Imam de Venesia, veneti e de altri posti - cativi maestri

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Messaggioda Berto » gio nov 12, 2015 8:16 am

Imam de Venesia, veneti e de altri posti - cativi maestri
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'imam de Venesia

Messaggioda Berto » gio nov 12, 2015 8:18 am

Iman de Venesia

Sto iman de Venesia nol parla mia veneto e nol dopara tanto el tałian el prefarise doparar l'arabo
https://www.facebook.com/imam.venezia?fref=ts


https://www.facebook.com/imam.venezia?fref=ts
cari genetori si prega di presentare sabato il 05.09.2015 alle ore 19.30 presso il centro islamico di marghera (Ve) per programmare e discutere cosa si deve insegnare ai vostri bambini
grazie


De seguro sto kì nol ga studià ła storia de łe xenti venete e de ła tera veneta e credo ke gnanca el gapie l'entełejensa, ła creansa e ła coultura de enpararla e de pretendar ke ła se ghe ła conte anca ai migrà de łengoa araba e de relixon muxlima ke łi xe vegnesti a vivar ente ła nostra tera veneta.



Li xlameghi bengałexi a Venesia e entel Bangladesh
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Re: L'imam de Venesia

Messaggioda Berto » gio nov 12, 2015 8:21 am

Ensemense proixlam, buxie e falbarie xlameghe
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I buxiari, falbari, bałisti de l'enformansa rasista
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Ixlam (creistianfobia)
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Apostati de l'Ixlam, eroi de l'omanidà
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Re: Imam de Venesia e veneti

Messaggioda Berto » gio nov 12, 2015 8:32 am

Iman de San Donà

Lè sta parà via ...

"Allah uccidili tutti": Alfano espelle Imam di San Donà
Il video pubblicato da un istituto filo-israeliano di Washington: «Allah uccidili tutti fino all’ultimo». L'uomo interrogato dalla Digos a Venezia. La Federazione islamica del Veneto: "Via da moschee chi predica la morte". Si dissocia anche l'Imam di Treviso
05 agosto 2014

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/ ... -1.9713611

Allah uccidili tutti: Alfano espelle Imam di San Donà
SAN DONA’ DI PIAVE. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha disposto l’espulsione del cittadino marocchino Abd Al-Barr Al-Rawdhi (Raoudi Abdelbar), imam di San Donà di Piave, per grave turbamento dell’ordine pubblico, pericolo per la sicurezza nazionale e discriminazione per motivi religiosi.
L’uomo, durante la preghiera del venerdì in moschea aveva pregato Allah di uccidere tuti gli ebrei. Le sue parole sono state immortalate in un video.«A morte tutti gli ebrei». Tutti, «fino all’ultimo, senza risparmiare uno solo di loro». Questo renderebbe «felici» i musulmani.
Parole dell’imam Abd Al-Barr Al-Rawdhi, che sarebbero state pronunciate durante il sermone del venerdì nella moschea di San Donà. L'uomo è stato interrogato in mattinata dalla Digos a Venezia.
Musulmani che si dissociano. «L'Islam è religione di pace. Via dalle moschee chi predica la morte». Lo afferma Bouchaib Tanji, presidente della Federazione Islamica del Veneto e della associazione 'Assalam' di Annone Veneto. «Approviamo - spiega, ricordando l'appoggio anche dell'associazione Migranti della Venezia Orientale onlus - la decisione del ministro Alfano, di espellere dall'Italia l'imam della moschea di San Donà di Piave».
«Non dobbiamo assolutamente lasciare passare questi messaggi di violenza». Abdallah Khezraji, vicepresidente della consulta regionale per l'immigrazione e imam di Treviso, si dice «stupito» della presa di posizione dell' Imam di San Donà di Piave, e afferma di trovarsi in accordo con la decisione del ministro Alfano di allontanarlo. «È necessario - prosegue - insistere sul dialogo per la pace e rientrare nella normalità. Questo imam ha sbagliato e deve essere allontanato. Arabi ed ebrei anche in Italia fanno parte del medesimo tessuto sociale».
Il video è stato pubblicato martedì 29 luglio sul sito del Middle East media research institute (Memri.org), organizzazione che ha la sede principale a Washington ed è vicina alla causa israeliana. Non è stato filmato dal Memri: i ricercatori dell’istituto spiegano di averlo trovato nei siti della propaganda islamista.
L'invettiva appare ispirata ai recenti scontri in Israele e nella striscia di Gaza. Il predicatore parla in arabo, ma le sue parole sono sottotitolate in inglese. Il video, che potrebbe essere stato girato venerdì 25 luglio, in queste ore è oggetto di attenta valutazione da parte degli esperti dell’Antiterrorismo del Viminale.
Da parte della comunità musulmana di San Donà però si eccepisce sulla bontà della traduzione dall'arabo all'inglese contenuta nel video americano. Si precisa che l'Imam avrebbe detto in realtà: "Allah uccida chi uccide i bambini".
Le reazioni. Il deputato veneziano della Lega Nord, Emanuele Prataviera, è stato il primo a sollevare il caso in un post sul suo facebook, preannunciando un’interogazione al ministro degli Interni, Angelino Alfano, e chiede di chiudere la moschea.




I musulmani moderà łi ło defende:

https://www.facebook.com/events/1447107552221392

Gentili Signori,

Ci teniamo a precisare e testimoniare che la traduzione del video del sermone dell'imam di San Donà fornita dal Memri è strumentale e non corrispondente alle reali parole dell'imam.
???
In particolare, lo stesso non ha mai, non una sola volta - per tutta la durata del video - pronunciato la parola "ebrei", "giudei" o "israeliani" (come invece riportano falsamente i sottotitoli in inglese) nè ha tanto meno invitato i fedeli a sterminare gli ebrei.
???
Invocare la punizione di Dio su coloro (senza ulteriori precisazioni) che si sporcano le mani del sangue di persone indifese e innocenti (come detto dall'imam nel video) non costituisce reato nè potenziale pericolo per la sicurezza nazionale. Terrorismo è commettere un atroce genocidio sotto gli occhi indifferenti del mondo, non chiedere a Dio la punizione dei colpevoli. Gli ebrei in generale sono gente del Libro come i musulmani e tra loro sono moltissimi quelli che disapprovano i crimini commessi dal governo sionista. Gli ebrei nel loro complesso non meritano disprezzo e nessun disprezzo è loro usato nel video. Tuttavia non si può esimersi dal disprezzare e chiedere a Dio - non alle persone - di punire i crimini perpetrati ai danni di migliaia di civili innocenti, anziani, donne e bambini. Non riteniamo costituisca reato chiedere a Dio di far sparire gli assassini dalla faccia della terra, di qualunque credo religioso essi siano. O dobbiamo invece ritenere che, qualora commesso da un sionista (non "ebreo", sionista, si badi bene alla differenza enorme), un omicidio debba meritare l'impunità in questa vita e nell'altra oltre che il plauso della comunità internazionale senza possibilità alcuna di condanna, pena l'accusa di terrorismo e l'espulsione? Le bombe sganciate dagli aerei uccidono, le preghiere no. Vi chiediamo quindi nuovamente di tenere in considerazione la vera traduzione del sermone. Grazie per la vostra attenzione.

Ecco la traduzione del sermone: TRADUZIONE LETTERALE DEL SERMONE DELL' IMAM DI SAN DONA'

"Cosa ci possiamo aspettare da COLORO che hanno il cuore più duro della pietra? Cosa ci possiamo aspettare da COLORO che hanno le mani sporche del sangue dei profeti?... per non parlare di COLORO che hanno le mani sporche del sangue degli innocenti e degli indifesi... Cosa ci possiamo aspettare da COLORO che hanno completamente perso il rispetto per Iddio? che hanno detto a Mosè "facci vedere Iddio in volto"? Cosa ci possiamo aspettare da COLORO che hanno detto che le mani d'Iddio sono legate? Invero sono le LORO mani ad essere legate e possa Iddio maledirli per ciò che hanno detto. Oh Dio, mostraci di LORO ciò che ci renderà felici. Oh Dio contali tutti/riducili di numero, non ne tralasciare nemmeno uno. Trasforma il LORO cibo in veleno, rendi l'aria che respirano rovente, rendi il LORO sonno pieno di incubi e buie le LORO giornate. Oh Dio, semina il terrore nei LORO cuori"

Voi ci trovate una sola volta la parola "ebrei" o "israeliani" in generale? Ci vedete un'esortazione ai fedeli a massacrare gli ebrei?

Io ci vedo solo invocazioni a Dio contro gli ingiusti che hanno dubitato della potenza ed esistenza di Dio e contro gli assassini dei profeti, degli innocenti e degli indifesi... se poi gli ebrei tutti si sentono chiamati in causa, beh ... significa che si autoconsiderano ingiusti e assassini col cuore più duro della pietra. L'imam non ha mai nominato gli ebrei. Ha nominato una serie di COLORO. Gli ebrei si sono nominati da soli. A ognuno la sua riflessione

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/ ... -1.9713611

Mi si!
Se capise anca màsa ke se tra ta de łi ebrei e ke łi vien fati pasar par omani malvaj ke łi merita el castigo de Dio e prasiò anca coelo de łi "omani justi"!
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Re: Imam de Venesia e veneti

Messaggioda Berto » gio nov 12, 2015 8:33 am

Iman de Skio

Vicenza, istigava bimbi all’odio: espulso imam
1 ottobre 2015
http://www.vvox.it/2015/10/01/vicenza-i ... pulso-imam
Sofiane Mezzerreg un imam algerino di 36 anni, residente in provincia di Vicenza, è stato espulso dalla Polizia in esecuzione di un provvedimento dal Ministero dell’Interno per motivi di ordine pubblico. All’origine dell’espulsione un fatto accaduto il 21 gennaio scorso in una scuola elementare della provincia: nel corso di una lezione di educazione musicale alcuni alunni della classe quinta di origine magrebina e di fede islamica si tapparono le orecchie per non sentire la melodia. Motivarono il gesto con gli insegnamenti ricevuti dall’imam del centro islamico che frequentavano, in base alle quali ascoltare musica e utilizzare strumenti musicali costituiva peccato. Secondo le accuse, l’uomo avrebbe indotto i piccoli fedeli ad assumere comportamenti palesemente ostili alla cultura occidentale e a manifestare il desiderio, una volta divenuti adulti, di compiere gesti eclatanti anche con l’uso delle armi. Gli investigatori sottolineano che dopo l’episodio nella scuola gli alunni, richiamati dai docenti, non hanno più reagito negativamente alle lezioni di educazione musicale.

Mezzerreg, sposato e padre di tre figli, era organizzatore e relatore di vari incontri religiosi e culturali. Si trovava in Italia dal 2002, grazie ad un permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Udine, città friulana dove aveva svolto il ruolo di imam prima di trasferirsi nel vicentino alla fine del 2013. La sede della sua attività era il centro islamico culturale “Guida Retta” di Schio (Vicenza), dove operava da molti anni. Durante le indagini, svolte in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri su indicazione del Ministero degli Interni, è emerso che l’algerino manteneva strette relazioni con esponenti del mondo islamico di orientamento «marcatamente radicale», soggetti dediti «alla promozione di principi originari dell’Islam ed alla diffusione dell’ideologia salafita». Incontri anche diretti che l’algerino avrebbe avuto soprattutto fuori dei confini del Veneto e anche all’estero, in particolare in Francia. Inoltre l’uomo non aveva alcun tipo di rapporto con cittadini italiani se non convertiti all’Islam. Anche questi contatti hanno portato alla decisione del Ministero di espellerlo dall’Italia. Al suo arrivo al porto di Civitavecchia (Roma), da dove poi è stato reimbarcato per Tunisi, con lui c’erano anche la moglie e i tre figli, al ritorno da un periodo di vacanza. La donna, pur potendo restare in Italia con i bambini in quanto non colpita dal provvedimento, ha preferito tornare in patria con il marito, perché in Algeria abitano i genitori e i fratelli dell’uomo.


http://www.vicenzapiu.com/leggi/iman-es ... terrorismo

Il questore di Vicenza, Gaetano Gianpietro, è intervenuto in merito sull'espulsione dall'Italia dell'imam, il 36enne Sofiane Mezerreg che lavorava al centro islamico Guida Retta in via Venezia a Schio, che abbiamo annunciato questa mattina con i dettagli forniti dal direttore della Digos, Nevio Di Vincenzo. Il questore ha tenuto a precisare che "si tratta di un provvedimento di carattere preventivo, quindi non per motivi terroristici: è perciò un'azione preventiva per anticipare eventuali problemi di terrorismo".
"Vogliamo rassicurare i cittadini - continua Gianpietro - sulla presenza di stranieri nel territorio vicentino; con questa operazione siamo andati a valutare un'azione di carattere politico-religioso in merito all'educazione che limitava la possibilità di alcuni ragazzi di svolgere a pieno l'attività scolastica e di integrarsi al meglio nella società vicentina. Si tratta di un caso isolato, che riguarda un numero limitato di persone, ma che poteva creare problemi per il futuro".
Il vice questore aggiunto Di Vincenzo ha aggiunto che: "abbiamo appurato che molte persone che frequentavano il centro culturale religioso non condividevano le posizioni dell'iman. Per la questione musicale, infine, si tratta di contenuti trasmessi della scuola italiana travisati da una cultura islamica radicale".


Bronse cuerte xlameghe: i cativi e i finti boni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=1883


L'imam de Skio el predegava ła viołensa e ła so comounedà xlamega ła nega el fato e ła ło difende

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 10/146.jpg

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https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 10/226.jpg
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Re: Imam de Venesia e veneti

Messaggioda Berto » sab nov 14, 2015 8:40 pm

Alfano dapò la straje de Parixi el ga dito ke a xe stà paràvia da la Talia 55 iman ente sti ultemi ani.

Jihadisti tałiani
viewtopic.php?f=188&t=1887
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Re: Imam de Venesia e veneti - cativi maestri

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2015 6:23 pm

Il cattivo maestro

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Da buon americano, predicatore moderato, a leggenda per terroristi e islam radicale. Colpa di un incontro proibito durante il Ramadan. Anwar al Awlaqi è stato ucciso da un drone nel 2011. Ma ancora oggi i suoi sermoni sono i più seguiti tra i guerriglieri di al Qaida
di Daniele Raineri | 07 Settembre 2015
http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del- ... e_c315.htm

Scott Shane è un giornalista che da dieci anni si occupa di terrorismo per il New York Times e ha scritto un libro che uscirà tra quindici giorni sul duello a distanza tra il presidente Barack Obama e un cittadino americano di famiglia yemenita che si chiamava Anwar al Awlaqi ed era il predicatore più famoso del gruppo terroristico al Qaida, e lo è anche oggi dopo la sua morte nel settembre 2011. Il New York Times ha anticipato un capitolo del libro sul suo magazine domenicale e si capisce che è un racconto fondamentale della guerra al terrorismo.

La prima cosa che è necessario sapere di al Awlaqi è che era un predicatore modello e integrato alla perfezione nel sistema americano. Nelle sue mail private – intercettate nel 2001 dall’Fbi – esprime un disgusto sincero per le stragi dell’11 settembre (“Penso che sia stata una cosa orribile”) e la preoccupazione che i fatti di quel giorno si ripercuoteranno in maniera negativa sulla comunità musulmana americana, appena mitigata dal fatto che tutte le maggiori reti televisive stanno mandando telecamere e giornalisti anche nella sua moschea di Falls Church, appena fuori Washington, e quindi può essere l’occasione per passare al pubblico ansioso di trovare risposte una buona immagine dell’islam. Ha trent’anni, confida al padre di avere una strada aperta davanti per fare carriera come predicatore, studioso dell’islam, e in effetti era riuscito a fare carriera in fretta dopo gli inizi in moschee piccole in altre parti del paese, a Denver e a San Diego. Spera di essere invitato alla Casa Bianca – scrive – e arriva a essere invitato al Campidoglio. Frequenta i ristoranti e i musei della capitale con la moglie Gihan e i tre figli. Tiene pure un ciclo di lezioni agli imam che studiano per diventare cappellani con l’esercito americano. Il New York Times in un articolo di quei giorni convulsi del 2001 lo cita come esempio della generazione nuova di predicatore musulmani che a soli trent’anni riesce a fare da mediatore culturale tra l’occidente e l’oriente, e spiega l’America ai musulmani e l’islam agli americani. “Siamo venuti qui per costruire, non per distruggere”, dice dal pulpito della sua moschea. “Siamo il ponte tra l’America e un miliardo di musulmani in tutto il mondo”.

In politica, Awlaqi ha appoggiato George W. Bush alle elezioni del 2000. Per quanto riguarda il lavoro di predicatore, trova un accordo con un editore per pubblicare una serie di 52 cd in cui racconta in inglese la vita di Maometto. La voce calma e la piena padronanza dell’inglese lo aiutano molto e fanno parte del fascino che esercita sui fedeli, che non sono per nulla attratti da altri imam che parlano male la lingua e sembrano distaccati dalla vita normale attorno a loro. Le sue prediche riguardano una gamma sterminata di argomenti, teologici e anche pratici, per esempio l’obesità e il mangiare troppo. Insomma, al Awlaqi nel 2001 è il candidato ideale a rappresentare l’islam non estremista e desideroso di fare parte dell’America. Subito dopo l’11 settembre il presidente George W. Bush era andato in un moschea per veicolare il messaggio: non è una guerra degli Stati Uniti contro l’islam, ma contro il terrorismo. Awlaqi è il musulmano tipo a cui si rivolge la Casa Bianca. A un certo punto il Pentagono lo invita a un incontro come parte di un programma di pubbliche relazioni della Difesa.

La seconda metà della storia di predicatore di al Awlaqi è l’opposto speculare della prima metà. Dopo il 2005 i suoi video diventano lezioni teoriche e pratiche di terrorismo islamista. Se si prova a cercare Anwar al Awlaqi su Youtube il primo video jihadista è il numero cinque (titolo: “Mai fidarsi di un non musulmano”) in mezzo a video istituzionali sulla vita dei profeti.
La seconda pagina dei risultati su YouTube è già piena dei video dell’Awlaqi versione 2.0, chiamate al jihad, sermoni sulla necessità per ogni musulmano di uccidere americani, prediche di preparazione alla battaglia. Alcuni video sono stati caricati anni fa, il che vuol dire che YouTube non li sta cancellando più come invece avviene quasi in automatico con i video più espliciti che arrivano da Iraq e Siria.

Nel settembre 2011 un drone americano uccise Awlaqi con un missile in Yemen dopo una caccia lunga e complessa, ma quattro anni dopo il predicatore è onnipresente. Dieci giorni dopo la sua morte al Qaida in Yemen mise su Internet un messaggio di commemorazione che avvertiva: “L’America ha ucciso lo sceicco Anwar, ma non ha ucciso le sue idee”.
Il giornalista Shane scrive che proprio la fine di Awlaqi per mano americana lo ha elevato al rango di khatib (chi tiene i sermoni dal pulpito) più rispettato e citato dai gruppi terroristi. “Nel gergo burocratico dei militari è stato ‘rimosso dal campo di battaglia’, ma in realtà Awlaqi non è stato per nulla rimosso dal campo di battaglia più importante, quello dell’ideologia”.

-I fratelli Kouachi dopo avere sterminato la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi hanno detto a un tv di avere agito su mandato di Awlaqi.
-L’uomo che a giugno ha ucciso cinque militari a Chattanooga aveva visto i suoi video la settimana prima di passare all’azione (dicono i tecnici dell’Fbi che hanno esaminato il suo computer).
-I due attentatori dello Stato islamico uccisi in Texas durante l’assalto fallito a una mostra di vignette sul profeta Maometto lo citavano come fonte d’ispirazione e avevano la sua foto su Twitter; la madre di uno dei due dice che il figlio le rivelò che l’uccisione di Awlaqi nel 2011 fu il momento in cui lui decise di diventare estremista.
-Il maggiore Nidal Hasan, che ha ucciso 13 militari a Fort Hood, era in contatto con il predicatore via mail ed è descritto come un eroe nei suoi video.
-I fratelli di origine cecena Tsarnaev, che organizzarono l’attentato contro la maratona di Boston, lo hanno citato come fonte della loro competenza nel costruire bombe.
“Guardate i suoi video su internet, c’è una quantità incredibile di conoscenza”. Al Awlaqi è diventato il più pericoloso dei cattivi maestri e il candidato ideale a rappresentare l’islam come la perfetta e più pericolosa ideologia di guerra.

L’americano yemenita è abile nel reclutamento e nell’impartire lezioni persuasive per le stesse ragioni che avevano portato al successo la sua versione buona. Parla bene inglese, è suadente, logico, intelligente e suona occidentale; non è una figura remota e distaccata dalla realtà di tutti i giorni – come potrebbe essere un predicatore che si nasconde in Pakistan e manda di rado video in arabo classico. Al Awlaqi è un professionista della comunicazione passato dall’altra parte con tutte il suo bagaglio di abilità. Oggi i due gruppi del terrorismo islamico più pericolosi, lo Stato islamico e al Qaida, sono d’accordo su poche cose: una di queste è che entrambi guardano al predicatore nato nel New Mexico come fonte d’ispirazione.

Il pezzo di bravura di Shane però non è la descrizione del prima e del dopo nella vita del predicatore, è la scoperta del giorno in cui tutto cambia per Awlaqi e lui (forse anche a causa di quel giorno) imbocca la strada della radicalizzazione che lo farà fuggire dall’America, lo farà tornare nella patria dei genitori, lo Yemen, e lo farà diventare la versione opposta di se stesso.

Dopo l’11 settembre l’Fbi lancia una investigazione a ritroso per ricostruire tutti i particolari delle vite e dei contatti dei piloti suicidi di al Qaida. Decide di mettere sotto sorveglianza anche Awlaqi perché due attentatori hanno frequentato la sua moschea a San Diego e poi sono entrati anche nella sua moschea a Washington.
Gli agenti non trovano alcun collegamento con l’estremismo, ma un giorno di dicembre, nel mese di Ramadan in cui il sesso è vietato tra l’alba e il tramonto, vedono alle due del pomeriggio Awlaqi andare in una camera di hotel di Washington con una prostituta. Lei racconta agli agenti che lui ha avuto un comportamento beneducato, ha detto di essere un ingegnere indiano che abita in California, ha pagato 220 dollari per una rapporto orale, ha chiesto un bis ma alla richiesta di altri soldi ha desistito. L’Fbi segue Awlaqi mentre ogni settimana smette i panni del predicatore islamico che in moschea ha parole di condanna per Hollywood e i costumi decadenti della società e va in macchina verso alberghi dove incontra donne a pagamento, con cui spende una parte del budget familiare limitato. Gli agenti della sorveglianza raccolgono un faldone con le informazioni che raccolgono durante gli appostamenti, intervistano le prostitute, conservano i dati.

Si dice che i percorsi di radicalizzazione sono tutti diversi l’uno dall’altro e si dice anche che Awlaqi lasciò il paese perché – genericamente – non sopportava più la contraddizione tra l’islam e l’America. Il 22 marzo 2002 tiene un sermone molto duro nella sua moschea di Falls Church, in reazione a un’operazione degli agenti federali in Virginia, che sono alla caccia di possibili finanziatori dell’estremismo islamico e due giorni prima hanno perquisito le case dei leader locali. La voce di Awlaqi trema dalla rabbia mentre descrive mogli e figlie ammanettate durante le perquisizioni delle case durate ore. “Questa non è una guerra al terrorismo. Questa è una guerra contro i musulmani e l’islam. Non sta accadendo soltanto nel resto del mondo, sta accadendo anche qui, in America, dove le libertà dei cittadini sono ignorate soltanto perché sono musulmani”. Cita la lotta dei neri americani. “Se vogliamo i nostri diritti, dobbiamo reclamarli”. Il fratello Ammar lo raggiunge il giorno dopo – l’Fbi annota: arriva un U.m.e.m., un “maschio mediorientale non identificato” – ma non lo trova particolarmente scosso. Parla di vivere per sempre in America, dove si è ormai costruito una posizione.

In quei giorni il manager di un servizio di escort telefona al predicatore, gli dice che è stato interrogato dall’Fbi. Dal tipo di domande, Awlaqi capisce che non si tratta di un controllo casuale o occasionale, che gli stanno dietro da tempo. Pochi giorni dopo il fratello lo visita di nuovo e lo trova cambiato del tutto, in stato di panico, arrabbiato, triste, incapace di tenere un sermone o anche soltanto di pregare. Non risponde e non spiega. L’indomani Awlaqi porta Ammar in una stanza, gli chiede di staccare la batteria del cellulare (è una precauzione base, per evitare che il cellulare sia usato come una microspia ambientale), gli rivela che l’Fbi ha un dossier su di lui che potrebbe rovinargli la vita (quello poi trovato da Shane) e che non può restare a vivere in America. Non dice al fratello di cosa si tratta. Ha realizzato che la sua autorità come predicatore potrebbe dissolversi di colpo se il dossier trapelasse – o quando il dossier trapelerà. Teme anche che l’Fbi gli chieda qualche tipo di collaborazione in cambio del silenzio. Parte per un viaggio già in programma da tempo e poi, nell’imbarazzo generale dei suoi familiari e conoscenti, non torna indietro. La moschea appende un cartello con la spiegazione che Awlaqi è a studiare nel Regno Unito, per approfondimenti.

La vita del predicatore di Washington prende una traiettoria inaspettata. Contatta con cautela gli uffici dell’Fbi per organizzare un incontro perché vuole saggiare l’andamento del suo caso e le chance di un accordo, ma è trattato come una bassa priorità (non ci sono collegamenti con attentatori) e desiste presto. I suoi sermoni cominciano a diventare più aggressivi, anche se soltanto in modo sottile. Torna in Yemen, nella capitale Sanaa, ma nel 2006 è arrestato e tenuto 18 mesi in carcere senza processo. Quando esce ha una squadra di sorveglianza che lo segue ovunque e decide di spostarsi nella provincia della sua famiglia, Shabwa. E’ una zona a est della capitale dove il controllo del governo diventa flebile fino a sparire del tutto e comandano i clan locali e al Qaida. In pochi mesi entra a fare parte del gruppo e comincia a partecipare all’organizzazione di attacchi contro gli Stati Uniti.
E’ al Qaida in Yemen a portare avanti il piano, mai dimesso, per colpire l’America con un attentato replica dell’11 settembre, più di al Qaida in Pakistan e Afghanistan, che ormai è diventata una centrale ideologica e però vuota, senza la capacità di montare operazioni all’estero e impegnata a sopravvivere alla campagna con i droni. L’obbiettivo del gruppo di Awlaqi è una uccisione di massa spettacolare, prende di mira gli aerei occidentali almeno due volte (con una bomba nascosta addosso a un volontario suicida e con esplosivo nascosto in alcune stampanti), ma non ha successo. Riesce invece a conquistare ampie zone del paese, a diventare una fazione nazionale temibile e a lanciare una campagna di propaganda in inglese, con il magazine “Inspire”. In questa fase di consolidamento, addestra e poi rispedisce in Francia almeno uno dei fratelli Kouachi – che a gennaio hanno massacrato i redattori del giornale Charlie Hebdo. Prima di morire, Chérif parla a una tv locale e dice che “lo sceicco Anwar al Awlaqi ha sponsorizzato l’attacco”.

Nel 2010 il presidente Obama ordina una consulenza legale per capire se è legale uccidere Awlaqi all’estero, senza processo, come succederà l’anno dopo. Alcuni commentatori libertari obbiettano, dicendo che come cittadino americano gode di diritti costituzionali. Altri commentatori obbiettano per ragioni più pratiche. Mohammed Elibiary, un consulente nel campo della sicurezza, musulmano e texano di incrollabile fede repubblicana, sostiene che “se stai tentando di battere una cultura del martirio, non devi fare martiri”. “Mi spiace dirlo, ma penso di avere ragione”, dice Elibiary al New York Times. In questi anni si è occupato di interrogare cittadini americani accusati di terrorismo per la difesa d’ufficio federale. “In quel mondo, sono tutti convinti fino all’ultima persona che Anwar al Awlaqi è un individuo bravo e un martire. Quello che chiude la questione per loro è che è stato ucciso dagli Stati Uniti”.

Per l’Amministrazione americana i bombardamenti mirati con i droni come quello che ha ucciso Awlaqi in Yemen sono uno strumento di sicurezza indispensabile. Permettono di eliminare terroristi pericolosi nascosti in luoghi altrimenti inaccessibili, senza impegnarsi in guerre con truppe a terra che hanno costi umani e materiali altissimi, e che alimentano ancora di più la propaganda del jihad. In questi ultimi anni, tuttavia, si è cominciato molto a discutere se tutti i bombardamenti mirati abbiano sortito più vantaggi che svantaggi sul lungo termine. Il caso del predicatore assurto allo status di leggenda per l’islam radicale è un caso studio. Bruce Riedel, un veterano della Cia che si è occupato per decenni di analisi dei gruppi terroristici, dice che sarebbe necessario un po’ di pensiero innovativo per contrastare l’ideologia estremista. Un approccio più ricco dal punto di vista dell’immaginazione, piuttosto che la soluzione unica dell’uccisione a distanza. “Abbiamo speso miliardi per l’hard power – vale a dire l’uso della forza – quanto abbiamo speso per il soft power? Siamo la nazione che ha inventato Hollywood.

Sappiamo come creare una causa, vendere un prodotto e ridicolizzare un nemico. Con Awlaqi, avremmo potuto fare tutte queste cose. Avremmo potuto sfidare le sue argomentazioni, rovinare la sua reputazione. Sono passati più di tre anni dalla morte, e non lo abbiamo ancora fatto. Gode ancora di questo staus iconico di cavaliere dell’islam. Ed era tutto tranne quello”.
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Re: Imam de Venesia e veneti - cativi maestri

Messaggioda Berto » dom dic 06, 2015 6:23 pm

Imamite

CHE ERRORE AFFIDARCI AI TAGLIALINGUE PER SALVARCI DAI TAGLIAGOLE (Il mio commento pubblicato oggi su Il Giornale)

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 17855347:0


Aiuto! In Italia è esplosa la “imamite”, la moda contagiosissima di accattivarsi le simpatie degli imam, le guide della preghiera islamica all'interno delle moschee. Le televisioni e in generale i mezzi d'informazione fanno a gara per accaparrarsi costi quel che costi la presenza degli imam nelle trasmissioni di maggior ascolto o per un'intervista più o meno esclusiva. Le istituzioni politiche e la Chiesa elevano gli imam a propri interlocutori istituzionali, a prescindere dal fatto che non sono né designati da un clero islamico che non esiste, né sono rappresentativi di una “comunità islamica”, che di per sé è frutto di una forzatura ideologica, e che in ogni caso non li ha eletti.

Sul piano dell'informazione la giustificazione di questa voglia insaziabile di imam è la “par conditio”, la regola che nasce in un contesto elettorale e che ormai prevale sulla nostra capacità di intendere e di volere. Ormai quando si parla di islam, di terrorismo islamico o del velo delle donne musulmane, bisogna obbligatoriamente bilanciare la valutazione dell'esperto laico con l'opinione dell'imam. Lo facciamo con la spinta emotiva e l'ingenuità intellettuale del buonismo, che ci portano a immaginare il prossimo automaticamente del tutto simile a noi, senza scomodarci a far riferimento alla ragione e ad entrare nel merito dei contenuti di ciò che effettivamente sostanzia l'islam.

Sul piano del comportamento delle istituzioni e della Chiesa, che si traduce ad esempio nella presenza del sindaco e del vescovo al fianco dell'imam nell'inaugurazione di una moschea, l'imputato per eccellenza è la dittatura del relativismo, che ci ha sottratto la nozione stessa di verità, portandoci a mettere sullo stesso piano il cristianesimo e l'islam, legittimando acriticamente Allah, il Corano, Maometto, le moschee e le scuole coraniche.

Non è probabilmente un caso che in piena epidemia di imamite, la sedicente “Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose” ha acquistato a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, lo stabile dell'ex calzaturificio Armani (450.000 euro all'asta fallimentare), per adibirlo a propria sede nazionale e avviare al suo interno un centro di formazione degli imam. Questa Associazione è parte dell'Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia), ideologicamente legata ai Fratelli Musulmani, che annovera tra i suoi aderenti i terroristi islamici di Hamas.

La trappola in cui stiamo cadendo è di immaginare che per salvarci dal terrorismo dei tagliagole dobbiamo affidarci al terrorismo dei taglialingue, quelli che vorrebbero codificare il reato penale di “islamofobia” per vietarci di criticare l'islam. I tagliagole ci decapitano una volta per tutte. I taglialingue ci uccidono dentro giorno dopo giorno, negandoci l'uso della ragione e sottraendoci la libertà. Fermiamo l'epidemia di imamite, liberiamoci dal buonismo, dalla par condicio e dal relativismo. Vogliamoci del bene, salviamo sia la testa sia la nostra libertà.

magdicristianoallam.it
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Re: Imam de Venesia e veneti - cativi maestri

Messaggioda Berto » mer mar 02, 2016 11:10 am

L'imam dà lezione ai bambini: polemica alle medie in Veneto
Sergio Rame - Lun, 29/02/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ebook+Page

Martedì 8 marzo alla scuola media "Antonio Pertile" di Agordo, paesino in provincia di Belluno, terrà lezione l'imam Kamel Layachi, responsabile del dipartimento di formazione e dialogo interreligioso.

In Regione Veneto l'assessore all'Istruzione Elena Donazzan ha già promesso battaglia per impedire la lezione. "Ma che testa hanno alcuni 'educatori'? - si chiede Matteo Salvini - quanti missionari cristiani danno lezione nei Paesi Islamici?".

"Farò di tutto perché l'imam non vada in aula - spiega la Donazzan al Fatto Quotidiano - in questo momento storico è inopportuno invitare un predicatore a scuola soprattutto dopo quello che è accaduto in Veneto. In una classe a parlare a dei minori si entra se hai determinate caratteristiche, questo preside ha fatto una forzatura. Tra l’altro la direttrice dell’ufficio scolastico provinciale non ne sapeva nulla. Chiederò immediatamente un’ispezione all’Antonio Pertile per capire le motivazioni di questa scelta e come mai sia stata individuata questa persona per parlare con i ragazzi". L'invito a Kamel Layachi ha scatenato l'ira di molti genitori. Anche perché l'incontro rientra nell’ambito del "progetto educazione alla mondialità, pace e solidarietà". La lezione a scuola rientra, infatti, in un percorso che vedrà l’imam Kamel anche protagonista di un incontro alla casa parrocchiale che si terrà il 12 aprile.

"Si tratta di un’iniziativa all’interno dell’offerta formativa proposta dalla scuola che l’ha gestita secondo le proprie indicazioni - commenta il sindaco di Agordo, Sisto Da Roit - il confronto è sempre positivo". Dello stesso avviso anche monsignor Giorgio Lise, arcidiacono del paese: "Se viene chiamato un imam per spiegare il suo modo di vedere il rapporto con un Dio di un’altra religione non trovo nulla per cui stracciarsi le vesti". Il centrodestra, invece, si è duramente scagliato contro un invito che, come fa notare Salvini su Facebook, arriva "proprio nei giorni in cui nel Nordest vengono arrestati e indagati alcuni islamici, accusati di arruolare e predicare per i terroristi". Sul social network il leader della Lega Nord ha, poi, pubblicato il numero di telefono della "scuola della pace".

Mi a digo:
Bisognerebbe però che l'insegnante di religione fosse un esperto e sufficientemente critico e chiedesse conto all'iman di quanto scritto nel Corano contro i diversamente religiosi, gli infedeli e i non credenti, degli atti violenti e omicidi di Maometto, della storia violenta e omicida dell'espansione islamica, della violenza della sharia, della mancanza di riconoscimento e di rispetto dei Diritti Umani Universali da parte degli stati islamici, della loro persecuzione delle altre religioni e degli apostati. Solo in tal caso avrebbe senso una lezione di religione con l'iman, ma se a scuola si fa passare l'islam acriticamente come una religione di pace, di amore e fratellanza diventa un'atto diseducativo e un crimine contro l'umanità. I genitori dovrebbero ritirare i loro figli dalla scuola e denunciare la scuola per complicità con il nazismo islamico e i suoi crimini.


Ensemense proixlam, buxie e falbarie xlameghe
viewtopic.php?f=188&t=1737

I buxiari, falbari, bałisti de l'enformansa rasista
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Ixlam (creistianfobia)
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Apostati de l'Ixlam, eroi de l'omanidà
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Jihadisti tałiani
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Re: Imam de Venesia e veneti - cativi maestri

Messaggioda Berto » gio mar 03, 2016 11:45 am

Islam, imam troppo filo-occidentale allontanato da Albenga
martedì, 01 marzo 2016

http://www.primocanale.it/notizie/islam ... 67906.html

ALBENGA - L'imam della comunità di Albenga, Abdejalil Elalami, è stato allontano dalla moschea del centro del savonese, la più grande della Liguria, perché un gruppo di musulmani influenti e tradizionalisti ha ritenuto che avesse una mentalità troppo filo-occidentale. Ora farà la guida spirituale a Verona. "Il mio allontanamento è dovuto a divergenze di opinioni circa l'organizzazione della moschea", dice Elalami. La storia è raccontata dalla stampa locale. Il comprensorio di Albenga ospita circa 2000 musulmani: tre anni fa, sotto una amministrazione leghista, è stato inaugurato il centro islamico, 750 metri quadrati.

"Un gruppo di fratelli" non avrebbe gradito il suo modo di gestire le faccende interne alla comunità islamica. Secondo le voci raccolte in città, Elalami avrebbe dato fastidio ad alcune famiglie marocchine abituate a gestire i fondi della comunità e a prendere decisioni in maniera autonoma: l'attivismo dell'imam, la sua mentalità che lo portava ad avere rapporti con le istituzioni e con i media lo ha messo in cattiva luce verso i suoi antagonisti che avrebbero spinto la comunità a sollevarlo dall'incarico.

Non si tratterebbe di divergenze religiose (la comunità islamica è compatta su una linea moderata), ma di intromissioni sgradite da chi sarebbe più abituato a prendere decisioni che a condividerle. Elalami aveva il suo seguito: in due anni aveva raccolto 300 mila euro per la nascita della nuova moschea, aveva partecipato a manifestazioni anti-terrorismo e dopo alcuni controlli da parte della Digos aveva fatto installare un circuito di videosorveglianza nel centro islamico (telecamere mai entrate in funzione). "Nessuna lotta tra gruppi diversi nella moschea: Elalami si è trasferito nel veronese perché là vive parte della sua famiglia", minimizza Hamza Piccardo, dell'Ucoii, l'Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia.
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