Re: Pan, panis, panico: bioto-(blauts-bloss), bina e bi
Inviato: sab lug 26, 2014 2:31 pm
Forno del "pan venale"
http://web.tiscalinet.it/AVVENTURA/Rumi ... istici.htm
La definizione, di epoca pontifìcia, sta per pane a pagamento; qui il panicocolo (fornaio) lo faceva e lo vendeva, dandone da vendere anche allo spaccio del pan venale e il tutto era regolato dal Comune. La sua costruzione nel sotterraneo del duecentesco palazzo comunale è ordinata da una rubrica della Riformanza del 22 settembre 1406: Construantur duo forni prò comune foxati [...] acti ad quoquendum panem e l'altro dei due - quello più grande dalla lunga e stupenda volta a botte in pietra, separato da un muro da questo più piccolo - ha l'ingresso dalla parte opposta del palazzo. Nel Duecento e Trecento, non esistendo questi due forni, il pane si faceva in altri locali del castello o dello stesso palazzo comunale, nei quali il panifacola (fornaio) operava sotto le direttive di due massari! eletti in consiglio comunale, che curavano in particolare Xasseptum panis secundum valorem grani (rubrica CXLIX degli Statuti); ma naturalmente era possibile cuocere il pane anche sul focolare di casa propria. Capitoli del Conduttor del Forno di fìne '600 stabiliscono regole come il divieto alle donne di sferruzzar lana nel forno, come l'obbligo per il fornaio di ben cuocere il pane, di non allontanarsi dal forno durante la cottura, di non serrare la porta della stanza, di cuocere pan di grano e di non mischiarlo con il pan cattivo, di regalare al Commissario una soma di fascine o legno di Carnevale et un altra di Natale', contengono inoltre la distinzione tra il Forno del pan venale, che appunto fa il pane e lo vende, ed il Forno dei Particolari, quello più grande, che cuoce il pane che le massaie portano da casa (entrambi vengono dati in affìtto dal Comune una volta all'anno e per un anno).
Il Forno del pan venale è stato in funzione fino agli anni della prima guerra mondiale e l'altro fino al 1953, cioè fino alla morte dell'ultimo fornaio fossatano che lo gestiva, Mariano Merollini. Fino a questa data le famiglie andavano a macinar grano al molino e le massaie facevano il pane in casa, avvertite da Mariano circa l'ora in cui dovevano portare il pane al forno, per turni di cottura che cominciavano anche alle due di notte e si protraevano fino a mezzogiorno; era sempre Mariano che andava di notte per il pane a dare la sveglia a qualcuna, a riscaldare il forno con legna propria, a pagare al Comune una cinquantina di lire all'anno per l'affìtto del forno, a riscuotere dalle massaie il fomatico, fatto ora di centesimi per ogni fila di pane che era stata cotta, ora di un po' di pane di quello cotto, quando dalle saccocce non saltava fuori neanche un centesimo.
Quando il pane usciva dal forno, il suo profumo si sentiva per tutto il paese.
http://web.tiscalinet.it/AVVENTURA/Rumi ... istici.htm
La definizione, di epoca pontifìcia, sta per pane a pagamento; qui il panicocolo (fornaio) lo faceva e lo vendeva, dandone da vendere anche allo spaccio del pan venale e il tutto era regolato dal Comune. La sua costruzione nel sotterraneo del duecentesco palazzo comunale è ordinata da una rubrica della Riformanza del 22 settembre 1406: Construantur duo forni prò comune foxati [...] acti ad quoquendum panem e l'altro dei due - quello più grande dalla lunga e stupenda volta a botte in pietra, separato da un muro da questo più piccolo - ha l'ingresso dalla parte opposta del palazzo. Nel Duecento e Trecento, non esistendo questi due forni, il pane si faceva in altri locali del castello o dello stesso palazzo comunale, nei quali il panifacola (fornaio) operava sotto le direttive di due massari! eletti in consiglio comunale, che curavano in particolare Xasseptum panis secundum valorem grani (rubrica CXLIX degli Statuti); ma naturalmente era possibile cuocere il pane anche sul focolare di casa propria. Capitoli del Conduttor del Forno di fìne '600 stabiliscono regole come il divieto alle donne di sferruzzar lana nel forno, come l'obbligo per il fornaio di ben cuocere il pane, di non allontanarsi dal forno durante la cottura, di non serrare la porta della stanza, di cuocere pan di grano e di non mischiarlo con il pan cattivo, di regalare al Commissario una soma di fascine o legno di Carnevale et un altra di Natale', contengono inoltre la distinzione tra il Forno del pan venale, che appunto fa il pane e lo vende, ed il Forno dei Particolari, quello più grande, che cuoce il pane che le massaie portano da casa (entrambi vengono dati in affìtto dal Comune una volta all'anno e per un anno).
Il Forno del pan venale è stato in funzione fino agli anni della prima guerra mondiale e l'altro fino al 1953, cioè fino alla morte dell'ultimo fornaio fossatano che lo gestiva, Mariano Merollini. Fino a questa data le famiglie andavano a macinar grano al molino e le massaie facevano il pane in casa, avvertite da Mariano circa l'ora in cui dovevano portare il pane al forno, per turni di cottura che cominciavano anche alle due di notte e si protraevano fino a mezzogiorno; era sempre Mariano che andava di notte per il pane a dare la sveglia a qualcuna, a riscaldare il forno con legna propria, a pagare al Comune una cinquantina di lire all'anno per l'affìtto del forno, a riscuotere dalle massaie il fomatico, fatto ora di centesimi per ogni fila di pane che era stata cotta, ora di un po' di pane di quello cotto, quando dalle saccocce non saltava fuori neanche un centesimo.
Quando il pane usciva dal forno, il suo profumo si sentiva per tutto il paese.