Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani, atei

Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » sab gen 24, 2015 6:51 pm

Chi è il profeta Mohammed ?

http://www.islam-guide.com/it/ch3-8.htm

Mohammed nacque alla Mecca nel 570. Fin dalla morte del padre, prima della sua nascita e dopo la morte della madre, avvenuta subito dopo, fu allevato dallo zio che apparteneva alla rispettata tribù di Quraysh. Crebbe analfabeta e così rimase fino alla sua morte. Il suo popolo, prima della sua missione come profeta, non conosceva la scienza e la maggior parte di loro era analfabeta. Quando crebbe, divenne conosciuto per la sua sincerità, onestà, fedeltà e generosità. Era così fedele da essere chiamato il Fedele.1 Mohammed era molto religioso e detestò a lungo la decadenza e l'idolatria della sua società.

All'età di quarant'anni, Mohammed ricevette la sua prima rivelazione da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele. Le rivelazioni continuarono per ventitré anni e sono conosciute, nel complesso, con il nome di Corano.

Appena iniziò a recitare il Corano e a predicare la verità che Dio gli aveva rivelato, lui e il suo piccolo gruppo di seguaci furono perseguitati dai non credenti. Le persecuzioni diventarono così feroci che nell'anno 622 Dio diede loro l'ordine di emigrare. Questa migrazione dalla Mecca alla città di Medina, circa 450 km a Nord, segna l'inizio del calendario musulmano. (Ma da nesuna parte se cata scrito ke la persecusion la xe stà violenta e ke i moamediani li xe stà copà)

Dopo diversi anni, Mohammed e i suoi seguaci ritornarono alla Mecca, dove perdonarono i loro nemici. Prima della sua morte, all'età di sessantatré anni, la maggior parte della penisola arabica divenne musulmana e circa dopo cento anni dalla sua morte, l'Islam conquistò la parte Ovest della Spagna e la Cina. Tra le ragioni di una così rapida e pacifica diffusione dell'Islam vi è la verità e la chiarezza della sua dottrina. L'Islam richiede la fede in un solo Dio, che è l'unico degno di essere adorato.

Il profeta Mohammed fu un esempio perfetto di essere umano onesto, giusto, misericordioso, compassionevole, fedele e coraggioso. Sebbene fosse un uomo, non possedeva caratteristiche cattive e si sforzò unicamente per predicare nell'interesse di Dio e nella sua ricompensa nell'aldilà. Inoltre, in tutte le sue azioni e relazioni fu attento e timido verso Dio.


Il Profeta Muhammad (MAOMETTO)

http://cronologia.leonardo.it/storia/anno622a.htm

Secondo la tradizione, il patriarca Abramo condusse Agar e il loro figlio Ismaele verso l’interno dell’immenso deserto a nord della penisola Araba, in una desolata valle a sud della terra di Canaan. Vennero presi dalla sete e Agar, temendo per la vita del bambino, salì su una roccia per vedere se vi fosse qualcuno che poteva aiutarli. Non vedendo nessuno corse verso un altura, anche questa volta senza esito. In preda al panico, la donna corse sette volte da un punto all'altro, finché alla fine della settima corsa, stremata, sedette a riposare su una roccia. Apparve l’angelo, che le ordinò di alzarsi e di sollevare il fanciullo. Le annunciò che Dio avrebbe creato, per mezzo di Ismaele, una grande nazione. Quando riaprì gli occhi, Agar vide una sorgente d’acqua scaturire dalla sabbia proprio nel punto in cui in tallone del bambino aveva premuto il terreno.

Da allora la valle divenne luogo di sosta per le carovane che percorrevano il deserto, poiché l’acqua era buona e abbondante: il pozzo prese il nome di Zamzam. Un giorno Abramo fece visita al figlio e Dio gli mostrò il punto esatto, vicina al pozzo, sul quale lui e Ismaele dovevano edificare un santuario. Spiegò loro come doveva essere costruito: il nome dell’edificio, derivato dalla sua forma, sarebbe stato Ka’bah, ovvero cubo. I quattro angoli dovevano essere orientati secondo i punti cardinali, e in quello orientale doveva essere collocata l'oggetto più santo: una pietra d'origine celeste e di colore nero.
II grande pellegrinaggio alla Mecca, così come venne istituito da Abramo, doveva avere luogo una volta l’anno, ma altri minori potevano essere compiuti in qualsiasi momento. In numero sempre crescente, da tutte le patti dell'Arabia e da altri paesi, i pellegrini iniziarono il loro afflusso alla Mecca.

Il pellegrinaggio.
Quando l’edificio della Ka’bah fu completato, Dio comandò ad Abramo di istituire il rito del pellegrinaggio alla Mecca:
"Purifica la Mia Casa per coloro che vi compiono circumambulazione, si fermano in piedi vicino ad essa e si inchinano e fanno le prostrazioni.
E proclama agli uomini il pellegrinaggio, in modo che essi possano venire a te su snelli cammelli, da ogni profonda vallata" (Corano XXII, vv. 26-27).
Con il passare dei secoli, e per vari motivi, la purezza del culto al Dio unico andò perdendosi. Anche il pozzo di Zamzam fu soppresso.
Il pozzo di Zamzam
Adiacente al lato nordoccidentale della Ka’bah c’è un piccolo spiazzo detto Hijr Ismà’il, perché sotto le pietre che lo pavimentano si trovano le tombe di Ismaele e Agar. Una notte ‘Abd al-Muttalib, mentre dormiva in quel luogo, come amava fare per essere più vicino possibile alla Casa di Dio, ebbe la visione di una figura che gli ordinava di scavare il pozzo di Zamzam, dopo avergli dato le indicazioni per trovarlo. Con il ritrovamento del pozzo venne alla luce anche il tesoro sepolto sotto la sabbia. Con abilità e coraggio ‘Abd al-Muttalib riuscì a scongiurare lo scontro tra i clan. Da allora fu stabilito che fosse il clan di Hàshim a prendere in custodia il pozzo di Zamzam.

Diretti responsabili furono i membri della tribù di Giurhum, proveniente dalla Yemen. I Giurhum si erano assicurati il controllo della Mecca, e i discendenti di Abramo lo avevano tollerato, perché una moglie di Ismaele apparteneva a quella tribù. Ma venne un tempo in cui i Giurhum cominciarono a commettere ogni sorta di iniquità, tanto da finire cacciati dalla città. Prima di partire, riempirono il pozzo con parte del tesoro del Santuario e lo coprirono di sabbia. Dopo di loro, divennero Signori della Mecca i Khuza’ah, una tribù araba discendente da Ismaele, emigrata nello Yemen e poi ritornata nel nord. Costoro non fecero nessun tentativo per ritrovare il pozzo, e posero l’idolo siriano Hubal all’interno della Ka’bah.

Nel IV secolo d.C. circa, un uomo di nome Qusay, membro della tribù araba Quraysh, discendente da Abramo, sposò la figlia del capo dei Khuza’ah. Alla morte del suocero, Qusay governò la Mecca e divenne il custode della Ka’bah. Ebbe quattro figli. Nonostante il più importante e onorato, già mentre il padre era in vita, fosse ‘Abdu Manaf, il padre gli preferì come successore il meno capace primogenito ‘Abd ad-Dat.

Lo scontro si verificò nella generazione successiva, quando una metà dei Quraysh si raccolse attorno al figlio di ‘Abdu Manàf, Hashim, che era senza dubbio l’uomo più degno del tempo. La violenza era tassativamente proibita, non solo nell’area del Santuario ma anche in un raggio di molti chilometri intorno alla Mecca. Si arrivò dunque a un compromesso tra le due fazioni: fu convenuto che i figli di ‘Abdu Manaf mantenessero il diritto di esigere le tasse e di provvedere i pellegrini di cibo e bevande, mentre i figli di ‘Abd ad-Dàr avrebbero continuato a tenere le chiavi della Ka’bah e gli altri diritti. Lungo la via delle carovane e a circa undici giorni di cammello a nord della Mecca si trovava l’oasi di Yathrib, abitata da tribù di ebrei, ma sotto il controllo di una tribù araba proveniente dal sud. Questa tribù successivamente si divise in due clan, Aws e Khazraj, in lotta tra loro. Hashim chiese la mano della donna più influente dei Khazraj ed ebbe da lei un figlio, ‘Abd al-Muttalib, che fin da giovane mostrò di possedere doti di condottiero. E infatti, alla morte dello zio, a lui venne conferito il compito di nutrire e dissetare i pellegrini. ‘Abd al-Muttalib era rispettato dai Quraysh per il suo coraggio, e per le doti di affidabilità, generosità e saggezza. Gli mancava però qualcosa di molto importante per la società araba: i figli. ‘Abd al-Muttalib pregò Dio di favorirlo mandandogli figli, e aggiunse alla preghiera il voto che, se fosse stato benedetto con dieci figli, avrebbe sacrificato uno di essi alla Ka’bah. La preghiera venne esaudita, e quando i figli raggiunsero l’età adulta, il padre li radunò e disse loro del patto con Dio, pregandoli di aiutarlo a mantenere l’impegno preso; li condusse al Santuario dove ognuno di loro consegnò la propria freccia perché fosse giocata a sorte. uscì la freccia del più giovane e più amato ‘Abd Allah. Le proteste delle donne della famiglia convinsero ‘Abd al-Muttalib a consultare una saggia donna della sua città natale, Yathrib. Poiché il riscatto di un uomo stabilito alla Mecca era di dieci cammelli, la donna consigliò di gettare le sorti tra il ragazzo e dieci cammelli. Solo la decima volta la freccia cadde verso i cammelli: al posto del ragazzo si dovettero dunque sacrificare cento cammelli. Quella era la volontà di Dio, e ‘Abd Allah fu salvo. Il padre decise allora di dargli moglie e fu scelta una nipote di Qusay, la bella Amina, figlia di Wahab. Il matrimonio si celebrò nel 569, anno che precedette quello conosciuto come "l’anno dell’Elefante".

Nascita di Muhammad (S.a.s.). Nel 570, ‘Abd Allah fu assente dalla Mecca, poiché si era recato a commerciare in Palestina e in Siria. Sulla via del ritorno, si fermò presso la famiglia della nonna, a Yathrib, ma lì cadde ammalato e in pochi giorni morì. Grande fu il dolore di tutta La Mecca, e l’unica consolazione del padre di ‘Abd Allah e della moglie Amina fu il bimbo nato alcune settimane dopo la morte del padre. Al neonato, subito portato dal nonno al Santuario e nella Casa di Dio per innalzare una preghiera di ringraziamento, fu dato il nome di Muhammad.

L’Anno dell’Elefante
Nel 570 lo Yemen era sotto la dominazione abissina, e un abissino di nome Abrahah ne era il vicereggente.
Il suo obiettivo era soppiantare La Mecca quale più importante centro di pellegrinaggio, e per questo scopo fece costruire una grande cattedrale a San’à. Questo suscitò l’ira delle tribù arabe e un membro di una tribù affine ai Quraysh decise di profanare la chiesa.
La conseguenza fu che Abrahah, infuriato per questo gesto, giurò di radere al suolo la Ka’bah. A tal fine preparò un grande esercito, alla testa del quale mise un elefante, Fu solo un miracolo divino a salvare la Ka’bah dalla distruzione e l’esercito di Abrahah si ritirò, sconfitto da stormi di uccelli mandati da Dio per colpire l’armata con pietre sterminatrici.

Pochi erano gli Arabi che sapevano leggere, ma il desiderio delle famiglie nobili era che i loro figli imparassero a parlare la lingua araba pura. L’eloquenza e la bellezza del discorso erano considerati una virtù e i meriti di un uomo in gran parte erano dovuti alle sue doti di poeta e alla perfezione della sua poesia. La tribù dei Quraysh, recentemente adattata alla vita sedentaria, era incline ad affidare i propri figli a nutrici beduine, che li allevavano alla sana vita del deserto. Il piccolo Muhammad fu affidato a una donna di nome Halimah, che aveva il compito di allattarlo e di farlo crescere all’aria aperta, nei grandi spazi del deserto, con la libertà per l’anima che questo offre. Il bimbo visse nel deserto per tre anni.

La purificazione.
Quando Muhammad aveva tre anni, accadde un episodio molto significativo, che contribuì alla purificazione del suo spirito. Mentre stava giocando con il fratello di latte dietro le tende, si presentarono due uomini vestiti di bianco che recavano un bacile d’oro pieno di neve. Presero il bimbo e lo distesero a terra, gli aprirono il petto e con le mani gli estrassero il cuore. Tolsero un piccolo grumo nero, che buttarono via. Poi lavarono il cuore e il petto del bambino con la neve e lo lasciarono andare. Il racconto del fratellino che aveva assistito all’episodio allarmò la nutrice, che decise di riportare subito Muhammad alla sua famiglia per timore che gli potesse capitare qualcosa di grave.

Quando ebbe sei anni la madre volle portarlo a conoscere i parenti di Yathrib. Durante il viaggio la donna si ammalò e morì in pochi giorni. Il nonno si prese cura del bimbo rimasto orfano, riversando su di lui tutto l’amore che aveva per il figlio morto. Due anni più tardi, sul letto di morte, affidò Muhammad ad Abu Talib, fratello del padre del ragazzo, che non fu meno affettuoso e premuroso del vecchio ‘Abd al-Muttalib.

Abu Tàlib aveva tanti figli ed era povero, e perciò il nipote si sentì obbligato a contribuire al proprio sostentamento, portando al pascolo pecore e capre: passava così molto tempo in solitudine, tra le colline sopra la Mecca.

Qualche volta lo zio lo portava con sé nei suoi viaggi; all’età di dieci anni circa, Muhammad partì insieme allo zio con una carovana di mercanti diretta in Siria. A Bostra, sulla via delle carovane dirette alla Mecca, incontrarono un monaco cristiano di nome Bahira, che conosceva la predizione di antichi manoscritti sulla venuta di un profeta per gli Arabi. Non appena vide il ragazzo ed ebbe osservato bene il suo viso, il monaco capi che quello era il profeta atteso e lo comunicò allo zio, chiedendogli di mantenere il segreto.

Il giovane Muhammad.
All’età di venticinque anni Muhammad era di statura media, di corporatura snella, con larghe spalle; i capelli e la barba erano folti, neri e leggermente ondulati. Aveva la pelle chiara, la fronte ampia. Gli occhi, con un largo taglio ovale e ciglia lunghe e folte, erano neri secondo alcune descrizioni, castani secondo altre.

Muhammad rimase celibe più a lungo di quanto fosse solito nella società araba, a causa della sua povertà. Allora usava sposarsi tra cugini e il giovane invano chiese allo zio la mano della cugina Umm Hàni, che fu data in sposa ad un altro cugino per motivi economici e di alleanze tra i clan. Tra i più ricchi mercanti della Mecca c’era anche una donna, Khadijah, (Kadigia) del potente clan degli Asad e lontana cugina dei figli di Hàshim. Dalla morte del secondo marito, era solita assumere uomini che commerciassero per lei. Khadijah aveva già sentito parlare di Muhammad, che nella città di Mecca godeva la fama di al-Amin, "il fidato, l'onesto". Un giorno Khadijah gli affidò l’incarico di portare alcune merci in Siria. Al ritorno dal viaggio Muhammad, si recò personalmente a casa di Khadijah con le mercanzie che aveva acquistato in Siria e col ricavato delle vendite.

Khadijah era una bella donna, anche se più vecchia di Muhammad di circa quindici anni. Il guadagno non sembrò interessarla quanto il fascino del giovane stesso: in breve, mandò un’amica a combinare il matrimonio. Il giorno delle nozze la moglie donò al marito uno dei suoi schiavi, un giovane di quindici anni di nome Zayd, che divenne figlio adottivo di Muhammad (S.a.s.). All’età di trentacinque anni, per sollevare lo zio dalle difficoltà economiche, Muhammad accolse il cugino ‘Ali nella sua casa. In quell’anno i Quraysh decisero di ricostruire la Ka’bah e affidarono a Muhammad il compito di collocarvi la Pietra Nera.

Il ritiro.
Muhammad amava la solitudine e la meditazione, e si recava in ritiro spirituale in una grotta del Monte Hira’, nei pressi della Mecca.
Una notte, nel suo quarantesimo anno d’età, in quello che sarà poi il mese di Ramadan, tradizionalmente dedicato al digiuno e al ritiro, mentre era solo nella grotta, Muhammad vide un Angelo in forma umana, che (secondo alcune fonti) gli ingiunse di leggere.
Spaventato, Muhammad fuggì dalla grotta. Raccontò l’accaduto alla moglie, che corse a riferire tutto al cugino Waraqah, un hanif (credente monoteista) grande conoscitore delle antiche scritture.
Questi annunciò alla donna che il marito era il Profeta premesso.
A questa seguirono altre conferme, direttamente dal Cielo sotto forma di rivelazioni. Incoraggiato dalla moglie, Muhammad cominciò a narrare dell’Angelo e delle Rivelazioni a coloro che gli erano più vicini e più cari. I primi ad accettare le regole della nuova religione, dopo Khadijah, furono il cugino ‘Ali, il figlio adottivo Zayd, e l’amico fidato del Profeta, Abu Bakr, un uomo amato e rispettato, poiché era di grande cultura, gentile e piacevole. Per suo tramite molti aderirono alla nuova religione, e anch’egli, come Khadijah, non esitò a dedicare tutte le sue ricchezze alla causa dell’Islam. Il gruppo dei credenti, uomini e donne, cresceva sempre più, anche se nessun invito ad aderire alla nuova religione era stato fatto pubblicamente.

Nei primi tempi dell’Islam i compagni del Profeta andavano sempre in gruppo a pregare, senza essere visti, nelle vallate vicino alla Mecca. Accadde che alcuni idolatri li sorprendessero in preghiera e brutalmente li coprissero di insulti. I musulmani decisero di non far uso della violenza, finché Dio avesse deciso altrimenti.

Quando Muhammad proclamò apertamente la nuova religione, i Quraysh parvero disposti a tollerarla. Ma quando si resero conto che essa si contrapponeva ai loro dei, alla loro tradizione e ai loro principi, temettero per la loro attività commerciale e si appellarono ad Abu Talib perché ponesse freno alle attività del nipote. Ma le pressioni dei Quraysh non ebbero alcun esito. I Quraysh si limitarono allora a una persecuzione capillare contro i credenti che non godevano di protezioni.

Persecuzioni. ???
La conversione di ‘Umar non dissuase lo zio Abu Jahl dal perseguitare i musulmani. Venne stilato un documento in cui i Quraysh si impegnavano a non sposare donne del clan di Hashim, né a dare le proprie figlie in matrimonio a uomini hashimiti, né a vendere o comperare nulla da loro. Circa quaranta capi quraysh posero il loro sigillo su questo accordo, anche se alcuni di loro furono costretti a farlo e il documento fu depositato all’interno della Ka’bah. Il bando contro i musulmani restò in vigore per due anni senza produrre gli effetti desiderati. Infine venne ufficialmente revocato per iniziativa di alcuni capi che non lo avevano mai condiviso.

Le origini della comunità.
Il numero dei credenti aumentava continuamente, malgrado la crescente ostilità dei meccani nei loro confronti. Accadde anche che il Profeta venisse aggredito ed insultato apertamente dal maggiore nemico dell'Islam, Abu-l-Hakam, rinominato poi Abu Jahl, "padre dell'ignoranza". Il Profeta non reagì, ma si limitò ad alzarsi per fare rientro a casa. Hamza, uno zio del Profeta, venuto a conoscenza dell’accaduto, si recò prontamente alla moschea, dove era seduto Abu Jahl con alcuni Quraysh, e lo colpì sulle spalle con l’arco, con tutta la sua forza. Questi non reagì, per evitare il peggio: anche perché Hamza dichiarò davanti a tutti la sua adesione all’Islam. Questa nuova vittoria di Muhammad allarmò i Quraysh: la figura di Hamza, grande guerriero, dava all’Islam forza e protezione. Dopo questo episodio, i Quraysh ritennero necessario trovare un immediata soluzione per porre fine ad un processo che stava portando alla rovina il loro prestigio tra gli Arabi e minacciava i loro interessi. Uno di loro si recò dal Profeta, che era seduto da solo vicino alla Ka’bah, per trattare con lui; ma Muhammad, oltre a restare fermo nelle sue posizioni anche davanti a offerte allettanti, continuò a rafforzare la sua comunità con fedeli sempre più influenti, come ‘Uthman, un membro del clan umayyade degli ‘Abd Shams ricco e rispettabile, e con giovani Quraysh, attirandosi ancor più l’ostilità dei loro genitori. Ben presto il Profeta si rese conto che, se egli stesso era risparmiato dalle persecuzioni, molti dei suoi seguaci ne erano vittime. Per metterli in salvo, ordinò loro di trasferirsi in Abissinia. "E' una terra di sincerità religiosa" disse, "dove c’è un re sotto la cui tutela nessuno soffre ingiustizia". Gli emigrati furono accolti molto bene in quella terra e fu loro accordata piena libertà di culto. Questo gruppo, composto da ottanta persone senza contare i bambini piccoli che avevano portato con sé, costituì il nucleo della prima emigrazione dell’Islam.

Alla Mecca intanto, dopo un fallito tentativo di sabotare la fuga in Abissinia, si inaspriva la persecuzione contro i musulmani rimasti. Ma accadde anche che il nipote di Abu Jahl, ‘Umar figlio di Khattab, che era stato tra i più violenti esecutori delle istruzioni dello zio contro i fedeli musulmani, abbracciasse l’Islam. Il suo coraggio lo spinse a pregare apertamente di fronte alla Ka’bah esortando i musulmani a pregare con lui.

Nell’anno 619 morì, a sessantacinque anni, Khadijah. La morte dello zio Abu Talib giunse poco dopo quella della moglie, gravando di dolore l’animo del Profeta e indebolendo la sua posizione. Nello stesso anno egli sposò Sawdah, quasi trentenne, anche lei vedova. Alcuni mesi dopo la bella e giovane figlia di Abu Bakr, ‘A’ishah, venne promessa a Muhammad.

Aws e Khazraj. A Yathrib le due tribù, sempre in contrasto tra loro, cercavano alleanze con alcune le tribù ebraiche che vivevano nell’oasi. I rapporti, però, erano di reciproca diffidenza, dovuta al fatto che gli ebrei, monoteisti, non avevano simpatia per gli Arabi politeisti. Quando gli Arabi udirono che alla Mecca c era un uomo che si proclamava Profeta, le loro ricerche di alleanza si volsero in quella direzione. Una delegazione inviata dai capi degli Aws si recò alla Mecca per chiedere aiuto ai Quraysh contro i Khazraj, ma la risposta fu negativa. Durante l’attesa, il Profeta volle offrire loro qualcosa di meglio di ciò per cui erano venuti: recitò una parte del Corano. Ma essi erano restii a convertirsi. In seguito ebbe luogo il quarto conflitto tra le due tribù.

Nel 620, durante il pellegrinaggio, ad ‘Aqabah, una località vicina a Mina in direzione della Mecca, avvenne l’incontro con sei uomini di Yathrib della tribù di Khazraj, che accettarono di adempiere alle condizioni loro imposte dall’Islam.

Nel frattempo, il quarto e più aspro conflitto tra Aws e Khazraj, avvenuto nella città di Yathrib, non aveva avuto esiti decisivi e si era concluso con un accordo di tregua temporanea. I sei messi della tribù Khazraj che avevano incontrato Muhammad ad ‘Aqabah portarono il suo messaggio alla loro gente. L’estate dell’anno 621, cinque uomini rifecero il pellegrinaggio portando con sé altri sette uomini, due dei quali erano della tribù di Aws. I dodici uomini stipularono con il Profeta un patto, noto come la Prima ‘Aqabah. Un anno dopo, settantatré uomini e due donne strinsero il secondo patto col Profeta; questo lo incoraggiò a spingere i suoi seguaci perseguitati dai Meccani a emigrare a Yathrib. In breve tempo tutti i fedeli più vicini a Muhammad abbandonarono La Mecca, ad eccezione di Abu Bakr e del cugino ‘Ali.

L’attentato.
I Quraysh si accordarono su un piano suggerito da Abu Jahl per uccidere il Profeta; ogni clan doveva designare un giovane fidato. Al momento opportuno, i prescelti si sarebbero gettati su Muhammad, sferrando ciascuno un colpo mortale. In questo modo, il sangue del Profeta sarebbe ricaduto su tutti i clan. I giovani scelti per eseguire il piano si riunirono presso la sua porta dopo il calar della notte. Ma il Profeta e il cugino ‘Ali si accorsero della loro presenza; Muhammad diede allora ad ‘Ali il mantello verde con cui era solito dormire, chiedendogli di giacere sul suo letto avvolto nel mantello, per ingannare gli assalitori. Protetto dal velo della notte e dall’intervento divino, il Profeta uscì dalla casa, si recò da Abu Bakr e fuggì con lui verso Yathrib.

Hijrah, l’emigrazione.
Il progetto di un attentato alla vita di Muhammad da parte dei Quraysh, costrinse il Profeta e Abu Bakr a fuggire. Dopo non pochi rischi e difficoltà, raggiunsero l’oasi di Yathrib il 27 settembre del 622. Muhammad fu accolto con grande entusiasmo, e subito ordinò di acquistare un cortile e di trasformarlo in moschea. Ai musulmani di Medina il Profeta dette il titolo di Ansar, ovvero "ausiliari", mentre ai musulmani qurayshiti e delle altre tribù emigrate nell’oasi attribuì quello di Muhajirun. Le due comunità vennero rafforzate da una terza e il Profeta stipulò un accordo di mutua collaborazione tra i suoi seguaci e gli ebrei dell’oasi, riunendoli in un’unica comunità di credenti, in cui erano rispettate le differenze tra le due religioni.

In breve l’Islam si stabilì nell’oasi, che presto cambiò nome e divenne al-Madina al-Munawuarah, "la città illuminata". Quando fu completata la costruzione della Moschea, il Profeta fece aggiungere lungo la parte orientale due piccole abitazioni. Muhammad andò a vivere con le figlie e Sawdah nella nuova casa e dopo breve tempo furono celebrate le nozze con la giovane ‘A’ishah.

In quel tempo era prevalente l’aspetto giuridico della Rivelazione, che prescriveva il digiuno e l’elemosina e stabiliva in generale ciò che era proibito e ciò che era permesso. Una rivelazione scesa non molto tempo dopo l’arrivo del Profeta a Medina, legata allo sviluppo degli eventi, concesse all’Islam il permesso di combattere. A questo punto la guerra contro i politeisti (???) della Mecca era inevitabile. Un fallito attacco a una carovana meccana scatenò la prima battaglia tra musulmani e politeisti. I motivi del conflitto erano molti. Tra questi, la vendetta originata dalla confisca dei beni degli Emigrati da parte dei Meccani e le ormai pressanti necessità economiche, conseguenti alla crescita della comunità, il cui mantenimento era a carico degli Ausiliari.

Il Profeta marciò con un gruppo armato di Emigrati e Ausiliari di circa trecento uomini. Raggiunse Badr, una località a ovest della strada costiera che va dalla Siria alla Mecca, sperando di sorprendere la carovana di Abu Sufyan, capo clan degli Umayyadi, alleato dei Quraysh. Ma questi si accorse della manovra e mise in salvo i suoi. I Quraysh, intanto, uscirono in armi per soccorrere la carovana. Il 17 marzo dell’anno 623 i Quraysh affrontarono i musulmani con un armata di mille uomini. Fu una battaglia durissima, nella quale i Quraysh persero alcuni tra i migliori cavalieri e capi dei clan, e si ritirarono alla Mecca in disfatta. In seguito, ci furono altri due scontri tra musulmani e Quraysh. In un primo tempo questi ultimi ebbero la meglio (625), ma fallirono l’attacco decisivo contro Medina (627).
(ricordiamo qui, che la battaglia di Badr, ancora oggi è considerata dai fondamentalisti islamici il più grande evento della loro storia)

Le battaglie.
Durante i due anni che seguirono la battaglia di Badr, i Meccani risentirono molto delle conseguenze della perdita delle strade carovaniere lungo il Mar Rosso. L’attacco a una ricca carovana meccana diretta in Iraq, che causò la perdita di consistenti quantità di merci, rappresentò un grave danno per i Quraysh e li indusse a intensificare i preparativi di guerra, già in atto fin dalla disfatta di Badr. Lo scontro avvenne a ‘Uhud, una località a nord di Medina. Fu un grande massacro, una disfatta per i musulmani, con la perdita di parenti e compagni del Profeta. Ma questo duro colpo non indusse la comunità a rinunciare alla sfida. Nel 627 i Quraysh decisero di sferrare un attacco decisivo contro Medina. Durante l’assedio, detto "del fossato", la tribù ebraica dei Qurayza prese le parti dei Meccani, rompendo il patto di alleanza stretto con il Profeta. Questo atto fu all’origine di un duro scontro tra musulmani ed ebrei, che ebbe gravi conseguenze per questi ultimi.

L’anno seguente il Profeta decise di recarsi con i suoi fedeli in pellegrinaggio alla Mecca. Appena seppero della avvenuta partenza dei pellegrini da Medina, i Quraysh, convocarono un consiglio nell’Assemblea. Nonostante fosse già cominciato il mese sacro, mandarono duecento cavalieri a sbarrare il passo ai pellegrini. Questi però riuscirono a cambiare percorso in tempo, raggiungendo il passo che porta a Hudaybiyah, una pianura al di sotto della Mecca, ai confini del territorio sacro. Per risolvere la difficile situazione i Quraysh inviarono Suhayl ibn-Amin, noto per astuzia e abilità, a trattare con il Profeta. L’incontro si concluse con un trattato che stabiliva un armistizio per dieci anni; inoltre, in quell’anno Muhammad e i suoi fedeli non sarebbero entrati alla Mecca contro il volere dei Meccani e in loro presenza. Il trattato stabiliva anche che chiunque desiderasse essere legato al patto con il Profeta era libero di farlo. Fu infine deciso che l’anno successivo i politeisti si sarebbero allontanati dalla città per tre giorni, per consentire al Profeta e ai suoi compagni di compiere il pellegrinaggio. L’anno successivo, in base al trattato con i Quraysh, quasi duemila fedeli compirono il rito del pellegrinaggio nella città completamente vuota, mentre gli abitanti assistevano all’avvenimento dalle alture circostanti.

Poco tempo dopo, intorno all’anno 630, un’incursione notturna compiuta da una tribù alleata dei Quraysh contro una tribù alleata del Profeta provocò un morto. Muhammad considerò questo incidente come una rottura dell’armistizio. Non potendo rimanere indifferente alla richiesta di aiuto della tribù alleata, iniziò i preparativi per una campagna contro i Quraysh. L’armata era la più grande che fosse mai partita da Medina e contava quasi diecimila uomini. Quando l’ordine d'attacco fu impartito l’armata, divisa sotto quattro comandi, entrò nella città della Mecca da quattro direzioni diverse. L’entrata vittoriosa del Profeta nella sua città natale fu celebrata solennemente: egli si fece portare prima verso la Ka’bah, quindi al pozzo di Zamzam per bere. Ritornò poi alla Ka’bah e ordinò di distruggere tutti i dipinti e gli idoli presenti all’interno dell’edificio.

Dopo la vittoria, il Profeta ritornò a Medina e iniziò a ricevere molte delegazioni da ogni parte dell’Arabia. Tra queste ci furono anche delegazioni di ebrei e cristiani provenienti dallo Yemen e da Najran. Il Profeta sottolineò gli obblighi dell’Islam, imponendo di accogliere con benevolenza i messi incaricati di riscuotere le tasse cui musulmani, cristiani ed ebrei erano soggetti, e affermò che tutti avrebbero avuto la protezione di Dio e dello Stato islamico per se stessi, i propri beni e le proprie chiese.

L’anno successivo, il Profeta uscì da Medina alla testa di oltre trentamila uomini e donne per compiere il pellegrinaggio. In questa occasione stabilì definitivamente il rito secondo le antiche regole abramiche e pronunciò un sermone che finiva con la domanda:
"O uomini, vi ho trasmesso fedelmente il mio messaggio?". Alla risposta affermativa, alzò l’indice verso il cielo e disse: "O Dio, sii testimone!".

Rientrato a Medina , il Profeta affrontò nuovi pericoli, anche se meno rilevanti per l'Islam, rappresentati da alcuni impostori che si proclamavano profeti.

La morte del Profeta. Un giorno, mentre Muhammad si accingeva a recarsi alla Moschea, la testa cominciò a dolergli come mai prima. Il giorno dopo, l’8 giugno 632, usci per recarsi alla moschea. La preghiera era già iniziata; Abu Bakr, che la guidava, volle cedergli il posto, ma lui gli fece cenno di continuare dicendo: "Guida la preghiera!". Tornato nell’appartamento di ‘A’ishah, si distese sul suo giaciglio con la testa sul petto della moglie. Ella lo sentì pronunciare le ultime parole: "O Dio, con la Compagnia suprema in Paradiso". La testa si fece più pesante sul petto della donna. ‘A’ishah adagiò la testa del Profeta su un cuscino e prese a piangere con le altre mogli.

Abu Bakr. Al momento della morte del Profeta, Abu Bakr si trovava fuori città. Rientrato a Medina, prese in mano la situazione con lucidità e fermezza. Il suo discorso nella moschea scosse profondamente i fedeli. Dopo aver reso lode a Dio, disse con fermezza:
"O gente, per chi voleva adorare Muhammad, invero Muhammad è morto; per chi voleva adorare Dio, invero Dio è Vivente e non muore"

Ai musulmani si presentò il problema di stabilire il successore. Abu Bakr era stato il compagno più vicino al Profeta e aveva guidato la preghiera quando questi era in vita. ’Umar, davanti ai musulmani riuniti, prese allora la mano di Abu Bakr e gli giurò fedeltà, seguito da tutti i presenti. Grande fu il dolore di tutta la città di Medina e tutti gli abitanti si recarono, a gruppi, a rendere l’ultimo saluto al Profeta.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » ven feb 06, 2015 10:09 am

Leje Mancino

http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Mancino

La legge 25 giugno 1993, n. 205 è una norma della Repubblica Italiana che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.
Emanata con il decreto legge 26 aprile 1993 n. 122 - convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993, n. 205 - è nota come legge Mancino, dal nome dell'allora Ministro dell'Interno che ne fu proponente (il democristiano Nicola Mancino).
Essa è oggi il principale strumento legislativo che l'ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini d'odio.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » ven feb 06, 2015 9:20 pm

No alle violenze contro i cattolici - La Chiesa indiana in marcia

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/mar ... scovi.aspx

Dopo lo scioglimento con la forza di un corteo organizzato ieri a Delhi dall'arcidiocesi per chiedere l'intervento del governo contro i ripetuti attacchi a luoghi di culto cattolici nella città e protezione per la comunità, con decine di fermi, oggi la Chiesa indiana è scesa in piazza con una “Marcia per la pace e l'armonia”.

L'evento di Bangalore e a cui hanno partecipato i 140 vescovi indiani riuniti nella grande città meridionale fino al 9 febbraio per la loro Assemblea nazionale, ha coinvolto centinaia di sacerdoti, suore e laici. Tra i partecipanti, il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale cattolica, l'arcivescovo di Delhi, Anil Couto, e l'arcivescovo di Bangalore Bernard Moras.

Poco prima dell'avvio dell'iniziativa, una processione con candele, canti e preghiere, i vescovi hanno espresso “angoscia e preoccupazione per gli attacchi che minacciano l'armonia tra le comunità”. All'assemblea della Chiesa indiana avrebbero dovuto partecipare anche gli arcivescovi Arthur Roche e Protase Rugambwa, in rappresentanza di dicasteri vaticani, ma è stato loro negato il visto per ragioni tecniche.


Chiese devastate, il governo indiano apre le indagini

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/ind ... hiese.aspx

Violenze contro i cristiani e attacchi alle chiese, in India qualcosa si muove. Il Ministro dell'Interno indiano, Rajnath Singh, ha ordinato oggi l’avvio di una inchiesta della polizia di Delhi per indagare sugli attacchi alle chiese cattoliche avvenuti negli ultimi due mesi, a partire dalla profanazione della chiesa di Santa Alfonsa, nel Sud della capitale Delhi.

Come appreso dall’Agenzia Fides, la decisione è stata comunicata dal Ministro ad un gruppo di leader cristiani ricevuti dopo la manifestazione organizzata dai cristiani ieri, 5 febbraio, a Delhi, per protestare contro l’immobilismo del governo. Durante la protesta in strada, del tutto pacifica, la polizia ha impedito ai manifestanti di procedere verso la sede del Ministero, perché “non autorizzati”. Donne, suore, uomini e sacerdoti che chiedevano protezione per le comunità cristiane sono stati fermati, spintonati e costretti a risalire sugli autobus. La delegazione ricevuta dal Ministro includeva leader come don Sebastian Susai, Vicario Generale dell’arcidiocesi di Delhi, e John Dayal, membro della Commissione nazionale per le minoranze, altri avvocati e rappresentanti cattolici.

Come riferito a Fides, il Ministro Rajnath Singh ha respinto le accuse di “complicità e indifferenza della polizia”, ribadendo che “il governo non discrimina sulla base di religione, casta o comunità”.

I delegati hanno detto di avere “perso la fiducia nella polizia”, dato che “i crimini di odio e profanazione di luoghi sacri sono finora impuniti”. L'ultimo incidente che ha scosso la comunità è stato la profanazione dell’Eucaristia, compiuta da ignoti, che hanno fatto irruzione nella chiesa di Sant’Alfonsa. Non è stato rubato nulla e dunque, secondo il parroco, “è stato un gesto che voleva unicamente ferire i sentimenti della comunità”.

La delegazione ha consegnato al Primo Ministro un Memorandum che racconta nel dettaglio i cinque attacchi alle chiese cattoliche e riporta i dati dell’ondata di violenza sui cristiani nell’ultimo anno. “Anche in altre parti del paese la violenza mirata comune continua, con una sua feroce campagna di odio, grazie alla complicità della polizia e all'impunità garantita dallo Stato” afferma il testo del Memorandum. “Gran parte delle violenze ha avuto luogo dopo che il nuovo governo, guidato dal Primo Ministro Narendra Modi, è salito al potere, a maggio 2014. La violenza ha raggiunto un picco tra agosto e ottobre, con 56 casi, ed è proseguita nel 2015”. Il documento ricorda che “la Costituzione indiana è il libro sacro della democrazia. E’ una stella polare per la trasformazione socio-economica di un’India che ha celebrato il pluralismo, la tolleranza e l’armonia”.

Si chiede, quindi, al governo di prendere misure urgenti di tutela per mettere fine alla violenza intercomunitaria e “una squadra investigativa speciale” per indagare sui cinque attacchi di Delhi.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » ven feb 13, 2015 10:15 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » ven feb 13, 2015 10:21 pm

Silvana De Mari – Solo combattendo l'Occidente sconfiggerà il terrorismo islamico. Basta con la criminalizzazione del coraggio e l’odio di se stessi impostoci dal Sessantotto

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 85739335:0


George Orwell scrisse nel 1942: “Il pacifismo è di fatto pro-fascista. Lo conferma il più elementare senso comune. Se da un lato ostacoli chi in guerra è dalla tua parte, automaticamente aiuti il nemico”

L’arcivescovo di Erbil, Iraq, il vescovo dei perseguitati, uno dei vescovi che non è stato fatto cardinale, ha affermato che il “Califfato islamico” si ferma con un’azione di terra.
Si ferma andando a combatterlo.

Gli orchi si fermano militarmente. Quando un popolo è arrivato all’uccisione intenzionale di un bambino, non ci sono più possibilità di dialogo, resta solo l’opzione militare.
Sto parlando di uccisione intenzionale, non il bambino ucciso con una bomba che voleva prendere la rampa del missile o il deposito di munizioni, ma il bambino decapitato, crocefisso o stuprato a morte come sta avvenendo ai bambini cristiani nel Califfato.
E le guerre si fanno con le azioni di terra, non con i bombardamenti. La guerra in Iraq costata lacrime e sangue era già praticamente vinta ed è stata tragicamente persa dal presidente Obama, che ha regalato uno Stato al Califfato.
Io ho l’assoluta certezza che l’infermo esista, quello che non so è a che altezza si trovi il girone dei cialtroni, spero in basso.

L’arcivescovo chiede guerrieri per i bambini cristiani.
Guerrieri?
Guerra?
Chi, noi?
Non si può. La guerra è cattiva e noi siamo buoni.

Nel 1978 Aleksandr Solzhenitsyn, lo scrittore russo sopravvissuto ai Gulag, i campi di concentramento per i dissidenti sovietici, tenne uno storico discorso ad Harvard, dove parlò di verità e giustizia e soprattutto di coraggio, o, per essere più corretti, di mancanza di coraggio. Il tema del discorso fu: il declino del coraggio in Occidente. «Vi sono ancora molte persone coraggiose, ma non hanno alcuna determinante influenza sulla vita pubblica. Funzionari politici e classi intellettuali presentano una caratteristica che si concretizza in passività e dubbi nelle loro azioni e nelle loro dichiarazioni, e ancor di più nel loro egoistico considerare razionalmente come realistico, ragionevole, intellettualmente e persino moralmente giustificato il poter basare le politiche dello Stato sulla debolezza e sulla vigliaccheria».
«Come è stato possibile – chiede Solzhenitsyn – per l’Occidente passare dalla sua marcia trionfale al suo attuale stato di debilitazione?».

È una domanda fondamentale, perché senza coraggio non sono possibili né verità né giustizia. E nell’Occidente non c’è stato solo un declino del coraggio, ma una criminalizzazione del coraggio, ben più grave. Chiunque ne abbia mostrato, nella storia, è stato criminalizzato da una lettura spesso parziale se non falsa degli eventi, chiunque ne mostri, poliziotto, soldato, marò, è un criminale a prescindere. Chiunque impugni un arma è già per quello molto cattivo e noi siamo buoni.

Dove è cominciato? Nel ’68. D’accordo. E il 68 come è cominciato? Dove diavolo era l’uovo del serpente? Nascosto in un cesto di buone intenzioni.
La criminalizzazione del coraggio, il suicidio necessario perché la civiltà europea potesse scomparire inghiottita dal marxismo, è cominciata nel ’68. Il marxismo politico, l’URSS, è poi defunto di morte naturale, ma hanno continuato a proliferare i semi che aveva seminato, l’odio europeo per la propria storia, per il coraggio, per chiunque osi non essere allineato nella mistica della penitenza e della vigliaccheria, con la teoria folle che il dialogo e la comprensione risolvono tutto, l’odio per la famiglia, l’odio per la vita, la beatificazione della conflittualità permanente nella famiglia come evento necessario anzi salutare.
Il ’68 è stato una cultura etnocidaria, che ha tolto al popolo occidentale qualsiasi fierezza di se stesso e della sua storia, così da prepararlo all’asservimento. Chi si vergogna di se stesso si lascia morire e si lascia asservire. Dietro la fantasia al potere c’era in realtà l’Unione Sovietica, dove la gente moriva di fame perché fiumi di denaro arrivassero agli uomini politici e agli intellettuali disposti a fare il loro meglio per distruggere le odiate democrazie e diventare anche loro un pezzo della dittatura del proletariato. L’Unione Sovietica nel frattempo è crollata, e l’Arabia Saudita è subentrata a raccattare e stipendiare i suoi disoccupati servi, trovandosi di fronte un continente in ginocchio sui ceci per le sue supposte colpe, che non si ritiene più in diritto di avere diritti.

Ma soprattutto, grazie all’eredità dell’illuminismo e del marxismo, il 68 è odio isterico per il cristianesimo. E per i cristiani.
Calcolando i cristiani massacrati per la loro fede in Unione Sovietica, Spagna, Messico, in Cina e nelle terre dell’islam, il numero che si ottiene è apocalittico, infinitamente più alto di quello dei martiri in epoca romana. I morti cristiani non suscitano compassione. Il fatto che il cristianesimo sia sempre sul banco degli imputati, fa sì che negli ultimi cento anni non solo il sangue ebraico ma anche quello cristiano sia stato versato come un bene senza valore.

Dal 68 nasce la devirilizzazione costante: maschio è cattivo a prescindere, l’atto sessuale anche consenziente, dicono le femministe del movimento di liberazione femminile, è uno stupro, perché il corpo maschile entra in quello femminile e questo è violenza.

Il maschio ideale è un eunuco sorridente, incapace di usare una chiavetta Internet (nelle pubblicità bisogna spiegarglielo), incapace di mettere al mondo figli e proteggere il territorio, incapace di sposare una donna e morire per lei, ma che in compenso pulisce il bagno con Viakal, ora anche con profumo alla lavanda o al limone. Moriremo di perdita di natalità visto che i padri disporsi a sbattersi per mantenere i figli si sono dileguati, stiamo cedendo davanti al terrorismo islamico con un’autocensura preventiva totale, ma con mattonelle impeccabili.

Quindi non andremo a combattere in Iraq. Se ci andassimo saremmo coperti di insulti dai buoni. I cortei contro chi ha combattuto il terrorismo islamico sono fiumi e fiumi di gente, i cortei contro il terrorismo islamico sono un accidenti di nessuno, con l’unica eccezione di un'unica e tardiva manifestazione per i vignettisti francesi.
Oppure no?
Il Califfato forse ha superato i limiti. I vignettisti francesi erano atei e di sinistra, quindi il loro sangue aveva un valore. I cristiani massacrati sono stati bypassati e ça va san dire, ma il pilota giordano che brucia vivo nella sua gabbia è stata una visione sconvolgente, anche per quelli che da anni non guardano le foto dei cadaveri dei cristiani bruciati in Nigeria. Il pilota giordano l’hanno visto. Il Califfato ha la passione del marketing. Il califfato manca di capacità empatiche. Crede che siamo vili. E invece no. Siamo solo paralizzati dal buonismo post sessantottino.
Più ci mostra atrocità, più aumenta il rischio che finalmente l’indignazione prenda il sopravvento.
La fotografia del re giordano armato fino ai denti, ha destato simpatia.
Il pendolo potrebbe aver cominciato il suo viaggio nell’altro senso.
Nel frattempo facciamo qualcosa di coraggioso. Qualcosa che dal Sessantotto in poi è considerato delirante. Facciamo qualcosa di trasgressivo che trasgredisca la cultura del nulla. Facciamo il contrario di quello che ci hanno predicato i cattivi maestri.

Cominciamo a pregare, che i giusti trovino il coraggio e i malvagi perdano la loro crudeltà.
Cominciamo a pregare, facendo un sacrificio, sacrum facere, alle 5 del mattino e in latino (??? mi prego ente la me lengoa veneta), perché esiste una coscienza universale, esiste davvero, non è una metafora, e la preghiera ha una peso, ma anche perché questo è necessario a noi per ritrovare le nostre radici e la nostra forza. Forza che è enorme. Noi lo abbiamo dimenticato, ma quella forza esiste, ed è enorme. Noi non possiamo andare a dormire la sera nei nostri lettini puliti pensando che non abbiamo fatto niente. Chiunque preghi, fa parte dei gruppo dei combattenti, non fa più parte del gruppo degli ignavi. Chi prega diventa più coraggioso. Cominciamo a tirare fuori il coraggio.
Non si combatte con il nulla. Nulla può essere sconfitto dal nulla. Non si combatte il Califfato con il nichilismo. Usciamo dal nichilismo. Vinceremo la guerra.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » dom feb 15, 2015 9:47 pm

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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » sab feb 21, 2015 9:14 am

Creistiani en Maroco

LIBERTA' RELIGIOSA/9 Marocco, dove si vale solo se musulmani
14 maggio 2011 alle ore 21.35

https://www.facebook.com/notes/chiesa-c ... 2608953908

LIBERTA' RELIGIOSA/9 Marocco, dove si vale solo se musulmani
14 maggio 2011 alle ore 21.35

di Danilo Quinto

Come sottolinea il rapporto dell’organizzazione evangelica “Porte Aperte”, è antichissima la presenza cristiana in Marocco. Nel 298, San Marcello viene martirizzato a Tangeri, segno che già in quel periodo il Cristianesimo era presente nel paese. Nel 711, le armate musulmane conquistano tutta la regione nord-africana. Nel 788 il re Idris I, padre fondatore della dinastia presente in Marocco, elimina il Giudaismo e il Cristianesimo dalle pianure del Fez, Tadla e Chellah.

Un secolo dopo, la Chiesa come organizzazione, non esiste più, ma il Cristianesimo continua in ogni modo ad esistere in mezzo alla popolazione. Tra il 1086 e il 1148 gli Almoravid, una dinastia musulmano-berbera, non osteggia particolarmente il Cristianesimo berbero. Poco prima della fine di questa dinastia, ci sono parecchi soldati e schiavi cristiani come pure tra i mercanti. Tra il 1146 e il 1275 è la dinastia Almohad, che rappresenta il punto di svolta nella definitiva scomparsa del Cristianesimo dal Marocco: in questo periodo aumenta oltremodo l’intolleranza verso le comunità cristiane. Nel 1237, i vescovi francescani e domenicani lasciano il Marocco.

Nel 14° secolo, nessun cristiano indigeno viene riscontrato fuori da Tangeri o Ceuta. Gli unici cristiani che si ritrovano in Marocco sono alcuni prigionieri o emissari europei. Nel 1517, la presenza cristiana è abbastanza solida da permettere l’esistenza del convento di Santa Caterina a Safi. Tra il 1684 e il 1693, l’ordine dei francescani registra la morte di alcuni prigionieri cristiani in Marocco. Si contano circa 1.070 prigionieri e forse 4.000 cristiani. Tra il 1912 e il 1956, il Marocco è protettorato francese. Nel 1951, si registrano circa 449.000 cristiani nel paese, la maggior parte dei quali si trasferiscono dopo l’indipendenza del Marocco. Nel 1999, il re Hassan II muore e gli succede suo figlio Mohammed VI.

La Costituzione del Marocco “garantisce a tutti il libero esercizio dei culti”. Questa libertà, però, è concessa solo ai cristiani stranieri. Un marocchino può essere riconosciuto solo come musulmano, ad eccezione degli ebrei, la cui identità religiosa si trasmette di generazione in generazione.

Il cambiamento di religione – che significa una rinuncia all’islam - è punito dalla legge.L’articolo 220 del codice penale prevede pene detentive che vanno da sei mesi a tre anni e una multa da 100 a 500 dirham, per chiunque tenti di far vacillare la fede di un musulmano o di convertire ad un’altra religione delle persone vulnerabili, come i poveri, le donne e i bambini in particolare, adoperando dei mezzi di seduzione, vale a dire sfruttando la loro debolezza o i loro bisogni, oppure utilizzando a questi fini delle istituzioni adibite all’insegnamento, alle cure della salute (ospizi o orfanotrofi).

Privati di ogni esistenza legale in quanto cristiani, i marocchini battezzati devono sposarsi secondo il diritto musulmano e devono seppellire i defunti conformemente ai riti islamici. Questa appartenenza obbligatoria all’islam, tuttavia, non è scritta nella legge. Se un cristiano vuole sposare una marocchina musulmana, è obbligato a convertirsi all’islam. Viceversa, se una cristiana vuole sposarsi con un marocchino, può continuare a praticare la sua fede, ma i loro figli saranno necessariamente musulmani.

A motivo del loro statuto, gli autoctoni convertiti al cristianesimo non possono far parte di alcuna Chiesa ufficiale insediata nel paese; dunque, i luoghi di culto sono aperti solamente ai cristiani stranieri. Per pregare, i marocchini convertiti sono costretti a riunirsi in appartamenti privati, e mai in più di venti persone, per non attirare l’attenzione. Alcuni perdono il lavoro. Questi cristiani sono condannati, in effetti, a una morte sociale.

Tuttavia, malgrado questi ostacoli, si verificano delle conversioni al cristianesimo. Sul numero delle conversioni, non ci sono dati univoci. E’ certo che i casi di musulmani convertiti al cristianesimo è un fenomeno in espansione e questo avviene anche in Marocco, dove, secondo la testimonianza di un convertito, i neofiti sarebbero passati da 400 nel 2000 a 800 nel 2004 (Catherine Simon, ''nouveaux chrétiens au Maghreb'', 6 marzo 2005), ma le stime sono approssimative.

L’Istituto di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”, nel suo rapporto annuale,denuncia che per mantenere “l’unità e la sicurezza spirituale dei marocchini”, durante gli ultimi anni le autorità hanno proceduto ad un certo numero di espulsioni.

Il 29 marzo 2009, cinque missionari evangelici stranieri sono stati interrogati e poi espulsi per aver organizzato una riunione con cittadini marocchini, a Casablanca. Il 4 dicembre dello stesso anno, la polizia ha fermato diciassette cristiani, marocchini e stranieri, nelle località di Saidia ed Oujda. Sono stati accusati di aver svolto attività di evangelizzazione in violazione della legge. Tra le persone sottoposte a fermo c’era una coppia svizzera, che si occupava di bambini portatori di handicap e lavorava per l’Opera assistenziale “Consulting Training and Support”. Stessa sorte è toccata a due cittadini del Sudafrica e ad uno del Guatemala. Gli stranieri sono stati tutti espulsi.

Il 5 febbraio 2010, un missionario evangelico americano, residente a Marrakech, è stato espulso dopo essere stato sorpreso “in flagrante reato di proselitismo cristiano”. A marzo, parecchie decine di cristiani di diverse nazionalità sono stati anch’essi espulsi nel quadro della “campagna di lotta messa in atto dalle autorità marocchine per impedire la diffusione del credo evangelico, che mira a far vacillare la fede dei musulmani”, come ha riferito l’agenzia ufficiale Maghreb Arab Press. Tra loro figuravano sedici educatori cristiani del “Villaggio della Speranza”, situato ad Aïn-Leuh, vicino ad Azrou (Moyen-Atlas), ai quali l’8 marzo è stato ordinato di lasciare il paese. Secondo il comunicato del Ministero dell’interno, “sotto la copertura di iniziative di beneficenza, questo gruppo si dedicava ad attività di proselitismo, aventi come obiettivo bambini di meno di dieci anni”.

Il 7 marzo, un religioso francescano cattolico di nazionalità egiziana, che risiedeva da circa sei mesi a Larache, vicino a Tangeri, è stato anch’egli colpito da questo genere di provvedimento e fatto salire su un aereo diretto al Cairo, senza alcuna spiegazione. La presenza francescana nel Paese risale al 1219, quando furono martirizzati a Marrakech i primi francescani. Durante il Medioevo i religiosi rimasero, con periodi di assenza, assistendo piccole comunità cristiane e i commercianti europei. Dal 1630, quando il beato Juan de Prado rifondò la missione, i francescani si dedicarono ad assistere i cristiani prigionieri e li accompagnarono condividendone la vita e la prigionia, rafforzandoli nella fede e riscattandoli con le elemosine che ottenevano in Spagna. Nel 1861 padre José Lerchundi fu destinato alle missioni del Marocco, e dopo un periodo di crisi realizzò la terza rifondazione. I francescani assistevano le sempre più numerose comunità cristiane, crearono scuole, fondarono ospedali e si dedicarono alla modernizzazione del Paese.

Le decisioni di arresti ed espulsioni – segnala “Aiuto alla Chiesa che soffre” - hanno fatto seguito alla stesura di un elenco di “nemici dell’islam moderato” (sciiti, salafiti, atei, cristiani evangelici) pubblicata nell’ottobre 2008 dall’istituzione religiosa “Dar al-Hadith al-Hassania”, su richiesta del re Mohammed VI. E’ stata anche creata una “cellula di vigilanza” dedicata alla sorveglianza del proselitismo cristiano. Si dice che abbia individuato 36 basi evangeliche tenute da 202 missionari, in maggioranza americani, inglesi e francesi, tra cui figurano insegnanti, ingegneri, medici e capi d’impresa.


27mila cristiani cattolici per lo più immigrati per lavoro e diplomatici (sarebbe interessante sapere quanti sono i marocchini mussulmani convertiti al cristianismo e come sono trattati questi apostati e anche quanti sono i cittadini marocchini cristiani con la doppia cittadinanza di origine "italiana e spagnola, francese, tedesca ecc.).

http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_cat ... in_Marocco

I fedeli cattolici del Paese sono ridotti ad un piccolo numero, per lo più stranieri ed immigrati.
Il territorio comprende due arcidiocesi:
l'Arcidiocesi di Rabat (suddivisa in quattro regioni: Rabat, Casablanca, Est, Sud); l'Arcidiocesi di Tangeri.
La chiesa cattolica in Marocco al termine dell'anno 2010 su una popolazione di oltre 34 milioni di abitanti contava 27.019 battezzati, corrispondenti allo 0,08% del totale. Inoltre gestiva 84 istituti scolastici e 21 istituti di beneficenza.

Cattedrali e chiese n 18 (per i cristiani immigrati e per i turisti)
-Casablanca
Cattedrale di Norte Dame de Lourdes
Chiesa di Anfa-Maarif
Chiesa del Carmelo Saint Joseph
Chiesa di Christ Roi
Chiesa di Saint Francois d'Assise
Cattedrale del Sacro Cuore (in disuso)
Chiesa di Saint Jacques
-Rabat
Cattedrale di Saint Pierre
Chiesa di Saint Pie X
Chiesa di Saint Francois d'Assise
Norte Dame de La Paix
-Tangeri
Espiritu Santo (Parrocchia dello Spirito Santo)
Notre Dame de l'Assomption
-Agadir
Chiesa di Saint Anne
-Marrakech
Chiesa di Saints Martyrs
-Meknes
Notre Dame des Oliviers
-Fes
Chiesa di Saint Francois d'Assise
-El Jadida
Chiesa di Saint Bernard
Reciprocità
http://www.civiltaislamica.it/reciproci ... in-marocco
La chiesa cristiana in Marocco
30 gennaio 2014 Abu Ismail Morselli
In Marocco vivono più di 25.000 cristiani, in un paese che ha più di 30 milioni di musulmani.
Due Diocesi cattoliche (Rabat e Tangeri) amministrano più di 65 tra cattedrali, chiese e monasteri, distribuiti in più di 40 città del Marocco.
Alcuni sono veri e propri monumenti architettonici che inneggiano alla convivenza interreligiosa.
Chiesa dei Santi Martiri, a Marrakesh
I due campanili della Cattedrale S. Pietro a Rabat (la capitale del paese) sono più alti del minareto del Mausoleo Hassan, sepolcro degli ultimi due sovrani marocchini. E nessuno si indigna.
Cattedrale S. Pietro a Rabat
La chiesa del Marocco gestisce oltre 25 scuole cattoliche, dove il 90% degli alunni sono di fede islamica.
A Tangeri, una chiesa cattolica che funge anche da asilo, gestita da suore.
Vi sono anche monasteri: le suore Clarisse di Casablanca, le suore del Monastero della Visitazione a Tazert, le suore Trappiste di Midelt, ecc.
Il Monastero della Visitazione a Tazert
Alcune comunità cattoliche, ad esempio quella italiana e quella spagnola di Casablanca, hanno addirittura ognuna la propria chiesa! Quindi chiese accomunate dal Cattolicesimo ma divise, volutamente, per nazionalità.
Chiesa cattolica a Casablanca
Ci sono poi più di venti chiese e cattedrali appartenenti alle comunità dei cristiani Ortodossi, Protestanti e degli Anglicani, in diverse città marocchine.
Chiesa di Sant’Anna in Essaouira
Per rimanere ai numeri:
in Italia, ci sono tre (ma in realtà solo due funzionanti) moschee, per un numero di musulmani che supera i due milioni;
in Marocco, ci sono 80 chiese per 25.000 cristiani.
Ogni commento è superfluo.

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Sì 27.000 cristiani non sono 2.500.000 di mussulmani. I cristiani sono perlopù immigrati a tempo determinato, diplomatici, uomini d'affari europei e americani, turisti, preti, monache ...

Commento di Alberto Pento
Il problema non è il Marocco, con cui si potrebbe andare d'accordo, ma è l'intero mondo islamico dei paesi o stati islamici dove i cristiani sono perseguitati, discriminati, uccisi, cacciati e dove non vi sono più chiese cristiane o dove si stanno riducendo di numero mese dopo mese.
Siccome non è possibile una reciprocità per paese ma per religione, diventa un problema perché non tutti i paesi islamici sono come il Marocco. Se fosse possibile aprire moschee per i soli marocchini mussulmani credo che non vi sarebbero problemi, ma purtroppo non è possibile e oggi come oggi con il "terrorismo islamico" le cose si complicano ulteriormente. Provate a pensare, a immaginare se noi quì in Europa incominciassimo a sgozzare mussulmani come stanno facendo "i cattivi islamici" nei paesi mussulmani!
...


PROSELITISMO IN MAROCCO PERCHÉ È PROIBITO AI CRISTIANI risponde Sergio Romano
http://archiviostorico.corriere.it/2009 ... 4051.shtml

In Marocco ho avuto occasioni di parlare con alcuni sacerdoti cattolici che ancora presidiano le poche chiese aperte. Mi è stato detto che i cristiani possono essere solo stranieri e che è assolutamente proibito fare proselitismo. Come in parecchi Stati musulmani, è lo Stato che impone ciò in cui si deve credere. Mi pare che la libertà di confessione preceda la libertà di parola, di stampa, di voto. Dobbiamo affermare con forza che chiunque voglia aprire da noi una moschea, una scuola privata, un' associazione deve sottoscrivere un' accettazione esplicita della libertà religiosa per tutti i propri membri o affiliati. Roberto Longoni, Monza Caro Longoni,
E' vero, la legge marocchina proibisce il proselitismo.
Nel marzo di quest' anno cinque suore evangeliche (quattro spagnole e una tedesca) sono state espulse perché «colte in flagrante». Ma esistono chiese cristiane, costruite in epoca coloniale, e il governo marocchino si proclama tollerante. Paradossalmente le autorità sono molto più severe con gli sciiti (il Marocco è prevalentemente sunnita) di quanto non siano con i cristiani. Il giovane re Mohammed VI è un modernizzatore a cui si deve, tra l' altro, un codice familiare - Muduwana - che garantisce maggiori diritti alle donne e ha suscitato le reazioni ostili degli ambienti conservatori del regno.
È questa una delle ragioni per cui il Marocco, come l' Egitto e la Turchia, è considerato da Al Qaeda alla stregua di uno «Stato canaglia», colpevole di intollerabili deviazioni dai canoni della legge coranica.
Il 16 maggio 2003 vi sono stati a Casablanca cinque attentati terroristici che hanno fatto quaranta morti, fra cui 10 attentatori suicidi. Il Marocco non è una democrazia compiuta (il re è solo parzialmente un monarca costituzionale), ma conserva i segni delle sue antiche relazioni con due grandi Paesi mediterranei, la Francia e la Spagna. Nella galassia arabo-musulmana si colloca, in materia di diritti umani e civili, nella fascia medio alta. Il suo problema è simile a quello di altri Paesi musulmani. La rinascita del sentimento religioso ha costretto le classi dirigenti di formazione europea a stipulare con il clero locale una specie di «compromesso storico». Nel caso del Marocco il re, supremo leader religioso, deve pagare la sua modernità finanziando la costruzione di moschee nei Paesi europei dove esistono forti comunità marocchine. I limiti imposti alle Chiese cristiane offendono i nostri sentimenti liberali.
Ma la rinuncia al proselitismo è la condizione necessaria dell' ecumenismo e del dialogo inter-religioso. I rapporti tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa sono molto migliorati da quando, dopo la morte di Giovanni Paolo II, i sacerdoti cattolici in Russia danno prova di maggiore discrezione. Un' ultima osservazione, caro Longoni. Lei ritiene che la costruzione di una moschea o l' apertura di una scuola islamica dovrebbero essere autorizzate soltanto quando i promotori si siano impegnati a garantire la libertà religiosa dei loro affiliati. Ma il rispetto della legge dovrebbe essere la regola generale di ogni cittadino o residente del nostro Paese. Perché dovremmo chiedere ai nostri musulmani più di quanto chiediamo agli altri?
Romano Sergio (14 maggio 2009) - Corriere della Sera

IL CASO/ Marocco, la terra dove sempre più musulmani diventano cristiani
http://www.ilsussidiario.net/News/Ester ... iani/92184
Sono sempre più frequenti i casi di musulmani che si convertono al cristianesimo. Un fenomeno in espansione che va dal Marocco all’Algeria, dalla Francia agli Stati Uniti. Secondo l’onorevole del Pdl, Souad Sbai, nel Marocco i cristiani provenienti dalla religione di Maometto sarebbero ben 150mila. Solo lo scorso anno le conversioni si sarebbero attestate a quota 45mila. E stando a quanto riferisce il quotidiano marocchino Hespress, entro il 2020 i convertiti nel Paese potrebbero arrivare a 3 milioni, il 10% di tutta la popolazione. Numeri che sarebbero invece più bassi secondo quanto ci racconta Camille Eid, giornalista di Avvenire e professore dell’Università Cattolica, che però conferma che il fenomeno è effettivamente in atto. Per Eid le conversioni in Marocco sarebbero state 400 nel 2000 e 800 nel 2004. E di qui al 2020 potrebbero arrivare a 30mila persone. Mentre, spiega il giornalista di Avvenire, numeri più elevati si registrerebbero nelle comunità di immigrati in Europa, in particolare in quella francese. Per non parlare degli Stati Uniti, dove sugli autobus di New York, Detroit e Miami è stata lanciata addirittura una campagna pubblicitaria con la scritta «Vuoi lasciare l’Islam?».

http://www.ilsussidiario.net/News/Ester ... ni/2/92184

Di recente la Hope House, una Onlus attiva in Marocco nel campo dell’ospitalità ai bambini senza genitori, è stata espulsa dal Paese con l’accusa di proselitismo. Adottavano i bambini, e secondo le autorità ne avrebbero battezzati alcuni. L’articolo 220 del Codice penale marocchino punisce chi induce all’apostasia dall’Islam, minacciando di chiusura tutti gli edifici in cui avvengono le conversioni. Il testo della legge, letteralmente, afferma che «chi usa minaccia o violenza, mezzi di seduzione per costringere le persone a partecipare ai riti religiosi, è punito con la reclusione dai sei mesi ai tre anni». E questa legge è utilizzata per punire chiunque agevoli in qualsiasi modo una conversione.

Ci sono casi quindi casi in cui le conversioni non possono avvenire alla luce del sole?

Conosco numerose persone musulmane che chiedono da anni di essere battezzate, e i vescovi non vogliono farlo perché dicono: «Se lo facciamo ci chiudono tutte le chiese». Gli evangelici, al contrario, hanno molte meno esitazioni, anche perché non possiedono una vera e propria struttura che potrebbe essere colpita dalle autorità. Ma comunque chi si converte è solo una piccola parte di quanti vorrebbero farlo, ma non osano. Con la conseguenza che chi si converte non lo può dire apertamente.

Che cosa temono?

In nessun Paese islamico c’è la possibilità di convertirsi senza subire delle conseguenze. Le punizioni vanno dalle multe al carcere, fino alla pena di morte. In Malesia è prevista la riabilitazione in un istituto. Nella migliore delle ipotesi, il convertito perde la moglie e i figli, per legge o per decisione dei parenti. Negli anni ‘60, quando il Marocco era ancora sotto il dominio francese, un musulmano si è convertito ed è diventato sacerdote, partendo per l’Europa. Dopo alcuni mesi è ritornato per visitare i suoi familiari e la madre non gli ha aperto la porta dicendogli: «Non puoi essere mio figlio, mio figlio è morto». E infatti, dopo che era partito, avevano celebrato i suoi funerali, con una bara vuota.

Marocco, musulmano si converte al cristianesimo: condannato a due anni e mezzo di prigione
settembre 27, 2013 Leone Grotti
http://www.tempi.it/marocco-musulmano-c ... Oinpi7dXug

Nel paese simbolo dell’islam moderato i cristiani non hanno diritti. L’apostasia è vietata e gli ulema hanno addirittura chiesto la pena di morte
Un giovane marocchino è stato condannato a due anni e sei mesi di prigione per essersi convertito dall’islam al cristianesimo. La famiglia, originaria del villaggio di Ain Aicha, ora vive isolata perché gli altri abitanti la evitano in segno di disprezzo. Il giovane è costretto a vivere in una cella individuale perché gli altri detenuti in prigione lo picchiavano tutti i giorni per la sua fede.

PETIZIONE AL RE. La famiglia del giovane ha fatto ricorso e settimana prossima comincerà il processo di appello a Fès. Intanto un gruppo di marocchini ha realizzato una petizione da inviare al re Mohammed VI, una volta raccolte almeno 5 mila firme: «Sua Maestà – si legge nel testo – protettore dei diritti e delle libertà dei cittadini, il popolo marocchino la sollecita a garantire la libertà di culto e coscienza in Marocco».

CRISTIANI IN MAROCCO. Il 99 per cento degli abitanti marocchini è musulmano e il paese è considerato moderato dal momento che la Costituzione «garantisce a tutti il libero esercizio dei culti». La realtà è diversa: solo gli stranieri possono essere cristiani, un marocchino deve essere musulmano. L’apostasia è punita dall’articolo 220 del Codice penale, che prevede pene detentive che vanno da sei mesi a tre anni più una multa da 100 a 500 dirham.

PENA DI MORTE PER APOSTASIA. I cristiani marocchini non possono andare in chiesa e neanche seppellire i defunti con rito cristiano. Se vogliono sposarsi, sono obbligati a seguire il rito islamico. Ad aprile il Consiglio superiore degli ulema del Marocco aveva chiesto di introdurre la pena di morte per apostasia.


Musulmani, ebrei e cristiani in Marocco -Dove la convivenza è una realtà 2014-10-08 L’Osservatore Romano
http://www.news.va/it/news/musulmani-eb ... ove-la-con
In questi giorni, in cui il fondamentalismo islamico mostra la sua faccia più feroce inneggiando continuamente alla guerra religiosa, l’islam moderato sembra a molti, più che altro, una speranza astratta, senza fondamento, che forse neppure esiste veramente. È un grave errore: l’islam moderato, aperto alla tolleranza religiosa e al rispetto dei diritti dell’uomo è una realtà, come mostra l’esempio del Marocco, dove addirittura concretamente informa la vita del Paese.

Certo, qui la convivenza civile fra le religioni ha una lunga tradizione, non è stata inventata ieri, sull’onda di una tolleranza scoperta dalla modernità. Qui vivono infatti comunità ebraiche che fanno risalire la loro ascendenza a quelle della diaspora provocata dalla distruzione del tempio di Gerusalemme nell’anno 70. E questa presenza si è considerevolmente irrobustita alla fine del XV secolo, quando nel 1492 ebrei e musulmani vennero cacciati — a meno che non si convertissero al cristianesimo — dalla Spagna dove vivevano da secoli in armonia.

In quell’occasione arrivarono insieme in Marocco, e insieme in questa terra hanno ricreato la civiltà andalusa. Dando origine a una convivenza che non prevedeva intrecci, ma cammini paralleli, con incidenti di percorso, certo, ma in fondo ben accetta da tutti. Non è un caso che il re del Marocco porti il titolo di Principe dei Credenti, termine che comprende anche ebrei e cristiani.

Questo sguardo ampio, aperto alle altre religioni, viene sottolineato anche dall’architettura della bellissima moschea di Casablanca, la più grande del mondo islamico dopo quella della Mecca. Costruita una trentina di anni fa dal padre dell’attuale sovrano, al suo interno somiglia a una cattedrale cristiana e dispone di matronei progettati sul modello di quelli delle sinagoghe. In modo che proprio nel cuore dell’islam marocchino anche alcuni elementi architettonici ricordino che esso coesiste e convive pacificamente con le altre due religioni.

Ma c’è di più. Oggi il Marocco è l’unico Paese arabo dove esiste un museo ebraico, quello di Casablanca, e dove un esponente dell’ebraismo, il presidente delle comunità radicate in Marocco, già ministro, è ora ambasciatore itinerante del sovrano. Qui, accanto alle numerose moschee, non sfigurano grandi chiese cristiane e sinagoghe, e nell’università di Al Akhawayn — una delle più importanti del mondo arabo, fondata dal re del Marocco e dal re dell’Arabia Saudita — si tengono seminari storici sulla Shoah.

Un gruppo di giovani musulmani ed ebrei per promuovere l’amicizia reciproca ha poi costituito un’associazione che si è posta tra i suoi primi obiettivi da una parte quello di far riconoscere la realtà della Shoah agli arabi, dall’altra quello di far dichiarare Giusto tra le Nazioni il nonno dell’attuale sovrano, Mohammed v. A lui si deve, infatti, la difesa degli ebrei marocchini quando durante la seconda guerra mondiale il Governo di Vichy — che esercitava sul Marocco una sorta di protettorato coloniale — li voleva perseguitare e deportare, come stava accadendo in Francia. In questa stessa ottica, infine, nel Paese vengono preparati imam che sono molto richiesti per la loro buona cultura e la loro moderazione.

Una solida base storica, quindi, sostiene la scelta lungimirante del Marocco di porsi come modello di convivenza fra le religioni, come possibilità di un islam moderato, che funziona bene ed è sostenuto dalla popolazione, accettato dallo stesso partito islamico. In sostanza, il contrario delle derive estremiste provocate dal recente fenomeno terrorista, che innanzi tutto danneggiano lo stesso islam, provocando migliaia di vittime.

di Lucetta Scaraffia


Marocco, cattolici in libertà (vigilata) 4/05/2012
http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-m ... ecos-14802
Viaggio tra le comunità del paese africano sfiorato dalla rivoluzione araba. Un paese dove la chiese sono aperte ma nel quale la Chiesa può parlare solo agli occidentali
Davide Demichelis

Per capire il Marocco, bisogna guardarlo da fuori. Padre Jean Marie Lassausse vive a pochi chilometri dal confine, in Algeria. E' il giardiniere di un monastero dalla storia molto particolare: Tibhirine. Qui, la notte del 26 marzo 1996, sette monaci trappisti sono stati rapiti e uccisi dai terroristi del Gruppo islamico armato.

Proprio da quel monastero, padre Jean Marie guarda al Marocco e dice: “Lì l'atmosfera è gioiosa e festiva, perché c'è la libertà”. Già, la libertà: ad esempio in Marocco le chiese possono anche stare sempre aperte. I marocchini non possono entrare (un musulmano non può convertirsi ad un'altra religione) ma chi professa altre fedi può pregare liberamente, persino al di fuori dei luoghi di culto. Non è poco. Lo sa bene padre Pierre Vallessey, missionario francese che sulle montagne dell'Alto Atlante ha commesso l'imprudenza di recitare una preghiera insieme ad un gruppo di immigrati dell'Africa centrale, dopo aver distribuito le coperte per la notte. La polizia lo ha immediatamente arrestato ed espulso. Era in Algeria, vicino al confine col Marocco. “La nostra è una comunità di presenza - sottolinea padre Jean Marie – non possiamo fare proselitismo”.

Questo vale anche per il Marocco, ma solo con i marocchini. Gli stranieri hanno libertà di culto, e possono anche cambiare credo. Sono solo 30 mila i non musulmani e circa 25 mila i cattolici (lo 0,06 per cento dei 34 milioni di abitanti del Paese). “Non ci sentiamo stranieri: lo siamo”, il vescovo della capitale, Rabat, non usa mezzi termini. Monsignor Vincent Landel sa bene che la chiesa cattolica in Marocco può rivolgersi solo agli occidentali, che spesso vivono nel Paese temporaneamente, per lavoro, oppure agli africani che transitano nella speranza di migrare un giorno, in Europa. Ma ricorda sempre le parole di papa Giovanni Paolo II: “La vostra Chiesa è un segno e a un segno non si chiede di diventare grande, ma di significare qualche cosa”.

Le rivoluzioni arabe in Marocco non sono arrivate, o quasi. Il re, Mohamed VI, ha avuto la prontezza di cambiare la Costituzione concedendo più di democrazia (maggiori poteri al Primo ministro) l'anno scorso, quando il vento delle rivolte ha preso a soffiare anche in questo estremo lembo del Maghreb. Ma sua maestà continua a ricoprire il doppio incarico, è “Capo dello Stato e Capo dei credenti”.

Il movimento 20 febbraio, nato in quei giorni sulla spinta delle rivoluzioni arabe, oggi sta perdendo mordente. Le ultime elezioni politiche del novembre scorso sono state vinte dal Partito islamista per la giustizia e lo sviluppo, ma il Marocco non rischia di cadere vittima dei fondamentalisti. Ad esempio la Mudawwana non è in discussione. Si tratta della riforma del diritto di famiglia. Grazie a questa importante conquista sociale, vi è stata una notevole riduzione della poligamia. La donna infatti può impedire a suo marito di avere altre mogli.


Marocco, non più modello di tolleranza religiosa
Notizia inserita il 12/7/2010 alle 15:04 nella categoria: Rassegna Stampa
http://www.evangelici.net/notizie/1278939874.html

RABAT (Marocco) - Doug Bandow, membro del Think thank Usa Cato institute, fa il punto sulla libertà di culto nel Paese nordafricano. Le conversioni ad altre religioni in Marocco non sono infatti ufficialmente vietate, ma secondo i missionari evangelici negli ultimi anni ci sarebbero state restrizioni significative da parte delle autorità marocchine.

«Il cristianesimo ci ha impiegato secoli, ma alla fine la tolleranza religiosa ha rimpiazzato la persecuzione. Oggi è difficile trovare una società cristiana dove esistano ancora delle genuine persecuzioni.

Al contrario, è raro trovare una nazione musulmana dove non esistano persecuzioni». È quanto scrive Doug Bandow in un articolo del «Daily Caller», che prende spunto dalle recenti conversioni in Marocco. Per Bandow tra i Paesi islamici «ce ne sono pochi che consentono alle altre fedi di esistere e di compiere i loro riti in modo pubblico. Mentre sono più comuni quelle in cui cristiani, ebrei, Baha (una religione monoteistica diffusa in Iran, ndr) e altre minoranze religiose affrontano la prigione e anche la morte. Per esempio, gli islamici in Somalia recentemente hanno ucciso pubblicamente un convertito al cristianesimo».

E aggiunge Bandow: «Se tu domandi alla maggior parte degli evangelici dove si collochi il Marocco nella classifica dei Paesi islamici per quanto riguarda la libertà religiosa, probabilmente lo metterebbero tra i peggiori. Il Marocco è stato denunciato da missionari, attivisti dei diritti umani, leader religiosi e membri del Congresso. Un deputato Usa ha comparato i marocchini perfino ai Nazisti. È un momento drammatico per il Marocco, che a lungo è stata inserita nella lista dei "buoni"».

Secondo l'esponente del Cato institute, «pochi anni fa i leader evangelici proclamavano che il Marocco era "aperto alla portata dei cristiani evangelici". Perfino il deputato repubblicano Frank Wolf riconosceva che Rabat era "un modello di tolleranza e modernità nel mondo arabo". Ma il Marocco ora è accusato di persecuzioni religiose». In realtà – prosegue Bandow - il Marocco ufficialmente protegge la libertà di convertirsi. Eppure ci sono state lamentele su pressioni sociali e discriminazioni ufficiali ai danni dei convertiti, che riflettono i limiti della tolleranza nella maggior parte delle terre islamiche.

Anche se è pur vero che «i marocchini che si convertono al Cristianesimo non rischiano di perdere la vita – al contrario di quanto accade ai convertiti in Paesi diversi tra loro come Somalia, Afghanistan, Pakistan e anche la Malaysia. Il Marocco ovviamente vieta il proselitismo. Proibendo questa pratica si adatta perfettamente a Islam, Ebraismo e anche con alcune affermate sette cristiane che si sentono minacciate dall'evangelizzazione delle chiese cristiane».

Per l'intellettuale Usa però «circoscrivere l'evangelizzazione è una seria limitazione per quanti prendono sul serio il comando di Cristo: "Andate ed evangelizzate tutte le nazioni". Tuttavia, anche quando le chiese perseguitate non fanno proseliti in modo aperto e ufficiale, i singoli membri della Chiesa spesso lo fanno in forme ufficiose e private. Una chiesa evangelica in Kuwait, dove la pratica è ugualmente vietata, ha appeso dei brani di Vangelo sulla porta che conduce all'esterno del luogo di culto, senza che le autorità intervenissero neanche dopo che alcuni musulmani avevano fatto delle domande sulla fede cristiana al ministro di quella chiesa».

da: http://www.ilsussidiario.net/News/Ester ... a/4/99131/
data: 12 luglio 2010 - See more at: http://www.evangelici.net/notizie/12789 ... EjJup.dpuf
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » sab feb 21, 2015 12:57 pm

Creistiani en Tunixia
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_cat ... in_Tunisia
...

Epoca araba e turca

Dopo la conquista dell'Egitto, dal 647 gli Arabi iniziarono a fare incursioni e razzie nell'Africa bizantina. Nel 670 fondarono la città di Kairouan stabilendosi così nella provincia Byzacena. Nel 697 conquistarono Cartagine e nel 709 arrivarono a Tangeri, occupando così tutta l'Africa romana. Di fronte alle incursioni e all'occupazione, buona parte dei cristiani si rifugiarono in Sicilia ed in Italia. Gli arabi lasciarono liberi i cristiani di esercitare privatamente la loro religione in cambio di una forte tassazione; inoltre ai cristiani era fatto divieto di fare proselitismo, di costruire o riparare gli edifici religiosi (chiese e monasteri), di occupare cariche pubbliche, ed inoltre era loro vietato impedire in alcun modo le conversioni all'islam (i primi a passare alla nuova religione furono i Berberi, da poco convertiti al cristianesimo). Per il cristianesimo in Tunisia inizia un progressivo ed inesorabile declino, che, a differenza di quello egiziano, porterà alla scomparsa della Chiesa intesa come comunità organizzata di vaste proporzioni. Le poche testimonianze sulla presenza di cristiani tra l'VIII ed il XII secolo si devono a scrittori arabi, ad alcune lettere pontificie ed alle testimonianze archeologiche: alcune comunità organizzate sopravvissero ben oltre l'occupazione araba di Cartagine, a Kairouan, Tozeur e Nefta; una lettera di papa Leone IX (1053) menziona l'episcopato africano, ridotto a cinque vescovi; nel 1076, da una lettera di papa Gregorio VII, sappiamo che Cartagine è l'unica sede vescovile africana in quell'epoca. Molti cristiani infine vengono ridotti in schiavitù dai possidenti arabi.

A partire dal XII secolo nelle città della costa tunisina si aprono centri commerciali europei, dove è presente molto spesso una cappella o chiesa, in cui le autorità musulmane permettono l'esercizio del culto cristiano. Gli accordi commerciali, spesso accompagnati da clausole politico-religiose, permettono l'arrivo di diverse congregazioni religiose, inizialmente i Cappuccini (1624), i Trinitari (1720) e i Domenicani, e successivamente i Gesuiti, i Lazzaristi e gli Agostiniani; questi ordini si propongono come loro scopo primario il riscatto degli schiavi cristiani. Di fatto sarà questa la principale opera di evangelizzazione fino all'abolizione della schiavitù in Tunisia nel 1828, accanto alla cura pastorale dei commercianti e marinai europei.

Epoca moderna e contemporanea
Nel 1624 è istituita la missione dei Cappuccini a Tunisi, eretta a vicariato apostolico nel 1843, e che nel 1884 assunse il nome di arcidiocesi di Cartagine, in ricordo dell'antica e prestigiosa sede: il primo arcivescovo è il cardinale Lavigerie. Il numero di cattolici nel Paese aumenta sensibilmente dopo il 1881, anno in cui con lo schiaffo di Tunisi la Tunisia diventa protettorato francese, ma si tratta quasi esclusivamente di europei, di cui la maggior parte francesi. Nel marzo 1956 la Tunisia ottiene l'indipendenza: molte famiglie cattoliche lasciano il Paese, tra cui molte che vi abitavano da generazioni, ed il numero dei cattolici diminuisce.

Due fatti importanti segnano la vita del cattolicesimo in Tunisia negli ultimi decenni:
nel 1992 diventa arcivescovo per la prima volta un arabo, monsignor Fouad Twal;
il 14 aprile 1996 papa Giovanni Paolo II visita la comunità cattolica tunisina.

Organizzazione ecclesiastica e statistiche

L'unica circoscrizione ecclesiastica cattolica presente oggi in Tunisia è l'arcidiocesi di Tunisi, che estende la sua giurisdizione su tutti i fedeli cattolici del Paese.

L'Annuario Pontificio del 2008 riporta questi dati aggiornati al 31 dicembre 2007: 20.100 cattolici su una popolazione totale di oltre 10 milioni di abitanti, 35 preti, 28 religiosi e 126 religiose. Le parrocchie segnalate dall'Annuario Pontificio sono 10, mentre il sito ufficiale elenca 6 parrocchie: 2 a Tunisi (la cattedrale di Saint-Vincent-de-Paul e Santa Giovanna d'Arco), ed una ciascuno a La Marsa (San Cipriano), La Goletta (Santi Agostino e Fedele), Susa (San Felice) e Gerba.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » sab feb 21, 2015 6:10 pm

Creistiani en Irak

«Ci odiano perché persistiamo nel volere esistere come cristiani» febbraio 18, 2015 Bashar Warda
http://www.tempi.it/ci-odiano-perche-pe ... Oiszi7dXug

Il discorso dell’arcivescovo di Erbil (Iraq) davanti ai vescovi anglicani: «Nell’ultimo anno, più di 125 mila cristiani sono stati costretti a fuggire dai loro villaggi solo perché hanno scelto di rimanere cristiani»

Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione del discorso che l’arcivescovo caldeo di Erbil, Bashar Warda (foto in basso a destra, qui l’intervista rilasciata all’inviato di Tempi Rodolfo Casadei), ha tenuto l’11 febbraio davanti al Sinodo generale dei vescovi anglicani a Londra.

Il cristianesimo in Iraq sta passando attraverso uno dei peggiori e più difficili periodi della sua lunga storia, che risale al primo secolo. In tutti questi lunghi secoli abbiamo subito tante difficoltà e persecuzioni, durante le quali abbiamo offerto moltissimi martiri.

Nell’ultimo anno, più di 125 mila cristiani sono stati costretti a fuggire dai loro villaggi solo perché hanno scelto di rimanere cristiani rifiutando le condizioni imposte dall’Isis. Hanno dovuto abbandonare i loro villaggi di notte, nell’oscurità. Molti di loro hanno percorso il loro personale Calvario per lunghe ore, dopo essersi lasciati alle spalle tutto tranne i vestiti che avevano indosso.

Oggi abbiamo famiglie che vivono completamente grazie alla carità degli altri. Meno di un anno fa, quelle stesse famiglie vivevano nelle loro case, sostenendosi da sole, con entrate sufficienti o abbondanti. In questi giorni, preghiamo nelle tende, perché abbiamo lasciato dietro di noi le nostre chiese antiche che raccontavano la storia di un cristianesimo fiorente, benedetto per secoli da forti fedeli volenterosi e da martiri.

Bashar WardaTroppe famiglie hanno perso fiducia nella loro patria. Questo non dovrebbero cogliere nessuno di sorpresa. La patria dei cristiani li ha respinti e cacciati. Loro hanno scelto di emigrare verso l’ignoto, sperando che potranno vivere in sicurezza. (…) Dire semplicemente che abbiamo un disperato bisogno di aiuto materiale e finanziario, per permettere alle nostre famiglie di restare e sopravvivere o di partire e sopravvivere, sarebbe un eufemismo. Il nostro bisogno è cronico in questa crisi.

Per la Chiesa caldea e per le nostre Chiese orientali sorelle la persecuzione che la nostra comunità sta patendo è doppiamente dura e dolorosa. Siamo personalmente colpiti dal fatto che la vita vibrante della nostra Chiesa si stia dissolvendo davanti ai nostri occhi. L’emigrazione imponente che è in atto rende la nostra Chiesa sempre più debole.

Questa è una realtà profondamente dolorosa. Noi che facciamo parte della gerarchia ecclesiastica siamo spesso tentati di incoraggiare i nostri parrocchiani a restare, a portare avanti la presenza di Cristo vivente in questa terra speciale. Ma davvero io e i miei fratelli sacerdoti e vescovi non possiamo fare niente di più se non consigliare ai giovani padri e madri di pensare a tutti i fattori e di pregare molto prima di prendere una decisione così pericolosa e importante.

La Chiesa non è in grado di offrire e garantire la sicurezza fondamentale di cui i suoi membri hanno bisogno per andare avanti. Non è un segreto per nessuno che l’odio verso le minoranze sia aumentato in certi quartieri negli ultimi anni. È difficile comprendere la radice di questo odio. Ci odiano perché noi persistiamo nel volere esistere come cristiani. In altre parole, siamo odiati perché persistiamo nel pretendere un diritto umano basilare.

Ci sono due cose che noi, come Chiesa, possiamo fare: la prima è pregare. La seconda è usare i nostri rapporti e i contatti che abbiamo, in quanto parte della Chiesa di Cristo, come un pulpito per far aumentare la consapevolezza di quanto la nostra sopravvivenza come popolo sia messa a rischio. Non ripeterò mai abbastanza forte che il nostro benessere, come comunità storica, non è più nelle nostre mani. Il futuro arriverà, in un modo o nell’altro, e noi vedremo quale tipo di aiuto (militare o umanitario) arriverà.
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Re: Persecusion de: cristiani, pagani, ebrei, musulmani,

Messaggioda Berto » dom feb 22, 2015 4:04 pm

Quei quattro bambini cristiani decapitati per aver rifiutato l’islam
di Giulio Meotti | 10 Dicembre 2014 ore 10:14
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/12368 ... lislam.htm

Roma. A raccontare la loro storia è stato il vicario anglicano di Baghdad, Canon Andrew White. Siamo in una enclave cristiana caduta nelle mani degli uomini del Califfato vicino alla capitale irachena. “Le cose hanno iniziato a mettersi male a Baghdad, ci sono stati bombardamenti e sparatorie; hanno iniziato a uccidere i cristiani e così molti di loro hanno iniziato a fuggire verso Ninive, da dove molti provenivano”, ha raccontato il religioso anglicano alla stampa britannica. “Un giorno sono arrivati quelli dello Stato islamico e hanno dato il via a una vera e propria caccia all’uomo. Ne hanno ammazzati moltissimi”. Compresi dei bambini cristiani. Uccisi perché cristiani. Quattro in particolare.

Ecco la linea Barbarin sull’islam, un vescovo che li conosce molto bene La grande battaglia del 2015 contro lo Stato islamico sarà a Mosul La sinuosa sottomissione di Tariq Pegida è contro l’islamizzazione dell’occidente, e preoccupa molto i tedeschi Segnatevi queste parole: “Uncooperating deconfliction” Svelato il gran promoter dello Stato islamico su Twitter (ma i servizi non lo vedevano?) Valori inalienabili, sacralità della vita, diritti criticati: un nuovo Papa I bambini sono stati posti di fronte alla terribile alternativa tra la conversione all’islam e la morte. I militanti islamici sono andati da un adulto e gli hanno detto: “Dì le parole per la conversione all’islam o uccidiamo i tuoi bambini”. Disperato, l’uomo ha pronunciato le parole. “L’uomo poi mi ha chiamato – ha raccontato White – e mi ha chiesto se Gesù avrebbe smesso di amarlo se avesse pronunciato la formula di abiura. Gli ho risposto che Gesù lo avrebbe amato per sempre”. I quattro bambini invece hanno risposto di no, che avrebbero seguito Gesù fino alla morte. “Noi amiamo Yeshua (Gesù in arabo, ndr), abbiamo seguito sempre Yeshua, Yeshua è sempre stato con noi”, hanno risposto i bambini ai jihadisti dell’Isis. I terroristi: “Di’ le parole”. I bambini: “Non possiamo”. Così hanno pagato con la vita. Hanno tagliato le loro teste.

Il reverendo Canon White, medico anestesiologo che soffre di sclerosi laterale e deve essere protetto da trenta guardie del corpo perché l’Is lo vuole morto, non è il primo religioso a denunciare la sorte dei bambini cristiani. “E’ in corso un olocausto dei cristiani”, aveva detto settimane fa alla Cnn Mark Arabo, leader cristiano, parlando di “sistematica decapitazione di bambini” da parte dell’Is. “I bambini vengono decapitati, le madri violentate e uccise, i padri impiccati”. La drammaticità di quanto ha detto Mark Arabo colpisce il giornalista della Cnn, Jonathan Mann, che gli chiede: “Stanno decapitando bambini?”. Risposta: “Sistematicamente”. Bambini cristiani. A Qaraqosh, culla della cristianità di Ninive, un bambino cristiano di cinque anni di nome Andrew è stato decapitato dall’Is durante la presa della città. Era stato Canon Andrew White a battezzare il bambino, che portava il nome del sacerdote. Ha fatto il giro del mondo la fotografia di un padre cristiano, Adib Elias, che di fronte alla chiesa di San Giuseppe di Erbil tiene in mano la fotografia del figlio di quattro anni, David, ucciso dai miliziani islamici. Canon White, che è anche il presidente della Foundation for Relief and Reconciliation in the Middle East, ha raccontato che un tempo la sua chiesa di San Giorgio a Baghdad aveva una congregazione di 1.600 fedeli. “Oggi siamo sessanta”. E’ in corso la fine della cristianità mediorientale.

Le storie dei “bambini iracheni” erano buone per i nostri giornali occidentali quando essi cadevano vittime delle bombe angloamericane sganciate per liberare Baghdad da Saddam. Quando a morire sono invece i “bambini cristiani” per mano dell’islamismo, le loro storie sono accolte con una smorfia di sussiego.


Buongiorno amici!
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I 21 egiziani cristiani copti sgozzati dai terroristi islamici in Libia mentre pronunciano il nome di Cristo, hanno riesumato l'epoca del martirio e avviato, con la loro solida fede, un processo di riscatto valoriale e di civiltà contro le barbarie dei fanatici di Allah e di Maometto.

Padre Antonios Aziz Mina, Vescovo copto cattolico di Giuzeh, ha detto: “Il video che ritrae la loro esecuzione è stato costruito come un'agghiacciante messinscena cinematografica, con l'intento di spargere terrore. Eppure, in quel prodotto diabolico della finzione e dell'orrore sanguinario, si vede che alcuni dei martiri, nel momento della loro barbara esecuzione, ripetono ‘Signore Gesù Cristo’. Il nome di Gesù è stata l'ultima parola affiorata sulle loro labbra. Come nella passione dei primi martiri, si sono affidati a Colui che poco dopo li avrebbe accolti. E così hanno celebrato la loro vittoria, la vittoria che nessun carnefice potrà loro togliere. Quel nome sussurrato nell'ultimo istante è stato come il sigillo del loro martirio”.
Intanto, in Egitto, il governo ha proclamato sette giorni di lutto nazionale per i martiri della Libia, mentre in diverse diocesi, tra digiuni e veglie di preghiera, fedeli e Vescovi avanzano la proposta di dedicare a loro nuove chiese.
Il Primo ministro Ibrahim Mahlab ha rivelato che lo stesso Presidente Abdel Fattah al-Sisi ha dato disposizione di costruire a spese dello Stato una chiesa dedicata ai martiri della Libia nella città di Minya, dalla cui regione provenivano la gran parte dei copti decapitati dai terroristi islamici. Per decreto presidenziale, le famiglie delle vittime del terrore islamista riceveranno un risarcimento in denaro e diverranno titolari di un assegno pensionistico.
L'amica Mira Beshay mi ha mandato questo suo commento:
"Per la prima volta oggi ho visto cosa è successo quel giorno...
Il mare calmo, le vittime che camminano, vestiti tutti uguali, calmi, con espressioni che non mi sarei mai immaginata.. ed accanto, coloro che li guidano, vestiti tutti uguali, con espressioni che solo Dio sa quali sono.
E se ci fosse stato uno specchio di fronte ad entrambi, uno di quelli che mettono nelle palestre, per chi vuole migliorare le sue mosse ed imparare meglio?
Chissà se si sarebbero fermati o avrebbero continuato quello che stavano facendo.
E poi quel momento, in cui passi dalla vita alla morte.
E senza chiedere quali fossero le loro ultimi parole, molti gridano il nome di Gesù..
-Gesù, per i cristiani, l'incarnazione di Dio sulla terra.
-Gesù,per i musulmani, un profeta, l'unico essere senza peccato e capace di dare vita a chi è morto.
e per il resto, un personaggio storico, forse esistito forse no, ma che sicuramente ha cambiato la storia con la sua (venuta), con i suoi insegnamenti calmi ma potenti.

(traduzione del video in arabo)
E poi vengono dette queste parole:
Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.
Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.
Mt. 5:4-10-11
Anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.
E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4 Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.
Gv. 16:2-3
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,
Mt. 5:44
Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome.
Mt. 24:9
Non rendete a nessuno male per male.
Ro 12:17
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.
Ro 12:21

In finale vi propongo il link del video sconsigliato per la scena finale dello sgozzamento con il sangue che va ad arrossire le acque del mare. Ma impressionante per la dignità con cui questi martiri del cristianesimo si affidano alla volontà del Signore. Vedendo i loro occhi possiamo toccare con mano che saranno proprio questi martiri a riscattare la nostra fede e a far risorgere la nostra civiltà cristiana.
https://www.youtube.com/watch?v=JYX-vA3yyhY&sns=fb
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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