Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » ven giu 09, 2017 7:15 pm

Accettare il terrorismo islamico come la nuova normalità?
Nonie Darwish
09/06/2017

https://it.gatestoneinstitute.org/10505 ... -normalita

Dopo gli attentati terroristici, spesso ci sentiamo dire dai media e dai politici occidentali che dobbiamo accettare gli attacchi terroristici come la "nuova normalità".

Per i cittadini occidentali, questa espressione è pericolosa.

La dottrina islamica del jihad, della conquista e della dawah (la propaganda islamica, il proselitismo) dipende fortemente dal terrore e dalla seduzione. Targhib wal tarhib è una dottrina islamica che significa "sedurre (adescare) e terrorizzare", come strumento della dawah per conquistare le nazioni e costringere le loro popolazioni a sottomettersi alla legge islamica della sharia. Il suo obiettivo è quello di manipolare le parti istintive del cervello esercitando pressioni contrarie che alternano piacere e dolore – ricompensa e poi punizione – al fine di indottrinare la gente al rispetto dell'Islam.

I musulmani normali in genere non sono a conoscenza di questa dottrina, ma sono stati scritti dei libri islamici su questo argomento. Predicatori di spicco come Salman Al Awda ne hanno discusso su Al Jazeera. In un programma dal titolo "La sharia e la vita", Al Awda ha raccomandato di ricorrere a misure estreme "per ingigantire (...) la ricompensa e la punizione, moralmente e materialmente (...) in entrambe le direzioni". "Secondo questa dottrina," egli ha detto, "l'uso del terrore è un obbligo disciplinato dalla sharia".

Gli occidentali credono che i jihadisti islamici perpetrino la violenza terroristica sui non musulmani e in genere è così. Ma il terrore è anche il mezzo per garantirne il rispetto in seno all'Islam. Secondo la legge islamica, i jihadisti che si sottraggono al jihad devono essere uccisi. Il terrore è pertanto la minaccia che induce i jihadisti a compiere le missioni e che costringe gli altri musulmani a rispettare la sharia.

Un corso online per reclutare jihadisti contiene questa descrizione:

"La Dawa individuale presuppone che si suscitino reazioni emotive nelle reclute (e che si costruisca un rapporto personale). L'approccio di Abu 'Amr illustra un concetto di reclutamento chiamato al-targhib wa'l-tarhib, che è la tecnica della carota e del bastone che esalta i meriti dell'azione, spiegando al contempo le terribili conseguenze della mancanza di azione. Il concetto è stato introdotto nel Corano ed è stato oggetto di discussioni da parte di numerosi pensatori islamici per stabilire quale fosse il modo migliore per far sì che la gente si avvicini all'Islam (molti studiosi hanno scritto libri dal titolo al-targhib wa'l-tarhib). Secondo Abu 'Amr, i reclutatori dovrebbero applicare il concetto durante il processo di reclutamento, sottolineando i benefici dell'azione nella fase iniziale del processo e le conseguenze della mancanza di azione nella fase successiva".

In altre parole, i reclutatori di jihadisti devono iniziare con l'evidenziare dapprima "le cose buone", "l'esca" – la gloria futura, la supremazia e l'appagamento di desideri lascivi, come le vergini in paradiso. Successivamente, essi devono minacciare le reclute, azionando le leve del "terrore" e della vergogna, come conseguenze della mancata partecipazione al jihad.

Il tarhib o le azioni volte a "terrorizzare" auspica punizioni esemplari contro coloro che non adempiono ai dettami dell'Islam. Ecco perché paesi musulmani come l'Arabia Saudita e l'Iran, ed entità come l'Isis, eseguono volutamente decapitazioni, flagellazioni e amputazioni in piazza come fossero cerimonie. Paesi come l'Egitto, la Giordania e la Turchia sono più discreti, ma tollerano e avallano i delitti d'onore; l'uccisione degli apostati, le violenze alle donne e ai bambini, le torture e gli omicidi nelle loro prigioni. La dottrina del targhib e tarhib è viva e vegeta, non solo nelle teocrazie islamiche, ma anche nei cosiddetti paesi musulmani "moderati".

L'Islam fin dagli albori ha utilizzato queste tecniche di lavaggio del cervello che alternano "piacere e dolore" e le punizioni pubbliche crudeli e spettacolari. Se la Bibbia – la tradizione giudaico-cristiana occidentale – è in armonia con la natura umana e nutre buoni sentimenti, l'Islam fa il contrario: utilizza gli istinti umani di autoconservazione e sopravvivenza per piegare la volontà della gente e indottrinarla all'obbedienza servile.

Quando vivevo in Egitto, non ero a conoscenza – come la maggioranza dei musulmani – di questa dottrina islamica. Ma ho avvertito l'impatto di questa dottrina nella mia vita, perché permea ogni aspetto della cultura islamica: la predicazione, le relazioni familiari, il funzionamento dei governi e il modo in cui le autorità trattano le loro popolazioni.

La dottrina islamica basata sulla "seduzione e il terrore" ha generato una cultura degli estremi tossici: la diffidenza e la paura, l'orgoglio e la vergogna, l'autorizzazione a mentire ("taqiyya") e il rifiuto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.

Avendo vissuto gran parte della mia vita sotto un regime islamico, mi duole dire che coloro che l'Occidente chiama "musulmani moderati" sono spesso dei cittadini che hanno imparato a convivere con il terrorismo e ad accettarlo come normale. Per secoli, molti hanno giustificato il terrorismo, condannato le vittime del terrore, sono rimasti in silenzio o hanno mantenuto una posizione ambigua, e si sono perfino compromessi con i terroristi per sopravvivere. La cultura e la società islamica in cui ho vissuto facevano finta di non vedere quando le donne erano picchiate. Se le donne venivano assassinate in nome dell'onore, la domanda era "che cosa ha fatto?" e non "come è potuto accadere?" Quando i cristiani venivano uccisi e perseguitati dai musulmani, erano numerosi quelli che addossavano ai cristiani la colpa delle loro stesse persecuzioni ad opera dei musulmani. La normale risposta islamica al terrore è diventata: "Non sono fatti miei".

E adesso la dottrina islamica del Targhib wal Tarhib si è spostata in Occidente e mira a cambiare la cultura umanistica occidentale. Il rispetto dei diritti umani, la solidarietà verso gli altri, i valori della libertà e della pace devono essere rimpiazzati da altri valori come la schiavitù. il terrore, la tirannia e la paura.

Nei territori conquistati, il jihad islamico conta sul fatto che le popolazioni finiscono per arrendersi, rassegnarsi e accettare il terrorismo come parte della vita, come se fosse una catastrofe naturale simile a un terremoto o a un'alluvione.

La dottrina islamica del Targhib wal Tarhib non ci ha messo molto ad agire sulla psiche dei leader e dei media occidentali, che ora ci dicono di convivere con il terrorismo e accettarlo come un fatto di "nuova normalità". L'Islam conta di trasformare tutti in musulmani "moderati" che finiranno per fare finta di niente quando il terrorismo colpirà le persone che hanno accanto.

La nuova normalità? La polizia aiuta i sopravvissuti dell'attacco terroristico a London Bridge del 3 giugno 2017 (Foto di Carl Court/Getty Images)
Nonie Darwish, nata e cresciuta in Egitto, è l'autrice di "Wholly Different: Why I Chose Biblical Values over Islamic Values."
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » sab giu 17, 2017 6:17 am

Sospeso e senza stipendio perché parla (male) dell'Islam.
Filippo Facci, uno di noi!
L'ordine lombardo dei giornalisti mette all'indice l'editorialista di Libero: si è "permesso" di scrivere il suo pensiero sulla religione maomettana
di Alessandro Morelli
17 Giugno 2017

http://www.ilpopulista.it/news/17-Giugn ... i-noi.html

Se sei un giornalista e parli male dell'Islam ti ritrovi messo all'indice e "disoccupato". Non per colpa del tuo editore, sia chiaro, ma dell'Ordine Professionale che ti rappresenta. Questa volta capita a Filippo Facci, editorialista senza peli sulla lingua di Libero, che ha la colpa grave di aver scritto di Islam in modo troppo crudo.

Benvenuto nel club Filippo, visto che anche chi vi scrive è finito a processo all'Ordine Lombardo (nel mio caso per una foto pubblicata nei giorni degli attentati a Parigi sul mio profilo personale di Facebook) ma, mentre la stragrande maggioranza dei portatori sani di tesserino giornalistico se la ridono di casi come questi, noi non possiamo certo stare zitti.

Filippo Facci è uno di noi, non perché sia del nostro "gruppo", anzi: le sue dichiarazioni contro tutte le religioni ci dividono. Facci è uno di noi perché dice quello che pensa in maniera libera e proprio per questo è pericoloso per l'establishment e per il main stream dell'informazione che invece propone il politicamente corretto soporizzante che coccola e fa dormire sonni tranquilli alla massa di presunte pecore che stanno dall'altra parte dei monitor, delle Tv o a leggere i giornali.

L'Inquisizione giornalistica vive su segnalazioni di lesa sensibilità e guarda caso queste arrivano spesso da quelle anime belle che fanno riferimento all'area politica boldriniana o giù di lì, forse perché proprio la presidenta sarebbe una segnalatrice seriale. Questi attivisti politici, sono tutti impegnati a fare le pulci a quello che scriviamo.

Questo non è affatto il problema, anzi, aumenta il numero di lettori e, chissà, forse riusciremo persino a convincerne qualcuno delle buone ragioni di cui scriviamo. La questione è che attivisti politici (forse) non praticanti sono poi chiamati a giudicare le parole dei giornalisti, il che ci fa comprendere perché l'Italia sia solo al 52° posto nella classifica sulla libertà di stampa (redatta da Reporters sans Frontières, ndr).

Per Facci la punizione è netta: il Consiglio di disciplina dell'Ordine lombardo dei Giornalisti ha sentenziato di sospenderlo per due mesi dalla professione e dallo stipendio. Fossimo demagoghi diremmo: "E ora chi darà il pane ai suoi figli?" ma siccome non lo siamo e auguriamo a Facci di avere un po' di "grano in cascina" ci soffermiamo sulla gravità della situazione della libertà di stampa che è messa in pericolo non da un generico Erdogan ma dall'Ordine dei Giornalisti!

Per chiarire in quale realtà si trovino i liberi pensatori che non accettano di obbedire agli ordini del main stream bastano le motivazioni della pesante punizione che il collega riporta oggi su Libero: "Ora qualche estratto dalla sentenza, del cui livello possiamo avere un idea sin dall'incipit: "Facci ha respinto con fermezza l' accusa di razzismo. Questa è la premessa che solitamente accompagna tutte le affermazioni di carattere razzista". Chiaro: è come dire che dirsi innocenti, in tribunale, sia un primo indizio di colpevolezza: il livello è questo".

Non solo, aggiunge Facci: "Ma se è vero che il mio articolo parla di idee, attenzione, "la parte peggiore - scrivono nella motivazione i giudici dell'Ordine - è proprio quella che riguarda le idee e che consiste in un attacco e in un offesa ad un intero sistema culturale". E se anche fosse? Siamo al reato di vilipendio islamico? "Facci offende una religione e un intero sistema di valori. Non può non rilevarsi che, per l' islam, il Corano ha un valore diverso di quello (sic) che per le altre religioni rivelate hanno i libri sacri". Ergo, se abbiamo letto bene: il Corano non si può offendere, gli altri libri già di più.
Mistero: resta che trattasi, l' articolo, di "attacco diretto, indiscriminato e generalizzato verso un gruppo di persona (sic) che costituisce un quarto del genere umano". Verrebbe da rispondere che gli idioti forse sono anche di più, tuttavia la Costituzione non ci impedisce di criticarli. Nell'insieme, è semplicemente pazzesco".

Chissà cosa avranno scritto, detto e pensato i "giudici" lombardi nei riguardi della campagna "Je Suis Charlie". In fondo i vignettisti francesi se la sono cercata. No?

Siamo con Facci cercando di promuovere non la produzione in massa di belanti lettori ma di pensatori che trovino spunto da idee forti, sfacciate e diverse da quelle promosse dal main stream.



Facci sospeso perché rivendica il diritto all'odio
Sull'onda degli attentati in Europa, il giornalista rivendicava il diritto ad odiare l'islam e gli islamici. Ora l'Ordine lo ha sospeso per due mesi dalla professione e dallo stipendio
Alessandro Sallusti - Sab, 17/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 10132.html

L'Ordine dei giornalisti ha sospeso per due mesi dalla professione e dallo stipendio Filippo Facci, collega di Libero e noto volto televisivo.

Nell'articolo finito sotto inchiesta, scritto nel luglio dello scorso anno, Facci rivendicava il diritto ad odiare l'islam e gli islamici. Un articolo molto duro, nella forma e nella sostanza, scritto sull'onda degli attentati fatti nel nome di Allah che in pochi giorni provocarono in Europa oltre cento vittime, la maggior parte delle quali a Nizza.

Conosco Filippo Facci e lo stimo, come collega e come intellettuale. È un uomo talmente libero da non aver raccolto quanto il suo talento gli avrebbe permesso accettando solo qualche piccolo e umano compromesso. No, non c'è verso: lui si infiamma e parte in quarta senza remore e limiti. Per questo piace a molti lettori, meno a direttori ed editori. Figuriamoci ai colleghi invidiosi, ai notai del pensiero, ai burocrati del politicamente corretto.

Filippo Facci non farebbe male a una mosca (al massimo è capace di farlo a se stesso) e per questo non mi spaventa che abbia rivendicato il «diritto all'odio» di una religione e di una comunità che hanno generato i mostri assassini dei nostri ragazzi. L'odio inteso - nell'articolo è ben spiegato - non come incitamento alla violenza, ma come sentimento contrario a quello dell'amore, «detestare» come opposto di «ammirare». I sentimenti non si possono contenere, ma evidentemente non si possono neppure scrivere. Tanto più se sei un giornalista, se non sei di sinistra, se pubblichi su un giornale di destra, se si parla di islamici.

Il tema posto da Facci sul diritto all'odio (Travaglio, tanto per fare un esempio, lo teorizzò nei confronti di Berlusconi) è questione aperta nonostante sia stata affrontata nei secoli da fior di filosofi e da grandi intellettuali. Che a differenza dei colleghi del tribunale dell'Ordine di Milano non sono mai arrivati a un verdetto unanime (e qualcosa vorrà pur dire).

Qui non parliamo di una notizia falsa o di fatti e persone specifiche. Siamo di fronte all'opinione di un intellettuale. Il problema non è condividerla o meno. È non censurarla, non soffocarla, non punirla, come abbiamo sempre invocato per chiunque, compreso per Erri De Luca quando istigò al sabotaggio della Tav. Tanti islamici, anche se non terroristi, anche se non lo dichiarano, odiano noi e i nostri costumi. Noi stiamo per premiarli dando la cittadinanza automatica ai loro figli. Però puniamo Facci che non fa mistero dello stesso, reciproco, sentimento. Mi spiace per lui e mi spiace per la categoria così ridotta. Ma soprattutto mi spiace per tutti noi.



MA MI FACCI IL PIACERE! - IL GIORNALISTA È STATO SOSPESO PER DUE MESI DALL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA PER IL SUO ARTICOLO SU ‘LIBERO’ DI UN ANNO FA, DAL TITOLO: ‘ODIO L’ISLAM’, ARTICOLO DURISSIMO E PROVOCATORIO SUL FATTO CHE QUELLA MUSULMANA È L’UNICA RELIGIONE CHE NON SI PUÒ TOCCARE, CITARE, CRITICARE E SOPRATTUTTO ODIARE. E QUESTA DECISIONE NE E' LA PROVA - QUI L’ARTICOLO INTEGRALE
16 giu 2017

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... 150148.htm

Articolo di Filippo Facci per ‘Libero Quotidiano’ del 26 luglio 2016

Odio l'Islam. Ne ho abbastanza di leggere articoli scritti da entomologi che osservano gli insetti umani agitarsi laggiù, dietro le lenti del microscopio: laddove brulica una vita che però gli entomologi non vivono, così come non la vivono tanti giornalisti e politici che la osservano e la giudicano dai loro laboratori separati, asettici, fuori dai quali annasperebbero e perirebbero come in un'acqua che non è la loro.

È dal 2001 che leggo analisi basate su altre analisi, sommate ad altre analisi fratto altre analisi, commenti su altri commenti, tanti ne ho scritti senza alzare il culo dalla sedia: con lo stesso rapporto che ha il critico cinematografico coi film dell'esistente, vite degli altri che si limita a guardare e a sezionare da non-attore, da non-protagonista, da non vivente.

Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d'anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle, anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie.

Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l'Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare, le loro moschee squallide, la cultura aniconica e la puzza di piedi, i tappeti pulciosi e l'oro tarocco, il muezzin, i loro veli, i culi sul mio marciapiede, il loro cibo da schifo, i digiuni, il maiale, l'ipocrisia sull'alcol, le vergini, la loro permalosità sconosciuta alla nostra cultura, le teocrazie, il taglione, le loro povere donne, quel manualetto militare che è il Corano, anzi, quella merda di libro con le sue sireh e le sue sure, e le fatwe, queste parole orrende che ci hanno costretto a imparare.

Odio l'Islam perché l'odio è democratico esattamente come l'amare, odio dover precisare che l'anti-islamismo è legittimo mentre l'islamofobia no, perché è solo paura: e io non ne ho, di paura. Io non odio il diverso: odio l'Islam, perché la mia (la nostra) storia è giudaica, cattolica, laica, greco-latina, rousseiana, quello che volete: ma la storia di un'opposizione lenta e progressiva e instancabile a tutto ciò che gli islamici dicono e fanno, gente che non voglio a casa mia, perché non ci voglio parlare, non ne voglio sapere: e un calcio ben assestato contro quel culo che occupa impunemente il mio marciapiede è il mio miglior editoriale. Odio l'Islam, ma gli islamici non sono un mio problema: qui, in Italia, in Occidente, sono io a essere il loro.



Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523

Islam, Maometto, Allah, Corano e Sharia sono orrore e terrore
viewtopic.php?f=188&t=2644



Filippo Facci svela il vero volto dell'Islam: "Perché lo odio"
28 Luglio 2016 39
di Filippo Facci

http://www.liberoquotidiano.it/news/opi ... bero-.html

Odio l’Islam.
Ne ho abbastanza di leggere articoli scritti da entomologi che osservano gli insetti umani agitarsi laggiù, dietro le lenti del microscopio: laddove brulica una vita che però gli entomologi non vivono, così come non la vivono tanti giornalisti e politici che la osservano e la giudicano dai loro laboratori separati, asettici, fuori dai quali annasperebbero e perirebbero come in un’acqua che non è la loro. È dal 2001 che leggo analisi basate su altre analisi, sommate ad altre analisi fratto altre analisi, commenti su altri commenti, tanti ne ho scritti senza alzare il culo dalla sedia: con lo stesso rapporto che ha il critico cinematografico coi film dell’esistente, vite degli altri che si limita a guardare e a sezionare da non-attore, da non-protagonista, da non vivente. Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d’anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle, anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie.
Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare, le loro moschee squallide, la cultura aniconica e la puzza di piedi, i tappeti pulciosi e l’oro tarocco, il muezzin, i loro veli, i culi sul mio marciapiede, il loro cibo da schifo, i digiuni, il maiale, l’ipocrisia sull’alcol, le vergini, la loro permalosità sconosciuta alla nostra cultura, le teocrazie, il taglione, le loro povere donne, quel manualetto militare che è il Corano, anzi, quella merda di libro con le sue sireh e le sue sure, e le fatwe, queste parole orrende che ci hanno costretto a imparare.
Odio l’Islam perché l’odio è democratico esattamente come l’amare, odio dover precisare che l'anti-islamismo è legittimo mentre l’islamofobia no, perché è solo paura: e io non ne ho, di paura. Io non odio il diverso: odio l’Islam, perché la mia (la nostra) storia è giudaica, cattolica, laica, greco-latina, rousseiana, quello che volete: ma la storia di un’opposizione lenta e progressiva e instancabile a tutto ciò che gli islamici dicono e fanno, gente che non voglio a casa mia, perché non ci voglio parlare, non ne voglio sapere: e un calcio ben assestato contro quel culo che occupa impunemente il mio marciapiede è il mio miglior editoriale. Odio l’Islam, ma gli islamici non sono un mio problema: qui, in Italia, in Occidente, sono io a essere il loro.


Facci può essere paragonato agli apostati e agli atei dell'islam che vengono perseguitati dai regimi islamici, L'ordine dei giornalisti milanese si è comportato come la lunga mano dell'Islam che censura, reprime, perseguita, uccide e stermina. Questi sono peggio del pugno del Papa con Charlie Hebdo e in tal modo giustificano la violenza dell'Islam nei confronti di tutti i diversamente religiosi e pensanti e si fanno complici dei crimini mussulmani.

Apostati de l'Ixlam, eroi de l'omanidà
viewtopic.php?f=188&t=1922
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » lun giu 19, 2017 3:24 am

Il terrorismo islamista e l’odio anti occidente
12 giugno 2017
di Ernesto Galli della Loggia

http://www.italiaisraeletoday.it/il-ter ... -occidente

Dietro il terrorismo islamista è facile scorgere un vasto retroterra di opinione pubblica mussulmana – presente anche in Europa – che certamente condanna le imprese dei terroristi ma che oscuramente ne subisce una certa fascinazione perché, magari inconsapevolmente, ne condivide alla fine un sentimento di fondo: cioè una radicata avversione antioccidentale.

La quale si alimenta a propria volta di un sentimento diffusissimo in tutto il mondo islamico: il vittimismo. L’idea che mentre quel mondo sarebbe stato oggetto da sempre di gravi soprusi da parte dell’Occidente, il suo passato, invece, sarebbe totalmente privo di macchie. L’atmosfera culturale dominante in Europa e negli Stati Uniti negli ultimi decenni, intrisa di un desiderio di espiazione per i nostri, veri o presunti, peccati storici, ha indubbiamente favorito la diffusione di tale sentimento pronto a volgersi in risentimento.

Ma tutto questo ha ben poco a che fare con la storia, con la storia reale che si sforza di accertare e di raccontare i fatti per quello che sono effettivamente stati. Quella storia che però, disgraziatamente, sembra essere ancora oggi la grande assente nell’opinione pubblica islamica. Con il risultato che la non conoscenza del passato favorisce ogni mitizzazione, accredita una visione del mondo in bianco e nero, e contribuisce non poco a distorcere gravemente il significato di quanto accade attualmente, producendo per l’appunto vittimismo e pericolosi desideri di rivalsa.

A fare giustizia di molte leggende storiche su due aspetti centrali del passato islamico sono utilissimi due libri (oltre agli smartphone per fortuna esistono ancora i libri). Il primo, recentissimo, è di Georges Bensoussan, «Les juifs du monde arabe» (Odile Jacob, 2017) dedicato, come dice il titolo, alla vita delle comunità ebraiche nell’islam arabo. Il mito di cui qui si tratta è quello — prediletto in special modo da tutta l’opinione progressista occidentale ma costruito paradossalmente dal sionismo tedesco dell’Ottocento — della presunta felice convivenza che avrebbe caratterizzato in generale l’esistenza degli ebrei in tutto il mondo arabo. Fintanto che — così vuole il mito — a spezzare l’incantesimo e a rendere invivibili per gli ebrei i Paesi islamici sarebbe intervenuta la nascita abusiva dello Stato di Israele. Senza la cui presenza, perciò, l’eden avrebbe potuto tranquillamente continuare a esistere.

Si dà invece il caso che la realtà, tranne in casi rarissimi, sia stata sempre ben diversa. Le pagine del libro forniscono a questo proposito una vasta documentazione circa il miserabile stato di inferiorità, di forzata ignoranza, in cui per secoli nel mondo islamico gli ebrei furono costretti, in virtù di un pregiudizio religioso antigiudaico ben più vasto e pervasivo di quello diffuso nel mondo cristiano.

Per essere tollerati gli ebrei erano costretti, oltre che a pagare una tassa speciale, ad accettare una condizione di paria, ad esempio subendo quotidianamente da parte di chiunque (anche di un bambino islamico incontrato per strada) una serie di angherie, di violenze e di oltraggi mortificanti senza potersi permettere, pena la vita, il minimo gesto di reazione. Si è trattato per secoli dell’applicazione di una vera e propria tecnica di degradazione sociale tendente, suggerisce l’autore, a una sorta di animalizzazione deumanizzante della figura dell’ebreo.

Le cose mutarono solo con le conquiste coloniali europee e con la presenza mandataria anglo-francese nell’ex impero ottomano dopo il 1918. Gli ebrei allora — grazie anche ai loro legami con i correligionari in Europa — furono pronti a cogliere l’occasione e a iniziare un percorso di emancipazione culturale ed economica nei vari Paesi arabi, che gli attirò tuttavia una ancor più aggressiva ostilità da parte delle élite e delle popolazioni islamiche. Sicché dalla fine dell’Ottocento al 1945 in tutto il Maghreb e il Medio Oriente aggressioni, disordini, autentici pogrom, non si contarono, a stento contenute dalle potenze coloniali, e con l’ovvia appendice di derive filofasciste e filonaziste. Assai spesso, alla sua origine il moderno nazionalismo arabo-islamico si è nutrito profondamente proprio di questo antisemitismo militante mischiato con l’antioccidentalismo. Quando lo Stato d’Israele, si noti bene, era ancora al di là da venire.

Sempre circa l’immagine idilliaca della civiltà islamica che dalle nostre parti ancora piace a molti costruirsi — con conseguente autoflagellazione della civiltà occidentale — bisognerebbe poi che i nostri manuali scolastici si decidessero per esempio a dire qualcosa a proposito della tratta degli schiavi che i negrieri islamici, arabi e berberi, praticarono dall’ottavo al sedicesimo secolo (dunque per almeno cinque, sei secoli in più rispetto ai negrieri europei e americani — di questi ultimi non pochi armatori ebrei di Charleston e di Newport — delle cui imprese, invece, quei manuali parlano a ragione molto diffusamente). Nell’attesa si può ricorrere alle trecento e passa pagine di uno storico della Sorbona, Jacques Heers («Les négriers en terre d’islam»).

Coadiuvati anch’essi — come più tardi i trafficanti euro-americani — dall’indispensabile collaborazione dei capi neri degli Stati dell’Africa sub sahariana — sovente veri e propri Stati predatori dei propri stessi abitanti —, i negrieri islamici della penisola arabica e della riva sud del Mediterraneo si diedero per un lunghissimo tempo al commercio quando non all’organizzazione in prima persona di razzie sistematiche, ogni volta di migliaia e migliaia di schiavi, dal Sudan al Senegal, al Mali, al Niger: non mancando d’invocare in molte occasioni il pretesto della conversione e della guerra santa. Fin dall’inizio dell’islam Gedda, Medina, la Mecca, e in seguito Algeri e Tunisi, furono grandi mercati di esseri umani catturati non solo in Africa ma anche per esempio tra i Bulgari e in tutti i Balcani. Alla metà del ‘500 i «bagni» di Algeri erano affollati pressoché esclusivamente di schiavi cristiani, bambini compresi, cui era spesso riservato il triste destino della castrazione. Mercanti islamici arrivarono a trafficare schiavi neri fino in Cina e in India.

Come si vede, è abbastanza evidente che se oggi volessimo davvero impegnarci in una battaglia culturale per favorire la nascita di un Islam «moderato», è da qui, da una ricognizione del passato, e quindi da libri di storia come quelli che ho citato, che si dovrebbe cominciare. Dal momento che è solo grazie alla conoscenza dei fatti che si può evitare di credere alle menzogne e di farne lo strumento autoconsolatorio di una propria immaginaria innocenza a confronto della malvagità altrui.


Islam, Maometto, Allah, Corano e Sharia sono orrore e terrore
viewtopic.php?f=188&t=2644

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
viewtopic.php?f=188&t=2526
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » mar giu 20, 2017 2:19 pm

“Islamofobia” e critica dell’islam - A ragion veduta
11-04-2013

https://blog.uaar.it/2013/04/11/islamof ... tica-islam

Nathan Lean, redattore capo del network Aslan Media dedicato alle notizie dal Medio Oriente, attacca gli esponenti del new atheism Richard Dawkins, Sam Harris e Christopher Hitchens accusandoli di “islamofobia”. L’attentato terroristico alle Torri Gemelle ha fornito l’occasione a questi intellettuali di criticare anche l’islam. “I nuovi atei si sono uniti al coro crescente gli odiatori di islamici”, scrive, “mettendo insieme la loro repulsione per la religione in generale con un avversione particolare per l’islam”.
La critica alla religione sarebbe “scivolata senza soluzione di continuità in xenofobia verso l’immigrazione islamica o la pratica del velo”, portando a generalizzazioni e un accanimento ritenuti razzisti, nonché alla difesa sperticata di Israele. E Lean prende come esempi le espressioni usate da Sam Harris nel suo Lettera a una nazione cristiana, che accosta alle “chiacchiere pseudo psicologiche” di Pamela Geller, nota blogger della destra statunitense.

Anche vari tweet e dichiarazioni di Dawkins vengono presi di mira. Come quando sostiene che l’islam è “oggi la più grande forza del male” e scrive di non poter citare di preciso il Corano perché non l’ha letto, e di non aver bisogno di leggerlo per criticarlo come di “non aver bisogno di leggere il Mein Kampf per avere un’opinione sul nazismo”. In occasione di un dibattito organizzato da un gruppo islamico presso l’University College di Londra con il fisico Laurence Krauss, in cui donne e uomini sono stati divisi per i posti a sedere, Dawkins aveva parlato di “apartheid sessuale”. Lent accosta Dawkins a Geert Wilders, leader dell’ultra-destra olandese anti-islam. “Non è razionale o illuminante o ‘free thinking’ e nemmeno intelligente. È opportunismo”, conclude accusandoli di flirtare con i peggiori islamofobi, gli stessi che magari criticano la militanza atea.

La critica dei commentatori filo-islamici (e filo-arabi) ai nuovi atei si fa politica. Murtaza Hussain, redattore per Al Jazeera, rincara la dose, accostando le critiche del new atheism all’islam al “razzismo scientifico” di Christopher Meiners. Salto un po’ azzardato, visto che si tratta di uno scrittore della fine del Settecento, sostenitore del poligenismo tra bianchi e neri ben prima della formulazione della teoria evolutiva. L’accusa rivolta a Dawkins, Hitchens e in particolare Harris è di dipingere gli islamici come “barbari” e di giustificare la tortura e gli attacchi contro i musulmani. L’islam, ci tiene a precisare, non è una razza: ma nessuno di quelli che vengono chiamati in causa lo ha sostenuto, né potrebbe farlo.

Gleen Greenwald, giornalista statunitense liberal che scrive sul Guardian, approva il commento di Hussain e con un tweet parla di “bigotteria” dei “nuovi atei”. Greenwald e Harris hanno uno scambio di email, che il primo commenta ribadendo di essere d’accordo con la tesi generale espressa su Al Jazeera e su Salon secondo cui gli intellettuali atei “hanno flirtato con, a volte abbracciandolo vigorosamente, una animosità anti-islamica irrazionale”. Ma ci tiene a precisare, viste le polemiche su internet, di non averlo mai accusato di “razzismo”, “ma piuttosto che lui e altri come lui buttano fuori e promuovono l’islamofobia sotto forma di ateismo razionale”. Greenwald contesta a Harris l’accanimento troppo in generale verso i musulmani. In particolare l’aver giustificato in casi estremi la tecnica del water-boarding per i terroristi, per aver preso le parti degli israeliani contro i palestinesi sostenendo che i primi cercano di evitare l’uccisione di civili mentre gli islamici intenzionalmente colpiscono la popolazione, fino alla proposta di schedatura (profiling) per i musulmani o che potrebbero apparire tali (tra cui metteva egli stesso) al fine di migliorare la sicurezza negli aeroporti. Schiacciare i nuovi atei su posizioni di destra filo-americana e anti-islamica d’altronde è una caricatura: a dire il vero esistono anche intellettuali non credenti che anzi si caratterizzano per posizioni opposte, fortemente critiche verso Israele e Usa, come Piergiorgio Odifreddi, solo per citare un caso italiano.

Harris con queste posizioni ha suscitato un vespaio. Lui stesso ha criticato i liberal giudicandoli troppo soft verso i musulmani integralisti, venendo per contro accusato di coprire il militarismo statunitense e israeliano e di essere su posizioni neocon. Lo scrittore americano ha risposto alle contestazioni, ritenendo che il suo pensiero e le sue affermazioni siano state distorte nella vis polemica. Non si può negare che proprio Harris, come gli altri new atheists, abbia spesso criticato il cristianesimo dedicandogli interi libri, senza dover affrontare tutte queste reazioni dai commentatori liberali e di sinistra. Inoltre Harris ha spesso rivendicato il diritto di critica nei confronti dell’islam, denunciando come sia facile bollare qualunque affermazione di questo tipo come “islamofoba”. E ha difeso chi, come Ayaan Hirsi Ali, ha lottato contro la sopraffazione su base religiosa e per i diritti delle donne. Ma di certo sbaglia Harris nel sostenere il profiling su base religiosa. E nell’alimentare astio e incomprensioni a colpi di tweet, con l’aiuto di Dawkins.
blogger-islam

Si parla molto tra siti e blog di questa polemica. Robbi Bensinguer, già attivo nella Secular Alliance, fa notare come le stesse citazioni di Harris siano state riportate in maniera non corretta e accusa Greenwald e soprattutto Hussain di disonestà intellettuale. E contesta in un altro post proprio la definizione di “islamofobia”, spesso usata in maniera strumentale. Anche il biologo Jerry Coyne difende Harris, e partendo proprio dall’attualità: l’imponente manifestazione a Dhaka, in Bangladesh, in cui centinaia di migliaia di islamisti sono scese in piazza chiedendo la repressione e la condanna a morte per i blogger “atei”, accusati di aver offeso l’islam. Questione che abbiamo trattato, scrivendo al governo italiano, alle associazioni islamiche in Italia e lanciando una petizione. Anche l’Iheu ha lanciato un appello e invitato alla mobilitazione internazionale.

“È inimmaginabile”, scrive Coyne, che raduni di massa in cui si chiede l’impiccagione dei dissidenti raccolgano gli aderenti di altre religioni o che tali pretese arrivino da cristiani integralisti. La retorica contro il “colonialismo” occidentale che subiscono i popoli islamici non regge, sostiene, di fronte a situazioni del genere: in cui ci sono masse di estremisti islamici che minacciano all’interno di un paese a maggioranza musulmana una minoranza laica autoctona, o che si scagliano contro chi osa abbandonare l’islam. Coyne nota come le critiche all’islamofobia che gli viene attribuita — tale e quale per Dawkins, Harris e Hitchens — provengano anche da atei o laici. Commentatori che si fanno pochi problemi quando questi stessi polemisti criticano con forza il cristianesimo o la Chiesa cattolica, ma saltano sulla sedia quando si parla di islam affibbiando l’etichetta di “islamofobia”. Tra certi scettici esiste un “doppio standard”, sebbene gli integralisti islamici siano oggi molto più feroci e “in generale si comportino molto peggio rispetto agli aderenti di altre fedi”. Coyne respinge al mittente le critiche di “razzismo”, rivendicando il diritto di critica verso “una religione i cui principi sono anti-democratici, anti-gay, contro le donne, contro la libertà di pensiero e i cui aderenti vogliono imporre la loro moralità basata sulla religione al resto di noi”.

Coyne precisa che il cristianesimo e altre religioni hanno diffuso molta violenza, ma quella dell’islam dà effetti nefasti tuttora. “Ci sono poche teocrazie cristiane oggi, ma molte islamiche”, aggiunge, “vi sfido a leggere il Corano e a sostenere che non è un libro scritto per ispirare odio e divisione. L’ho letto. Non c’è niente del genere nel buddhismo, o anche nella Bibbia, che può eguagliarlo”. I musulmani moderati di certo esistono, riconosce, ma non si manifestano e le poche voci vengono intimidite proprio dagli estremisti, che tengono banco: “dove sono le centinaia di migliaia che protestano per la fatwa a Rushdie, o per le minacce di morte per i blogger laici?”.

È sbagliato forse usare il termine islamofobia per ogni tipo di critica alla religione islamica, come fa notare un interessante articolo scritto a quattro mani da un attivista laico canadese, Jackson Doughart, e uno studente che vive in Iraq, Faisal Saeed al-Mutar. Anche perché è specchio di un irrigidimento dell’islam, che appare incapace di accettare la libera discussione sulla fede e relative critiche come accade in Occidente. L’influenza di termini come “blasfemia” e “islamofobia” finisce per fare il gioco del fondamentalismo e toglie dignità proprio ai credenti musulmani. Infatti risponde alla logica dell’integralismo religioso, che pretende di “infantilizzare” i propri aderenti “convincendoli che il pensiero critico, specialmente su materie di fede, è immorale”. A questo atteggiamento islamista ne corrisponde un altro da parte occidentale, ovvero ritenere che gli islamici “non siano abbastanza maturi da gestire le critiche alle proprie credenze predilette” e che “le loro sottoculture siano riducibili a testi e pratiche arcaiche”.

L’etichetta di islamofobia, in sé non necessariamente sbagliata, sta diventando una copertura per zittire ogni critica all’islam, tant’è che viene contestata da più parti. Così come la cristianofobia nasconde ormai il vittimismo cristiano. Secondo Coyne la difesa a spada tratta dell’islam in Occidente nasconde anche una tendenza paternalistica, nel senso che vengono tollerati standard etici e comportamenti che non sono permessi ad altri concittadini anche quando calpestano i diritti umani. Proprio in nome di una “difesa distorta del multiculturalismo e del relativismo morale”. “Il multiculturalismo diventa pericoloso quando porta qualcuno a chiudere gli occhi di fronte agli aspetti distruttivi di altre culture”, ammonisce Coyne, “aspetti che non dovremmo celebrare, ma rigettare”. “Questa esaltazione del multiculturalismo ha di fatto direttamente portato a una difesa acritica dell’islam”, aggiunge il biologo. “Se esiste effettivamente l’islamofobia, non è qualcosa che viene praticato dai new atheists”, conclude Coyne, “non è razzismo o bigotteria criticare idee e comportamenti cattivi”.

Il problema è più ampio e riguarda sia i liberal, sia la sinistra. Come scrive la femminista laica Meredith Tax sul suo blog, è “un impulso naturale” quello di difendere i musulmani “dall’attuale clima di crescente xenofobia, discriminazione e attacchi violenti in Europa e Nord America”. L’islam in Occidente viene spesso demonizzato in blocco e i jihadisti sottoposti a trattamenti fuori dalla legge e dai diritti riconosciuti, questo è vero. “Ma difendere i musulmani dalla discriminazione non significa dare supporto politico ad un quadro concettuale di destra islamica” che giustifica la “jihad difensiva” o la segregazione tra uomini e donne durante gli incontri (come accaduto nel dibattito di Krauss). In questi anni si assiste d’altronde a una strana alleanza tra la sinistra “radicale” e movimentista con i gruppi fondamentalisti, siano essi cristiani, islamici, ebrei o islamici. Alleanze, rincara Tax, che sono “tradimenti” sia per la maggioranza dei fedeli, rappresentati dagli estremisti e lasciati in balia di questi, sia per i principi fondamentali della sinistra, “dal momento che i militanti di sinistra sono i primi a essere uccisi quando i fondamentalisti arrivano al potere. Chiedete a qualsiasi iraniano”. Proprio la dinamica della rivoluzione del 1979 a Teheran deve far riflettere: gli attivisti socialisti e laici che lottavano per la democrazia contro il regime dello scià Reza Pahlavi sono stati presto marginalizzati e perseguitati proprio dai pasdaran dell’ayatollah Khomeini. E uno schema simile rischia di ripetersi anche nei paesi toccati dalla primavera araba.

Eppure, anche nell’ultimo e fortunato libro dell’autorevole studiosa Martha C. Nussbaum (La nuova intolleranza. Superare la paura dell’islam e vivere in una società più libera) si muove all’interno delle stesse coordinate. L’autrice stigmatizza l’avversione nei confronti del burqa e di una moschea a Ground Zero, ma si dimentica completamente che sono proprio i non musulmani che vivono in paesi a maggioranza musulmana a non poter vivere, a causa dell’islam, in una società più libera. Una doppia morale che non giova a nessuno, perché la pressoché totale assenza di critiche alla violazione di fondamentali diritti umani giustificate in nome della religione non attenuerà in alcun modo i timori della destra identitaria, né porterà a più miti consigli gli integralisti, i cui atteggiamenti estremi vengono ben più che minimizzati.

In Gran Bretagna è indicativa l’ascesa di Respect, formazione anticapitalista vicina ai gruppi islamici più integralisti, proprio nelle roccaforti laburiste che hanno ora una forte presenza di comunità nate dall’immigrazione da paesi a maggioranza islamica e che si vanno radicalizzando. Il paese ha sdoganato da anni il multiconfessionalismo garantendo privilegi e prerogative alle comunità religiose, circostanza che ha favorito la creazione di ghetti identitari, piuttosto che la convivenza pacifica. Preoccupante anche la crescita dell’estrema destra anti-immigrati, con attriti soprattutto nelle periferie e nei quartieri dove si sono insediate le comunità provenienti dall’estero, in Gran Bretagna come in altri paesi del Nord Europa. Se è vero che la retorica dello “scontro di civiltà” preconizzato dal politologo Samuel Huntington ci spinge proprio verso il conflitto e scava ulteriori fossati tra culture, lo stesso effetto rischia di darlo lo speculare atteggiamento lassista in cui sembra cadere soprattutto una certa sinistra liberal.

Dove sbagliano persone come Greenwald, Nussbaum e Lean è proprio qui: nella difesa della libertà di religione dei musulmani si spingono fino ad accettare la libertà di comportamenti che non accetterebbero in altri gruppi umani, dall’omofobia alla discriminazione per genere. Gli stessi atei, nei paesi a maggioranza islamica, non solo non possono quasi mai criticare l’islam, ma sono passibili di pena di morte in diversi di essi. Non esiste nulla del genere in nessuna legislazione nei confronti dei musulmani. Non stiamo chiedendo “reciprocità”, che è qualcosa di completamente sbagliato sia dal punto di vista delle relazioni intercomunitarie, sia — ancor di più — da quello del diritto. Stiamo invece sostenendo che è miope far finta che non esistano situazioni come quelle appena descritte, e che è ancora peggio farlo in nome dell’antimperialismo o della tutela del più debole. Perché vi sono altri essere umani, ancora più deboli e ancora meno rappresentati, che ne patiranno le conseguenze in qualche angolo di quel paese. Per esempio il Bangladesh: Greenwald e Lean, proprio mentre scrivono sui loro blog, non sembrano minimamente sapere cosa vi stia succedendo: non credenti e laici vessati, intimiditi e arrestati in massa su istigazione dei leader islamisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » sab giu 24, 2017 5:38 pm

La Svezia ha aperto le porte all’immigrazione islamica, oggi è la capitale degli stupri dell'Occidente. Il Giappone no – Telegraph
Salvatore Clemente
(Fonte: http://dailycaller.com/2015/10/23/swede ... apan-didnt )
di James Zumwalt, 23 ottobre 2015 (trad. SC)


http://telegra.ph/La-Svezia-ha-aperto-l ... e-no-05-13

Mentre l’Europa si confronta con le realtà sociali e finanziarie, per la sua generosità ad aprire le porte a milioni di immigrati musulmani, è il momento di raccontare la storia di due paesi.

La storia è importante in quanto i due paesi coinvolti hanno adottato due approcci completamente diversi all'immigrazione musulmana e alla conservazione della propria cultura. Come tali, entrambi forniscono su questo un esempio del proverbio che parla di un canarino in una miniera di carbone.

La Svezia ha iniziato ad aprire le porte agli immigrati musulmani negli anni '70. Oggi paga un prezzo elevato per averlo fatto. Il gruppo che soffre le più gravi conseguenze di una tale politica di porte aperte è quello delle donne svedesi.

Mentre gli uomini musulmani emigravano in Svezia, portavano con sé la cultura islamica che autorizza lo stupro. È una cultura abbastanza brutta riguardo il trattamento delle proprie donne. Sotto la sharia, le donne musulmane sono poco più di un oggetto oltre a dover provvedere alle esigenze sessuali dei loro mariti. Una moglie non sottomessa corre il rischio di essere violentata dal marito.

Ma sotto la sharia, questa cultura dello stupro influenza anche le donne svedesi in quanto "infedeli" e, come tali, sono — secondo gli insegnamenti di Allah — obiettivi ammessi per lo stupro da parte di uomini musulmani. Un tale sistema di credenze islamiche è confermato da un drastico aumento in Svezia degli stupri — più di mille volte — fin da quando il paese ha aperto le porte all'immigrazione islamica.

Un consiglio nazionale svedese del 1996 per la prevenzione dei crimini ha esaminato anche questo. Ha osservato che gli immigrati musulmani del Nord Africa avevano 23 volte più probabilità di commettere stupri rispetto agli uomini svedesi. Non c'è da stupirsi perché oggi la Svezia è considerata la capitale degli stupri dell'occidente.

Ancora più scioccante, tuttavia, è la mania del politicamente corretto che tende a coprire la segnalazione di questi crimini. Sensibile alle accuse di islamofobia, la stampa svedese si rifiuta di emanare un allarme sociale di avvertimento per le donne svedesi su chi siano questi predatori sessuali. Così, quando un musulmano commette uno stupro, i media ne danno notizia come se si trattasse di un maschio svedese.

Ma questo insuccesso nel fare luce sugli stupratori che sono maschi musulmani li lascia in ombra così che riescono a commettere crimini sessuali ancora più eclatanti. Senza timore di essere perseguiti, questi predatori hanno adottato la mentalità del branco. Un fenomeno inesistente in Svezia negli anni '70 oggi è ormai diffuso in quanto il paese è diventato terreno fertile per gli stupri di gruppo.

È interessante notare che tra il 1995 e il 2006, il governo svedese seguiva le violenze di gruppo, identificandole come una tendenza drasticamente in aumento. Incredibilmente, dopo aver scoperto il problema, ha poi adottato l'approccio dello struzzo di mettere la "testa nella sabbia", terminando ogni ulteriore studio su di esse. A quanto pare, la paura del governo di essere etichettato islamofobo si è rivelata più grande del suo interesse ad avvertire le donne svedesi sulla reale minaccia. Sebbene non siano stati condotti studi sulla violenza di gruppo dal 2006, si può supporre che questi numeri continuino ad aumentare.

È interessante confrontare l'approccio della Svezia con i problemi di immigrazione islamica che si presentano con l'approccio del Giappone e l'inesistenza di tali problemi là.

La ragione della differenza è semplice. Il Giappone, a differenza della Svezia, è stato molto più prudente su tutta l'immigrazione nello sforzo di preservare la propria cultura.

Come il dott. Mordechai Kedar — un ufficiale dell'intelligence militare israeliano — ha osservato nel suo articolo del 20 maggio 2013 "Giappone - la terra senza musulmani", sebbene il paese abbia una popolazione di 127 milioni di abitanti, là ci sono solo 10 mila musulmani residenti. Così, i musulmani in Giappone sono meno di un centesimo percento della popolazione, mentre nei paesi europei stanno crescendo in minoranze consistenti.

Sebbene l’immigrazione musulmana non sia tra le maggiori preoccupazioni del Giappone, Kedar ha spiegato che, comunque il Giappone rimane interessato al problema dell’influenza islamica. Per tre ragioni:

"Primo, i giapponesi tendono a trattare tutti i musulmani come fondamentalisti che non sono disposti a rinunciare al loro tradizionale punto di vista e ad adottare atteggiamenti moderni di pensiero e di comportamento. In Giappone, l'islam è percepito come una religione strana, che ogni persona intelligente dovrebbe evitare.

"Secondo, la maggior parte dei giapponesi non hanno religione, ma i comportamenti legati alla religione shinto insieme agli elementi del buddismo sono integrati nelle abitudini nazionali. In Giappone, la religione è legata al concetto nazionalista ed esistono pregiudizi verso gli stranieri, siano essi cinesi, coreani, malesi o indonesiani, e gli occidentali non sfuggono a questo atteggiamento. Ci sono quelli che lo chiamano uno "sviluppato senso di nazionalismo" e ci sono quelli che lo chiamano "razzismo". Sembra che nessuno dei due sia sbagliato.

"Terzo, i giapponesi respingono il concetto di monoteismo e fede in un dio astratto, perché il loro concetto di mondo è evidentemente collegato alla materia, non alla fede e alle emozioni. Sembra che raggruppino l'ebraismo con l'islam. Il cristianesimo esiste in Giappone e non è considerato negativo, a quanto pare perché l'immagine di Gesù è percepita come le immagini di Buddha e Shinto".

Kedar ha notato anche un aspetto più importante mancante nell'approccio giapponese con l'immigrazione islamica che affligge l'approccio adottato dalle democrazie occidentali.

"La cosa più interessante nell'approccio giapponese con l'islam", ha scritto Kedar, "è il fatto che i giapponesi non sentono la necessità di scusarsi con i musulmani per il modo negativo con cui si rapportano con l'islam".

Così, i giapponesi non si fanno scrupoli: sono islamofobi. È un atteggiamento giustificato dall'ideologia islamica che richiede che tutti i non musulmani siano sottomessi o muoiano. Ma i giapponesi sono determinati a non cadere nel suicidio culturale, consentendo a una cultura totalmente detestabile nei loro confronti di prosperare a livello nazionale e arrivare alla contestazione.

Di conseguenza, quando è uscito il richiamo alla comunità internazionale per aiutare la recente ondata di migranti musulmani a reinserirsi nei paesi non musulmani, il Giappone ha offerto assistenza finanziaria ma ha respinto l'apertura dei confini al loro reinsediamento.

C'è qualcosa da dire sull'approccio del Giappone per preservare senza imbarazzo la propria cultura. Abbiamo osservato questa cultura dare il meglio di sé nelle conseguenze di un terremoto e di uno tsunami che ha devastato il paese nel 2011.

Non c'erano segnalazioni di ribellioni o di saccheggi tra le persone. Quello che abbiamo visto durante un periodo di grande crisi umana è stata una funzione sociale molto organizzata, con dignità e rispetto reciproco. Questo fa capire bene la riluttanza dei giapponesi a cedere questa cultura all'islam.

Ciò che sta succedendo in Svezia che, paradossalmente, non sta accadendo in Giappone, dovrebbe essere una seria preoccupazione per il resto dell'Europa e degli Stati Uniti. Sia la Svezia che il Giappone sono esempi tangibili dell'approccio "canarino nella miniera di carbone" rispetto all'immigrazione islamica e il suo conseguente impatto sulla cultura di una nazione ospitante.

Nel considerare il problema dell'immigrazione islamica, le democrazie occidentali devono comprendere appieno perché il "canarino" in Svezia sta morendo mentre quello in Giappone no.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » dom giu 25, 2017 11:39 am

???

Appendino: "Musulmani pagano il prezzo più alto per la paura e l'insicurezza"
Il sindaco di Torino: "Il compito dell'Amministrazione è quello di rendere gli spazi pubblici quanto più aperti e accessibili a tutti, salvaguardando le differenze e la pluralità ma anche il rispetto che ognuno di noi deve ai propri vicini"
Luca Romano - Dom, 25/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 12993.html

"Nelle ultime settimane Torino è stata scossa da eventi tragici, e voglio rivolgere un pensiero a tutte le vittime che sono state coinvolte.

La paura, il nostro più grande nemico, ci ha fatto vacillare. Purtroppo la paura alberga dentro di noi anche, sovente, a nostra insaputa, per poi manifestarsi in incomprensioni, odio verso ciò che non conosciamo e in comportamenti irrazionali". Così la sindaca di Torino, Chiara Appendino, nel suo discorso in occasione di Eid el Fitr in chiusura del Ramadan. "Nelle ultime settimane Torino ha vacillato, sì, ma non è caduta e non cadrà se tutti coloro che la vivono, che sentono di appartenerle, la sosterranno. Torino è la mia, la vostra, la nostra città, e tutte e tutti insieme dobbiamo prendercene cura. Il nostro compito sarà quello di essere protagonisti nella lotta alla paura", ha aggiunto la sindaca.

Che poi ha spiegato: "Voi, come anche altre culture e religioni, pagate purtroppo il prezzo più alto di questa paura e insicurezza perché ciò che è diverso, ciò che non si comprende o non si vuole comprendere sovente viene associato a fatti che in realtà spesso vedono in altro la loro origine. Le istituzioni credo che debbano sempre chiaramente affermare che non si possono dividere le religioni in buone e cattive, perché ciascun uomo e ciascuna donna nella pratica dei propri valori e precetti di fede è responsabile delle proprie scelte tanto nel bene, quanto nel male e mai nessuno può addossare ad altri, o peggio ancora ad una comunità intera, responsabilità che sono e resteranno sempre solo individuali". E ancora: "Solo in uno spazio aperto tutti trovano il loro posto. Il compito dell'Amministrazione è quello di rendere gli spazi pubblici quanto più aperti e accessibili a tutti, salvaguardando le differenze e la pluralità ma anche il rispetto che ognuno di noi deve ai propri vicini. Se è vero che si teme ciò che non si conosce, allora è necessario conoscerci meglio, aprire le porte, avere il coraggio di chiedere e di domandare per potersi formare una propria opinione. Da questo per noi nasce la partecipazione, dal fatto che ciascuno si senta responsabile per il prossimo e per la propria comunità".


Alberto Pento
Non è la paura il nostro nemico ma chi e ciò che la provoca, ossia il male. La paura è un'amica e ci aiuta a diffenderci dal male.

Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523

Criminali e irresponsabili difensori de l'Islam come fede o dottrina e ideologica politico religiosa
viewtopic.php?f=188&t=2263
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » gio giu 29, 2017 2:24 pm

“I musulmani hanno contribuito solo con terrore, perché vi aspettate che ci amino?”

http://www.linformale.eu/presentatore-e ... e-ci-amino

Dopo l’attacco con un’auto davanti a una moschea di Londra il 19 giugno 2017, il presentatore televisivo egiziano Youssef Al-Husseini ha dichiarato: “Perché ci odiano?! Se non lo avessero fatto, avrebbero qualcosa di mentalmente sbagliato”. Affermando che i musulmani hanno contribuito con nulla nei confronti dell’Occidente, tranne macelli, massacri e attacchi terroristici, Al-Husseini ha detto: “E voi ancora vi aspettate che ci amino?!”

Il suo discorso è stato trasmesso su ONTV (Canale televisivo egiziano) il giorno dell’attacco.

Youssef Al-Husseini: L’attacco terroristico sfortunatamente avvenuto [a Londra] è stato un attacco con furgone. Questa volta era vicino a una moschea, secondo i notiziari. Come può qualcuno decidere di fare un attacco terroristico nei pressi di un luogo di culto, vicino a una moschea, una chiesa o un tempio in cui viene adorato Dio? In tutti i precedenti attacchi con auto o camion, almeno nel 2016 e nel 2017, gli “eroi” erano purtroppo musulmani. E poi la gente si chiede perché ci odino. Perché ci odiano ?! Se non lo avessero fatto, in loro ci sarebbe qualcosa di mentalmente sbagliato. [Noi] usiamo armi per tutto il tempo, massacriamo persone per tutto il tempo, critichiamo sempre la gente, bruciamo vive le persone, investiamo persone e pianifichiamo continuamente ordigni esplosivi e autobombe. Perché vi aspettate ancora che vi amino?

Ditemi con che cosa i musulmani hanno contribuito al mondo durante il XX secolo? Con niente. Quali sono i musulmani turchi dello stato ottomano che hanno dato un contributo all’Occidente? Macelli, massacri, impalatura di europei sulle lance … È vero. Questo è ciò che i turchi hanno fatto in Europa nei secoli XVI e XVII. Cosa hanno fatto i turchi musulmani ai loro vicini arabi, la maggior parte dei quali sono musulmani? Li schiaffeggiavano, li torturarvano, imponevano loro imposte esagerate. Hanno reso la loro vita insopportabile. Con cosa hanno contribuito i musulmani all’Occidente nei secoli XIX e XX, ad eccezione delle teorie di Abu l-A’la Maududi, di Sayyid Qutb, Abu Bakr Naji e Osama Bin Laden? Con cosa hanno contribuito i musulmani all’Occidente? Non ditemi: “La letteratura di Naguib Mahfouz e la scienza di Ahmed Zewail”. I [risultati] di queste persone non possono essere attribuiti al loro essere musulmani.

Cosa hanno mostrato all’Occidente i musulmani, se non i bombardamenti delle loro città? Che cosa hanno mostrato i musulmani, tranne gli attacchi con le automobili? Che cosa hanno mostrato i musulmani, oltre a sparare? Che cosa hanno mostrato i musulmani, oltre a bruciare prigionieri in gabbie? Hanno bruciato vivi anche altri musulmani. Tutti pretendono di avere un monopolio sull’Islam. Cosa hanno mostrato i musulmani [agli occidentali] per farsi amare e accogliere nei loro paesi?

Dopo tutto questo, mi chiedete ancora perché ci odiano ?! E poi le persone inventano nuovi termini, come “una cospirazione globale contro l’Islam”. Cavolo, una cospirazione globale contro l’Islam significa che i musulmani vengono massacrati in tutto il mondo. È vero l’opposto. Sono i non musulmani che vengono massacrati. Ho ragione, o cosa? Poi mi dite: hai considerato le minoranze musulmane in India o in Mali? Per dirti la verità, quello che vedo è che i musulmani commettono massacri contro i cristiani e le altre maggioranze in tutto il mondo.

I musulmani stanno continuamente piagnucolando e lamentandosi: l’Occidente sta cospirando contro di noi. Bene, supponiamo che l’Occidente stia cospirando contro di voi e veda solo la vostra immagine negativa. Dov’è la vostra immagine positiva? I musulmani della dinastia califfale degli Abbàsidi hanno presentato un’immagine positiva. Esportarono la ricerca scientifica attraverso i cosiddetti “musulmani”, la maggior parte dei quali, a proposito, non erano dalla penisola araba. Nessuno di loro proveniva dalla penisola araba. Erano tutti dell’Africa del Nord, e da ciò che oggi vengono chiamate le ex repubbliche islamiche sovietiche dell’Asia centrale.

Con cosa hanno contribuito al mondo i paesi arabi? Niente. Quali sono i paesi islamici che hanno contribuito al mondo? Nessuno. Con cosa hanno contribuito nel campo della ricerca scientifica? Due, tre, quattro o dieci scienziati nel corso di 1.435 anni? Dai! Dimentichiamo i circa 435 anni e prendiamo solo un millennio. Dieci importanti scienziati in 1.000 anni ?! Chi ha inventato l’aereo? I missili? La navetta spaziale? Le centrifughe? La meccanica quantistica? La teoria della relatività? Chi? Da dove sono venuti i filosofi più importanti? Non da qui. E vi aspettate ancora che ci amino?! E voi dite: “I paesi che sponsorizzano il terrorismo come il Regno Unito meritano …” Sciocchezze! Le persone non meritano di essere uccise, massacrate o investite da un’auto.

(Traduzione di Diego Ibrahim Manca)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » lun lug 03, 2017 1:46 pm

Ecco il partito anti islam. "Sharia incompatibile con la nostra società"
Tra i promotori lo psichiatra Meluzzi: "Cancelleranno i diritti fondamentali"
Paolo Bracalini - Lun, 03/07/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 15595.html

Milano - Il principio fondante è «l'inconciliabilità tra la società fondata sulle libertà individuali e la sharia, la legge islamica».

Ecco perché al punto numero uno del programma politico si legge: «Contrastare ogni forma di radicalizzazione dell'Islam e ogni tentativo di sottomettere la libertà sociale e culturale occidentale». Non si poteva chiamare «Partito Anti Islam», perché la Costituzione italiana tutela la libertà di culto, ma la stessa Costituzione prescrive che «le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano», esattamente quel che fa l'islam quando è applicato in maniera integrale. Perciò l'hanno chiamato «Partito Anti Islamizzazione» (Pai), pronto a presentarsi alle prossime elezioni. Il fondatore è un giornalista lecchese, Stefano Cassinelli (per chi ha pronta l'accusa di razzismo, Cassinelli può rispondere di aver adottato, 18 anni fa, un bambino ghanese, disabile).

A presiedere il partito c'è un esperto di pubblica sicurezza, vicepresidente un'avvocatessa di Milano, mentre assicurano di aver avuto già adesioni da imprenditori e professionisti, e che gli aspetti giuridici del programma sono stati studiati da un magistrato, simpatizzante del progetto. I nomi si sapranno domani, con la presentazione ufficiale del Partito Anti Islamizzazione a Milano. A spiegarne gli obiettivi, uno degli animatori del partito, lo psichiatra Alessandro Meluzzi: «Questo movimento nasce per preservare il nostro diritto a peccare senza essere perseguiti, lapidati, fustigati o altro - anticipa Meluzzi - È un principio fondamentale garantito da secoli di Illuminismo e dalle radici giudaico-cristiane della nostra civiltà. Finché l'Islam è minoritario crea delle enclave come vediamo in altri stati europei, ma quando arriva al 20% della popolazione rende inaccessibili dei diritti nostri inalienabili, come il diritto di mangiare la mortadella, danzare in pubblico, bere alcolici, esibire la croce, fare presepe, suonare le campane a Pasqua. Non siamo pronti a rinunciare ai nostri diritti in nome della sottomissione all'Islam, solo per non offendere i valori dei musulmani. Non intendiamo rinunciare e vogliamo farlo pubblicamente, non accettando che tutto questo diventi un reato, cosa che accadrà quando Islam sarà maggioranza».




Il partito anti-islamizzazione raccontato dal suo cofondatore Meluzzi
Alla vigilia della presentazione ufficiale del “Partito anti-islamizzazione” (Pai), il cofondatore Alessandro Meluzzi, psichiatra e prete ortodosso, svela a Il Giornale.it obiettivi e sfide che attendono il movimento
Elena Barlozzari - Lun, 03/07/

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 15589.html


Alla vigilia della presentazione ufficiale del “Partito anti-islamizzazione” (Pai), in agenda domani a Milano, il cofondatore Alessandro Meluzzi, psichiatra e prete ortodosso, svela a Il Giornale.it obiettivi e sfide che attendono il movimento.

Antagonista dichiarato del “Partito islamico” di Hamza Davide Piccardo, volto dell’Islam italiano nel piccolo schermo. L’argine al dilagare del fondamentalismo nei nostri quartieri? Per Meluzzi “passa anche dal prosciutto”.

Quali sono gli obiettivi del Pai?
Una diffusa informazione sul futuro che ci attende, dal dato culturale a quello demografico. Vorremmo che l’Islam, se è la “grande religione di pace” di cui parla l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, fosse in grado di riaffermare la supremazia della Costituzione sul Corano.

Poi c’è il dato demografico…
Senza ulteriori flussi migratori, cosa di per sé inverosimile considerati i continui sbarchi, nel 2040 l’Italia avrà tra i 18 ed i 20 milioni di musulmani. Pensa che, allora, sarebbe ancora possibile esporre il prosciutto in salumeria? Già ci hanno tolto il presepe, il crocifisso e la mortadella alla mensa dell’asilo.

Perché un partito che è “anti”?
Innanzitutto è un movimento, pronto a trasformarsi in un partito qualora gli schieramenti politici non siano all’altezza di tenere alta la bandiera della resistenza all’islamizzazione. Perché questa è la grande sfida di oggi.

Il futuro partito dove pensa di andare a pescare i voti?
Tra coloro che sono schifati dalla gestione paramafiosa del flusso migratorio. Il nostro bacino elettorale è quello del 50 per cento degli italiani che non hanno votato e di quelli che non sono proni al buonismo del gesuita Bergoglio.

Che differenza c’è tra voi e Matteo Salvini o Giorgia Meloni?
Dal punto di vista dei contenuti nessuna, entrambi sono coerenti con la nostra linea. Se si manterranno fermi su questo punto avranno il nostro appoggio.

Sarà un partito laico?
Certo, i partiti non possono che esser tali. La Repubblica italiana è figlia dell’illuminismo e, dalla legge delle Guarentigie fino ai Concordati, è ben marcata la separazione tra Stato e Chiesa.

Perché, in Italia, è indispensabile un movimento simile?
Le faccio un esempio, il movimento gender riguarda il 10-12 per cento della popolazione italiana ed ha creato una mobilitazione enorme. Anche la maggioranza degli italiani, preoccupata per l’islamizzazione del Paese, dovrebbe iniziare ad organizzarsi. E deve farlo prima che sia troppo tardi. Ho visto il destino dei miei fratelli assiro-caldei e quello che è capitato in Egitto, Iraq e Siria, dove i cristiani sono una minoranza. Solo Bergoglio pensa di risolvere la questione in questi Paesi, dove c’è stato un vero e proprio genocidio di cristiani, a tarallucci e vino, bevanda che i musulmani, tra l’altro, non gradiscono nemmeno.

Il tema centrale è il rapporto tra Stato e Islam. Come pensa di sciogliere questo nodo?
Il nodo non è scioglibile se non con un cambiamento radicale dell’Islam di cui non si vedono segni, speranze e futuro. L’Islam non è emendabile, è un colossale sistema giuridico che non prevede la laicità dello Stato. Lei guardi i 53 Paesi islamici sulla carta geografica, c’è uno stato laico? Guardi Assad, Nasser, Saddam, Gheddafi. Guardi che fine hanno fatto tutti quelli che, come i partiti Bath, avevano creato una forza autonoma dello Stato. Non oso pensare cosa potrebbe succedere nei nostri sistemi giuridici.

Cosa mi dice, invece, del Partito islamico di Piccardo?
Si tratta di una minaccia. Perché gli islamici attraverso il numero ci stanno colonizzando e grazie alle nostre leggi ci conquisteranno. Se l’islamico vota islamico non ci sarà alcuna dialettica democratica e si arriverà al massimo dell’integralismo politico. Non possiamo accettare chi cerca di guadagnare dallo Ius Soli 800mila elettori “gratis” più i vari ricongiungimenti familiari.

Si è esposto molto. Non ha paura?
Lo spadaccino Cyrano de Bergerac diceva che “un uomo dopo i sessant’anni può decidere se morire nel proprio sangue o nella propria urina”. Con questo non voglio fare l’eroe, ma io nella vita ho sempre detto quel che pensavo. E poi, da vescovo ortodosso, credo nella vita eterna.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » lun lug 10, 2017 12:42 pm

Nel nuovo Ancien régime è vietato criticare l'islam. Condannato Zemmour
L'intellettuale alla trasmissione “C à vous”, aveva detto che "l'islam moderato non esiste"
Giulio Meotti
4 Luglio 2017

http://www.ilfoglio.it/esteri/2017/07/0 ... our-142963

Roma. La polemica era partita con il suo intervento nel settembre di un anno fa alla trasmissione “C à vous” di Anne-Sophie Lapix. Eric Zemmour viene subito citato in giudizio presso la sezione diciassette del Tribunale di Parigi. Deve rispondere del reato di “incitamento alla discriminazione e all’odio contro le persone di fede musulmana”. A fargli causa l’associazione EuroPalestine, che aveva accusato Zemmour di “generalizzare” su islam e terrorismo. A mettere nei guai il giornalista e scrittore francese alcune frasi, come quella sui musulmani che “devono scegliere tra l’islam e la Francia”, che “il jihad è un dovere religioso”, che “i musulmani considerano i jihadisti come buoni musulmani” e che “l’islam moderato non esiste”.
Tesi sindacabili in una democrazia pluralista europea a libera circolazione delle idee, oltre che delle merci e delle persone. Ma diventate ormai insindacabili e indiscutibili nella doxa mediatico-giudiziaria che sta prendendo piede in Francia. Così, Zemmour è stato condannato per incitamento all’odio e a una multa di cinquemila euro. Ben ottomila spettatori della trasmissione si era sentiti offesi e avevano protestato presso il Consiglio di stato per gli audiovisivi.

Non è la prima condanna che Zemmour subisce per le sue idee sulla Francia e l’islam. Nel 2014, in un’intervista al Corriere della Sera, Zemmour aveva detto che “i musulmani hanno un loro codice civile, è il Corano. Vivono tra di loro, nelle periferie. I francesi sono stati costretti ad andarsene”. Nel 2007 fu Charlie Hebdo a finire alla sbarra. I giornalisti francesi furono assolti, ma ci pensarono i jihadisti a farli tacere per sempre (in tre anni, non una sola vignetta su Maometto e l’islam è stata pubblicata dal settimanale satirico). Nel 2013, la rivista Valeurs Actuelles venne condannata per “discriminazione” verso i musulmani per aver pubblicato in copertina la Marianna velata (duemila euro di multa). L’anno dopo è la volta di Renaud Camus, condannato a pagare cinquemila euro per “istigazione all’odio” per la sua teoria della “Grande Sostituzione”. Zemmour, che i ministri socialisti hanno sconsigliato di leggere e il Movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli e il Club Averroes (associazione di professionisti dei media per promuovere la diversità) hanno denunciato all’Authority francese per radio e tv, è stato trascinato una decina di volte in tribunale.
Un anno fa, gli era andata bene quando in una intervista di copertina col mensile Causeur si era rifiutato di qualificare i terroristi dell’Isis come “menti deboli”, prima di lasciarsi andare: “Io rispetto le persone disposte a morire per ciò in cui credono”. Zemmour era poi finito in aula per aver detto che “le grandi invasioni dopo la caduta di Roma sono sostituite da bande di ceceni, zingari, kosovari, africani”.
Quando nel 2011 Zemmour fu trascinato per la prima volta in tribunale dalle organizzazioni antirazziste e islamiche, trenta deputati dell’Ump avevano costituito il “Collettivo per la libertà di espressione” denunciando il processo come degno dell’“Ancien régime”. “Con la scusa del razzismo, un giornalista è costretto al silenzio per esprimere un parere”, avevano detto i 28 firmatari, che avevano parlato di “azione legale che imbavaglia la libertà di espressione da parte dei tiranni della dottrina dell’antirazzismo. Viene sepolto Voltaire”. Zemmour è soltanto il più noto dei giornalisti e intellettuali francesi portati in tribunale per rispondere del nuovo reato intellettuale: “Discours de haine”. C’è una lista impressionante di nomi, da Georges Bensoussan a Pascal Bruckner. È lì, nel paese dove il dibattito sull’islam e l’integrazione fermenta di più, che si concentra il fuoco dei taglialingue. Se tace la Francia, sarà “risolto” anche nel resto d’Europa il dibattito sull’islam.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Orrore e odio per il nazismo maomettano (sana islamofobia)

Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:27 pm

???

Antisemitismo e Islamofobia: due facce della stessa medaglia?
30 giugno 2017

http://www.glistatigenerali.com/integra ... a-medaglia

Con il Patrocinio del Comune di Milano, CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, esponenti del mondo ebraico, istituzioni milanesi, giornalisti e studiosi, affrontano il tema antisemitismo e islamofobia, in una tavola rotonda che si terrà a nella Sala Alessi di Palazzo Marino, il prossimo 4 luglio a partire dalle 15,00.

Apriranno l’evento il sindaco di Milano Giuseppe Sala, Luciana Lamorgese, Prefetto di Milano e Milo Hasbani, Presidente Comunità Ebraica di Milano.

Alla tavola rotonda parteciperanno: Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Yahya Pallavicini, Imam della COREIS, Olivier Brochet, Console della Repubblica di Francia, Melle Halima Benhani, Vice Console del Marocco a Milano, Gabriele Nissim, Presidente di Presidente Giardino Foresta dei Giusti, Gadi Luzzatto Voghera, Direttore del CDEC, Gadi Schoeneit, Consigliere della Comunità Ebraica, Abd Allah Cozzolino, Confederazione Islamica italiana e Asfa Mahmoud della moschea di Viale Padova 144.

Le conclusioni saranno affidate a Daniele Nahum e Abd al-Sabur Turrini, direttore CO.RE.IS.

Modererà l’iniziativa Jacopo Tondelli, direttore de Gli Stati Generali.

Si tratta di affrontare due facce della stessa medaglia, – come spiegato da CO.RE.IS. nella pagina dedicata dedicata alla tavola rotonda – ma che spesso non si riesce a vedere come espressione della stessa reazione viscerale ed irrazionale, del medesimo pregiudizio sulla diversità: odio verso i credenti ebrei, antisemitismo, violazione dei diritti universali di libertà religiosa, etnocentrismo, razzismo, oppure, islam e musulmani, come “nemico pubblico”, o “luogo di culto” come attentato all’identità occidentale.

Migranti, richiedenti asilo politico, rifugiati, nuovo jihadismo e terrorismo, non possono innescare il processo irrazionale di discriminazioni e vandalismi, andando a seppellire la visione di religioni e civiltà, come quella ebraica ed islamica, che costituiscono invece un richiamo alla spiritualità, alla sacralità, alla vocazione, nonché alla conoscenza che si integra nell’eredità valoriale della fratellanza religiosa e della dignità della persona umana.

L’esempio di buone pratiche, in un’iniziativa “ebraico islamica” costituisce, di fronte alle drammatiche spinte che minacciano la coesione sociale e la coesistenza pacifica, una risposta adeguata che vede Milano come un’avanguardia per la riflessione sul pluralismo, sulla necessità di una reazione conoscitiva, capace di andare in profondità senza lasciare che possa prevalere il pregiudizio la rabbia, la violenza, la paura del diverso, o l’ignoranza.


Alberto Pento
Menzogna pura: l'ebraismo e l'islamismo non sono associabili, mentre l'Islamismo o nazismo maomettano è associabile al nazismo hitleriano. Il nazismo maomettano o Islam è antisemita, antiebreo, anti cristiano, anti ogni diversamente religioso, anti ogni diversamente pensante e critico dell'islam. Associare antisemitismo con la naturale e giusta avversione per il nazismo maomettano è un'ingiuria un crimine contro l'umanità.
Infatti nei paesi dominati dall'Islam sono quasi scomparse tutte le altre religioni e i pochi altro religiosi rimasti sono perseguitati e spesso uccisi. Gli apostati vengono uccisi e i critici dell'Islam imprigionati e condannati anche alla morte.
Equiparare il nazismo maomettano o Islam all'ebraismo è come equiparare l'ebraismo al nazismo hitleriano.
Non si possono equiparare le vittime ebraiche con i carnefici maomettani o islamici
.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Islam

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 10 ospiti

cron