All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mer set 06, 2017 8:29 am

Viaggio "a casa loro": cosa succede nei centri di detenzione per rifugiati in Libia
Violetto Gorrasi 05 settembre 2017

http://www.today.it/mondo/migranti-libi ... zione.html

Gli abusi e le violenze sono all'ordine del giorno, così come le detenzioni arbitrarie e irregolari e la mancanza di accesso alle cure e ad ogni forma di tutela. Vivono così i migranti e i rifugiati "a casa loro", nei centri di detenzione libici a Tripoli: luoghi che Medici senza Frontiere definisce "né umani né dignitosi" nel rapporto intitolato "Human suffering" (qui la versione originale in inglese). "I detenuti sono spogliati di qualsiasi dignità umana, soffrono di maltrattamenti e non hanno accesso alle cure mediche. La detenzione sta causando danni e sofferenze inutili", si legge nel documento dell'ong che sta fornendo assistenza medica ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ai migranti che si trovano nella capitale libica.

Senza un governo unificato, con una frammentazione del controllo politico e una pletora di gruppi armati, la situazione in Libia rimane fragile. L'economia è crollata, "la legge è scomparsa", scrive l'ong. Ecco perché Medici senza Frontiere parla esplicitamente di "danni inutili causati dal sistema" e chiede di porre fine alla detenzione arbitraria di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia.

"A Tripoli, i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo vengono tutti detenuti per periodi prolungati nei centri di detenzione sotto il controllo del Ministero degli Interni. Le persone sono detenute arbitrariamente senza possibilità di contestare la legittimità della loro detenzione o di trattamento. Poche organizzazioni internazionali possono lavorare in Libia a causa della violenza e dell'insicurezza diffusa".

Msf spiega, inoltre, che in una Tripoli già frammentata, alcuni centri di detenzione sono più fermamente sotto il controllo del ministero dell'Interno, altri sono guidati da gruppi armati e milizie. In assenza di uno stato di diritto, il sistema di detenzione diventa così sempre più dannoso per le persone. "C'è un'inquietante mancanza di vigilanza e di regolamentazione – si legge nel dossier -. Senza una registrazione formale o una corretta registrazione, una volta che le persone si trovano all'interno di un centro di detenzione, non c'è modo di tenere traccia di ciò che accade loro. Alcune persone sono tenute nei centri per lunghi periodi di tempo, altri vengono trasferiti tra diversi centri di detenzione, spostati in luoghi non divulgati o scomparsi durante la notte. I centri di detenzione non soddisfano norme nazionali, regionali o internazionali e non dispongono di assistenza medica consistente o adeguata".

L’accesso ai pazienti detenuti è molto difficile, se non impossibile, per le ong. Gli uomini trascorrono mesi in detenzione senza sapere quando saranno liberati: "Sono ansiosi e hanno paura per quello che potrebbe succedere loro. Senza nessun accesso al mondo esterno, le persone sono disperate, vorrebbero far sapere ai propri cari che sono ancora vivi – continua il rapporto -. Le cure mediche nei centri sono fornite da una manciata di organizzazioni umanitarie, che sono in grado di lavorare in ambienti altamente insicuri". In tutto sono circa un migliaio al mese i pazienti trattati da Msf per le malattie che sono il risultato diretto delle condizioni nei centri di detenzione, comprese le infezioni del tratto respiratorio, la diarrea acuta, le malattie della pelle e le infezioni delle vie urinarie.

L'ong parla anche di sovraffollamento e violenze (accertate) sui migranti.

"Molti centri di detenzione sono pericolosamente sovraccarichi, con scarsa luce naturale e ventilazione. Gli edifici sono spesso ex fabbriche o magazzini e mancano delle infrastrutture necessarie per trattenere un elevato numero di persone per lunghi periodi di tempo. Questo causa la trasmissione di malattie e infezioni come la scabbia. L'elevato numero di malattie respiratorie infettive è anche influenzato direttamente dalla scarsa ventilazione. Gli uomini, le donne e i figli dei detenuti sono alla mercé delle guardie pesantemente armate che non dispongono di un'adeguata formazione e, secondo quanto riferito, non ricevono stipendi regolari".


Gino Quarelo
Mi pare giusto che chi emigra clandestinamente o illegalmente in Libia finisca in prigione e ne subisca le conseguenze. Sono affari degli africani non nostri, che si arrangino. Adesso l'Africa sa che in Libia si finisce in galera, così gli africani non andranno più in Libia.



Migranti, Gino Strada contro “lo sbirro” Minniti: “Dichiara guerra ai poveracci pagando qualche capobanda in Libia”
di Alessandro Sarcinelli
5 settembre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... mo/3838130

“Gli accordi con la Libia e il decreto fatto dal ministero dell’Interno è niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti”. Lo ha detto il fondatore di Emergency Gino Strada a Milano, a margine della conferenza stampa di presentazione di “Casa Emergency”, dove è intervenuto insieme al sindaco Giuseppe Sala. “Noi siamo già oggi responsabili di diverse morti e di torture, di centinaia o migliaia di violazioni dei diritti umani – ha continuato Strada – e per soddisfare il nostro egoismo e gli interessi di una politica di livello infimo non esitiamo a ributtare queste persone in mano a torturatori e assassini. Non potremo dire “non lo sapevamo”. Strada ha poi sottolineato il suo giudizio sull’attuale ministro degli Interni, Marco Minniti: “Ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui far finire donne e bambini morti ammazzati nelle carceri libiche è una cosa compatibile con i suoi valori. Con i miei no”


Gino Quarelo
Mamma che faccia, peggio di quella di Casarini e di Maometto.
Non sa nemmeno quello che dice. Se gli africani vanno in Libia clandestinamente è giusto che finiscano in prigione. Noi non abbiamo alcuna responsabilità per gli africani. Gino Strada vai in Africa, vai in Libia tu e lasciaci in pace a noi; che hai già fatto troppi danni per troppi anni.




I lager libici sono un orrore. Ma i trafficanti sono peggio
Fausto Biloslavo - Ven, 08/09/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 39092.html

«Libertà, libertà», gridano i migranti detenuti in Libia sporgendosi con le braccia oltre le sbarre dei capannoni-celle dove sono costretti a sopravvivere, come gli schiavi dei tempi che furono.

Li ho visti, incontrati e mi sono immerso nel lezzo di carne umana sotto chiave per realizzare nelle ultime due settimane il reportage sulla «Polveriera libica» nel numero di Panorama in edicola. Per questo sono ancora più indignato del gioco poco pulito di Msf, che con la sua lettera aperta e strappa lacrime indirizzata all'Italia e all'Europa, lancia accuse pesanti, ma mescola realtà diverse e soprattutto omette verità imbarazzanti. L'obiettivo della punta di lancia degli «umanitari» è chiaro e sempre lo stesso: riaprire le porte all'«invasione» di chi non fugge dalle guerre, non più con i barconi, ma attraverso «vie legali e sicure».

È vero che i migranti detenuti in Libia hanno le lacrime agli occhi, come scrive Msf, e vogliono essere liberati, ma tutti chiedono di tornare a casa, di venire rimpatriati il prima possibile. Alcuni attendono da oltre un anno, come una manna, i voli di rimpatrio dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Tutti si lamentano della lentezza delle loro ambasciate nel riconoscerli come propri cittadini e di Oim nel riportarli a casa. L'agenzia dell'Onu ha fondi limitati e quest'anno prevede il rimpatrio di diecimila persone, più della metà già eseguito. Nei centri di detenzione del ministero dell'Interno libico, però, ce ne sono almeno settemila. Prima di aprire le frontiere europee sarebbe meglio finanziare in maniera celere e robusta i rimpatri da Tripoli. Nella sua lettera Msf dedica all'argomento cruciale una sola riga.

Non c'è dubbio che per i migranti la Libia sia un inferno, ma nel j'accuse umanitario, si mescolano, con la classica tattica della disinformazia, fatti e situazioni diverse.

Sembra quasi che tutti i migranti soffrano come bestie solo nei centri di detenzione del governo. Ci sono entrato e garantisco che assomigliano a gironi danteschi, ma il grosso dei dannati, almeno mezzo milione di persone in attesa dell'imbarco verso l'Italia, è in mano ai trafficanti veri, non i poliziotti, che bruciano vivo chi non ha soldi, per dare un esempio.

Nelle gabbie del ministero dell'Interno i migranti non vengono trattati bene anche se sette centri sono stati appena chiusi proprio per questo motivo e molte guardie, pure a livello di comandanti, denunciano loro stessi una situazione «disumana». Non sono dei santi, ma non nascondono che con un budget di 1,25 dollari a testa al giorno per i pasti non si sfama un migrante. Le guardie puntano il dito contro l'Unione europea e le organizzazioni internazionali, che fanno troppo poco per migliorare la situazione. I centri di detenzione libici dovrebbero passare direttamente sotto controllo dell'Onu per fare rispettare gli standard minimi di umanità, eventualmente selezionare chi ha diritto all'asilo in Europa e rimandare a casa in tempi brevi gli altri. Neanche a cercarlo con il lanternino ho trovato un siriano, in fuga veramente dalla guerra, dopo una settimana passata nei famigerati centri libici. La stragrande maggioranza è composta da migranti per motivi economici, a cominciare da bengalesi e africani, che in Italia sono considerati illegali.

Non solo: nei gabbioni infernali dove vivono ammucchiati i migranti in condizioni terribili non ho visto neanche un volontario di Msf, che pure sostiene di operare da un anno nei centri di detenzione e tantomeno di altre Ong. Forse, prima delle lettere aperte, era meglio sporcarsi le mani fino in fondo infilandosi in massa nei «lager» libici convincendo il governo Serraj, appoggiato dall'Onu, per cercare di alleviare le pene dei dannati dell'immigrazione.

Per non parlare della voluta omissione di una banale verità, che tutti i migranti intercettati in mare e riportati in Libia ti raccontano. All'imbarco i trafficanti li hanno sempre assicurato che il viaggio in gommone è breve e sicuro perché le navi italiane o delle Ong vengono a recuperarli nel giro di poche ore. E così è stato fino al famoso codice per le organizzazioni umanitarie e altre mosse del Viminale. A questo punto chi è complice di cosa nel dramma dei migranti in Libia?
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mer set 06, 2017 8:58 pm

Quante balle che raccontano questi del fatto e come manipolano e stravolgono la realtà


Migranti, quattro motivi per cui 'Aiutiamoli a casa loro' è una balla spaziale
Vittorio Agnoletto
2017/09/06

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... le/3840096

“Aiutarli a casa loro” per anni è stato lo slogan della destra. Ora è diventato il mantra di quasi tutte le forze politiche da Renzi al M5S. Uno slogan carino da pronunciare, ma che ha come unico obiettivo il tacitare la coscienza di chi lo declama e di chi, compiaciuto, lo ascolta: non siamo cattivi, né egoisti, anzi rispettiamo gli insegnamenti evangelici dell’aiutare il prossimo, solo che decidiamo noi dove e come.

Ma la realtà è ben diversa: nonostante gli accordi internazionali sottoscritti prevedano di destinare all’aiuto pubblico allo sviluppo almeno lo 0,7% del Pil, il nostro Paese nel 2015 ha stanziato solo lo 0,22% del Pil, nel quale sono compresi pure i fondi rimasti sul nostro territorio destinati a gestire il fenomeno migratorio.

1. Vendiamo armi

La principale preoccupazione dei nostri governi è stata quella di incentivare la vendita di armi in Africa. Tra il 2013 e il 2014 è stata organizzata la circumnavigazione dell’Africa della portaerei Cavour, trasformata in un’enorme vetrina delle armi prodotte dalle nostre industrie; per tale missione i vertici militari avevano perfino cercato l’appoggio dei missionari italiani presenti nell’Africa Sub-Sahariana, ricevendone ovviamente un netto diniego come mi è stato personalmente raccontato in un colloquio a lato dell’incontro dei Movimenti popolari organizzato da papa Francesco in Vaticano lo scorso novembre.

Come spesso ricorda Francesco Vignarca, uno dei massimi esperti sul mercato delle armi, i risultati non si sono fatti attendere e nel 2016 sono state autorizzate vendite verso Angola, Congo, Kenia, Sud Africa, Algeria, Marocco, Ciad, Mali, Namibia ed Etiopia facendo carta straccia della legge 185/90 che vieta le armi a Paesi in conflitto e a quelli che non rispettano i diritti umani. Facilitatori in questi accordi sono stati i viaggi nel continente africano della ministra Roberta Pinotti e dello stesso Matteo Renzi.

2. Distruggiamo l’agricoltura locale

Mentre si vendono le armi si distrugge l’agricoltura dei Paesi Sub- Sahariani.

La distruzione di una parte importante dell’agricoltura sub sahariana è diretta conseguenza degli accordi di Partenariato economico (Epa) che l’Ue, in accordo con l’Organizzazione mondiale del commercio, ha imposto all’Africa Subsahariana. Gli obiettivi degli Epa sono: rimozione delle barriere tariffarie, difesa degli investimenti delle imprese estere, liberalizzazione del settore dei servizi, protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

Ancor prima che gli Epa entrassero in vigore, il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (l’Undp), aveva ammonito l’Ue che tali accordi avrebbero provocato il crollo del Pil delle nazioni africane (in parte significativa sostenuto dai dazi doganali) e il collasso di ampi settori dell’agricoltura africana non in grado di competere con le grandi multinazionali europee sostenute dai sussidi che ogni anno la Commissione europea elargisce loro.

Tutto ciò si è drammaticamente realizzato e i mercati delle grandi metropoli africane, a cominciare da Nairobi, sono invasi da prodotti agricoli europei. Decine di migliaia di contadini sono così rimasti senza lavoro, costretti ad abbandonare la terra.

3. Ci impadroniamo delle loro terre

Contemporaneamente, nell’Africa Sub Sahariana e non solo, si è sviluppato il fenomeno del land grabbing, l’accaparramento delle terre fertili da parte di grandi multinazionali o di Stati quali la Cina. Al 2015, considerando solo gli accordi stipulati dopo il 2000 – e solo quelli relativi ad appezzamenti di terra superiori ai 200/ettari (ha) e con un acquirente finale internazionale – erano oltre 44 milioni gli ettari oggetto di land grabbing. Di questi 44 milioni di ettari circa il 50% sono collocati in Africa. Di questi, solo l’8% è rimasto destinato totalmente a colture alimentari; il restante 82% è destinato, almeno in parte, ad altro, ad esempio alla produzione di biocarburanti eccetera.

Le industrie italiane partecipano al fenomeno del land grabbing per un totale di 1.000.000/ha quasi tutti in Africa.

Il fenomeno del land grabbing quindi produce: espropriazione delle terre, cacciata dei contadini e delle loro famiglie, sostituzione della produzione di cibo fino ad ora destinato al consumo locale con prodotti non finalizzati all’alimentazione umana e con produzioni agricole fondate su monoculture destinate a mercati globali, lontani dalle zone di coltivazione.

Ne consegue un grave impoverimento delle popolazioni ivi residenti, abbandono della propria regione con fenomeni migratori inizialmente interni al proprio Paese e in seguito con migrazioni internazionali rivolte verso il Mediterraneo.

4. Follia e ignoranza preparano la tragedia

Potrei dilungarmi sull’accaparramento delle ricchezze del sottosuolo, fenomeno alla base di molte delle guerre per procura oggi in atto nel continente africano. E’ sufficiente ricordare il conflitto che in Congo in vent’anni ha prodotto milioni di morti. Una guerra che ha le sue ragioni nelle ricchezze del Paese: coltan e cassiterite stanno alla base dell’industria hightech mondiale. Un esempio di come evolve il colonialismo nell’era della globalizzazione.

Ecco come “li stiamo aiutando a casa loro”. Nessuno, fra i tanti leader politici che quotidianamente ripetono in modo ossessivo tale slogan, ha mai avanzato proposte precise sui temi qui indicati. Ammesso che sappiano di cosa si sta parlando.

Il fenomeno delle migrazioni è strutturale e trova le proprie ragioni nell’enorme divario della distribuzione della ricchezza e nelle feroci politiche di saccheggio.

O si ha il coraggio di intervenire con trasformazioni radicali che modifichino in profondità le attuali politiche, oppure andremo incontro nel prossimo futuro ad una tragedia collettiva di dimensioni inimmaginabili.



Gino Quarelo
Prima aiutiamo la nostra gente eppoi se se avanza possiamo aiutare anche altri; per cui nessun aiuto agli africani, né qua a casa nostra né là a casa loro che si arrangino. Tanto meno gli islamici o nazisti maomettani che a casa nostra ci disprezzano e ci uccidono e che a casa loro uccidono i cristiani, gli ebrei e ogni altro diversamente religioso e pensante, oltre che le donne e i gay.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » dom set 10, 2017 8:27 am

Sui migranti Milena Gabanelli sta con Marco Minniti: "Ha il mio sostegno totale"
2017/08/29

http://www.huffingtonpost.it/2017/08/29 ... t-homepage

"Il dato certo è che gli sbarchi sono diminuiti. Le ragioni le sappiamo: da una parte il nastro trasportatore un po' si è rallentato perché sono state introdotte delle regole, dall'altra c'è questo freno che proviene dall'accordo fatto con la guardia costiera libica. A questo accordo non c'era alternativa,il mio sostegno al Ministro Minniti è totale". Lo afferma Milena Gabanelli in un'intervista a Radio Cusano Campus, in cui sostiene che "intanto limitiamo il problema, stiamo arrivando alle elezioni, meglio non avere ventate populiste. Il vento in Italia è cambiato perché è arrivata una persona, Minniti, che sa cosa voglia dire gestire situazioni complesse".

La giornalista esprime il suo apprezzamento per il lavoro del ministro dell'Interno: "Ben venga un ministro come Minniti, uno può essere più o meno d'accordo con lui ma una strategia chiara, una competenza, e agisce. La legalità è come il lavoro, è neutro, non può essere di destra o di sinistra. Poi ci sono le derive populiste, che invece sono sia di destra che di sinistra. Da una parte i muscolari che dicono di chiudere le frontiere, ma non hanno mai fatto nulla di tutto questo, perché non sono in grado di farlo, e le anime belle che parlano di frontiere aperte, ignorando che la frontiera aperta significa fine del sistema del welfare. È questo che vogliamo? La gestione dei flussi è un problema come tutti gli altri, va governato con competenza. Il problema deve essere gestito in prima persona dallo Stato, questo mi auguro che sia il prossimo passo di Minniti. Dopo aver rallentato i flussi bisogna stabilire una modalità di accoglienza che sia degna di questo nome, per non riempire il Paese di disgraziati".

In merito allo sgombero del palazzo di Piazza Indipendenza a Roma, l'ex conduttrice di Report si domanda "come è possibile che un palazzo come quello sia stato occupato? Quello era un edificio presidiato, perché gli uffici che occupavano quello stabile si erano trasferiti. In attesa di trovare nuovi inquilini era stata messa una organizzazione di security a presidiare l'edificio.È arrivato un gruppo di energumeni a dire 'o sloggiate voi o vi facciamo sloggiare con la forza'. Ma quello stabile è di Idea Fimit, la più grossa SGR italiana. Bisogna organizzarsi per rendere sempre produttivo quello stabile, perché al valore di quello stabile è legata la mia pensione, il più grande azionista di quella SGR è l'Inps".
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mar set 12, 2017 8:09 pm

Bergoglio è stato costretto a far marcia indietro sull'accoglienza ad oltranza e indiscriminata


Migranti, papa Francesco: "Riceverli, integrarli ma anche fermarli se i numeri divengono insostenibili"
Il pontefice di ritorno dal viaggio in Colombia. "Credo sia lecito per un Paese che ha fatto molto come l'Italia regolare i flussi migratori e domandarsi: ho abbastanza posti per accoglierli? Va capovolto il ragionamento: l'Africa è amica e va aiutata a crescere". E sulle devastazioni climatiche: "L'uomo è uno stupido. Solo i superbi e i testardi non sanno riconoscere le responsabilità delle scelte politiche"

dal nostro inviato PAOLO RODARI
11 settembre 2017

http://www.repubblica.it/vaticano/2017/ ... P1-S1.8-T1

"Chi governa deve gestire il problema con la verità del governante che è la prudenza". Francesco, di ritorno dal viaggio in Colombia, risponde a una domanda sulle politiche restrittive dell’Italia sui migranti, conferma di aver incontrato il premier Gentiloni ma smentisce di aver parlato dell’argomento e spiega come sia lecito, per un Paese che ha fatto molto come l’Italia, regolare i flussi migratori e fermarli se i numeri divengono insostenibili.

Il Papa interviene anche sui cambiamenti climatici ricordando che solo "i superbi e i testardi" non sanno riconoscerli. Chiede a Trump di non abolire la legge di Obama sui dreamers, mentre per il Venezuela ritiene che siano le Nazioni Unite "che si devono far sentire".

Recentemente la Chiesa italiana ha espresso comprensione verso la nuova politica del governo di restringere sulle partenze dalla Libia e gli sbarchi nel Paese. Si è parlato anche di un suo incontro con Gentiloni in merito. C’è stato questo incontro e cosa pensa di questa politica di chiusura delle partenze considerando il fatto che i migranti che restano in Libia vivono in condizioni disumane?

"L’incontro con Gentiloni è stato personale e non su questo argomento. È avvenuto inoltre settimane prima che venisse affrontato questo problema. Sento il dovere di gratitudine per l’Italia e la Grecia perché hanno aperto il cuore ai migranti. Il problema è sempre avere un cuore aperto. È un comandamento di Dio. Anche se non basta soltanto aprire il cuore, chi governa deve gestire questo problema con la verità del governante che è la prudenza. Che significa domandarsi, primo: quanti posti ho? Secondo, occorre ricordare che non bisogna solo riceverli ma anche integrarli. Ho visto esempi di integrazione bellissima. A Roma Tre ho ascoltato quattro studenti. L’ultima ragazza che è intervenuta meno di un anno prima era venuta da Lesbo a Roma con me in aereo. Studiava biologia, ha fatto l’equiparazione degli studi e ha continuato. Questo è integrare. Terzo: il problema umanitario, che significa prendere coscienza di questi lager in cui vivono spesso queste persone. Ho visto delle foto. Ma ho l’impressione che il governo stia facendo di tutto in campo umanitario per risolvere anche problemi che non si possono assumere. Riassumendo: cuore aperto, prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria. Un’ultima cosa: c’è nella coscienza collettiva un principio: l’Africa va sfruttata. Su chi fugge dalla fame occorre invece che facciamo investimenti. Mentre spesso ogni volta che i Paesi sviluppati vanno in Africa è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere e dire: l’Africa è amica e va aiutata a crescere".

Migranti, papa Francesco: "Riceverli, integrarli ma anche fermarli se i numeri divengono insostenibili"

L’uragano Irma ha provocato decine di morti e danni. Si teme anche per ampie zone della Florida; già sei milioni di persone hanno lasciato le proprie case. Gli scienziati ritengono che il riscaldamento degli oceani contribuisca a rendere le tempeste più intense. Vi è secondo lei la responsabilità morale dei leader politici che si rifiutano di riconoscere che il cambiamento climatico è opera dell’uomo?

"Chi nega questo deve chiedere agli scienziati che sono chiarissimi e precisi. La recente notizia della nave russa che è andata dalla Norvegia al Giappone attraverso il Polo Nord senza trovare ghiaccio è un messaggio molto chiaro. È uscita poi una notizia che diceva che abbiamo solo tre anni per tornare indietro. Non so dire se sia vero che abbiamo solo tre anni, ma è vero che se non torniamo indietro andiamo giù. Del cambiamento climatico si vedono gli effetti e gli scienziati indicano la strada da seguire. Tutti noi abbiamo una responsabilità. Ognuno è una gocciolina, ha una responsabilità morale. Occorre ascoltare e prendere decisioni. È una cosa su cui non scherzare e molto seria. Ognuno ha la sua responsabilità morale. I politici hanno la propria. Poi la storia giudicherà le decisioni".

I cambiamenti climatici sembrano esserci anche in Italia: i morti di Livorno, i tanti danni a Roma. Perché tarda una presa di coscienza da parte dei governi circa l’ambiente?

"C’è una frase dell’Antico Testamento che dice: l’uomo è uno stupido, un testardo che non vede. È l’unico animale che inciampa due volte sulla stessa pietra. C’è la superbia, la sufficienza di dire che non è così e poi c’è il “Dio tasca” non solo sul creato ma in tante altre decisioni. Oggi a Cartagena ho visitato la parte povera della città, poi la parte turistica, lusso senza misure morali. Quelli che vanno di là non si accorgono di questo? Quando non si vuol vedere non si vede. Si guarda solo una parte".

E cosa pensa della crisi in Corea?
"Della Corea capisco poco. Credo che ci sia una lotta per interessi che tuttavia mi sfuggono".

Quando incontra i giovani dice loro: "Non vi fate rubare la speranza". Negli Stati Uniti è stata abolita la legge dei dreamers, dei sognatori, 800mila ragazzi messicani, colombiani, che con questa abolizione potrebbero dover far ritorno nel Paese d’origine abbandonando la propria famiglia. Cosa pensa?

"Ho sentito di questa legge, ma non ho potuto approfondire. Tuttavia penso che staccare i giovani dalla famiglia non sia una cosa che porta un buon frutto né per i giovani né per la famiglia. Ho speranza che questa legge la si ripensi un po’. Ho sentito parlare il presidente degli Stati Uniti che si presenta come un uomo pro-life. Se è un bravo pro-life può capire l’importanza della famiglia e della vita e che va difesa l’unità della famiglia. Chi ruba la speranza ai giovani? La droga e le altre dipendenze. Mentre è importante il rapporto con le radici, i giovani sradicati vogliono ritrovare le radici, per questo insisto sul dialogo tra giovani e anziani, perché lì ci sono le radici".

Lei ha parlato del Venezuela, ha pregato affinché finisca la violenza. La Santa Sede è impegnata per il dialogo nel Paese. Ma il presidente Maduro ha usato parole dure contro i vescovi, mentre dice di essere con il Papa. Cosa pensa?

"La Santa Sede ha parlato forte e chiaramente. Quello che dice Maduro lo spieghi lui. Ma la Santa Sede ha fatto tanto, ha inviato lì un gruppo di lavoro, un nunzio di primo livello, poi ha parlato con le persone, pubblicamente. Io tante volte ho parlato cercando sempre una via d’uscita, offrendo un aiuto per uscire, ma sembra che la cosa sia molto difficile. Quello che è pericoloso è il problema umanitario, tanta gente che soffre, scappa, dobbiamo aiutare a risolvere il problema in ogni modo. Credo che le Nazioni Unite debbano farsi sentire per aiutare".

Come sta dopo l’incidente allo zigomo di ieri?
"Mi sono posizionato – nella papamobile, ndr – per salutare i bambini, non ho visto il vetro e “boom!”… Ma sto bene".

Lei è arrivato in una Colombia ancora divisa. Cosa fare concretamente perché le parti divise superino l’odio. Come le piacerebbe che fosse la Colombia?

"Dopo 54 anni di guerriglia si accumula odio, e molte anime divengono malate. La malattia non è colpevole. Queste guerriglie e i paramilitari hanno fatto peccati brutti e hanno provocato questa malattia, ma ci sono dei passi che danno speranza. L’ultimo è il cessate il fuoco del ELN: li ringrazio tanto. Ma c’è qualcosa di più: la voglia di andare avanti va oltre i negoziati. C’è la forza del popolo. Io ho speranza in questa forza. Dobbiamo aiutare il popolo con la vicinanza e la preghiera".

La Colombia ha sofferto molto la violenza per la guerra e il narcotraffico. E per la corruzione nella politica. Cosa fare con questo flagello? I corrotti vanno scomunicati?

"Ho scritto un piccolo libro che si chiama “Peccato e corruzione”. Tutti siamo peccatori, ma il Signore è vicino a noi e non si stanca di perdonare. Il peccatore delle volte chiede perdono. Il problema è che il corrotto si stanca di chiedere perdono e dimentica come si chiede perdono. È uno stato di insensibilità davanti ai valori, alla distruzione, allo sfruttamento della persona. È molto difficile aiutare il corrotto, ma Dio può farlo. Io prego per questo".

Lei ha detto che per arrivare alla pace bisogna coinvolgere diversi attori. Pensa che il modello della Colombia sia possa replicare in altri conflitti?

"In tanti conflitti state coinvolte altre persone per arrivare alla pace. È un modo sapienziale di andare avanti, la saggezza di chiedere aiuto. Si chiede delle volte l’intervento delle Nazioni Unite per uscire dalla crisi, ma un processo di pace va avanti soltanto quando lo prende in mano il popolo. Il protagonista della pacificazione o è il popolo o si arriverà fino a un certo punto. Questa è la strada maestra. Voglio lasciarvi con un’ultima immagine. Quello che più mi ha colpito dei colombiani, c’era la folla sulla strada… mi ha colpito che i papà alzavano i loro bambini per farli vedere al Papa perché il Papa desse la benedizione dicendo questo è il mio tesoro, la speranza, il futuro, io ci credo. Mi ha colpito la tenerezza, gli occhi dei papà e delle mamme, bellissimo. È un simbolo di speranza e futuro. Un popolo che fa bambini e li fa vedere è un popolo che ha speranza e futuro".


La demenza irresponsabile di Bergoglio, dei suoi vescovi e dei falsi buoni che fanno del male e che non rispettano i nostri diritti umani
viewtopic.php?f=132&t=2591

Parassiti, falsi, manipolatori dei diritti umani, ladri di vita
viewtopic.php?f=205&t=2668





???

Migranti, Papa: "Governo deve gestire il problema con prudenza. In Libia Italia sta facendo di tutto a livello umanitario"
11 settembre 2017
Il Pontefice di ritorno dal viaggio in Colombia ha parlato delle politiche di gestione dei flussi migratori. Ed espresso opinioni in linea con gli interventi del ministro dell'Interno Minniti. Ha anche ammesso di aver incontrato per un pranzo il premier Gentiloni: "Ma non abbiamo parlato di questo"

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... io/3849941

“Un governo deve gestire il problema dell’immigrazione con la virtù propria del governante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho. Secondo: non solo ricevere, ma integrare”, ha detto rispondendo ai giornalisti in volo dalla Colombia. E sulle condizioni dei migranti che restano in Libia, “ho l’impressione che il governo italiano stia facendo di tutto, per lavori umanitari, di risolvere anche problemi che non può assumere”. Papa Francesco, intervistato dai giornalisti sull’aereo di ritorno dalla Colombia, ha parlato delle politiche migratorie del governo Gentiloni e del ministro dell’Interno Marco Minniti. “Io sento il dovere di gratitudine per l’Italia e la Grecia, perché hanno aperto il cuore sui migranti”, ha detto il Pontefice. “Ma non basta aprire il cuore. Il problema dei migranti è: primo, un cuore aperto, sempre, anche per un comandamento di Dio, ricevere, perché ‘tu sei stato schiavo’, migrante, in Egitto. Ma un governo deve gestire questo problema con la virtù propria del governante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho. Secondo: non solo ricevere, ma integrare“.

Poi ha continuato parlando dell’emergenza diritti umani: “Terzo: c’è un problema umanitario. Quello che lei diceva. L’umanità prende coscienza di questi lager, delle condizioni in Libia, nel deserto. Ho visto delle fotografie… gli sfruttatori…”. “Credo, ho l’impressione – ha quindi sottolineato Francesco -, che il governo italiano stia facendo di tutto, per lavori umanitari, di risolvere anche problemi che non può assumere. Ma: il cuore sempre aperto, prudenza e integrazione, e vicinanza umanitaria”. Nello specifico, sull’Africa ha detto: “E c’è un’ultima cosa che voglio dire e che vale soprattutto per l’Africa. C’è nel nostro inconscio collettivo un motto, un principio: l’Africa va sfruttata. Un capo di governo su questo ha detto una bella verità: quelli che fuggono dalla guerra è un altro problema; ma tanti che fuggono dalla fame, facciamo investimenti lì perché crescano. Ma nell’inconscio collettivo c’è che ogni volta che tanti Paesi sviluppati vanno in Africa, è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere questo. L’Africa è amica e va aiutata a crescere“.

Le parole di Bergoglio sono state interpretate in linea con quanto sta facendo il governo Gentiloni con i migranti. Tanto che lo stesso Pontefice ha ammesso di aver incontrato il presidente del Consiglio per un pranzo i primi di agosto. Ma ha pure specificato che non hanno parlato di migranti. “Prima di tutto è stato un incontro personale e non su questo argomento: è stato prima di questo problema, che è venuto fuori alcune settimane dopo. E’ prima del problema”.

Quindi il Pontefice ha riconosciuto gli sforzi di Italia e Grecia, e ha espresso “gratitudine per l’Italia e la Grecia”. Ma “non basta aprire il cuore”, secondo il pontefice è giusto fare i conti con la capacità di accoglienza del paese. “Ho visto esempi qui in Italia di integrazione bellissima – ha proseguito – Sono andato all’Università Roma Tre, mi hanno fatto domande quattro studenti. Una, era l’ultima, la guardavo: ma questa faccia la conosco. Era una che meno di un anno prima è venuta da Lesbo con me in aereo, ha imparato la lingua, studiava biologia nella sua patria, ha fatto l’equiparazione e ora continua. Questo si chiama integrare”.

Il Papa è intervenuto anche sui cambiamenti climatici ricordando “una frase dell’Antico Testamento: l’uomo è uno stupido, un testardo che non vede. È l’unico animale che cade due volte nella stessa buca”. Poi ha aggiunto sulla “superbia, la sufficienza” e sul “Dio tasca. Tante decisioni dipendono dai soldi“. A proposito delle responsabilità morali dei politici che negano che i mutamenti climatici dipendano anche dall’uomo, il Papa ha risposto che “chi nega deve andare dagli scienziati e domandare loro. Loro parlano chiarissimo, gli scienziati sono precisi. Del cambiamento climatico si vedono gli effetti e gli scienziati dicono chiaramente la strada da seguire. E tutti noi abbiamo una responsabilità, tutti. Chi piccola, chi più grande, ma ognuno ha la sua, dai politici in giù. Credo sia una cosa su cui non scherzare, è molto seria. Poi decida, e la storia giudicherà le decisioni”.

Il Papa ha anche parlato del viaggio in Colombia e ha definito “nobile” il popolo sudamericano. Il Pontefice ha ammesso di essere “rimasto commosso dalla gioia, dalla tenerezza, dalla gioventù, dalla nobiltà del popolo colombiano”. “Un popolo che non ha paura a esprimersi come sente, non ha paura a sentire e a fare vedere quello che sente”. Sulla questione delle Farc e della pace siglata con il governo colombiano, ha sottolineato che 54 anni di guerriglia hanno prodotto “molto odio, molto rancore, molta anima malata”. Ma “la malattia non è incolpabile. la malattia non è una cosa colpevole, viene”. Secondo Francesco, “sia la guerriglia, sia i paramilitari, sia anche la corruzione in questo Paese hanno fatto peccati brutti, che hanno provocato odio. Ma ci sono passi che danno speranza, passi nel negoziato: l’ultimo il cessate il fuoco di Eln, ringrazio tanto per quello”. Ma il Papa ha percepito la “la voglia di andare avanti oltre i negoziati”, una “forza spontanea” che è “la forza del popolo”. Il “processo di pace andrà avanti soltanto quando lo prende in mano il popolo”, ha sottolineato. Papa Francesco ha detto di aver percepito “speranza in questo. Il popolo vuol respirare, ma dobbiamo aiutarlo e aiutarlo con la vicinanza, la preghiera e soprattutto con la comprensione di quanto dolore c’è dentro tanta gente”.

In un breve siparietto, tra i sorrisi dei giornalisti in volo, il Papa ha poi spiegato il piccolo incidente che gli è capitato il 10 settembre nel Paese latinoamericano, a Cartagena, a bordo della ‘papamobile’.”Mi sono sporto lì per salutare i bambini, non ho visto il vetro e Pum”. L’episodio gli ha causato un piccolo taglio all’arcata sopraccigliare e un ematoma sotto l’occhio sinistro.


Ostia!


Immigrati, il Papa benedice l'Italia: "Accogliere finché è sostenibile"
Sergio Rame - Lun, 11/09/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 40449.html

L'emergenza immigrazione e l'accoglienza sono ancora al centro dei ragionamenti di papa Francesco mentre si trova sull'aereo che lo porta dalla Colombia all'Italia.


"Sento il dovere di esprimere gratitudine all'Italia e alla Grecia perché hanno aperto il cuore ai migranti, ma non basta aprire il cuore", spiega Bergoglio invitando, poi, "l'umanità" a prendere coscienza dei "lager", che si trovano in Libia, e delle condizioni degli immigrati che "vivono nel deserto". "Allora - intima - (servono, ndr) cuore sempre aperto, prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria". E non manca di criticare Donald Trump per aver cancellato la normartiva che protegge i figli degli immigrati arrivati clandestinamente negli Stati Uniti.


L'accoglienza degli immigrati

Sul volo AV150, che lo riporta in Vaticano, papa Francesco torna a mettere al centro della propria pastorale gli immigrati. "Il problema è avere sempre un cuore aperto - spiega - ricevere i migranti è un comandamento di Dio". Ma ricorda anche che un governo deve gestire gli sbarchi usando "prudenza" e valutando, in primis, quante persone può accogliere e, in secondo luogo, sapendo che non solo deve "riceverli, ma anche integrarli". "Ho visto esempi in Italia di integrazioni bellissime", spiega, poi, il Pontefice raccontando ai giornalisti in volo il caso di una giovane immigrata che ha recentemente incontrato all'università di Roma Tre. "Era venuta da Lesbo in aereo con me, ora ha imparato la lingua, ha fatto l'equiparazione - continua - questo si chiama integrare".

Durante la chiacchierata con i giornalisti, papa Francesco ricorda il viaggio in Svezia per i 500 anni di Lutero. In quell'occasione aveva preso la Svezia come "modello di integrazione", ma adesso anche il governo di Stoccolma si è accorto che non può andare avanti ad accogliere all'infinito. Per Bergoglio, invece, servono "cuore sempre aperto, prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria". "Nella coscienza collettiva c'è che ogni volta che tutti i Paesi vanno in Africa lo fanno per sfruttare - incalza - bisogna capovolgere questo: l'Africa è amica e va aiutata".


L'attacco a Trump sui "dreamers"

"Ho sentito di questa legge...". Papa Francesco torna ad attaccare Donald Trump per aver aboloto la normativa voluta da Barack Obama che tutela i figli degli immigrati entrati clandestinamente negli Stati Uniti. "Non la conosco bene, però staccare i giovani dalla famiglia non è una cosa che dà un buon frutto né per i giovani né per la famiglia", spiega Bergoglio usando molta diplomazia per rispondere a una domanda sull'abolizione dei "dreamers". "Questa legge - continua - viene dall'esecutivo e non dal Parlamento, se è così, ho speranza che ci si ripensi un po', perché ho sentito parlare il presidente degli Stati Uniti che si presenta come un uomo pro life, e se è un bravo pro life capisce l'importanza della famiglia e della vita e va difesa l'unità della famiglia, quando i giovani si sentono sfruttati, alla fine, si sentono senza speranza. E chi la ruba? La droga, le altre dipendenze, il suicidio, che avviene quando vengono staccati dalle radici". Secondo il Pontefice, infine, "è importante il rapporto con le radici, i giovani sradicati vogliono ritrovare le radici, per questo insisto sul dialogo tra giovani e anziani, perchè lì ci sono le radici, per evitare i conflitti con le radici più prossime dei genitori". "Qualsiasi cosa che vada contro le radici - argomenta - ruba la speranza".


I cambiamenti climatici

"Mi viene una frase dell'Antico Testamento: l'uomo è uno stupido, un testardo che non vede". Le parole di Papa Francesco sui cambiamenti climatici e i rinvii internazionali riguardo ai provvedimenti proposti sono state durissime. "L'unico animale del creato che mette la gamba sullo stesso buco è l'uomo, il cavallo e gli altri non lo fanno", aggiunge il Pontefice stigmatizzando "la superbia e la sufficienza" nelle posizioni assunte da alcuni leader e opinionisti su questo tema. "E poi - continua Francesco rincarando la dose - c'è il dio tasca, tante decisioni non solo sul Creato dipendono dai soldi". Quindi, conversando con i giornalisti, fa alcuni esempi che, secondo lui, dimostrano la gravità del problema dei cambiamenti climatici: "L'altro giorno è uscita la notizia di quella nave russa che è andata dalla Norvegia al Giappone e ha visto che il Polo Nord è senza ghiaccio. Poi - continua - è uscita quella notizia da un università sul fatto che 'abbiamo soltanto tre anni per tornare indietro, al contrario (ci saranno, ndr) conseguenze terribili'. Ebbene - incalza ancora - io non so se è vero questo fatto dei tre anni o no, ma se non torniamo indietro, andiamo giù". E ancora: "Tutti noi abbiamo una responsabilità morale, accettare, prendere decisioni, e dobbiamo prenderlo sul serio, credo sia una cosa molto seria. Ognuno ha la sua responsabilità morale, i politici hanno la loro. Che uno chiede agli scienziati, sono chiarissimi, che poi decida e la storia giudicherà sulle sue decisioni".

Il Papa ricorda, poi, che il prezzo più alto dei cambiamenti climatici lo pagano i poveri. "A Cartagena - conclude - ho cominciato con una parte povera della città, dall'altra parte c'è la parte turistica... lusso, e lusso senza misure morali. Ma quelli che vanno di là non si accorgono di questo? Gli analisti sociopolitici non si accorgono? Quando non si vuol vedere non si vede, si guarda da una parte soltanto".



Dalle Ong al piano Minniti Ecco perché il Papa benedice la stretta sugli immigrati
Fabio Marchese Ragona - Mer, 13/09/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 40944.html

Roma Una svolta inaspettata, un cambio di rotta nel segno della prudenza, che aveva preso forza nel pieno delle polemiche estive, con Papa Francesco informato in tempo reale sullo scandalo delle Ong e sulla situazione sempre più esplosiva di numerose città italiane.

Sono questi alcuni degli elementi che hanno portato alla sterzata di Bergoglio sul tema dei migranti, con una «benedizione» a Gentiloni, anche dopo il pressing governativo arrivato in Vaticano subito prima di Ferragosto.

Pochi giorni fa, sul volo di ritorno dalla Colombia, Francesco ha parlato, per l'ennesima volta, chiaramente: ok all'accoglienza ma sia fatta con prudenza, soltanto se i numeri lo permettono: «Un governo deve gestire questo problema», ha detto il Papa, «con la virtù propria della prudenza. E dunque, primo: quanti posti hai. Secondo: non solo accoglierli, ma anche integrarli. Ho visto esempi in Italia di integrazione bellissima». Parole molto diverse rispetto al passato. E che non sono arrivate a caso: il Papa argentino, molto sensibile al tema dei migranti, ha voluto prendere una posizione più netta dopo esser stato informato su quanto stava accadendo, tra luglio e agosto, in mare tra la Libia e l'Italia. I suoi più stretti collaboratori, lo avevano, infatti, avvisato degli scandali che hanno coinvolto alcune Ong, spiegandogli che a farne le spese, alla fine, erano proprio gli immigrati. «Francesco ha sempre tenuto la sua linea, ma ha anche adeguato le sue parole al cambio degli scenari internazionali sul tema migratorio; si veda quanto successo in Ungheria o in altri Paesi dell'Est», confida uno dei cardinali più vicini al Pontefice.

Dopotutto, Francesco, si era già reso conto che la questione dei flussi migratori stava rovinosamente precipitando quando, il 1° novembre del 2016, di ritorno dal viaggio apostolico in Svezia, aveva apertamente detto, senza giri di parole: «I governanti devono essere molto aperti a ricevere i migranti ma anche fare il calcolo di come poter sistemarli, perché non solo a un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga, si paga politicamente come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, ricevere più di quelli che si possono integrare». Parole che il Papa ha ripetuto più volte nel corso dell'anno e che ha voluto ribadire anche qualche giorno fa, sull'aereo papale proveniente da Bogotà.

Ma un tassello fondamentale per la svolta di Francesco è stata anche la visita riservata compiuta dal ministro dell'Interno, Marco Minniti, in Vaticano, nel mese di agosto. Il responsabile del Viminale, aveva incontrato le alte gerarchie vaticane per spiegare le motivazioni dietro al suo piano sull'immigrazione e le nuove regole per le Ong. Piano che ha ricevuto sottotraccia anche il placet della Santa Sede, dopo un parere positivo del Papa. E così, anche la Chiesa italiana aveva iniziato a prendere una posizione più chiara sulla questione, arrivando infine alle dichiarazioni del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei che, allineato al rigore del Papa sul tema, aveva puntato il dito contro i trafficanti di esseri umani, ribadendo: «Non possiamo correre il rischio di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana. Rivendico, con altrettanto vigore, la necessità di un'etica della responsabilità e del rispetto della legge».

Una svolta, anche questa, arrivata per chiudere ogni polemica e far da sponda all'azione pastorale di Bergoglio.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » ven set 15, 2017 7:34 pm

???

Land grabbing e migranti, gli italiani coinvolti gridano ‘Aiutiamoli a casa loro’. Mentono
Vittorio Agnoletto
2017/09/15

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... no/3856911


Alcuni commenti al mio precedente post mettevano in dubbio alcuni dati da me citati, in particolare il ruolo svolto dalle aziende italiane nel Land grabbing, l’accaparramento delle terre fertili da parte di grandi multinazionali o di interi Stati, in Africa.

Per superare ogni dubbio è sufficiente cliccare su Web of transnational deals e quindi Italy (con il browser Internet Explorer non funziona) e sarà possibile osservare come sono ben 1.017.828 gli ettari acquistati da industrie italiane attraverso il Land grabbing, terreni quasi tutti collocati in Africa, tranne circa 36mila ettari in Romania. Questi dati sono stimati per difetto, perché fanno riferimento unicamente ai contratti già chiusi nel 2015; molte altre trattative erano allora ancora aperte ed altre sono state avviate recentemente.

Cliccando su Show all outbound deals è possibile, poi, vedere la lista delle aziende italiane coinvolte in tale pratica, aggiornata al 2015. Quelli indicati come Secondary investor indicano l’azienda con sede in Italia che sta dietro i primi acquirenti (primary investor). Questi ultimi, in genere, fungono da prestanome locale: sono aziende collocate nel Paese in cui si trova il terreno, utili a superare le leggi nazionali che vincolano gli investimenti italiani.

Scorrendo fino in fondo la colonna Intention of investment, appare evidente come circa solo un terzo dei terreni acquistati con Land grabbing sono stati destinati all’agricoltura; confrontando la colonna Intended size ha (le dimensioni previste in ettari dei terreno da acquistare) con la colonna Contract size ha (la quantità di ettari di terreno già acquistati) si può osservare come già allora erano avviate le trattative per l’acquisto di circa un altro un milione di ha di terreno in Africa da parte di industrie con sede in Italia.

Siamo quindi di fronte ad un fenomeno in continua crescita e del quale molti aspetti restano ancora sconosciuti e nascosti anche per ragioni commerciali e fiscali.

Come già scritto nel post precedente, tra le conseguenze del Land grabbing vi è l’abbandono delle terre da parte di migliaia e migliaia di contadini destinati a precipitare in una condizione di ulteriore drammatica povertà che li porta ad emigrare verso nord spesso fino alle sponde del Mediterraneo con tutte le conseguenze che conosciamo. Ecco perché non ha alcun senso dire “aiutiamoli a casa loro” se contemporaneamente non vengono bloccate pratiche quali il Land grabbing.

Chiarito questo punto, rispondo brevemente anche ad altre obiezioni che mi erano state rivolte:

1. Non penso certo che “800 milioni di Africani devono venire da noi” né che “non dobbiamo aiutarli a casa loro”; sostengo molto più semplicemente che non li stiamo aiutando a casa loro e che i politici che usano lo slogan “aiutiamoli a casa loro” usano questo slogan solo per contrastare le politiche di accoglienza e per realizzare politiche di respingimento e finanziare governi e bande armate che gestiscono e costruiscono veri e propri lager nei quali rinchiudere i migranti prima che giungano sulle coste del Mediterraneo.

2. E’ evidente che le responsabilità sulla vendita delle armi o sul land grabbing non sono direttamente del singolo cittadino italiano. Con l’uso della prima persona plurale, ad esempio “Vendiamo armi” intendo riferirmi al sistema Italia, al governo – che per altro viene eletto da noi – e alle aziende/multinazionali italiane.

3. E’ ampiamente documentato che anche in Italia vi sono grandi differenze economiche, e infatti la gran parte dei post che ho pubblicato nel mio blog è dedicata ad esempio alla difficoltà di curarsi per chi è povero. Ed è altrettanto risaputo che le differenze economiche nel nostro Paese sono drammatiche. Contemporaneamente, vi è un piccolo gruppo di individui (nel mondo dell’industria, della finanza eccetera) che dalla crisi trae grandi vantaggi a danno di altri. Ad esempio la chiusura di migliaia di piccole aziende agricole familiari in Italia e nel sud dell’Europa è diretta conseguenza delle politiche delle grandi multinazionali dell’agrobusiness sostenute dai sussidi dell’Unione europea.

Sarebbe quindi molto più logico (e intelligente), anziché individuare nei migranti e negli africani i nostri nemici, comprendere che coloro che stanno depredando quel continente sono gli stessi che stanno mandando in miseria milioni di italiani ed europei. Ma nessun governo italiano, né quello attuale, né i precedenti, ha mai chiesto di rimettere in discussione i sussidi alle multinazionali europee dell’agricoltura, tanto per fare un esempio.

4. Chi vende le armi lo fa sperando che queste siano usate in modo tale da poterne vendere altre e quindi ha solo vantaggio a fomentare i conflitti. Ovviamente, un’enorme responsabilità hanno molti governi ed élites africane che scatenano le guerre pensando solo a arricchire se stesse lasciando in miseria i loro popoli. Ma a maggior ragione, i nostri leader politici, che ben conoscono tutto ciò, non dovrebbero commerciare armi con tali governi.

Se invece i nostri governi e le élites economiche finanziarie continueranno ad applicare l’antica massima pecunia non olet è bene che si sappia che le migrazioni continueranno ad aumentare senza sosta.



Alberto Pento
Sono solo poco più 10.000 kmq, un'area un poco più estesa del Friuli e sapete a quanta gente del posto da lavoro direttamente e indirettamente, questa industria agricola? Sapete quanti posti di lavoro hanno fatto perdere in Italia la delocalizzazione e la globalizzazione? E la soffocante tassazione italiana sapete quanti posti di lavoro fa perdere ogni anno? In ogni caso le politiche industriali e agricole in Africa dipendono esclusivamente dalle scelte dei governi e dei parlamenti dei paesi africani. Sopratutto non esiste alcun obbligo di accoglierli e di aiutarli, anche perché l'Italia è piena di debiti, di disoccupati, di poveri e di disperati che si ammazzano.
I fabbricanti armi sono presenti in ogni paese della terra e non hanno bisogno di fomentare conflitti perché gli uomini confliggono tra loro naturalmente. Che facciano meno figli e che si arrangino.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » dom set 17, 2017 8:13 pm

Mozambico, bambino albino ucciso e mutilato: rubato il cervello
Franco Grande - Dom, 17/09/

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/moz ... 42731.html

In Africa non si ferma la macraba usanza di uccidere e mutilare i bambini e i ragazzi albini per compiere i rituali di stregoneria

Ucciso e mutilato per rubargli gli arti, i capelli ed il cervello. È successo in Mozambico, nel distretto di Moatize, nella provincia di Tete nel nord-ovest del Paese, a un ragazzo albino di 17 anni.

Secondo quanto riferisce un un responsabile locale, citato dall'agenzia mozambicana AIM, i suoi assassini "gli hanno amputato gli arti, portando via le ossa e i capelli, e dopo avergli fracassato io cranio hanno portato via il cervello". "Abbiamo aperto un'indagine per fermare i responsabili di questo macabro crimine", ha detto Lurdes Ferreira, una portavoce della polizia provinciale.

Ogni anno in Africa vengono amputate parti del corpo di ragazzi albini che vengono, poi, usate per rituali di stregoneria, un fenomeno che di recente si è amplificato nel Sud e nell'est dell'Africa, soprattutto in Tanzania, Malawi e Mozambico. Qui gli albini sono tra i 20 e i 30mila su 26 milioni di abitanti e, secondo l'Onu, nel 2014 sono stati oltre 100 gli attacchi contro gli albini. Esisterebbe anche una "rete transfrontaliera segreta, difficile da indentificare, e tanto potente quanto quella dei signori della droga, anche se ad oggi nessun trafficante di organi è mai stato fermato".
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mar set 19, 2017 3:14 am

Sono le politiche del clima a provocare la fame
Francesco Ramella

http://www.lanuovabq.it/it/sono-le-poli ... re-la-fame

Venerdì scorso è stato pubblicato l'ultimo rapporto curato da tre agenzie dell'ONU sulla sicurezza alimentare e la nutrizione. Il documento evidenzia un'inversione di tendenza: se negli ultimi 25 anni la quota di popolazione mondiale malnutrita si era quasi dimezzata (era pari al 18,6% nel 1991 ed al 10,6% nel 2015), si stima che nel 2016 il numero di persone malnutrite sia aumentato di 38 milioni in termini assoluti e dello 0,4% in percentuali risalendo complessivamente all'11%.

Avvenire ha dedicato ampio spazio alla notizia aprendo l'edizione di sabato con un titolo che non lascia spazio a dubbi: "Guerra + clima = fame". Diretto, semplice. Matematico. Ed errato.

Né dal documento dell'ONU né dalla letteratura scientifica di settore è possibile evincere una relazione causale tra cambiamenti climatici e prevalenza della malnutrizione. Quali sono le principali ragioni del recente incremento della fame nel mondo? La FAO ne individua tre:

1) gli effetti di El Niño e La Niña, fenomeni climatici ciclici non correlati con le emissioni antropiche;
2) la crescita del numero di conflitti;
3) il rallentamento economico in alcuni Paesi dell'America latina, dell'Africa e dell'Asia occidentale.

Con rifermento ai cambiamenti climatici si legge che "benché sia impossibile stabilire una relazione causale, non si può escludere che fenomeni climatici come la maggior frequenza di eventi estremi possano essere la causa di una riduzione della disponibilità di cibo per persona".

Non esattamente un due più due fa quattro.

Anche perché, stando all'ultimo rapporto dell'IPCC (l'organismo dell'ONU che si occupa di cambiamenti climatici) e contrariamente a quanto affermato dalla quasi totalità degli organi di informazione, ad oggi non vi è alcuna evidenza empirica di un aumento della frequenza o dell'intensità di episodi di siccità o di alluvione a livello mondiale. E' invece fuori discussione il fatto che, grazie alle attuali capacità di previsione dei fenomeni, ai mezzi per difendersi ed alla possibilità di allontanarsi dai luoghi colpiti dai disastri, nel corso dell'ultimo secolo la mortalità conseguente a questi eventi si sia radicalmente ridotta (in Bangladesh, uno dei Paesi potenzialmente più esposti, di ben il 98%).

Quanto alla disponibilità di cibo, nel famigerato "anno più caldo di sempre", la produzione di cereali ha raggiunto un livello senza precedenti: il record, stando ai dati diffusi dalla stessa FAO, è destinato ad essere battuto nel 2017 quando si supereranno i 2,6 miliardi di tonnellate, all'incirca 500 milioni in più rispetto a soli dieci anni fa.

Detto ciò, occorre sottolineare come politiche volte alla riduzione delle emissioni, benché possano essere viste come una sorta di polizza di assicurazione contro i rischi che potrebbero manifestarsi nel lunghissimo periodo (nel breve e medio termine i benefici ed i costi del riscaldamento globale grosso modo si equivalgono), se non correttamente congegnate, hanno esse stesse ricadute negative sulla malnutrizione come effetto indiretto della minor crescita economica causata da un'artificiale innalzamento del prezzo dell'energia.

Al contrario di quanto accadeva nel passato in quella che potremmo definire un'agricoltura a km 0, oggi la scarsità di cibo a livello locale causata da condizioni climatiche sfavorevoli non implica necessariamente impatti negativi sulla alimentazione; questi si manifestano infatti solo nel caso in cui - come evidenzia peraltro lo stesso documento della FAO - le risorse economiche della popolazione non siano sufficienti per l'importazione delle derrate alimentari.

Le poche analisi economiche relative a provvedimenti attuati finora puntano in questa direzione: il protocollo di Kyoto ha comportato benefici pari ad un ottavo dei costi arrecati e la politica energetica della UE addirittura ha determinato effetti negativi trenta volte superiori a quelli positivi.

Analogamente, i provvedimenti governativi volti a favorire la produzione di biocarburanti, hanno causato negli scorsi anni un incremento dei prezzi dei prodotti destinati alla alimentazione umana aggravando così le condizioni di malnutrizione e determinando secondo una recente stima oltre 190.000 morti premature nel solo anno 2010.

Insomma, se finora non possono attribuirsi alle emissioni antropiche responsabilità sull'evoluzione della fame - la cui mitigazione ha invece non poco beneficiato della sempre maggiore disponibilità di energia garantita dai combustibili fossili - non sembra potersi dire lo stesso per le politiche climatiche.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » gio set 21, 2017 3:49 am

La donna nel mondo arabo, islamico, mussulmano
viewtopic.php?f=24&t=1333



Spose bambine, omosessualità e poligamia: il Marocco contro l'Onu
20 Settembre 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... zione.html

Il Marocco, tra gli Stati più laici e più impegnati nella lotta al terrorismo fondamentalista nel mondo musulmano, non accetterà le raccomandazioni dell'Onu sui diritti civili, perché "in contrasto con i principi fondanti della Nazione". Nel rapporto periodico sul grado di tutela delle libertà civili, il Consiglio dei diritti dell'Onu ha indicato al Marocco una serie di riforme da attuare. Delle 244 raccomandazioni ricevute da Rabat, solo 191 sono state accettate, mentre rimangono fuori dall'orizzonte politico modifiche importanti come l'eliminazione del reato di omosessualità. Tra le 44 sollecitazioni rifiutate, oltre la metà sono rigettate in modo assoluto, in quanto considerate pratiche consuetudinarie e perciò lecite. Il governo non apre al riconoscimento giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio, e alla conseguente possibilità di utilizzare il test del Dna per attribuire la paternità. Inoltre, non verrà rimossa dai documenti di identità l'indicazione di figli illegittimi. Nessun limite di età poi per i matrimoni, per non intaccare la pratica delle spose bambine. Rimane lecita la poligamia, mentre le donne continueranno a essere escluse dalla successione ereditaria. La violenza coniugale seguiterà a non essere reato.

Nell'ultimo esame periodico dell'Onu, nel 2012, sulle 148 raccomandazioni, il Marocco ne aveva rigettate solo 8. Questa volta il Paese nordafricano sembra fare un passo indietro nel processo di modernizzazione, e neanche la Costituzione, approvata nel 2011, può costituire una solida base su cui costruire un percorso di laicità per il Paese. Infatti, nonostante l'espresso riferimento all'uguaglianza tra tutti i cittadini contenuta nella Carta, rimane la limitazione del "quadro speciale", un'insieme di norme che stabiliscono nella religione musulmana il fondamento della Nazione.


Cultura e civiltà - incultura e inciviltà
viewtopic.php?f=205&t=2675
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » gio set 21, 2017 3:52 am

???

Gentiloni all'Onu: il futuro dell'Europa è in Africa
4-5 minuti
20 settembre 2017

E' un discorso all'insegna del multilateralismo quello del presidente del Consiglio al Palazzo di Vetro a New York. "Il futuro dell'Europa è in Africa" dice Paolo Gentiloni nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onu. "L'Italia è già promotrice di un vero partenariato con i paesi africani. È investendo in Africa che si affrontano anche le cause profonde delle migrazioni, in primis le disuguaglianze economiche e demografiche. L'approccio integrato e strutturale in cui crede l'Italia sta già dando i primi risultati positivi".

Sull'immigrazione serve una risposta globale

L'Italia è e vuole restare un Paese di accoglienza, pur nella consapevolezza del legame inscindibile fra il principio di solidarietà e quello della sicurezza", dice il premier al Palazzo di Vetro. "Ma per consolidare la nostra azione abbiamo la necessità di una risposta globale al fenomeno migratorio, che parta dalla Ue e tocchi l'intera comunità internazionale".

Priorità alla stabilizzazione della Libia

"La Libia è il tassello fondamentale per restituire al Mediterraneo Centrale il proprio ruolo storico di motore di civiltà, pace e sicurezza. La sua stabilizzazione è un obiettivo prioritario, che dobbiamo raggiungere attraverso un dialogo inclusivo, nel quadro dell'Accordo Politico, rifiutando qualunque velleitaria ipotesi di soluzione militare", spiega Gentiloni.

Non costruire barriere, non possiamo cavarcela da soli

"L'Italia sostiene l'impegno del Segretario Generale nella prevenzione dei conflitti. Prevenzione significa tutto, tranne costruire barriere. Significa soprattutto realizzare uno sviluppo inclusivo e sostenibile. Non possiamo cavarcela da soli di fronte alle minacce derivanti da regimi autocratici, crisi ambientali, terrorismo. La risposta può essere soltanto comune", avverte il premier.

Insieme contro il terrorismo

Per sconfiggere il terrorismo "occorre tempo, coraggio e unità di intenti. La sempre più evidente perdita di terreno di Daesh in Iraq e Siria ha dimostrato che possiamo farcela insieme. La vittoria sul terreno non è però sufficiente", dice il presidente del Consiglio. "Il fanatismo e l'ideologia di Daesh continuano a mietere vittime e terrore nelle nostre città".

Gentiloni difende l'accordo nucleare con l'Iran

Poi il premier difende l'accordo sul nucleare iraniano. "Crediamo che la comunità internazionale debba assicurare che il Joint Comprehensive Plan of Action rimanga una storia di successo nell'ambito degli sforzi globali di contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa. Allo stesso tempo, siamo convinti dell'importanza di una piena e integrale applicazione della Risoluzione Onu 2231".

Il cambiamento climatico è un'emergenza

Il cambiamento climatico è "un'emergenza le cui conseguenze sociali sono già tragicamente evidenti. Basti pensare agli oltre duecento milioni di sfollati che dal 2008 al 2015 sono stati costretti a lasciare le loro terre per i devastanti effetti dei fenomeni climatici", dice Paolo Gentiloni, senza fare riferimento esplicito alle polemiche sulla posizione di Donald Trump che ha ritirato gli Usa dall'accordo di Parigi sul clima Cop 21 del dicembre 2015.

Caso Regeni, fonti: per Italia obbligo morale cercare la verità

Per l'Italia è un obbligo morale quello di continuare a cercare la verità sul caso Regeni. Lo sottolineano fonti che hanno partecipato all'incontro di New York tra il premier Paolo Gentiloni e il presidente egiziano al-Sisi. E in questa direzione - sottolineano le stesse fonti - deve essere letto il ritorno dei due ambasciatori, anche per moltiplicare gli sforzi di collaborazione giudiziaria sul caso. E' un impegno preciso dell'Italia, inoltre quello di continuare, anche attraverso l'azione dell'ambasciata italiana in Egitto, a mantenere viva la memoria della figura di Giulio Regeni.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 9:09 pm

Kabobo ha ucciso a picconate papà. Ma lo Stato mi dà solo 7mila euro"
Claudio Cartaldo - Dom, 22/10/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 55141.html

Era il maggio del 2013 quando Kabobo, il clandestino immigrato con precedenti penali che viveva a Milano, uscì in strada armato di machete e uccise tre persone.

Prima la mannaia, poi un piccone. Divenne il terrore del quartiere Niguarda e sotto la sua furia omicida caddero Ermanno Masini, 64 anni, Alessandro Carolé (40) e Daniele Carella.

Oltre al dolore, per le famiglie delle vittime si è aperta anche la stagione della beffa. Come spiegato ieri, infatti, lo Stato ha approvato una legge per istituire il fondo per risarcire le vittime (e i loro parenti) dei reati violenti (omicidio, stupro, ecc) commessi da persone nullatenenti. Insomma: se un criminale senza un soldo commette un reato orrendo, spesso le vittime rimangono senza risarcimento perché non è possibile rivalersi su nessun patrimonio del colpevole. E così ci dovrebbe pensare lo Stato a risarcire. Ma se fino a qualche mese fa il Fondo era rimasto una chimera (approvata la legge in ritardo, nonostante i moniti dell'Ue), ora la commedia si è trasformata in farsa. Le cifre previste per gli indennizzi fanno gridare allo scandalo: solo 3mila euro per i feriti, 7.200 per i parenti dei defunti e meno di 5mila euro per uno stupro.

Come nel caso di David Raggi, il ragazzo massacrato a Terni da un immigrato clandestino, anche nel caso di Kabobo le famiglie delle vittime non hanno visto un euro. "L' uomo che ha ucciso mio padre era un immigrato irregolare, con precedenti penali, che aveva già dimostrato una forte tendenza alla violenza - dice Andrea Masini, figlio di Ermanno, alla Verità - Non era una brava persona. Qualcuno mi deve dare risposte sul perché fosse in giro". Dopo la condanna a 20 anni, Kabobo ora si trova in carcere. Ma le spese legali della famiglia non verranno risarcite dal condannato, perché non ha in tasca un becco di quattrino. "Ho dovuto sostenere ingenti spese legali, per le perizie psichiatriche, per fare in modo che questa persona potesse andare in carcere - spiega Masini - Ma lui è nullatenente e nessuno le ripagherà, nonostante la condanna".

Decine di migliaia di euro spesi per impedire che l'avvocato difensore dell'immigrato convincesse il giudice che Kabobo fosse incapace di intendere e di volere. "Le analisi fatte dal nostro perito dicevano altro - spiega a La Verità Masini - parlavano di un disagio e di un comportamento che proviene da una cultura diversa dalla nostra, ma non di una persona folle. Era lucido quando ha ucciso. E pensarlo in ospedale psichiatrico o rivederlo libero dopo poco avrebbe ucciso anche me".

Il giudice alla fine del processo costrinse l'assassino a risarcire il figlio della vittima con 200mila euro. Non li ha, quindi ora interverrà lo Stato. Con quanto? Appena 7.200 euro. Sempre che arrivino davvero. "È una presa in giro - attacca Masini - La perdita di mio padre ovviamente non si può quantificare, però anche in termini pratici la cifra non si avvicina nemmeno a quanto ho speso in questi anni. In realtà preferirei che non mi venissero dati, sarebbe quasi una mancanza di rispetto"
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