Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio ott 11, 2018 9:23 pm

Gli Zulu del Sudafrica si alleano con i bianchi

South Africa’s Zulu nation joins white farmers in fight against government land seizures
La nazione sudafricana degli Zulu si unisce agli agricoltori bianchi nella lotta contro i sequestri di terre del governo
9 Oct, 2018

https://www.rt.com/business/440807-zulu ... frica-land

The largest ethnic group in South Africa, Zulu, has spoken out against the expropriation of land without compensation in the country. Zulu is ready to cooperate with the country's white farmers, known as Afrikaners or Boers.

Zulu King Goodwill Zwelithini has said the group will cooperate with South African minority rights group AfriForum.

“The Zulu nation I’m talking about will not exist if we don’t have food. That’s why I say farmers must come closer so that we discuss what we can do when we talk about agriculture and the availability of enough food in the land. That’s why I’m asking AfriForum of the Boers to come and help us,” Zwelithini said, as quoted by eNews Channel Africa.

“Because when government started talking about the appropriation of land, expropriation without compensation, Boers downed tools. There is no food in South Africa,” he added.

Zulu people are the largest ethnic group in South Africa, with an estimated 10-12 million people living mainly in the province of KwaZulu-Natal. The group accounts for more than a fifth of the country’s population and its opinion is important in the context of the general elections next year.

“Anyone who wants to be voted for and elected by us, I’m going to talk now, anyone who wants to be elected by us must come and kneel here and commit that I will never touch your land,” the Zulu King said.

While kings have no official power in modern South Africa, they still have the loyalty of millions of people and are recognized in the constitution as traditional leaders.

The land expropriation program run by President Cyril Ramaphosa is designed to redistribute land to poor black people to tackle severe inequality 24 years after the end of apartheid. It mostly involves lands owned by Boers, whites primarily of Dutch descent. However, the program has aroused discontent among the Zulus, too.

The Zulu King said he is waiting for a meeting with the president. “He (Ramaphosa) must come here... and say it, write it down in an agreement and sign off that the land of the Zulus will not be touched,” Zwelithini said.


Il gruppo etnico più numeroso del Sudafrica, gli zulu, si è pronunciato contro l'espropriazione di terre senza indennizzo nel paese. Lo zulu è pronto a collaborare con gli agricoltori bianchi del paese, noti come afrikaner o boeri.

Zulu Re Zwelithini ha detto che il gruppo coopererà con il gruppo sudafricano per i diritti delle minoranze AfriForum.

"La nazione zulu di cui sto parlando non esisterà se non abbiamo cibo. Ecco perché dico che i contadini devono avvicinarsi per discutere di cosa possiamo fare quando parliamo di agricoltura e della disponibilità di cibo a sufficienza nella terra. Ecco perché chiedo ad AfriForum dei boeri di venire ad aiutarci", ha detto Zwelithini, come citato da eNews Channel Africa.

"Perché quando il governo ha iniziato a parlare di appropriazione della terra, espropriazione senza indennizzo, i boeri hanno abbattuto gli strumenti. Non c'è cibo in Sudafrica", ha aggiunto.

Gli zulu sono il gruppo etnico più numeroso del Sudafrica, con circa 10-12 milioni di persone che vivono principalmente nella provincia del KwaZulu-Natal. Il gruppo rappresenta più di un quinto della popolazione del paese e la sua opinione è importante nel contesto delle elezioni generali del prossimo anno.

"Chiunque voglia essere votato ed eletto da noi, io parlerò ora, chiunque voglia essere eletto da noi deve venire qui a inginocchiarsi e impegnarsi affinché io non tocchi mai la vostra terra", ha detto il re zulu.

Mentre i re non hanno alcun potere ufficiale nel Sudafrica moderno, hanno ancora la fedeltà di milioni di persone e sono riconosciuti nella costituzione come leader tradizionali.

Il programma di espropriazione delle terre gestito dal presidente Cyril Ramaphosa è stato progettato per ridistribuire le terre ai poveri neri per affrontare le gravi disuguaglianze 24 anni dopo la fine dell'apartheid. Si tratta per lo più di terre di proprietà dei boeri, bianchi principalmente di origine olandese. Tuttavia, il programma ha suscitato malcontento anche tra gli zulu.

Il re zulu ha detto che sta aspettando un incontro con il presidente. "Lui (Ramaphosa) deve venire qui..... e dirlo, scriverlo in un accordo e firmare che la terra degli zulu non sarà toccata", ha detto Zwelithini.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun ott 29, 2018 8:54 pm

Quest'anno in Congo sono state stuprate 15mila donne. Molte erano bambine
Daniele Bellocchio,
foto di Marco Gualazzini
05 dicembre 2017

http://m.espresso.repubblica.it/interna ... yvFQsRiVZM

C ’è un luogo, in questo mondo, dove la pietà è stata fatta a brandelli; l’orrore sembra essersi impossessato di ogni spazio a sua disposizione; un male eterno, che non conosce né fine né limiti, regna come un monarca assoluto. Quel luogo è la Repubblica Democratica del Congo, il Paese dell’Africa centrale apogeo di tutte le tragedie di un intero continente. È soprattutto nell’Est, nelle regioni del Nord e del Sud Kivu, lungo i bordi del lago omonimo, tra le foreste verdi e le strade rosse e dissestate, sotto i cieli apocalittici che abbracciano le bocche dei vulcani, che il concetto stesso di vivere è stato sovvertito: perché qui l’esistenza è la sopportazione di una crudeltà ontologica, ovunque visibile, che fagocita ogni aspetto dell’intimo e dell’ordinario.

Sei milioni di morti in vent’anni di conflitto, genocidi silenziosi, cessate il fuoco mai rispettati, quasi cinquanta gruppi armati, uomini sacrificati nelle viscere della terra. Massacri etnici e saccheggi, Aids e bambini soldato. È questo il luogo che ha ospitato la peggiore tragedia della storia dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi: questa non è una terra per uomini. Ma, ancora meno, lo è per le donne. Perché la guerra, anzi, meglio le guerre, che qui si consumano in continuazione hanno tanti campi di battaglia, ma uno è quello su cui si concentrano le peggiori atrocità concepite da irregolari, banditi e miliziani: il corpo delle donne.

I piedi sono scalzi, una corda stretta alla fronte regge un sacco di carbone da 60 chili posizionato sulla schiena. Le sagome incedono in fila indiana: sono ombre di giovani madri, ventenni e trentenni, divorate dal peso della miseria. Scendono dalle montagne del Sud Kivu, verso il mercato di Kavumu. Arrivano in paese dopo quattro ore, depongono il carico di merce e, in cambio, ricevono due dollari. Poi, eccone altre, che già dall’alba hanno posizionato i banchi, con esposta la merce: chi tuberi, chi banane. In ogni dove, nell’Est della Repubblica democratica del Congo, si vedono donne lavorare duramente: nei campi, al mercato, in casa. Il lavoro è una prerogativa femminile. Ma, oltre alla fatica, c’è anche l’orrore a caratterizzare le vite delle donne, sin da quando sono bambine.

Nel piccolo paese, tra le case di terra e fango, si scorgono madri che scappano, rifugiandosi nelle abitazioni. Donne che richiamano i figli, chiudono le porte e spiano i visitatori da dietro i muri. Psicosi e paura in ogni dove: le motivazioni di questo clima si capiscono incontrando Zawada Bagaya Bazilianne, consulente legale che lavora nel villaggio. «Ciò che è successo qui, dal 2013 al 2016, è un fatto che dovrebbe scioccare il mondo; dovrebbe togliere il fiato a tutti: 44 bambine, dai 2 agli 11 anni, sono state prelevate di notte, condotte nella foresta e poi ripetutamente violentate da uomini armati. Il territorio è pieno di gruppi ribelli e gli autori dell’atrocità risultano essere stati dei miliziani del deputato provinciale Frédéric Batumike, che ora è in carcere con i suoi 74 uomini ed è in attesa di essere processato per violenza sessuale e crimini contro l’umanità». Prosegue la donna: «La ragione? Probabilmente una credenza magica. Le indagini fanno supporre che sia stato uno stregone a dire a questi uomini di violentare delle vergini, perché così facendo avrebbero ottenuto protezione dai proiettili in battaglia e trovato delle vene d’oro, là dove fosse stato versato il sangue delle bambine. Inoltre, in molti credono che il rapporto con una donna illibata sia una cura contro l’hiv».

Il racconto dell’avvocato è devastante, anche perché la testimonianza, poi, si materializza in un volto, quello di Beatrice, che ha 11 anni, vive con la nonna e cammina additata dalla società per essere stata marchiata dall’atrocità della violenza maschile. Osservarla nella penombra della sua baracca è commozione e impotenza: sola, in silenzio, ma con due occhi neri che urlano con violenza cosa vuol dire essere la figlia di quel mondo orfano dell’elemosina della compassione, dove la tragedia incombe improvvisa e obbliga a una rassegnata accettazione, strappando vita, speranza e anima, fin dalla più tenera età.

Quando esce in strada piove: e Beatrice procede verso il campo di cereali insieme alla nonna. Tutti la guardano, ma lei avanza imperterrita. Da tempo non si volta più indietro: alle spalle c’è il suo passato e nel suo passato c’è la fine del suo vivere.

La piaga dello stupro nell’ex Zaire ha iniziato a diffondersi alla fine degli anni ’90, in corrispondenza con la seconda guerra congolese. È in quel periodo che si sono registrati i primi casi di abusi sistematici e torture. Donne violentate e poi seviziate: un’arma da guerra che poi è dilagata nel tempo come una metastasi. Tanto che, leggendo le stime delle Nazioni Unite, si scopre che nel 2015 ci sono stati 15mila casi accertati di violenze sessuali.

«Quando hanno iniziato a registrarsi i primi episodi eravamo impreparati e vedevamo donne e bambine arrivare in ospedale totalmente distrutte, con gli organi interni devastati da una barbarie atroce. È stato dopo aver visto quelle donne che mi sono detto che non potevo rimanere impotente e dovevo cercare di fare qualcosa».

Seduto all’interno del suo ufficio all’Ospedale Panzi di Bukavu, il chirurgo Denis Mukwege racconta la sua storia e la situazione attuale. Il medico congolese, candidato al Nobel per la Pace nel 2014 e vincitore nello stesso anno del premio Sakharov, è uno dei simboli della lotta contro la violenza sessuale. Spiega: «Per fermare questo crimine bisogna combattere l’impunità di cui godono gli stupratori; poi occorrerebbe una vera volontà politica, nazionale e internazionale, di mettere fine al saccheggio delle materie prime del nostro Paese e, quindi, ai conflitti per il sottosuolo che dilaniano la nostra nazione. Inoltre, bisogna capire che gli stupri non distruggono solo il fisico di chi li subisce, ma l’intera società. Le donne, dopo essere state abusate, vengono considerate colpevoli per ciò che è successo loro: vengono ripudiate dai mariti e i figli restano abbandonati a se stessi. E a commettere queste atrocità non sono solo dei banditi o dei ribelli, ma anche chi dovrebbe impedire che avvengano».

Basta spingersi sull’altra sponda del lago Kivu, entrare nel Nord Kivu, attraversare la città di Goma, ripercorrere le vie che nel 2012 sono state il proscenio della guerra tra i ribelli filo ruandesi dell’M23 e le truppe governative di Laurent Kabila, per trovare la conferma alle parole pronunciate dal medico. Nel campo profughi di Mugunga, ai piedi del vulcano Nyragongo, vive infatti Amani Bahati. Ha cinquantanove anni e racconta la sua vita con la consapevolezza di essere vittima senza colpa, lontana dalla vergogna del giudizio comune, ma forte dell’orgoglio degli ultimi: «Io sono una donna di quasi sessant’anni e sono stata violentata cinque mesi fa, mentre, insieme ad altre stavo raccogliendo della legna. A stuprarci sono stati dei soldati che indossavano le divise delle Forze armate della Repubblica del Congo».

Il volto non lascia trapelare emozioni e Amani prosegue dicendo: «Io non ho più nessuno, il mio corpo è ammalato e non riesco più nemmeno a lavorare. E sapete la gente come ci chiama? “Le stuprate’’. Sì, proprio così. Quando una donna in Congo viene violentata poi deve avere la forza di vivere sola con il suo dolore, perché la comunità pensa invece che lei sia semplicemente una prostituta».

Racconta ancora Amani: «Io non ho fatto nulla per meritarmi tutto questo; sono semplicemente andata a lavorare per potermi comprare qualcosa da mangiare. Ma nella foresta mi hanno abusata, più volte, e, dopo il dolore per l’ accaduto, ho dovuto sopportare anche gli insulti e lo sfregio da parte della mia comunità. Le persone che mi conoscono mi deridono. Dicono che devo vivere isolata da tutti perché sono un cattivo esempio e che sono una donna facile, che si è andata a cercare quello che le è poi successo. Ecco cosa la gente pensa di me oggi».
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » sab nov 17, 2018 9:57 pm

"Il partito razzista della Kyenge cretinata dell'anno". Facci fa a pezzi Forza Africa: ecco il suo vero obiettivo
9 Novembre 2018
Filippo Facci

https://www.liberoquotidiano.it/news/op ... -soli.html

Candidato ufficialmente a cretinata dell'anno, è nato il partito razzista di Cécile Kyenge: si chiama «Afroitalian Power Initiative» (yes) e si rivolge ovviamente agli «afro-italiani» in un momento politico in cui se ne sentiva drammaticamente il bisogno. Chiaro che non è proprio un partito (nessuno fonda partiti, i partiti fanno schifo a tutti) ma la pomposa presentazione del movimento è un programma stra-politico, e pure dirompente: «Afroitalian Power Initiative (Api, come la benzina, ndr) è un percorso di rafforzamento economico e politico della Diaspora Africana in Italia (scritto maiuscolo, ndr) e si pone il doppio obiettivo di rafforzare la partecipazione della diaspora alla cooperazione, e di costruire un quadro partecipativo che consenta alla stessa diaspora di affermare la propria cittadinanza in Italia, in Europa».

IL PROGRAMMA - Tradotto in ita-italiano: vogliamo lo ius soli. In termini di marketing comunicativo: quel «power» non può non riecheggiare lo slogan «black power» che i neri d' America usarono per richiamarsi a «valori neri» ben stagliati rispetto ad altri colori. In termini meramente logici è un partito razzista, perché si rivolge a una precisa etnia continentale e, di converso, è come se domattina Roberto Calderoli fondasse un movimento rivolto ai bergam-italiani (ovviamente bianchi, o almeno vermigli) per combattere la discriminazione a opera per esempio dei bresciani.

Ma siccome, della logica politica, è andata a ramengo la logica e pure la politica, ecco che il programma del movimento ancora svolazza: «In un momento in cui assistiamo alla crescita dell'afrofobia e alla marginalizzazione degli afro-italiani, Afroitalian Power Initiative vuole rianimare gli attori sociali afro-italiani per il bene dell' Italia».

Dopo la xenofobia, talvolta venata di omofobia, e in attesa dell'afrocidio, ecco l'afrofobia: «Viviamo un momento storico in cui il rispetto della nostra identità di afro-italiani e dei nostri diritti sono costantemente messi a repentaglio», si legge in sintassi afro-italiana; e comunque «c'è chi vuole impedire ai nostri figli di usufruire dei servizi scolastici, c'è chi ci discrimina per il colore della pelle, c'è chi ci impedisce di vivere da persone libere».

In Alabama, anzi no, in Italia, anzi no, a Modena, dove la Kyenge ha già organizzato un incontro in viale Virgilio che domenica metterà a fuoco «cittadinanza, diritti, opportunità lavorative e imprenditoriali, protagonismo politico, autoaffermazione civica» e tutto perché «è tempo di farsi valere».

In realtà non è la prima volta che Cecile Kyenge fonda movimenti di straordinario insuccesso. Nata nel Katanga del Congo, di etnia bakunda (il padre aveva quattro mogli e 39 figli) contrasse la cittadinanza italiana sposando un calabrese nel 1994, poi nel 2002 fondò l' associazione Dawa con obiettivi non dissimili da quelli della neonata Api (ma con toni meno accesi) e rivolta solo ai neri del Congo.

FALLIMENTI IN SERIE - Poi divenne portavoce della rete «Primo Marzo» per promuovere i diritti dei migranti, poi fu coordinatrice del progetto «Diaspora Africana» per promuovere la piena cittadinanza degli immigrati, poi fece carriera nel Pd (sempre occupandosi di immigrazione) sino a divenire deputato e addirittura «ministro nero» (sua definizione) con esiti ritenuti imbarazzanti anche da intellettuali e compagni di partito, questo mentre la critica del centrodestra si faceva lievemente più accentuata nel definirla «orango» durante il comizio di un deputato leghista, fatto che ebbe un' eco spropositata al punto da renderla intoccabile. Ora è deputata europea, ma evidentemente, tra una denuncia di razzismo e l'altra, ha vinto la noia.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » sab nov 17, 2018 9:57 pm

Centrafrica. Assalto a rifugiati nel vescovado, uccisi in 42. Tra loro il vicario
Daniele Zappalà
sabato 17 novembre 2018

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/ce ... -sacerdoti

È accaduto nel sud del Paese, nella città di Alindao. Uomini armati hanno incendiato e saccheggiato la diocesi. Le vittime sono in prevalenza cristiane. Ferito un altro sacerdote

Ancora decine di morti, la Chiesa nel mirino, sofferenze indicibili per migliaia di sfollati. Non conosce pace la Repubblica Centrafricana, in preda a nuove atroci violenze che nelle ultime ore hanno funestato Alindao, nel sud, a meno di 100 chilometri dalla Repubblica democratica del Congo. Presso la Curia episcopale, secondo un primo bilancio che rischia di essere parziale, 42 persone sono rimaste uccise giovedì, fra cui almeno un sacerdote, nel corso di attacchi attribuiti alla fazione Upc (Unité pour la paix en Centrafrique) dei ribelli filoislamici ex Seleka agli ordini del generale Ali Darassa, di etnia peul. La strage sarebbe stata perpetrata per «replicare all’uccisione di un musulmano», mercoledì, da parte dei miliziani rivali anti-balaka.

Il sacerdote ucciso è padre Blaise Mada, vicario generale della diocesi. Si temeva ieri anche per padre Celestine Ngoumbango, rimasto ferito durante l’assalto e di cui si sono perse le tracce. I miliziani hanno preso di mira un centro di rifugiati diocesano con una capacità di oltre 25mila sfollati, non solo cristiani, ma anche musulmani, in nome di quella concordia civile che la Chiesa centrafricana continua strenuamente a promuovere, con rinnovato ardore dopo la visita di papa Francesco, che aveva inaugurato il Giubileo della Misericordia, il 29 novembre 2015, proprio presso la Cattedrale di Bangui, la capitale.

La strage, i saccheggi e i roghi di abitazioni sono stati confermati anche da padre Mathieu Bondobo, vicario generale per l’arcidiocesi di Bangui. Il vescovo di Alindao, monsignor Cyr-Nestor Yapaupa, aveva denunciato ai caschi blu della Minusca, schierati nel Paese, le minacce e il clima d’assedio attorno alla diocesi, ma la Curia non era difesa al momento dell’attacco, come padre Bondobo ha raccontato anche in collegamento telefonico con Tv2000: «I ribelli hanno avuto campo libero, possiamo dire, per fare tutto quello che volevano fare e hanno fatto».

Il sacerdote ucciso è stato descritto dal vicario generale come «un uomo mite, un uomo di preghiera e un uomo che amava la Chiesa, un uomo buono». Toccanti anche le parole del sacerdote sul clima dopo la tragedia: «Umanamente siamo tristi, ma spiritualmente siamo forti. Perché questo attacco non può far tacere la Chiesa. No, mai. La Chiesa non potrà mai tacere. La Chiesa ha questa forza di andare avanti. Nella persecuzione. È questa la storia della Chiesa. Quindi noi che siamo vivi, continuiamo questa missione per parlare della pace, condannare le violenze e chiedere a tutti di convertirsi». Le violenze seguono la tragica scia dei raid delle scorse settimane nel Nord, nell’area di Batangafo, non lontano dalla frontiera con il Ciad, che avevano provocato morti e circa 10mila sfollati. Su questo focolaio bellico, con raid presso almeno tre campi per sfollati interni che ospitavano migliaia di persone, ha appena testimoniato anche l’Ong umanitaria Medici senza frontiere (Msf), che ha visto affluire i feriti verso l’ospedale dove opera, proprio a Batangafo.

Nel Paese, su una popolazione di 4,5 milioni di persone, gli sfollati interni stimati sono circa 690mila, mentre sarebbero 570mila quelli rifugiati nei Paesi vicini. Aprendo tre anni fa la Porta Santa a Bangui, papa Francesco aveva scelto il dramma centrafricano come simbolo delle sofferenze di tutti i conflitti. Parole che acquistano nuovamente un’eco particolare: «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra». Dall’inizio di quest’anno, tre altri preti erano stati uccisi nel Paese.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » ven nov 23, 2018 9:19 pm

Il terrorismo islamico dilaga in Africa. Ed è un pericolo anche per l'Europa
Lorenzo Vita
23 novembre 2018

http://www.occhidellaguerra.it/terroris ... 2ykwRQgm5o

Il terrorismo islamico in Africa continua a espandersi. L’assalto che ha avuto come vittima una cooperante italiana in Kenya probabilmente non va ascritto al fenomeno terroristico in senso stretto ma a una strategia esclusivamente criminale.

Tuttavia è difficile valutare il limite fra crimine e terrore. Soprattutto in un momento in cui lo jihadismo, soprattutto nel Corno d’Africa, è in piena ascesa. Lo dimostrano non solo le operazioni di Al-Shabaab in Somalia, ma anche i pesanti attentati che hanno colpito Mogadiscio e altre città somale negli ultimi mesi. Una scia di sangue che porta non solo ad Al-Shabaab ma anche allo Stato islamico. E fra le due organizzazioni criminali, la sfida è particolarmente feroce.

Quello che sta avvenendo in Somalia è solo una parte del fenomeno jihadista africano. La violenza imperversa in tutto il continente. Come riportato dall’Economist, nell’ultimo anno ci sono stati più di 10mila morti per attacchi jihadisti. E il fenomeno terrorista dilaga a vista d’occhio, con l’aumento del 300% degli attacchi jihadisti realizzati fra il 2010 e il 2017 e con i Paesi coinvolti dal radicalismo islamico che sono raddoppiati.

Non è un fenomeno circoscritto, quindi. Il fenomeno attecchisce dove trova terreno fertile: e in Africa purtroppo ce n’è e anche molto. Povertà endemica, disoccupazione, governi inesistente, violenza, islamismo radicale in espansione, lotta fra potenze esterne. Tutti questi fattori incidono in maniera estremamente elevata sullo sviluppo del terrorismo. E lo si vede dal fatto che cresce nei numeri e nella pericolosità.

Come ha spiegato a El Confidencial, Sergio Altuna, ricercatore del Real Instituto Elcano “La minaccia si espande. Al Qaeda ora ha più miliziani che mai Africa, e ha una presenza in molti Paesi in cui non si pensava potesse fiorire questo tipo di minaccia”. I focolai di jihadismo sono esplosi in vari Stati. Burkina Faso, Kenya, Mauritania, Niger. Quest’ultimo di interesse fondamentale anche per l’Italia, visto che la missioni militare sta partendo e lo Stato del Sahel è uno snodo strategico per i traffici di esseri umani dall’Africa sub-sahariana.

La centralità del terrorismo islamico in Africa è dimostrata anche dall’ultimo rapporto del Dipartimento di Stato americano. Donald Trump non è mai stato particolarmente contento dell’impegno profuso dal Pentagono nei diversi palcoscenici africani. E lo ha dimostrato anche la recente notizia del fatto che da Washington sia arrivato l’ordine di ritiro di parte del contingente impegnato nel continente.

Ma il Dipartimento di Stato è apparso chiarissimo quando ha scritto: “I Paesi africani hanno ampliato i loro sforzi per sviluppare soluzioni regionali di controterrorismo mentre hanno lottato per contenere l’espansione dei gruppi terroristici, affiliati e aspiranti tali coinvolti in attacchi o altre attività nel 2017″. Ma il fatto che il governo Usa abbia parlato di espansione del terrorismo, indica che c’è effettivamente un problema nell’allargamento del fenomeno jihadista.




E questo problema nasce soprattutto dal fatto che il territorio africano è estremamente complesso. A tal punto che alleanze e guerre intestine allo jihadismo sono diverse rispetto al Medio Oriente. Esistono gruppi di miliziani che combattono senza una preciso connotato ideologico ma si uniscono alle grandi sigle del terrore perché l’affiliazione permette loro di ricevere un maggiore prestigio, ma anche protezione internazionale.

L’islamismo si sta radicando, ma con esso anche le diverse visioni che hanno i gruppi terroristi sul ruolo dell’utilizzo della violenza. Al Qaeda e Daesh, ad esempio, hanno una connotazione molto diversa sotto il profilo strategico. Esistono poi formazioni violente endemiche come Al Shabaab nel Corno d’Africa e Boko Haram in Nigeria che, pur con alcune affiliazioni alle grandi organizzazioni terroriste, si muovono su binari autonomi e difficilmente catalogabili. E anche le diverse aree, le differenti culture, i diversi livelli di presenza dello Stato caratterizzano, su base regionale, i vari terrorismi.

Al Qaeda, ad esempio, ha una sua succursale nel Magreb, Aqim, che è particolarmente importante, per quanto se ne parli poco. Lo Stato islamico ha una sua provincia in Africa occidentale a cui si è unito Boko Haram, uno dei più violenti e pericolosi gruppi jihadisti che insanguinano da anni la Nigeria e i Paesi limitrofi. Un’organizzazione che nata nel 2002 per imporre la sharia in un’area specifica della Nigeria, è diventata nel tempo una vera e propria potenza terrorista che destabilizza l’intera regione. E queste due organizzazioni hanno spesso unito le loro forze.

Dall’altra parte dell’Africa, nella parte orientale, Isis combatte con Al Shabaab per il controllo della Somalia. Uno scontro che nasce anche dal fatto che nel 2012 il gruppo terrorista aveva aderito ad Al Qaeda. Come spiegato da Giampaolo Cadalanu su Repubblica, Daesh ha iniziato una campagna di reclutamento in tutto il territorio di Al Shabaab, creando non pochi problemi all’organizzazione.

A quel punto, “la leadership Shabaab ha serrato i ranghi, minacciando l’espulsione o la morte per chi sceglie l’organizzazione rivale. L’Amniyat, la forza di sicurezza interna degli Shabaab, ha messo in pratica la minaccia con diversi comandanti e miliziani”. Tanto è vero che, spiega ancora Repubblica, “la newsletter del sedicente Stato Islamico, Al Naba, minacciava rappresaglie contro gli Shabaab, accusandoli di aver cominciato una campagna fratricida per sradicare la presenza dell’Isis dal Corno d’Africa, spazzando via il progetto di un Wilayat (cioè una provincia del Califfato) in Somalia”.

In tutto questo caos del terrore, naturalmente giocano un ruolo fondamentale le varie potenze che hanno messo gli occhi sull’Africa. Cina, Russia, Stati Uniti, Paesi europei, ma anche le monarchie del Golfo e la Turchia, hanno da tempo attivato le proprie forze per prendere il controllo dei diversi Stati africani.

E il terrorismo è spesso utilizzato come arma o di dissuasione nei confronti dei nemici o come vera e propria arma offensiva. Un esempio arriva proprio dalla Somalia, dove gli attentati di Mogadiscio sono arrivati in un momento in cui Turchia ed Emirati Arabi Uniti lottavano in maniera anche abbastanza feroce per avere il sopravvento sui governi locali e nazionali.

Un terrorismo violento, subdolo ed in espansione, che rappresenta un pericolo anche per l’Europa. In Libia, lo jihadismo è un problema che ancora non è stato risolto. Al Qaeda nel Magreb estende le sue ramificazioni. E le rotte dei migranti aiutano il trasferimento di jihadisti e potenziali jihadisti nel cuore del nostro continente.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » dom dic 16, 2018 10:40 am

Nigeria. Il nuovo corso di Boko Haram: «Uccidete e rapite solo i cristiani»
LeoneGrotti
11 dicembre 2018

https://www.tempi.it/nigeria-il-nuovo-c ... -cristiani

Da quando i terroristi islamici hanno giurato fedeltà all’Isis, non attaccano più in modo indiscriminato i musulmani. Le tappe della svolta ideologica

Boko Haram è cambiato. È feroce come prima, compie attentati e massacri come prima, opprime la Nigeria nel nome della purezza islamica come prima. Eppure è diverso. Da quando nel 2015 Abubakar Shekau, il leader del gruppo terroristico succeduto al fondatore Mohammed Yusuf, ha giurato fedeltà allo Stato islamico, Boko Haram si chiama ufficialmente Iswap, Stato islamico nella provincia dell’Africa occidentale. Nel 2016 Shekau è stato sostituito al potere da Abu Musab al-Barnawi, che ha cambiato politica e strategia degli islamisti.

COLPIRE SOLO I CRISTIANI

Come fa notare il docente della Georgetown University Jacob Zenn, in un’analisi pubblicata dal portale African Arguments, «sotto Shekau, Boko Haram dichiarava frequentemente “infedeli” anche quei musulmani che vedeva come obiettivi legittimi di attacchi mortali. Il gruppo ha rapito centinaia di ragazze islamiche e le ha rese schiave. Questo duro trattamento dei musulmani viola gli ordini dello Stato islamico. Al-Barnawi e i suoi alleati hanno preso le distanze da Shekau e dal 2016 hanno generalmente rispettato il comando teologico di non uccidere i musulmani nelle scuole e nei mercati».

Anche l’Iswap considera una colpa punibile con la morte «lavorare per il governo o per una Ong internazionale o recarsi a votare», ma l’obiettivo del nuovo Boko Haram sono i cristiani. «Al-Barnawi ha seguito la direttiva di rendere schiave solo le ragazze cristiane», continua Zenn nella sua analisi. «Ecco perché, quando l’Iswap ha rapito 100 studentesse a Dapchi, le ha liberate tutte tranne una ragazza cristiana (Leah Sharibu, ndr). A inizio anno, inoltre, ha rapito una volontaria cristiana dell’Unicef e ha ucciso due giovani musulmane della Icrc solo perché avevano collaborato con una Ong “cristiana”».

SVOLTA IDEOLOGICA

La svolta ideologica di Boko Haram non è una buona notizia per la Nigeria. I terroristi islamici, infatti, hanno continuato ad attaccare città e caserme dell’esercito. Negli ultimi mesi, inoltre, la fazione di Shekau, che si era allontanato dall’Iswap dopo essere stato scalzato dalla leadership e che aveva fondato un nuovo esercito di circa mille uomini, ha stretto un accordo con l’Iswap per porre fine alla guerra fratricida che negli ultimi mesi ha fatto oltre 400 vittime tra i combattenti delle diverse fazioni terroristiche.

A novembre Shekau, che è stato dato per morto almeno una decina di volte, ha pubblicato un nuovo filmato mostrando come lui e i suoi uomini applicano la sharia all’interno di una caserma dell’esercito appena conquistata nello Stato di Borno. Se i gruppi dei leader Shekau e Al-Barnawi si riunissero di nuovo, Boko Haram potrebbe diventare ancora più violento e letale nei suoi attacchi. Nel frattempo, la parola d’ordine resta una: colpire solo i cristiani.


Alberto Pento
Speriamo che la nuova legge di Trump a difesa dei cristiani perseguitati del mondo, dia i suoi frutti e gli USA aiutino i cristiani della Nigeria.



Trump firma una legge in difesa dei cristiani perseguitati
Giuseppe Aloisi - Gio, 13/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 16070.html

Donald Trump ha firmato una legge che obbliga gli Stati Uniti a difendere i cristiani perseguitati e a combattere le violenze dei fondamentalisti

Il governo degli Stati Uniti, per stretto volere di Donald Trump, ha voluto sottoscrivere un obbligo legislativo: tutelare i cristiani perseguitati dai fondamentalisti islamici.

Gli scenari coperti sono, almeno fino a questo momento, quelli della Siria e dell'Iraq. La legge firmata dal tycoon estende l'impegno a una concreta lotta da portare avanti contro chi usa prendere di mira tanto la minoranza cristiana quanto quella degli yazidi.

L'atto, nello specifico, è intitolato "Iraq and Syria Genocide Relief and Accountability Act (HR390)" e definisce "genocidio" quello subito dalle popolazioni citate. Donald Trump, insomma, continua a promulgare leggi in linea con i desiderata dei conservatori, che non disdegnano mai di plaudire al presidente. Va detto, tuttavia, che il provvedimento in questione è stato approvato attraverso un consenso unanime dei due rami parlamentari.

Prima The Donald ha promosso tutta una serie di leggi pro life. Adesso l'attenzione sembra essere stata spostata sulle violenze che chi confessa la fede cristiana è costretto a subire. Commenti positivi sono arrivati pure dal mondo ecclesiastico. La principale novità adottata, come spiegato da Vatican Insider, riguarda le fonti da cui potrà provenire ausilio concreto: "Non ci affideremo più solo alle Nazioni Unite per aiutare i cristiani perseguitati e le minoranze - aveva detto il vicepresidente Mike Pence, annunciando che gli Stati Uniti avrebbero preso misure autonome in materia di aiuti - ". Da un punto di vista giuridico, vale la pena sottolineare l'equiparazione tra i "crimini" e il "genocidio" cui andranno incontro i responsabili dei comportamenti contestati.

Alla cerimonia organizzata per la firma hanno partecipato pure Carl Anderson, che è il vertice dei Cavalieri di Colombo, e l'ambasciatrice degli Stati Uniti in Vaticano. Ma qual è la posizione della Santa Sede? I palazzi vaticani appoggeranno la mossa del tycoon? La Sir ha messo in evidenza come il cardinal Sako, che è divenuto porporato attraverso l'ultimo Concistoro, abbia domandato di non dimenticare le atrocità messe in atto contro i musulmani e le persone appartenenti ad altre confessioni.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » mar dic 18, 2018 10:33 am

'Per ogni nero uccideremo cinque bianchi' – bufera su andile mngxitama,
“PER OGNI NERO UCCIDEREMO CINQUE BIANCHI” – BUFERA SU ANDILE MNGXITAMA, LEADER SUDAFRICANO DEL PARTITO "BLACK FIRST LAND FIRST" (BLF), CHE DURANTE UN COMIZIO HA INCITATO ALLA VIOLENZA, CHIEDENDO AI PRESENTI DI AMMAZZARE PER VENDETTA: “UCCIDEREMO LE LORO DONNE, UCCIDEREMO I LORO FIGLI, UCCIDEREMO I LORO CANI” – LE SUE PAROLE METTONO IL PARTITO NEI GUAI VISTO CHE… (VIDEO)
13.12.2018

http://m.dagospia.com/per-ogni-nero-ucc ... ama-190376

Andile Mngxitama, leader del partito Black First Land First (BLF), ha chiesto di uccidere i bianchi come risposta a potenziali violenze sulle persone di colore. Durante un comizio a Potchefstroom, vicino a Johannesburg, il leader ha invitato la gente ad ammazzare: «Per ogni nero uccideremo cinque bianchi.

Uccidi uno di noi, uccideremo cinque di voi. Uccideremo le loro donne, uccideremo i loro figli, uccideremo i loro cani, uccideremo i loro gatti, uccideremo qualsiasi cosa si metta sulla nostra strada».

Le sue parole hanno suscitato sdegno, ma Mngxitama ha affermato che quei commenti erano stati estrapolati dal contesto e che stava rispondendo ai commenti fatti di recente dal miliardario Johann Rupert sull'industria dei taxi.

Una giustificazione che si è rivelata inutile, vista la denuncia presentata alla Commissione elettorale: se verrà giudicato colpevole di incitamento all'odio o alla violenza, il partito di Mngxitama potrebbe essere depennato dal registro dei partiti politici.

Mngxitama è un rivoluzionario marxista che si oppone al capitalismo e in passato era stato accusato di razzismo innumerevoli volte.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » sab gen 12, 2019 5:49 am

"Studenti neri separati dai bianchi". Bufera sulle scuole sudafricane
Gerry Freda - Ven, 11/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/stu ... 27314.html

I parlamentari della sinistra hanno subito esortato le autorità governative e la magistratura a disporre la “rimozione immediata” ai danni dei dirigenti e degli insegnanti indiziati di “praticare la segregazione negli istituti del Paese”

In Sudafrica non si placano le polemiche incentrate su un presunto “ritorno dell’apartheid” all’interno delle scuole nazionali.

In questi giorni, infatti, diverse inchieste giornalistiche hanno denunciato l’istituzione, da parte di alcune strutture didattiche, di “classi separate” per studenti bianchi e neri. L’ultima struttura a venire accusata di “segregazione” è stata la scuola materna Schweizer-Reneke, situata nel Nordovest del Paese. Questa è stata ultimamente oggetto di un reportage condotto dai giornalisti del portale di informazione TimesLIVE.

Alcune foto scattate dagli inviati del sito web all’interno del complesso educativo immortalano infatti i bambini neri “separati” dai loro compagni bianchi. Nelle immagini in questione, gli iscritti di colore appaiono tutti raggruppati in aule diverse da quelle occupate dai bimbi bianchi. Secondo le testimonianze rese dai reporter, i minori non appartenenti alla comunità afrikaner sarebbero stati “messi da parte” per “precisa volontà della dirigenza dell’istituto”. La pubblicazione delle foto ha, di conseguenza, alimentato l’indignazione degli attivisti neri per l’attuale condizione del sistema educativo sudafricano, giudicato da costoro “sempre più contaminato dal razzismo”. Le feroci polemiche suscitate dalle immagini diffuse da TimesLIVE hanno quindi indotto l’esecutivo della provincia in cui si trova la struttura incriminata a ordinare un’“ispezione” all’interno dei locali di quest’ultima.

Il reportage realizzato dal portale web ha anche innescato un dibattito parlamentare sul pericolo di un “ritorno dell’apartheid”. I deputati del partito di sinistra Economic Freedom Fighters hanno infatti esortato il ministro dell’Istruzione a riferire davanti all’assemblea riguardo alle “contromisure” ideate dall’esecutivo Ramaphosa al fine di “arrestare il dilagare di iniziative palesemente razziste all’interno dei complessi scolastici sudafricani”. Gli esponenti di tale partito hanno quindi sollecitato le autorità governative e la magistratura affinché venga disposta la “rimozione immediata” ai danni dei dirigenti e degli insegnanti indiziati di “praticare la segregazione negli istituti del Paese”.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » sab gen 26, 2019 9:33 pm

Sudafrica, vietata negli atenei pubblici lingua della comunità bianca
Gerry Freda - Sab, 26/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/sud ... 34628.html

Il divieto dell’afrikaans all’interno dei corsi di studio universitari è stato subito bollato dalle associazioni per i diritti della comunità bianca sudafricana come “razzista e disonesto”

In Sudafrica si stanno scatenando forti polemiche a causa della progressiva attuazione, da parte delle autorità, di un vero e proprio “boicottaggio” dell’afrikaans, la lingua parlata dalla minoranza bianca del Paese.

Diverse università pubbliche hanno infatti di recente, dietro sollecitazione del ministro dell’Educazione superiore Naledi Pandor, “vietato”, nell’ambito dei propri corsi di studio, l’utilizzo dell’idioma parlato dai discendenti dei boeri. Gli ultimi atenei statali che hanno escluso l’afrikaans dal novero delle proprie lingue ufficiali sono l’università di Pretoria e quella di Stellenbosch.

Le istituzioni didattiche promotrici di tale “boicottaggio” hanno giustificato quest’ultimo bollando l’idioma della minoranza bianca come la “lingua dell’apartheid”. Esse hanno inoltre presentato la loro decisione come rientrante in una strategia, promossa direttamente dall’esecutivo Ramaphosa, volta a rendere il contesto educativo nazionale “pienamente sudafricano”. Ad avviso dei responsabili degli atenei nonché del ministro Pandor, idiomi quali “l’inglese, lo zulu, lo xhosa, lo tswana e il sotho del sud” presenterebbero “maggiore attinenza” con la storia del Paese rispetto a una “parlata minoritaria” come l’afrikaans.

Il divieto di quest’ultimo all’interno dei corsi di studio universitari è stato subito bollato dalle associazioni per i diritti della comunità di origini europee come “razzista e disonesto”. Ad esempio, l’ong AfriForum ha accusato le istituzioni didattiche statali e il governo di Pretoria di condurre una campagna “palesemente discriminatoria” e diretta a “cancellare dal Sudafrica ogni traccia della lingua e della cultura dei pionieri boeri”. Malumori per l’iniziativa promossa dal ministro Pandor sono stati espressi anche da altri esponenti dell’esecutivo Ramaphosa. Tito Mboweni, titolare del dicastero delle Finanze, ha infatti etichettato il “boicottaggio anti-afrikaans” come una “dichiarazione di guerra nei confronti di una comunità importante del nostro Paese”.


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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » ven feb 08, 2019 10:18 am

Sudafrica, assalto armato: mamma difende figli da gang di neri
https://www.facebook.com/RTnews/videos/538784026604559
La situazione in Sudafrica è questa, con i bianchi rimasti prigionieri nelle loro case. Ricorda qualcosa?
La madre coraggiosa tiene il suo bambino mentre cerca di respingere gli uomini armati armati di fucili d'assalto che cercano di entrare nella sua proprietà a Pinetown, Sud Africa
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