Coała grafia par ła łengoa veneta: tałiana o ouropea?

Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » gio gen 16, 2014 6:59 am

El xgràfo K el ghe jera xa ente ła łengoa venetega fina dal VI secoło vanti de Cristo:
Venetkens
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... VGVjQ/edit

Ła (łetara) o el (gràfo/xgrafo) K entel Cador

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ucoler.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ma-fen.jpg



Sao ko kelle terre ...
Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... -capua.jpg
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2014 6:40 pm

Eco come ke li scriveva a Venesia entel 15° secolo:

http://www.serenissimogoverno.eu/index. ... &Itemid=38

19 marzo 1474 - i Brevetti nella Serenissima

Archivio di Stato di Venezia, Senato terra, registro 7, carta 32) :

«L’andarà parte che per auctorità de questo Conseio, chadaun che farà in questa Cità algun nuovo et ingegnoso artificio, non facto per avanti nel dominio nostro, reducto chel sarà a perfection, siche el se possi usar, et exercitar, sia tegnudo darlo in nota al officio di nostri provveditori de Comun. Siando prohibito a chadaun altro in alguna terra e luogo nostro, far algun altro artificio, ad immagine et similitudine di quello, senza consentimento et licentia del auctor, fino ad anni X.»


Sto scrito el ga na lengoa mexa taliana e na grafia mexa taliana e mexa latina.
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2014 6:49 pm

Al Mocelin no ghe piaxe la X:

http://www.serenissimogoverno.eu/index. ... Itemid=110
...

8. il “COMPLESSO del SOTTOMESSO”


E' un disturbo patologico di cui il venetismo soffre da sempre, e che ne ha frenato e condizionato ogni singolo passo, portando spesso -ma non sempre, per fortuna- a scelte assurde, inspiegabili, infruttifere, e pure indifendibili.
Questo “complesso” -come ogni patologia che si rispetti- colpisce molteplici ambiti di applicazione dell'intelletto (teoretico) e dell'agire (pratico) dei veneti che fanno politica (cioè che si adoperano come meglio credono per il benessere della loro comunità, della loro “polis” appunto).
Diversamente dal “complesso di Stoccolma” (quando gli ostaggi iniziano ad amare i propri sequestratori), nel caso dei Veneti, al profondo odio ed al non riconoscimento -tacito od esplicito- dell'autorità del soverchiante italiano si accompagna un'involontaria, subdola, insana accettazione dello status di sottomissione in cui versano il Popolo Veneto, la sua Storia, la sua millenaria Cultura. Non solo: ogni pretesa italiana soprattutto sul piano culturale, viene tacitamente accettata, in quanto l'operare di molti del venetismo continua a dirigersi sempre verso nuovi lidi, senza mai consolidare, difendere quanto già conquistato, e lasciando sguarnite le più durevoli roccaforti del bagaglio identitario veneto.
Così, se lo Stato italiano crea la “Regione Veneto”, il venetismo preferisce gettare dalla finestra il termine “Veneto” -come nome del territorio- ed inventarsi un'improbabile “Venetia”, o simili.
Se la cricca partitica italiana fa abuso del Nostro Leone Marciano, sugli stemmi delle associazioni e dei partiti tende a sparire il Leone, e compaiono simboli tra i più impensabili (fino alle foglie di fico della vergogna), e s'arriva a proporre di sbarazzarsi del millenario simbolo dei Veneti, perché ormai “vecchio”.

Se gli italofoni pronunciano la Z del veneto (S sonora) come la loro Z di spaZio (Z-sorda; come nel tedesco “Zeit”), i veneti devono cambiare la loro toponomastica e la loro onomastica secolari per adeguarsi bellamente al furto con scempio grafico-fonetico compiuto dall'italiano sul veneto?
Dobbiamo rinunciare ai nostri veri cognomi?
Ai secolari nomi delle nostre città? Perché sostituirla con la X? Gli Zorzi, gli Zanin, gli Zonta saranno Xorxi, Xanin, Xonta? Non sembrano forse cognomi più tipici cinesi che veneti? Zara diventerà Xara (recente modello di automobile)?
Bolxan sarà un comune vicentino o un nuovo detersivo? (sto toxat kì el xmisia su la lengoa co la grafia, el fa na confouxion ke on coarto a bastaria).
...

Il Responsabile del Dipartimento Scolastico (del V.S.G. de Seraja)
Alessandro Mocellin


Me par ke sti toxati coà li creda ke el Veneto el sipia lomè ke Venesia e ke la storia veneta la sipia coela domè coela de Venesia e de la Repiovega Veneta.
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2014 7:06 pm

El nostro Mocelin, Capo Dipartimento scolastego del V.S.G

http://www.serenissimogoverno.eu/index. ... Itemid=110

el dopara ancora conçeti daromai superà come coelo "endouropeo" en pì lè fisà col latin e col grego e nol capise ke la lengoa venetega no la jera la lengoa veneta ma lomè na variansa lengoestega de l'ara veneta del I milegno v.C. la varisansa scrita de l'arestograsia dominante e ke en paralel a ghe jera altre lengoe o varianse lengoesteghe parlà.

...
9. il VENETO nel CONTESTO LINGUISTICO EUROPEO

Presso molti gruppi d'opinione del venetismo (collegandoci al precedente paragrafo sul “complesso del sottomesso”),
la lingua veneta viene allontanata anche forzatamente dall'orbita del latino classico -e contestualmente anche del greco-, come se ciò costituisse impurezza della lingua, o sudditanza a chi sa quale padrone. (no se trata de xlontanar, se trata de ociàr le robe co n'altra vista encu o endoe la lengoa veneta la vien tratà en manera aotonoma e no come derivante da el latin o dal grego)
Questa “scelta” pare dettata da esigenze politiche di distacco dall'Italia che -soprattutto nella sua declinazione fascista- si è data arie “imperiali” quantomai ridicole, relegando a sottoculture “barbariche” tutte le manifestazioni culturali non statalizzate, o non fungenti all'edificazione del vergognoso artificio dell'italianità neo-romana.
Tuttavia, negando l'evidente rapporto della lingua veneta col latino (mi no nego el ligo ke ghè tra le lengoe omane e prasiò anca tra la lengoa veneta e el latin), sì dà in qualche modo credito alle assurde pretese dell'Italietta fascista, che prosegue nella repubblicana “certezza” -ancora sibilante tra le bocche e le orecchie degli italiani- di essere eredi delle glorie di Roma.
Riappropriandoci del sano e giusto rapporto tra le lingue moderne ed il latino (sano raporto vol dir ke el latin el vien meso sol memo piano de la lengoa taliana e de la lengoa veneta) -con i necessari e liberi studi che ancora si devono fare, visti gli ottocenteschi interventi della cultura di Stato-, riusciremo forse a dare il giusto ridicolo a queste folli teorie neo-imperialiste.
Una delle prime ricerche da fare, riguarda un po' tutte le lingue “locali” presenti prima dell'approdo della conquista romana (o dell'alleanza alla pari -foedus aequum-, nel caso dei paleo-Veneti): si riconoscono forti influenze dell'etrusco sulla formazione del vocabolario e della sintassi del latino pre-classico, ma a tutte le altre lingue pre-romane di cui abbiamo evidenze dagli studi sulla paleolinguistica -tra cui il Venetico, lingua dei Venetici, o paleo-Veneti- nulla è riconosciuto nell'influenza del latino (ke confouxion!). Eppure moltissimi sono stati i poeti e pure gli storici provenienti dalla regione che Augusto denominò “Regio Decima: Venetia et Histria”, Livio e Virgilio, su tutti.
Poiché chi scrive non ha né le competenze, né la volontà, né il diritto di intervenire su questi delicati argomenti di “paleolinguistica”, poiché alla ricerca non si applicano -e non si devono applicare- criteri di scelta politica (?), si è deciso di fare un passo indietro nella questione del rapporto tra il “sostrato indoeuropeo” (particolarmente in discussione nei tempi presenti: si si lè purpio na categoria en descusion) la lingua venetica, la lingua greca, la lingua latina, e la lingua veneta moderna, lasciando il campo sgombero alla libera ricerca dei moltissimi validi studiosi che hanno voluto, vogliono e vorranno donare il sacrificio del loro lavoro e la luce della loro onestà intellettuale a questi importanti nodi storico-linguistici.

Tuttavia -ancora una volta per comodità- sarebbe assurdo togliersi la possibilità di fare riferimenti al greco o al latino -cosa da cui invece molti si guardano (mi no ke no me "wardo" dal latin, ansi mi wardo el latin el grego, ma wardo anca le lengoe çelte, xermane, xlave, semeteghe e mexopotameghe, turco-altaeghe), per i motivi politici esposti sopra-: è infatti utilissimo rifarsi al lessico di tali lingue, anche e soprattutto con intenti etimologici (coà casca el muso xe purpio l'etimoloja ke no la ga da esar drogà e sofegà da le lengoe grega e latina).
Usualmente, siamo stati abituati dalla cultura imposta italiana alla locuzione “deriva dal latino” o “deriva dal greco”, come se tutto e solo fosse dovuto a tali due lingue, come se nella memoria storica di un popolo -memoria che infondo si chiama “lingua”- si potesse premere il pulsante “reset”, cancellando secoli di evoluzioni e assunzioni linguistiche (no se trata de secoli ma de milegni!). Così sarebbe accaduto secondo alcuni linguisti -di dubbia onestà intellettuale-, e cioè i Venetici -e così tutti gli altri popoli entrati in contatto coi Romani- si sarebbero immediatamente spogliati della loro millenaria sedimentazione linguistica inchinandosi di fronte ad una perfezione onnicomprensiva -sa di mito, più che di studio- che il latino avrebbe avuto in sé.
C'è da dire che, se anche così fosse avvenuto, questo sarebbe stato possibile solamente se ci fosse stata una certa substanziale comunanza tra il venetico ed il latino, perlomeno a livello di lessico. Da un punto di vista prettamente ipotetico, probabilmente le c.d. radici indoeuropee erano comuni o accomunabili a livello di lessico tra venetico e latino -ed etrusco (no no la categoria endouropea lè falba e la xenera confouxion, cogna xbandonarla e no confondemo la grafia co la lengoa ke le xe robe difarenti), il cui alfabeto era simile a quello venetico-, ma l'elaborazione sintattica e morfologica del latino era più avanzata, più matura, o più condivisibile, e si è imposta per questioni di “merito”, perché che sia stata imposta con le armi o con la propaganda, nell'ante-Cristo è assai improbabile, visto che solo con 50 anni di bombardamento televisivo l'Italia è riuscita ad insegnare ai veneti l'italiano, senza nemmeno ottenere -grazie a dio- che esso si sostituisse al veneto.
Ribadendo quindi la totale ipoteticità di tale visione, e ricordando gli sforzi politici fatti per disistimare tutto ciò che latino o “latinabile” non era o non è (no se trata de dixistimar el latin ma de darghe la justa stima sens asorastimarlo e de valorixar la nostra lengoa veneta fin deso tegnesta come na scartina e sotana al latin: xbasarghe la soransa al latin e alsar la degnetà del veneto), riteniamo giusto rifiutare la canonica locuzione “deriva dal latino”, o simili, e nell'attesa che i giusti studi riempiano questo vuoto culturale non scriveremo “can; dal lat. canis”, ma ci limiteremo a proporre un “confronto” tra lemmi di lingue “alla pari”: “can; cfr. lat. canis = cane” così come “piron; cfr. greco perein = infilzare”, o come “dì 'vanti; cfr. francese avant = dopo”, o come “butiro; cfr. ingl. butter = burro” (manco mal ke ona de bona el la ga dita; xe mejo parlar de corispondense pì ke de derivanse e credo kel merito el sipia anca mio).
Sulla scia di questo rinnovato rispetto per ogni lingua passata e presente, s'inserisce anche la volontà di “sacrificare” (negli scritti) certe peculiari “venetizzazioni”di termini stranieri, che spesso si verificano in campi come l'onomastica, la tecnologia, la gastronomia, la toponomastica.

Al bando quindi scritture come “Oropa” (meglio “Europa”, come Europe) (to nona al bando: no le xe scriture le xe pronunçe, mùsat!) o come conpiuter o conputadore (meglio “computer”): se dall'estero proviene un certo prodotto, una certa idea, un certo nome di luogo o persona, lo si preservi tale, evitando fenomeni come le tipiche italianizzazioni fasciste e dando il giusto rispetto alle idee, alle cose, ai nomi altrui. Solo così i nostri biscotti “Załeti” non li vedremo scritti “Yellowies”.

...

No go gran senpatia par sto toxato ke co mi lè stà rogante e sensa creansa!

Sto toxato el capise poco, lè envaxà de le lengoe grega e latina, el fa l'Ogneversetà (o el fava) credo jurisprudensa e el ga par la testa l'enfasamento clasego.
El Mocelin lè ono kel tol su dapartuto ("el roba de ki e de là" se fa par dir) e nol rengrasia gnaon, o poki, coeli ke nol pol far de manco. Lè ono de coeli kel se porta vanti lù, a spexe de li altri.
Moçelin lè ono de coeli kel scrive en talian de la lengoa veneta, par lù la lengoa veneta lè on pretesto e la ga da ndarghe drio al talian, al latin e al grego ... el se da on mucio de arie ma el capise poketo de ste robe ... el ga tanta ciacola, coelo sì e mi de coeli ghe li ga màsa ciacola no go gnaona fedensa.
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2014 7:56 pm

Mi so la coestion de la Z e la X a le lasaria doparar tute do a piaser o a xona sonansa o fonetega, anca parké a ghè al memo do soni difarenti:

Xorxi e Zorzi (do poxision difarenti dei lavari, do pronounçe: ona co i lavari pì en fora e ona co i lavari pì en drento)

Giorgio, Xorxio/Xorxo/Xorxi, Zorzio/Zorzo/Zorzi, Jorjo/Iorio-Jori/Joro, Dhordhio/Dhordho/Dhordhi, Jorg ...
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Sixara » dom gen 26, 2014 9:50 pm

La ga-lo co ti el Mocelìn? :D
Mi comuncue a lo gò leto el so libro. No me ricordo scuaxi pì gnente ( come senpre co li tògo a prestito).. però lo go lèto. Ti nò invetse.
Elora sta X o sta Z?
Mi a pronuncio : Z-or-zi
però a digo : ts-ù-caro
e digo : diè-x-e
mi son etrusco-venetica : a son sicura ke lori i pronunçava cofà mi, soradetuto so la ts ghe metarìa la màn sol fògo

Scolta, kel fedensa lo ghèto costruio cofà : credo-credensa ? fede-fedensa.. :?: con-fedensa?
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2014 10:05 pm

Sixara ha scritto:La ga-lo co ti el Mocelìn? :D
Mi comuncue a lo gò leto el so libro. No me ricordo scuaxi pì gnente ( come senpre co li tògo a prestito).. però lo go lèto. Ti nò invetse.
Elora sta X o sta Z?
Mi a pronuncio : Z-or-zi
però a digo : ts-ù-caro
e digo : diè-x-e
mi son etrusco-venetica : a son sicura ke lori i pronunçava cofà mi, soradetuto so la ts ghe metarìa la màn sol fògo

Scolta, kel fedensa lo ghèto costruio cofà : credo-credensa ? fede-fedensa.. :?: con-fedensa?


Si: fede-fedensa cofà credo-credensa e falbo-falbensa o falbaria.
Sentito anca ti coante pronounçe ca ghemo, mi lasaria par ogni caxo almanco do grafie cusì a contentemo coaxi tuti, se ocor anca tre, basta enpararle.
Me vien al nadural doparar el material lengoestego veneto e laorarmelo par far parole nove, el me vien spontaneo come pa i putini.

Te rengrasio par el CD co le somexe de Cioxa, el me xe rivà e me lo vardarò; grasie tante anca par el santin de la Madona, ke la ne bendiga.
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Sixara » dom gen 26, 2014 10:25 pm

Berto ha scritto:Me vien al nadural doparar el material lengoestego veneto e laorarmelo par far parole nove, el me vien spontaneo come pa i putini.

Ma-sì fémo come i putìni ke lori i sà. Ke no i le gà nò tute kele ciòde de i grandi. :D
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Re: Coala grafia par la lengoa veneta?

Messaggioda Berto » lun gen 27, 2014 9:31 am

Ciòde = fise, fisasion

Beo beo, lo dopararò sto moto. !
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Re: Coała grafia par ła łengoa veneta?

Messaggioda Berto » sab feb 01, 2014 4:42 pm

Node so ła grafia o ortografia de l’ara veneta
de G. Marcato e F. Usini
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... F4cUk/edit

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