Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi

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Messaggioda Berto » lun ago 31, 2015 7:35 pm

Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi
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Espulsioni e fughe dai paradisi islamici
https://www.facebook.com/groups/altridi ... 0009869677
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Re: Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi

Messaggioda Berto » lun ago 31, 2015 7:36 pm

L’Arabia Saudita espelle 4 milioni di immigrati
11.11.2013

http://www.pressenza.com/it/2013/11/lar ... taliano%29

Dopo aver concesso sei mesi di tempo a 8 milioni di lavoratori immigrati per regolarizzare la loro posizione, l’Arabia Saudita ha deciso di espellere tutti quelli che non avevano avuto il tempo di soddisfare i requisiti amministrativi: 4 milioni di persone, principalmente di origine africana, indiana o dello Yemen.
In una settimana, centinaia di migliaia di lavoratori immigrati hanno lasciato il paese. I tumulti scoppiati nel quartiere povero di Riyadh hanno causato almeno due morti e 68 feriti gravi. La polizia ha arrestato 561 stranieri, mentre sauditi armati di mazze da baseball, linciavano degli etiopi.
Domenica mattina, centinaia di lavoratori immigrati hanno preferito consegnarsi alla polizia piuttosto che rischiare di essere assassinati.
Oltre a una pesante multa, i lavoratori irregolari rischiano 2 anni di prigione.
Per placare le tensioni, il ministro del lavoro ha annunciato che l’amministrazione avrebbe accettato i documenti, anche se giunti in ritardo; per la maggior parte degli immigrati però è impossibile recuperare i documenti necessari.
L’economia saudita è completamente paralizzata a causa di questa espulsione di massa.
Il governo ritiene che grazie all’adozione di questa misura si libereranno dei posti di lavoro per i sauditi, anche se è improbabile che i sudditi del re Abdallah accetteranno di raccogliere i rifiuti o di costruire strade.
Preoccupata per la loro sicurezza, l’Etiopia ha annunciato l’intenzione di facilitare il rientro di duecentomila donne di servizio.
Secondo quanto dichiarato dall’ONU, lo Yemen, già molto instabile, non potrà sopportare il ritorno di 400.000 persone.
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Re: Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi

Messaggioda Berto » ven set 11, 2015 7:11 am

Isis, anatema ai migranti: «Scappare in Europa è peccato»
Giovedì 10 Settembre 2015

http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/E ... 9458.shtml

La foto che campeggia è quella di Aylan, il piccolo profugo siriano morto su una spiaggia turca. L'immagine shock, diventata il simbolo della tragedia delle migrazioni, campeggia nell'ultimo anatema lanciato dai jihadisti dello Stato Islamico, rivolto questa volta ai musulmani-migranti che abbandonato le terre dell'Islam per recarsi in Occidente.

In un "articolo" dal titolo "Il pericolo di abbandonare le terre dell'Islam", scritto con il tipico linguaggio retorico che li contraddistingue e pubblicato nell'ultima edizione della loro rivista in lingua inglese Dabiq, i tagliagole del Califfo avvertono dei pericoli che i musulmani troveranno in Europa, «terre dei miscredenti».

Chi decide «volontariamente di abbandonare Darul-Islam (la casa dell'Islam) per recarsi nelle terre degli infedeli compie un grave e pericoloso peccato e mette a rischio la vita e le anime dei figli», avvertono i jihadisti. «Purtroppo alcuni siriani e libici sono disposti a rischiare la vita e le anime di chi hanno la responsabilità di crescere secondo la Sharia - i loro figli - e durante il viaggio pericoloso verso le terre dei crociati, che sono governate dalle leggi dell'ateismo e dell'indecenza, sacrificano molti di loro».

Poi arriva l'elenco dei pericoli che si rischia di correre vivendo tra gli infedeli. In Occidente «vi troverete sotto la minaccia della fornicazione, della sodomia, della droga e dell'alcol». «Abbandonare il Califfato apre la porta all'abbandono dell'Islam da parte dei nostri figli e nipoti per il cristianesimo, l'ateismo o il liberalismo», proseguono i fanatici, che poi avvertono: «se non doveste cadere nel peccato» rischierete di «dimenticare il linguaggio del Corano - Arabo - e il ritorno alla religione e agli insegnamenti sarà molto difficile». Un messaggio di avvertimento ai disperati in fuga, mirato a toccare le loro coscienze, e che sfrutta, senza esitazione alcuna, anche la tragedia del piccolo Aylan.
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Re: Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi

Messaggioda Berto » dom apr 24, 2016 1:44 pm

Vivere (e lavorare) in schiavitù a Dubai. Storia di Harriet
aprile 24, 2016 Leone Grotti
Ecco cosa devono subire i milioni di immigrati che lavorano in Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. «Nel mio giorno libero piangevo, ero felice di avere quella possibilità»

http://www.tempi.it/vivere-e-lavorare-s ... ia-harriet

Harriet è nata in Uganda, ha 25 anni e un buon curriculum. Ma poiché a Kampala non è riuscita a trovare lavoro per un anno, ha deciso di tentare la fortuna a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove 7,8 milioni di persone su 9,2 sono lavoratori stranieri. Una compagnia di assunzioni l’ha contattata per pulire gli aerei all’aeroporto internazionale di Dubai e lei ha accettato. Così è cominciato il suo incubo.

STATI SCHIAVISTI. La sua storia, insieme a quella di tante altre persone come lei ridotte a schiave nei paesi arabi, è raccontata nel libro di prossima uscita: Slave States. The practice of Kafala in the Gulf Arab Region (Stati schiavisti. La pratica della kafala nel Golfo arabo). Le storie sono state raccolte dal giornalista ugandese Yasin Kakande, che ha scritto per oltre dieci anni dal Medio Oriente.

PAGARE PER LAVORARE. Harriet ha firmato un contratto per due anni, a 800 dirham (192 euro) al mese, ma le prospettive di guadagno fin da subito si sono mostrate in salita. Infatti, in cambio del privilegio del lavoro, ha dovuto pagare un pizzo di 2.400 dirham, pari a tre mesi di salario. Dopo sei mesi, le braccia e il volto le si sono ricoperti di sfoghi e irritazioni a causa di un detergente, il Bacoban, dannoso per la pelle. Dopo essersi lamentata con i suoi superiori, è stata subito portata in ospedale e curata.

CURE A PAGAMENTO. Solo a fine mese ha scoperto che le cure erano a suo carico e così, su 800 dirham pattuiti, ne ha ricevuti solo 200. Harriet avrebbe voluto tornare all’ospedale nei mesi successivi, dal momento che le irritazioni peggioravano, ma il suo datore di lavoro l’ha avvisata che se avesse lavorato meno delle ore pattuite, sarebbero scattate delle penalità. Non poteva permetterselo.

VIETATO BERE. In generale, interrompere il lavoro era proibito: non ci si poteva fermare né per mangiare, né per bere un bicchiere d’acqua. Un collega della ragazza, proveniente dal Kenya, un giorno è svenuto al pomeriggio per il caldo dentro l’aeroplano: l’aria condizionata non funzionava e lui non aveva mai potuto fermarsi per bere dal mattino. Molti rubavano delle bottigliette d’acqua all’interno degli aeroplani, con il terrore di essere scoperti.

ABUSI SESSUALI. Ogni volta che si chinava a terra, uno dei superiori di Harriet si allungava su di lei toccandole il fondoschiena con le natiche o con le parti basse. Se si lamentava per quel trattamento, quelli rispondevano: «Scusami, è la posizione della banana». Tutte le sue colleghe venivano trattate allo stesso modo e chi denunciava ufficialmente un caso veniva «accusata di essere una prostituta».

COSTRETTE A PROSTITUIRSI. In effetti, molte sue colleghe finivano per prostituirsi perché non avevano altra scelta. Lo stipendio, già di per sé misero, a volte non bastava neanche per mangiare. Nei miserabili container o logori appartamenti in cui venivano alloggiate le lavoratrici era vietato cucinare. Così si era costretti a comprare il cibo fuori. La stessa cosa valeva per i vestiti: bisognava per forza recarsi alle lavatrici automatiche. Solo per pulire l’uniforme (ed era obbligatorio), bisognava pagare quattro dirham.

CUCINARE DI NASCOSTO. Per sopravvivere, era indispensabile violare le regole, facendosi da mangiare all’aperto. Ma di nascosto e a notte fonda, per timore di essere scoperti. Al di fuori del suo complesso, costruito per sole donne, era in realtà pieno di uomini che gridavano perché uscissero in strada. Molte donne lo facevano, non per fare conoscenza, ma per prostituirsi e raggranellare qualche soldo in più. Molte si rifiutavano e finivano per essere stuprate anche solo nel breve tragitto dagli appartamenti al ristorante.

KAFALA. Dopo neanche un anno, Harriet ha deciso di cambiare lavoro, inviando a diverse aziende il suo curriculum. Tutte le risposte dicevano la stessa cosa: abbiamo bisogno che il tuo datore di lavoro dia il consenso. Stupita, chiese all’ufficio risorse umane della sua impresa di che cosa si trattava. E quelli le risposero che non poteva cambiare lavoro fino alla scadenza del contratto e che se l’avesse fatto, sarebbe stata cacciata dal paese. Il sistema chiamato kafala prevede appunto che il datore di lavoro possa disporre a piacimento del dipendente.

«FELICE DI PIANGERE». Fortunatamente, Harriet è riuscita a convincerlo e ora è impiegata in un negozio di cosmetici di Dubai. Anche qui deve affrontare molte difficoltà, ma è nulla rispetto a prima. Parlando con l’autore del libro, ricorda il suo primo lavoro: «Considero ancora quei due anni passati a pulire gli aerei come la peggiore esperienza della mia vita». In realtà, c’era una sola cosa che le dava sollievo. Il giorno libero: era una dei pochi lavoratori ad averlo. «Passavo tutto quel giorno a letto a piangere. Ero davvero felice di avere la possibilità di piangere in privato. Solo questo mi impediva di crollare in pubblico».
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Re: Xente parà via e ke scapa dai paradixi xlameghi

Messaggioda Berto » dom apr 24, 2016 1:46 pm

Łi s-ciavi de łi xlameghi, de łi arabi, de łi turki
viewtopic.php?f=149&t=1336
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