Pensa prima alla tua gente che agli africani e all'Africa

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Messaggioda Berto » lun ago 13, 2018 6:31 am

Gli africani si debbono arrangiare, nessun aiuto e nessuna accoglienza. Che facciano meno figli. Non esiste nessun sfruttamento e nessuna neo colonizzazione bianca europea e occidentale che sono invenzioni dei catto-sinistri. In Africa hanno già cacciato quasi tutti i bianchi e in Sudafrica li stanno sterminando. L'Africa è il continente più razzista della terra. Buona parte della miseria africana è dovuta al loro tribalismo, alle loro idolatrie, alla loro quota storica di incultura e inciviltà, al nazismo maomettano che genera sottosviluppo, conflitti, guerre e stermini in mezzo continente. Poi l'Italia con il debito pubblico più alto del mondo, con i milioni di poveri, i milioni di disoccupati, i milioni di giovani che non riesccono a farsi una casa, una famiglia e ad avere dei figli, non ha le risorse finanziarie ed economiche per aiutare nessuno.
Sottrarre risorse al pagamento del debito e alle necessità dei cittadini italiani bisognosi, per darle agli africani è semplicemente e palesemente una demenzialità e un crimine.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer ott 17, 2018 9:35 pm

Gli negano l'asilo politico, ventiduenne del Gambia si toglie la vita
17 ottobre 2018

https://www.ilmessaggero.it/italia/asil ... nhbym-e7fo

Una immagine di Amadou Jawo tratta dal suo profilo Facebook. Amadou Jawo, un 22enne del Gambia che da due anni viveva in Italia, si è tolto la vita, impiccandosi al cornicione della casa a Castellaneta Marina dove viveva con altri connazionali

Doveva tornare nel suo paese di origine perchè gli avevano negato l'asilo politico e si sentiva un fallito. Sarebbe stata questa la molla che ha spinto Amadou Jawo, un 22enne del Gambia che da due anni risiedeva in Italia, a togliersi la vita impiccandosi al cornicione del terrazzo dell'abitazione che condivideva con alcuni connazionali, a Castellaneta Marina. Il gesto risale a lunedì scorso: a darne notizia è l'associazione Babele, che ha avviato una raccolta fondi per il rimpatrio della salma.

Fonti del Viminale spiegano che Amadou aveva un permesso di soggiorno con scadenza a marzo 2019 e viveva con alcuni connazionali. In Italia aveva chiesto lo status di rifugiato: gli era stato respinto il 7 dicembre 2016, ma lui aveva fatto ricorso e lo scorso 12 ottobre il giudice si era riservato riservato la decisione. Non era dunque detta ancora l'ultima parola. Riguardo ai motivi del gesto, le stesse fonti dicono che i suoi compagni, sentiti dai carabinieri, «hanno imputato il gesto a uno stato depressivo. Secondo gli inquirenti il 22enne aveva anche manifestato l'intenzione di tornare in Gambia, usufruendo dei rimpatri assistiti».

«Amadou - racconta una attivista di Babele - a 22 anni ha scelto di uccidersi. Aveva avuto un diniego. Qui in Italia, per la legge, non poteva più starci. Finisce così la storia di un ragazzo come tanti, su cui violenze ed anni di stenti avevano prodotto un dolore sordo, mai affrontato. Ora riportiamo la sua salma nel suo villaggio in Gambia». Il 22enne era stato prima in una struttura di accoglienza nel leccese e poi si era trasferito a Castellaneta Marina, dove svolgeva lavori saltuari. Dopo che gli era stato negato lo status di rifugiato «non riusciva a darsi pace». Due giorni fa, infine, il giovane è salito sul terrazzo dell'abitazione in cui viveva con altri ragazzi, si è legato una corda al collo e poi si è lasciato cadere.

A nulla sono serviti i tentativi di rianimazione da parte del 118. «Riportiamo la sua salma nel suo villaggio in Gambia», è l'appello dell'associazione Babele, che ha acceso un conto corrente e sta raccogliendo donazioni con appelli diffusi anche tramite i social network. «Servono in pochi giorni - viene spiegato - circa 5mila euro per pagare l'agenzia funebre che si occupa dello spostamento. Il sogno di Amadou era tornare in Africa. Realizziamo insieme il suo ultimo desiderio». Nei giorni scorsi, c'erano state tensioni a Foggia, nelle campagne di Borgo Mezzanone, dove circa 50 migranti, secondo la denuncia dei sindacati di Polizia, per impedire l'arresto di un gambiano, avrebbero colpito due agenti, costringendoli a medicarsi in ospedale le ferite giudicate guaribili in 15 e 30 giorni. Lo straniero aveva chiesto asilo politico all'Italia.



Alberto Pento
Che serva di monito e di lezione a tanti africani che credono di poter fare i furbi e venire in Italia e in Europa a vivere alle nostre spese.
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Messaggioda Berto » dom nov 25, 2018 4:53 am

"Silvia va elogiata. Ma se vuoi andare nella savana...". Feltri, la durissima verità sull'italiana rapita in Kenya
24 Novembre 2018
Vittorio Feltri
https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... K6G8l1ObqY

Siamo tutti ansiosi di sapere se Silvia Costanza Romano tornerà presto tra noi. È stata, come noto, rapita da delinquenti di dubbia origine, mentre svolgeva una attività benefica nei confronti degli africani del Kenya, ed ora si ignora in quali mani sia finita. Ci auguriamo non le sia fatto alcun male.

Gli italiani in blocco sono dispiaciuti che una brava ragazza di 23 anni, desiderosa di rendersi utile agli indigeni, aiutandoli a superare i disagi della miseria e dell'ignoranza, anziché essere premiata debba subire il torto di un sequestro. Non abbiamo dubbi: i nostri cittadini sono pronti a qualsiasi sacrificio pur di salvarla. Non si può abbandonare Silvia in un momento tanto tragico per lei, la quale in verde età ha lasciato la sua città allo scopo di soccorrere i disgraziati del continente nero, rinunciando alle comodità di casa. Il suo spirito umanitario va elogiato. Ciò detto però occorre proporre un ragionamento approfondito, benché possa apparire cinico.

È encomiabile dedicarsi al bene, tuttavia quando si parte dalla patria per recarsi nella savana bisogna sapere a quali rischi si va incontro. Pericoli che solo una persona incosciente affronta a cuor leggero. Su questo punto, evidentemente, Silvia non ha riflettuto. Ha riempito le valigie e si è messa in viaggio nella convinzione di fare cosa buona e giusta. È l'errore che ella ha commesso: pensare di trovare da quelle parti un'ottima accoglienza e di poter offrire agli abitanti la propria entusiastica solidarietà umana. Non ha preso in considerazione gli incidenti che le sarebbero potuti accadere. Li ha trascurati, e ne è rimasta vittima.

Non è la prima volta che alcune fanciulle, animate dal desiderio di soccorrere le popolazioni dei luoghi più sfigati, si lasciano alle spalle la propria nazione onde raggiungere territori dove la gente campa male e necessita di sostegni. Ma costoro spesso hanno dovuto poi fare i conti con le difficoltà locali: banditi, terroristi, islamici invasati. I quali puntano a raccattare denaro in qualsiasi modo, perfino quello di incatenare benefattori conclamati ben sapendo di ottenere agevolmente i soldi del riscatto. Episodi di tale tipo non si contano: ricordo le Vispe Terese in Iraq e molte altre. Per farcele restituire dai criminali siamo stati costretti a sborsare montagne di quattrini. Naturalmente lo Stato ha sempre negato di aver sganciato milioni al fine di riconsegnarle ai loro famigliari, ciononostante è ovvio che il prezzo delle operazioni relative è stato sborsato dalla comunità. Il che dimostra: è da cretini andare in giro per il mondo a imitare il Samaritano caricandone poi le spese sulla collettività.

Se le nostre giovanette piene di sacro fuoco vanno per il globo a spargere amore a vantaggio dei miserabili, noi siamo orgogliosi di loro, ma lo saremmo di più qualora esse, in caso di rapimento assai probabile, non ci obbligassero ad attingere al portafogli. Anche perché l'Italia è piena di indigenti meritevoli di non essere snobbati. Chi vuole fare beneficenza è ricco di materia su cui esercitarsi, e non corre l'obbligo di trasferirsi in Africa per dimostrare la propria vicinanza al prossimo.
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Messaggioda Berto » mar dic 18, 2018 2:23 am

Una nuova legge per migranti. In Toscana avranno cibo e casa
Federico Garau - Ven, 14/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 16679.html

Polemiche in Toscana per quanto annunciato dal presidente Enrico Rossi: in arrivo a Natale una legge per continuare a garantire assistenza agli stranieri, anche irregolari. Rabbia del capogruppo di Forza Italia, Maurizio Marchetti: “A Natale siamo tutti più buoni, Rossi è più buonista”

È bagarre in Toscana, dopo le ultime dichiarazioni del presidente Enrico Rossi. Durante il “Meeting per i diritti umani” al Mandela Forum (Firenze), il governatore ha infatti illustrato come la Regione stia attualmente preparando una legge per continuare ad elargire agli extracomunitari (regolari e non) tutti i servizi considerati necessari.

Un ulteriore aiuto verrà inoltre fornito a tutte quelle onlus e cooperative che si occupano di assistere i migranti.

Del resto le idee di Rossi sul tema integrazione sono note da tempo: “Non vogliamo buttare per strada nessuno. Chi sta in Toscana, anche se non ha la cittadinanza, è comunque una persona”.

Detto fatto, dunque. Ed il programma è chiaro. “Dobbiamo farci carico dell’assistenza sanitaria essenziale. Di un tetto, un posto per ricoverarsi. Ma anche di una minestra calda e dell’istruzione”, spiega il presidente della Regione, come riporta ToscanaOggi.

Una legge che, oltre a sostenere i cittadini stranieri, sembra voler lanciare un autentico messaggio di sfida al vicepremier Matteo Salvini. “Un messaggio chiaro, ovvero proteggere coloro che si adopereranno per assistere, curare e si fanno carico di migliaia di persone che ora rischiano, dall’oggi al domani, di trovarsi senza un punto di riferimento. Lavoriamo su questo insieme alle associazioni, anche con quelle religiose, e spero si possa aprire un dialogo con la Chiesa”.

Le parole di Rossi, tuttavia, non sono piaciute proprio a tutti. Ed uno dei tanti a rispondere piccato è il capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, Maurizio Marchetti, che nel suo attacco non si risparmia nulla. “Gli immigrati? Per Rossi sono solo nuovi schiavi da usare nelle piantagioni del consenso elettorale. Lo ha dimostrato nella campagna elettorale per le regionali del 2015 con la foto insieme ai rom vicini di casa.”, afferma su “Il Secolo d’Italia”, per poi chiosare: “Il Natale di Rossi è differente: in generale siamo tutti più buoni, lui è più buonista”.

Le origini della rabbia di Marchetti sono da ricercarsi soprattutto in certe decisioni prese dal consiglio regionale, considerate dannose per i cittadini italiani. “La maggioranza di sinistra ha varato una legge sulle case popolari che è la negazione del diritto a un tetto. Di fatto terrà le persone senza alloggio in emergenza perpetua, soggette a una discrezionalità fino al 40% del sindaco di turno nelle assegnazioni. Chi ha diritto a una casa viene tenuto in un pugno che lo stritola, e intanto Rossi dice che gli irregolari potranno contare su una legge speciale? Vogliamo proprio vedere”. Ma non finisce qui. “Stamani ho lavorato sulle liste d’attesa in sanità nella Asl Toscana Nord Ovest, trovando nel report mensile prestazioni di fatto inaccessibili. Attese oltre l’anno per certe indagini diagnostiche, anche per cittadini con prescrizione in classe ‘Breve’ che dovrebbero per legge averne diritto entro 10 giorni. E gli immigrati clandestini potranno invece contare su una corsia preferenziale grazie a una legge speciale made in Rossi? Vogliamo proprio vedere”.

La battaglia è aperta, ma il presidente della Regione tira dritto. E per quanto riguarda la tanto discussa legge dichiara: “La faremo prima di Natale. Affermare l’idea dell’inclusione a Natale mi pare un messaggio importante”.


Toscana, entro Natale legge contro il dl Salvini. Rossi: "Migranti sono persone e hanno diritto a salute, casa e istruzione"
di Giacomo Salvini | 16 dicembre 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/1 ... ne/4838526

Una legge regionale per neutralizzare gli effetti del decreto Sicurezza. E’ questa l’idea del Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che “entro Natale” presenterà in giunta una proposta di legge per tutelare i migranti (regolari e non) dopo l’entrata in vigore del decreto legge che prevede una stretta sull’immigrazione e sulla protezione internazionale dei nuovi sbarcati.

Nel testo ad hoc che sarà varato dalla giunta regionale prima delle vacanze natalizie, il principio chiave sarà quello di garantire ai migranti l’assistenza sanitaria, sociale, abitativa e il diritto all’istruzione. “Presenteremo questa legge perché non vogliamo buttare per strada nessuno – ha annunciato il governatore Rossi – chi sta in Toscana, anche se non ha la cittadinanza è comunque una persona e, per principio, ha diritto all’assistenza, alla salute e all’istruzione, chiunque sia”.

L’idea, ovviamente, non è piaciuta per niente alla Lega Toscana che in primavera proverà a conquistare Firenze, Prato e Livorno dopo la presa di Pisa, Siena e Massa e nel 2020 la Regione. “Quella di Rossi è una mossa elettorale – attacca parlando con IlFattoQuotidiano.it il deputato del Carroccio e sindaco-ombra di Pisa, Edoardo Ziello –, un governatore non dovrebbe opporsi a una norma approvata per il bene degli italiani dal governo centrale: il governatore dovrebbe farsene una ragione e applicare la legge”.

Cosa prevede la nuova legge – Chi sta lavorando alla bozza del testo assicura che non sarà solo una proposta di legge simbolica per contrapporsi alle misure leghiste in materia di immigrazione. Uno degli effetti maggiori del dl Sicurezza potrebbe essere quello di aumentare gli immigrati irregolari sul territorio toscano come effetto della cancellazione della protezione umanitaria: secondo le stime della Regione, dei 10mila migranti ospitati tra Cas e Sprar, potrebbero essere 4.500 i “nuovi” irregolari a cui saranno tolti alcuni diritti fondamentali.

Inoltre, il decreto fortemente voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini prevede l’abolizione dei corsi di italiano nei Cas e dell’assistenza legale. Così l’idea della giunta Rossi è proprio quella di garantire l’assistenza sanitaria, abitativa e di istruzione ai migranti rimpiazzando i tagli del governo con fondi regionali. Per questo è in corso un continuo dialogo tra Regione e mondo delle associazioni, parrocchie, volontariato, enti locali e scuole per stipulare accordi che possano permettere di tutelare i migranti.

“Non possiamo lasciare migliaia di persone in strada” – “Con il decreto Sicurezza ci ritroveremo con molte persone che usciranno dal sistema di accoglienza ed entreranno in clandestinità – spiega al Fatto.it l’assessore regionale all’Immigrazione Vittorio Bugli – e noi non possiamo avere migliaia di persone in strada senza un tetto, un pezzo di pane o un’assistenza sanitaria degna di questo nome. Così abbiamo pensato di attivare un dialogo con associazioni, parrocchie ed enti locali per continuare a fare politiche di integrazione. La Toscana non può prescindere da questo principio”. La norma potrebbe essere già varata lunedì in giunta regionale e poi passare al Consiglio che la dovrebbe discutere con l’anno nuovo.

Non è la prima volta che la Regione Toscana si oppone ad una legge del governo nazionale in materia di migranti: già nel 2010, la giunta regionale varò una norma che garantiva servizi sociali e sanitari a tutti i migranti (regolari e irregolari). Il governo Berlusconi fece ricorso alla Corte Costituzionale che però lo dichiarò inammissibile, facendo esultare il governatore della Toscana. Oggi, questa prospettiva potrebbe ripetersi per la seconda volta, anche se con un governo non di centrodestra.

Lega: “Rossi fa campagna elettorale” – La legge regionale che sarà proposta dalla giunta Rossi troverà il parere contrario soprattutto della Lega Toscana che da gennaio punterà tutta la campagna elettorale per le amministrative proprio sul tema dei migranti e della sicurezza nelle città. “Non è vero che il decreto Sicurezza crea più clandestini – ribatte alle stime della Regione il deputato Ziello –, non è retroattivo e non va a colpire persone che si trovano già all’interno di un percorso di integrazione. Quindi la mossa di Rossi è solo politica: il governatore si è sempre caratterizzato per le sue politiche di accoglienza spinta, dal sostegno a Don Biancalani al suo rapporto con i nomadi”. “E poi – conclude Ziello – mi dispiace che vengano buttate via queste risorse quando la Regione potrebbe impegnarle per le imprese toscane, per progetti sociali per gli italiani o per tagliare le liste di attesa negli ospedali”. La campagna elettorale in Toscana è già iniziata.
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Messaggioda Berto » mer gen 09, 2019 4:08 am

https://www.facebook.com/renata.golin.9 ... 7001147219

7 gennaio alle ore 20:06

SE FOSSE TUO FIGLIO...

Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.

Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.

Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d'acqua salata.

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
uccideresti il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
odieresti il mondo, odieresti i porti
pieni di navi attraccate.
Odieresti chi le tiene ferme e lontane
da chi, nel frattempo
sostituisce le urla
con acqua di mare.

Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti,
vorresti spaccargli la faccia,
annegarli tutti nello stesso mare.

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio.

È solo un figlio dell'umanità perduta,
dell'umanità sporca, che non fa rumore.

Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.

Sergio Guttilla

https://www.facebook.com/filippo.impell ... 2740464088


Alberto Pento
Non mi tocca minimamente.
Infatti non è mio figlio e sto tranquillo, più che tranquillo perché non ho alcuna responsabilità, non gli devo niente ma proprio niente, assolutamente niente e ho altro, molto altro a cui pensare e da fare che mi prende, che richiede tutta la mia attenzione e ogni mia risorsa e sono i miei figli, la mia famiglia, la mia gente, i miei concittadini, il mio paese che hanno tanto bisogno.
È suo padre e sua madre, la sua famiglia e la sua comunità, il suo paese e il suo stato che si debbono preoccupare di lui, non certo io, non certo noi che non l'abbiamo messo al Mondo, che si arrangino, non sono io, non siamo noi i responsabili del Mondo intero, ognuno è responsabile solo di quello che gli compete e non di altro ed è già tanto, molto e non vi è posto e risorsa per altro.
Solo i presuntuosi, i dementi, i falsi e i criminali manipolatori dei valori, dei doveri e dei diritti umani si vogliono e ti vogliono responsabilie anche di questo. E guarda caso sono proprio quelli che negano a te, ai tuoi figli, alla tua famiglia, alla tua comunità e al tuo paese i diritti umani e civili alla libertà e alla sovranità e che ti vorrebbero espropriare di tutto e ridurre in schiavitù attraverso questa falsa responsabilità e questa ignobile manipolata solidarietà.
Qualche eccezione si potrebbe fare solo per i cristiani e egli ebrei perseguitati dai nazi maomettani ma nessuna per costoro, proprio nessuna per i nazi maomettani che se te li porti in casa poi potrebbero anche cacciarti, perseguitarti e ucciderti.
Amen!



All'area arabo islamica del nazismo maomettano d'Africa e d'Asia, noi europei, occidentali, atei, aidoli, ebrei e cristiani non dobbiamo nulla, anzi
viewtopic.php?f=188&t=2674

Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
viewtopic.php?f=194&t=2624
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Messaggioda Berto » gio feb 28, 2019 7:28 pm

Treviso, i sei figli profughi di Nicoletta: «Sono un’iniezione di forza»
di Silvia Madiotto

https://corrieredelveneto.corriere.it/t ... aae1.shtml

TREVISO C’è una storia, tra le pagine, che parla di integrazione e solidarietà nate da dolore e paura, oggi così vicine e partite da così lontano. Ma anche, con aneddoti di quotidiana semplicità, di cosa significa aprire le porte di casa, da un giorno all’altro, a sei figli africani arrivati dal mare. Accoglierli nelle stanze accanto a quattro figli già grandi e due genitori che si sono battuti per la dignità di chi, povero e affamato, cerca una famiglia prima ancora che un tetto. Ragazzi con la pelle scura e il cuore grande che dopo pochi mesi di convivenza già hanno preso il cognome del papà italiano: «Io sono Saeed Calò».

La (grande) famiglia Calò

Diario di mamma

Il desiderio di scrivere di Nicoletta Ferrara è nato dal bisogno di non dimenticare ed è appena diventato un libro: «A casa nostra. I nuovi ragazzi della famiglia Calò», edito da Emi, Editrice missionaria italiana, con la prefazione di padre Alex Zanotelli. È l’intimo e sincero diario di mamma Nicoletta, maestra di scuola elementare e moglie del professore simbolo dell’apertura dei porti, Antonio Silvio Calò. Non voleva perdere nemmeno un minuto, una frase, un ricordo degli ultimi tre anni e mezzo trascorsi sotto i riflettori (e le polemiche) e in una cucina improvvisamente affollata. Lunghi mesi di risate e abbracci, di naufraghi smarriti e ritrovati che ti chiamano mamma, ma anche di burocrazia e diffidenza, della difficoltà a far procedere le pratiche per il riconoscimento del diritto d’asilo, degli sguardi preoccupati dei vicini, dei commenti rabbiosi sui social network, gesti e parole di disapprovazione.

La copertina del libro

Da Lampedusa alle campagne leghiste

Succede se a Povegliano, nella campagna fuori Treviso, terra di profondo radicamento leghista, in una villetta come tante prende vita un’esperienza extra-ordinaria di gestione di un’emergenza nazionale come quella dell’immigrazione. Tutto è cominciato con la tragedia di Lampedusa, un barcone della speranza affondato spezzando settecento vite. Antonio è tornato a casa arrabbiato, deluso, ferito, «basta, stanno morendo tutti, dobbiamo fare qualcosa». Non avevano molto altro da offrire, così aprirono le porte della loro abitazione. Era il giugno del 2015, la prefettura di Treviso cercava alloggio per i profughi che continuavano a sbarcare e venivano distribuiti ovunque ci fosse un letto a disposizione. I Calò ne trovarono sei, chiedendo di poter ospitare delle ragazze. Invece arrivarono sei maschi, tutti musulmani. Non era così che l’avevano immaginata ma adesso non cambierebbero questa vita con nessun’altra.

Moltiplicazione dei «figli»

I figli da quattro diventano dieci. Andrea, Giovanni, Elena e Francesco si ritrovano sei fratelli che girano per casa e la quotidianità viene sconvolta in una Babele di lingue intrecciate: Ibrahim e Tidjane della Guinea-Bissau, Sahiou e Mohamed del Gambia, e poi i due giovanissimi Saeed, del Ghana e Siaka, della Costa d’Avorio, appena diciottenni. Nell’Italia del Decreto Salvini, fatta di tante forme di intolleranza, il diario della famiglia Calò indica una strada nuova, capitolo dopo capitolo, fatta di fede in Dio e accoglienza (tanto da essere stata premiata dal Consiglio d’Europa): «Abbiamo cominciato a fare spazio, a condividere la tavola con degli estranei, e questo ci ha resi più ricchi, ci ha dato una libertà di cui non potremmo più fare a meno». Momenti difficili ce ne sono stati tanti, inutile nasconderlo, eppure mai dovuti a tensioni all’interno della casa, dove la vita scorre in spazi stretti ma mai sacrificati. E gli stessi vicini, inizialmente dubbiosi, si sono sciolti quando i nuovi figli di Calò si sono rivelati alla comunità con la loro vivacità generosa, disponibili ad aiutare in ogni occasione, al punto che le donne del paese portavano loro cibo e abiti, graditissimi doni e segnali distensivi dopo mesi fatti prevalentemente di domande.

Le testimonianze

Il libro strappa sorrisi, fra torte preferite e caccia ai polli, e qualche brivido di terrore quando i ragazzi parlano delle torture subite in Libia e mostrano sui loro corpi le cicatrici delle frustate. Nicoletta si commuove: «Hanno dimostrato, in ogni occasione, una positività e una fede incredibili, “c’è un Dio dei poveri che pensa a noi, mamma”, mi dicono». Ora i profughi arrivati dal mare lavorano tutti, due hanno ottenuto la protezione umanitaria, per gli altri quattro le pratiche sono in corso: sono ben integrati nella comunità trevigiana, ne rispettano le regole e la cultura, chiedono solo di poter guardare al loro futuro come tutti i coetanei carichi di sogni e aspettative. Mamma e papà Calò da dicembre 2017 vivono a Santa Maria del Sile, nella canonica accanto alla chiesa, e la casa di Povegliano è abitata dai soli ragazzi, quei dieci fratelli così diversi e così affiatati, dividendosi i lavori domestici, indipendenti e autonomi.

Il messaggio

Parla di ognuno di loro il libro di mamma Nicoletta: la presentazione sarà venerdì a Rovereto (Trento), e poi a seguire il 13 marzo a Bolzano, il 22 a Maserada (Treviso) e il 25 a Mestre. Il messaggio che vuole trasmettere è semplice e non ha bisogno di giri di parole: «Non bisogna avere paura del diverso, non dobbiamo cambiarlo ma conoscerlo e imparare a vivere insieme, perché la gioia è nella condivisione. Quello che ci frena è solo la chiusura. Questi ragazzi sono una benedizione per una società asfittica e implosiva come la nostra, un’iniezione di vitalità, forza e coraggio che abbiamo dimenticato, una carica di valori e umanità».

Leggi anche:


Alberto Pento
Un solo caso su milioni di famiglie, e unico a Treviso e provincia. Poi mi pare che non ne abbia adottati nemmeno uno solo ospitati a 35 euro al giorno a testa a spese dei cittadini italiani.

Giovanni Schievano
buttar fango è uno sport che a molti diverte

Alberto Pento
Fatti e non fango.
Un caso innaturale e artefatto montato da certa ideologia politica che manipola e falsifica i valori, i doveri e diritti umani naturali e universali; che viola i diritti umani e civili dei cittadini italiani danneggiandoli economicamente, civilmente e politicamente; un caso incivile che alimenta e incentiva il parassitismo economico e civile incentivando l'immigrazione clandestina; un cattivo esempio (sensatamente non seguito da altri a riprova della sua innaturalezza, artificialità e insensatezza) poiché non si tratta di carità cristiana e di una libera assunzione di responsabilità umana ed economica di un cittadino e della sua famiglia ma dello sfruttamento di risorse pubbliche, con ampia pubblicità a fini di propaganda politica ed elettorale a vantaggio del partito che promuove l'immigrazione-invasione clandestina e a vantaggio del capo famiglia professore di filosofia che come scrivono i giornali verrà candidato alle prossime europee.
Non c'è nulla di buono in questa vicenda, come non vi è nulla di buono in quella di Riace, nelle parole di De Magistris, di Lucano, della Boldrini, di Orlando e di tutta la banda sinistra favorevole a questa demenziale e scriteriata invasione-accoglienza, in un paese che ha milioni di poveri, milioni di dissoccupati, milioni di giovani che non riescono a farsi una famiglia, una casa e dei figli, milioni di cittadini che vivono malamente con basse pensioni, bassi redditi, scarsa assistenza, trascurati e abbandonati.
Una vergogna!





E' di Treviso il cittadino europeo dell’anno: è Antonio Calò
Treviso. Al professore che ospita i profughi a casa sua è giunta la lettera ufficiale della presidenza del Parlamento di Bruxelles
di Fabio Poloni
08 Giugno 2018

https://tribunatreviso.gelocal.it/trevi ... 1.16938545

TREVISO. Quel giorno si era presentato in prefettura con il suo passo silenzioso e discreto. Aveva aspettato il suo turno in sala d’attesa con la testa piena di un progetto che in quel momento vedeva solo lui. «Mi hanno guardato esterrefatti», ha raccontato qualche settimana dopo, quando la proposta che era andato a portare è stata accolta.

Già, la sua proposta: «Se serve aiuto per l’accoglienza, sono disponibile a ospitare un gruppetto di migranti a casa mia, a Povegliano - ha detto quel giorno ai funzionari della prefettura che si stavano occupando dell’emergenza - Ho diverse stanze e la taverna libera. Mi posso attrezzare». Ora Antonio Silvio Calò, 57 anni, è stato nominato “Cittadino europeo dell’anno”. La lettera che glielo ha annunciato, a firma della vicepresidente del Parlamento europeo Sylvie Guillaume, gli è arrivata ieri.

Tre anni esatti sono passati: «Era proprio l’8 giugno 2015 - racconta il professor Calò, docente di storia e filosofia al liceo Canova di Treviso - quando in casa mia sono entrati i sei ospiti». «Portateveli a casa vostra, i profughi»: basta infilarsi in qualsiasi discussione sull’immigrazione e salta fuori sistematicamente chi punta così il dito contro i “buonisti” dell’integrazione. La prima volta che il professor Calò ci ha raccontato di aver aperto le porte di casa sua a sei richiedenti asilo, tre anni fa, non aveva voluto che scrivessimo il suo nome: «Non voglio che si dica che do lezioni di vita. Io voglio solo dare una mano», ci disse. Ora cambia tutto perché nulla è cambiato: «Suonino le trombe per questo premio, speriamo che svegli gli animi. Non lo dico per me ma per il segnale che abbiamo lanciato, qui, dall’Italia».

Già, dall’Italia e da Treviso. Sui social rimbalza il video dell’ennesimo discorso di Giancarlo Gentilini, in un improvvisato comizio per il candidato sindaco Mario Conte, contro «l’invasione nera»: parole che sanno di uno scantinato che non si riesce ad arieggiare. «L’accoglienza è un tema, è ora di capirlo - alza la voce Calò - Rimane, vale sempre, è universale. Sennò torniamo alla barbarie. C’è un venticello pericoloso, offensivo per le persone».

Il premio gli dà un vigore nuovo. «Sono emozionato e felice, non mi vergogno. Non ho mai sfruttato i giornali ma ora li sprono, diamo eco a questo premio che dice una cosa importante: l’Italia è anche questo, non solo quello che si è sentito in campagna elettorale. Ringrazio tutti, in primis mia moglie (Nicoletta, ndr) e i miei figli». Quattro figli grandi, ormai indipendenti e con un piede fuori casa: era stata questa una delle molle a spingere Calò ad aprire ai migranti. L’altra fu una tragedia: qualche giorno prima della sua visita in prefettura un barcone di profughi si era inabissato a sud del Canale di Sicilia. C’erano circa novecento persone a bordo. Se ne salvarono 28.

Il premio del “Cittadino europeo” è assegnato ogni anno a progetti e iniziative (fino a cinquanta) che «contribuiscono alla cooperazione europea e alla promozione di valori comuni». Calò andrà a ritirarlo a Bruxelles il 9 e 10 ottobre. Con chi? «Mi piacerebbe con mia moglie e uno dei sei ragazzi». Che sono gli stessi di tre anni fa, ma ora lavorano e tra poco saranno indipendenti. Spazio per ospitarne altri di nuovi? «Certo, magari anche italiani. L’aiuto non guarda il colore della pelle».



I Calò vanno a vivere dal parroco. E i profughi resteranno a casa coi figli
Treviso
4 dicembre 2017

https://corrieredelveneto.corriere.it/t ... 8f9a.shtml

L’ultima sortita del prof di Treviso: «I preti oggi sono troppo soli»
Il professor Antonio Silvio Calò con la moglie Nicoletta e don Giovanni Kirschner, parroco di Santa Maria del Sile (Foto di Paolo Balanza)

TREVISO La canonica apre la sua porta: alla comunità in cerca di dialogo e fiducia, prima di tutto; ma anche alla figura sociale della famiglia, sempre più smarrita in una folla di individualismi e di isolamento. Chi l’ha detto che la casa del prete non possa accogliere anche una mamma, un papà e i loro figli?

Un’idea extra-ordinaria

In questo caso unico in Italia il sacerdote è don Giovanni Kirschner, la parrocchia è quella di Santa Maria del Sile, poco fuori Treviso, e la famiglia è quella di Antonio Silvio Calò, il «professore dell’accoglienza»: vivranno sotto lo stesso tetto. Hanno avuto insieme quest’idea così extra-ordinaria da essere allo stesso tempo un ritorno al passato e un’innovazione: «Il parroco rimane parroco, la famiglia rimane famiglia, ma insieme portano una testimonianza e cioè che nessuno deve rimanere solo». Dopo molti anni, quando ormai la solitudine dei parroci è erroneamente diventata sinonimo di celibato, la canonica ritorna un luogo condiviso. Dopo Natale in quella casa accanto alla chiesa si trasferiranno Calò, docente di storia e filosofia al liceo Canova, e la moglie Nicoletta, insegnante. Per loro la solitudine è un concetto lontano dato che, oltre ai quattro figli, da tre anni ospitano nella loro casa di Camalò sei richiedenti asilo, che forse fra qualche mese li seguiranno, ma vogliono dare un messaggio di presenza e testimonianza. «Oggi siamo sopraffatti dalla vita, una solitudine interiore, un forte smarrimento — spiega Calò —. Per questo dobbiamo ritrovare senso in ciò che facciamo. Siamo circondati da modelli di società che guardano solo produzione e consumo, ma dov’è l’uomo? Dobbiamo prenderci cura l’uno dell’altro».

«L’unica risposta è stare insieme»

La famiglia rispetto ai tempi dei nostri nonni ha perso identità, svuotata nei numeri (a partire dal crollo delle nascite) e spesso nei contenuti; e poi c’è il calo delle vocazioni registrato nelle diocesi, a cui si aggiunge la fatica della solitudine del sacerdote, e non sono pochi quelli che negli ultimi anni hanno rinunciato all’abito talare. «Riconosciamo, nelle nostre città, una sempre maggiore fragilità del vivere che riguarda sia i preti sia le famiglie, le coppie, i giovani e gli anziani — dice don Giovanni —. L’unica risposta è stare insieme perché nessuno si salva da solo. Condividere può rendere la vita migliore e se una persona vive bene può allargare questo benessere agli altri». L’idea del don e del prof è stata subito condivisa dalla diocesi ed è già stata presentata ai parrocchiani. C’è chi vi legge una «umanizzazione» della sacralità del sacerdote, chi una piena valorizzazione della famiglia. «Il prete non sceglie di vivere solo, ma di non sposarsi — racconta don Giovanni —. La situazione è la stessa di chi rimane solo per i motivi più disparati, separazioni, vedovanza. Non abbiamo una soluzione a un problema la nostra sarà una casa aperta. Se funzionerà, potrà essere utile anche ad altre persone».

La Diocesi

La Diocesi, in una nota ufficiale, ha comunicato che il progetto accoglienza avviato dal professor Calò non si interrompe. Nella casa rimarranno i richiedenti asilo insieme ai figli della coppia, che continuerà a vigilare.

Le reazioni del web

Sul web l’ultima iniziativa del professor Calò ha suscitato vivaci reazioni: “Metta a disposizione la sua casa anche ai senzatetto Italiani e magari senza dare troppo risalto alle sue opere di bene”, scrive un lettore su Facebook. “E’ solo una tronfia esibizione di intelligenza e perbenismo” sottolinea un altro. C’è qualcuno che fa i conti in tasca alla famiglia trevigiana e sostiene che, ospitando i richiedenti asilo, la famiglia trevigiana ci ha guadagnato e che andando a casa del sacerdote alla fine risparmierà. Qualcuno se la prende anche con i “leoni da tastiera”, i cosiddetti “haters”, e scrive attestati pubblici di stima verso il professore.




La marcia per l'accoglienza del professor Calò e le "riflessioni" di un magistrato sull'immigrazione
Martedì 26 Febbraio 2019

https://www.ilgazzettino.it/lettere_al_ ... 25962.html

Gentile Direttore,
sono la dr.ssa Maria Teresa Cusumano, giudice presso il Tribunale di Treviso. Sul Gazzettino di domenica 24 febbraio, nel fascicolo di Treviso, sono state riportate alcune mie parole rivolte al professor Antonio Calò sulla sua pagina Facebook. Le mie espressioni certamente testimoniavano apprezzamento per il suo impegno ad aprire una dialettica pacifica e pluralista sul tema caldo dell'immigrazione, ma presentavano soprattutto considerazioni di filosofia politica finalizzate ad aiutare la riflessione di tutti. Non senza premettere e precisare come non si possa avallare un moto migratorio che contravvenga alle regole del diritto internazionale, finendo con il favorire implicitamente la condotta di coloro che, per l'opinione collettiva, altro non sono che ignobili trafficanti di vite umane. Purtroppo l'articolo, per presumibili ragioni di efficacia giornalistica (visto l'attuale impatto dirompente della questione migranti), fa apparire il mio intervento quasi come una presa di posizione latamente politica; ma ciò contraddice il mio pensiero e le mie intenzioni. Inoltre i riferimenti all'adesione di un magistrato sono del tutto sovrabbondanti, giacché nel mio rivolgermi al professor Calò - di cui mi è nota l'onestà intellettuale di docente e di uomo - mi sono qualificata solo per ricordargli l'occasione in cui ci eravamo conosciuti: un incontro di educazione alla legalità e di orientamento, tenutosi al Liceo Classico Canova circa due anni fa, in cui lui accompagnava, come insegnante, alcune classi. Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che sia stato pubblicato su un giornale un post scritto su Facebook, senza nemmeno sentirne l'autore (se non altro per una questione di cortesia). Se fossi stata sentita prima, avrei almeno potuto meglio esplicitare il mio pensiero, soprattutto dopo aver menzionato Kant e le radici filosofiche del pensiero pacifista e della politica morale. Il fenomeno migratorio odierno, uno dei più gravi che debbano essere affrontati, può essere avviato a soluzione solo con il dialogo e ispirandosi alla kantiana politica morale. Solo il dialogo può, a lungo andare, garantire la cooperazione tra i paesi europei, con assunzione di pari responsabilità. Se, come a me sembra, il Prof. Calò sta suggerendo un atteggiamento di dialogo e confronto in un'ottica di cooperazione europea, questa posizione merita apprezzamento. A nulla più che a questo era finalizzato il mio post.


Maria Teresa Cusumano

Cara dottoressa,
noi siamo un po' meno sorpresi di lei. In tempi di social capita spesso che qualcuno consegni via Internet proprie riflessioni o stati d'animo, salvo poi pentirsene e cercare di mitigarne senso e valore. Lei ha espresso il suo apprezzamento per il professor Antonio Calò, probabile candidato per il Pd alle prossime elezione europee e ha scritto su Facebook che cercherà di «essere presente il 16 marzo» alla marcia per l'accoglienza che Calò ha deciso di organizzare quel giorno a Venezia. La sua adesione alla marcia (di cui in questa lettera non vedo più traccia) era corredata da una articolata riflessione di cui noi abbiamo dato conto, pubblicando testualmente ciò che lei ha scritto. Se la sue parole fossero «una presa di posizione latamente politica» o un «esercizio di filosofia» starà ai lettori deciderlo. Per quanto ci riguarda lei è un magistrato noto, svolge un ruolo pubblico importante e la sua adesione alla marcia di Calò, annunciata attraverso un profilo pubblico di Facebook, era ed è senza dubbio una notizia. E i giornali di questo si occupano. Anche se capisco che ciò, talvolta, disturba.
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Messaggioda Berto » sab mar 16, 2019 9:24 pm

Lega, la mozione in Fvg: "Risarcimento se subisci danni da migrante"
Federico Garau - Sab, 16/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 63803.html

Soddisfazione del consigliere regionale e capogruppo della Lega in Fvg, Mauro Bordin, che ha visto approvare la sua mozione: “Gestori accoglienza devono risarcire i soggetti danneggiati dai loro ospiti”

Chi ha subìto danni da un richiedente asilo deve essere risarcito, questo stabilisce la mozione proposta dalla Lega ed approvata dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

L’idea è di Mauro Bordin, consigliere e capogruppo regionale del Carroccio, che ha deciso di prendere dei provvedimenti in seguito ai numerosi fatti di cronaca avvenuti sul suo territorio. Troppe volte i residenti sono stati vittime di reati commessi da extracomunitari, talvolta anche minori stranieri non accompagnati, e non hanno mai ottenuto dei concreti risarcimenti per i danni materiali o personali subìti.

Qualche giorno fa, dunque, la mozione proposta questo autunno dalla Lega è stata approvata. “Questo è un chiaro segnale di cambio di rotta, teso a difendere gli interessi dei cittadini che si ritrovano, loro malgrado, a pagare le conseguenze di reati commessi da altri” ha esultato Bordin, chiaramente entusiasta per il risultato, come riportato da “UdineToday”. Una “lotta” portata avanti anche per “imporre ai soggetti che ricevono contributi pubblici per gestire l'accoglienza di munirsi di adeguata polizza assicurativa per garantire un equo indennizzo in favore di operatori o di terzi che abbiano subito danni ad opera dei loro ospiti”, spiega il capogruppo leghista.“In un'ottica di tutela e di solidarietà, appare congruo prevedere che i gestori delle strutture di accoglienza, per ricevere contributi pubblici, forniscano anche un'adeguata copertura assicurativa atta a garantire il risarcimento ai soggetti danneggiati dalle condotte recate dai loro ospiti”. Un segnale forte, dunque, che certo non mancherà di far discutere.
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Messaggioda Berto » lun mar 18, 2019 9:10 am

Rimini, la denuncia del ristoratore: "Da quando ho assunto un ragazzo africano nessuno compra più le mie pizze"
16 marzo 2019
Valerio Lo Muzio

https://video.gelocal.it/gazzettadimode ... 153/112766

"Da quando ho assunto Masamba, un ragazzo ventiduenne del Gambia, nessuno viene più nel mio locale - racconta affranto Riccardo Lanzafame, titolare della Locanda Malatesta a Montescudo, in provincia di Rimini -. Vengo boicottato, mi chiamano per ordinare delle pizze d'asporto e poi nessuno viene a ritirarle, così sono costretto a buttarle". Una vicenda, che a quanto racconta il titolare di questo storico locale nel piccolo borgo romagnolo è iniziata sui social: "Tutto è iniziato quando il presidente dell'associazione dei commercianti di Montescudo ha scritto un post su Facebook dicendo che facevo prima a prendere un papa nero piuttosto che un pizzaiolo africano, da allora qui non entra più nessuno, eppure prima che assumessi Masamba qui tutto il paese veniva regolarmente a mangiare la pizza, questo è razzismo".

Alle accuse replica Marco Ceccoli, presidente della locale associazione dei commercianti, autore del post incriminato (che è stato poi cancellato dai social): "Il mio post era provocatorio, ho detto che Nostradamus ha sbagliato le profezie, non avrei mai pensato di vedere un pizzaiolo nero, anzi l'ho definito ebano perché è molto scuro, non è dispregiativo, era un post goliardico".

Il sindaco di Montescudo, Elena Castellari, in un comunicato stampa afferma che Montescudo non è razzista e invita tutti ad abbassare i toni. Riccardo Lanzafame ha appeso all'ingresso del suo locale un'eloquente cartello: "Se sei razzista non entrare" e deluso afferma: "Chiuderò sicuramente il locale, ma Masamba verrà via con me"


Alberto Pento
Perché non ha assunto uno del paese? Prima si da lavoro alla gente del paese e poi caso mai se no c'è nessuno si può pensare all'africano (regolare o irregolare e qui a spese nostre che tu magari paghi di meno ?).
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Messaggioda Berto » mer mag 01, 2019 4:23 am

Lo dicono anche gli africani: la solidarietà europea fa male
Mauro Indelicato
30 aprile 2019

http://www.occhidellaguerra.it/lo-dicon ... ea-fa-male

Pioggia di soldi, miliardi di Dollari spesi negli ultimi anni a favore dello sviluppo, ma i risultati appaiono peggiori rispetto a quelli del punto di partenza: il riferimento è all’Africa ed a tutti il flusso di denaro donato al continente nero, senza che però i paesi più poveri siano usciti dalle condizioni di indigenza e difficoltà. Una circostanza questa, che da anni viene evidenziata in primis proprio in Africa. Eppure, proprio dall’Europa, la tendenza alla “facile carità” non sembra essere messa in discussione.

I danni della solidarietà

I problemi che vive il continente africano sono ben noti: dalla miseria alle guerre, da paesi poco stabili a governi fin troppo stabili. Problemi strutturali dunque, che riguardano l’economia così come la società e le varie popolazioni degli Stati che compongono l’Africa. Su nessuno di questi arrivano segnali positivi, a fronte come detto di fiumi di denaro mandati negli anni tra donazioni private o prestiti da parte di fondi ed enti sovrani. Il continente continua ad avere le stesse negative peculiarità di cui soffre da decenni.

Soldi di cui poi si sa poco circa il reale utilizzo: in molti casi, i miliardi di dollari spediti in Africa fanno arricchire locali lobbisti i politici, senza che la loro destinazione d’uso venga minimamente rispettata. Una condizione già nota da tempo, come quando ad esempio viene ritrovato un patrimonio di svariati miliardi di dollari a Mobutu Sese Seko, presidente e padre – padrone dell’ex Zaire per 32 anni. Quando è capo dello Stato, riesce ad intercettare molti di quei fondi in teoria destinati allo sviluppo.

Ciò che colpisce, è come questa considerazione arrivi anche dalla parte che in teoria dovrebbe essere beneficiaria, ossia dall’Africa. Nel continente nero si moltiplicano osservatori e politici che criticano sempre di più la “beneficenza” da parte europea ed occidentale in generale. Nelle recenti elezioni senegalesi, più candidati si scagliano non solo contro il franco Cfa ma anche contro gli aiuti elargiti verso il proprio paese. Proprio perchè, oramai, essi vengono percepiti sempre meno come aiuti e sempre più come strumento di corruzione nella migliore delle ipotesi.

Nel 2010 fa discutere la pubblicazione di un libro da parte di Dambisa Moyo, economista nata nello Zambia e laureata ad Oxford: “Cosa succederebbe se i paesi africani ricevessero una telefonata o un’ email in cui i maggiori donatori annunciano che entro cinque anni i rubinetti degli aiuti saranno chiusi per sempre, fatti salvi i soccorsi straordinari per carestie o disastri naturali? – si chiede nel libro la Moyo – Un numero maggiore di africani morirebbe di povertà e di fame? Probabilmente no: le vittime della povertà in Africa non sono toccate comunque dal flusso degli aiuti. Ci sarebbero più guerre? È dubbio: senza aiuti internazionali, cioè senza soldi, si toglie un grosso incentivo ai conflitti. Si smetterebbe di costruire strade, scuole, ospedali? Improbabile”.

Il modello cinese

Semplicemente dunque, nel modello europeo di cooperazione con l’Africa, qualcosa non va. L’elemosina elargita verso il continente africano, peggiora soltanto la situazione. La solidarietà crea molti più danni che benefici al continente africano, elargire somme a fondo perduto arricchisce a volte governi corrotti, paga gruppi e miliziani armati, ma poco o nulla va a finire per incidere significativamente sul territorio che si vorrebbe aiutare. A questo modello, da anni viene visto in contrapposizione quello cinese. Pechino in Africa non dona soldi in beneficenza, al contrario stringe partenariati con gli Stati per la costruzione di opere ed infrastrutture. Non che questo segni un salto deciso di qualità nella vita degli africani, ma di sicuro il modello cinese pone il gigante asiatico in netto vantaggio rispetto all’Europa.

La Cina costruisce infrastrutture che servono ovviamente a Pechino per implementare le esportazioni delle proprie merci ed agevolare l’importazione di materie prima, ma le opere rimangono anche agli africani e permettono di collegare facilmente territori da sempre isolati. La Cina sa che un continente da 1.2 miliardi di persone in via di sviluppo, può essere un’opportunità per il proprio mercato. E dovrebbe saperlo anche l’Europa, la cui pressione demografica potrebbe diventare insostenibile se l’Africa continua a rimanere sottosviluppata. Ma si preferisce fare elemosina e parlare di carità, piuttosto che raccogliere la sfida da un continente sì povero ma molto dinamico come quello africano.
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Messaggioda Berto » lun giu 24, 2019 3:22 am

Ecco l'eredità del Pd: un miliardo di debiti per accogliere i minori
Antonella Aldrighetti Chiara Giannini - Dom, 23/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... M7msavuMa4

Faro dei giudici contabili: non coperti dai governi Renzi-Gentiloni i costi dei Comuni

È di circa un miliardo l'ammontare dei debiti da pagare ai Comuni per l'accoglienza dei minori non accompagnati lasciato dai governi Renzi e Gentiloni.

Risulta dalla relazione 2015-2017 della Corte di conti. I magistrati contabili accendono un faro sull'aspetto finanziario dell'accoglienza: i due esecutivi a guida Pd, e di rimando i ministri dell'Interno allora in carica, ovvero Angelino Alfano e Marco Minniti, hanno lasciato debiti ai Comuni per la gestione dei minori, non conteggiando le cifre in surplus che queste realtà hanno impegnato per accoglienza, scuola e integrazione dei ragazzi.

Per capire, il ministero dell'Interno, nel corso del 2015, ha erogato 45 euro al giorno in media a minore ospitato nelle strutture adibite allo scopo. Cifra che nel triennio in questione ha raggiunto i 54 euro. Le amministrazioni comunali, però, hanno speso in media 80 euro al giorno.

Una spesa molto più alta di quella, sottolinea la Corte dei conti, rilevata per le strutture ex Sprar, gestite direttamente dal ministero dell'Interno e, quindi, più controllabili. Conferma che qualcosa nel sistema di accoglienza periferico non funzionava. Insomma, c'è persino chi avrebbe potuto approfittarsene. Questo ha generato un debito nei confronti dei Comuni di circa 242 milioni all'anno. Da quanto risulta dalla relazione, quindi, tenendo conto del periodo 2015-2017 e della cifra spesa nel 2018, equivalente alle precedenti, si arriva a 986.748 euro, derivanti dalle somme a debito a cui vanno aggiunti gli interessi. Tutto ciò ha generato, da parte dei municipi, la tendenza a togliere fondi ai servizi dedicati ai cittadini italiani, sulla scia del «modello Lucano», ma anche a cedere alle pressioni del Viminale, rifiutandosi di ospitare gli stranieri.

La Corte dei Conti nella relazione sottolinea che quei minori non accompagnati oggi sono quasi tutti maggiorenni. Lo si dice espressamente: «La maggior parte dei minori presenti in Italia al 31 dicembre 2017 ha un'età compresa tra i 15 e i 18 anni; si tratta di ben 17.074 minori su un totale di 18.303, per una percentuale pari ad oltre il 93 per cento del totale». E si prosegue: «È importante evidenziare come tali cifre si riferiscano ai soggetti censiti. Tuttavia è da considerare il rilievo quantitativo del fenomeno dei minori che si rendono irreperibili anche nelle fasi antecedenti alla presa in carico e alla identificazione da parte dell'autorità competente». A tal proposito è stata istituita e potenziata dall'attuale ministro Matteo Salvini, fino al 2020, un'apposita struttura di missione, che fa capo al Viminale, che si avvale di strumenti di controllo e supporto logistico per esaminare la gestione dei migranti minori e che è utile ad approfondire il rapporto amministrativo-contabile tra dare e avere sui territori comunali e Siproimi (ex Sprar).

Da un esame del numero dei minori non accompagnati, risulta che al 31 dicembre 2018 gli stessi erano 10.787, con una riduzione del 41 per cento rispetto all'anno precedente. I Paesi da cui per lo più provengono sono Albania (1.550), Egitto (930), Gambia (892) e Guinea (802). Nel corso del 2016 i fondi erogati ai Comuni per i minori non accompagnati ammontavano a 156 milioni 975.737,40 euro, contro i 155 milioni 951.733 euro del 2017. A questo punto è da capire dove si potranno trovare i soldi per saldare i debiti lasciati dai tue governi dem. Un problema che non riguarda solo il settore dei minori stranieri non accompagnati, ma che sta emergendo anche in altri ambiti.
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