Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » sab nov 21, 2020 2:44 pm

Eni sviluppa innovativa tecnologia per biofissazione Co2 con luce artificiale
12/11/2020


https://www.adnkronos.com/soldi/economi ... refresh_ce

Eni annuncia l’avvio dell’impianto sperimentale per la biofissazione dell’anidride carbonica ottenuta dalle micro-alghe grazie all’ausilio di luce artificiale Led. L’impianto, realizzato presso il Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l'Ambiente, rappresenta per Eni un ulteriore importante passo avanti nell’ambito degli obbiettivi si decarbonizzazione ed economia circolare.

Nel dettaglio, riferisce l'Eni in una nota, il processo di biofissazione algale consente di fissare l’anidride carbonica sfruttando la fotosintesi clorofilliana per valorizzare la CO2 come materia prima in prodotti ad alto valore quali farina algale per mercati alimentari/nutraceutici, e/o bio olio - non in competizione con le coltivazioni agricole - utilizzabile come materia prima nelle bio raffinerie. Si tratta di una tecnologia basata su una filiera totalmente italiana nell’ambito della quale Eni sta accelerando l’applicazione in campo, in quanto strategica per la riduzione delle emissioni climalteranti.

L’impianto pilota, composto da 4 fotobioreattori, è integrato con fonti energetiche rinnovabili ed è basato su tecnologia Photo B-Othic, con cui Eni ha firmato un Accordo di Licenza. Photo B-Otic nasce per supportare lo sviluppo della tecnologia di biofissazione e parte dall’iniziativa di MEG, Everbloom, Abel Nutraceuticals e della Cooperativa Arcobaleno, che è socia di maggioranza ed ha promosso questa iniziativa imprenditoriale frutto di un decennale lavoro di ricerca nell’ambito della nutraceutica e delle biotecnologie in collaborazione con il DIATI del Politecnico di Torino.

I fotobioreattori su cui la tecnologia si basa sono composti da pannelli idraulici innovativi, in cui circolano le micro-alghe, equipaggiati con pannelli illuminatori a LED che diffondono la luce in maniera uniforme, sfruttando le lunghezze d’onda preferite per la fotosintesi. La modulazione della luce per intensità e qualità viene controllata in base alle condizioni di crescita ottimali.

I vantaggi di questa tecnologia consistono nella elevata efficienza di fissazione della CO2, semplicità, modularità e compattezza e nel funzionamento h24/7. Questi fattori la rendono interessante per tutte le aree logisticamente favorevoli anche in siti non utilizzabili per l’agricoltura, o aree industriali dismesse e riconvertite.

Attualmente, l’impianto pilota ha raggiunto dati di produttività giornaliera di biomassa molto promettenti, che - laddove confermati su più larga scala - potrebbero consentire ad un impianto che abbia footprint pari a 1 ettaro di arrivare a produrre ben 500 tonnellate di biomassa l’anno per ettaro, intrappolando circa 1000 tonnellate di CO2.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mer nov 25, 2020 9:05 am

Un articolo interessante di critica all'ecologismo, che condivido in parte, ad esclusione del fanatismo fideistico religioso della De Mari che comunque mi è simpatica.
Io sono per il controllo responsabile delle nascite, per l'aborto come legittima difesa in caso di stupro e di malattia, contro l'apertura all'invasione scriteriata dei clandestini e dei nazi maomettani, per un'ecologia non ideologica e utopistica.



L’ECOLOGISMO È NEMICO DELL’UOMO E DEL CREATO
Di SILVANA DE MARI
Apostasia verde.??
Angelo Palmeri

https://www.facebook.com/zio.Ferdinando ... 1451951645

L'ecologismo è quella deformazione semianalfabeta dell'ecologia che diventa nemica dell'uomo e del creato. Si sta diffondendo sempre di più anche nella Chiesa. Eppure essa è favorevole all'aborto perché vede in ogni bambino un potenziale assassino dell'ambiente e in ogni essere vivente un parassita.

SINODO AMAllONICO/2
Per capire quali sono le conclusioni del sinodo delFAmazzonia e tutto il senso del papato di Bergoglio vale la pena di leggere il testo di Matteo D'Amico. Apostasia verde. Dalla «Laudato si.» al Sinodo sull’Amazzonia:l'ecologismo di papa Francesco e la distruzione della fede cristiana.
Il libro è imperdibile, dato che Fautore ha affrontato centinaia di pagine di scrittura sciatta e di una noia abissale per spiegarci come la Laudato si' sia uno dei testi più prolissi, vuoti, incolori, inconsistenti e banalmente sottomessi alla ideologia ecologista dominante. Nelle conclusioni del sinodo manca il più piccolo riferimento al fine per il quale Cristo ha istituito la Chiesa: la salvezza delle anime. salvezza cui si arriva attraverso Cristo,i sacramenti, il Vangelo. la Messa e l'Eucarestia. Al sinodo non si è parlato né di peccato, né di redenzione, né di giudizio di Dio, né di vita eterna, mentre si è negato Cristo a coloro che non lo hanno, rifiutando di convertirli. Questa è la negazione del cristianesimo, annegato nella panna montata di una misericordia appiccicaticcia e anticristica.

L'ecologia è una scienza, esattamente come la biochimica, la fisiologia e l'astronomia. L'ecologia quindi, come ogni scienza, è profondamente religiosa perché mostra l'equilibrio del creato. San Tommaso d'Aquino ha ricordato che tra i doveri del cristiano c'è la conoscenza della scienza, dato che attraverso la scienza conosciamo il creato e il creato è opera di Dio. È evidente che quando noi vediamo la stampa di un bambino inglese di otto anni che lavora in una miniera di carbone inglese dell’800, oppure la fotografia di un bambino del Birkina Faso che a otto anni lavora nelle odierne miniere doro, comprendiamoche un equilibrio sacro è stato violato. Quando paragoniamo le periferie industriali delle megalopoli ai filari di cipressi e di ulivi delle campagne toscane è evidente che un equilibrio sacro è stato violato.

L'ecologismo è una deformazione semianalfabeta dell'ecologia. L'ecologismo vede nell'essere umano il parassita del pianeta. soprattutto l’essere umano occidentale. L'ecologismo raccomanda di non fare figli e se proprio si cede a questa bizzarra voglia, farne uno solo. La Germania è tappezzata di manifesti di una giovane donna con due bambini. che è definita killer del clima. L'ecologismo adora l'omosessualità e adora l'aborto perché odia il neonato. Paladina dell'ecologismo è la fanciullina Greta Thunberg. campionessa mondiale di salto della scuola e quindi deliziosamente semianalfabeta, perché solo una persona semianalfabeta può parlare in buona fede di ecologia senza nominare la parola Cina. La fanciullina è estremamente cara al cuore di tutte le élite: ha parlato alla Comunità europea, se n'è andata all'Onu sopra una barca a vela costata quanto un piccolo ospedale africano, è stata ovviamente ricevuta da Bergoglio ma soprattutto. è il caso di ricordarlo, il 21 gennaio 2020 è stata ricevuta a Davos.

Davos è una ridente cittadina della Svizzera tedesca dove si riunisce il World economie forum. che tradotto in parole povere possiamo indicare come il foro dei nuovi (molto) ricchi e dei nuovi (molto) potenti. Il ricco e potente classico con i suoi quattrini e con il suo potere si faceva gli affari suoi, oppure, se aveva deciso di salvarsi l'anima, finanziava la costruzione del duomo di Orvieto o della cattedrale di Chartres. I nuovi ricchi e nuovi potenti invece devono costruire il mondo nuovo, la quarta rivoluzione industriale con la digitalizzazione completa dell'economia, con l'annientamento completo delle divisioni, anche quelle tra una famiglia e l'altra. quindi niente più famiglie: anche quelle tra una nazione all'altra. quindi niente più nazioni: anche quelle tra una religione l'altra, quindi niente più religioni. Come spiega il simpatico fondatore dell'amena combriccola. Klaus Schwab. nel suo testo CoL'id-19. the Great reset, la pandemia è una meravigliosa occasione per resettare, cioè annientare la civiltà attuale. Al costo di poche decine di milioni di disoccupati si potrà distruggere la piccola e media impresa, che fa disordine, a favore della grande impresa, che è più ordinata, con tutte le produzioni trasferite in Cina.

Se ci avete fatto caso Mario Draghi. già qualche anno fa, aveva sottolineato quanto sia importante distruggere la piccola e media impresa. che fa disordine, a favore di quelle ciclopiche. Il Covid ha fatto una grossa parte di lavoro ma solo una parte. Avete notato che durante i cosiddetti lockdown mentre il nostro sistema immunitario e la nostra economia morivano, le graziose madame di Bruxelles URSULA von der LEYDEN e CRISTINE LEGARDE continuavano a parlare dei problemi del clima. Fermare l'economia non basta. Per distruggere la civiltà occidentale occorre il blackout. Occorre che manchi la corrente. La Francia sta chiudendo le sue centrali nucleari. Ecco perché Greta è così importante. Ecco perché parla e straparla di ecologismo la Chiesa, che non è più ancilla Domini. serva di Dio, ma è diventata ormai in tutto e per tutto ancilla hominum, serva degli uomini. serva del potere temporale, come giustamente sottolinea Danilo Quinto, che in un omonimo libro ha creato questo neologismo.

Il sinodo dell'Amazzonia. insieme a tutto ciò che lo ha accompagnato, dimostra più di ogni altra cosa il gravissimo stato di necessità in cui si trova oggi la Chiesa cattolica, con i vescovi e il Papa stesso impegnati a demolire il poco che restava di intatto a livello dottrinale, incuranti del bene delle anime a loro affidate, completamente sottomessi alle ideologie e ai poteri mondani più avversi alla religione cristiana. Tutta la storia della cristianità è stata caratterizzata dalla contrapposizione di due poteri: lo Stato e la Chiesa. Dal Concilio vaticano II invece la Chiesa comincia a essere sempre più serva del potere temporale, i papi vanno a parlare all'Onu senza mai nominare Cristo e ne seguono l'agenda. Ora la Chiesa è direttamente serva dell'élite. Questo crea il Leviatano. Virus e Leviatano è il titolo dell'ultimo libro di Aldo Maria Valli. Il virus è il Covid-19. Il Leviatano nasce nella mitologia fenicia come rappresentazione del caos primitivo, compare nella Bibbia come serpente guizzante e tortuoso o come simbolo della potenza dei faraoni d'Egitto e delle potenze nemiche di Dio. Aldo Maria Valli fa riferimento al libro più conosciuto dello scrittore inglese Thomas Hobbes: il Leviatano è lo Stato, uno Stato onnipotente, che stringe in una mano lo scettro e nell'altra il pastorale, in una situazione in cui la Chiesa e lo Stato non sono più in dissidio tra di loro perché lo Stato ha cortesemente inghiottito la Chiesa.
Torniamo allo strano sinodo dell'Amazzonia. dove è stato proposto il protocollo amazzonico di evangelizzazione. In 53 anni in Amazzonia, non è stata battezzata nemmeno una persona, ma sono stati distribuiti cerotti e amuchina, nella ferma convinzione che Cristo sia morto in croce per fondare una onlus. E non per salvare le anime. Cristo è divisivo. La nuova Chiesa 3.o non converte più nessuno. Ospiti d'onore del sinodo: Jeffrey Sachs. economista americano. e Ban Ki-moon. Nessuno dei due è cattolico ed entrambi adorano l'aborto perché ogni nuovo bambino è un potenziale killer del clima. Al sinodo dell’Amazzonia la nuova Chiesa 3.o ha cinguettato che dobbiamo obbedire all'Onu e l'Onu ha due parole d'ordine: contraccezione chimica e aborto,o ltre alla protezione del clima in pericolo,secondo il verbo di una semianalfabeta,mediante la distruzione della civilta’ occidentale, la nostra. IL NEMICO È DENTRO LE PORTE.

Foto tratta dal web ,non inclusa nell’articolo della Verita’
BERGOGLIO E CARDINALI IN PREGHIERA DAVANTI ALL’IDOLO PACHAMAMA durante il sinodo dell'Amazzonia
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio dic 17, 2020 9:03 pm

Quella truffa chiamata green economy
Ecco perché l'energia green non è poi così sicura. Dal documentario Planet of Humans agli squali del capitalismo ecologico.

https://www.lintellettualedissidente.it ... uinamento/

Negli ultimi anni il tema del surriscaldamento globale è tornato ad essere centrale nella discussione politica, con importanti meeting internazionali incentrati sulla salvaguardia del pianeta. Gli appelli degli attivisti sono stati raccolti da una grossa fetta dell’opinione pubblica, la quale invoca, a gran voce, interventi rapidi e radicali perché si eviti una catastrofe che sembra sempre più imminente. Nonostante tutt’oggi persistano voci negazioniste che attribuiscono il global warming a cause indipendenti dall’operato dell’uomo, la questione non è più evitata, concentrandosi sul “da farsi”, sulle azioni pratiche che governi, industrie e singoli cittadini devono attuare prima che sia troppo tardi. Non stupisce che tra coloro che sostengono che il surriscaldamento sia solo una bufala vi siano delle compagnie che, per puro tornaconto economico, vedono, nella riconversione energetica, solo un danno ai bilanci societari. Alle accuse di anteporre effimere logiche di profitto al bene della comunità, dell’ambiente e delle future generazioni, rispondono con poco più che un’alzata di spalle o mostrando il vivo disinteresse di chi non sarà coinvolto dal cataclisma ambientale. Ma, ormai, il movimento ecologista ha il supporto di gran parte della popolazione e di figure di spicco sia a livello politico che mediatico, e il problema della riconversione energetica, con il progressivo abbandono dei combustibili fossili a favore delle fonti rinnovabili, è entrato sistematicamente nell’agenda dei governi occidentali.

Questo rappresenta il tema centrale del documentario di Jeff Gibbs Planet of Humans, realizzato nel 2019 ma che ha ottenuto un ampio successo nel 2020, quando il produttore Michael Moore lo ha proposto sul suo canale YouTube. Gibbs, dopo aver denunciato i disastri che il surriscaldamento causa sull’ambiente e sugli animali, si domanda a che punto sia il processo di riconversione dal combustibile fossile alle fonti rinnovabili. Il forte incentivo – di oltre cento miliardi di dollari – dato dell’amministrazione Obama a favore delle green economy, spinse molte compagnie, come la Virgin e la Goldman Sachs, ad investire in modo importante in questo settore in forte crescita, che da un lato prometteva ampi ricavi e dell’altro aiutava a dare lustro all’immagine dell’azienda stessa.

Ovviamente era tutta propaganda, fumo negli occhi, perché, come svela il documentario, è stata venduta l’idea che per salvare il pianeta sia sufficiente installare un certo numero di pannelli fotovoltaici e di pale eoliche così da permettere di soppiantare i carburanti fossili. Ma l’abbandono di carbone e petrolio non è poi così semplice come si vorrebbe far credere. Già per realizzare i pannelli fotovoltaici, cavallo di battaglia delle politiche green, è indispensabile ricorrere all’impiego di materiali fossili altamente inquinanti, come il quarzo, ricavato dall’estrazione mineraria e il carbone, sia usato nel processo di fusione che nell’alimentare gli stessi forni di fusione. A questo primo problema si va ad aggiungere quello relativo alla longevità, visto che, una volta terminato il loro ciclo produttivo – in molti casi non supera i dieci anni – bisogna procedere allo smantellamento e alla loro completa sostituzione. Analogo è il discorso per le pale eoliche, le quali, dopo il loro ciclo di vita – non più di vent’anni – devono essere completamente smantellate e sostituite, con le identiche problematiche di cui sopra.

Ulteriore elemento a sfavore riguarda l’intermittenza nell’approvvigionamento di energia poiché questi sistemi sono dipendenti dalle condizioni climatiche e, affinché non si causino drastiche interruzioni nella fornitura elettrica, si rende sempre necessaria una costante produzione energetica da fonti fossili, che vadano a sostenere i cali di produzione delle rinnovabili. Per sopperire a queste instabilità produttive, e sempre nell’ottica dell’ecosostenibilità, sono state introdotte in modo massiccio le biomasse. Al di là del nome, biomasse, il quale lascia intendere che sia qualcosa eco-friendly, il processo riguarda la produzione di elettricità attraverso la combustione di legname in grandi forni, che per raggiungere le temperature necessarie vengono alimentati a carbone. Come è facile dedurre, questo ha conseguenze devastanti per quanto riguarda il disboscamento di intere foreste in tutto il pianeta. Le biomasse sono infatti tra le principali cause della deforestazione selvaggia che vediamo diffondersi in questi anni. Per produrre energia “pulita” si eliminano quelle stesse piante che sarebbero l’unico alleato contro il surriscaldamento globale. Ancora più perverso è il processo di produzioni dei biocarburanti ricavati da animali o dalle alghe del mare, allargando la devastazione anche al di sotto del livello del mare.

La domanda che ci si pone è: perché le grandi associazioni ambientaliste non ammettono che allo stato attuale le energie rinnovabili non sono una risposta concreta al riscaldamento globale? Perché continuano a sostenere certi processi produttivi, come le biomasse, le quali non risolvono il problema, ma spostano la questione su un altro piano? È per ingenuità e incapacità, o vi sono degli interessi da difendere? Qui arriva la nota dolente per coloro che auspicavano che il cambiamento fosse iniziato. Il documentario infatti rivela come siano quelle stesse compagnie che stanno causando disastri ambientali ad avere preso il monopolio delle energie rinnovabili. Colossi finanziari come: Goldman Sachs, Bloomberg, Mc Dondald’s, Coca-Cola, Bank of America, PNC Financial Service, JP Morgan, HSBC, BlackRock, sovvenzionano importanti associazioni ambientaliste, come Beyond Coal o Sierra Club, affinché si sostengano certi sistemi produttivi, che hanno ben poca tutela dell’ambiente. Figure di spicco, guru dell’ecologismo, come Bill McKibben o Al Gore, che fino a qualche anno fa era dall’altra parte della barricata contro coloro che anteponevano il profitto ad ogni costo alla salvaguardia dell’ambiente, sono entrati a far parte del consiglio di amministrazione di società o fondazioni che ricevono finanziamenti dai nemici di un tempo. La lotta ecologista, nata come contraltare al sistema produttivo capitalista, è stata fagocitata dall’industria del combustibile fossile, divenendo un’altra branca di investimento, nel quale applicare le identiche logiche di profitto a tutti i costi, e mantenendo la facciata dell’interesse pubblico.

Cosa resta da fare se anche la lotta contro il sistema è in realtà orchestrata dal sistema stesso? Quali sono le speranze se anche chi dovrebbe lottare per la tutela ambientale diventa portavoce del più spietato capitalismo? Le rinnovabili non sono altro che un business e come tali vanno trattate. Se una grossa fetta della popolazione spinge verso l’introduzione di automobili elettriche, non resta che soddisfare la domanda, come tornaconto economico e non per ridurre le emissioni. Ciò che si vuole creare non è un futuro sostenibile, ma vendere l’idea che ne si stia creando uno sostenibile. La green energy è solo un altro prodotto da immettere nel mercato, di modo che la gente si senta meglio perché si sta facendo qualcosa per l’ambiente, in una sorta di diniego della realtà.

Resta da porsi una domanda, la più importante di tutte. Se anche la salvaguardia dell’ambiente è diventato monopolio dei capitalisti, la catastrofe è dunque inevitabile? Possiamo ancora fare qualcosa per fermare il collasso al quale ci avviamo? È ancora possibile pensare che il modello di vita e di produzione al quale siamo abituati siano sostenibili da un punto di vista ambientale? Il problema è proprio questo. È un errore continuare a sperare che sia possibile sostituire le centrali a carbone con i pannelli fotovoltaici. Né questo comporterebbe un abbandono del fossile. Il modello sul quale bisognerebbe iniziare seriamente a ragionare riguarda il ripensamento di tutto il sistema economico e produttivo e una riconversione dei consumi. Si pone la necessità di ricostruire tutto il nostro sistema economico così come lo conosciamo oggi. La sostituzione dei metodi di produzione rinnovabili non restano che un palliativo, uno specchietto per le allodole, rispetto al vero problema della sostenibilità del processo produttivo così come lo conosciamo dalla Rivoluzione Industriale. Non è infatti ipotizzabile che si possa sostenere questo ciclo produttivo, con fabbisogni che continuano a crescere per soddisfare una popolazione che è arrivata a quasi otto miliardi e che continua ad aumentare in modo esponenziale. Ecco perché una reale riconversione è ancora lontana dal cominciare, perché richiederebbe che le stesse aziende e gruppi finanziari, che continuano a lucrare, accettino, per il bene comune, di affrontare finalmente la questione. Dunque è tutto perduto? La speranza è che si faccia finalmente luce su tutta la questione, e che si chiarisca quale sia il vero problema in ballo. Bisogna cominciare ad abbandonare certe semplificazioni e che si inizi seriamente si accetti che il nostro modello non è sostenibile. Ne va del nostro futuro.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio dic 17, 2020 9:03 pm

???

Stupenengo: «Con l’idrogeno verde metto in moto la mobilità pulita»
Christian Benna
14 dicembre 2020

https://torino.corriere.it/economia/20_ ... befd.shtml

La ragazza che voleva conoscere la storia, quella con la S maiuscola, scavando nei misteri del passato (archeologia) oppure raccontando le dinamiche del presente (giornalismo), è finita invece con lo scrivere alcune pagine del futuro della tecnologia dei trasporti. Annalisa Stupenengo, dal 2015 amministratore delegato di Fpt Industrial, la società che si occupa di sviluppo e produzione di motori industriali del gruppo Cnh, è stata inserita dal Financial Times nel club ristretto delle 100 donne più influenti nel campo dell’ingegneria hitech. Perché la top manager piemontese è il volto nuovo della rivoluzione green dei mezzi pesanti, alla guida di quelle tecnologie (trazione elettrica, e a idrogeno) che nel prossimo biennio metteranno su strada i primi camion a impatto zero. Per far cambiare strada a un settore vitale per l’economia quanto inquinante, responsabile del 25% delle emissioni di Co2.

Biellese, studi classici, e una vocazione umanistica che sembrava indirizzarla verso studi archeologici o in comunicazione, Annalisa Stupenengo ha invece cambiato rotta iscrivendosi al Politecnico di Torino, ingegneria gestionale. «Mi interessava la logica della filosofia – ricorda oggi la manager - ma anche l’eleganza della fisica e della matematica. Ero, e lo sono ancora, affascinata dalle strutture nascoste che governano il reale. In un certo senso per me l’ingegneria è stato il proseguimento di quegli studi umanistici». Stupenengo si è fatta le ossa nella «filosofia» della meccanica e dei motori nel gruppo Fiat; prima nelle vendite e nel project management (in Svezia, Marocco e in Italia) fino a diventare capo degli acquisti e poi entrare (nel 2013) in Cnh. Da cinque anni è ceo di Fpt Industrial, più di 4 miliardi di ricavi e oltre 8 mila dipendenti, 10 stabilimenti e 8 centri di ricerca. E ha assunto la carica di vertice nel momento più delicato dei trasporti, nella stagione della sterzata tecnologica e della svolta green.

«La nostra azienda è sempre stata all’avanguardia nello sviluppo di motori innovativi e a basso impatto. E mi riferisco al common rail, ai propulsori alimentati a metano, i tir Iveco a Lng. Il primo prototipo di trattore a idrogeno è del 2009. Oggi ci troviamo in uno scenario differente. Perché l’innovazione dei motori alternativi, elettrici e a idrogeno, è davvero pronta al decollo». Cnh è salita a bordo di Nikola, la Tesla dei camion, una startup americana (partecipata anche da Bosch, con 7 miliardi di capitalizzazione al Nasdaq) che promette di lanciar in pista tir elettrici già nel 2021 e a seguire anche quelli a idrogeno. Le disavventure del fondatore di Nikola, Trevor Milton, i cui obiettivi industriali non sarebbe stati fedeli realtà, hanno fatto precipitare il titolo in Borsa, ma non hanno rallentato lo sviluppo tecnologico dei motori. E di altri componenti chiave come gli assali elettrici, che appunto sono italiani e made in Italy. E Iveco, negli impianti tedeschi di Uhlm, produrrà i primi tir elettrici targati Nikola.

«Ma non è l’unica strada che stiamo percorrendo. Nel prossimo biennio contiamo di far circolare i primi prototipi a idrogeno. Da un punto di vista tecnologico la rivoluzione del trasporto green è in corso. Ma va resa sostenibile anche sotto il profilo economico: un pieno di H2 deve arrivare ad avere un costo competitivo equiparabile a un costo a quello del carburante tradizionale». E qui entra in gioco non tanto nostra ricerca ma soprattutto l’economia di scala». Secondo Stupenengo non siamo lontani da quel traguardo. «I tir elettrici sono pronti a correre. Ma hanno il limite dell’autonomia. E non è pensabile caricare questi mezzi di batterie quando invece dovrebbero essere stipati di merci. Le fuel cell a idrogeno sono la soluzione più efficiente per far partire la rivoluzione del trasporto pesante. Servirà anche una rete efficiente di distribuzione e ancora uno sforzo nella ricerca e lo sviluppo».

La strada verso l’economia a idrogeno, promessa da Jeremy Rifkin nei primi anni duemila, sembra a portata di mano. L’Unione Europea ha stanziato 180 miliardi per agevolare lo sviluppo dell’idrogeno verde. «E Torino può ambire ad avere un ruolo di primo piano». Il trasporto pesante non viaggerà solo a impatto zero. «In futuro conviveranno diverse tipologie di trazione. Il diesel non è morto. Anzi ci sarà ancora spazio per questa tecnologia, ma in una logica più pulita ed efficiente».



Alberto Pento
E l'idrogeno come lo produce? Con il nucleare o con il fossile?



Akio Toyoda - "Le auto elettriche sono sopravvalutate, il settore collasserà"
Industria e Finanza
17 dicembre 2020

https://www.quattroruote.it/news/indust ... ssera.html

"I veicoli elettrici sono sopravvalutati": lo ha detto nel corso di una conferenza stampa Akio Toyoda, numero uno della Toyota e presidente della Japan Automobile Manufacturers Association. Il dirigente ha sottolineato, in particolare, "l’eccessivo clamore" sulle auto alla spina e la mancanza di adeguate valutazioni sulle conseguenze di una pervasiva adozione della mobilità a zero emissioni sul sistema economico giapponese.

Sistema al collasso. Toyoda, innanzitutto, ha criticato i sostenitori dell’elettrico perché, nel valutare la sostenibilità di questa tecnologia, non prendono in considerazione le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla generazione di elettricità e, ancor di più, i costi sociali della transizione energetica. Inoltre, il presidente della Toyota ha fatto presente che il Giappone andrebbe incontro a un blackout nel caso in cui tutto il parco circolante fosse alla spina, situazione che richiederebbe la realizzazione di un'infrastruttura dal costo multimiliardario: Toyoda ha quantificato una spesa tra i 14.000 e i 37.000 miliardi di yen (165-438 miliardi di euro). "Quando i politici dicono 'liberiamoci di tutte le auto che usano la benzina', capiscono cosa significa?", chiede il manager nipponico, ricordando come il Giappone dipenda fortemente dal carbone e dal gas naturale per la produzione di elettricità.

Un bene per pochi. Inoltre, secondo Toyoda, la mobilità elettrica rischia anche di produrre un danno all’ambiente: "Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica", ha sottolineato. Quanto alla possibilità che il Giappone metta al bando le endotermiche a partire dal 2035, il numero uno del colosso asiatico è stato molto chiaro: Tokyo, a suo avviso, corre troppo in fretta e rischia di creare conseguenze dannose per l’intero tessuto economico del Paese. "L'attuale modello di business dell'industria automobilistica - ha avvertito - collasserà", determinando la perdita di milioni di posti di lavoro. Infine, non sono mancati avvertimenti sull’impatto che normative sulle emissioni sempre più stringenti avranno sui consumatori; Toyoda, infatti, ha espresso il timore che i regolamenti possano rendere le auto un "fiore in cima a una vetta", ossia beni al di fuori dalla portata del ceto medio.



L’allarme da Toyota sulle auto elettriche: “Inquinano di più e rimarremo senza elettricità”
Michele Mazzeo
18 dicembre 2021

https://www.fanpage.it/sport/motori/lal ... ettricita/

Il CEO di Toyota Akio Toyoda ha lanciato un attacco a tutto tondo contro le auto elettriche in una riunione annuale delle case automobilistiche. Il numero uno della casa giapponese ha infatti criticato l'eccessiva spinta verso i veicoli elettrici, affermando che chi sostiene l'elettrificazione di massa del traffico stradale non ha considerato il carbonio emesso dalla generazione di elettricità oltre ai costi di una transizione totale ai mezzi cosiddetti "green".


"Una rivoluzione da centinaia di miliardi di euro che lascerebbe il Giappone senza elettricità"

Il boss Toyota, facendo l'esempio del Giappone, ha evidenziato come il Paese del Sol Levante rimarrebbe senza elettricità in estate se tutte le auto funzionassero con energia elettrica. E che l'infrastruttura necessaria per supportare una mobilità composta solo da veicoli elettrici costerebbe al Giappone tra i 14 e i 37 trilioni di Yen, vale a dire tra i 110 miliardi e i 290 miliardi di euro.


"I veicoli elettrici aumentano le emissioni di anidride carbonica"

A ciò si andrebbe ad aggiungere anche il fatto che, a suo dire, i veicoli elettrici a batteria sono più inquinanti dei veicoli a benzina a causa della produzione di elettricità, ancora fortemente legata ai combustibili fossili, che produce emissioni nocive, sfatando dunque il mito delle auto elettriche come veicoli ‘carbon neutral'. “Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica” ha detto infatti Toyoda spiegando che considerando la produzione delle batterie le emissioni totali di CO2 di un'auto elettrica sono quasi il doppio rispetto a quelle generate per la fabbricazione di un'auto termica o ibrida.


"Il passaggio all'elettrico farebbe crollare l'industria automobilistica"

Il messaggio del Ceo Toyota è stato ancora più chiaro nel momento in cui si è rivolto direttamente al Governo nipponico (che a breve dovrebbe vietare la vendita di auto a benzina e diesel dal 2035): "Quando i politici sono là fuori a dire: ‘Liberiamoci di tutte le auto che usano benzina', capiscono tutto ciò?" ha proseguito infatti nella conferenza stampa di fine anno nella sua qualità di presidente della Japan Automobile Manufacturers Association. Toyoda ha poi messo in guardia l'attuale Governo anche sul fatto che se il Giappone sarà troppo frettoloso nel vietare le auto a benzina, "l'attuale modello di business dell'industria automobilistica crollerà", causando inoltre la perdita di milioni di posti di lavoro.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar feb 09, 2021 9:42 pm

Come raggiungere la transizione energetica tramite il libero mercato: il caso del Texas
Il Texas si conferma leader della transizione energetica negli USA
24 dicembre 2020

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... del-texas/

Quando si parla del Texas è ormai radicata nell’immaginario collettivo l’immagine del cowboy e di uno Stato aspro, rurale e conservatore, con un’economia basata unicamente sul petrolio. Ma nulla è più lontano dalla verità.

Secondo Stato per dimensioni dietro l’Alaska, secondo Stato per popolazione e PIL dopo la California ed unico Stato, assieme al Vermont, ad essere stato una nazione indipendente prima di aderire agli Stati Uniti, il “Lone Star State” dispone di un’economia incredibilmente diversificata ed in costante crescita, dotata di un forte settore agricolo ed industriale, molte importanti aziende presenti nella “Fortune 500“, una “nuova” Silicon Valley ad Austin, ed anche di un forte settore delle energie rinnovabili.

Sì, avete capito bene, uno Stato noto ai più per basare la propria economia solo sull’estrazione del petrolio, governato da un Partito Repubblicano spesso accusato di “negare il riscaldamento globale”, è al primo posto negli Stati Uniti per la produzione di energia rinnovabile, con ben 29.000 MW di energia prodotti grazie a solare ed eolico.

Ma come si è arrivati a questo incredibile risultato?

Il primo passo, è stata l’approvazione da parte della Texas State Legislature nel 1999 del “Bill No. 7“, una legge che prevedeva il raggiungimento di un target di 2.000 MW di energie rinnovabili entro il 2005 ed un secondo target, eventuale, di 10.000 entro il 2025. Ebbene, già nel 2009 il Texas aveva superato il target che aveva previsto per il 2025, con ben 13.359 MW di energie rinnovabili, in gran parte prodotti grazie al settore eolico.

Buona parte delle turbine eoliche si trovano in piccole contee rurali nel nord ovest dello stato. Un rapporto commissionato dal gruppo “Conservative for Energy Innovation” mostra come gli attuali impianti possano generare durante la loro vita operativa un totale di 5,7 miliardi di dollari di gettito fiscale, di cui il 70% andrebbe proprio a queste piccole contee rurali, diventando una voce importantissima nel loro bilancio e permettendo investimenti in settori spesso carenti in questi luoghi, come l’istruzione e le infrastrutture.

Insomma, sono proprio le contee rurali e poco popolate, spesso ingiustamente considerate abitate da “persone arretrate ed ignoranti” che, paradossalmente, stanno guidando l’innovazione energetica negli Stati Uniti.

Ne è un esempio la Contea di Nolan, con ben 1.325 turbine. Nel 2016, la maggioranza dei voti di questa contea andarono a Donald Trump (il candidato “anti energie rinnovabili” com’era dipinto dai competenti), con una percentuale del 73.3%.

Petrolio ed energie rinnovabili. Il Texas dimostra che entrambe le economie possono coesistere

Ma il Lone Star State non si è certo fermato qui, anzi, negli ultimi anni il mercato dell’energia solare sta crescendo enormemente. La compagnia Invenergy LLC ha varato un investimento da 1,6 miliardi di dollari per realizzare, entro il 2023, il più grande impianto a energia solare degli Stati Uniti a nord-ovest di Dallas, investimento realizzato anche grazie all’appoggio di alcune compagnie, quali AT&T e Google, le quali hanno deciso di acquistare energia dall’impianto.

Attualmente, il Texas produce un totale di 29.000 MW di energie rinnovabili da ripartire in: 4.000 MW dall’energia solare e 25.000 MW dall’eolico. Entro il 2023 avremo 38.000 MW dall’eolico e 21.000 MW dal fotovoltaico, per un totale di 59.000 MW.

Andando a vedere nel dettaglio come il Texas è riuscito ad attuare la sua transizione energetica, scopriamo che…

In primis, nel 2001, la Texas Public Utility Commission ha stabilito un programma di “Renewable Energy Credit” (REC). Si tratta di un programma che permette agli impianti ad energie rinnovabili che generano almeno 1 MW di energia, di ottenere un “Renewable Energy Certificate” per ogni MW. Questi certificati vengono venduti a compagnie private (che vogliono dimostrare di appoggiare le energie rinnovabili) o a delle organizzazioni ambientaliste, le quali acquistano i certificati per supportare la transizione energetica.

Accanto a tale programma, il Lone Star State dispone, come sappiamo, di un generale sistema “pro-business” molto favorevole al libero mercato.

Il Texas è indicato da Forbes come il secondo miglior Stato per avviare un attività economica negli Stati Uniti. Inoltre, si tratta di uno dei pochi Stati dove non vengono applicate delle tasse statali sul reddito. Bisogna quindi considerare anche questo fattore nell’equazione generale.

Ma in tutto ciò, per raggiungere questo risultato, il Texas ha dovuto “distruggere” la propria industria petrolifera? Assolutamente No! Con 1,85 miliardi di barili il Lone Star State rimane di gran lunga il più grande produttore di petrolio sul suolo americano, con un mercato dei combustibili fossili che rimane uno dei “pilastri economici” dello Stato e che continua a garantire numerosi posti di lavoro.

In conclusione, l’innovazione e la transizione energetica non sono affatto garantite da norme di “command and control” che distruggono i mercati delle fonti energetiche “tradizionali”, bensì dal libero mercato e da politiche pro-business che favoriscono dei beni economici che producono le c.d. “esternalità positive”, il tutto senza tagliare migliaia di posti di lavoro ed annientando i mercati dei combustibili fossili.

Il Texas è un esempio che dimostra come la politica energetica delle fonti rinnovabili non sia affatto appannaggio esclusivo della “Sinistra“, ed è un esempio assolutamente da seguire per il Partito Repubblicano nel suo complesso, anche negli altri Stati, perché investa sempre di più sulle energie rinnovabili, le quali possono costituire una potente “arma” nelle mani di un partito che da anni vince con percentuali bulgare nelle aree rurali, ricche di sole, di vento e di terreni agricoli. Le energie rinnovabili potrebbero essere lo “strumento” per rendere nuovamente grandi queste terre, oggi dimenticate dalla politica centralizzata e liberal progressista.

https://www.foxnews.com/politics/trump- ... covid-bill
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar feb 09, 2021 9:43 pm

Consigli per guidare un'auto elettrica con il freddo e la neve
Guida Sostenibile


https://guidasostenibile.it/consigli-pe ... e-la-neve/

Da una parte è essenziale la prudenza, dall’altra è importante la programmazione. Decidere di mettersi alla guida di un’auto elettrica con temperature rigide e in condizioni estreme richiede necessariamente l’adozione di una serie di accorgimenti per muoversi il più possibile in sicurezza, senza dimenticare il fatto che la capacità di percorrenza dipende dalla batteria, la cui autonomia diminuisce con il freddo.

Allora, diventano molto utili dei consigli che possano consentire di viaggiare con accortezza. Alcuni di quelli che riportiamo qui sotto vengono anche ampiamente descritti sul sito internet di Tesla Italia.
I consigli per la batteria e il risparmio energetico

● Per risparmiare energia è consigliato il riscaldamento della batteria prima del viaggio

● In inverno dobbiamo ridurre la perdita di energia: per fare questo bisogna guidare con prudenza e a velocità moderata, limitare le accelerazioni frequenti e brusche e, una volta riscaldato l’abitacolo, abbassare la temperatura e utilizzare il riscaldamento dei sedili per ottenere maggiore calore.

● Se possibile, parcheggiare l’auto in garage oppure coprirla con un telo termico.

● Se il veicolo non ha una batteria riscaldata, bisogna anche tenere conto di un rallentamento del processo di ricarica con il freddo: generalmente, dalla rete domestica bisogna calcolare almeno un’ora in più per una carica completa e circa un’ora complessiva da una stazione di ricarica rapida (mentre in condizioni normali sono necessari 30 minuti per una carica all’80%).


Alcuni suggerimenti per la guida con neve o ghiaccio

In caso di neve o ghiaccio, prima di mettersi alla guida dell’auto (elettrica o no) bisogna pulire tutte le superfici importanti, assicurarsi di avere una buona visibilità alla guida e nessuna superficie ghiacciata o ostruita. Inoltre è necessario avere installato i pneumatici invernali o portare con sé le catene da neve.

È consigliato anche rabboccare il liquido lavavetri a intervalli regolari, per evitare il malfunzionamento dei tergicristalli.

Una particolarità delle auto elettriche

Per quanto riguarda, invece, le particolarità specifiche dei veicoli elettrici, è importante tenere in considerazione il fatto che non appena acceleriamo otteniamo una risposta pari al 100 per cento di quella erogabile: una caratteristica che in condizioni normali può risultare positiva ma sulla neve e sul ghiaccio rappresenta un rischio maggiore per la perdita di aderenza nel partire da fermi e lo slittamento delle ruote.

Da questo punto di vista, quindi, il consiglio è quello di mettere la propria auto in modalità “eco” (risparmio energetico) che in caso di neve limiterà la coppia distribuita sulle ruote motrici, consentendo delle partenze più graduali e con un maggiore grip.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar feb 09, 2021 9:43 pm

Scacco matto “gretini”: Joe Biden sta col Nucleare, esattamente come Donald Trump!
9 febbraio 2021

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ald-trump/

Joe Biden e il nucleare: gli scienziati dicono che rientrare nell’Accordo di Parigi è un buon inizio. Dove ancora si inserisce il nucleare nel suo piano energetico per l?America?

Come già detto molte volte, Sleepy Joe Biden ha una visione apparentemente molto diversa da quella dell’ex Presidente Donald Trump sull’energia: in pratica, quello che cambierà nei prossimi anni dovrebbe esser principalmente la “retorica“. Essendo gli Stati Uniti rientrati negli Accordi di Parigi, cercheranno ora di investire principalmente in energie rinnovabili, non tanto per i grandi “obiettivi energetici”, ma semplicemente per ricompensare i tanti gruppi e aziende ambientaliste che hanno finanziato la campagna presidenziale dei Democratici del 2020.

La guerra dichiarata al fracking non dovrebbe essere però portata a termine, ci sarà certamente qualche limitazione in più ma, l’export di gas naturale liquefatto è una componente fondamentale dell’economia americana. Si è già rivelato una vera e propria “arma geopolitica” contro la Cina e… in qualche modo, si dovranno pur riscaldare le case durante l’inverno, specialmente nel Nord-Est americano.

Una chiara alternativa “carbon free” – che non ha il problema dell’intermittenza delle fonti rinnovabili – è certamente l’energia nucleare.

Sebbene l’accozzaglia dei “gretini“, che ça va sans dire sostengono l’attuale inquilino della Casa Bianca, si preoccupino delle scorie nucleari (ignorando però il fatto che oramai possono essere riciclate) proprio il loro beniamino Joe Biden, nel suo programma energetico, aveva messo “nero su bianco” che, non essendoci emissione di gas serra e di altre sostanze inquinanti, la fonte energetica tanto odiata dagli ambientalisti farà parte del suo “energy mix” per l’America.

Negli Stati Uniti, attualmente, l’agenzia ARPA-E (Advanced Research Project Agency) ha il compito di individuare ed aiutare a sviluppare nuove forme di energia ovvero nuove innovazioni che abbiano come obiettivo quello di ridurre i costi di produzione energetica pur mantenendo alti standard di sicurezza.

Sleepy Joe sembrerebbe intenzionato a creare ARPA-C con il focus principale di portare gli Stati Uniti ad essere 100% “carbon free” entro il 2050. L’obiettivo specifico sarebbero gli “Small Modular Reactors” ovvero reattori di piccole dimensioni in grado di dimezzare i costi di costruzione e che possono adattarsi ad ogni tipo di soluzione, sia per i grandi centri abitati che per le remote campagne, che in alcuni casi devono utilizzare ancora i generatori diesel.

Il “Nuclear Energy Institute” ha annunciato che il ritorno degli Stati Uniti negli Accordi sul clima di Parigi è una notizia positiva, dichiarando che:

“Il nucleare è la principale fonte di energia carbon-free negli Stati Uniti ed è indispensabile nel combattere il cambiamento climatico“.

L’utilizzo dovrà quindi andare oltre la “semplice” produzione di energia per le Grandi Città, concentrandosi anche sull’utilizzo del calore per il riscaldamento domestico.

Biden dunque, nel silenzio dei media, continuerà dunque le politiche pro-nucleare di Donald Trump, investendo su nuovi metodi di costruzione dei reattori che porteranno a minori costi e rilanciando la più efficiente fonte di energia ad emissioni “0” disponibile in questo momento all’umanità.

Quello che cambierà è dunque, ovviamente, la “retorica“.

Donald Trump ha sempre puntato all’indipendenza energetica ed alla superiorità nucleare in ambito militare. Joe Biden si concentrerà maggiormente sulla riduzione delle emissioni e sui benefici per il Pianeta – tenendo ovviamente in considerazione entrambi gli usi.

Questo ci dimostra come ci si possa rivolgere a due tipi di elettorati diversi pur continuando a portare avanti l’interesse nazionale.

E in Italia invece? Siamo riusciti a stabilire quali effettivamente siano le priorità per il nostro paese?
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mer mar 03, 2021 8:43 am

Tutti i falsi allarmi e profezie dei catastrofisti del clima
Roberto Vivaldelli
28 febbraio 2021

https://it.insideover.com/ambiente/tutt ... clima.html

Il sistema della Corrente del Golfo è giunto al suo livello più debole nell’ultimo Millennio. Motivo? Secondo gli scienziati, il riscaldamento globale rallenta la potente corrente oceanica che controlla gran parte dell’Oceano Atlantico. Due studi pubblicati questa settimana rivelano che il cambiamento climatico sta rallentando la corrente oceanica, che trasporta acqua calda in Europa, in maniera più importante di quanto non si credesse precedentemente. Come riporta il Financial Times, infatti, utilizzando i dati sulle registrazioni delle temperature per mappare le tendenze storiche, uno studio su Nature Geoscience ha reso noto che il sistema della Corrente del Golfo, noto anche come Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc), sta viaggiando al suo ritmo più lento nell’ultimo millennio.


“Inverni più freddi”

“È molto probabile che ciò sia causato dalle nostre emissioni di gas serra, perché non c’è altra spiegazione plausibile per questo rallentamento”, spiega Stefan Rahmstorf, uno degli autori e capo dell’analisi del sistema terra presso l’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico. “È esattamente ciò che i modelli climatici prevedono da decenni”. “La circolazione nell’Oceano Atlantico, alla base della Corrente del Golfo (il sistema meteorologico che porta un clima caldo e mite in Europa) è al suo livello più debole da mille anni a questa parte” osserva Ingv Ambiente. “Il cambiamento climatico ne è la causa più probabile. Questo è quanto riportato da un recente studio che ha visto la collaborazione di scienziati irlandesi, britannici e tedeschi”. I ricercatori, prosegue Ingv Ambiente, “hanno analizzato le informazioni provenienti da archivi naturali (come sedimenti oceanici o carote di ghiaccio) risalenti a molte centinaia di anni fa per ricostruire la storia del flusso dell’Atlantic Meridional Overturning Circulation”. Sta di fatto che ora, secondo gli esperti, ci attenderanno inverni più rigidi e freddi, e non più “caldi” come asseriva il dogma del climaticamente corretto.


Le contraddizioni del climaticamente corretto

Premessa: nessuno vuole negare che i cambiamenti climatici siano un dato di fatto e con cui fare i conti. Detto questo, è chiaro che spesso e volentieri il climaticamente corretto si è spesso distinto per un approccio catastrofista e ossessivo che forse ha più a che fare con lo scientismo che con la scienza. Un credo di stampo millenarista secondo il quale la catastrofe climatica sarebbe imminente e l’Apocalisse vicina. Greta Thunberg – il volto mediatico di questa nuova religione del clima – ne è la sacerdote indiscussa. Infatti, il connubio scienza-verità è tipico delle religioni, che ritengono che esista una verità assoluta. Non c’entra nulla con la “scienza” come la si intende spesso oggi. Il rischio è quello di dire tutto il contrario di tutto, com’è accaduto – e come accade, ancora oggi – con i virologi durante la pandemia da Covid-19. Per la religione del clima è la stessa cosa. “Le stagioni fredde si stanno riscaldando più velocemente delle stagioni calde”, affermava lo scorso anno Deke Arndt, capo del monitoraggio del clima presso i Centri nazionali per le informazioni ambientali della National Oceanic and Atmospheric Administration.

“I periodi più freddi della giornata si riscaldano più velocemente di quelli più caldi. E i luoghi più freddi si riscaldano più velocemente dei luoghi più caldi”. Maccome? La “scienza” non ha appena stabilito il contrario, cioè che avremo degli inverni sempre più rigidi a causa del rallentamento della Corrente del Golfo, fenomeno anch’esso causato dai cambiamenti climatici? Insomma, se fa freddo è colpa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Se fa più caldo, anche.


Tutti i falsi allarmi dei catastrofisti

La verità è che la realtà sul clima è molto più complessa di quanto catastrofisti e “gretini” non dicano. Come spiegava tempo fa in una nota diplomatica James Hansen, astrofisico e climatologo statunitense di fama mondiale, professore presso la Columbia University e noto per le sue ricerche sul riscaldamento globale, sul clima c’è un elemento quasi paradossale che emerge da uno studio autorevole: l’inquinamento prodotto da Cina e India, in particolare, starebbe rallentando il riscaldamento globale. “L’idea che l’inquinamento asiatico ci stia proteggendo dagli effetti peggiori del riscaldamento globale può esser controintuitiva, ma è possibile che sia proprio così” osserva Hansen. Lo studio pubblicato su Geophysical Research Letters (Climate Impacts From a Removal of Anthropogenic Aerosol Emissions) asserisce infatti che “le emissioni di solfato, specialmente da India e Cina, potrebbero star ritardando il riscaldamento da gas serra”. Un serio dibattito scientifico e accademico dovrebbe tenere conto – anche – di studi autorevoli come questo.


Le profezie eco-apocalittiche smentite dalla storia

Nei mesi scorsi il think tank Competitive Enterprise Institute con sede a Washington Dc, ha pubblicato un articolo, ben documentato, con tutte le previsioni apocalittiche più disparate in tema di cambiamenti climatici che si sono susseguite negli ultimi 50 anni e che sono state tutte smentite. “Il problema con tutte le questioni ambientali” dichiara Paul R. Ehrlich, biologo, sul New York Times del 10 agosto 1969, “è che mentre aspettiamo di avere abbastanza prove per convincere la gente, moriremo. Dobbiamo renderci conto che, a meno di essere estremamente fortunati, spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro 20 anni”.

Il Boston Globe del 16 aprile 1970 sottolinea come gli scienziati fossero convinti dell’arrivo di una nuova, imminente, era glaciale. “L’inquinamento dell’aria può oscurare il sole e provocare una nuova era glaciale nei primi 30 anni del prossimo secolo” si legge. Fino alla previsione-bufala di Al Gore, che nel 2008 spiegò che, entro il 2013, la calotta polare artica sarebbe scomparsa del tutto. Senza dimenticare il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, che nel 1989 aveva avvertito che avremmo avuto a malapena 10 anni di tempo per salvare il mondo, fino al 2000…
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar mar 09, 2021 7:30 am

La Danimarca deve oggi al vento il 40% della sua produzione elettrica, il livello più alto in Europa.
Will media

Il paese ha approvato (a maggioranza assoluta) una legge che impone la riduzione del 70% delle emissioni nazionali di gas serra entro il 2030 e la costruzione di un'isola artificiale per la produzione di energia eolica offshore, cioè sulla superficie di mari ed oceani.
È il progetto più grande mai realizzato in Danimarca e costerà 210 miliardi di corone (circa 28,1 miliardi di euro). L'isola sarà costruita a circa 80 km al largo della penisola dello Jutland e vedrà una partnership tra il settore pubblico e privato, con lo Stato danese azionista di maggioranza con una quota del 51%.
Quanta energia produrrà un impianto di questo tipo? Inizialmente 3 gigawatt (GW), cioè la quantità sufficiente per soddisfare il fabbisogno di circa 3 milioni di famiglie. La capacità potrebbe però raggiungere i 10 gigawatt, grazie ai quali potrebbero essere alimentate 10 milioni di case in Danimarca e all’estero.
A novembre 2020 l'Unione Europea ha annunciato nuovi progetti con l'obiettivo di aumentare di 25 volte la capacità eolica offshore entro il 2050. L'energia rinnovabile oggi fornisce circa un terzo dell'attuale fabbisogno di elettricità dell’Unione: secondo l'UE, l'eolico offshore fornisce un livello attuale di 12 gigawatt, di cui 1,7 dalla sola Danimarca.
L'isola per l’energia nel mare del Nord dovrebbe essere completata nel 2024 e dovrebbe entrare in funzione nel 2030, iniziando a produrre energia nel 2033. Anche l’Italia potrebbe sfruttare l'energia del vento. Il Piano Energia e Clima (PNIEC) pubblicato nel 2020 prevede di installare almeno 900 megawatt (MW) di potenza eolica offshore entro il 2030, portando anche 1200 nuovi posti di lavoro.
Per il momento l’Italia non possiede nessuna turbina eolica offshore, ma quest’anno nei pressi di Taranto l’agenzia italiana Renexia dovrebbe costruire un impianto con 10 turbine.
L’espansione dell’eolica offshore è appoggiata anche dalle associazioni ambientaliste, speriamo sia la volta buona.



Isola eolica offshore: il progetto danese da 10GW
Avanzano i piani danesi per realizzare hub offshore, del valore di 30 miliardi di dollari, in grado di fornire energia pulita a 10 milioni di famiglie
Il governo progetta la realizzazione nel mare del Nord di una gigantesca isola eolica
23 Dicembre 2019

https://www.rinnovabili.it/energia/eoli ... gw-danese/


(Rinnovabili.it) – Creare un’isola eolica artificiale con cui assicurarsi un posto di primo piano nello sviluppo delle potenzialità energetiche del Mare del Nord. Questo il Piano che sta portando avanti la Danimarca, finalizzato a realizzare un nuovo e gigantesco hub offshore da 10 GW di capacità: un valore cinque volte superiore all’attuale produzione eolica statale.

La nazione deve oggi al vento ben il 40 per cento della sua produzione elettrica, il livello più alto mai raggiunto in Europa. Ma per il governo danese si tratta solo di un punto di partenza da cui prendere lo slancio per il suo nuovo piano climatico. Copenaghen ha infatti approvato il mese scorso una legge che impone la riduzione del 70 per cento delle emissioni nazionali di gas serra entro il 2030. Un’ambizione ambientale che nessun altro paese ha finora eguagliato.

>>Leggi anche La Danimarca chiede una legge UE per mettere al bando auto diesel e benzina<<

Uno degli strumenti ad hoc per centrare il target sarà ovviamente l’eolico offshore. Nei piani futuri spicca il progetto dell’isola eolica che, con la sua taglia multi-gigawatt, dovrebbe essere in grado di alimentare 10 milioni di famiglie. Considerando che la piccola Danimarca possiede una popolazione di 6 milioni di abitanti è facile immaginare come, a regime, l’elettricità prodotta sarà venduta agli altri Paesi europei.

L’opera sarà finanziata principalmente dal settore privato e dovrebbe richiedere un investimento totale di 200 miliardi-300 miliardi di corone danesi, ossia tra i 27 e i 40 miliardi di euro.

La localizzazione è ancora da definire. Il ministero dell’energia sta cercando il sito più adatto dove realizzare una o più isole artificiali e valutando il destino della produzione futura. E parte dell’elettricità generata in mare potrebbe essere immagazzinata o convertita in idrogeno rinnovabile, ha spiegato il ministro all’energia, Dan Jørgensen. “Se vogliamo realizzare l’enorme potenziale dell’eolico offshore, dovranno essere sviluppate nuove tecnologie per convertire l’energia verde in combustibile per aerei, navi e industria”, ha aggiunto Jørgensen.

In questo contesto il ministero ha stanziato 65 milioni di corone dal suo bilancio 2020 per la ricerca sull’immagazzinamento e la conversione dell’energia proveniente dal nuovo progetto. Altri 128 milioni di corone sono riservate a due iniziative di stoccaggio dell’H2 su larga scala: GreenLab Slice PtX e HySynergy, che saranno realizzate tra il 2020 e il 2025.



https://www.vaielettrico.it/fonti-rinno ... col-vento/

https://www.ilsole24ore.com/art/danimar ... e-ADeqwmHB
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar mar 09, 2021 7:31 am

Quanta energia solare potrebbe produrre il Sahara?
14 aprile 2020

https://www.focus.it/scienza/energia/qu ... -sahara?f=

Nel 1986, all'indomani del disastro nucleare di Chernobyl, il tedesco Gerhard Knies, esperto in fisica delle particelle, tentò alcuni calcoli sulla quantità di energia necessaria a soddisfare il fabbisogno dell'umanità, pensando di sfruttare l'energia pulita, quella del Sole, da raccogliere nelle zone desertiche del nostro pianeta. Knies stimò infatti che in sei ore i deserti di tutto il mondo ricevono più energia di quanto l'umanità ne consumi in un anno.

Secondo il ricercatore, un'area di circa 28mila chilometri quadrati (estesa poco più della Sicilia), se ricoperta di pannelli solari potrebbe produrre energia sufficiente alle esigenze europee, riducendo, fra l'altro, la necessità del Vecchio Continente di importare petrolio e gas da altri Paesi. L'attenzione, già da molti anni, si è ovviamente concentrata sul deserto africano del Sahara: talmente esteso che, se fosse una nazione, sarebbe la quinta più grande del mondo.

MILIARDI DI BARILI. Secondo Amin Al Habaibeh, docente di Intelligent Engineering Systems dell'Università inglese di Nottingham Trent, il deserto del Sahara potrebbe soddisfare oltre 7.000 volte il fabbisogno elettrico europeo, con una produzione equivalente a oltre 36 miliardi di barili di petrolio al giorno e con emissioni di carbonio ridotte quasi a zero.

Dati della Nasa alla mano, Al-Habaibeh considera che ogni metro quadro sulla Terra riceve ogni anno, in media, fra 2.000 e 3.000 chilowattora (in sigla KWh) di energia solare. In teoria, quella assorbita da ogni centimetro dei 9 milioni di kmq del deserto africano potrebbe rendere oltre 22 miliardi di gigawattora (GWh) all'anno.

Il mega impianto solare del Marocco. Costruito nel deserto del Sahara, vicino alla città di Ouarzazate (che significa Porta del deserto), Noor 1 è la più grande centrale solare termodinamica del mondo. Copre una superficie di 1,4 km quadrati (equivalente a circa 200 campi di calcio). © Noor/World Bank

DALL'AFRICA ALL'EUROPA. Un GWh corrisponde a 1 x 10^9 wattora (Wh), l'unità di misura definita come l'energia complessiva fornita se una potenza di un watt viene mantenuta per un'ora. Sempre a livello ipotetico, una fattoria solare che coprisse tutto il Sahara fornirebbe 2.000 volte più energia delle più grandi centrali elettriche del mondo, la cui produzione non va oltre i 100.000 GWh all'anno.

La vicinanza geografica del deserto all'Europa rappresenterebbe un ulteriore vantaggio, considerando per esempio che il più lungo cavo di alimentazione sottomarino copre 600 km fra Paesi Bassi e Norvegia, mentre la distanza minima fra Africa ed Europa è rappresentata dai 15 km dello Stretto di Gibilterra.

Non sono mancati, fino a oggi, i progetti mirati a estrarre l'energia solare dal deserto del Sahara: il più clamoroso, Desertec, era stato promosso nel 2009 dallo stesso Knies per realizzare entro il 2050 una vasta rete di campi di energia eolica e di pannelli solari in Medio Oriente e nel Nord Africa, connessi all'Europa attraverso cavi ad alta tensione. Il progetto però si arenò pochi anni dopo, quando gli investitori si ritirarono per i costi molto alti, oltre che per le inevitabili complessità di natura politica e commerciale.

Altri progetti sono ora in fase di studio o di realizzazione, con l'idea di soddisfare in maniera sostenibile innanzitutto il fabbisogno energetico locale, ma anche una parte progressivamente crescente dell'Europa. Sono comunque numerosi gli impianti di dimensioni relativamente contenute che già operano nel Sahara.

TECNOLOGIE COMPLESSE. Le tecnologie utilizzate per produrre elettricità dal Sole sono principalmente due: la Csp (Concentrating solar power), energia solare concentrata, e i comuni pannelli solari fotovoltaici. La Csp focalizza in un punto l'energia solare attraverso lenti o specchi, accumulando in quell'area un immenso calore che genera elettricità per mezzo di turbine a vapore: è probabilmente la più indicata per l'ambiente desertico e le elevate temperature da gestire, ma lo svantaggio maggiore è che i sistemi di riscaldamento a turbina e vapore non rappresentano tecnologie semplici da gestire.

IMMENSO SERBATOIO. I pannelli solari fotovoltaici utilizzano invece i semiconduttori per convertire direttamente l'energia solare in elettricità; sono più pratici da utilizzare, soprattutto in impianti di piccola portata, ma diventano meno efficienti quando si riscaldano, dunque le temperature diurne del deserto possono rappresentare un grosso ostacolo. È da considerare poi come la sabbia trasportata dal vento possa facilmente ricoprire lenti, specchi e pannelli; nell'uso di entrambe le tecnologie, quindi, molte componenti necessitano di una costante pulizia, non facilissima nel deserto a causa della scarsità delle risorse idriche. Secondo gli esperti, dunque, la soluzione migliore sarebbe quella di integrare in qualche modo le due tecnologie in un sistema ibrido, in grado di sfruttare nella maniera più efficiente l'immenso serbatoio di radiazioni solari che si riversa in uno dei posti meno ospitali del nostro pianeta.
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