Le grandi differenze tra velo cristiano e islamico: nessun paragone
Calendar 21 marzo 2017
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Ha suscitato consensi e polemiche la scelta del presidente dell’Unione comunità islamiche, Izzedin Elzir, di protestare contro il divieto francese al burkini pubblicando una foto con delle suore cattoliche, in tonaca e velo. Come a dire: loro sì e noi no?
Tema tornato d’attualità dopo l’odierno intervento di Dacia Maraini che, a proposito del burka e del hijab (il velo), commenta: «Quella copertura, anche solo della testa, ha un valore emblematico di negazione e censura. Solo di fronte al marito, ovvero il proprietario di quel corpo, la donna può mostrarsi in tutta la sua completezza». «Sia chiaro», ha aggiunto, «non ho niente contro il velo e chi lo porta, ma non diciamo che si tratta di una libera scelta e che esprime l’autonomia delle donne. Il velo è un segno di sottomissione, che lo si scelga o meno. Anche le suore lo usano, mi si dice, ma appunto, anche in quel caso si tratta di dichiarare l’appartenenza a un ordine religioso».
Non si capisce bene cosa intenda la storica femminista, in ogni caso sarebbe bene chiarire che è un errore paragonare, oggi, il velo cristiano e quello islamico. Per due motivi, sopratutto.
1) Il primo dato è che le suore cristiane aderiscono liberamente ad un ordine religioso che, a volte, tra le altre regole, prevede il coprimento anche del capo. Sono libere, dopo una scelta cosciente e ponderata, di intraprendere questa strada ma anche di abbandonare l’ordine e/o il convento e, se vogliono, sposarsi. Le donne islamiche, al contrario, non appartengono a nessun ordine religioso e non hanno nessuna vera scelta alternativa. È sbagliato confondere l’appartenenza ad un ordine religioso con l’appartenenza ad una fede religiosa.
2) L’altra grande differenza è nel significato del velo. Quello delle donne islamiche -così come è concepito oggi- è sottomissione all’uomo, al marito-padrone. Al contrario, come ha spiegato la benedettina Anna Maria Canopi, fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio (Novara), nel monachesimo cristiano indossare il velo simboleggia il «sottrarsi allo sguardo» degli uomini, «per essere sempre sotto lo sguardo di Dio e a lui solo piacere per la purezza e l’intensità dell’amore». Questo, ha spiegato madre Canopi, «non ha nulla di opprimente». Inoltre, il velo, «aiuta la monaca a tenere lo sguardo del cuore più direttamente rivolto a Dio, nella contemplazione del suo volto sempre desiderato e cercato».
In ambito cristiano, dunque, è la donna stessa che sceglie liberamente di intraprendere una vita di dedizione totale a Dio, simboleggiata anche dall’abito stesso previsto dall’ordine religioso a cui chiede di aderire.
Non si può confondere questa libera (e liberante!) scelta vocazionale di alcune donne cristiane con un atto di sottomissione all’uomo, come invece avviene per tutte le donne nel mondo islamico.
Pento Alberto
Condivido ma resto titubante sulla non equivalenza tra l’appartenenza ad un ordine religioso e l’appartenenza ad una fede religiosa, poiché quando le loro pratiche sono identiche, non vi è alcuna differenza in quanto "fede e ordine" coincidono per esempio nella pratica mussulmana.
La questione secondo me è un'altra ed è relativa alla coincidenza assoluta tra la pratica religiosa e la pratica politica e civile laddove si violano i diritti umani universali e in particolare quelli della donna e delle libertà. Ed è per tale motivo che il velo va bandito perché le sue ragioni ideologico-politico-religiose violano i diritti umani della donna non solo mussulmana ma anche delle donne non mussulmane che vivono dei paesi islamici e dei paesi non islamici ove sono presenti come migranti, residenti e cittadini i mussulmani. Nel mondo islamico il fedele o credente non è come nel cristianismo suddiviso in fedele o credente normale e fedele o credente speciale che ha ricevuto gli ordini sacramentali: prete, monaco. Gli islamici sono tutti uguali e sono tutti tenuti alla stessa devozione e pratica cultuale o di fede; per questo nel mondo islamico la pratica di fede normale coincide con la pratica religiosa integrale e un normale credente è come se fosse un credente speciale di un ordine religioso cristiano.