El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 4:47 pm

Immigrati, il Papa ai cristiani: "Dovete accogliere i forestieri"
In vista del Giubileo straordinario il Pontefice invita i cristiani a riflettere sulle opere di misericordia: "La risposta è la misericordia"
Sergio Rame - Gio, 20/08/2015 - 15:28

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 61836.html

"Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia" è il tema che papa Francesco ha scelto per la 102esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebrerà il 17 gennaio 2016.
"Di fronte al rischio evidente che questo fenomeno sia dimenticato, il Santo Padre presenta il dramma dei migranti e rifugiati come una realtà che ci deve interpellare - sottolinea il Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti - non si devono dimenticare le attuali tragedie del mare che hanno per vittime i migranti".
Papa Francesco rompe il silenzio per tornare a parlare dell'emergenza immigrazione. E lo fa dopo giorni di scontri feroci tra i vescovi della Cei e la politica italiana. Parlando della "drammatica situazione di tanti uomini e donne, costretti ad abbandonare le proprie terre", il Pontificio consiglio della Pastorale per i Migranti spiega che il tema scelto da papa Francesco per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato "si deve inserire logicamente nel contesto dell’Anno della Misericordia". In questo contesto, lo stesso Bergoglio invita il popolo cristiano a riflettere durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale, tra cui si trova quella di "accogliere i forestieri". Dal momento che il Santo Padre ha chiesto il massimo coinvolgimento delle Chiese locali negli eventi del Giubileo, anche la Giornata del Migrante sarà celebrata "particolarmente a livello diocesano e nazionale, nell’ambito più vicino ai migranti e rifugiati, con la loro partecipazione, e coinvolgendo anche le comunità cristiane". L’invito alle chiese da parte del Pontificio consiglio per i migranti è "non dimenticare l’aspetto della sensibilizzazione nelle comunità cristiane al fenomeno migratorio" e "realizzare segni concreti di solidarietà". Da qui l'auspicio finale affinché "l'attenzione verso i migranti e la loro situazione non si riduca ad un’unica giornata".
La posizione del Santo Padre è in tutto e per tutto identica a quella proposta dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi. Ma arriva proprio quando anche l'Unione europea si è spinta ad ammettere che gli sbarchi e le richieste di asilo sono davvero troppe. Da gennaio a giugno 2015 la Ue ha ricevuto già più di 400mila richieste di asilo. Il totale del 2014 era stato di 600mila. Dopo la cifra record dei 107mila arrivi di migranti nel solo mese di luglio, reso noto da Frontex, questa volta è Christian Wigand, un portavoce della Commissione Ue, a diffondere il nuovo dato emergenziale. "Non si tratta di una crisi greca, o italiana, o tedesca, o austriaca o francese - dice Wigand - è una crisi migratoria globale che richiede azioni congiunte coraggiose e solidarietà". Ma per papa Francesco e la Chiesa bisogna continuare ad accogliere.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » sab feb 20, 2016 6:29 am

Migranti, il Papa a Trump: “Chi vuole solo muri non è cristiano”
L’intervista a tutto campo sul volo di ritorno dal Messico. Le unioni civili: «Il Papa non si immischia nella politica italiana. Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata». Il virus Zika: «L’aborto non è un male minore, è un crimine, è da far fuori come fa la mafia». Il prete pedofilo «”mangia” il bambino e con un sacrificio diabolico lo distrugge». Anche il Papa «ha bisogno dell’amicizia e del pensiero delle donne». «Serve una “rifondazione” dell’Europa. Il mio sogno? Andare in Cina»
andrea tornielli
Inviato sul volo Ciudad Juarez-Roma

https://www.lastampa.it/2016/02/18/vati ... agina.html

Nella giornata che si è conclusa con la messa e la preghiera silenziosa davanti al confine con gli Stati Uniti sul quale migliaia di migranti provenienti dal Messico e dal Sudamerica hanno trovato la morte, Papa Francesco dialogando con i giornalisti ha risposto a una domanda sulle ultime dichiarazioni di Donald Trump. E pur concedendo al controverso politico repubblicano il beneficio del dubbio, Francesco ha detto papale papale che non può essere cristiano chi pensa solo a costruire muri invece di gettare ponti. Parole riferite alla situazione americana, ma applicabili anche a chi in Europa evoca o già costruisce muri e barriere per bloccare i migranti. Francesco per 45 minuti ha risposto a tutte le domande dei cronisti che viaggiavano con lui. Ecco la trascrizione dell’intervista.

Santo Padre, in Messico ci sono migliaia di persone scomparse, e il caso dei 43 studenti di Ayotzinapa è emblematico. Vorrei chiedere: perché non ha ricevuto i loro familiari?

«Nei miei messaggi ho fatto continui riferimenti agli assassinati, alle morti e alla vita comprata da tutte queste bande di narcotrafficanti e di trafficanti di persone, dunque di questo problema ho parlato, ho parlato delle piaghe che sta soffrendo il Messico. C’erano molti gruppi, anche contrapposti tra loro, con lotte interne, che volevano essere ricevuti e allora ho preferito dire che alla messa di Ciudad Juarez li avrei visti tutti, o se preferivano in una delle altre messe, che c’era questa disponibilità. Era praticamente impossibile ricevere tutti questi gruppi, che d’altra parte si affrontavano tra di loro, in una situazione difficile da comprendere per me che sono straniero. Ma credo che sia la società messicana a essere vittima di tutto questo, dei crimini, dello scarto delle persone: è un dolore tanto grande, questo popolo non si merita un dolore così».

Il tema della pedofilia, come ben sa il Messico, ha radici molto dolorose. Il caso di padre Maciel ha lasciato eredità pesanti, soprattutto con le vittime. Le vittime si sentono non protette. Che pensa di questo tema? Ha pensato di riunirsi con le vittime? E quando i sacerdoti vengono coinvolti in casi di questo tipo ciò che si fa è di cambiare loro parrocchia, niente di più...

«Innanzitutto, un vescovo che cambia di parrocchia un prete che ha commesso abusi sui minori è un incosciente, è meglio che rinunci. Chiaro! Nel caso Maciel bisogna fare un omaggio a colui che ha si è opposto a tutto questo, Ratzinger, il cardinale Ratzinger, un uomo che ha presentato tutta la documentazione sul caso Maciel e come Prefetto ha fatto l’indagine, ha raccolto tutta la documentazione e poi non ha potuto andare oltre nella sua messa in pratica. Ma se vi ricordate, dieci giorni prima della morte di san Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, Ratzinger disse a tutta la Chiesa che bisognava pulire la sporcizia della Chiesa. E nella messa “Pro eligendo Pontifice” pur sapendo che era candidato - ma non tonto - non gli è importato di fare operazioni di maquillage sulla sua posizione, disse esattamente lo stesso. Oggi stiamo lavorando abbastanza, con il cardinale Segretario di Stato e con il C9. Ho deciso di nominare un altro segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede perché si occupi solo di questi casi. Si è costituito un tribunale d’appello presieduto da monsignor Scicluna. I casi continuano. Poi c’è la commissione per la tutela dei minori, che si occupa di protezione: mi sono riunito una mattina intera con i sei membri, già vittime di abusi. E a Philadelphia mi sono incontrato con le vittime. Rendo grazie a Dio perché questa pentola è stata scoperchiata, bisogna continuare scoperchiandola ancora. Gli abusi sono una mostruosità, perché un sacerdote è consacrato per portare un bimbo a Dio e invece se lo “mangia” e con un sacrificio diabolico lo distrugge».

Lei ha parlato molto dei problemi degli immigrati, dall’altra parte della frontiera, negli Usa c’è una campagna abbastanza dura su questo. Il candidato repubblicano Donald Trump ha detto in un’intervista che lei è un “uomo politico” e una “pedina” del governo messicano per le politiche migratorie. Trump ha detto di voler costruire 2.500 chilometri di muro e di voler deportare 11 milioni di immigrati illegali. Che cosa pensa? Un cattolico americano può votarlo?

«Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come “animale politico”, e questo significa che almeno io sono una persona umana. Io una pedina? Mah, lo lascio al vostro giudizio e al giudizio della gente. Una persona che pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Votarlo o non votarlo? Non mi immischio, soltanto dico che quest’uomo non è cristiano, se veramente ha parlato così e ha detto quelle cose».

L’incontro con Kirill e la firma della dichiarazione comune ha provocato reazioni dei greco cattolici dell’Ucraina: hanno detto di sentirsi traditi e parlano di un documento politico, di appoggio alla politica russa. Lei pensa di andare a Mosca o a Creta per il sinodo pan-ortodosso?

«Io sarò presente, spiritualmente, a Creta con un messaggio. Mi piacerebbe andarci ma bisogna rispettare il sinodo. Ci saranno degli osservatori cattolici e dietro di loro ci sarò io, pregando con i migliori auguri che gli ortodossi possano andare avanti. I loro vescovi sono vescovi come noi. Con Kirill, mio fratello, ci siamo abbracciati e baciati e poi abbiamo avuto un colloquio di due ore, dove abbiamo parlato come fratelli sinceramente: nessuno sa di che cosa abbiamo parlato. Sulla dichiarazione degli ucraini: quando l’ho letta, mi sono un po’ preoccupato perché l’ha fatta l’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyc degli Ucraini Sviatoslav Schevchuk. È lui che ha detto che il popolo si sente profondamente deluso e tradito. Io conosco bene Sviatoslav, a Buenos Aires per quattro anni abbiamo lavorato insieme. Quando, a 42 anni è stato eletto arcivescovo maggiore, è venuto a salutarmi e mi ha regalato un’icona della Madonna della tenerezza dicendo: mi ha accompagnato tutta la vita, voglio lasciarla a te che mi hai accompagnato in questi quattro anni. Io ce l’ho a Roma, tra le poche cose che ho portato da Buenos Aires. Ho rispetto per lui, ci diamo del tu, mi è sembrata un po’ strana la sua dichiarazione. Ma per capire una notizia o una dichiarazione bisogna cercare l’ermeneutica complessiva. Ora quella dichiarazione di Schevchuk è nell’ultimo paragrafo di una lunga intervista. Lui si dichiara figlio della Chiesa, in comunione col vescovo di Roma, parla del Papa e della sua vicinanza col il Papa. Sulla parte dogmatica, nessuna difficoltà, è ortodossa nel buon senso della parola, cioè è dottrina cattolica. Poi ognuno ha il diritto di esprimere le sue opinioni, sono sue idee personali. Tutto quello che ha detto è sul documento, non sull’incontro con Kirill. Il documento è discutibile, e anche c’è da aggiungere che l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza: tante volte ho manifestato la mia vicinanza al popolo ucraino. Si capisce che un popolo in quella situazione senta questo, il documento è opinabile su questa questione dell’Ucraina, ma in quella parte della dichiarazione si chiede di fermare questa guerra, che si facciano degli accordi. Io personalmente ho auspicato che gli accordi di Minsk vadano avanti e che non si cancelli col gomito quello che hanno scritto con le mani. Ho ricevuto ambedue i presidenti e per questo quando Schevchuk dice che ha sentito questo dal suo popolo, io lo capisco. Non bisogna spaventarsi per quella frase. Una notizia la si deve interpretare con l’ermeneutica del tutto, non della parte».

Il patriarca Kirill l’ha invitata a Mosca?

«Il patriarca Kirill mi ha invitato? Io preferisco fermarmi solo a quello che abbiamo detto in pubblico. Il colloquio privato è privato ma posso dirle che io sono uscito felice, e anche lui lo era».

Lei in questi giorni ha parlato di famiglia: in Italia si dibatte sulle unioni civili. Che cosa pensa delle adozioni e in particolare dei diritti dei figli?

«Prima di tutto io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano, il Papa non s’immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto con i vescovi nel maggio 2013 ho detto loro: col Governo italiano arrangiatevi voi. Il Papa non si mette nella politica concreta di un Paese. L’Italia non è il primo paese che fa questa esperienza. Quanto al mio pensiero, io penso quello che la Chiesa sempre ha detto su questo tema».

Da qualche settimana c’è molta preoccupazione per il virus Zika, con il rischio per le donne in gravidanza. Alcune autorità hanno proposto l’aborto e la contraccezione per evitare le gravidanze. La Chiesa può prendere in considerazione in questo caso il male minore?

«L’aborto non è un male minore, è un crimine, è far fuori, è quello che fa la mafia. Per quanto riguarda il male minore, quello di evitare la gravidanza, si tratta di un conflitto fra il quinto e il sesto comandamento. Il grande Paolo VI, in Africa aveva permesso alle suore di usar gli anticoncezionali in una situazione difficile. Ma non bisogna confondere l’evitare la gravidanza con l’aborto, che non è un problema teologico, ma è un problema umano, medico, si uccide una persona, contro il giuramento di Ippocrate. Si assassina una persona per salvarne un’altra, nel migliore dei casi. È un male umano, come ogni uccisione. Invece evitare una gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho citato del beato Paolo VI, questo è chiaro. Io esorterei i medici perché facciano di tutto per trovare i vaccini contro queste zanzare che portano questo male».

Lei riceverà il premio Carlo Magno, tra i più prestigiosi della Comunità europea. Anche Giovanni Paolo II teneva molto a questo premio e all’unità dell’Europa che sembra stia andando un po’ in pezzi. Lei ha una parola per noi europei che viviamo questa crisi?

«Per quanto riguarda il premio: io avevo l’idea di non accettare onorificenze o dottorati, non per umiltà, ma perché non mi piacciono queste cose. Però in questo caso sono stato convinto dalla santa e teologica testardaggine del cardinale Kasper che è stato scelto per convincermi. Ho detto sì, ma a riceverlo in Vaticano e lo offro per l’Europa: che sia un premio perché l’Europa possa fare quello che io ho indicato a Strasburgo, per far sì che l’Europa non sia nonna ma sia madre. L’altro giorno, mentre sfogliavo un giornale, ho letto una parola che mi è piaciuta, la “rifondazione” dell’Europa e ho pensato ai grandi padri. Oggi dove c’è un Schumann, un Adenauer, questi grandi che nel dopoguerra hanno fondato l’Unione Europea? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare, perché l’Europa ha una storia, una cultura che non si può sprecare e dobbiamo fare di tutto perché la Ue abbia la forza e anche l’ispirazione di andare avanti».

Lei ha parlato molto delle famiglie nell’anno santo della misericordia, ma come essere misericordiosi con i divorziati risposati? Si ha l’impressione che sia più facile perdonare un assassino che un divorziato che si risposa...

«Sulla famiglia hanno parlato due sinodi e il Papa ha parlato tutto l’anno nelle catechesi del mercoledì. La sua domanda è vera, mi piace. Nel documento post-sinodale che uscirà forse prima di Pasqua si riprende tutto quello che il sinodo ha detto: in uno dei capitoli ha parlato dei conflitti, delle famiglie ferite. La pastorale delle famiglie ferite è una delle preoccupazioni, come pure una preoccupazione è la preparazione al matrimonio. Per diventare prete ci vogliono otto anni, e poi se non ce la fai, chiedi la dispensa. Invece per un sacramento che dura tutta la vita, solo quattro incontri. La preparazione al matrimonio è molto importante. La Chiesa, almeno nella pastorale comune in Sudamerica, non ha valutato tanto questo. Alcuni anni fa nella mia patria c’era l’abitudine a sposarsi di fretta quando c’era un bambino in arrivo e così coprire socialmente l’onore della famiglia. Lì non erano liberi e tante volte questi matrimoni sono nulli. Come vescovo ho proibito ai sacerdoti di fare questo: che venga il bambino, che i due continuino da fidanzati e quando si sentono di impegnarsi per tutta la vita, che si sposino. Poi ricordiamo che le vittime dei problemi della famiglia sono i figli: ma sono anche vittime che i genitori non vogliono, quando papà o mamma non hanno tempo di stare con i loro figli. Quando io confesso uno sposo o una sposa, domando “quanti figli ha”? Si spaventano un po’, forse perché pensano che i figli dovrebbero essere di più, e allora io domando: lei gioca con i suoi figli? Tante volte dicono: non ho mai tempo! Interessante che nell’incontro con le famiglie a Tuxtla Gutierrez, ci fosse una coppia di risposati in seconda unione, bene integrati nella pastorale della Chiesa. La parola chiave che usò il Sinodo, e io riprenderò nell’esortazione, è “integrare” nella vita delle Chiesa le famiglie ferite. E non dimenticare i bambini, sono le prime vittime».

Significa che i divorziati risposati potranno fare la comunione?

«Integrare non significa dare la comunione. Io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa due volte l’anno e vogliono fare la comunione, come se fosse un’onorificenza. Lavoro di integrazione, tutte le porte sono aperte, ma non si può dire che possono fare la comunione, perché questo sarebbe una ferita per i matrimoni e non farà fare loro quel cammino di integrazione. Questa coppia di divorziati risposati era felice. Hanno usato un’espressione molto bella: noi non ci comunichiamo con l’eucaristia, ma sì, siamo in comunione quando visitiamo gli ospedali e condividiamo cose. La loro integrazione è questa. Se poi ci sarà qualcosa di più lo dirà il Signore. È una strada, un cammino».

Numerosi media hanno evocato e fatto clamore sull’intensa corrispondenza fra Giovanni Paolo II e la filosofa Anna Teresa Tymieniecka. Un Papa può avere un’intensa corrispondenza con una donna? E lei ne ha?

«Questo rapporto di amicizia tra san Giovanni Paolo II e Teresa Tymieniecka lo conoscevo. Un uomo che non sa avere un buon rapporto di amicizia con una donna - non parlo dei misogini che sono malati - è un uomo a cui manca qualcosa, e io per mia esperienza, quando chiedo consiglio a un collaboratore amico, anche mi interessa sentire il parere di una donna: loro ti danno tanta ricchezza, guardano le cose in un altro modo. A me piace dire che la donna è quella che costruisce la vita nel grembi e ha questo carisma di darti cose per costruire. Un’amicizia con una donna non è peccato. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato! Il Papa è un uomo, e ha bisogno anche del pensiero delle donne. Anche il Papa ha un cuore che può avere un’amicizia santa e sana con una donna. Ci sono stati santi come Francesco e Chiara... Non spaventarsi! Però le donne ancora non sono ben considerate nella Chiesa, non abbiamo ancora capito il bene che possono fare alla vita di un prete, alla vita della Chiesa, con un consiglio, un aiuto, una sana amicizia».

Torno sull’argomento della legge sulle unioni civili che sta per essere votata al Parlamento italiano. C’è un documento della Congregazione per la dottrina della fede del 2003 dove si afferma che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Qual è il comportamento per un parlamentare cattolico in questi casi?

«Non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata, questo direi, soltanto questo, è sufficiente, e parlo di coscienza ben formata, cioè non quello che mi sembra o che mi pare. Ricordo quando fu votato il matrimonio fra persone dello stesso sesso a Buenos Aires, io stavo lì, i voti erano pari allora un parlamentare ha consigliato all’altro: “Tu ci vedi chiaro?”. “No”. “Neanch’io, pero così perdiamo. Se non andiamo a votare non si raggiunge il quorum, ma se raggiungiamo il quorum diamo il voto a Kirchner. Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio, e andiamo!”. Questa non è una coscienza ben formata».

Dopo l’incontro con il Patriarca di Mosca il Cairo, c’è un altro disgelo all’orizzonte, ci sarà l’udienza con l’imam di Al Azhar?

«La scorsa settimana monsignor Ayuso, segretario del cardinale Tauran, è andato a incontrare il vice dell’imam. Io voglio incontralo, so che a lui piacerebbe, stiamo cercando il punto, sempre tramite il cardinale Tauran».

Dopo questo viaggio messicano, che viaggi farà, quali viaggi sogna?

«Rispondo: la Cina, andare là, mi piacerebbe tanto! Vorrei anche dire una cosa giusta sul popolo messicano: è un popolo che rappresenta una ricchezza tanto grande, un popolo che sorprende, ha una cultura millenaria. Voi sapete che oggi in Messico si parlano 65 lingue, è un popolo di una grande fede ma che anche ha sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri, adesso ne canonizzerò due. Un popolo non lo si può spiegare, non è una categoria logica, è una categoria mitica, non si può spiegare questa ricchezza, questa gioia, questa capacità di far festa nonostante le tragedie che vive. Questa unità, un popolo che è riuscito a non fallire, a non finire, con tante cose che accadono: a Ciudad Juarez c’era un patto per il cessate il fuoco, dodici ore per la mia visita, poi riprenderanno. Questo popolo solo si spiega con Guadalupe e io vi invito a studiare seriamente il fatto Guadalupe, la Madonna è lì, io non trovo altra spiegazione».

Che cosa ha chiesto alla Madonna di Guadalupe? Lei sogna in lingua italiana o in spagnolo?

«Sogno in esperanto! Alcune volte sì, ricordo un sogno in altra lingua, ma sognare in lingue no, sogno piuttosto immagini. Ho chiesto alla Guadalupana per prima cosa la pace, quella poverina deve aver finito con la testa così... Ho chiesto perdono, ho chiesto che la Chiesa cresca sana, ho pregato per il popolo messicano. Ho chiesto tanto che i preti siano veri preti, e le suore vere suore, i vescovi veri vescovi. Ma le cose che un figlio dice alla mamma sono un segreto».

Qui la conferenza stampa integrale del Papa sul volo di ritorno dal Messico
http://press.vatican.va/content/salasta ... 00288.html
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » mar apr 19, 2016 6:22 am

Caro Papa Françesco (na bołetina)
viewtopic.php?f=24&t=1350



Bergoglio: Dio non vuole che gli immigrati siano respinti
sabato, 2, aprile, 2016

http://www.imolaoggi.it/2016/04/02/berg ... o-respinti

“La misericordia è anzitutto la vicinanza di Dio al suo popolo. Una vicinanza che si manifesta principalmente come aiuto e protezione. è la vicinanza di un padre e di una madre: Dio prende ciascuno di noi e ci solleva fino alla sua guancia”.

Sono parole di Papa Francesco nell’omelia pronunciata in piazza San Pietro in occasione della veglia giubilare con 20 mila aderenti ai gruppi che vivino la spiritualità della misericordia proposta da Santa Faustina Kowlaska. “Quanto dolore – ha detto il Papa – quando sentiamo dire: questa gente, questi poveracci… buttiamoli fuori, lasciamoli dormire sulle strade“.

“Può essere facile – ha continuato Francesco – parlare di misericordia, mentre è più impegnativo diventarne concretamente dei testimoni. è questo un percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe conoscere alcuna sosta. Gesù ci ha detto che dobbiamo essere ‘misericordiosi come il Padre”. Insomma, ha ricordato, “la misericordia non può mai lasciarci tranquilli. è l’amore di Cristo che ci ‘inquieta fino a quando non abbiamo raggiunto l’obiettivo; che ci spinge ad abbracciare e stringere a noi, a coinvolgere quanti hanno bisogno di misericordia”.
In concreto, dunque, “non dobbiamo avere timore: è un amore che ci raggiunge e coinvolge a tal punto da andare oltre noi stessi, per permetterci di riconoscere il suo volto in quello dei fratelli. Lasciamoci condurre docilmente da questo amore e diventeremo misericordiosi come il Padre”.
“Quanti volti ha la misericordia di Dio!”; ha poi esclamato il Pontefice. “Essa – ha spiegato – ci viene fatta conoscere come vicinanza e tenerezza, una parola che si sente poco ma che evoca qualcosa della quale c’è molto bisogno” perché implica realtà “come compassione e condivisione, come consolazione e perdono”. “Chi più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condividerla; non può essere tenuta nascosta nè trattenuta solo per sè stessi”, ha osservato il Papa. “è qualcosa – ha continuato – che brucia il cuore e lo provoca ad amare, riconoscendo il volto di Gesù Cristo soprattutto in chi è più lontano, debole, solo, confuso ed emarginato”.
“La misericordia – ha poi concluso Papa Francesco rrovoltoa lla folla dei fedeli – va alla ricerca della pecora perduta, e quando la ritrova esprime una gioia contagiosa. La misericordia sa guardare negli occhi ogni persona; ognuna è preziosa per lei, perché ognuna è unica”. (AGI)

Non siamo le tue pecore, tu non sei il mio pastore e il tuo idolo e quello di Maometto che hai santificato non è il mio D-o. Tu Papa ci stai portando dentro branchi di lupi che già hanno incominciato a sbranarci, vergognati! Essere misericordiosi con chi ci uccide e uccide la nostra gente è un delitto contro l'umanità e contro D-o che l'ha creata.


???

Attacco al cristianesimo nel cuore dell’Occidente
12-04-2016
Edoardo Crisafulli

http://www.avantionline.it/2016/04/atta ... loccidente

Papa Francesco ha celebrato Giovedì Santo il rito della ‘lavanda dei piedi’ in un Centro di accoglienza per immigrati, vicino a Roma. Salvini coglie la palla al balzo e comincia a ringhiare come un mastino. Scocca le sue frecce avvelenate in maniera subdola: rivolge al capo della Chiesa cattolica (e a tutti noi) domande dalle quali traspare disprezzo per gli immigrati, per gli stranieri, per i diversi. Quelli di fronte a cui il Papa si è inginocchiato umilmente e a cui ha lavato i piedi “sono davvero profughi o sono clandestini”? C’è una aggravante: gli ospiti del Centro di accoglienza sono in gran parte musulmani. Allora ecco, giù il carico da novanta: “Siamo sicuri che siano tutte persone rispettose e innamorate della pace?”. Un tempo i diversi da ghettizzare o discriminare o perseguitare erano gli ebrei, oggi sono i musulmani (a destra va di moda il filo-semitismo: non conviene mettersi contro Israele e gli USA).

Queste domande sono insensate per un cristiano. Non occorre essere raffinati teologi per sapere che a Gesù non importava assolutamente nulla della nazionalità, della razza o della religione di chi ha bisogno e va soccorso. Chi ti compare di fronte in quel dato momento è “il prossimo tuo”, che dovresti amare “come te stesso”. Basterebbe la parabola del Buon Samaritano a dirimere ogni controversia. ll Papa ha agito in conformità allo spirito evangelico. Chiunque abbia una pur minima familiarità coi Vangeli, non può dar torto a un leader religioso che, seguendo l’esempio di Cristo, lava i piedi degli ultimi, dei diseredati. Salvini è riuscito nel suo intento, che è quello di avvelenare i pozzi. Ha ispirato una sequela di interventi deliranti su facebook: “l’ultimo affronto del Papa: lava i piedi agli islamici.” “Perché il Papa omaggia i clandestini?” “Gesù aveva dato ben altro esempio: lui lavò i piedi dei suoi discepoli, che amava, mica quelli dei suoi nemici, che volevano crocifiggerlo”.

Eppure il Papa, con il rito della lavanda dei piedi, non sollecita una specifica politica verso l’immigrazione. Scuote semplicemente la nostra coscienza. Lascia tutti – i governanti, i politici e la gente comune – liberi di decidere quale sia la strada migliore da percorrere. Un politico cristiano potrebbe optare per l’accoglienza; un altro per la cooperazione allo sviluppo nel Paese dell’immigrato. La Chiesa, insomma, non vuole dettar legge. Colgo qui un barlume di laicità: spetta ai governi risolvere i problemi sociali ed economici.

L’azione di Papa Francesco dunque è essenzialmente morale. È l’intervento a gamba tesa di Salvini che la trasforma in una dichiarazione politica: immigrati regolari e profughi, forse sì, meritano le nostre briciole (subito dopo gli italiani DOC, beninteso). Clandestini e musulmani, no. Così un gesto umile, di carità, che sarebbe passato quasi inosservato, acquista enorme visibilità. Ma perché Salvini insiste a trasformare Papa Francesco in una figura eminentemente politica? Sento dire spesso ‘questo è un Papa politico’. Forse Papa Francesco si intromette nelle vicende terrene più dei suoi predecessori? No, non è così. Ogni pontefice, ciascuno a modo suo, si è occupato di questioni terrene. E’ inevitabile. Significa, allora, che Papa Francesco è ‘di sinistra’? No, non è così, anche se la sua voce ha un inequivocabile timbro socialista. La percezione di politicità deriva dal fatto che Papa Francesco ha posto al centro della sua predicazione una legge morale, la Caritas, che ha un respiro amplissimo: ci obbliga a trattare l’uomo come fine e non come mezzo.

Innumerevoli sono i modi in cui si può agire secondo coscienza e giustizia. Quindi i cristiani, in politica, possono essere in disaccordo su un’infinità di questioni. C’è un punto però che li accomuna: se sei cristiano non puoi rimanere indifferente di fronte alle forme più gravi di ingiustizia e di sofferenza, quelle che rifiutano il principio cardine della tradizione giudaica e cristiana: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Puoi anche essere contrario all’immigrazione di massa, ma non puoi non porti una domanda: perché milioni di poveracci bussano alla nostra porta? Questa semplice domanda irrita gli xenofobi: presuppone che gli immigrati/profughi/clandestini siano innocenti e indica la necessità di una soluzione equa e ragionevole a quello che è un problema reale, lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo.

In altri termini: la Caritas è un imperativo etico che ha evidenti ricadute politiche, sgradite agli xenofobi e gradite invece ai socialisti. Ce le ha purché sia saldamente al centro del pensiero e dell’opera dei cristiani. Questo è il grumo sovversivo, rivoluzionario nel cristianesimo. Basta solo farlo risalire in superfice. Ben lo sapevano i primi polemisti socialisti, che saccheggiavano i Vangeli in funzione anti-sistema (è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli…) E ben lo sanno gli studiosi dell’antichità: la diffusione del cristianesimo nell’Impero romano minò le basi ideologiche del sistema schiavistico.

Ma le ricadute politiche le ha anche il concetto di verità assoluta, da imporre manu militari ai recalcitranti. E il cristianesimo, per gran parte della sua storia, è stato anche questo: zelo missionario, anelito alla teocrazia. Qui il sovrapporsi di politica e morale è deleterio. I nostri antenati erano convinti che ci fosse una superiore moralità nella politica guerriera e guerrafondaia di ispirazione religiosa: le crociate producevano morti (quelli giusti: i pagani e gli infedeli) ma al tempo stesso restituivano il Santo Sepolcro alla cristianità. Non si può dire dunque che il cristianesimo predichi un pacifismo assoluto, suicida. Coloro che esaltano le radici cristiane dell’Europa non sanno nulla della sostanza spirituale, teologica e politica del cristianesimo, il quale non mi risulta abbia sconfessato la dottrina del bellum iustum, o guerra giusta, teorizzata da Agostino d’Ippona e Tommaso D’Aquino. La guerra difensiva, per la Chiesa, non è affatto in contrasto con l’etica del perdono. Ed è sacrosanto che sia così. Anzi, per secoli, è stata teorizzata e messa in pratica anche la guerra aggressiva, che è invece molto problematica. Feuerbach (L’essenza del cristianesimo) spiega come lo spirito jihadista cristiano (cos’erano le crociate, se non guerre contro gli infedeli?) possa tranquillamente coesistere con l’amore per il prossimo. Basta distinguere fra il “diritto pubblico cristiano” che regola le relazioni fra gli stati e i popoli, e “il diritto privato cristiano”, confinato ai rapporti fra le persone. Il diritto pubblico è la dimensione politica del cristianesimo, e stabilisce il dovere di conversione e/o di guerra all’infedele; il diritto privato è il regno dell’azione morale, quello che prescrive di porgere l’altra guancia. Il precetto evangelico di amare i propri nemici, quindi, “riguarda solo i nemici personali, non i nemici pubblici, i nemici di Dio, i nemici della fede, gli infedeli.” Ecco spiegato l’apparente paradosso per cui la religione dell’amore e dal perdono è giunta a fomentare l’odio e la persecuzione, costruendo la contrapposizione amico-nemico così apparentemente anticristiana.

L’era della pace, si pensava, arriverà solo quando il mondo sarà cristianizzato integralmente. Solo allora l’etica cristiana, ormai universale, avrà reso superfluo il dovere politico-morale della crociata. In un mondo omologato non ci sono più infedeli da combattere o da convertire. Una concezione, questa, che è pressoché identica a quella musulmana, per cui il dar al-Islam, il mondo islamico (detto anche dar al-salam o casa della pace), si contrappone al dar al-harb, i territori di guerra abitati degli infedeli. E infatti per secoli il cristianesimo è stato belligerante né più e né meno dell’islam.

La storia dell’Occidente ha smentito questa profezia di concordia fondata sull’unanimismo cristiano. E’ vero che, per dirla con Feuerbach, il cristianesimo non ha più bisogno di brandire la spada perché il diritto privato ha soppiantato il diritto pubblico. Ma questo mutamento paradigmatico è avvenuto per motivi opposti a quelli che avevano in mente gli integralisti: non è la teocrazia che ha trionfato, bensì la città secolare. Le Chiese cristiane hanno cassato il concetto di verità assoluta, con ciò che di violento ne consegue: le guerre di religione. I protestanti ci sono arrivati secoli prima dei cattolici. Ma ciò che conta è che gli uni e gli altri, oggi, siano sulla stessa lunghezza d’onda, importa cioè che abbiano lo stesso atteggiamento positivo verso il pluralismo. Ecco perché nessuna autorità cristiana si sognerebbe di bandire una crociata, e la stessa dottrina del bellum iustum viene invocata solo in casi eccezionali. In breve: i cristiani sono stati costretti a capitolare di fronte alla secolarizzazione avviata dall’illuminismo e portata a compimento dai movimenti liberal-socialisti e democratici del Ventesimo secolo.

Il cristianesimo del 21esimo secolo, insomma, è radicalmente altro da quella religione dualistica che Feuerbach ha compreso così genialmente. Per secoli la legge dell’amore e del perdono ha convissuto con lo spirito guerriero, del martire religioso. Ora non più. Questo cambiamento epocale ha precise conseguenze. L’etica cristiana ora può mescolarsi e interagire con la politica senza far danni. La Caritas, non più offuscata da propositi bellicosi, è tornata a splendere. Questo stato di cose genera reazioni politiche. È naturale che la Caritas sia occasione di scandalo per i seminatori di zizzania e di odio. I teorici della guerra permanente contro i musulmani non possono che avere il perdono, l’amore, l’accoglienza ‘a gran dispitto’: si tratta di sentimenti che infiacchiscono l’animo del guerriero. Gli attacchi contro il Papa – ne seguiranno altri, statene pur certi – vanno letti come il frutto di una delusione cocente. La Chiesa non ci difende più, perché si rifiuta di contrattaccare il nemico. Salvini e i suoi seguaci sono gli orfani della morte di quel Dio combattivo che i nostri antenati hanno conosciuto fin troppo bene. Non hanno capito che il cristianesimo ha subito una metamorfosi definitiva. O forse l’hanno capito, e non riescono ad accettarlo. Questi signori, che pure pretendono chiese e crocefissi ovunque in funzione anti-islamica, non sono anticristiani in senso assoluto. Sono piuttosto ostili alla Chiesa di Papa Francesco, che appare loro come una entità flaccida e timorosa (Ricordate? Erano bastate poche parole di Ratzinger, interpretate come una aggressione all’islam, per riattizzare la speranza di un papa crociato). Ce l’hanno, insomma, con questo cristianesimo mite e pacifico, che ha sepolto per sempre l’ascia di guerra. Il cristianesimo della spada era una valvola di sfogo per gli istinti ferini, di vendetta.

Oggi il cristianesimo occidentale è pura Caritas. Questo è lo scandalo insopportabile per gli xenofobi, alleati dei fondamentalisti nel soffiare sul fuoco dell’odio interreligioso e interetnico. A questo punto è chiaro il motivo per cui Salvini ha voluto trasformare il rito della lavanda dei piedi in una provocazione politica. Ai suoi occhi, la Caritas senza spada è un affronto. Ragiona come i fondamentalisti islamici che disprezza. Vorrebbe, in cuor suo, resuscitare il cristianesimo focoso e belligerante. Desidera cioè – è la stessa agenda dei teo-con – che lo scontro Occidente-Islam diventi, essenzialmente, religioso. Nel senso di uno scontro tra religioni identiche, gemelle dal punto di vista dell’intransigenza. In questo, le intemperanze degli xenofobi sono funzionali a quelle degli estremisti islamici, i quali desiderano una reazione scomposta da parte nostra, ma che sia simmetrica alla loro. Dovremmo parlare il loro stesso linguaggio primitivo, pre-illuministico. Dovremmo odiarli con lo stesso fervore religioso con cui loro odiano noi. Ma oggi, in Occidente, è possibile – fortunatamente – solo una politica laica.

C’è un altro punto importante. La svolta modernista del cristianesimo ha messo gli xenofobi con le spalle al muro. Li ha privati del loro ultimo e più prezioso alleato: la religione. La Santa Inquisizione, secoli fa, ci andava giù pesante con gli eretici e con chi abbandonava la fede cristiana. Ma questa fase l’abbiamo superata da molti anni. Il cristianesimo contemporaneo ha finalmente accettato la libertà religiosa. Ha quindi riconosciuto quello che è un pilastro della civiltà occidentale: il diritto all’eresia (Luciano Pellicani, “Il diritto all’eresia, sconosciuto all’islam, allontana il dialogo con l’Occidente”, Il Foglio, 19-3-2016). E’ per questo che le chiese cristiane, oggi, puntano sul confronto e sul dialogo interreligioso, idee insopportabili sia per i fondamentalisti che per gli xenofobi. Certo, ha ragione Pellicani nel dire che c’è il rischio di avviare un dialogo tra sordi. Da un lato c’è una religione sostanzialmente modernista, dall’altro una religione che, almeno in parte, stenta a fare i conti con la modernità. L’assimetria è evidente sul tema della conversione: quella all’islam è accettata, mentre in alcuni Paesi musulmani c’è ancora il reato di apostasia, crimine equivalente all’eversione a mano armata.

Nondimeno, la strada in Occidente è stata tracciata e va percorsa fino in fondo. E’ la via maestra aperta dal poeta e teologo libertario John Milton nel Seicento: riconoscere nella libertà di coscienza il fondamento del nostro vivere civile. E’ la via del Concilio Vaticano II, che porta diritto alla città laica e secolare, alla società aperta e pluralistica. Anche l’islam può imboccarla. Ma gli xenofobi, anziché battersi per un islam riformato, volgono lo sguardo sognante al cattolicesimo pre-conciliare, quello che emanava encicliche di condanna del mondo moderno simili a certe fatwe medievaleggianti. Ciò conferma che l’estrema destra ha cambiato il pelo ma non il vizio: l’ostilità per Papa Francesco è un residuo del suo livore contro la modernità. Le sue radici culturali sono nel classico Rivolta contro il mondo moderno di Julius Evola (1934), secondo cui il progresso è in realtà regresso perché ha dissolto la tradizione sacra e immutabile. Secondo Evola, la civiltà occidentale come la conosciamo oggi – la civiltà laica dei diritti e delle libertà – è materalistica, edonista, deviante e decadente.

Per secoli la cristianità ha consentito la doppiezza: l’umile e povero San Francesco conviveva con il simoniaco e corrotto Papa Bonifacio VIII. I credenti non si trovavano nudi di fronte al cuore più ostico del messaggio evangelico. Fino a quando i papi scatevanano guerre o le giustificavano o si alleavano con i principi e i re contro il popolo che soffriva o governavano essi stessi in maniera oppressiva; finché rifiutavano lo Stato laico e la liberal-democrazia, allora sì che si poteva avere un atteggiamento ambivalente. La Caritas era talmente ottenebrata dalla commistione con sordidi interessi temporali che anche i violenti e i sopraffatori potevano dirsi cristiani. Tantissimi fascisti e nazisti erano credenti praticanti. Non pensavano di essere incoerenti. Chi, all’interno della Chiesa cattolica, avrebbe potuto puntare il dito contro gli ipocriti? Oggi non è più così. Due sanguinose guerre mondiali e il tentato genocidio del popolo ebraico hanno scosso la coscienza dell’uomo occidentale. Oggi la celebre frase di Cristo — chi non è con me è contro di me – ha assunto una nuova pregnanza. E l’estrema destra xenofoba ha scelto di schierarsi contro.

Il fondamentalismo islamico non si sconfigge resuscitando il cristianesimo cruento, pre-illuministico. Lo si può eliminare in un solo modo: con le armi della ragione, laicamente. L’odio è la peggior strategia di difesa per le liberal-democrazie. Se i fondamentalisti uccidono e spargono il terrore, spetta ai governi difenderci imbracciando il fucile. Ma la guerra non è solo militare, è anche – forse soprattutto – politica ed economica. Per riprendere un fortunato slogan di Blair, dobbiamo essere durissimi con il crimine e con le cause del crimine.

E non scordiamoci che la battaglia più importante contro il fanatismo si combatte in ambito spirituale e culturale. Ecco perché vogliamo che i religiosi modernisti siano in prima fila. Devono aiutarci a far cambiare la testa a chi rifiuta la modernità. Noi laici critichiamo le religioni se sono intolleranti e prepotenti. Quando diventano un inno all’umanesimo, preferiamo averle alleate ed amiche. Ecco perché oggi non possiamo non schierarci con la Chiesa dialogante e caritatevole di Papa Francesco. L’estrema destra xenofoba invece ripudia il cuore pulsante del cristianesimo contemporaneo: la Caritas. Ovvero la perla rimastaci dopo che abbiamo bonificato la nostra cultura da quel grumo limaccioso che era il nostro fanatismo.



Lesbo, Bergoglio si porta in Italia 12 immigrati musulmani
16, aprile, 2016

http://www.imolaoggi.it/2016/04/16/lesb ... -musulmani

“Il Papa ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone che erano già presenti nei campi di accoglienza di Lesvos prima dell’accordo fra Unione Europea e Turchia”. Lo rende noto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
“L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità competenti greche e italiane. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor (nella zona occupata dal Daesh). Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle tre famiglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio”. (askanews)


A cargo del Vatican co łi nostri skei de l'8xmiłe


Povero Papa Francesco, si capiva bene durante l'intervista, tornando a Roma da Lesbo, quanto si trovasse in difficoltà a trattare il suo gesto criticato oramai da molti e quanta confusione ha fatto, povero Papa, sul nomadismo umano nei millenni: non si può confondere la terra del Paleolitico con 1 uomo ogni mille kmq con la realtà di oggi che vede 1000 uomini per ogni kmq.
Caro Francesco aggiornati e poi considera cosa combinano tutti questi islamici e africani in Europa e considera anche i nostri diritti umani di indigeni europei e considera il valore della democrazia in cui a decidere dovrebbero essere i cittadini e non i Papi o le luride caste parassitarie al governo a decidere; considera la povertà di tanti paesi europei e i pericoli dell'Islam, non puoi continuare a fare il cristiano irresponsabile, non puoi volere la nostra morte e ti garantiamo che non abbiamo proprio niente da impare, di umanamente e culturalmente valido, dai "singani" che vivono del più odioso razzismo rubando, rapinando, uccidendo, truffando, sequestrando, sfruttando i minori, elemosinando e di assistenzialismo parassitario.
Non c'è vera giustizia e vera fraternità nelle tue parole e nei tuoi gesti; non sei un buon modello da seguire.

Questo Papa è un paradosso e incarna le contraddizioni del nostro tempo e del nostro mondo. Non nego che qualche volta riesca a toccarmi e a farmi piangere, però resisto e il buon senso-istinto mi dice di contrastarlo anche se per e su certe cose ha ragione. Il fatto è che io sono un uomo e ho un cuore ma non sono più cristiano e non mi tocca più l'autorità del Papa cattolico romano e dei suoi preti e nemmeno l'idolo cristiano Gesù che per me non è D-o ma un uomo come tutti e un rabbino ebreo. Io non vivo più in funzione del Regno dei Cieli che verrà ma vivo la vita che mi è stata donata, qui sulla terra, come tutte le sue creature; e dell'aldilà, della cosidetta vita eterna, del paradiso o regno dei cieli non mi interessa nulla. Questo Papa deve rispettare di più la mia vita e quella dei cittadini e indigeni europei, non è il padrone imperatore del mondo o nostro e D-o non ha mai detto che dobbiamo morire per accogliere chichessia. D-o ci ha ordinato di vivere la nostra vita, di difenderla dal male e di aiutarci se possiamo, ma non ci ha mai ordinato di aiutare chi ci vuol far del male a farcelo. Siamo noi che dobbiamo decidere se, quando, come e chi possiamo e vogliamo aiutare. I suoi islamici che se li tenga noi non li vogliamo perché è gente che non ci ama ma che ci odia e che ci vuol distruggere.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » mar apr 19, 2016 6:23 am

TUTTO QUELLO CHE NON SAPETE SULL’ESIBIZIONE IN MONDOVISIONE A LESBO DI BERGOGLIO (CHE PORTA IN ITALIA 12 MUSULMANI, MA SE NE INFISCHIA DEI CRISTIANI PERSEGUITATI DAGLI ISLAMICI E NON HA NEMMENO VOLUTO RICEVERE I POVERI FAMILIARI DI ASIA BIBI VENUTI DISPERATAMENTE A ROMA PER CHIEDERE IL SUO AIUTO) - Lo Straniero
17/04/2016

http://www.antoniosocci.com/quello-non- ... non-nemmen

I migranti morti nel Mediterraneo dal 2000 ad oggi, secondo calcoli approssimativi, sono stati circa 27 mila. È un’orribile tragedia e va fermata. Ma da qui a definirla – come ha fatto ieri papa Bergoglio a Lesbo – “la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda guerra mondiale” ce ne corre.

Debole in teologia l’attuale vescovo di Roma appare debolissimo in storia contemporanea. Basta ricordare una tragedia che Bergoglio dovrebbe conoscere bene: la dittatura militare argentina dal 1976 al 1983 ha fatto circa 40 mila vittime.

TRAGEDIE IGNORATE

Parlando di catastrofi umanitarie dal 1945 ad oggi (ma morti ammazzati, mentre così non è per i migranti), va ricordato il genocidio del Sudan dove, nel 1983, fu imposta la sharia anche a cristiani e animisti: alla fine del 2000, su 30 milioni di abitanti, si contavano quasi 2 milioni di vittime, 4,5 milioni di sfollati, 500 mila profughi all’estero e centinaia di donne e bambini ridotti in schiavitù.

C’è poi l’orrendo genocidio del Ruanda che, nel 1994, fece quasi 1 milioni di vittime su circa 5 milioni di abitanti.

Infine c’è il capitolo comunista su cui Bergoglio glissa sempre. A parte l’Urss (che dal 1917 – secondo le stime minimali – fece 20 milioni di vittime) c’è la Corea del Nord (inferno comunista tuttora funzionante): dal 1950 circa 3 milioni di vittime.

E la Cambogia: dal 1975 al 1979 i Khmer rossi hanno fatto 2 milioni di vittime su 6 milioni di abitanti.

Accanto ad altri macelli comunisti dal 1945 in avanti (Africa, Vietnam, Afghanistan, Europa dell’est, Cuba), che hanno fatto anch’essi qualche milione di vittime, c’è il caso più tragico: la Cina.

Dal 1949, quando il comunismo di Mao ha preso il potere, ha fatto più di 70 milioni di vittime. A cui vanno aggiunti gli aborti forzati imposti dal 1979 per la legge sul figlio unico: 300 milioni di “nascite in meno” in 21 anni.

BERGOGLIO AMICO DEI TIRANNI

A questo regime comunista – tuttora imperante – Bergoglio tre mesi fa ha lanciato un amorevole messaggio (sotto forma di intervista) che – come scrive Sandro Magister – brilla “per il suo totale silenzio sulle questioni religiose e di libertà” e “per le sue parole sfrenatamente assolutrici di passato, presente e futuro della Cina, esortata a farsi ‘misericordiosa verso se stessa’ e ad ‘accettare il proprio cammino per quel che è stato’, come ‘acqua che scorre’ e tutto purifica, anche quei milioni di vittime che il papa mai nomina, neppure velatamente”.

Avendo taciuto così pure sulle migliaia di persone tuttora nei lager (compresi vescovi e sacerdoti) come può oggi Bergoglio fare la morale agli altri sui migranti?

Peraltro – a proposito di aborto – i predecessori di Bergoglio ritenevano una “catastrofe umanitaria” anche l’aborto libero (non forzato come in Cina) introdotto dalle legislazioni dei paesi democratici dagli anni Settanta (sull’esempio dei paesi totalitari).

I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità dicono infatti che ogni anno, in tutto il pianeta, si fanno circa 50 milioni di aborti (la Seconda guerra mondiale in sei anni fece 50 milioni di vittime).

In 40 anni dunque siamo ben sopra al miliardo di aborti. Ma questa tragedia non è in cima ai pensieri di Bergoglio come l’emigrazione.

Per la quale ama fare esibizioni di bontà “politically correct” (e in favore di telecamera) come quella di Lesbo e (prima) di Lampedusa.

LA VERITA’ SULL’EMIGRAZIONE

Naturalmente il problema c’è e va risolto. I trattati internazionali stabiliscono che i profughi (che scappano da guerre e persecuzioni) devono essere accolti ed è quello che l’Europa fa.

Ma i profughi sono una minoranza e – come hanno ripetuto molte volte i patriarchi delle chiese martiri orientali – desiderano anzitutto tornare nelle loro case.

Sogno impossibile se non si spazza via totalmente l’Isis. Ma come fare? Bergoglio, che si è sempre rifiutato di chiamare per nome – cioè “stato islamico” – l’autore di quei crimini, è contro interventi di polizia internazionale. Altre soluzioni?

Il Papa potrebbe chiedere all’Arabia Saudita di farsi carico dei profughi provenienti da Siria e Iraq: è un paese con tantissimo territorio libero, uno Stato con immense ricchezze derivanti dal petrolio ed è anche il centro propulsore dell’Islam, quindi sarebbe tenuto a soccorrere i musulmani.

Oltretutto l’Arabia è vicinissima a quelle aree, quindi i profughi potrebbero trovare asilo lì, evitando migrazioni terribili e pericolose.

Lo stesso discorso si potrebbe fare all’Iran che è l’altro paese confinante, anch’esso super-islamico (sia pure sciita).

Ma sia Arabia Saudita che Iran in quella regione sono tra i fomentatori dei conflitti e non tra gli operatori di pace. Perché il Papa non lancia messaggi morali a quei due regimi?

Ci sono poi – accanto ai profughi – i migranti economici. In questo caso il primo diritto da proclamare – come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – è il “diritto di non emigrare”, cioè di non doversi sradicare.

Pure i vescovi africani, l’anno scorso, hanno lanciato un appello alle giovani generazioni scolarizzate perché restino nei propri paesi aiutandone lo sviluppo (oggi l’Africa è un continente in crescita che ha prospettive economiche molto buone).

IL DISASTRO BERGOGLIANO

Il fenomeno dell’emigrazione sconvolge sia paesi di partenza, sia quelli di arrivo che non sono in grado di sopportare una simile invasione.

Oltretutto il traffico di esseri umani è spesso gestito da organizzazioni criminali che si arricchiscono sulla pelle dei migranti e talora portano quei poveretti alla morte.

Perché dunque il Papa non invita anzitutto a scongiurare il fenomeno migratorio invece di pretendere l’abbattimento delle frontiere d’Europa? Non si rischia così di alimentarlo?

Secondo certi osservatori, per esempio, il suo tour buonista a Lampedusa nel 2013 probabilmente contribuì a illudere migliaia di persone inducendoli a intraprendere viaggi terribili e a volte mortali.

Il Papa dimostra altrettanta superficialità riguardo all’impatto sull’Europa della marea migratoria. Sottovaluta l’evidenza storica di una difficilissima integrazione (vedi il caso del Belgio). E non considera che certi Paesi come l’Italia hanno già fatto il massimo.

Del resto la nostra opinione pubblica – che avverte la crisi economica (l’Italia ha il record europeo della povertà) – trova sconcertanti certi episodi di cronaca che mostrano un eccesso di pretese da parte dei migranti che ospitiamo.

Il problema è soprattutto l’enormità dell’ “invasione”.

In una recente intervista Bergoglio è arrivato a dire: “si può parlare oggi di invasione araba” dell’Europa, “è un fatto sociale”. Ma – ha minimizzato – “quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! Ha sempre saputo sorpassarsi, andare avanti per trovarsi poi come ingrandita dallo scambio di culture”.

Colpisce la spensierata superficialità di queste parole. Ancora una volta papa Bergoglio mostra di essere a digiuno di storia.

Se parliamo delle invasioni barbariche sono state per l’Europa una vera devastazione: fu spazzato via il millenario Impero romano e il continente sprofondò nel caos, regredendo a uno stato pressoché selvatico.

Ci vollero secoli – e la vigorosa Chiesa dei monaci (non certo quella di Bergoglio) – per risollevarsi e dar forma al luminoso Medioevo.

Se poi parliamo – come Bergoglio – di “invasione araba” va detto che nella storia d’Europa proprio le invasioni musulmane (arabe e turche) sono state il più tragico dei flagelli.

Perché a Oriente hanno spazzato via la grande civiltà bizantina e per tre volte hanno tentato l’occupazione militare dell’Europa (miracolosamente scongiurata anche grazie a veri papi davvero illuminati).

I saraceni hanno poi sottoposto per secoli l’Italia a scorribande sanguinarie. Bergoglio continua a voler ignorare la natura dell’Islam e sottovalutarne il pericolo.

Si dedica con tanta passione ai migranti musulmani, che non ha tempo di ricordarsi dei molti cristiani perseguitati (come Asia Bibi), schiavizzati e uccisi sotto regimi islamici e comunisti.

Antonio Socci
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » mar apr 19, 2016 2:46 pm

Papa: Chiesa porti speranza al mondo, ne è assetato - Giubileo
Fausto Gasparroni
27 marzo 2016
http://www.ansa.it/giubileo/notizie/201 ... ccea4.html


Il mondo "è assetato di speranza", e la Chiesa deve fare il possibile per suscitarla e diffonderla: "ce n'é tanto bisogno oggi". Nella celebrazione della Veglia Pasquale in San Pietro, papa Francesco non torna esplicitamente sui drammi e le ingiustizie del mondo, sulle vittime del terrorismo e sui profughi che trovano porte chiuse o annegano in mare, su cui ha incentrato la sua preghiera del Venerdì Santo, nella Via Crucis al Colosseo, ma impronta il suo annuncio della Resurrezione al concetto di "speranza", che in un'ottica di fede è il centro stesso della Pasqua. "Dimentichi di noi stessi, come servi gioiosi della speranza, siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l'amore; altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato", dice il Pontefice nell'omelia. La speranza, sottolinea, "non è semplice ottimismo, e nemmeno un atteggiamento psicologico o un buon invito a farsi coraggio. La speranza cristiana è un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui". Il "Consolatore", spiega quindi, "non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l'assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, la morte e la paura". "Oggi è la festa della nostra speranza - aggiunge a proposito della Pasqua -, la celebrazione di questa certezza: niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore". Per il Papa, "il Signore è vivo e vuole essere cercato tra i vivi. Dopo averlo incontrato, ciascuno viene inviato da Lui a portare l'annuncio di Pasqua, a suscitare e risuscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita". "Ce n'è tanto bisogno oggi", rimarca. Secondo papa Bergoglio, sempre con il riferimento al Cristo Risorto, "questa è la prima pietra da far rotolare via questa notte: la mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi.
Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall'essere cristiani senza speranza, che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi". "Anche noi, come Pietro e le donne - spiega ancora -, non possiamo trovare la vita restando tristi e senza speranza e rimanendo imprigionati in noi stessi. Ma apriamo al Signore i nostri sepolcri sigillati, ognuno di noi li conosce, perché Gesù entri e dia vita; portiamo a Lui le pietre dei rancori e i macigni del passato, i pesanti massi delle debolezze e delle cadute. Egli desidera venire e prenderci per mano, per trarci fuori dall'angoscia". "Vediamo e vedremo continuamente dei problemi vicino a noi e dentro di noi. Ci saranno sempre, ma questa notte occorre illuminare tali problemi con la luce del Risorto, in certo senso 'evangelizzarli'", conclude. Nella solenne e suggestiva Veglia di Resurrezione, il Papa conferisce anche i sacramenti dell'iniziazione cristiana (battesimo, cresima e prima comunione) a un gruppo di catecumeni, persone che in età adulta si sono avvicinate alla fede, provenienti dall'Albania, dalla Corea, dall'Italia, dal Camerun, dall'India e dalla Cina. Ed ora c'è attesa per il messaggio che Domenica di Pasqua il Papa lancerà "Urbi et Orbi" dalla loggia di San Pietro, e in cui non potranno non trovar posto ancora le tragedie del mondo d'oggi, unite però nuovamente alle speranze di pace.

La vediamo "nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze". E anche "nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo". La vediamo quindi "nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate". La vediamo "nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata". L'atto d'accusa del Pontefice ha indicato la Croce anche "nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli", oltre a dare "ai loro figli da mangiare il pane insanguinato". La vediamo poi "nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l'etica si vendono nel misero mercato dell'immoralità". E inoltre "nei distruttori della nostra 'casa comune' che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni". Non manca, nella lista di drammi e ingiustizie, la piaga dei preti pedofili, i "ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità". Ma la Croce la vediamo anche "in coloro che vogliono toglierla dai luoghi pubblici ed escluderla dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell'uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato"; "nei traditori che per 30 denari consegnano alla morte chiunque" e "negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte"; "negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società". Ma per contrasto il Papa ha citato l'esempio delle "persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi", dei preti "fedeli e umili" che si consumano per "illuminare la vita degli ultimi", delle suore e dei consacrati "buoni samaritani", dei volontari "che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi", delle famiglie. Di chi, infine, lavora ogni giorno "per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto". Perché la Croce è soprattutto simbolo di salvezza, e "l'alba del sole è più forte dell'oscurità della notte".
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » mar apr 19, 2016 2:47 pm

???

Il Papa chiede scusa ai migranti: "Perdonate la nostra chiusura"
Sergio Rame - Mar, 19/04/2016 - 13:47

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pap ... 48522.html


"Troppe volte non vi abbiamo accolto". In un videomessaggio per il 35° anniversario della fondazione del Centro Astalli, papa Francesco torna a chiedere perdono agli immigrati a nome di tutto l'Occidente.

E, a pochi giorni dal viaggio sull'isola greca di Lesbo, è tornato su un'emergenza che, sin dall'inizio del suo Pontificato, ha cercato di portare sotto gli occhi di tutto il mondo. "Perdonate la chiusura e l'indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede - ha detto il Pontefice - trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono".

Lesbo, periferia d'Europa, che da perla del turismo è salita agli onori delle cronache per il dramma dell'immigrazione. Qui il Papa è voluto venire di persona per abbracciare, toccare, parlare con quella umanità ferita che scappa dalle guerre e che, arrivando in Europa, non realizza le speranza ma si trova spesso rinchiusa in campi di accoglienza; e di nuovo il futuro diventa buio. Dal Moria Refugee Camp di Lesbo, il Santo Padre, insieme al Patriarca Bartolomeo e all'arcivescovo Hieronymos, ha lanciato un segnale di vicinanza: "Non siete soli". E dalla Lampedusa greca si è portato via tre famiglie siriane, tutte di fede musulmana, che ha accolto a Roma. Una mossa, come d'altra parte l'intera impalcatura del viaggio a Lesbo, che ha fatto discutere. Per Bergoglio l'immigrato è "la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l'ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti". "Perché - puntualizza nel videomessaggio - ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l'incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità".

Papa Francesco ci ha, poi tenuto a ricordare che chi fugge dalla propria terra per le guerre o la fame è "un fratello". "La vostra esperienza di dolore e di speranza - dice Francesco rivolgendosi ai rifugiati - ci ricorda che siamo tutti stranieri e pellegrini su questa Terra, accolti da qualcuno con generosità e senza alcun merito". E conclude: "Chi come voi è fuggito dalla propria terra a causa dell'oppressione, della guerra, di una natura sfigurata dall'inquinamento e dalla desertificazione, o dell'ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, è un fratello con cui dividere il pane, la casa, la vita".

No, me despiaxe ma no so par gnente en acordo.
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » sab apr 23, 2016 7:35 am

La Chiesa risponde agli attacchi di Matteo Salvini a Papa Francesco
Monsignor Nunzio Galantino replica a muso duro alle polemiche scatenate da Matteo Salvini della Lega, dai Fratelli d’Italia e dal Movimento 5 Stelle che accusano il Papa di incitare all’immigrazione con gesti come la visita a Lesbo.
di Pier Giuseppe Accornero - 22 aprile 2016

http://www.bergamonews.it/2016/04/22/la ... sco/221591

«Occorre continuare con coraggio nell’accoglienza dei rifugiati» dice Papa Francesco. «L’accoglienza ai profughi è solo un atto di restituzione» insiste mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei per il quale «la carità è la tuta di ogni giono».

Francesco si rivolge ai rifugiati: «Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura e l’indifferenza. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono», la testimonianza di come «il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l’ingiustizia in un bene per tutti. Ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l’incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità».

Il Centro Astalli dei Gesuiti nacque «dalla visione profetica del padre Pedro Arrupe», che fu superiore generale della Compagnia di Gesù nel 1965-1983: «Siate sempre testimoni della bellezza dell’incontro. Aiutate la nostra società ad ascoltare la voce dei rifugiati. Continuate a camminare con coraggio al loro fianco, accompagnateli e fatevi anche guidare da loro: i rifugiati conoscono le vie che portano alla pace perché conoscono l’odore acre della guerra».

La visita compiuta sabato 16 aprile 2016 a Lesbo da Papa Francesco, dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e dall’arcivescovo ortodosso di Atene Hyeronimus e l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo – che potrebbe aver provocato oltre 200 vittime – sono due eventi ben presenti al 38° convegno nazionale delle Caritas diocesane (18-20 aprile) a Sacrofano (Roma) con 600 partecipanti da 174 Caritas diocesane, per riflettere su «Misericordiosi come il Padre», che è il tema dell’Anno Santo straordinario che si celebra in tutta la Chiesa. Giovedì 21 gli esponenti delle Caritas incontrano Papa Francesco, che domenica 24 presiede il Giubileo dei ragazzi.

Galantino replica a muso duro alle polemiche scatenate da Matteo Salvini della Lega, dai Fratelli d’Italia e dal Movimento 5 Stelle che accusano il Papa di incitare all’immigrazione con gesti come la visita a Lesbo.

Dice Galantino: «Chi fa queste affermazioni mostra di avere una intelligenza un po’ al di sotto della media. Perché chi spinge questa povera gente a scappare sono le guerre, la povertà, come quelle che si stanno combattendo in Libia, in Siria, in Iraq. Per noi inclusione sociale dei poveri significa imparare con coraggio che il primo elemento che favorisce l’immigrazione non è il Papa che va a Lampedusa o a Lesbo. Ci vuole intelligenza e capacità di capire, di convincerci e di dire che ciò che sta succedendo è anche nostra responsabilità».

Agli operatori della Caritas aggiunge: «Inclusione sociale dei poveri significa fare cultura e imparare a leggere bene la storia perché la prima spinta all’immigrazione è risultato di un certo tipo di politica. Solo con un impegno teso a restituire al povero la dignità che gli è stata sottratta e chiamando per nome le mani che gli hanno tolto questa dignità possiamo riuscire a potenziare la cultura».

Il segretario Cei ribadisce ciò che Francesco afferma da tempo: «Una Chiesa, nel suo stile, nelle sue scelte e nelle sue parole» non deve comportarsi «come un potere accanto ad altri poteri e non deve usare strategie accorte. La carità non è un gingillo ma la tuta di ogni giorno».

Sulla stessa lunghezza d’onda il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas: «Compito della Caritas è aiutare il povero e aiutare la comunità a comprendere. Bisogna moltiplicare gli sforzi e stimolare sempre di più la politica. Se i modelli di sviluppo sono dominati dal mito della crescita indefinita e persiste una cultura individualistica dell’”ognuno per sé” e se gli uomini di governo e di potere non sono in grado di sottrarsi a questo mito e a questa cultura, le comunità cristiane non possono non sentirsi interpellate da questi fatti. Non è possibile costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi, perché sappiamo che le cose possono cambiare».

Le Regioni ecclesiali con il più alto numero di immigrati accolti stabilmente sono la Lombardia (oltre 4 mila persone ospitate); il Triveneto con oltre 2.750; in Piemonte- Valle d’Aosta le 17 diocesi accolgono coltre 2.400 rifugiati e la Sicilia più di 2.100 sapendo che questa Regione per ragioni geografiche è in prima linea.

La rete ecclesiale si fa carico di 1/5 dell’intero sistema di accoglienza in Italia, che attualmente ospita oltre 80 mila persone. Nel 2015 sono sbarcate in Italia 154 mila persone; circa 24 mila nei primi mesi del 2016.



Alberto Pento a digo mi:

Intanto bisogna dire forte e chiaro che i milioni di poveri italiani, di disoccupati, di giovani senza lavoro, di ammalati, disabili e anziani in difficoltà non devono restituire nulla a nessuno perché nulla hanno rubato, estorto, rapinato, confiscato durante la loro vita; gli imperialismi e i colonialismi del passato e le presunte prepotenze economiche moderne non sono una ragione sufficente a giustificare l'accoglienza di un'invasione indiscriminata, irrispettosa, pretenziosa, violenta;
dall'Africa i bianchi colonizzatori sono stati cacciati ovunque da decenni e oggi gli africani sono liberi di scegliersi i loro partener economici di ogni parte del mondo;
se gli africani fanno figli che non possono curare e mantenere non dobbiamo certo curarli e mantenerli noi;

poi si dica forte e chiaro che accogliere chi non merita, i furbi e i parassiti non è un atto caritatevole ma un'azione vergognosa nei confronti dei veri bisognosi del mondo e degli italiani altrettanto bisognosi;

si dica forte e chiaro che accogliere senza la possibilità di offrire un'esistenza dignitosa e responsabile con un lavoro vero e una prospettiva di futuro non è buona accoglienza ma un gesto irresponsabile che si ritorcerà contro le nostre genti e l'Europa;

si aggiunga che le guerre del mondo islamico sono prevalentemente un prodotto interno al loro mondo e che solo marginalmente vi sono responsabilità occidentali: americane ed europee e che è criminale accogliere indiscriminatamente rifugiati e presunti rifugiati islamici che ci odiano, ci disprezzano, ci uccidono e che ci vogliono sottomettere con la violenza;

ai terroristi arabo islamico palestinesi e a quelli dell'IS noi non dobbiamo proprio nulla e accogliere questa gente è portarsi la morte in casa, un crimine contro i popoli europei;

infine santificare il terrorista criminale Maometto e la sua dottrina e pratica politico religiosa del terrore e dell'orrore è una bestemmia e un tradimento della civiltà cristiana ed europea.

No prete la tua carità e la tua interreligiosità indiscriminate sono la nostra rovina, falla per conto tuo e non con le nostre risorse, vai e trasferisciti nel mondo islamico e in Africa e che Allah di protegga.
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » sab apr 23, 2016 8:24 am

Chiedo scusa, ma non capisco
di Rino Cammilleri
20-04-2016

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-chi ... =hootsuite

Caro direttore,

Tutti mi sono testimoni che finora, su questo Papa, sono stato zitto. Molte erano le cose che, onestamente, non mi quadravano nel suo agire, ma mi sono sempre detto: il Papa è lui, e chi sono io per giudicare? Ma sabato al telegiornale ho visto la scena straziante di un cattolico pachistano in lacrime, col cuore spezzato e la schiena pure a furia di stare genuflesso ai piedi del papa: un poveraccio che non sapeva se ridere per la gioia inaspettata o piangere per la disperazione. Ripeto: un cattolico, e pachistano.

Ed è inutile qui ribadire quel che sanno tutti sulla situazione del posto da cui scappa. Poi lo stesso tiggì mi comunica che il Papa, sul suo aereo, s’è imbarcato tre famiglie musulmane, in nome e per conto della solita Sant’Egidio. Musulmane. A chi gli ha fatto notare l’incongruenza (e non ci voleva certo un kattolico come me per accorgersene) ha risposto che: a) è stato lo Spirito Santo a ispirarlo, b) quei dodici musulmani avevano le carte in regola. Gli unici, a quanto pare, su decine di migliaia di «profughi». Uno dei quali, lungamente intervistato dallo stesso tiggì, era un nero della Sierra Leone. Profugo pure lui? E da quale guerra scappava, da quella all’Ebola?

Bene, spenta la tivù, mi sono arrampicato sugli specchi per cercare una pezza di giustificazione. Mi sono detto: vorrà apparire imparziale, far vedere che il papa è padre di tutti; magari, se avesse imbarcato solo cattolici, gli altri cristiani e pure i musulmani avrebbero potuto accusarlo di faziosità. Ma poi mi sono replicato: il papa è padre non di tutti ma dei cattolici. E se un cattolico viene posposto dal Papa a un musulmano, allora chiunque può pensare che per il papa una religione vale l’altra (questo è il «messaggio» che parte, non un altro), meglio essere musulmani che cattolici, perché Maometto difende i suoi figli, Cristo (di cui il Papa è vicario) no.

Nella stessa linea del «messaggio» lanciato con le contorsioni sinodali sulla comunione ai divorziati: non vale la pena di rispettare le regole, basta aspettare la prima sanatoria (come nell’edilizia abusiva). Siamo in una società liquida, perciò anche la religione si adegua.

Perdono, ma ciò è quanto, a questo punto, ho capito io. E, poiché faccio il saggista e giornalista cattolico da trent’anni, se questo è quel che ho capito io figuriamoci gli altri. Ora, è vero che il Papa è lui e chi sono io per giudicare, ma poiché non ci capisco più niente non so a chi altro chiedere. Chiedo scusa se il mio tono è franco e poco reverente, ma papa Bergoglio, mi pare, non ama i salamelecchi reverenziali né il bacio alla sacra pantofola, perciò ne approfitto e mi adeguo. Detto questo, ritorno nel mio guscio.

Auguri ai dodici musulmani che, al posto del gommone, hanno avuto la fortuna dell’aereo pontificio. Altri dodici musulmani in Italia. A Roma troveranno pure la più grande moschea d’Europa. Nel Pater noi cristiani preghiamo «non ci indurre in tentazione», ebbene, vedendo quanto siano rispettati, coccolati, temuti, riveriti e favoriti, pure dal Papa, i musulmani, e quanto siano sputati, derisi e vessati i cattolici, uno potrebbe cominciare a pensare che, in fondo, se «il nome di Dio è misericordia», guarda un po’, si tratta di uno dei novantanove nomi di Allah. Dunque…
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » sab mag 07, 2016 7:49 pm

Papa Francesco: basta portare via 12 profughi per insegnare l'accoglienza?
di Leonardo Stiz
2016/05/07

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05 ... za/2702902

Il Papa è sì la guida spirituale della religione monoteista con il maggior numero di fedeli al mondo, ma è anche il Sovrano di una “monarchia assoluta”, ovvero Città del Vaticano. Nello scacchiere geopolitico, il Pontefice gode di una notevole libertà, e gli effetti delle sue azioni hanno un’eco che spesso non ha pari con conseguenze a cui è necessario prestare attenzione.

Lo Stato di Città del Vaticano nacque con la firma dei Patti Lateranensi nel 1929 per restituire sovranità territoriale alla Santa Sede dopo la scomparsa del potere temporale della Chiesa e dello Stato Pontificio.

È riconosciuto pressoché da tutti i Paesi del mondo, intrattiene relazioni diplomatiche con 180 Stati, ed è presente come osservatore in tutte le maggiori organizzazioni internazionali. Jorge Mario Bergoglio è quindi a tutti gli effetti, un Capo di Stato, ma non un Capo di Stato qualunque.

Il suo ruolo di suprema autorità religiosa della Chiesa Cattolica e Vicario di Cristo, a capo della religione monoteista col maggior numero di fedeli al mondo, gli conferisce un’autorevolezza transnazionale che non ha pari rispetto a quella di qualsiasi altro leader mondiale.

Se ciò non reca fastidio alcuno sul piano politico interno – il potere temporale del Papa e la sovranità della Santa Sede oggi sono circoscritti ad un territorio di 0,44 km quadrati con meno di mille abitanti – sul piano internazionale tale fattore genera effetti non indifferenti, tali da renderlo un attore geopolitico molto influente. Ma se da un grande potere deriva una grande responsabilità, va da sé che questo vada gestito con estrema cautela.

La decisione del Papa di portare con sé in Vaticano 12 profughi dall’isola di Lesbo, dove era in visita assieme al Patriarca Bartolomeo (che non ne ha preso nessuno), ha fatto scalpore. È vero, il tema dei migranti e dell’accoglienza è particolarmente caro a Bergoglio, che per il suo primo viaggio istituzionale aveva scelto l’isola di Lampedusa. In quell’occasione però nessun messaggio d’accoglienza si era concretizzato in un’azione diretta di “prelevamento” di alcuni rifugiati sotto gli occhi del mondo intero.

Certo si è trattato di un gesto simbolico, che tuttavia lascia pericolosamente intendere che la gestione dell’accoglienza di persone in fuga dipenda in buona parte dalla bontà d’animo dei decisori. Peccato che ciò sia fuorviante, poiché rischia di generare con impropria approssimazione, un’indicazione su chi siano i buoni e chi i cattivi. E anche se al momento, gli Stati nazione, sembrano i cattivi (lontani anni luce dal capire che una gestione coordinata del fenomeno migratorio basterebbe a limitare il problema), la verità è che non lo sono, perché seppur con risultati opinabili, stanno cercando di far fronte a questa emergenza superando tutta una serie di ostacoli che Papa Francesco non ha. Difatti come sovrano di una “Monarchia assoluta”, non deve fare i conti né con l’opinione pubblica né con il travagliato percorso politico interno tipico degli Stati democratici. Il Pontefice gioca da battitore libero, lanciando messaggi “d’accoglienza” a cui non dovrà rispondere. Il gesto simbolico del papa, inoltre, potrebbe trasformarsi in un ulteriore problema proprio per l’Italia che potrebbe subire le ricadute del suo messaggio d’accoglienza, trovandosi a gestire numeri ancora maggiori di migranti che, sempre più attratti dal Bel Paese, potrebbero raggiungere le sue coste in risposta al gesto di Bergoglio.

Portare 12 profughi a Roma (dove sono ospitati dalla Comunità di Sant’Egidio a carico del Vaticano) facendoli salire a sorpresa sull’aereo del Papa, sebbene sia un gesto encomiabile dal punto di vista umano, risulta sconsiderato per l’impressione che può generare su di un tema cruciale e complesso come le migrazioni. Questo anche – in minima parte – nei confronti dei migranti stessi, che versano in una condizione di incertezza e disinformazione.

Ci si potrebbe chiedere quale sia stato il criterio di scelta adottato da Bergoglio: “Si tratta di persone già richiedenti asilo per motivi umanitari” spiega Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di S. Egidio, “perché fuggono dalla guerra in Siria e vivono in situazione di vulnerabilità. E questo il criterio di selezione, la vulnerabilità. Una famiglia, infatti, ha i genitori più avanti con gli anni, che avrebbero difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro. Un’altra invece ha un bambino traumatizzato dalle conseguenze del conflitto che ha vissuto. Sono persone con nomi e storie, come dice papa Francesco, ed è un fatto importantissimo”. A ben pensarci, in realtà, la vulnerabilità dovuta ai traumi da conflitto e alle difficoltà di reinserimento è uno status che si addice a tutti i profughi per definizione, e non un criterio per selezionarne solo alcuni. Tale parametro andrebbe infatti spiegato anche a chi non è stato oggetto della grazia del Pontefice, cioè a chi in quel campo profughi ci è rimasto; sempre che non sia stato rispedito in Turchia (pochi giorni dopo la visita del Papa al campo di Moira, sull’isola di Lesbo, è difatti esplosa una rivolta).



Migranti, Calderoli (Lega): il Papa fa politica. Tolgo la sua foto dal mio ufficio
Venerdì, 6 maggio 2016

http://www.affaritaliani.it/politica/ca ... 20915.html

"Io non eleggo il Papa, esprimo però un mio gradimento. Ho nel mio ufficio, in Via Bellerio, la foto con papa Bergoglio e ho deciso che la toglierò perché l'ultima cosa che mi aspetto da un Pontefice è che faccia politica". Roberto Calderoli, vice-presidente del Senato ed esponente della Lega Nord, intervistato da Affaritaliani.it, commenta le parole di Papa Francesco durante il discorso in occasione della consegna del premio Carlo Magno. "Ero rimasto entusiasta all'inizo di questo Papa", afferma Calderoli, "lo avevo conosciuto e avevo messo la sua foto nel mio ufficio. Ricordo che quando mi ha stretto la mano lo fece in maniera non formale e istituzionale e percepii una persona molto vicina. Non credevo che bastasse poco perché anche lo Stato del Vaticano si mettesse a pensare non solo allo spirito ma anche agli spiriti", afferma ironicamente Calderoli.

"Migrare non è un delitto, però se uno migra deve avere il passaporto o, nel caso, un visto perché diversamente si torna a casa", spiega il vice-presidente del Senato commentando le affermazioni del Pontefice. "Ammesso che un migrante non sappia la procedura che serve per entrare in un Paese, o torna a casa spontaneamente o a qualunque frontiera di tutto il mondo viene respinto e rimandato da dove è venuto. Nel caso poi volesse proseguire comunque viene arrestato e mi auguro sconti la pena nel suo paese d'origine. Queste sono leggi che ciascuno stato ha e devono essere rispettate. Diversamente, se non vengono rispettate, una persona è destinata a rubare o ad ammazzare. Ricordo al Papa - afferma Calderoli - che non ha ancora modificato la regola per cui per entrare nello Stato del Vaticano o si hanno i documenti in regola o si viene respinti o arrestati. Prima di fare proclami al mondo, papa Bergoglio inizi a modificare le regole del suo stato".

Insomma, in questo modo Francesco alimenta l'immigrazione clandestina... "Non è questo il primo intervento del Pontefice in tal senso. E' una serie continua di messaggi lanciati da lui e da tanti premier europei che, con il principio della non punibilità e dell'accoglienza, invitano di fatto a far partire la gente", conclude il vice-presidente del Senato.




Il Papa accusa l'Europa: «Apra le porte ai migranti»
Bergoglio lancia l'ennesimo monito al Vecchio Continente Ma non è possibile accogliere chi non desidera essere integrato
Riccardo Pelliccetti - Sab, 07/05/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 55547.html

E ci mancava pure il Papa. Con tutto il rispetto per Sua Santità e con tutto l'amore che si possa avere per il prossimo, non concordiamo sul fatto che l'Europa debba essere accogliente, debba spalancare le porte indiscriminatamente a chi fugge dal proprio Paese. Va bene la solidarietà, va bene assistere il profugo che scappa da un sanguinoso conflitto, però non è accettabile accogliere chi non ha alcuna intenzione di integrarsi ma, anzi, vuole imporre in casa d'altri la sua religione, la sua cultura, i suoi usi e costumi.

D'accordo, il Pontefice fa il suo mestiere e non potrebbe proferire discorsi diversi da quelli che fa, ma sarebbe corretto anche guardare la realtà sociale e gli sconvolgimenti che sta portando questa immigrazione di massa. Insomma, il «sogno» del Papa è quello di «un'Europa giovane, capace di essere ancora madre», che «rispetta la vita e offre speranze di vita», che «si prende cura del bambino, soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo». In poche parole un'Europa «in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito a un maggior impegno con la dignità di tutto l'essere umano». Noi crediamo che anche gli europei debbano avere dignità, debbano credere che il proprio Paese sia loro vicino e investa per loro come per chi arriva, se non di più. Non è pensabile che chi vive oggi con una pensione sociale o anche meno finisca in coda alle graduatorie per ottenere un alloggio popolare. Non accettabile che ogni cooperativa o associazione religiosa riceva oltre 1.000 euro al mese dallo Stato per assistere un immigrato. Non è corretto che gli italiani debbano pagare ticket sanitari, spese scolastiche, sborsare denaro che non hanno per assistere i parenti anziani o con qualche disabilità mentre per chi arriva nel nostro Paese, sia profugo o migrante, sia tutto gratuito. È un'ingiustizia sociale. Ed è ancora più ingiustizia quando i soloni del buonismo cercano di spiegarci che gli italiani, gli europei possono anche dormire in auto se non hanno una casa e un lavoro. Nessuno spiega invece perché lo Stato deve garantire più diritti agli stranieri che ai suoi cittadini. In nome di cosa e di quale principio? La carità, la compassione, l'accoglienza? Certo, valori sacrosanti finché non recano grave danno ad altri che sono già in stato di bisogno.

Bergoglio ne è consapevole, ma il suo è un appello universale, poi sta ai capi di Stato e di governo cercare di affrontare l'emergenza, sia esterna sia interna, senza discriminazioni, non solo nei confronti dei migranti ma anche dei cittadini europei. Il Papa ha un grande sogno e lo ha espresso chiaramente ieri, toccando le corde delle emozioni nei capi di Stato e nei vertici Ue, presenti ieri tra i 500 della Sala Regia in Vaticano. Nel suo «sogno di un nuovo umanesimo europeo» c'è un vero e proprio manifesto per la rifondazione dell'Unione europea nel segno della famiglia, dei giovani, dei diritti, ma soprattutto dell'integrazione. «L'identità europea è ed è sempre stata un'identità dinamica e multiculturale», ha detto il Pontefice. Naturalmente i presenti hanno apprezzato e lodato in toto il discorso papale. Dal presidente dell'Europarlamento Martin Schulz a quello della Commissione Ue Jean-Claude Juncker fino al leader del Consiglio europeo Donald Tusk. La parola d'ordine è, come sempre, favorire l'integrazione. Ma è possibile farlo con chi non ha alcuna intenzione di integrarsi?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa roman, ła cexa catołega e i migranti

Messaggioda Berto » dom mag 08, 2016 4:18 am

Vargognate Françesco a dir ła buxia granda kel Coran lè on livro de paxe, vargognate Françesco, vargognate!
http://video.repubblica.it/dossier/il-n ... 105/183968

L'Islam non è una religione di pace (ITALIANO)
https://www.youtube.com/watch?v=43GApzUQbWQ

Forte critica all'islam (ex musulmana)
https://www.youtube.com/watch?v=7a6lDbwWj8Y

Islam è religione di guerra e violenza non di pace
viewtopic.php?f=188&t=2024

Criminałi e iresponsabiłi defensori de l'Ixlam come fede o dotrina e ideołoja połedego rełijoxa
viewtopic.php?f=188&t=2263

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Arabia.jpg
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