Sterminio degli armeni anatolici perché cristiani

Sterminio degli armeni anatolici perché cristiani

Messaggioda Berto » mar gen 14, 2014 12:10 pm

Sterminio degli armeni anatolici perché cristiani
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La marcia o caminada "siłensioxa e mortal" de łi armeni


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http://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio_armeno

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1915-1919. Dona armena enxenocià arente de na toxeta morta ente i campi, "en vista de l'aio e de la sicureza a Alepo" dixe la nota orexenal.

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Re: Sterminio de li armeni anatoleghi

Messaggioda Berto » mar apr 15, 2014 2:55 pm

Armenia, 24 aprile: anniversario di un genocidio dimenticato

http://www.lindipendenza.com/armenia-24 ... imenticato

di GIANNI SARTORI

Intervista a Baykar Sivazliyan (foto sotto), docente universitario, esperto di Storia e letterature dell’area mediorientale e scrittore armeno.

Iniziamo con qualche notizia biografica. In quali circostanze la sua famiglia è arrivata a Venezia?

Sono nato in una famiglia di sopravvissuti al Primo Genocidio del Ventesimo secolo. I miei nonni venivano da parte di mio padre dalla città di Sivas e quelli di mia madre dalla città di Erzurum, entrambi situati in Anatolia, nell’Armenia Occidentale con una forte presenza armena di cittadinanza ottomana, annientata durante il Genocidio perpetrato dal governo Ottomano dei Giovani Turchi fra gli anni 1915-21. Attualmente in tutte due le città non esistono più armeni, come in tutta l’area circostante dell’Armenia Storica.

Successivamente, dopo il Pogrom del 1956 contro i greci e il golpe militare del 1960, le minoranze in Turchia non avevano più un futuro garantito. Nel 1966 i miei genitori mi hanno mandato, da solo, avevo 12 anni, a Venezia dove allora esisteva ancora un Collegio Armeno e dove ho finito le medie e il liceo. In seguito ho frequentato l’Università Cà Foscari. Subito dopo la laurea ho iniziato ad insegnare, prima nel Liceo Armeno e di seguito presso l’Università Statale di Milano, la lingua armena. Fra gli anni 1999-2005 ho avuto anche un incarico di insegnamento di Lingua e Letteratura Turca presso l’Università di Lecce, in quanto sono specializzato sia nella Storia Medio Orientale che in Lingua e Letteratura Turca.

Il genocidio subito dagli Armeni è ancora argomento attuale di discussione e polemiche. È possibile quantificare il numero delle vittime? Quali metodi ha usato lo stato turco per operare questo sterminio?

Ovviamente chi organizza scientificamente un genocidio tenta di cancellare non solo le tracce ma anche gli indizi. Nel caso della Amministrazione Ottomana gli “indizi” sono rimasti indirettamente, attraverso la documentazione degli archivi ottomani, la documentazione del Patriarcato Armeno di Istanbul e soprattutto come fonte imparziale, le relazioni dei Consoli Generali e degli Ambasciatori dei paesi occidentali (in modo particolare di quelli degli Stati Uniti, Russia, Germania, Italia, Francia , Inghilterra) e la documentazione delle missioni religiose operanti sul territorio Ottomano abitata dagli armeni. Secondo questi dati, almeno un milione e cinquecentomila armeni sono periti e circa altrettanti sono stati sradicati dal proprio territorio, sparpagliati nei diversi paesi del mondo formando la nuova Diaspora Armena, che oggi è più numerosa degli abitanti della Repubblica dell’Armenia. Per quanto riguarda le polemiche, io penso che siano diventate in mano al governo della Turchia un metodo per rinviare una seria discussione e la nascita di un pacchetto di soluzioni accettabili da tutte e due le parti. Capisco le difficoltà dei dirigenti turchi; purtroppo per decenni hanno mentito al proprio popolo, raccontando menzogne non soltanto riguardo alla questione armena ma per tutte le questioni storicamente importanti della nazione turca degli ultimi due secoli. Fanno parte di questa sfilza di bugie piccole e grandi la questione cipriota, quella curda, quella dei diritti umani, la situazione sociale ecc., ecc. Adesso però si sentono costretti ad aggiustare la mira ma ovviamente con molte difficoltà; il popolo turco è più informato e inizia a distinguere il vero dal falso. Non si può, per es., risolvere la questione curda dicendo che i genitori del Presidente Abdullah Ocalan erano di origine armena…i primi a non accettare più questa tragicommedia sono proprio i turchi.

Cosa rappresenta l’attuale stato dell’Armenia? È stato in grado di salvaguardare la cultura, la lingua, l’identità del popolo armeno?

L’Armenia, nata nel 1918 e dal 1920 facente parte dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, è diventata un paese indipendente nel 1991. È situata su un decimo del suo territorio storico, è la periferia di se stessa. Prima ancora di guarire dalle ferite del Genocidio, ha dovuto sopportare anche quelle della Seconda Guerra Mondiale in cui 250 mila armeni sono caduti con l’esercito dell’Unione Sovietica combattendo contro il nazismo .

La salvaguardia della cultura e della lingua è sempre stata una irrinunciabile priorità per gli armeni, assieme alla propria complessa identità. La nazione armena, preparata ed aperta all’integrazione, non ha però mai perso la propria cultura di appartenenza, anche quando ha dovuto lasciare la propria casa ed allontanarsi dalla terra dei propri padri. Lo stato dell’Armenia e le organizzazioni culturali della Diaspora sono stati complementari in questa opera colossale di salvaguardia della propria identità nazionale.

Qual è la situazione della diaspora armena (sia nel mondo che nel Veneto, a Venezia in particolare…)?

La Diaspora Armena è molto vasta, in quanto frutto del Primo Genocidio del XX secolo e della conseguente deportazione dei sopravvissuti. Per parlare dei grossi numeri posso dire che in Francia vivono circa mezzo milione di Armeni, negli USA più di un milione, in Russia due milioni e a Istanbul in Turchia sessantamila persone. In Italia siamo circa 3.000 e nel Veneto non superiamo le 300 anime, a Venezia meno di 100. Comunque vorrei ricordare che indipendentemente dalla quantità, Veneto e Venezia sono stati sempre dei centri importantissimi per l’armenità intera. I primi Armeni vennero già nel XII secolo a Venezia, come già nel 1299 i Veneziani avevano un Bailo nel Regno Armeno di Cilicia. Il primo Libro armeno a stampa è stato pubblicato nel 1512 a Venezia, la più grande Congregazione Armena della storia Culturale degli armeni ha tuttora sede sull’Isola di San Lazzaro nella maestosa Laguna di Venezia. Dal 1836 al 1996 è esistito il Collegio Armeno Moorat-Raphael di Venezia che ha forgiato tutti i migliori intellettuali armeni per più di un secolo e mezzo, sia per l’Occidente che per l’Oriente. 
Oggi gli armeni della Diaspora hanno decine di organizzazioni Culturali e politiche, sono impegnati individualmente nell’arte, nella cultura , nella politica , nelle professioni dei rispettivi paesi d’adozione. Nel Veneto per esempio sono molto famigliari i cognomi: Babighian, Arslan, Gianikian, Zekiyan, Pazargiklian, Mildonian, e tanti altri, stimati medici, intellettuali, architetti, studiosi, economisti, ecc.

Il Parlamento curdo in esilio aveva pubblicamente riconosciuto le responsabilità dei curdi nel genocidio degli armeni. Quali furono le circostanze di questa complicità con lo stato turco e qual è l’importanza di questa dichiarazione?

L’Impero Ottomano si è sempre servito di gruppi sotto il suo controllo, per aizzare questi contro un’altra minoranza, sia nazionale che religiosa.

L’organizzazione feudale dei curdi ha fatto sì che l’imput del governo centrale Ottomano trovasse presto presa su una parte della popolazione che doveva obbedienza cieca al capo villaggio. Inoltre le proposte allettanti fatte ai curdi che avrebbero potuto impossessarsi dei beni degli armeni, comprese le donne (nella loro mentalità anch’esse facenti parte dei beni) ha fatto il resto. Non è un caso che quasi tutti i miei amici curdi abbiano almeno una nonna di origine armena e che continuino a chiamarmi “dayi”, parola turca che indica lo zio da parte della mamma.

In seguito i curdi hanno avuto nell’Armenia un grosso alleato. A Yerevan, capitale della Repubblica Armena, esiste tuttora un istituto rinomatissimo di studi curdi, un teatro in curdo e una radio in lingua curda. Tutto questo quando in Turchia, dove almeno un quarto della popolazione è di origine curda, solo la pronuncia del nome “curdo” o della parola “Kurdistan” significava essere sbattuti in galera senza un processo ed essere tacciati di separatismo o peggio ancora di terrorismo. A me personalmente fa molto piacere il pronunciamento del Parlamento curdo in Esilio, il rammarico sincero per il Genocidio degli Armeni, ma tanti altri armeni si aspettano una posizione più chiara da parte dei curdi. Una esplicita autodenuncia della loro complicità diretta; solo così la verità verrebbe in superficie e la giustizia potrebbe trionfare. Altrimenti questa dichiarazione rischia di diventare uno dei tanti proclami fatti da numerosi parlamenti dell’Europa e del Mondo che presentano dopo 90 anni il loro “dispiacere” per un fatto “increscioso”, certe volte senza nemmeno indicare chiaramente il responsabile e condannare apertamente la Turchia. Il cambio di regime o gli interessi concreti di oggi non possono indurci a digerire l’indigesto. Che senso avrebbe oggi condannare l’Olocausto, esternare il nostro dispiacere senza citare che c’è stato un regime nazista e uno stato scellerato che ha scientificamente organizzato l’annientamento del popolo ebraico?

Probabilmente il genocidio degli armeni è stato il primo caso (per il XX secolo) in cui uno stato fece massacrare milioni di suoi cittadini…

I Giovani Turchi, nazionalisti, che avevano preso il potere nello stato Ottomano, scossi all’inizio del XX secolo dalle grosse perdite di territori e conseguente potere, hanno creduto che salvando la parte essenzialmente “turca” dell’Impero Ottomano, potevano sopravvivere al proprio sogno di panturchismo e di panturanismo e conservare quello che rimaneva dal vasto impero plurinazionale e multietnico. Si tratta di una questione, oltre che morale ed etica, soprattutto tecnicamente giuridica: l’assassinio di una intera nazione. Ed è proprio per questo motivo che i giudici turchi della corte marziale che portò in giudizio i dirigenti politici del Comitato Unione e Progresso (Giovani Turchi) e i capi militari del periodo di guerra, li accusarono il 26 aprile 1919, di “deportazioni… e sterminio di tutto un popolo che costituiva una comunità distinta”. Dopo tre mesi, il 19 luglio 1919, il verdetto della corte marziale condannò a morte in contumacia i principali dirigenti dell’epoca (tra loro i triumviri Taalat Pascià, Enver Pascià e Ahmed Gemal) e a 15 anni personaggi ritenuti di secondo piano. Oggi, con il senno di poi, possiamo affermare che non c’è stata una sufficiente memoria storica nel condannare questo Genocidio, altrimenti fatti tragici del genere non si sarebbero ripetuti durante gli anni bui del secolo appena passato anche nei confronti del popolo ebraico…

Aveva detto che la questione non è solo quella degli armeni, dei curdi, di Cipro… ma della stessa Turchia, in crisi economica e sociale. Potrebbe ampliare questo concetto?

Come tutte le nazioni in crescita rapida anche la Turchia sta vivendo i guasti del capitalismo sfrenato. Io non sono un economista, posso solo constatare quello che vedo passeggiando nelle vie della città dove sono nato, Istanbul. Esistono due economie quella interna in lira turca e quella esterna in dollari o in euro. La gente arranca per arrivare alla fine della giornata in una situazione confusa ed economicamente molto precaria. I giovani non hanno prospettive; non aggiungerei la situazione dell’Anatolia che per errori di valutazione economica è stata completamente svuotata dei suoi abitanti e della propria produzione agricola, essenziale per il paese. Fino a un ventennio fa la Turchia era un paese assolutamente autosufficiente per il suo approvvigionamento alimentare; oggi è normale acquistare in negozio un pollo ungherese, burro tedesco e frutta che arriva da altri paesi mediterranei. Malgrado l’esportazione si faccia ormai con parametri e prezzi internazionali (e di conseguenza anche l’importazione), l’operaio continua ad essere retribuito con parametri “locali” assolutamente insufficienti per far fronte alla propria vita quotidiana. Questa situazione potrebbe creare a medio termine guasti significativi e preoccupanti nella sfera sociale del paese.

In un nostro precedente incontro (aprile 2007), dopo le grandi manifestazioni in favore della “laicità e della democrazia” organizzate dal partito di opposizione CHP (Cumhuriyet Halk Partisi – Partito popolare Repubblicano, fondato da Ataturk), lei sembrava dubbioso sulla reale spontaneità di queste iniziative della società civile. Non escludeva che potessero essere state “manovrate” dai militari (anche se i manifestanti dichiaravano di essere scesi in strada “contro il golpe” minacciato dall’esercito). Cosa si nasconde in realtà dietro la contrapposizione tra “laici” e “religiosi”? Come giudica l’esplicito richiamo ad Ataturk esibito in tanti striscioni e bandiere anche nelle manifestazioni dell’anno scorso?

Mustafa Kemal Ataturk (“Padre dei turchi”) è il simbolo della Turchia moderna. Non sempre però rappresenta la laicità; più volte i numerosi regimi che hanno tenuto sotto il tallone il popolo turco, si sono serviti della figura di questo soldato-politico. Quando si trattava di consolidare il proprio potere, in ogni periodo più o meno nefasto della storia della Turchia, molti si sono serviti della figura del fondatore della Turchia “moderna”. I primi governanti della Repubblica Turca erano i membri riciclati del partito Unione e Progresso (Ittihat ve Terakki) che tennero saldamente in mano il potere nell’Impero ottomano a cavallo fra il 1800 e il 1900. Portarono alla disfatta il paese durante la Prima Guerra mondiale, si macchiarono del Primo Genocidio del XX secolo, quello armeno, fondarono il loro potere economico sulle ricchezze sottratte agli armeni e ai greci massacrati. Potrei fare un lungo elenco di personaggi che da lugubri assassini divennero ministri della nuova Repubblica. L’Occidente nella sua voluta distrazione, confonde i nazionalisti turchi con i laicisti che si trovano in tutte le strutture del paese turco, non solo nelle file delle forze armate. Tanto per parlare chiaro, gli assassini di padre Santoro, del giornalista armeno Hrant Dink e i torturatori di Malatya (18 aprile 2007, assalto alla casa editrice cristiana Zirva e uccisione di tre persone, nda) appartengono alla stessa radice.

Sia i militari che la Tusiad (l’associazione degli industriali turchi) si erano mostrati ostili nei confronti di Abdullah Gul, il candidato del partito AKP (Adalet ve Kalkinma Partisi – Partito per la giustizia e lo sviluppo, nda) di Erdogan, ritenuto un “fondamentalista” per quanto moderato. Contrari anche alcuni partiti, sia di destra che di sinistra (al punto che Gul stava quasi per ritirare la propria candidatura). Può darci qualche chiarimento?

Quello che si svolge in Turchia non è una lotta tra laici e religiosi. Finalmente, dopo quasi 90 anni dalla fondazione della Repubblica Turca, si è assistito a una nuova spartizione del potere. I militari si sono visti sottrarre una parte delle loro prerogative di concessione “divina” a favore della società civile e delle minoranze. Ricordo che anche i curdi vengono considerati una minoranza, ma erroneamente. Infatti su un quarto del territorio sono la massiccia maggioranza e ogni tre cittadini turchi uno è curdo. Attualmente attorno alle grosse città come Istanbul, Ankara e Izmir ci sono delle vere e proprie città “curde”. In questa nuova realtà, di spartizione, si è inserito anche il mondo islamico moderato della Turchia. L’Islam fa parte integrante della Civiltà Turca e non ha le sembianze dell’Islam integralista. La religione turca è stata sempre mite e tollerante nei confronti del diverso, dell’ebreo, del cristiano. I Giovani Turchi erano tutti atei, non hanno organizzato il genocidio degli armeni per motivi religiosi, ma vedevano questo popolo come una minaccia all’integrità della Turchia. Negli anni successivi i loro eredi nazionalisti hanno fatto la stessa cosa con i curdi (e continuano ancora a farlo) che non sono cristiani ma islamici come i turchi. La religione in mano ai nazionalisti (che si presentano come paladini del laicismo) è stata un pretesto per l’oppressione. Anche gli industriali turchi oggi temono le spinte della massa operaia e della società civile come una minaccia ai loro interessi concreti. Hanno paura che domani, senza il pugno di ferro dei militari, potrebbero essere non più facilmente controllabili.

Come viene ricordato in Turchia l’anniversario del genocidio armeno, il 24 aprile?

In Turchia non si ricorda il 24 aprile, Giorno della memoria del Genocidio degli Armeni. E’ vietato per legge. Malgrado i numerosi appelli di tanti intellettuali e membri della società civile turca, lo stato non ha avuto ancora il coraggio di riconoscere questa immane tragedia. Il governo di Erdogan ci è andato vicino, ma forse anche per questo motivo sta pagando una pesante fattura. Del resto non invidio i turchi onesti di oggi che devono fare una serie di conti con il passato per crearsi un presente dignitoso. La questione armena non è la sola. Esistono anche la questione curda, i diritti umani, la situazione sociale, la questione cipriota, le relazioni con i vicini (Grecia, Siria, Iran, ecc.). Numerosi intellettuali turchi, da anni, sono costretti a vivere fuori dalla Turchia e tantissimi sono stati giudicati in contumacia per reati di opinione. Il più grande sociologo turco vivente, Taner Akcam, è esule negli Stati Uniti. Il Premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, il giorno dopo l’assassinio di Hrant Dink, ha preso il primo aereo per la stessa destinazione. A Parigi ci sono più intellettuali turchi che a Izmir.

Una domanda per quanto riguarda il quadro internazionale. Negli ultimi tempi si ha l’impressione che gli Usa stesse “scaricando” la Turchia, forse a favore del Kurdistan “iracheno” e di alcuni stati dell’Asia centrale che darebbero maggiori garanzie, anche in materia di basi militari. La sua opinione?

Il mondo globale è diventato sorprendentemente pratico. Se un aeroporto in Turkmenistan costa centomila dollari all’amministrazione statunitense, perché gli Usa dovrebbero spendere milioni di dollari per avere la stessa pista di decollo in Turchia? Sembra che gli Stati Uniti, avendo puntato su un Kurdistan iracheno, l’unico pezzo dell’Iraq dove riescono a controllare “due case e tre strade”, abbiano deciso (ma non ancora confessato per il momento) per una sua autonomia. Così facendo, hanno scelto di andare in rotta di collisione contro i militari turchi che non potranno mai ingoiare un rospo di tali proporzioni. Vedono questa nuova realtà, come un primo pezzo di un futuro Kurdistan indipendente che inesorabilmente chiederà fra qualche anno i suoi territori a Nord, oggi sotto l’amministrazione turca.

Quando si parla degli armeni viene privilegiato il discorso sul genocidio perpetrato dalla Turchia. Si rischia di dimenticare che esiste una Repubblica di Armenia che ha permesso a questo popolo di conservare la propria cultura e identità nonostante le tragiche vicissitudini. Che cosa rappresenta la Repubblica di Armenia?

La repubblica dell’Armenia attuale rappresenta per gli armeni di oggi, soprattutto un decimo del territorio dei propri avi. L’Armenia è il baluardo della cultura e delle tradizioni armene, per tutti gli armeni sparsi per il mondo che sono ormai quasi una decina di milioni: 3,3 milioni in terra armena, due milioni in Russia, più un milione nell’America del Nord, mezzo milione in Francia, altrettanti in Medio oriente e il resto sparso per il mondo intero. La parte della popolazione armena più controversa numericamente si trova in Turchia: ufficialmente ci sono 60mila armeni cittadini turchi e 30mila armeni cittadini dell’Armenia, e circa 10mila armeni di varie cittadinanze, cioè in totale circa 100mila. Per altre fonti invece pare che in Turchia ci siano almeno due milioni di armeni o armeni turchizzati. E’ sicuramente una questione molto delicata. Ogni tanto si mormora dell’armenità di qualche pezzo grosso turco oppure salta fuori l’armenità di alcuni turchi molto importanti del passato. Un esempio lampante, causa di grande scandalo, risale a circa un anno fa. La figlia adottiva di Mustafa Kemal Ataturk, la prima Ufficiale dell’aeronautica turca della storia, risultava figlia di una famiglia armena di massacrati. Gli armeni della diaspora guardano all’Armenia come una grande speranza della rinascita. La realtà dell’Armenia ha le sue radici in una storia plurimillenaria. E’ noto che anche gli storici dell’antica Grecia parlavano degli armeni e dell’Armenia. Malgrado l’unità nazionale e lo stato nazionale armeno abbiano cessato di esistere per molti secoli (precisamente dal 1375 al 1918) sul territorio geograficamente chiamato Armenia, non ha mai cessato di esistere il popolo armeno, anche sotto numerose dominazioni (araba, persiana, ottomana e russa). I due anni della Repubblica Armena Indipendente nata dopo il genocidio del 1915 sono stati il preludio difficilissimo della Repubblica Sovietica Socialista dell’Armenia che faceva parte dell’URSS. Per settant’anni, fino al 1991, è stato un angolo di rinascita per il popolo armeno. Cosa mai vista nella storia dell’unione Sovietica, dal 1948 numerose famiglie armene decisero di trasferirsi nell’Armenia Sovietica acquisendone la cittadinanza. Se pensiamo alla quantità di cittadini sovietici desiderosi di andare in occidente, possiamo capire l’originalità del fenomeno.

Che ruolo hanno avuto gli armeni nella seconda Guerra Mondiale?

Malgrado fossero usciti da una immane tragedia come quella del Genocidio, gli abitanti dell’Armenia Sovietica hanno partecipato molto attivamente alla Seconda Guerra Mondiale.

Il popolo armeno in quel periodo contava circa un milione e trecentomila individui abitanti nella piccola Repubblica e perse nella guerra contro i nazisti 250mila dei suoi migliori figli. Va detto che gli armeni sono stati la popolazione sovietica che in proporzione ha dato più ufficiali e più eroi all’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale. Va precisato che anche la Diaspora armena ha partecipato attivamente e concretamente alla guerra antinazista finanziando un intero corpo d’armata di mezzi corazzati, chiamato “Sasuntzi David” dal nome dell’eroe mitologico degli armeni. Fra i primi gruppi di soldati sovietici che entrarono a Berlino, c’erano numerosi giovani del corpo di spedizione formato esclusivamente da armeni. Il popolo armeno sparso per il mondo, anche quando le divisioni politiche erano aspre, ha considerato l’Armenia la propria terra a prescindere dal proprio orientamento politico e tuttora numerosi esponenti della diaspora hanno una casa in Armenia e anche attività commerciali o economiche.

D. Uno dei problemi legati alla Repubblica di Armenia è quello del Nagorno Gharabagh. Può tracciarne una breve storia?

Il “malessere” dell’Armenia nel sistema sovietico, nasce a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 del secolo appena trascorso. Bisogna comunque dire che quel sistema aveva portato un vero benessere ai figli dei sopravvissuti al primo Genocidio del XX secolo. Il terribile terremoto del 1989 si è presentato come un detonatore del malessere degli armeni caucasici già assillati dal silenzio del potere centrale moscovita nei confronti del Nagorno Gharabagh. Questa popolazione aveva continuato civilmente a chiedere, nell’ambito della legislazione vigente sovietica, una maggiore autonomia e la liberazione dal sopruso delle autorità azerbaigiane cui era stata consegnata una intera regione a maggioranza marcatamente armena, circa il 97% della popolazione residente. Quale risposta alle richieste armene, le autorità locali azerbaigiane, approfittando anche della situazione molto confusa delle autorità sovietiche ormai arrivate alla fine della propria storia, prepararono con cura un eccidio nella località di Sumgait. Sumgait è un importante sobborgo di Baku, capitale dell’Azerbaigian, dove abitavano migliaia di famiglie armene di ingegneri e operai specializzati nel settore dell’estrazione del petrolio. L’intento era di dare indirettamente un segnale forte agli armeni, facendo capire che, se avessero continuato a richiedere più libertà e autonomia, la pazienza degli azeri poteva essere colma. In una notte furono trucidati centinaia di armeni, donne violentate, bambini soffocati nelle loro culle. Atrocità gratuite di ogni genere che sconvolsero l’intera armenità. Il popolo armeno, in Armenia e nella Diaspora, vide di nuovo il pesante incubo del genocidio e dell’annientamento fisico. Le proteste presso le autorità sovietiche servirono solo a far raccogliere i cadaveri e far scappare i sopravvissuti con le navi, verso il Turkmenistan, attraverso il Mar Caspio. Ancora una volta come altre, troppo volte nella sua tragica storia, la piccola e pacifica nazione armena è stata costretta a prendere le armi. Fino al 1993 gli armeni combatterono contro le forze armate azerbaigiane, tre volte più numerose, armate fino ai denti e aiutate da mercenari venuti da altre repubbliche dell’URSS. Contro gli armeni intervennero anche migliaia di nazionalisti turchi capeggiati dai “Lupi Grigi” arrivati direttamente dalla Turchia, in qualche caso portandosi dietro le armi con la matricola della Nato, sottratte o semplicemente prese dagli arsenali dell’esercito turco. Certe guerre però vengono vinte dai disperati e questo fu il caso del Nagorno Gharabagh. Gli armeni, perdendo più di 5mila volontari, presero il controllo del loro territorio, spinsero le forze armate azerbaigiane verso l’interno del loro paese, riuscendo ad occupare un territorio sufficiente per la migliore difesa strategica della loro terra. Attualmente Nagorno Gharabagh è una repubblica autonoma non riconosciuta da nessuno, ma finalmente libera dall’oppressore turco. Da allora i rapporti di dialogo, se pur attraverso terzi, fra l’Armenia e l’Azerbaigian non si sono mai interrotti. Ovviamente, come si usa in Oriente, ogni colloquio precede o succede a delle scaramucce che purtroppo ogni tanto lasciano qualche morto nelle rispettive trincee. Intanto, nel 1991, è nata la Repubblica dell’Armenia, un paese di circa 30mila km. quadrati, con circa tre milioni e duecentomila abitanti. Il blocco attuato dalla Turchia alle sue frontiere, non aiuta lo sviluppo del paese, ma gli armeni sono ben allenati a vivere in condizioni difficili, prosperano lo stesso con un certo aiuto dai loro fratelli della diaspora.

Mi sembra di capire che nel complesso l’Armenia ha avuto un “rapporto privilegiato” con l’URSS. E oggi lo mantiene con la Russia. Da cosa deriva questa vicinanza?

E’ vero che gli armeni hanno un rapporto privilegiato con la Russia, per il semplice motivo che negli ultimi secoli gli interessi dei due paesi sono stati convergenti. Nel Caucaso l’unico paese che è corretto nei confronti della Russia è l’Armenia. I georgiani e gli azerbaigiani stanno cercando la loro prosperità e la loro potenza presso altre realtà mondiali. Ritengo sia una scelta strategica che a lungo andare darà i suoi risultati. Dopo tante sofferenze ed esperienze negative anche il popolo armeno ha imparato a destreggiarsi nella politica internazionale. Noi come sempre siamo ottimisti.

Ma in passato ci furono problemi anche con i sovietici?

Tutte le repubbliche che facevano parte dell’Unione Sovietica avevano avuto problemi con il governo centrale. Io non credo che l’armeno di Yerevan avesse più difficoltà del russo di Mosca o del kazako o dell’uzbeko dell’Asia centrale. Vivere bene o vivere male è una questione di cultura e il mio popolo ne possiede una, radicata da cinquemila anni. Abbiamo vissuto molte esperienze, anche dolorose, ma siamo ancora qui per sorridere e “per passare questa nostra vita di due giorni”, come dice il poeta armeno Hovhannes Tumanian.

Nella storia del popolo armeno c’è stato un movimento di liberazione nazionale analogo a quello curdo?

Non vorrei esagerare, ma tutta la storia armena è una lotta di liberazione nazionale. Gli armeni hanno dovuto fare i conti giorno per giorno con i loro vicini, con tante realtà politico-militari che hanno occupato la terra armena durante lunghi secoli. Solo per dare un piccolo esempio posso precisare che l’Armenia, dalla caduta del regno di Cilicia nel 1375 alla nascita della prima Repubblica Armena nel 1918, per più di cinque secoli, non ha avuto uno stato centrale ed è stata governata nelle autonomie locali con la presenza delle forze straniere. Già nel 1009 i Selgiuchidi avevano iniziato a occupare la parte orientale dell’Armenia. In seguito ci fu la presenza degli arabi e poi, di volta in volta, la spartizione della terra armena fra i grandi imperi. Prima quello persiano, poi l’Ottomano e per ultimo la Russia zarista nella parte caucasica dell’Armenia. Le lotte più tremende però le abbiamo vissute nei confronti del nazionalismo turco. Iniziarono nella seconda metà dell’ottocento, culminando nel Primo Genocidio del XX secolo, organizzato a tavolino dai Giovani Turchi. Loro credevano che salvando la parte soltanto turca del decadente impero ottomano si poteva salvare la continuità. Tutto ciò che non era turco era da eliminare. C’erano tre principali minoranze e loro sono stati molto abili nell’annientare una alla volta queste componenti del tessuto civile dell’impero ottomano. Prima hanno diviso per religione, iniziando l’annientamento di quelle cristiane. Hanno usato molto abilmente la terza minoranza, quella curda, contro le prime due: armeni e greci. Dopo essersi sbarazzati dei cristiani, usando appunto i curdi come manodopera, si sono rivolti contro i curdi, il cui annientamento continua fino ai nostri giorni. L’Occidente, Italia compresa, sa benissimo quello che sta succedendo anche oggi nell’Anatolia Orientale, ma tace per potere continuare i suoi affari con la Turchia.

Qual è il suo ruolo attuale, in quanto esponente della comunità armena in Italia, nei confronti della Repubblica di Armenia?

Ogni armeno, nel rispetto della sua appartenenza come cittadino di un qualsiasi paese, non dimentica mai la sua terra natale. Noi siamo degli individui molto integrati nel paese dove abbiamo deciso di vivere. L’Italia è stata una terra molto ospitale per noi armeni, anche prima del Genocidio. Potrei dire che salvato la nostra cultura, nella sua integrità, dando spazio e libertà d’azione a un grosso centro che è stato ed è tuttora l’Isola di san Lazzaro degli Armeni. A Venezia fino al 1996 è esistito un Collegio che ha preparato gran parte degli intellettuali armeni iniziando dal 1836. Il lavoro più significativo che io personalmente riesco a fare per le mie due terre, per l’Armenia e per l’Italia, è quello di andare in tante scuole italiane di ogni ordine e grado, portare la mia testimonianza e raccontare la storia del mio popolo di appartenenza. Ho anche scritto molto su questi argomenti e per la Regione Veneto ho pubblicato due volumi che appunto parlano degli armeni del Veneto e della loro integrazione nell’ospitale terra veneta. Per desiderare la Pace bisogna anche portare degli esempi concreti. La Pace non è una cosa astratta. La convivenza, il reciproco riconoscimento e la concordia fra diverse culture e diversi popoli e religioni sono anche cose terribilmente pratiche: bisogna viverle con serenità, costruire assieme giorno per giorno.

Ancora una domanda. La questione armena è entrata a far parte dei “Criteri di Copenaghen” per l’accesso della Turchia nella Unione europea?

Nei “criteri di Copenaghen” ci sono generiche richieste di “buon vicinato” con i confinanti della Turchia, Armenia compresa. Però ai primi di settembre 2006 la Commissione Esteri del Parlamento Europeo, fra centinaia di emendamenti acquisiti per sottolineare il rallentamento della Turchia nel processo di integrazione, ha inserito in modo assoluto il riconoscimento dl genocidio. E questo naturalmente ha fatto arrabbiare la Turchia perché accettandolo, dovrebbero rivedere i fondamenti della loro storia, mettere in discussione anche l’onestà dei padri fondatori. Ammettere, come ha fatto lo scrittore Akcam (processato, condannato a quindici anni e fuggito negli Stati Uniti) che “la nostra economia è fondata sul denaro, le case e le terre rubate agli armeni”.

E per concludere: dovendo fare una richiesta al popolo turco…?

I turchi sono un popolo mite e buono; questa loro eccessiva bontà ha fatto sì che numerosi capi, anche nella storia recente, abbiano potuto manipolare i sentimenti nazionali e soprattutto religiosi della popolazione, creando situazioni inaccettabili per il futuro. Personalmente chiederei di essere più coraggiosi nel fare ordine nei loro armadi storici, tirando fuori tutti gli scheletri scomodi. Sono una grande nazione, non devono temere le conseguenze, che saranno sicuramente più edificanti della attuale situazione, di questo continuo nascondersi dietro un dito. I principali popoli con i quali hanno avuto epiloghi tragici sono tutti loro vicini, sono popoli con cui hanno vissuto lunghi periodi di pace e di prosperità. E pensare che loro stessi chiamavano gli armeni, Millet-i Sadika (popolo fedele). Si deve ricominciare da quel punto.
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Re: Sterminio de łi armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » mar apr 29, 2014 3:31 pm

http://www.raistoria.rai.it/articoli/il ... fault.aspx

Il Genocidio degli Armeni. Nella vicenda tragica del genocidio armeno ciò che colpisce non è solo l’entità dei morti che comunque sono stati , ricordiamolo, due milioni, ma l’ostinazione con la quale la Turchia ancora oggi, non vuole sentirne parlare, non vuole riconoscerlo. Ancora oggi in Turchia parlare del genocidio degli Armeni è considerato un reato un attentato all’unità nazionale. Molti intellettuali, e letterati per averlo fatto hanno dovuto subire processi, sono stati condannati, alcuni sono stati costretti l’esilio. Lo stesso Pahmuk, premio nobel per la letteratura, ha avuto problemi per questo motivo. Sarà molto importante su questo tema l’atteggiamento che terrà la comunità internazionale. In Francia, già oggi, negare il genocidio degli Armeni è considerato un reato. Qualche settimana fa il presidente degli stati uniti Obama ha parlato esplicitamente di questa vicenda incorrendo nell’ira della diplomazia turca, ma è un atteggiamento sul quale insistere. Anche perché c’è in ballo una partita politica molto importante l’ingresso della Turchia nella comunità europea. Ricordiamo che l’Unione europea, la Comunità europea, si è fatta anche elaborando i totalitarismi del passato. Ogni paese europeo, a partire dalla Germania si è assunto le responsabilità che aveva avuto in vicende tragiche come lo sterminio degli ebrei. I paesi ex comunisti che sono entrati in Europa a loro volta hanno dovuto fare i conti con le vicende del totalitarismo sovietico, assumendosi ognuno la propria responsabilità. Se l’Europa intende accettare la Turchia deve costringere quest’ultima a farsi un esame di coscienza e ad assumersi di fronte alla comunità internazionale, le sue responsabilità.
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Re: Sterminio de łi armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » mar apr 29, 2014 3:32 pm

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Re: Sterminio de łi armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » mer apr 30, 2014 8:57 am

Erdogan dice che non c’è stato alcun genocidio armeno

http://www.lindipendenza.com/erdogan-di ... dio-armeno

“Se fosse stato un genocidio come potrebbero esserci ancora armeni nel nostro Paese?”. E’ con queste parole che il premier turco Erdogan ha di nuovo negato che i massacri – costati la vita a un milione e mezzo di armeni – siano stati un genocidio.

Una settimana fa le condoglianze ai nipoti delle vittime
Dichiarazioni, rilasciate ad una TV americana, che colpiscono la comunità armena della Turchia una settimana dopo che lo stesso premier, in occasione del 99esimo anniversario dell’inizio delle deportazioni, aveva presentato ai nipoti delle vittime le proprie condoglianze. Rifiutate. Nessun commento dell’Armenia che non ha relazioni diplomatiche con la Turchia e ha spesso denunciato il negazionismo di Ankara.

Il genocidio armeno - Su questo sito, in inglese, la comunità armena internazionale ha raccolto la storia e le testimonianze del genocidio per commemorare le vittime del crimine di massa dell’allora Impero Ottomano. Quello che viene ricordato come “genocidio armeno” si svolse in due diversi momenti storici. Durante la Prima Guerra Mondiale, tra il 1915 e il 1917, la comunità armena venne decimata: le migliaia di persone deportate dall’Anatolia e dall’Armenia vennero mandati nel deserto a morire di sete, molti vennero sottoposti ad abusi e violenze e poi uccisi brutalmente. Ai sopravvissuti toccò la scure del 1920: per tre anni vennero sottoposti ad ulteriori massacri, decimati. Tutti i loro beni vennero espropriati.

http://www.rainews.it
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Re: Sterminio de łi creistiani armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » dom gen 25, 2015 1:05 pm

Il genocidio degli Armeni di Vera Cocco giovedì 26 aprile 2012

http://www.agoravox.it/Il-genocidio-degli-Armeni.html

Il 24 aprile gli Armeni commemorano il genocidio subito dal loro popolo ad opera dei Turchi, il Medz Yeghern, il Grande Male.
Il 24 aprile 1915 il governo dei Giovani Turchi in pieno conflitto mondiale ordinò catture e deportazioni del popolo armeno presente sul territorio dell’Impero Ottomano. Quello del 24 aprile 1915 fu soltanto uno dei massacri che in fasi diverse si perpetrarono ai danni del popolo armeno in un momento in cui l’Impero Ottomano era minacciato dalla disfatta militare.

Non sempre, però, c’è stata avversione tra Turchi e Armeni.
Per molto tempo infatti il popolo armeno fu considerato come una “comunità fedele” (Millet-i Sadika) nell’ambito delle varie etnie presenti nell’Impero Ottomano.
L’ostilità turca nei confronti degli Armeni cominciò solamente nella seconda metà del XIX secolo, con l’inizio della decadenza dell’Impero Ottomano. Al Congresso di Berlino (1878), dopo la sconfitta degli Ottomani ad opera dei Russi, fu bocciata la richiesta di costituire una nazione armena, ma si concesse alla Russia di “proteggere” gli Armeni in quanto cristiani.

Da allora i Turchi considerarono gli Armeni nemici per tre motivi: per l’irredentismo nascente, perché cristiani e perché protetti dai Russi.

Le prime persecuzioni iniziarono nel 1894 – 1896, come reazione ad alcuni attentati di nazionalisti armeni, e si intensificarono nell’aprile del 1915, quando tutti i cittadini turchi di etnia armena furono considerati traditori per il contributo dato da alcuni informatori armeni alla penetrazione russa nel territorio turco.
Quando nel maggio successivo le potenze dell’Intesa denunciarono i massacri con una Dichiarazione congiunta (24 maggio 1915), i Turchi per reazione programmarono l’annientamento definitivo del popolo armeno. I superstiti dei massacri venivano deportati e fatti marciare senza sosta, al solo scopo di stremarli nelle lunghe “marce della morte”. I sopravvissuti a queste marce venivano abbandonati nei deserti siriaci e mesopotamici. Infine il genocidio fu completato da Atatürk, che nel 1923 fondò il nuovo Stato turco sul modello degli Stati occidentali, tendente ad avere un’unica, uniforme etnia. Nel 1923, col Trattato di Losanna, i Turchi si riappropriarono quasi totalmente del territorio faticosamente riconosciuto alla Repubblica di Armenia dal Trattato di Sévres (1920) dopo la sconfitta ottomana.

Quella del massacro degli Armeni è una questione spinosa e tutt'altro che chiusa, di cui per molto tempo non si è parlato, perché, anche se numerosi studi e opere letterarie hanno dimostrato l’esistenza di un genocidio (Yves Ternon, Claude Mutafian, Antonia Arslan, Marcello Flores, per citarne solo alcuni), ancora oggi il governo turco lo nega decisamente. Attualmente la Turchia, oltre a ridimensionare il numero delle vittime, nega l’esistenza di un programma sistematico di massacri teso a estirpare completamente un’etnia, condizione necessaria perché si possa parlare di genocidio, e considera i massacri effettivamente avvenuti come semplici episodi di guerra civile: in Turchia il semplice accennare al genocidio degli Armeni costituisce ancora un reato (cfr. il caso dello storico turco Taner Akçam e del premio nobel per la letteratura Orhan Pamuk).

La risolutezza del governo turco nel negare il genocidio è documentata fortemente in politica estera dalla disponibilità a rischiare di:

1) non entrare nell’Unione Europea, che pone come condizione indispensabile all’ingresso della Turchia nell’UE il riconoscimento del genocidio da parte della Turchia stessa;
2) mettere in discussione la tradizionale alleanza con gli USA, dopo che il Congresso Americano ha approvato, benché a stretta maggioranza, una risoluzione che riconosce il genocidio degli Armeni;
3) rompere i rapporti diplomatici con la Francia, dopo che il Parlamento francese ha approvato una legge - poi dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale francese - che puniva chiunque in Francia negasse il genocidio degli Armeni.
In quell’occasione il governo turco non ha mancato di ricordare ai Francesi i massacri da loro effettuati in Algeria, quando gli Algerini si sollevarono per ottenere l’indipendenza dalla Francia.
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Re: Sterminio de łi creistiani armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » gio feb 05, 2015 8:42 pm

Sante per la Chiesa armena le vittime del Genocidio

http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/sa ... cidio.aspx

​La Chiesa armena apostolica si appresta a riconoscere la santità delle vittime del Genocidio armeno con una liturgia solenne, in programma il prossimo 23 aprile presso la Sede patriarcale del Catholicosato di Echmiadzin, retto dal Patriarca Karekin II.

Lo ha annunciato, a nome del Patriarca, il Vescovo Bagrat Galstanyan, in una conferenza stampa svoltasi il 3 febbraio presso la Sede patriarcale. “La Chiesa armena - ha sottolineato il Patriarca Karekin in una dichiarazione diffusa per l'occasione e pervenuta all'Agenzia Fides - non santifica. Essa riconosce la santità dei santi che è già riconosciuta dal popolo, e che è stata attestata con evidenza. La Chiesa riconosce solo quello che è accaduto, riconosce il Genocidio”.

La decisione di riconoscere come Santi le vittime del Genocidio era già stata presa dalla Chiesa armena apostolica nel settembre 2013, nell'incontro presso la sede patriarcale di Echmiadzin, a cui per la prima volta dopo sei secoli avevano preso parte tutti i Vescovi armeni apostolici, sia quelli che fanno capo direttamente al Catholicosato di Echmiadzin, sia quelli legati al Catolichosato della grande Casa di Cilicia (retto dal Catholicos Aram I, con sede in Libano).

Nella liturgia del prossimo 23 aprile il salmo “martiri di Aprile”, composto dal defunto vescovo Zareh Aznavourian, verrà utilizzato come salmo per la canonizzazione. Alla celebrazione parteciperanno i capi delle Chiese sorelle orientali e le delegazioni di altre Chiese. La liturgia inizierà alle 16 per concludersi simbolicamente alle 19,15 in punto, nel minuto in cui sugli orologi digitali compare la successione di numeri corrispondente all'anno in cui fu perpetrato il Genocidio armeno.
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Re: Sterminio de łi creistiani armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » mer mar 04, 2015 1:39 pm

La strage degli armeni. Un popolo cristiano prigioniero dell'islam

Al Vittoriano di Roma è possibile ammirare la cultura del "popolo dell'Arca" che è un bastione dell'Occidente Ma viene abbandonato a se stesso
Renato Farina - Mer, 04/03/2015 - 08:23

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/s ... 01366.html

Il genocidio degli armeni, è stata la prima immensa strage del 900. Ci appartiene. Forse gli armeni sono un indizio del nostro destino. Furono eliminati per odio religioso e razziale dai musulmani turchi. Quest'anno se ne celebra il centenario, nella data simbolica del 24 aprile.

La stupefacente mostra che si inaugura domani al Vittoriano, nella corpo stesso dell'Altare della Patria, è insieme di oro e di sangue. Ci sono tesori antichi e la voce di italiani che denunciarono la strage sin da pochi mesi dopo gli eccidi di Anatolia e Cilicia. Un milione e mezzo di morti. Paolo Kessisoglu (quello di Luca e Paolo: è figlio di sopravvissuti del genocidio scampati in Italia) leggerà le pagine di Filippo Meda, Antonio Gramsci, del console d'Italia a Trebisonda, Giacomo Guerrini.

Preme subito dirlo. Non è una mostra sul genocidio. Le testimonianze al proposito occupano solo una delle sette sezioni. Domina da ogni parte il monte biblico Ararat, dove si arenò - dicono oramai anche gli archeologi - l'Arca di Noè. Insomma: l'Armenia non è il luogo del Diluvio Universale, ma della rinascita dopo la tragedia. E prima ancora che diventassero cristiani, quando nacquero come popolo, tramandarono nel settimo secolo avanti Cristo di essere discendenti di Noè, da Iafet, che diede il primo vino al mondo attraverso gli armeni. E il distillato Ararat, che se ne ricava, ha un profumo uguale e diversissimo dal cognac. Sa di miele di roccia ma di albicocca. Fu da qui che i romani la portarono in Italia, ed in Veneto si chiama ancora «armellino». Venezia in particolare ha mescolato la sua laguna con le acque caucasiche e orientali di questi cristiani a cui fu donata un'isola, san Lazzaro, dove stamparono i loro libri meravigliosi con quell'alfabeto che a solo guardarlo induce a pensare il dolore del mondo.

Non è una mostra sul genocidio, ma lo spiega. Si capisce perché li odiano. Perché li vogliono distruggere. Gli armeni non si sottomettono, non possono farlo. C'è un fuoco dentro questo popolo. Da loro sgorga una bellezza nell'arte, nella lingua, nei libri, nelle loro liturgie insopportabile per chi sia convinto che fuori dal Corano non c'è salvezza.

Ma visto che è il centenario non possiamo prescindere da quell'abisso di male. Eppure la croce armena è fiorita. Non è mai scolpita, disegnata, colorata, senza contenere un germoglio (una parte della mostra è dedicata a questo susseguirsi di strane croci). Come si dice in un testo liturgico tradotto sin dal 1816 in italiano si spiega perché: «Fin dal principio dei tempi apparve la Croce fiorita nel Paradiso piantato da Dio: segno di consolazione a Set, e pegno di speranza al padre Adamo». Gli armeni non riescono a non vedere, a differenza degli ebrei di cui condividono il marchio della persecuzione, spuntare un fiore dal male assoluto. Si racconta che Komitas, il genio musicale armeno, sopravvissuto per miracolo al genocidio, dopo quella tragedia sia rimasto in silenzio: per vent'anni, fino alla morte. Bisogna romperlo quel silenzio. Parlare dell'Armenia.

Gli armeni! Che ne sappiamo? Poco. A Venezia c'è la loro meravigliosa biblioteca dove stanno monaci dalle grandi barbe. Nei film americani sono figure simpatiche di numerosa famiglia. È un popolo dalla schiena diritta. Sono stato in Armenia e ne ho studiato (poco) la storia. Il sole è accecante, la terra arida, che si dischiude su acque di laghi turchese. Nella capitale Erevan c'è il monumento dell'orrore, avvolto di pietà, perché gli armeni coltivano anche il perdono. Popolo grande, ma l'Armenia è ridotta a un fazzoletto di terra, meno di 30mila km quadrati, inferiore alla decima parte dell'Italia, in realtà meno del 90% del territorio che storicamente le apparterrebbe, ma è di dominio turco. Che bella gente quella armena. Chiedono che la Turchia chiami le cose con il loro nome, omicidio l'omicidio, genocidio il genocidio. Il Parlamento italiano, nel 2000, all'unanimità ha riconosciuto il genocidio armeno. Ma ora, per non turbare la Turchia, il governo italiano è molto timido sul tema. Sulla verità non lo si dovrebbe mai essere. Per ragioni strategiche dovremmo tollerare una Turchia che non riconosce l'orrore della propria storia? Tirarci in Europa una realtà di menzogna?

Bisogna ricordare. Ricordiamolo a noi stessi, mettiamolo nell'agenda del nostro governo. Nel cuore del Caucaso c'è un piccolo Stato cristiano. Noi non lo sapevamo - non sappiamo mai niente di importante - ma è l'ultima propaggine dell'Europa e dell'Occidente. Anche se le cartine della geografia dicono Asia, questa è Europa. Prima che noi diventassimo cristiani, loro lo erano già. È un cristianesimo che non è cattolico latino ma non si è mai separato aspramente da Roma: c'è dai tempi del Vangelo. Gli armeni hanno avuto la sfortuna di essere abitanti di un territorio troppo strategicamente decisivo: tra il Mar Nero e il Mar Caspio, difesi dalle montagne a Nord e Sud. Chi possiede questa terra ha in mano il perno dell'Asia e dell'Europa. I romani avevano già preso sotto di sé questa regione con Pompeo, nel 69 avanti Cristo. Data dal 301 la decisione di dichiarare il cristianesimo religione di Stato, primi al mondo. Arrivarono mongoli, turchi, arabi, persiani e poi ancora turchi, a divorarsela, quindi i comunisti sovietici: ma questo punto di cristianesimo e di occidente, di valore dato all'individuo e al popolo che lo difende, ha tenuto. Si rifugiavano sulle montagne o fuggivano all'estero, portando con sé i loro libri e trascrivendoli. La loro cultura è infinita. Non solo nel senso della quantità, ma in quello strabiliante della forza dell'identità. Questi sanno chi sono. Per questo sono un patrimonio imperdibile proprio per noi che non sappiamo più chi siamo ma guardando loro abbiamo nostalgia. Ora questo popolo, che ha ritrovati magri confini, è circondato dall'Islam. Ha preservato una roccaforte di straordinaria bellezza tra i monti azeri, il Nagorno Karabakh, ma muore praticamente di fame e di solitudine. Scrive lo storico armeno Leonzio nel medioevo: «Ormai secche le rose e le violette armene». Ma rifioriscono ogni volta.

- - - Al Vittoriano in Roma la mostra Armenia. Il popolo dell'Arca . Da venerdì 6 marzo al 3 maggio aperta al pubblico
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Re: Sterminio de łi creistiani armeni anatołeghi : Pro Armen

Messaggioda Sixara » dom mar 15, 2015 1:34 pm

Pro Armenia Voci ebraiche sul genocidio armeno, AA.VV., La Giuntina, 2015, l è el titolo de on libro sol jenocidio de i Armèni :
le recension
http://www.giuntina.it/ElencoRecensioni/Pro_Armenia_619/

Senpre la solita domanda : "Perché non vi siete ribellati?" : Dagli Armeni alla Shoah, il Novecento secolo di genocidi - Wlodek Goldkorn - L'Espresso :

Un secolo fa gli armeni. E settant'anni fa gli ebrei. Due tragedie unite in un libro in uscita, che mostra come il secolo scorso sia stato percorso dall'idea malsana della pulizia etnica

Quando si parla di genocidi, deportazioni di massa, uccisioni su scala industriale; quando ai nostri occhi di spettatori postumi si presentano immagini di uomini, donne, bambine e bambini (tanti) condotti verso la morte (da pochi), è difficile reprimere l’impulso di chiedere: «Ma perché non si sono ribellati?». Di fronte a una evidente superiorità numerica delle vittime rispetto ai loro aguzzini non è facile capire la presunta rassegnazione o peggio passività di chi sta per essere assassinato. Nasce da questa nostra incredulità, da questa nostra incapacità di immaginare l’inimmaginabile l’idea che le vittime avessero rinunciato alla dignità e all’onore.

La domanda: «Perché non vi siete ribellati?» risuonò nell’aula del tribunale di Gerusalemme durante il processo di Adolf Eichmann, rivolta dal pubblico ministero Gideon Hausner ai testimoni superstiti della Shoah. Ne è nato un libro polemico, non privo di rancore: “La banalità del male” di Hannah Arendt.
...

http://www.giuntina.it/ElencoRecensioni/Pro_Armenia_619/Pro_Armenia_1045.html
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Re: Sterminio de łi creistiani armeni anatołeghi

Messaggioda Berto » mar apr 14, 2015 8:54 am

Genocidio Armeni, Gran Mufti turco critica Papa Francesco
Ankara minaccia nuove misure dopo il richiamo dell'ambasciatore presso la Santa Sede

14 aprile 2015

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/a ... 9e37b.html

Il Gran Mufti Mehmet Gormez, la principale autorità religiosa islamica sunnita turca, si è allineato sul governo di Ankara criticando a sua volta il Papa per le dichiarazioni sul genocidio armeno a suo parere "senza fondamento" e ispirate da "lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche". In un discorso ad Antiochia, ripreso dall'agenzia ufficiale Anadolu, Gormez si è detto "preoccupato che lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche abbiamo allargato le loro attività alle istituzioni religiose". "Se le società iniziano a interrogarsi sugli errori passati lo stesso Vaticano soffrirà più di chiunque altro", ha avvertito. Critico con il Papa, accusato di "calunnie" e "discriminazione", anche il presidente del parlamento turco Cemil Cicek, del partito islamico Akp al governo.

Ministro turco contro il Papa, è perché è argentino
Nuovo duro attacco da Ankara a Papa Francesco dopo le parole ieri a San Pietro sul genocidio armeno: il ministro per gli affari europei Volkan Bozkir ha detto che il pontefice ha parlato cosi perché viene dall'Argentina, un paese "che ha accolto i nazisti" e nel quale "la diaspora armena è dominante nel mondo della stampa e degli affari".

Gentiloni, toni turchi ingiustificati
"La durezza dei toni turchi non mi pare giustificata, anche tenendo conto del fatto che 15 anni fa Giovanni Paolo II si era espresso in modo analogo" a Papa Bergoglio che ha definito quello armeno un genocidio. Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni rispondendo ai giornalisti a margine di una conferenza Ue-Mediterraneo. (ANSA) - BARCELLONA 13 APR - "L'Italia - ha aggiunto - ha più volte espresso solidarietà e vicinanza al popolo e governo armeno per le vittime e le sofferenze inflitte 100 anni fa. Gentiloni ha poi aggiunto che "sul riconoscimento giuridico" del genocidio "abbiamo sempre invitato i due paesi amici Armenia e Turchia a dialogare per evitare che questa situazione ostacoli" un rasserenamento delle relazioni.

Il PUNTO
Altissima tensione tra la Turchia e il Vaticano dopo le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno. Il ministero degli Esteri turco sostiene in una nota che parlare di genocidio degli armeni è "una calunnia". "Il genocidio - prosegue - è un concetto giuridico le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge, anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie". Papa Francesco, prosegue la nota dell'ambasciata, "nella sua dichiarazione si riferisce ai tragici eventi che hanno avuto luogo in Bosnia e in Ruanda come 'omicidi di massa', che sono riconosciuti come genocidi dai tribunali internazionali competenti. Egli, tuttavia, chiama gli eventi del 1915 un 'genocidio' nonostante l'assenza di tale sentenza del tribunale competente. Questo è significativo. Non è possibile spiegare questa contraddizione con i concetti di giustizia e di coscienza". Durante la messa per gli armeni celebrata ieri da papa Francesco "la storia è stata strumentalizzata per fini politici". La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di stati. Dopo il richiamo de ministero turco non esclude nuove misure contro il Vaticano. Con l'ultima reazione alle parole di Papa Francesco sul genocidio armeno del 1915-16, la Turchia è ora senza ambasciatori in sette paesi, per crisi provvisorie o prolungate. Oltre all'ambasciatore in Vaticano Mehmet Pacaci, da tempo sono stati richiamati gli ambasciatori in Israele, Egitto, Libia e Siria, mentre non sono mai stati nominati in Armenia e a Cipro, due paesi con i quali Ankara non ha relazioni diplomatiche.

LE PAROLE DEL PAPA
Papa Francesco ha celebrato nella basilica vaticana la messa per il centenario del "martirio" (Metz Yeghern) armeno, durante la quale proclama "Dottore della Chiesa" San Gregorio di Narek. La Messa è concelebrata da Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, alla presenza di Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, e di Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia. E' presente alla messa il presidente della Repubblica di Armenia, Serzj Sargsyan. Il ministro degli esteri turco Mevlut Cavuysoglu ha definito "inaccettabili" le parole di Papa Francesco. Il capo della diplomazia turca ha scritto su twitter che "le dichiarazioni del Papa, che non sono fondate su dati storici e legali, sono inaccettabili".


Il Papa e il genocidio degli armeni, ira della Turchia contro il Vaticano: «Non escludiamo nuove misure»
13/05/2015
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/V ... 3567.shtml

«È uno scontro durissimo quello aperto dalla Turchia di Erdogan dopo le parole del Papa sul «genocidio» armeno.

Sull'uso di questo termine, strenuamente respinto da Ankara, che parla in proposito di «inaccettabile calunnia», e pronunciato ieri da Bergoglio mutuandolo dalla dichiarazione di papa Wojtyla del 2001, si è innescata la prima grande crisi diplomatica del pontificato di Francesco. Cui si aggiungono anche le critiche da parte del Gran Mufti Mehmet Gormez, il presidente del Diyanet, il Dipartimento degli Affari religiosi. Ma è un ampio fronte politico, ora, a schierarsi col Pontefice, compresi rappresentanti del governo italiano come il ministro Paolo Gentiloni, che respinge i «toni ingiustificati» provenienti dal Paese della Mezzaluna.

Il Ministero degli Esteri turco, dopo aver convocato ieri per protesta il nunzio apostolico mons. Antonio Lucibello e richiamato in patria «per consultazioni» il proprio ambasciatore in Vaticano Mehmet Pacaci, ha reagito oggi con una pesantissima nota - diffusa anche in Italia dall'Ambasciata presso la Santa Sede - in cui sostiene apertamente che parlare di «genocidio» degli armeni rappresenta «una calunnia», contestando il termine sia sul piano storico che su quello giuridico. Secondo Ankara, infatti, «il genocidio è un concetto giuridico» e «le rivendicazioni che non soddisfano i requisiti di legge, anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, tendono a rimanere calunnie». Il Papa parla cioè di «genocidio» a proposito degli eventi del 1915 «nonostante l'assenza di una sentenza dei tribunali internazionali competenti».

Inoltre, sempre per il Ministero degli Esteri, durante la messa per gli armeni celebrata ieri dal Papa a Sam Pietro, «la storia è stata strumentalizzata per fini politici». «Mentre si affaccia sulle grandi sofferenze e sulle pagine oscure in aree geografiche remote lontane dall'Anatolia - viene contestato -, e trascurando completamente la crudeltà del colonialismo, riferirsi solo ai nostri fratelli cristiani con i quali abbiamo vissuto fianco a fianco in Anatolia per secoli, e che non hanno nulla a che fare con gli eventi del 1915, è inaccettabile». Insomma, Francesco, dopo aver sempre sottolineato la sua volontà «di promuovere la creazione di pace e di amicizia tra i diversi gruppi nel mondo», in questo caso «ha fatto una discriminazione tra le sofferenze enfatizzando solo le sofferenze dei cristiani e soprattutto degli armeni». «Con un punti di vista selettivo - insiste Ankara -, ha ignorato le tragedie che colpirono i turchi e i musulmani che persero la vita nella prima guerra mondiale». Il governo turco contesta la distanza tra quanto detto ora da Francesco e i suoi equidistanti auspici di «riconciliazione» tra le parti mostrati durante il viaggio in Turchia del novembre scorso: il Papa quindi viene accusato di essere «sotto l'influenza della narrazione armena» e di «dare credito alle interpretazioni unilaterali di eventi storici» e addirittura «alla discriminazione religiosa».

Un componente del governo di Ankara, il ministro per gli Affari europei Volkan Bozkir, è andato anche oltre, affermando che il Papa ha parlato così perchè viene dall'Argentina, un Paese «che ha accolto i nazisti» e nel quale «la diaspora armena è dominante nel mondo della stampa e degli affari». Neanche il Gran Muftì Gormez, la principale autorità religiosa islamica sunnita turca, che il Papa ha incontrato il 28 novembre scorso alla Diyanet, si è sottratto alla polemica, criticando le dichiarazioni «senza fondamento» del Papa, a suo parere ispirate da «lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche». L'atteggiamento negazionista turco sullo sterminio di un milione e mezzo di armeni cento anni fa, riesploso con l'esplicito riconoscimento del «genocidio» da parte del Papa, si pone anche come ostacolo all'ingresso nell'Ue, dato che in tema di avanzamento nella candidatura - ha ribadito oggi la portavoce dell'alto rappresentante Federica Mogherini - la «normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Armenia è »particolarmente importante« ed è »un questione che viene regolarmente valutata«.

E il Vaticano? Per ora la consegna è quella del silenzio. Nessuna risposta ufficiale alle dichiarazioni turche. Non casuale, però, quello che ha detto il Papa nella messa a Santa Marta: la strada della Chiesa è la »franchezza«, il »coraggio cristiano« di »dire le cose con libertà«. »Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato«, ha affermato.



Genocidio armeno, la scrittrice Antonia Arslan: “E’ come negare la Shoah”

L'autrice della "Masseria delle allodole": "Attenzione: è il governo turco che si irrigidisce alla parola 'genocidio', perché la popolazione è molto variegata, molti ne parlano apertamente"
di F. Q. | 12 aprile 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... ah/1583605

“Il genocidio degli armeni è stato riconosciuto ormai dalla grandissima maggioranza degli storici. Non solo studiosi armeni, ma di tutti i Paesi. Le prove sono infinite, eppure la Turchia non lo ammette. E’ come se la Germania non riconoscesse la Shoah“. A parlare è Antonia Arslan, padovana di origini armene, nota al pubblico per il romanzo La masseria delle allodole, scritto nel 2004 e diventato un film con la regia dei fratelli Taviani nel 2007. Nel libro si parla di un gruppo di armeni, che vissero in Anatolia, vittime dei rastrellamenti del governo turco. “Quanto detto dal Papa è molto significativo – dice la scrittrice all’Ansa , soprattutto perché è una cosa avvenuta a San Pietro. Era già successo nel 2001, comunque, grazie a Papa Giovanni Paolo II. Il problema sta tutto nel pronunciare la parola genocidio. E’ questo che fa irrigidire la Turchia. Attenzione però: è il governo turco a farlo, perché la popolazione è molto variegata, ha opinioni disparate. Molti turchi ne parlano ormai apertamente”.

Quanto al ritiro dell’ambasciatore in Vaticano, la scrittrice sostiene che è “la classica posizione del governo turco, quando qualcuno riconosce il genocidio armeno. Il paragone che subito viene in mente è con la Francia: quando Parigi annunciò una legge contro il negazionismo, Ankara ritirò l’ambasciatore. Poi però fu subito rispedito indietro”. Arslan si aspetterebbe una posizione più ferma dell’Europa sul tema, ma sbuffa: “Quando mai l’Europa ha una posizione chiara su qualcosa…”.

“La Turchia – dice ancora – è un Paese bellissimo, pieno di persone intelligenti. Il governo sembra avere questa deriva…, ma con gli orientali non si sa mai”. Alle spalle c’è “questo grande buco storico. Ci sono ragioni storiche ed economiche per il mancato riconoscimento. Già dal trattato di Losanna del ’24, la parola Armenia scompare dal vocabolario – ricorda la scrittrice – Eppure il collegamento tra primo e secondo grande genocidio del XX secolo fu stabilito per primo da Hitler. C’è un libro (Pro Armenia, edito da Edizioni Giuntina di Firenze) che ho appena fatto pubblicare, nel quale si parla di quattro intellettuali ebrei che videro quanto successo nel 1915 e lo denunciarono già allora: parlarono di organizzazione dello sterminio, spiegarono come i generali fossero tutti d’accordo”.

Il popolo armeno – sottolinea l’autrice – “chiede la riapertura delle frontiere, che rende tutto molto più costoso e difficile per la gente: ci sono tre milioni di armeni contro 70 milioni di turchi… Un atto di riconoscimento potrebbe essere fatto facilmente, non è mica stato il governo attuale ad autorizzare la strage. Purtroppo non vogliono farlo per timore dei riconoscimenti economici: eppure, secondo me, pochi armeni avrebbero le carte per rivendicare le proprie proprietà. La mia famiglia ad esempio non le ha. Non credo che i risarcimenti peserebbero molto, ma prima di arrivare a questo ce n’è di strada da fare”.
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