Malta dei 49 migranti soccorsi a fine dicembre da Sea Watch e da Sea eye, da giorni nessuna nave Ong è presente nel Mediterraneo centrale.