La fede en Cristo Dio e San Marco no te porta l'endependensa

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Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 2:54 pm

Non è la fede cristiano cattolico romana che ti da la coscienza, la forza e il diritto di essere uomo, comunità, popolo, stato libero e indipendente.
Venezia non è caduta perché ai veneziani è venuta meno la fede cristiana o cattolica, avendo molti veneziani abbracciato le idee democratiche (illuministiche), Venezia è caduta per la sua arroganza aristocratica e il suo disprezzo verso la democrazia.
La vera fraternità cristiana si realizza nella ugualianza dei diritti e dei doveri della democrazia (quella vera, comunitaria, clanico-preistorica e diretta) e non nella disugualianza della castualità aristocratica.
La democrazia è più cristiana dell'aristocrazia; checché ne dicano i teocratici cattolici veneti con il loro insulso mito aristocratico antidemocratico e antilluminista.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La fede en CristoDio e San Marco no te porta l'endependensa

Messaggioda Berto » sab giu 02, 2018 9:25 pm

Sfida della Baviera: crocifisso obbligatorio
Söder: "È la nostra identità cristiana". La chiesa: no all'uso politico dei simboli
Daniel Mosseri - Ven, 01/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 35188.html

Berlino - Nelle scuole della capitale è vietato portarne anche uno piccolo appeso al collo in ossequio alla legge sulla neutralità dello stato; negli uffici pubblici di Monaco, invece, da oggi è obbligatoria la sua affissione al muro.

La Germania è una Repubblica federale e in materia di crocifisso ogni Stato-regione fa testo a sé. «Un chiaro impegno per la nostra identità bavarese e per i valori cristiani: oggi la riunione di gabinetto ha deciso che una croce verrà appesa in ogni ufficio statale a partire dal 1 giugno».

Lo scorso 24 aprile il governatore del Libero Stato di Baviera Markus Söder aveva annunciato su Twitter la svolta in senso religioso e identitario degli altrimenti silenziosi e asettici uffici pubblici bavaresi. Un annuncio condito dalla diffusione di una foto in cui Söder appende un'antica croce di legno su una parete della cancelleria statale. Benché annunciata da un esponente di punta della Csu, il partito cristiano-sociale presente solo in Baviera, la novità ha sorpreso i tedeschi. Per molti di quelli che vivono più a nord, anche fra gli elettori del partito cristiano democratico (Cdu) di Angela Merkel, la Csu è semplicemente un covo di reazionari. La Csu è però lo stesso partito che da decenni amministra da sola e con cura una terra già contadina, diventata in pochi decenni il primo motore della locomotiva d'Europa. Fra il 1962 e il 2008, la Csu ha governato in monocolore e l'identificazione fra il partito e la Baviera è tale che in quel Land la Cdu non si presenta neppure alle elezioni, lasciando ai cristiano sociali l'incarico di mietere le messi elettorali.

Recuperata la fiducia dei bavaresi nel 2013 con oltre il 49% dei consensi, il partito cristiano sociale ha però trovato pane per i suoi denti in Angela Merkel. La sua politica d'accoglienza ai profughi, molti dei quali entrati in Germania proprio dalla Baviera, ha fatto vacillare la fiducia dei bavaresi in un partito rivelatosi incapace di fermare l'arrivo dei rifugiati: alle elezioni dello scorso settembre la Csu è «precipitata» al 38,8%. Quelle però erano elezioni federali: a metà ottobre si vota per il rinnovo del parlamento statale e la Csu è corsa ai ripari: cacciato l'ex governatore Horst Seehofer a Berlino, Söder è stato chiamato a imprimere quella svolta conservatrice che permetta di recuperare i voti intercettati dagli xenofobi di AfD.

Il crocifisso negli uffici statali (ma non quelli comunali o dello stato federale) serve proprio a questo. Nella cattolicissima Baviera la croce negli uffici piace a molti ma non a tutti. Il protestante Söder non ha messo in conto la reazione della Chiesa romana: il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della conferenza episcopale tedesca, ha detto no all'uso politico del crocifisso. Dalla parte del presule si sono schierati i giovani cattolici (Bdjk) e i giovani protestanti (Ebj) bavaresi, che al governatore hanno ricordato che per loro la croce è simbolo di tolleranza e non di identità.



REPUBBLICA VENETA: IL CROCIFISSO È LA GUIDA DEI VENETI!

Ancora oggi sarei tendenzialmente contrario all'esposizione del Crocifisso negli edifici pubblici italiani, perché non riconosco all'Italia una vocazione cristiana.
Sono invece decisamente favorevole all'esposizione del simbolo della cristianità negli uffici pubblici della Repubblica Veneta, o Repubblica di San Marco, per la scelta radicale che lo Stato veneto ha compiuto da sempre a considerare i suoi principi e i sui valori ispirati al Vangelo di Cristo!
infatti, con la ricomposizione del Maggior Consiglio abbiamo anche approvato, a Costituzione veneta, il "Pater Noster", atto di fede dei credenti in Cristo, ma anche dichiarazione di amore e di rispetto per l'umanità, di fratellanza e solidarietà tra gli uomini: principi che la Serenissima ha sempre affermato internamente ed internazionalmente.
La Repubblica Veneta non rinasce per nostalgia della sua gloria passata, ma perché siamo consci del suo ruolo umanistico insostituibile.
Le politiche degli Stati che ci circondano mirano alla dominazione selvaggia, alla guerra di rapina, allo sfruttamento dei Popoli.
La nostra cultura ci dirige invece verso altro, come nella storia della Serenissima!
La Repubblica Veneta ritorna dunque per difendere la libertà dell'uomo, per affermare la giustizia contro le prevaricazioni, la solidarietà con il prossimo e il rispetto dell'uomo.
La Repubblica Veneta contrasta le politiche imperialistiche, il fanatismo religioso, i patti internazionali diretti allo sfruttamento dei Popoli.
Sconfitti ma non rassegnati dai tradimenti "alleati" europei e ridotti a servi di poteri dittatoriali, oggi ci stiamo liberando per riprendere la nostra strada contro le politiche miopi, mafiose e catastrofiche.
Non inventeremo niente di nuovo, ci basterà riaprire le pagine del Vangelo che Marco è venuto a portarci in terra veneta!
Viva la Repubblica di San Marco!
Viva la Repubblica Veneta
Venezia 2.6.2018
Albert Gardin – CXXI Doge
Ufficio Dogale – San Polo 2398 – 30125 Venezia
governoveneto@gmail.com – info 338 8167955
Albert Gardin – CXXI Doge
Giancarlo Orini – Presidente del Maggior Consiglio


Gino Quarelo
La Repubblica Veneta Serenissima non ha saputo e voluto adeguarsi ai tempi nuovi con i loro valori democratici, e perciò è venuta gravemente meno ai valori cristiani, rifiutandosi di estendere la sovranità politica a tutti i veneti. Ed è stata punita per questo. La democrazia, specialmente quella diretta è un alto valore civile "universale" (anche se non universalmente riconosciuto e apprezzato), precristiano e altamente cristiano. Il Padre nostro è una preghiera ebraica prima che cristiana ed esprime dei valori universali che si trovano in molte altre tradizioni religiose. Si può essere buoni uomini e buoni veneti senza essere cristiani. Molti sono i cristiani cattivi uomini e cattivi veneti, ieri e oggi.



L'impero romano d'occidente era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero romano bizzantino d'oriente era cristiano e la storia l'ha cancellato;
l'impero di Carlo Magno era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero spagnolo era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero portoghese era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero inglese era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero veneziano era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero russo era cristiano e la storia lo ha cancellato;
l'impero italiano era cristiano e la storia lo ha cancellato;
...
cosa c'entrano questi imperi, questi domini politici con la fede cristiana?







Anche Napoleone era cristiano

http://www.tempi.it/ei-fu-papista-e-ant ... raccontato

Napoleone era cattolico, non anticlericale

«Mai in un uomo si è veduta una simile combinazione di crudeltà, tirannia, petulanza, dissolutezza, lusso, ed avarizia, come in Napoleone». Bonaparte aveva la rogna, piangeva come una fanciulla, soffriva di continui svenimenti, cacciava a pestoni le amanti dal letto, esiliava gli amici di infanzia, esultava per aver ricevuto una lettera dello Zar. Era faceto, senza religione ma «estremamente superstizioso», «insolente e offensivo nelle conversazioni private». Con queste parole, Lewis Goldsmith, in The Secret History of the Cabinet of Bonaparte (1811) inaugurò la campagna di delegittimazione pubblica contro l’imperatore dei francesi.

Se la missione propagandistica fu un fallimento quasi completo, lo si deve al fascino esercitato dalle sue vittorie e anche ai molti memoriali che uscirono a distanza di pochi anni dalla sua morte. Uno dei più interessanti fu pubblicato a Parigi nel 1840 ed è stato recentemente tradotto in italiano. Si tratta di Sentiment de Napoléon sur le christianisme, Conversations religieuses. Le Conversazioni sul Cristianesimo, pubblicato dall’editrice Esd, contiene un estratto del memoriale, le testimonianze degli uomini esiliati con lui, che confermano l’adesione al cattolicesimo di Napoleone, già poeticamente rivelata da Alessandro Manzoni, nella poesia Il Cinque Maggio.
«Quello che esce da queste pagine», scrive il cardinale Giacomo Biffi, che ne ha promosso la pubblicazione, è un cristiano devoto. Per Napoleone «la fede e la religione erano l’adesione convinta, non a una teoria o a un’ideologia, ma a una persona viva, Gesù Cristo, che ha affidato l’efficacia perenne della sua missione di salvezza a “un segno strano”, alla sua morte sulla croce».

Le testimonianze raccolte dagli uomini della corte riunita sull’isola di Sant’Elena, che condivisero con lui gli ultimi 6 anni di vita, svelano dell’Imperatore l’intimità religiosa. Le conversazioni sono riportate dalle annotazioni dei due medici che l’ebbero in cura e dalle parole del suo esecutore testamentario Charles Tristan De Montholon. All’approssimarsi della morte, il generale corso si faceva trovare in camera con il Vangelo sul tavolino, e parlava tranquillamente del cristianesimo e di Dio. Non lo aveva mai fatto. «Io lo sento, questo Dio, lo vedo, ne ho bisogno, credo in lui», confida a De Montholon.
Bonaparte si dice affascinato da Gesù, dalla sua persuasione, che esercita «con un richiamo al cuore, e non con uno spiegamento sontuoso di logica». «Il suo spirito mi supera, e la sua volontà mi stupisce; tra lui e qualsivoglia altro nel mondo non può esserci un possibile termine di paragone», afferma. Napoleone, nel Vangelo, vede la nascita di Gesù, la storia della sua vita, la profondità del suo dogma come un «mistero insondabile». «Questo mistero – dice – è perennemente sotto i miei occhi, e io non posso né negarlo, né tanto meno spiegarlo. In tutto ciò non c’è niente di umano. Più tento di avvicinarmi, di esaminarlo da vicino, più il mistero mi trascende, e rimane di una grandezza soverchiante; e più medito, più il mistero diventa inafferrabile».

Il suono delle campane
Nel fare sarcastico e paternalistico di Napoleone, anche il bonapartista Antoine Claire Thibaudeau riscontrò una inclinazione al misticismo. Lo rileva nelle sue memorie sul Consolato, in un incontro nella residenza di Malmaison, nei pressi di Parigi, a margine del concordato con cui, nel 1801, Napoleone ristabilì il culto cattolico in Francia. Thibaudeau riporta il colloquio che avvenne tra l’imperatore e un membro del Consiglio di Stato.
Giustificando il Concordato con la Chiesa, e il ripudio delle dottrine sull’Essere Supremo, figlie del giacobinismo, Napoleone dice: «Domenica scorsa ero qui, in questo giardino, in questa solitudine, in questo silenzio della natura. Poco lontano la campana di Rueil risuonò alle mie orecchie: fui commosso; tanto è forte la potenza delle prime abitudini e dell’educazione. Allora dissi a me stesso: che impressione deve fare questo su uomini semplici e creduli! I vostri filosofi, i vostri ideologi rispondano a questo! Abbiamo bisogno di una religione per il popolo».

Grazie a quel Concordato, Napoleone ricevette la consacrazione del Papa Pio VII alla Repubblica e la conferma della vendita dei beni ecclesiastici, sottratti durante gli anni rivoluzionari. In compenso, «onori militari, in favore di Gesù, furono inseriti nel bollettino delle leggi».Nelle conversazioni a Sant’Elena, l’imperatore si sofferma anche su quegli anni e sullo strano rapporto che intrattenne con Pio VII, che fece “rapire” nel 1811 e che liberò soltanto in prossimità della sua fine politica. «Quando il Papa era in Francia», racconta Napoleone a De Montholon, «gli assegnai un palazzo magnifico a Fontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messo a sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali, anche se non uscì mai. Il papa era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che il papa smentì pubblicamente».

Non sono battute ironiche. A confermarne la veridicità ci sono gli scritti del Cardinal Bartolomeo Pacca (che Napoleone fece imprigionare), il quale ricorda la contentezza di Pio VII, dopo le visite con il suo persecutore corso. Il vecchio Papa lo chiamava «caro figliolo», «figliolo caparbio». Lo stesso Napoleone confessa ai compagni di Sant’Elena di provare per Pio VII dell’affetto. Lo ritiene un uomo «buono, dolce e bravo», che non ha mai rinunciato alla speranza che si confessasse con lui: «e me lo ha anche più volte ripetuto, con innocente dolcezza, mentre discorrevamo da buoni amici: “Prima o poi, lei lo farà, con me o con qualche altro, e vedrà quale gioia e felicità ne avrà lei stesso”». Napoleone a quella richiesta sempre si sottrasse: «Santità – gli diceva – ora sono troppo occupato; lo farò quando sarò vecchio».

L’educazione religiosa
Bonaparte non fu mai ateo. A Sant’Elena lo ribadisce: era un corso, aveva ricevuto un’educazione religiosa. Aveva vissuto a Parigi negli anni atei rivoluzionari, senza abbracciare alcuna filosofia. Era un guerriero e vedeva nella religione del popolo, la sua religione, tanto da difendere la necessità dell’esistenza di un clero, come riferisce ancora Thibaudeau: «Ci saranno sempre i preti, finché ci sarà senso religioso nel popolo»; a chi gli chiede di abolire la casta, spiega: «Sono andati i tempi buoni», «non c’è più nulla da prendere al clero».

Napoleone, in seguito, cercando di sottrarre Roma al papato subì la scomunica. E da quel momento, la fortuna si rovesciò. In pochi anni, arrivarono sconfitta ed esilio; l’umiliazione e la paura del viaggio che lo portò all’Elba, mentre il popolo lo inseguiva per metterlo a morte, accusandolo di essere il peggiore dei tiranni. Quando giunse in Italia, Bonaparte era spossato e senza speranza. Ma si commosse dell’accoglienza degli isolani. E, al Te Deum, nella chiesa di Porto Ferraio, qualcuno lo vide piangere. Nemmeno quando tornò al potere durante i “cento giorni”, le spie straniere riuscirono a risolvere il mistero di quel comportamento amletico, «commediante», che l’imperatore aveva tenuto durante quei giorni all’Elba.
Sull’isola aveva mangiato la zuppa con i pescatori di Porto Ferraio, giocato a carte con le signorine dell’isola e si era fatto beffe dei cortigiani, infilando pesci nelle tasche. Si era dato alla zappa e alla costruzione della sua nuova “reggia”, immaginando camere, e saloni. Nei momenti di sconforto aveva infilzato il terreno con il bastone. Si era mosso per il suo nuovo piccolo regno a cavallo, intrattenendo conversazioni con i suoi nuovi “sudditi”.

«Sia fatta la volontà di Dio»
Il secondo esilio, a Sant’Elena, definitivo, ormai chiude la sua epoca. Napoleone è consapevole che non rivedrà più la patria e gli onori. Non ha più nulla da nascondere, quando inizia la lunga malattia che lo porterà alla morte, e al Generale Bertrand, che sull’Elba era stato vittima delle sue burle, dice, lasciandolo di stucco: «Se lei non capisce che Gesù Cristo è Dio, ebbene ho sbagliato io a nominarla generale!». Ai cortigiani, almeno inizialmente stupiti di quella devozione, Bonaparte spiega che la causa della conversione è da rintracciarsi nelle opere della madre e del vescovo di Nantes, i quali lo hanno «aiutato a raggiungere la piena adesione al cattolicesimo».
Fra una lamentazione e l’altra (sostiene di aver avuto «più traditori di Augusto»), intrattiene discorsi teologici e ordina di costruire un altare per dire Messa. Gli mancano il suono delle campane, la moglie, il figlio. Gli mancano persino i preti, e di tanto in tanto, pensa di crearne uno: «E se io, Imperatore consacrato, vescovo io stesso – dice a De Montholon – ne consacrassi uno qui? Clodoveo e i suoi successori non erano stati consacrati con la formula di Rex Christique sacerdos? Non era quella la vera carica di vescovo?». Alla fine si decide a chiedere allo zio vescovo un prete colto che abbia meno di quarant’anni.

«Avrei desiderato rivedere mia moglie e mio figlio; ma sia fatta la volontà di Dio», con questo sentimento Bonaparte si avvicina alla morte. Stando alle cronache, chiede all’abate Vignali di confessarlo, dà disposizioni sulla camera ardente e si fa somministrare il santo viatico. Muore, il 5 maggio del 1821, secondo testamento, nella religione Cattolica romana e apostolica.


Gino Quarelo
Bene il crocefisso, ma anche tutte le altre religioni compreso l'ebraismo per contrastare il nazismo maomettano. Ma bene anche l'atesimo e aidolismo. Il sono veneto e non sono più cristiano, non ho assolutamente bisogno di credere nell'idolatria cristiana. Rispetto per i cristiani ma anche per coloro che non credono nel cristianismo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer set 05, 2018 2:45 am

— REPUBBLICA VENETA —
La Costituzione veneta è semplice, chiara e universalmente nota: il "Pater Noster", dettato da Gesù Cristo!

https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 4925075586


Gino Quarelo
Gesù Cristo era un ebreo eretico e chi lo ha scambiato e lo scambia per Dio è semplicemente un idolatra.

Inoltre la fede in Cristo e in San Marco non ha aiutato i veneziani ad evolversi e a trasformare la loro Repubblica aristocratica in una Repubblica a sovranità di tutti i veneti;
inoltre gli stessi non hanno impedito o aiutato i veneziani a impedire la fine della loro Repubblica Serenissima, l'invasione di Napoleone e la sua conquista della terra veneta e dei domini veneziani;
gli stessi non hanno aiutato i veneti a impedire il dominio austriaco e poi italiano, il grande esodo, la grande miseria, la grande guerra che ha distrutto le terre venete;

le responsabilità sono solo ed esclusivamente degli uomini e non certo dei loro idoli; il passato, il presente e il futuro stanno prevalentemente (a parte le catastrofi naturali e le epidemie) nelle mani degli uomini e il bene in quelle degli uomini di buona volontà che sanno riconoscere i loro errori e che cercano di migliorarsi.

L'idolatria non porta alcuna libertà, alcun progresso, alcun miglioramento, l'idolatria illude e deresponsabilizza e basta.


Ƚe diexe comande o toƚe ebrego-cristiane de ƚa ƚeje
viewtopic.php?f=24&t=1236
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Messaggioda Berto » dom dic 30, 2018 10:38 am

Sull'esaltazione del marcianismo

Essere cristiani non è un discrimine dei veneti

Essere cristiani non è un discrimine dei veneti, una peculiarità, una specificità dei veneti rispetto alle altre genti italiche ed europee.
In particolare non lo è rispetto ai cristiani di area italica e di altre parti dell'Europa cattolica.
Il marcianismo o il cristianismo marciano non ha nulla di diverso dal resto del cristianismo cattolico romano, non è una variante a sè.
Un veneto cristiano marciano non è più cristiano di un altro italiano o italico non marciano.
Non è che i veneti marciani, in particolare i veneziani si siano dimostrati in tutto e per tutto migliori e più aderenti al cristianismo lungo la storia, rispetto agli altri cristiani; e se vi sono state delle differenze con altri cristiani di area cattolica non dipendono certo dal santo patrono San Marco evangelista e dalla sua idolatria.

Poi per essere buoni uomini e buoni veneti non è necessario né essere cristiani né essere marciani e da un punto di vista politico discriminare in tal senso tra i veneti non è certo buona cosa né favorisce l'adesione dei veneti all'idea indipendentista anzi è probabile che ne allontani molti che si sentono poco o per niente cristiani.

L'esaltazione fanatica del marcianismo comporta ed è indice di irragionevolezza, idolatria, pregiudizio, discriminazione, antisemitismo e antisraelismo.
I veneti marciani, specialmente quelli esaltati e fanatici, debbono imparare a rispettare e ad amare gli altri veneti e gli esseri umani tutti a prescindere dalla religione, dall'ideologia e dalla pratica religiosa e considerare invece i valori umani naturalie universali che appartengono e uniscono tutti i venteti e gli uomini di buona volontà della terra.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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