Altri dixocupai (dixocupà en Ouropa e ente ła Tałia)

Re: Altri dixocupai (dixocupà en Ouropa e ente ła Tałia)

Messaggioda Berto » sab dic 02, 2017 7:47 am

Immigrazione, lo studio che ci condanna: quanti lavoratori perdono il posto ogni 100 immigrati in più
30 Novembre 2017
di Michele Zaccardi

http://www.liberoquotidiano.it/news/lav ... toni-.html

Gli argomenti economici a favore dell' immigrazione si stanno sgretolando.
La teoria neoclassica, per la quale vale l' equazione immigrazione-crescita, non sembra reggere bene ad un confronto con i dati scientifici. Così almeno la pensa Robert Rowthorn, economista dell' Università di Cambridge, che nel paper «The costs and benefits of large-scale immigration», analizza nel dettaglio l' impatto dei flussi migratori nel Regno Unito sul mercato del lavoro. Secondo gli economisti standard un afflusso netto di immigrati, aumentando la quantità della forza lavoro, contribuisce alla riduzione dei prezzi e, quindi, dei salari. Dopo un certo periodo di tempo, l' aumento dei profitti spinge le imprese ad investire in nuova capacità produttiva, accrescendo la domanda di lavoro e riportando i salari al livello iniziale, con un aumento di ricchezza per tutto il Paese. Questo approccio, però, non è coerente con la realtà.
I salari, infatti, sono rigidi verso il basso: è molto difficile fare accettare a un lavoratore una riduzione dello stipendio.
Inoltre, per alcune imprese è più conveniente assumere immigrati che residenti, dal momento che i primi non sono sindacalizzati e perciò disposti ad accettare compensi più bassi. Si determina così un effetto di sostituzione tra autoctoni e migranti. Effetto che riguarda soprattutto i lavoratori meno qualificati, che vengono espulsi dal mercato del lavoro nella classica guerra tra poveri. La riduzione dei salari a livello complessivo non è significativa. Almeno nel Regno Unito, che importa molti lavoratori qualificati che contribuiscono a migliorare il reddito medio. A differenza degli Stati Uniti, dove i salari sono più flessibili e la pressione al ribasso è più elevata, negli Stati europei le tensioni si scaricano principalmente sul tasso di occupazione delle popolazioni residenti, che si riduce a vantaggio degli immigrati. I benefici per gli autoctoni, sostenuti dalla teoria classica, si avrebbero soltanto in caso di forte crescita economica. Quando la crescita non c' è, lo scenario cambia. Tra il primo trimestre del 2008 e il primo del 2010, in piena recessione, 700mila cittadini inglesi hanno perso il lavoro, mentre il numero di lavoratori stranieri è rimasto invariato.
Rowthorn cita uno studio che evidenzia come un incremento di un punto percentuale del rapporto tra numero di immigrati e popolazione locale determini un aumento del tasso di disoccupazione compreso tra lo 0,23 e lo 0,6%.
Mentre il Migration Advisory Committee stima che tra il 1995 e il 2010 nel Regno Unito, a ogni aumento di 100 immigrati provenienti da Paesi al di fuori dell' Unione europea in età da lavoro, sia corrisposta una riduzione di 23 cittadini inglesi occupati. Fenomeno confermato anche dall' Ocse, secondo cui un incremento dell' occupazione di stranieri farebbe crescere la disoccupazione dei residenti per un periodo compreso tra i 5 e i 10 anni.
Insomma, se i costi nel breve periodo, in termini di riduzione dei salari e di aumento del tasso di disoccupazione, sono certi, i benefici nel lungo periodo dipendono dalla capacità degli stranieri di integrarsi nel mercato del lavoro, e dal loro livello retributivo.
Ma per assicurare una crescita economica sufficiente a far crescere l' occupazione, è necessario un afflusso costante e massiccio di immigrati, fatto che di per sé impedisce il riequilibrio del mercato del lavoro. In altri termini, i nuovi posti di lavoro creati dall' immigrazione saranno sempre troppo pochi rispetto al numero di disoccupati.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Altri dixocupai (dixocupà en Ouropa e ente ła Tałia)

Messaggioda Berto » mer feb 28, 2018 7:04 pm

«Migranti vitali per la nostra demografia»
Serena Uccello
2018-02-22

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEGMNE5D

«Cosa serve ai giovani affinché possano essere pienamente artefici del proprio futuro e dello sviluppo dei luoghi ai quali appartengono?». La domanda è un sfida ed è la sfida rispetto alla quale si misurerà la capacità del nostro Paese e, in particolare del Mezzogiorno, di trasformare i primi, ma timidi, segnali di ripresa in recupero strutturato, solida ricchezza. Giovani e Mezzogiorno dunque: le due fragilità strettamente intrecciate senza la cui risoluzione non c'è sviluppo.

Lo dice chiaramente il volume dal titolo “Sussidarietà e ...giovani al Sud. Rapporto sulla sussidarietà 2017/2018”, curato da Alberto Brugnoli e Paola Garrone ed edito dalla Fondazione per la Sussidiarietà, che per la prima volta tenta di analizzare le due grandi “questioni” superando il piagnisteo dei numeri (sono circa 716mila gli uomini e le donne che negli ultimi quindici anni hanno lasciato definitivamente le regioni del Sud) e, soprattutto, tracciando soluzioni, prospettive, idee.

La fuga di 200mila laureati al Nord, così il Sud ha perso 30 miliardi

A cominciare dal ruolo dei migranti, che qui diventa cruciale. Perché viene spiegato «il movimento della popolazione italiana negli ultimi due anni mette in evidenza come l’apporto della componente straniera sia, in questo momento storico, di vitale importanza per la tenuta della dimensione demografica della penisola». Fondamentale sarà allora che il Mezzogiorno recuperi quella centralità nel Mediterraneo che gli ha assegnato la storia ed oggi la geopolitica. «Il Mezzogiorno - si legge - d’Italia rischia di pagare il peso organizzativo ed economico del salvataggio e della prima accoglienza dei migranti, senza veder poi arricchire il proprio patrimonio demografico e, soprattutto, il proprio capitale umano in termini di giovani stranieri che si integrano produttivamente nel tessuto sociale ed economico del territorio. Il vero problema, quindi, è rappresentato dalla incapacità nel rendere attrattive ai migranti anche le aree più svantaggiate del Paese, creando un continuum di integrazione...».

«Resto al Sud», fino a 200mila euro per imprese giovani

La prospettiva del testo è originale: la ferita, prima ancora che economica, è demografica e motivazionale. Che non vuol dire che i giovani del Sud, viene ben raccontato, manchino di motivazione personali, di energie, di progetti tutt'altro; mancano piuttosto di formazione di qualità e fiducia nel contesto in cui sono costretti a muoversi. Sfiduciati in particolari da quelle patologie strutturali che i padri non hanno saputo risolvere (criminalità, corruzione, assenza di meritocrazia). Ed allora serve «un patto intergenerazionale senza la quale i giovani continueranno a dover pagare per i privilegi acquisiti dalle generazioni che li hanno preceduti, in anni per loro già abbastanza critici».


IL RISCHIO MAGGIORE È LA MARGINALIZZAZIONE NEL PROCESSO DI UN «CAPITALE ADEGUATO»

Il quadro è quello di un Sud sempre più povero di giovani e con i giovani che restano sempre più inadaguati dal punto di vista delle compentenze. Limite, quello del formazione, che peraltro colpisce in egual modo anche i giovani del Centro Nord: «Per quanto riguarda l’istruzione «l’Italia è l’unico Paese che ha disinvestito (-13,7%) passando dai 7.132 euro per studente nel 2001 a 6.157 nel 2011». L'analisi infatti del sistema universitario non salva nessun ateneo, ma nel caso delle agenzie formative meridionali è senza scampo. Un dato tra tutti ne dà la misura: il numero di accordi internazionali siglati dalle università del Mezzogiorno. Su un totale di 5.185 accordi firmati tra il 2012 e il 2016, il totale delle intese raggiunte al Sud è pari a 1.114. Basti pensare che i soli atenei laziali ne portano a casa 956, seguiti da quelli lombardi con 871 accordi.

«Un primo contributo centrale di questo rapporto è dunque l’invito a guardare il Sud, riconoscendone le caratteristiche e scoprendo il ruolo unico che può ricoprire. L’Italia, ben prima del tema del federalismo fiscale, deve affrontare quello del federalismo culturale, accettando percorsi di sviluppo autonomi e rinunciando a pensare nello stesso modo a Palermo e a Torino».


Alberto Pento
ottimo articolo solo nella critica alleresponsabilità deui cittadini meridionali sull'arretratezza ed il sottosviluppo del sud ma quante demenzialità sui migranti e sulle politiche assistenziali al meridione:
1) la centralità mediterranea del sud Italia, un mito assurdo insensato;
2) la demografia da innalzare con i migranti attraverso finanziamenti a spese dei contribuenti italiani e dei milioni di disoccupati, poveri e bisognosi italiani, un'assurdità criminale;
3) finanziamento parassitario del sud a spese del nord produttivo a spese dei cittadini, dei lavoratori e dei disoccupati del nord un'altra demenzialità criminale;



Non si confondano gli stranieri (per lo più europei e cristiani) regolari e legali residenti che lavorano, che rispettano la terra e la gente che li ospiata, con i "migranti invasori" clandestini, irregolari, illegali e i profughi o i finti profughi nazi-maomettani afro-asiatici che continuano ad arrivare e ad invaderci che non lavorano e non possono lavorare perché il lavoro non c'è, che vivono alle nostre spalle e che delinquono, che stuprano, rubano, rapinano, spacciano, ci minacciano e progettano attentati terroristici.
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