Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Re: Straje xlamega de Parixi

Messaggioda Berto » dom nov 15, 2015 4:57 pm

I muxlin a Londra i canta da la contentesa par la straxe de Parixi

MUSLIMS AROUND THE WORLD CELEBRATE THE ISLAMIC VICTORY (?) IN PARIS, FRANCE
https://www.facebook.com/jeanbaptiste.k ... 7449565408



Dopo Parigi la gioia dei terroristi islamici detenuti nel carcere di Rossano
Un grido di gioia misto a sfida, hanno raccontato fonti interne al carcere di Rossano vicino a Cosenza, per aver 'liberato' la Francia dai cosiddetti 'infedeli'.

lunedì 16 novembre 2015
http://www.globalist.it/Detail_News_Dis ... 57&typeb=0

Hanno urlato: viva la Francia libera, quattro dei 21 terroristi islamici detenuti nella sezione speciale del carcere di Rossano che hanno esultato dopo avere saputo della strage di Parigi. Un grido di gioia misto a sfida, secondo quanto si apprende da fonti interne al carcere, per aver "liberato" la Francia dai cosiddetti "infedeli". Misure di controllo sono scattate immediatamente dopo gli attentati di Parigi anche nell'istituto di Rossano, considerato "obiettivo sensibile".
Oltre alla videosorveglianza, già attiva nel carcere, è stato attivato un pattugliamento esterno con agenti specializzati e armati, che 24 ore su 24 controlla le mura di cinta dell'istituto di pena. Alcuni dei 21 detenuti appartengono alla cellula di Al Qaeda e sono considerati soggetti attivi del terrorismo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Straje xlamega de Parixi

Messaggioda Berto » dom nov 15, 2015 9:23 pm

Ci balocchiamo con “Imagine” di John Lennon mentre il jihad ammazza
E’ lo stesso clima del post Londra 2005. Anche allora quasi tutti i direttori di giornali si spesero in lacrimose geremiadi sul fatto che no, i terroristi non avrebbero cambiato “il nostro stile di vita”. Il 7 gennaio avevano tirato tutti un sospiro di sollievo, “è per i vignettisti”, dissero. Oggi è più difficile pensare che non li riguardi tutti
di Giulio Meotti | 15 Novembre 2015
http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/11/1 ... e_c354.htm

E’ lo stesso clima del post Londra 2005. Anche allora quasi tutti i direttori di giornali si spesero in lacrimose geremiadi sul fatto che no, i terroristi non avrebbero cambiato “il nostro stile di vita”. Come se a Parigi, la notte scorsa, ci avessero impedito di guardare una partita, di ascoltare una canzone, di mangiare un piatto cambogiano. Secolarismo sciatto e banale, che non penetra il fenomeno che ha di fronte. Cercano sempre un capro espiatorio, ieri l’Iraq, oggi Assad, domani chissà. Il 7 gennaio avevano tirato tutti un sospiro di sollievo, “è per i vignettisti”, dissero. Oggi è più difficile pensare che non li riguardi tutti.

Non abbiamo capito che è una guerra religiosa, non l’ipotesi di pochi sbandati fanatizzati. Non abbiamo capito che è un problema di stati e leadership, non di frontiere e corpi di polizia e targhe d'auto. Non abbiamo capito che questi terroristi abitano la democrazia e sanno usarla. Che hanno più fantasia di noi. Che sono coloro che assaporano “la sensazione forte e deliziosamente perversa del sangue versato”, come scrisse Varlam Salamov, che fu rinchiuso venti anni nei Gulag. Il fanatismo politico-religioso è questo, mica sadismo. E’ come se non fosse successo nulla dall’11 settembre: nascondiamo le immagini delle stragi per non spaventare la gente, al più facciamo vedere chi si cala dal Bataclan; nascondiamo che gli attentatori sono insider, che li abbiamo cresciuti noi nella banlieu; nascondiamo che siamo prigionieri delle nostre libertà; nascondiamo sotto perversi slogan umanitari la rinuncia a batterci; nascondiamo i criteri fondativi della nostra civiltà.

E’ lo stesso clima del dopo 7 gennaio. Allora rispondemmo con “Je Suis”, salvo poi abiurarlo il giorno dopo; oggi con “Imagine” di John Lennon, suonata per strada a Parigi. Con le pubblicitá dell’Unhcr in tv a favore dei migranti, e tanti saluti se qualche tagliateste è entrato. Con i fiori deposti di fronte alle brasserie colpite dal jihad. Con gli U2 che rendono omaggio al teatro. Con gli slogan “siamo tutti francesi”. Con un Papa, lo stesso del pugno a Charlie, che non si capacita di come si possa uccidere in nome di Dio, quando il suo predecessore aveva ben spiegato che il problema è proprio quel Dio, il loro e non il nostro.
Lo dicono tutti i capi del terrore. “Noi vinceremo, perché essi amano la vita e noi amiamo la morte”, ha detto il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Osama bin Laden aveva dichiarato: “Noi amiamo la morte. Gli Stati Uniti amano la vita. Questa è la grande differenza tra noi ...”. “Gli americani amano la Pepsi-Cola, noi amiamo la morte”, aveva spiegato Maulana Inyadullah, un membro operativo di Al Qaeda. Invece ci ripetiamo, assieme a quel maestro di retorica che è Obama, che a Parigi è stata attaccata “l’umanità”, non l’occidente e la sua cultura giudeo-cristiana, liberale, atea, agnostica. Diciamo “terrore”, dimenticando sempre di aggettivarlo. Ci balocchiamo con Israele, lo trattiamo da “occupante”, lo marchiamo, senza capire che è la nostra frontiera, la linea dell’occidente che vogliono distruggere. Così non ci siamo accorti che stavamo assaporando quello che gli ebrei israeliani devono subire, ogni giorno.
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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » lun nov 16, 2015 2:59 pm

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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » lun nov 16, 2015 3:03 pm

Straje xlamega de l'aereo ruso sol Sinai

Aereo russo caduto nel Sinai, è il leader egiziano dell'Isis la mente dell'attentato
L'ordigno probabilmente contenuto in una bombola da sub portata a bordo da un complice. Nelle intercettazioni dell'intelligence britannica si sentirebbero voci con spiccato accento londinese e di Birmingham esultare per "il riuscito attentato al velivolo russo". Fonti ufficiali Usa a Cnn: convinti al 99,9% che sia esplosa una bomba

08 novembre 2015

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 846fb.html

L'organizzatore dell'attentato contro l'Airbus A321 della russa Metrojet, esploso in volo sabato scorso con 224 persone a bordo, saebbe un egiziano: Abu Osama al-Masri, leader dei miliziani che da anni infestano il Sinai, Ansar al Beyt al Maqdis, la formazione che lo scorso anno si è legata all'Isis facendo il rituale atto di sottomissione al sedicente califfo Abu Bakr al Baghdadi.

E' quanto rivela il britannico Sunday Times citando fonti dell'intelligence britannica, che hanno riconosciuto la sua voce come il primo a rivendicare l'attentato sul web. L'Mi6 ritiene infatti che un uomo di al-Masri abbia approfittato di un complice tra i dipendenti dell'aeroporto di Sharm el Sheick per far imbarcare un bagaglio con dentro un ordigno, forse una bombola da sub, eludendo i controlli di sicurezza. Gli Stati Uniti - riferiscono fonti ufficiali alla Cnn - sono convinti al 99,9% che ad abbattere l'aereo russo nel Sinai sia stata una bomba. Mail on Line: nuovo video Isis Intanto, il Daily Mail riferisce che l'Isis ha pubblicato un nuovo video in cui celebra l'abbattimento la settimana scorsa dell'aereo russo sui cieli del sinai: lo scrive il mail online.

Nel video di 7 minuti, intitolato 'soddisfazione delle anime nell'uccisione dei russi', l'isis afferma che responsabile dell'attacco è il suo gruppo affiliato in egitto, Wilayat Sinai. "Con la volontà di Dio e i grandi sforzi dei nostri- narra una voce in arabo - fratelli e soldati sul terreno nella provincia del Sinai, e' stato abbattuto l'aereo russo che trasportava 220 crociati russi. Sono stati tutti uccisi, ringraziamo Dio per questo". Telecamere di sicurezza rotte Un reportage dell'Independent on Sunday rivela che almeno il 50% delle volte non c'è nessuno ai monitor che trasmettono le immagini delle telecamere interne (Cctv) che riprendono le aree dove opera il personale di terra preposto al carico i bagagli sugli aerei in partenza dall'aeroporto egiziano o dove passano i nastri che dal check-in smistano le valigie. E' quanto ha raccontato al quotidiano inglese un dipendente dello scalo aggiungendo che " talvolta accade che non ci sia proprio nessuno alle postazioni". Una rivelazione che avvalora la pista che un complice di Is possa aver inserito un ordigno sul volo della russa Metrojet. Sempre la stessa fonte ha aggiunto che in tutto lo scalo molte delle telecamere sono di fatto finte perché " sono rotte" e nessuno le aggiusta. Foreign fighters britannici costruttori dell'ordigno Emerge anche la possibilità non ancora confermata ufficialmente, che siano stati cosidetti 'foreign fighters' britannici membri di Is ad aver costruito l'ordigno che potrebbe aver fatto saltare in aria sabato scorso l'aereo russo. Lo riferisce questa volta il Sunday Telegraph citando fonti di intelligence secondo le quale nelleintercettazioni effettuate dagli 007 del Gchq (l'agenzia di intercettazione britannica equivalente alla più celebre Nsa americana) sono stati riconosciuti nei messaggi diffusi sulla rete dai jihadisti che esultavano per l'attentato, persone che parlavano con spiccati accenti di Londra e Birmingham. Rientrano i turisti italiani Stanotte sono rientrati i primi italiani rimasti bloccati a Sharm El Sheikh. Poco più di 200, con voli atterrati a Fiumicino e Milano Malpensa. Sorridenti, rilassati per nulla infastiditi dai controlli di sicurezza a cui si sono dovuti sottoporre prima della partenza dall'aeroporto di Sharm el Sheikh. Sono apparsi così i turisti italiani rientrati nella notte a Roma dal Mar Rosso con il volo della Blue Panorama. Ponte aereo oggi per far tornare tutti gli stranieri bloccati Oggi infine scatterà il gigantesco ponte aereo deciso da Gran Bretagna e Russia per riportare in patria i loro connazionali bloccati nei resort di Sharm El Sheick.
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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2015 11:06 pm

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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2015 11:07 pm

L’Europa vada a lezione da Israele
Gerusalemme è l’unico modello di democrazia che sa come si combatte il terrorismo. Consigli pratici (il bando dell’incitamento) e anche culturali: “In Europa i barbari usano la tolleranza per distruggere la tolleranza”
di Giulio Meotti | 19 Novembre 2015
http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/11/1 ... e_c124.htm

Roma. “Come si fa, di fronte alla sfida di combattere nemici interni ed esterni, a non abbandonare l’impegno per una società florida e sana?”. Per il professor Dan Schueftan, scienziato politico fra i più stimati in Israele, è questa la sfida che ha di fronte la Francia post 13 novembre e quella con cui convive Israele fin dal 1948. Ovvero come può una democrazia liberale convivere con la minaccia del terrorismo islamico e uscirne vincente, minimizzando le perdite. Gerusalemme è l’unico modello positivo di paese occidentale alle prese con il jihad. “Lo Stato ebraico è tutto qui, guardate quello che Israele ha fatto negli ultimi settant’anni”, dice al Foglio Schueftan, che ha anche tenuto lezioni all’esercito israeliano e che ha lavorato come consigliere prima di Yitzhak Rabin e poi di Ariel Sharon. “Israele ha costruito se stesso mentre fisicamente lottava contro gli stati arabi e i terroristi devoti alla sua distruzione”.

L’Europa ha molto da imparare da Israele dopo la mattanza parigina: “A cominciare dalla messa al bando del Movimento islamico da parte di Israele, un ottimo esempio di come l’Europa potrebbe combattere terrore e radicalismo islamico”, dice al Foglio Dina Lisnyansky, fra i maggiori esperti di terrorismo in Israele, docente alla Bar-Ilan University e fondatrice del Petah Tikva Israeli Center for Russian and Eurasian Studies. Ieri, nell’annunciare la messa al bando del Movimento islamico, il premier Benjamin Netanyahu l’ha definito “un’organizzazione che non riconosce le istituzioni di Israele, nega il suo diritto di esistere e invoca l’istituzione al suo posto di un califfato islamico”.

E’ lo stesso obiettivo della galassia islamista in Europa. “La Fratellanza musulmana è stata bandita in Egitto, Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti – ci spiega Lisnyansky – Perché non farlo anche in Europa? La Fratellanza musulmana è la più grande organizzazione fondamentalista del mondo. Sono loro, non i salafiti e i wahabiti, a preparare il terreno per l’islam radicale. Ma le grandi organizzazioni musulmane in Europa, dall’Ucoi in Italia all’Uoif in Francia fino al Mab in Inghilterra, non compaiono come formalmente affiliate alla Fratellanza, sebbene lo siano grazie alla Fioe, la Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa. Io mi aspettavo questo attentato a Parigi, non è stata affatto una sorpresa. L’Europa purtroppo non pensa che la Fratellanza sia una minaccia e, per decidere se mettere al bando un’organizzazione islamica, va sempre in cerca di passaggi di armi e denaro. Invece è l’incitamento a uccidere che deve essere proibito.
In Israele è un crimine incitare a uccidere gli ebrei. In Europa non dovrebbe essere lecito incitare a uccidere gli europei”.
Amira Halperin, studiosa israeliana del Truman Research Institute di Gerusalemme, suggerisce all’Europa di impedire agli imam di usare le accademie per predicare la guerra santa. Nel Regno Unito, le università si sono trasformate in termitai islamisti. “L’estremismo islamico in Inghilterra ha fatto la sua comparsa sulla scena con un attentato in Israele, al caffè Mike’s Place”, dice Halperin al Foglio. Il 30 aprile 2003 due kamikaze inglesi si fecero esplodere al celebre ristorante sul lungomare di Tel Aviv, uccidendo tre israeliani.
“L’Europa deve bandire i predicatori dell’odio, come abbiamo fatto in Israele questa settimana”, dice Halperin.

Le comunità islamiche in Europa ogni giorno si abbeverano alle televisioni del mondo islamico, quella di Hamas, di Hezbollah e le emittenti dei regimi del Golfo, che propagano nella diaspora europea una ideologia nichilista che invita a uccidere gli “infedeli”, gli ebrei e i cristiani.

L’Unione europea avrebbe gli strumenti per chiudere questi canali satellitari, ma non lo ha mai fatto. Da anni, Gerusalemme denuncia il discorso dell’odio come fertilizzante per il terrorismo, ma l’Europa è stata sempre sorda, tanto da finanziare i libri di testo palestinesi pieni di quell’incitamento.
Lo si è visto anche in questa “Terza Intifada”, con gli inviti ad accoltellare gli ebrei sui social media e le televisioni palestinesi. Ne parliamo con Elihu Richter, tra i massimi esperti mondiali di incitamento all’odio, già fondatore del Jerusalem Center for Genocide Prevention e docente nella facoltà di Medicina alla Hebrew University e autore di alcuni degli studi più preziosi sull’argomento: “Le parole plasmano la mente. L’incitamento all’odio fu decisivo nella Shoah, con gli ebrei che venivano ritratti come ratti, virus, un cancro. I nazisti erano degli ottimi pubblicitari. La demonizzazione oggi spinge il terrorista islamico a vedere gli altri come male. Ne è un esempio l’Iran, che incita a cancellare Israele dalla mappa geografica. Poi c’è un incitamento anche più sottile, quello invisibile, che ti porta a ignorare persino l’esistenza di un determinato gruppo. E’ il caso dei palestinesi con Israele. In Ruanda, furono i giornalisti alla radio a incitare a sterminare i Tutsi. All’Europa quindi dico: zero tolleranza per l’incitamento, che è come il software del terrorismo. Le parole uccidono”.

Una democrazia, sì, ma con un’identità

Dan Schueftan è appena tornato da una lunga docenza alla Georgetown University negli Stati Uniti per assumere l’incarico di direttore del National Security Studies Center all’Università di Haifa: “Il fatto di essere attaccati ci porta a essere barbarici come i terroristi o a mantenere i propri princìpi?”, dice al Foglio. “Se non combatti i tuoi nemici non esisti affatto. Ma se esisti soltanto per combattere i tuoi nemici la tua esistenza non avrà comunque significato. La tua popolazione non ti seguirà in quel caso. Israele così ha deciso di rimanere una ‘building society’. Questa sfida è fondamentale anche per l’Europa. E’ facile essere barbarici dentro e fuori come accade in medio oriente a molti regimi. Israele è l’unica eccezione. L’Europa invece oggi è debole sia all’esterno che all’interno. Se vieni a vivere in Europa e vuoi mantenere la tua cultura questo va bene. Ma se la tua cultura tratta le donne come schiave questo non è più accettabile. La difesa di un paese non si realizza soltanto sul campo di battaglia, con gli arresti e i controlli agli aeroporti o i bombardamenti a Raqqa. Ma lo si fa anche preservando il tuo modo di vivere e i tuoi valori”. E questo è quello che fa Israele. “Non siamo perfetti, ma funziona. Abbiamo avuto guerre fin da prima dell’esistenza di Israele da parte degli stati arabi. E’ iniziato con gli ebrei che vennero a vivere qui. Siamo stati bravi a difenderci, ma anche a costruire una società di cui tutto il mondo dovrebbe andare fiero. Abbiamo creato una ‘open society’, anche con ebrei che venivano da paesi comunisti o arabi e che non avevano alcuna esperienza della democrazia. Abbiamo creato la democrazia dal niente. Tempo fa, parlando con responsabili del Vaticano, mi sono detto furioso che l’Europa non ha inserito in costituzione le proprie radici cristiane. Se non espliciti le tue origini sei spacciato. Negare il proprio passato per paura di ‘offendere’ è inaccettabile. Una democrazia deve essere fiera della propria identità”. E’ quello che prova a fare Israele con la richiesta esplicita di riconoscimento, al mondo e ai palestinesi, di Israele come “stato ebraico”. Perché la gente fugge dal medio oriente, si domanda Schueftan? “E’ pieno di petrolio e ricchezza, poteva vivere bene sotto Saddam Hussein e altri tiranni. Ma avevano una vita politica interna terribile. L’alternativa in Libia a Gheddafi sono i barbari che la controllano oggi”.

Continua Schueftan, attuale direttore del National Security Studies Center all’Università di Haifa: “I musulmani oggi in Europa devono accettare il pluralismo, la libertà religiosa e quella di espressione. Quando un vignettista danese ritrae Maometto, i musulmani devono accettarlo. I loro slogan di protesta non sono ‘siate tolleranti’, ma ‘decapitate chi offende l’islam’. E’ una cultura che rigetta il pluralismo. Quando vai a vivere in un posto differente e porti con te una cultura che rifiuta il pluralismo non puoi diventare parte di quella società e metti in pericolo quella società anche prima di sparare a degli innocenti o far detonare le bombe. E’ un attacco all’idea stessa di Europa”.

Questo non avviene in Israele, dove infatti non c’è un solo giornalista o scrittore sotto scorta, a differenza che in Europa, dove sta diventando la norma. “A me non importa che le guardie armate controllino le mie borse all’ingresso dell’Università di Haifa, perché non la considero una violazione della mia libertà ma anzi una sua difesa – dice Schueftan – In Israele abbiamo tante persone che criticano la stessa Israele, che persino lo odiano, ma non se ne vanno in giro a uccidere israeliani. Ci provano, ma noi non lo consentiamo. Come invece avviene in Europa. L’Europa non deve considerare solo le minacce violente, ma anche quelle alla sua cultura. Non consentite che la tolleranza sia usata per distruggere la tolleranza. In Europa oggi ci sono dei barbari che usano il linguaggio del pluralismo per distruggere il pluralismo”.

Poi ci sono misure pratiche che l’Europa potrebbe emulare da Israele. Le illustra al Foglio Alex Fishman, l’esperto di sicurezza del maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth: “E’ vero che tutto il sistema israeliano è il frutto di quarant’anni di antiterrorismo e che l’Europa non può imparare in un giorno. E che l’opinione pubblica europea non ha mai davvero voluto capire Israele. Parliamo infatti di migliaia di attentati. Prima di tutto serve un forte sistema giudiziario, credibile e specchiato, cosa che non ha l’Europa. Per esempio in Israele non puoi togliere la cittadinanza a chi va a combattere con l’Isis, cosa che vorrebbero fare i governi europei. Restiamo sempre una grande democrazia”. L’Europa, come Israele, deve mettere fuori legge le organizzazioni che incitano al terrore, come ha fatto il governo Netanyahu con il Movimento islamico.

“In Egitto il generale Sisi ha chiuso centinaia di moschee salafite”, ci dice Fishman. “Le democrazie non possono farlo. Ma si può fare qualcosa. Inoltre, quanti traduttori di arabo ci sono in Francia e Belgio che lavorano con la polizia e l’intelligence nelle comunità islamiche? Pochissimi. In Israele, chi lavora nella sicurezza parla anche l’arabo. L’Europa deve avere sotto controllo qualunque cosa succede nelle grandi comunità islamiche. Israele ha una legge a favore degli ‘interrogatori pesanti’, che consente in casi speciali di farne uso. Ma il sistema, anche qui, è sotto controllo”. Dal 1999, la Corte suprema ha stabilito che se l’interrogatorio serve a prevenire attentati terroristici, allora è ammessa una forma di “pressione fisica” che Israele distingue chiaramente dalla tortura. Gli Stati Uniti dopo l’11 settembre hanno indicato questo modello. Israele fa anche uso della “detenzione amministrativa” in casi speciali, che le consente di detenere e interrogare un sospetto terrorista per quattordici giorni, senza neppure fargli vedere l’avvocato. “Serve per proteggere le fonti di intelligence”, ci dice Fishman.

Un assalto come quello al Bataclan di Parigi sarebbe stato impensabile in Israele. Non soltanto perché ci sarebbero state guardie all’ingresso. Ma anche perché dopo le prime raffiche, i terroristi sarebbero stati abbattuti da israeliani, civili o militari. Lo si è visto durante la Terza Intifada a Gerusalemme, dove i terroristi venivano disarmati e inseguiti dagli israeliani.
“In Israele ogni spazio pubblico, ogni scuola, centro sportivo e supermercato è protetto da guardie armate”, continua al Foglio Fishman. “In ogni luogo pubblico c’è un metal detector. Le guardie sono finanziate dallo stato e dalle compagnie private”. Poi c’è una questione culturale. In Israele, dopo un attentato, i luoghi colpiti non diventano meta di pellegrinaggi come a Parigi. “In Israele il terrorismo è parte del Dna della società. Colpiscono e si riparte subito con la routine. La gente ha paura, ma è forte. E la sua forza sta nella solidarietà. Ecco, mi pare che sia questa che manchi oggi all’Europa”. Dopo aver demonizzato per anni Israele, forse i 130 morti di Parigi possono far avvicinare l’Europa e lo stato ebraico nella comprensione di avere di fronte un nemico comune. Conclude Lysniansky: “Israele ed Europa sono dalla stessa parte, siamo una democrazia occidentale nel cuore del medio oriente, combattiamo il terrorismo e il radicalismo islamico, entrambi siamo al centro di un conflitto religioso. E questo conflitto ha appena raggiunto l’Europa”.

Venerdì sera, mentre a Parigi iniziava la conta e il riconoscimento dei cadaveri di fronte alle brasserie, allo stadio e al teatro Bataclan, i media palestinesi già diffondevano complotti sulla lunga mano sionista dietro la strage e da Gaza gli islamisti celebravano lanciando missili sul sud d’Israele. A Tel Aviv e a Gerusalemme, i palazzi dello stato ebraico si accendevano dei colori della bandiera francese. Da una parte l’odio, dall’altra la civiltà. Da che parte starà l’Europa?
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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » gio dic 17, 2015 8:27 am

???

Francia. Arrestato un neofascista: “ha venduto armi agli attentatori islamisti” In evidenza
Mercoledì, 16 Dicembre 2015
Luca Fiore
http://www.contropiano.org/internaziona ... -islamisti

Era già accaduto in Spagna, ed ora il legame tra estrema destra neofascista ed attentatori jihadisti sembra essere confermato anche in Francia anche se per ora la vicenda potrebbe essere un episodio isolato. Ieri le agenzie di stampa hanno battuto la notizia che un ex mercenario di estrema destra, ed ex membro del Front National, è stato arrestato insieme alla sua compagna con l’accusa di aver venduto alcune armi ad Amedy Coulibaly, il giovane responsabile dell’assalto al supermercato kosher di Parigi il 9 gennaio scorso.
Nella fattispecie il personaggio raggiunto da un provvedimento della magistratura francese, Claude Hermant, avrebbe passato a Coulibaly un kalashnikov e quattro pistole Tokarev usate per far strage nella capitale francese. Le armi in questione, utilizzate per uccidere una poliziotta a Montrouge e poi quattro ostaggi catturati all’interno del negozio di Porte de Vincennes preso d’assalto poco dopo la mattanza nella sede di Charlie Hebdo, sarebbero ‘transitate’ tramite la società intestata alla compagna di Hermant per poi essere vendute a Coulibaly nella città belga di Liegi, a poche decine di chilometri dalla frontiera francese.

Claude Hermant e la sua compagna erano già finiti in cella lo scorso 23 gennaio con l’accusa di traffico d’armi internazionale, a neanche due settimane dal primo sanguinoso assalto jihadista condotto contro Parigi, anche se l’inchiesta che ne aveva portato all’arresto in realtà era partita nella primavera del 2014, e quindi prima e indipendentemente dagli attentati di gennaio. I due sono stati infatti all’epoca accusati di aver modificato alcuni mitra e delle pistole destinate al mercato dei collezionisti rendendole delle armi in piena regola.
Ma il 52enne Hermant fu subito rilasciato dopo che lui affermò di essere un informatore della polizia belga e francese e di aver contribuito, infiltrandosi nel mercato delle armi di contrabbando, a far incastrare alcuni trafficanti. Nel gennaio scorso gli inquirenti si videro apporre, sul coinvolgimento del noto estremista di destra in vicende tutt’altro che chiare, addirittura il segreto di stato.
Ma la procura di Lille ha continuato ad indagare ed ha cercato e trovato nuovi elementi di colpevolezza che hanno portato di nuovo all’arresto dell’oscuro personaggio.
Claude Hermant, figura storica dell'ultradestra – anche se ama definirsi ‘anarchico di destra’ (!) - ha un passato burrascoso alla spalle, che i media d’oltralpe hanno tentato di ricostruire dopo il suo secondo arresto.
È stato paracadutista all’interno dell’esercito francese fino al 1982, quando si congedò con il grado di sergente, e si vocifera di una sua collaborazione con i servizi segreti di Parigi. Poi è segnalato come mercenario di gruppi legati al Sudafrica in Angola, per ricomparire più tardi in Croazia arruolato in una legione di estrema destra formata da volontari fascisti provenienti da tutta Europa e accomunato per l’odio nei confronti della Jugoslavia e della Serbia. Nel 1999 ricompare in Congo, dove finisce in manette perché sospettato di avere partecipato ad un complotto contro il locale governo. Grazie all’intervento delle autorità francesi viene però prontamente rilasciato.
Tornato in patria, tra il 1994 e il 1999 ‘lavora’ nel servizio d’ordine del Front National, periodo al termine del quale racconta di aver fatto parte di una cellula clandestina creata dal partito neofascista nel 1997 per alimentare la rivolta nelle banlieues, infiltrandosi nelle periferie e tentando di orientare e condizionare le bande criminali e giovanili spingendole verso la rivolta.
Una strategia, affermò, volta a legittimare i messaggi autoritari e xenofobi di un Front National che a quel punto avrebbe potuto presentarsi come unica diga al disordine sociale. Le gravissime accuse naturalmente vennero rigettate dai vertici della formazione di estrema destra, e non se ne seppe più nulla.
Dopo qualche anno di pausa, nel 2008 assieme ad un altro ex membro del Front National crea a Lille, nel nord della Francia, l'associazione di estrema destra “La maison du peuple flamand”, che orienta la propria propaganda contro la comunità islamica ed ospita una nutrita pattuglia di naziskin provenienti anche dall’altra parte della frontiera. Nel frattempo diventa animatore dei cosiddetti “Campi di Ares”, nei quali si addestrano alla guerra alcuni gruppi di giovani neofascisti. Nell'ottobre 2011 organizza una manifestazione a Lille con Serge Ayoub, il leader della Terza posizione francese, organizzazione disciolta dopo l'omicidio del giovane antifascista Clement Meric da parte di un gruppo di estremisti di destra appartenenti ad una sigla poco nota – la Gioventù Nazionalista Rivoluzionaria – in realtà contigua ad un Front National che nel frattempo ha iniziato il processo di modernizzazione e di ripulitura sotto la guida di Marine Le Pen. Dopo la chiusura anche della sua associazione, “La Maison”, apparentemente Hermant “appende il cappello al chiodo”, e si dedica con la moglie alla gestione di un chiosco di patatine fritte a Lille, arrotondando con lavoretti di vigilanza e con l'organizzazione di sessioni di guerra simulata. Attività, a detta della magistratura, di copertura che nasconderebbero il suo vero lavoro: comperare armi modificate a scopo collezionistico, trasformarle in armi a tutti gli effetti e venderle al mercato nero. Alcune di queste sarebbero finite nelle mani di alcuni rapinatori; altre, accusano gli inquirenti, in quelle dell’attentatore islamista Amedy Coulibaly.
Certamente, il ruolo di Hermant e della sua compagna come fornitori di armi per il commando – o il lupo solitario – che sparse sangue e terrore a Parigi nel gennaio scorso in nome dell’islam combattente potrebbe allo stato essere considerato un fatto isolato, attribuibile alle attività criminali del personaggio. Che però vanta un legame abbastanza evidente sia con la galassia neofascista franco-belga, sia con i servizi e gli apparati di sicurezza di Parigi. Hermant conosceva l’affiliazione e le intenzioni di Coulibaly prima di vendergli le sue armi? L’attentatore si sarebbe rivolto casualmente a lui oppure ci sarebbe arrivato all’interno di una relazione solida tra gruppi di estrema destra e organizzazioni fondamentaliste islamiche? Chi può dirlo… Comunque, senza bisogno di scomodare tesi complottiste che al momento non sono corroborate da fatti inoppugnabili, non si può non notare che negli ultimi anni sia l’estremismo religioso islamico sia l’estremismo di destra, seppur dissimulato dall’attenta copertura assicurata dal Front National guidato da Marine Le Pen e non più dal padre, sono cresciuti di pari passo nelle periferie delle grandi metropoli francesi. Il sospetto che estremismo islamico e neofascismo si utilizzino l’un l’altro per auto legittimarsi e radicarsi non è da questo punto di vista affatto peregrino. Ma un conto è il piano politico ideologico – la guerra di civiltà combattuta da entrambi i lati – un conto è quello criminale-militare.
Attendendo che l’inchiesta della magistratura di Lille – se andrà avanti – chiarisca alcuni elementi, non si può non notare che legami abbastanza stretti tra gruppi di estrema destra e gruppi jihadisti, alcuni dei quali responsabili anche di crimini efferati, sono stati documentati in Spagna in diverse occasioni, nell’indifferenza completa della stampa continentale.

Ad esempio ad aprile di quest’anno, i Mossos d’Esquadra arrestarono tra Barcellona e Tarragona undici persone, tra marocchini e spagnoli. Uno di questi era un noto membro dell’estrema destra (nella fattispecie il Movimento Sociale Repubblicano) trovato in possesso di una bomba a mano e di alcune munizioni e che è stato ritenuto il tramite tra la cellula jihadista smantellata e alcuni ambienti neofascisti che stavano organizzando degli attentati congiunti contro la comunità ebraica locale.


Attacchi a Parigi, altri due fermati. "Si fingevano rifugiati in Austria"
Secondo un quotidiano austriaco erano cittadini francesi. Si sospetta abbiano aiutato i commando entrati in azione a novembre
Lucio Di Marzo - Mer, 16/12/2015

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/alt ... ebook+Page

Vanno avanti le indagini legate agli attentati che a novembre hanno sconvolto Parigi, causando 130 morti in una serie coordinata di attacchi.
Altre due persone sono finite in manette, in Francia, sospettate di avere avuto legami con i commando che entrarono in azione la sera del 13 novembre.
Fermati nel fine settimana, i due venivano dal Medio Oriente. Il portavoce della polizia di Salisburgo, Robert Holzleitner, ha specificato che le forze dell'ordine sono al lavoro "su un possibile collegamento con gli attacchi di Parigi".
Un giornale austriaco, il Kronen Zeitung , sostiene che siano cittadini francesi e che abbiano provato a confondersi con i rifugiati, entrando in Austria in ottobre con passaporti siriani falsi, dalla rotta balcanica della migrazione. Aggiunge che avrebbero origini pachistane e algerine.
Altri due arresti sono avvenuti ieri, quando le forze dell'ordine francesi hanno bloccato un uomo e la compagna, che si ritiene abbiano avuto un ruolo nell'attacco al supermercato kosher di Parigi. La donna è proprietaria di un campo da paintball ed è accusata con il 50enne fidanzato di avere fornito le armi poi utilizzate da Amedi Coulibaly, che prima di entrare in azione giurò fedeltà all'Isis.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Straje xlamega de Parixi e de l'aereo ruso sol Sinai

Messaggioda Berto » mar gen 12, 2016 9:19 pm

L’immigrato che salvò gli ebrei nel negozio kosher di Parigi è una invenzione propagandistica
Di Redazione, il 12 gennaio 2016
Ricordate quando, lo scorso anno, subito dopo gli attentati di Parigi si esaltò il dipendente del negozio kosher che aveva salvato delle persone nascondendole nella cella frigorifera? Ecco, non è mai esistito. O meglio, l’autore del gesto non è la persona effettivamente premiata. Salì agli onori della cronaca un immigrato maliano ma in realtà fu un altro dipendente a salvare le persone all’interno del negozio. Ne ha parlato Mauro Zanon su Libero ed è stato ripreso da Dagospia. di Mauro Zanon

http://www.qelsi.it/2016/limmigrato-che ... gandistica

«È il mio francese preferito!», aveva dichiarato l’ inquilino dell’ Eliseo, François Hollande, in occasione della cerimonia di conferimento della cittadinanza francese a Lassana Bathily, l'”eroe” dell’ Hyper Cacher, che nel gennaio 2015, secondo la narrazione politico-mediatica, aveva salvato la vita a sei clienti ebrei che si trovavano nel supermercato kosher quando irruppe il terrorista islamico Amedy Coulibaly. La storia del piccolo magazziniere di un supermercato, di confessione musulmana, di origini maliane, senza permesso di soggiorno, prima della decisione di naturalizzarlo francese presa dall’ esecutivo socialista, aveva fatto sognare il mondo.
Il presidente americano, Barack Obama, aveva addirittura evocato la sua storia durante un summit internazionale, parlato dei «gesti eroici» di Lassana e di lui come esempio per i «popoli del mondo intero». E sui giornali della gauche multiculti era tutto un decantare l’ impresa dell’ angelo custode musulmano che ha salvato gli ebrei, con paragoni vertiginosi con la Seconda guerra mondiale e con coloro che coraggiosamente nascosero gli ebrei in casa propria.
Peccato però, come raccontato da un libro appena uscito in Francia, ma di cui nessuna testata mainstream parla, che fosse tutta un’ impostura, una panzana colossale, una favoletta buona solo per qualche titolone strappalacrime di Libération in Francia e di Repubblica in Italia. Si chiama “Hyper Caché” (Editions du Moment), il libro che smonta punto per punto la versione ufficiale di quel 9 gennaio 2015, che smaschera la messa in scena dell’ ennesima pièce teatrale diretta dalla gauche (l’ ultima è l’ incontro avvenuto a novembre tra Hollande e la pensionata, Lucette Brochet, minuziosamente preparato dalla comunicazione dell’ Eliseo per non farle dire cose scomode per la propaganda goscista).
Scritto a quattro mani dal giornalista francese Michael Taubmann e Yohann Dorai, uno dei sei clienti nascosti nella cella frigorifera fino all’ intervento delle forze dell’ ordine, “Hyper Caché” racconta come andò veramente in quei momenti drammatici.
Al contrario di quanto emerso dalla versione ufficiale, è Yohann, tra l’ altro installatore di impianti di riscaldamento per professione, ad aver spento l’ impianto di refrigerazione della cella affinché gli ostaggi potessero sopravvivere in uno spazio ghiacciato, con anche un bebè di 11 mesi, che avrebbe potuto essere la loro tomba.
Non Lassana. È Yohann e non Lassana, come testimoniato da tutti, a chiudere la porta della cella frigorifera, dopo che gli ostaggi si erano nascosti. Ed è ancora Yohann a nascondere la chiave del congelatore in un angolo del sottosuolo e a prevenire la polizia, come confermato anche da un documentario, “Les Hommes du Raid”, diffuso lo scorso settembre. Infine, sempre Yohann è stato colui che ha offerto il suo piumino per coprire il bebè chiuso con sua madre in uno spazio dove la temperatura era di – 5°.
Lassana Bathily non ha nascosto nessuno e non ha protetto nessuno durante la presa di ostaggi. Già a giugno, quattro testimoni, tra cui lo stesso Yohann, avevano smentito la versione rilanciata dal governo e dai media su Lassana Bathily. Così si era espressa Sandra: «Lassana Bathily è una persona eccezionale, amato da tutti i suoi colleghi dell’ Hyper Cacher, e che effettivamente ci ha proposto di salvarci prendendoci con lui nel montacarichi.
Ma non ha potuto salvarci, perché abbiamo tutti rifiutato. I media e le autorità hanno abbellitto il quadro, aggiungendo che ci avrebbe fatto scendere, nascondere, etc. Non è vero, ma non è colpa di Lassana. In quel momento la Francia aveva bisogno di un eroe». Lassana Bathily è un “eroe” fabbricato all’ Eliseo, un “eroe” made in gauche.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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