Migrazioni inter-africane - L’Europa non è l’unica metadi Massimo Ruggero, Università di Genova
http://www.missioni-africane.org/393__M ... unica_metaL’Africa è il continente con la popolazione più «mobile» del mondo
Un fenomeno diversificato e complesso che sta cambiando il volto al continente
Le migrazioni sono senza dubbio uno degli aspetti maggiormente rappresentativi delle nuove tendenze globali del ventunesimo secolo. Divenute nella quasi totalità delle aree del Sud del Mondo processi incontrollabili, sono sempre più frequenti ed inarrestabili cause di pericolosi congestionamenti demografici, proprio come avviene in numerose regioni e città af81 (4)dell’Africa. Troppo spesso, però, quando si parla di immigrazione verso l’Occidente ricco, si trascura il fatto che essa è solo una piccola frazione rispetto alle travolgenti migrazioni interne al continente africano.
A livello planetario è stato stimato che circa 192 milioni di persone vivono lontano dal proprio paese d’origine in cui sono nate, circa il 3% dell’intera popolazione mondiale. Ciò significa approssimativamente che una persona su trentacinque è un migrante. Inoltre, si deve tenere conto che in poco meno di un trentennio, dal 1965 al 1990, il numero della popolazione immigrata è cresciuta di oltre 45 milioni ogni anno, sfiorando la media annuale del 2,1%. Oggi, in appena un decennio il tasso annuale di crescita dei movimenti migratori, comprese le molteplici tipologie migratorie interne al Continente nero, si è assestato in modo rapido e preoccupante ben oltre il 3,5%.
E se le ragioni delle migrazioni sono molteplici e molto spesso da ricercare nell’eredità storica, nelle scelte politiche nazionali e internazionali cause disparate di conflitto, in un contesto di grande cambiamento, basta innanzitutto rilevare, come primo dato, che la popolazione africana raddoppia in media ogni 25 anni.
L’Africa è statisticamente il continente con la popolazione più «mobile» del mondo. La complessità e la varietà degli spazi migratori, ma soprattutto l'eterogeneità dei flussi composti da una grande varietà di attori tra i quali, migranti economici, lavoratori transfrontalieri, rifugiati e clandestini, contribuiscono a rendere il fenomeno migratorio all'interno del continente dinamico, diversificato e al contempo assai complesso da decifrare.
Fenomeno in forte crescita
Negli ultimi anni i flussi migratori all'interno del continente africano sono aumentati fortemente a causa delle gravi condizioni socio-politico-economiche e per l'aumento costante della pressione demografica; inoltre la chiusura delle frontiere operata dai paesi europei e da alcuni paesi del Nord Africa, ha costretto milioni di migranti a modificare le tradizionali rotte e i progetti migratori con ulteriori gravi conseguenze.
af81 (2)
Il fenomeno migratorio africano ha assunto una connotazione fortemente diversificata e complessa. Troppo spesso però la quasi totalità delle migrazioni interne rappresentano in prevalenza un fenomeno informale e poco documentato. Milioni di uomini si muovono silenziosi e discreti, percorrendo chilometri a piedi attraverso i paesaggi sconfinati del continente, non per fuggire in un paese europeo, ma per trovare "fortuna", o molto più semplicemente, terre da coltivare, percorsi di transumanza o più in generale un lavoro, in un altro paese africano.
Migrazioni tra paesi poveri, di confine, tra paesi consumati da guerre e fame: sono fatti ai quali i media non prestano attenzione, sono vicende delle quali non si sa quasi nulla. Rêves des poussière, del regista francese Laurent Salgues presentato nel 2006 all’interno della rassegna cinematografica delle Giornate degli Autori di Venezia, è stato senza dubbio il primo realistico lungometraggio che ha scelto di mostrare proprio la storia emblematica di chi emigra da un paese africano all’altro.
Mocktar Dicko, il protagonista, che parte dalla Nigeria e raggiunge il Burkina Faso per lavorare come cercatore d’oro, è la storia “segreta” di tanti milioni di africani che si muovono all’interno di flebili confini politici.
Tuttavia la maggior parte delle migrazioni interne africane non avvengono su base volontaria ma sono spesso forzate da elementi esterni contingenti, tra cui le disperate condizioni economiche, i numerosi conflitti e le catastrofi naturali. Si tratta di processi demografici che si collocano nel più ampio quadro delle migrazioni sud-sud, caratterizzate da massicci flussi migratori tra le aree più povere e meno sviluppate del pianeta. Più di un migrante su due si trova infatti in un paese in via di sviluppo.
Flebili confini politici
Ciò può essere ricondotto al fatto che proprio in Africa un gran numero di spostamenti vengono effettuati su corte distanze e soprattutto al fatto che la condizione di povertà di un 81-migrazionipaese non implica necessariamente che il bisogno di manodopera possa essere soddisfatto in loco. Cadono così “formalmente” le barrire geografiche in aree e regioni dove popoli e tribu da sempre hanno posto i loro insediamenti sociali e culturali, in passato sventrati da rigidi regimi coloniali, oggi violentati da nuove frontiere politico-economiche o neocolonialiste. Molti di questi confini rischiano però di scomparire, o di trasformarsi in linee ridisegnate e tracciate su nuove mappe cartografiche a causa di devastanti mutamenti climatici che stanno sconvolgendo i quadri geoambientali di intere aree continentali. L'Unccd (Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione), lancia un allarme: 135 milioni di persone rischiano di diventare profughi per l'inaridimento dei loro territori.
L’Africa e il progressivo, ma non solo, fenomeno della desertificazione, appaiono le aree maggiormente a rischio. Per spiegare il fenomeno, la Columbia University e il Norwegian geotechnical institute, con il sostegno della Banca mondiale, hanno stilato un rapporto secondo cui oltre il 35% della superficie del Continente si trova in aree esposte a rischi ambientali significativi. Ricordiamo ciò che è accaduto il Mozambico: dopo le alluvioni devastanti del 2000 che hanno causato oltre un milione di rifugiati, nel marzo 2001 piogge torrenziali hanno provocato gravi inondazioni mettendo in fuga circa 400mila persone. Questo dramma umanitario ha evidenziato di fatto la mancanza di qualsiasi riconoscimento per la nuova categoria dei “rifugiati ambientali”. I ritardi clamorosi dei soccorsi internazionali hanno mostrato poi, da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), l'assenza di un qualsiasi piano d’intervento efficace per affrontare quelle che sono ormai emergenze sempre più frequenti.
Tra le strategie adottate dagli eco-rifugiati vi è proprio la migrazione temporanea. In alcuni paesi dell'Africa occidentale, in particolare Mali, Burkina Faso, Niger e Togo, gli uomini più anziani lasciano il gruppo per cercare lavoro in città nei periodi di siccità. In Etiopia, invece, questa forma di esodo è adottata soprattutto dai giovani. Nelle regioni rurali, quando la siccità è particolarmente grave e ogni opzione di adattamento è esaurita, famiglie e villaggi interi traversano le frontiere, vincendo tutti gli ostacoli. Non esiste però una formula semplice per spiegare le reazioni migratorie agli stimoli climatici, tanto più che questo fenomeno ufficialmente non esiste.
Nuovi rifugiati a causa dei problemi ambientali
Secondo Myers, uno dei massimi analisti ambientali al mondo, i rifugiati in generale lasciano le loro case per paura, non per opportunità. Il caso africano è emblematico: da un af81recente rapporto dell’Unep, si evince che ben 10 milioni di persone negli ultimi 20 anni sono state sfollate, a causa dell'espansione dei deserti e dei dissesti idrogeologici nel Continente. Per il 2010 si stima che il mondo dovrà far fronte a circa 40 milioni di persone in fuga per cause ambientali. E nel 2050, secondo le ultime stime dell’Acnur, saranno oltre 150 milioni i possibili profughi dell’Africa. Dati su cui sarà bene riflettere. Alto anche il numero di rifugiati e sfollati interni, oltre due milioni e 500mila persone, secondo i dati dell' UNHCR, l’Alto commissariato dei rifugiati dell'Onu. La maggior parte sono i profughi della regione dei grandi laghi e del corno d'Africa.
Vivono nei campi profughi in Congo, Sudan, Uganda e Somalia, o in misura minore in Costa d’Avorio, Chad, Kenya ed Etiopia. In particolare una parte consistente dell'esodo somalo si concentra poi verso lo Yemen, sulle cui coste nel 2007 sono approdate circa 30mila persone in fuga dalla guerra. Solo una piccola parte degli emigranti economici e dei richiedenti asilo politico africani, ha come meta l'Europa.
Diverse tipologie di migrazione
Quanto alle tipologie dei migranti interni, il contesto attuale di crescita demografica e di trasformazione sociale, di crisi economica e politica, accresce sempre più l'intensità dei flussi migratori, interessa e coinvolge negli spostamenti più o meno temporanei ormai uomini, donne, abitanti delle zone rurali e delle zone urbane, ma anche individui altamente specializzati e laureati. Dagli anni ’80 in avanti, le migrazioni africane si sono diversificate e sono diventate anche più spontanee, senza seguire prevalentemente più lo schema classico della migrazione solo per lavoro.
Fenomeni nuovi che anno contribuito ad accelerare e a centrifugare i flussi migratori, tanto da rendere il mosaico delle migrazioni interne ancora più complesso e frammentato.
E così fino agli anni Novanta, soprattutto nelle regioni dell’Africa del Sud flussi ingenti di masse, per lo più composte da gente alla ricerca di condizioni di vita migliori, erano costituite prevalentemente da lavoratori non specializzati provenienti da Botswana, Lesotho, Swaziland, Mozambico e Malawi diretti verso le miniere sudafricane. Inoltre spostamenti di massa af81 (3)sono stati causati dalle guerre civili che hanno insanguinato per decenni diversi paesi quali il Sud Africa (fino all’abbattimento del regime razziale di Pretoria), l’Angola e il Mozambico; o in tempi più recenti esodi di massa a seguito delle crisi politiche interne in Liberia, Zimbabwe, Repubblica democratica del Congo e Somalia.
Migrare in cerca di lavoro
Un Continente che vede incrementare la propria popolazione e diminuire al contempo le proprie ricchezze portate vie dalle abili diplomazie delle moderne cleptocrazie occidentali. Un po’ tutti sono costretti a migrare. Così è ritornata nuovamente la tipologia prevalente dello spostamento finalizzato alla ricerca di lavoro: le rotte migratorie si sono in un certo senso invertite e si registrano ingressi crescenti di lavoratori altamente specializzati. Si segnalano così importanti innesti di manodopera qualificata provenienti da Botswana, Zambia, Namibia e Sudafrica, che costituiscono preoccupanti emorragie per quei paesi che vedono di fatto emigrare il sostrato attivo e produttivo della popolazione a cui affidare una ripresa dei sistemi economici locali.
È per questo ancora necessario interrogarsi sulle ragioni di fondo delle partenze, avendo cura di considerare le scelte dei migranti come opzioni non calate in un contenitore vuoto, nel quale le strategie si sarebbero semplicemente dipanate secondo le volontà degli individui, ma inserite all’interno delle maglie talora imposte dalle modificazioni dell’economia alle classi rurali, artigiane, operaie ed oggi anche ai nuovi migranti intellettuali.
Un’interpretazione di questo tipo rende possibile un confronto tra le migrazioni storiche e quelle contemporanee, che evidenzi tanto la continuità di alcuni spostamenti, quanto le profonde modificazioni legate alla globalizzazione dei mercati. Si tratta anche in questo contesto geografico di massicci movimenti di popoli in gran parte riconducibili a nuove prospettive lavorative, visto che la creazione di mercati regionali di scambio comune ha reso più agevoli gli spostamenti nelle aree stesse. Numerosi paesi di emigrazione sono diventati progressivamente paesi di immigrazione, la componente femminile ha assunto un molo centrale e autonomo, soprattutto per ciò che concerne la gestione del commercio informale; mentre il settore formale, in particolare le attività di vendita ambulante e di assistenza domestica, rappresentano un tratto determinante delle odierne migrazioni economiche.
Muoversi nel mercato globale
Attualmente siamo di fronte a un quadro di migrazioni temporanee e ripetute, un via vai tra la campagna e le zone urbane, facilitato dai mezzi di trasporto. Ipotizziamo un continuum spaziale che comprende il lavoratore rurale che va nei cantieri urbani durante i periodi morti della stagione (movimenti di tipo rurale-urbano) e il lavoratore urbano che ritorna al villaggio uno o due mesi l'anno al momento dei grandi lavori. Secondo l’importante rapporto redatto dalla commissione Human Resources Development Centre del GCIM di Lagos, i movimenti più consistenti sono quelli che riguardano i lavoratori migranti regolari, ma soprattutto i clandestini, i rifugiati e gli sfollati. L'emigrazione è stata e sarà la principale strategia di sopravvivenza delle famiglie africane per far fronte alle già citate crisi economiche, politiche e ambientali.
Studiosi e ricercatori provenienti da Nigeria e Ghana, sarebbero ancora allettati dalle università sudafricane, statunitensi ed europee, mentre commercianti di professione provenienti da Costa d’Avorio, Senegal e Mali andrebbero in cerca di nuovi mercati fuori dai confini, verso la Francia e il Regno Unito, per poi ritornare solo in minima parte (circa il 4%) nei paesi di provenienza.
Infine, sono soprattutto le aree regionali di confine tra stati poveri come Gambia, Guinea Bissau e Guinea, ma soprattutto quelle comprese tra Ghana, Benin e Togo ad offrire una continua migrazione transfrontaliera riconducibile agli scambi commerciali. Generi di sussistenza, prodotti di uso quotidiano certamente, ma anche commercio raffinato di stoffe e tessuti usati comunemente nell’abbigliamento africano, i cosiddetti pagnes, che ha creato da decenni una tipologia migratoria specifica (interna e di migrazione) tutta femminile.
Le nuove Golden Ladies del Golfo di Guinea, intraprendenti manager donne, che lasciano mariti e figli per commerciare partite tessili milionarie e rinverdire così i fasti delle celebri e ricchissime Nana Benz di Lomé degli anni Settanta-Ottanta.
Le migrazioni femminili africane interne tuttavia si identificano troppo frequentemente anche con il traffico illecito: da Ghana, Mali e Sierra Leone vengono reclutate giovani donne allettate da nuove false prospettive di vita e di guadagni in Europa. Le potenti organizzazioni criminose nigeriane l contempo amministrano anche il traffico interno di bambini dal Togo e Mali per lavorare come piccoli schiavi nelle piantagioni della Costa d’Avorio o come servi domestici in Gabon.
Afriche, n°1, 2009