Jihadisti tałiani
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Marocchino cacciato dall'Italia: "Ricorrerò contro l'espulsione ma il Califfato opera nel giusto"
Senza peli sulla lingua, il giovane espulso dal Paese, difende l'Isis e il suo operato. Però vuole tornare a Varese, dove abitano i suoi fratelli. Sostieni il reportage
Anita Sciarra - Ven, 27/03/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mar ... 10323.html
"Farò ricorso contro l'espulsione". A parlare è Oussama Khachia, 30 anni, il ragazzo marocchino allontanato dall'Italia perchè accusato di propaganda pro Isis. Il giovane è stato raggiunto a Casablanca, dove risiede ora, da Varese News, che lo ha intervistato.
Dalla conversazione con il giornalista, andata avanti su WhatsApp per giorni, sono venute fuori parole dure. "Il Califfato unisce i musulmani e fa ritornare la Giustizia divina sulla Terra - ha affermato il 30enne - si eliminano i confini che ci hanno disegnato dopo il 1924 e si eliminano tutti i dittatori arabi che piacciono tanto all'Occidente. Verrà applicata la famosa sharia islamica. Il Califfato sulla metodologia profetica è una profezia del Profeta Muhammad che si è avverata dopo 1400 anni. Non esisteranno più le leggi fatte dall'uomo e non ci potrà esser corruzione. Non ci sono immunità né tantomeno amicizie. Quindi stiamo parlando della fine della democrazia".
Poi ha spiegato che "Il Khalifah Ibrahim ha invitato tutti i musulmani del mondo a emigrare nel Califfato, nello stato dei musulmani, uno stato che non applica la dementocrazia ma la Sharia, quindi è obbligatorio per i musulmani emigrare nello Stato Islamico. Sopratutto dottori, medici, ingegneri e posizioni alte. C'è tanto da costruire, costruire, non c'è solo il combattimento. Bisogna aiutarci tra fratelli".
Quanto alla pericolosità dell'Isis, Oussama ha spiegato che "L'Isis è lo specchio dell'occidente in alta definizione, sta proponendo in HD quello che l'Occidente ha fatto ai musulmani dal 1924 fino ad oggi. Colonizzazione francesi, inglesi e invasioni statunitensi, russe hanno contribuito ad alimentare questa scintilla che è poi scoppiata in Iraq. L'Isis sta liberando i paesi musulmani dai pupazzi occidentali è per questo che lo si vede come un esercito nazista, perché nonostante abbia tutti i criminali di guerra del mondo contro, avanza e si rafforza. In ogni guerra vi sono atrocità. Anche a noi ci fa paura la democrazia, perché dietro a questa parola si nascondono i più grandi di crimini commessi nel ventesimo secolo. Compreso il milione di musulmani uccisi dai marines in Iraq per colpe che non hanno mai avuto".
Non ha peli sulla lingua il giovane marocchino che pure vuole rientrare in Italia e definisce la sua espulsione un'ingiustizia. Sulla lotta contro i curdi specifica che "un esercito addestrato dal Mossad non potrà mai difendere la propria terra, ma è un mercenario al soldo del potente di turno. La crociata in Iraq (parole di Bush) ci ha insegnato i ruoli delle milizie settarie sciite e il ruolo dei Pesh". E le informazioni che giungono in Italia riguardo alle violenze sulle donne yazide sarebbero false, filtrate ed elaborate dalla "stampa di partito" che "fa bene il proprio dovere".
In Italia Oussama avrebbe voluto continuare a "fare da tramite. Il filo bianco che cuce le 2 stoffe. Altrimenti un reporter della seconda generazione, controinformazione indipendente - ha puntualizzato - nel senso che non tirerei l'acqua al mio mulino ma, come è già capitato in passato, mi occuperei di smentire notizie false arrivate dal Medio Oriente".
Il giovane non crede che qualcuno, ammirando l'Isis, possa compiere atti violenti in Italia. "Più che altro accade il contrario- aggiunge- qualsiasi cosa succede nel Medio Oriente, i primi a pagarne il prezzo sono i musulmani. Leggi speciali, carceri speciali e clima insopportabile. Dopo i fatti di Charlie Hebdo in Francia dopo 3 giorni si sono registrati 50 attacchi ai musulmani e ai luoghi di culto. Per risolvere il problema della radicalizzazione bisogna guardare al passato e farsi un bagno di umiltà e un esame di coscienza. Tanti vengono radicalizzati da Hollande, Bush, Blair e non certo per il personaggio del 2014".
Ha anche ammesso che "I video delle decapitazioni sono verissimi. Possiamo esser d'accordo o meno. Però, come dicono gli analisti che seguono il conflitto, sono efficaci. Due giapponesi hanno fatto ritirare il Giappone dall'alleanza. il governo è in crisi e l'opinione pubblica giapponese non è certo quella provinciale e bigotta come quella nostrana, quindi è in linea contro Shinto Abe e non biasima lo Stato Islamico".
Altro discorso varrebbe per gli americani: "La decapitazione di Foley è avvenuta dopo che USA hanno tradito i patti con L'Islamic State. Mi spiego meglio. Gli USA affermano di non trattare con i terroristi ma per un sergente americano hanno fanno uno scambio 5 talebani. Per Foley c'erano contatti e patti. La madre, Diane Foley aveva la speranza che fosse liberato il figlio, mentre il pentagono ha dato il via ad una missione segreta per liberare James senza avvisare la madre. Così fallì la missione e furono uccisi durante l'operazione notturna 11 musulmani tra cui 5 combattenti dello Stato Islamico, firmando così la condanna di James Foley". Per questo"Ogni persona con cervello informata direbbe che che ad aver ucciso Foley sia stato il suo stesso governo, che tratta con i terroristi solo a giorni dispari. Infatti le ultime parole di James sono chiavi di lettura della drammatica vicenda. Per Foley fu richiesta la scarcerazione di Afiya Siddiq (dottoressa) catturata e imprigionata tuttora in Texas. Quindi scambio di prigionieri. Mentre il traditore è colui che tradisce i patti e mette a repentaglio la vita dei suoi cittadini e si assume tutte le responsabilità. Ecco, condanno chi tratta e poi a metà strada tradisce".
Però, sul suo conto, sottolinea:"Oussama non ha commesso nessun reato, tranne quello di avere un'opinione diversa dagli altri".
Lui nel Califfato non ci sarebbe mai stato, spiega, però " sono sincero, vorrei davvero vedere cosa succede dentro con i miei occhi, non solo il dramma, ma anche la vita quotidiana, come lo vorrebbe qualsiasi reporter di guerra indipendente insomma".
Quanto a Varese, dice che era la sua città, "Facevo una vita semplice, otto o nove ore di lavoro, due o tre partitelle a calcetto alla settimana. Non sono mai stato minacciato in quanto musulmano. Assolutamente. Mia sorella però una volta è stata malmenata mentre andava a lavorare. Per il velo, così ingiustamente durante un clima teso d'islamofobia mentre andava a lavorare".
L'Italia gli manca: "Mi mancano pizzoccheri e la pizza di Zei a Varese. In realtà mi manca la mia famiglia, e mi manca il mio lavoro".
Il jihadista italiano su Facebook: "Voi del Giornale siete morti..."
Espulso dall'Italia due mesi fa, un sodale degli arrestati di Torino si sfoga sui social contro Sallusti e il nostro quotidiano: "Squallidi vermi, zombie che camminano". Sostieni il reportage
Luca Fazzo - Sab, 28/03/2015
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 10516.html
Dopo i proclami di guerra e di vittoria, ecco gli avvertimenti ai giornalisti, passaggio classico e inevitabile degli estremisti di ogni razza e colore.
Nello scenario aperto dalla inchiesta della procura di Brescia sulla cellula italiana che reclutava combattenti per l'Isis, fa irruzione via Facebook il messaggio di Oussama Kachia, il jihadista espulso da Varese due mesi fa, legato a filo doppio a Halili el Mahdi, torinese, autore del primo proclama in italiano per la guerra santa, arrestato martedì insieme a due reclutatori di combattenti. Khachia è stato espulso dall'Italia per i suoi proclami a favore dell'Isis, è riparato in Marocco, poi si è spostato di nuovo, ma continua a seguire in presa diretta quanto accade in Italia. L'altro ieri aveva mandato il suo post di solidarietà al compagno arrestato, «la notte della giustizia è stata lunga ma l'alba della vittoria la vediamo vicina». Ieri il Giornale riporta il suo messaggio.
E nel giro di poche ore ecco, sempre su Facebook, la reazione di Oussama: «Non esiste un quotidiano più squallido e spregevole del Giornale », scrive. Attacca Alessandro Sallusti e Daniela Santanchè, parlamentare del Pdl. E poi passa al giornalista che ha riportato i suoi scritti: «Hai proprio una faccia da... troppo facile infierire sui vermi. Non hai dignità, però rispecchi il genere di giornalismo spazzatura italiano. Poca professionalità e tanta codardia. Zombie, tu fai parte della categoria dei giornalisti che camminano, ma sono MORTI, sono vuoti dentro. Non avete anima e mai avrete anima». É una fissazione, quella di Oussama per i giornalisti-zombie: «É una guerra, i morti ci sono, tra i morti ci sono quelli che camminano chiamati anche giornalisti», aveva scritto pochi giorni dopo la sua espulsione dall'Italia. E non si capiva se era un giudizio o una promessa.
Ma chi è, Oussama Khachia? Trentun anni, marocchino, operaio in una fabbrica della provincia di Varese, apparentemente integrato: ma in realtà figlio d'arte, perché suo padre Brahim già nel 2006 era stato perquisito nell'ambito di una inchiesta sulla galassia integralista, ed era considerato tra i discepoli dell'imam varesino Zergout Abdelmajid, arrestato nell'operazione Revenge nel 2008 e consegnato alle autorità del Marocco per scontare una condanna. Oussama Kachia raccoglie l'eredità del padre e si spinge più in là: diventa un «ripetitore», come vengono definiti gli ultrà che svolgono la funzione chiave di rimbalzare sui social network i messaggi della propaganda jihadista. Nel giro di poco tempo, sul suo account twitter scarica oltre ventitremila messaggi. Quando vien espulso dall'Italia con provvedimento d'urgenza del ministero dell'interno, ripara in Marocco. E da lì rilascia una lunga intervista al sito Varesenews dichiarando il suo amore per l'Isis («il Califfato unisce i musulmani e fa ritornare la giustizia divina sulla Terra») e difendendo persino i video delle decapitazioni, («possiamo esser d'accordo o meno però come dicono gli analisti che seguono il conflitto sono efficaci, due giapponesi hanno fatto ritirare il Giappone dall'alleanza»).
É in questo universo di fanatici che si muovono le indagini delle procure, in attesa che parta il coordinamento centrale delle inchieste. É un coordinamento richiesto a gran voce da chi sul campo tiene monitorato quanto si muove nell'ambiente integralista. E che ha maturato una convinzione: dare la caccia ai propagandisti del terrore vuol dire attaccare anche il braccio armato, quello operativo, perché - come dimostra l'indagine bresciana - sono due facce della stessa medaglia.
"La nostra vittoria è vicina". Così parlano i jihadisti d'Italia
Da ragazzi qualunque a terroristi che arruolavano martiri anche tra i minorenni. I giudici: "Erano pronti a morire e uccidere. Il pericolo è serio". Sostieni il reportage
Luca Fazzo - Ven, 27/03/2015
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 10073.html
Non mollano la presa, non si arrendono. Halili el Mahdi, il ragazzo di Torino che ha scritto il primo proclama dell'Isis in lingua italiana, è in galera per propaganda terrorista.
Ma il suo amico Oussama Khachia, espulso dall'Italia un mese fa, continua dal suo rifugio a stargli vicino. E anche ieri gli manda un messaggio via Facebook: «Un giorno in sha Allah finirà tutta questa ingiustizia, caro fratello mio abbi pazienza. La notte dell'ingiustizia è stata lunga ma l'alba della Vittoria la vediamo vicina».
Sono convinti di vincere. Ed anche in questa certezza sta la forza delle cellule italiane dell'Isis: «Tale esaltazione - scrive il giudice che ha ordinato gli arresti dell'altro ieri - risulta particolarmente efficace nella prospettiva del reclutamento e dell'adesione di nuovi soggetti alla causa terroristica, ove si consideri che il messaggio di propaganda si rivolge soprattutto ai giovani musulmani residenti in Italia, i quali sia per le comuni difficoltà di inserimento sia per la problematica congiuntura economica si trovano sovente ad affrontare una condizione di emarginazione sociale».
É lì, tra gli adolescenti delle nuove banlieu italiane, che i reclutatori dell'Isis hanno pescato i foreign fighters partiti per il fronte, come Anas el Abboubi, il ragazzo bresciano che oggi combatte sotto il nome di «Anas l'Italiano», ma anche come Maria Giulia Sergio «Fatima», la giovane di Inzago arruolata anche lei per la guerra santa nei mesi scorsi. Un filo sotterraneo lega gli uffici di reclutamento sparsi per l'Italia, e gli integralisti di etnia albanese svolgono un ruolo chiave: sono zio e nipote albanesi, Alban e Elvis Elezi, a far partire el Abboubi, e persino ad arruolare un ragazzino di 17 anni come Mahmoud Ben Ammar; e albanese è il secondo marito di Maria Giulia Sergio, quello che ne produce la conversione all'Islam più radicale. Secondo i nostri 007, il marito della Sergio ha stretti contatti con i suoi connazionali che vivono in Toscana, nella zona di Monteroni d'Arbia, dove martedì è stato perquisito un propagandista nell'ambito del bliz coordinato dalla procura di Brescia.
Quello che ha stupito gli investigatori bresciani quando hanno iniziato a scavare sulla doppia vita dei reclutatori è stata la rapidità dell'evoluzione: da ragazzi qualunque, a fanatici della guerra santa e del martirio. Mio figlio «mi ha detto di non voler tornare, e ha dato appuntamento in paradiso a tutti coloro che l'hanno sentito», racconta il padre di Anas el Abboubi il 18 dicembre 2013. Pochi giorni dopo, l'11 gennaio 2014, il ragazzo si fa vivo dal fronte, usando un cellulare siriano; al padre che gli chiede se vive in un sotterraneo risponde: «Come sotterraneo? Siamo davanti al nemico, mica siamo venuti qua a scherzare. Ci sono solo spari e missili e guardia. Lo stato islamico, grazie ad Allah, li ha massacrati e li ha cacciati via».
Sono pronti a uccidere e a morire: anche i due ragazzi di Torino arrestati l'altro ieri, Halili el Mahdi e il suo compagno di scuola Elvis Elezi. Mentre Halili scrive proclami, Elvis individua e arruola. Un suo cugino, Idajet Balliu, è morto combattendo sotto le bandiere di Dawla Islamia, la formazione di terroristi albanesi comandata dal kossovaro Lavdrim Muhaxerri, protagonista di una lunga serie di atrocità in difesa dell'Isis. La foto del suo cadavere nella bara viene inviata alla famiglia con un messaggio: «Allah ti ha portato la gioia con un fratello martire». Dopo la morte di Idajet, l'attività di reclutamento di Elvis e suo zio Alban si è fatta ancora più intensa. Dall'Italia il percorso porta a Tirana, quindi a Istanbul e da lì a Gaziantep, l'aeroporto più a ridosso del confine siriano. Su questa strada doveva essere avviato anche Mahmoud, il minorenne di Gallarate. Elezi ne parla con un complice «É minorenne, comunque non è lì il problema perché si può fare in sha Allah ».
Il ragazzino viene irretito, quasi senza sforzo. E a stupire ancora gli investigatori c'è un dettaglio: a convincerlo è un filmato (tuttora reperibile sul web, https://archive.org/details/nenwa_22) con scene di addestramento di adolescenti di una brutalità sconcertante. I ragazzini vengono presi a bastonate e a calci dall'istruttore incaricato di trasformarli in combattenti. Che a un diciassettenne di Cermenate questo sia apparso non un incubo ma un sogno da realizzare, è uno degli elementi che fa scrivere al giudice Bonamartini del «serissimo pericolo» che l'Italia corre.
Immigrazione, Ucoi: "Ricorsi in Italia e Ue contro l'espulsione degli islamici"
L'Ucoi annuncia battaglia: "Chi è stato espulso non ha avuto un giusto processo, ora partiranno i ricorsi"
Mario Valenza - Dom, 26/04/2015
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 20714.html
Gli islamici che vivono in italia non hanno accettato le espulsioni dei loro "fratelli" accusati di terrorismo.
Così adesso promettono battaglia e ricorsi in tribunale per farli rientrare. "Ci saranno ricorsi in sede italiana ed europea affinchè ai presunti terroristi espulsi dall’Italia sia garantito un giusto processo. Non è compito dell’Ucoi, ma abbiamo notizia che sul territorio associazioni di diritti civili si impegneranno in quella direzione perchè a nostro avviso non sempre lo stato di diritto è stato rispettato", ha annunciato Izzedine Elzir presidente Ucoi, intervistato da Klaus Davi, conduttore di KlausCondicio.
"Ripeto non sarà l’Ucoi, ma associazioni di volontariato che faranno valere lo stato di diritto", ha aggiunto. Insomma espellere dal nostro paese chi pianifica attentati o ha rapporti con cellule jihadiste sarebbe un "atto di ingiustizia". Ma la mossa dell'Ucoi non è l'ultima su questo fronte. Solo qualche giorno fa Oussama Kachia, il trentenne marocchino residente nel Varesotto espulso da Alfano per le dichiarazioni su Facebook a favore dell'Isis e che aveva rivolto minacce pesanti a Il Giornale, ha presentato ricorso contro il provvedimento di espulsione. In questo momento l'uomo si trova in Marocco, ma il suo avvocato ha già presentato ricorso al Tar del Lazio.