Anesion del 1866 - el plebesito trufa o farsa o iłuxion ?

Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » ven giu 17, 2016 7:49 am

Sipion Mafei (Scipione Maffei) e ła fine de ła Repiovega Venesiana
viewtopic.php?f=160&t=2279

1848 en Ouropa, ara tałega, ara veneta
viewtopic.php?f=148&t=2344
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » lun set 05, 2016 7:04 am

???

Il plebiscito truffa fa insorgere chi ha paura della verità storica?
Stefania Vedi

http://www.lindipendenzanuova.com/il-pl ... ta-storica


Quel plebliscito fu un grande bluff. Una annessione fatta sotto banco. Eppure a distanza di 150 anni ancora gli animi si scaldano. Lo si legge sulla cronaca culturale veronese del quotidiano L’Arena.

“Un libro sulla «truffa» dell’annessione del Veneto all’Italia. Lo regala la Regione alle biblioteche nell’anno del 150esimo del Veneto italiano e gli storici a Verona insorgono. «È un atto grave per le modalità e la tempistica compiuto dalla massima istituzione regionale», attacca Carlo Saletti, esperto dell’Ottocento risorgimentale. «È un uso politico della storia che fa danno quando tange la traiettoria della didattica, visto che è diffuso nelle biblioteche. Questa è la maniera di ricordare un importante anniversario?».

Per Federico Melotto, direttore dell’istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, «si vuole dare un messaggio politico partendo dal plebiscito per lanciare una critica all’Italia di oggi. E la diffusione del testo in questo modo dà carattere ufficiale a una interpretazione dei fatti opinabile».

Il pomo della discordia . scrive nell’articolo Maria Vittoria Adami – è il libro “1866: la grande truffa. (…)”, di Ettore Beggiato.

E cosa c’è mai di eretico nel lavoro di ricostruzione su base documentaria? Ammettiamo anche che il plebiscito si sia svolto con trasparenza e correttezza. Rimettere in discussione l’unità è un diritto, gli Stati non sono eterni e la storia scritta dai vincitori, soprattutto, non è mai un dogma. Lo dicono i tanti esempi di repubbliche democratiche che pongono l’aggettivo davanti a tutto… Poi, vengono giù anche i muri, perché i plebisciti li decidono i popoli, non i palazzi.
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Messaggioda Berto » gio set 08, 2016 6:07 pm

Plebiscito 1866 - errori di prospettiva, di critica e mala interpretazione.
Ma quale sarebbe stata la truffa?
Se il Veneto non fosse stato ceduto dall'Austria ai Savoia e non ci fosse stato il Plebiscito di annessione al Regno dei Savoia, i veneti non sarebbero stati liberi e indipendenti ma sarebbero rimasti sudditi dell'Austria e alla luce della storia forse sarebbe stato meglio.
Il Veneto come dominio austriaco, poteva essere ceduto dall'Austria ai Savoia senza passare attraverso la consultazione plebiscitaria che aveva un valore meramente consultivo e formale e che serviva ai Savoia per sostenere il mito dell'Unità Risorgimentale. I veneti chiamati alle urne votarono nella stragrande maggioranza per il Sì (sotto controllo e perciò condizionati ...) però vi è da dire che gran parte dei veneti che votarono sì erano convinti o almeno speravano che l'adesione ai Savoia gli avrebbe fatti star meglio e resi più liberi che se fossero rimasti dominio austriaco. Il voto plebiscitario non si ebbe a partire da una condizione di libertà e indipendenza del Veneto ma da una condizione di sudditanza e di non libertà, perciò è più che comprensibile se la stragran maggioranza votò sì all'annessione all'Italia sabauda; ciò però non significa che i veneti allora abbiano scelto di non essere liberi e indipendenti ma sudditi dei Savoia.
Forse se i veneti avessero potuto scegliere tra il dominio austriaco, il dominio savoiardo e il dominio veneziano avrebbero scelto il dominio veneziano e se avessero potuto scegliere tra il dominio veneziano e l'indipendenza a sovranità di tutti i veneti forse avrebbero scelto quest'ultima opzione. È più che possibile che se i veneti avessero sospettato quello che sarebbe loro capitato con i Savoia, si sarebbero astenuti in massa o in massa avrebebro votato NO. Ma la storia è costruita con in fatti e non con i se e i ma.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 1567781869

I veneti, nel plebiscito del 1866 non scelsero tra la loro libertà e indipendenza o tra il ripristino della Repubblica Veneta a dominio veneziano e l'unità d'Italia, ma tra la sudditanza al dominio degli Asburgo e la sudditanza al Regno dei Savoia.

Sicuramente se i veneti avessero potuto scegliere tra la loro libertà nel ripristino del passato veneziano o in una nuova indipendenza e la sudditanza ai Savoia, probabilmente avrebbero scelto la loro libertà e indipendenza.

Me par ke Bejato el gapie xugà so sta mancansa de ciarèsa, come se el plebesito el fuse stà na sielta forsà tra ła łebertà dei veneti e ła so suditanza ai Savoia; ma no xe stà cusì, a cogna esar pì ciàri.

???
https://youtu.be/nt3jjFK9f8Y

Trattato internazionale di pace a Vienna 3/10/1866:
Il Veneto passa dall'Austria alla Francia e poi dalla Francia ai Savoia, previo consenso delle popolazioni venete:
21/22 otobre 1866 data plebiscito.

Do giorni prima del plebiscito, venerdì 19 ottobre si trovano i generali ... e il Veneto passa ai Savoia, a prescindere dall'esito del plebiscito.

Nella Gazzetta Ufficiale del 19 ottobre è scritto che la cessione del Veneto è compiuta.

Caro Beggiato, in questo trattato non esiste alcun diritto all'autodeterminazione per i Veneti, poiché i Veneti non dovevano scegliere tra la loro libertà e indipendenza e la sudditanza ai Savoia ma tra il restare sotto agli Austriaci o il passare sotto il dominio dei Savoia attraverso la mediazione della Francia.
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Messaggioda Berto » ven set 09, 2016 3:09 am

???

VENETO, IL PLEBISCITO DEL 1866 NON FU UNA "TRUFFA", MA UNA FARSA!
PAOLO L. BERNARDINI

http://www.miglioverde.eu/139352-2


La recentissima polemica sul plebiscito del 1866, che ha coinvolto anche Gian Antonio Stella, ha grande importanza. Innanzi tutto ricorda ai veneti e agli italiani tutti che nel 1866, nell’ottobre di quell’anno, il plebiscito ebbe luogo, o almeno “un” plebiscito ebbe luogo. Inoltre, se il referendum costituzionale avrà luogo ai primi di Novembre, saranno solo circa dieci giorni dall’effettuazione di quello del 1866, e dunque il plebiscito “truffa” acquisirà un valore sostanziale, nella coincidenza dei 150 anni dell’annessione del Veneto e di Mantova all’Italia, o piuttosto a quella che era l’Italia d’allora, il Regno.

A questo punto però si apre una serie di questioni, e di prospettive, cui vorrei qui brevemente accennare. Menzionando anche il fatto che la legge di annessione di Veneto e Mantova al Regno venne anni fa abrogata, forse distrattamente, dal Ministro Calderoli nel quadro di un decreto legge complessivo, e dunque – sarà pure forma, ma la forma, in diritto, dovrebbe avere un valore sostanziale – de iure tale annessione non dovrebbe più esistere, ed è questa materia per giuristi professionisti, categoria alla quale non appartengono, gius-pubblicisti soprattutto, ma non solo.

Il diritto pubblico, sappiamo, è un atto di forza, per cui la legge di annessione è abrogata, ma il Veneto è ancora annesso.

Occorre però, per onestà scientifica e politica, ovvero per onestà in generale, fare alcune precisazioni. Nessuno degli storici coinvolti in questa polemica è storico professionista. Il contrario di professionista non è necessariamente dilettante, per carità. Ma gli storici di professione esistono, con i loro ferri del mestiere, in continuo aggiornamento, e il fatto che oggi la storia che più incida sulle coscienze, e sull’opinione pubblica, sia fatta da chi tali strumenti poco e male conosce, non è una bella cosa. Non per ribadire gli argomenti dell’amico e illustre collega Sergio Luzzatto contro Gianpaolo Pansa, ma, a costo di apparire un vecchio conservatore, cosa che alla fine sono, e non me ne vergogno – l’indipendenza del Veneto se mai avverrà in modo serio sarà un perfetto esempio di rivoluzione conservatrice, come quella americana – vi sono imprescindibili strumenti della ricerca storica, che, ogniqualvolta ci si confronti col passato, debbono essere utilizzati. Per questo è da mettere in dubbio lo stesso concetto di “truffa”. Perché?

Il plebiscito, come ho scritto diverse volte, ma repetita iuvant, è diverso dal referendum, ha un’antica origine romana, legata alle figure dei Tribuni della Plebe, e non ha a che fare con una scelta davvero libera, ma è piuttosto un momento di “acclamazione”, non di scelta, per una decisione già diversamente presa, e non dal popolo, ma dai suoi rappresentanti, in concerto con i rappresentati di altri ceti. Imbevuti di mal recepito repubblicanesimo romano, i rivoluzionari francesi introdussero lo strumento del “plebiscito”, che cozzava però con l’idea di decisione democraticamente presa ereditata da Rousseau. Ne nacque una mostruosità storica, un vero e proprio aborto. Si tratta dei plebisciti rivoluzionari continuati fino ad oggi, forse, ma certo fino al referendum sulla repubblica, ovvero fino a 70 anni fa; da un lato pretendono l’acclamazione di quel che è già deciso, dall’altro esigono dal popolo l’espressione libera della propria scelta, e avvolti in tale contraddizione (e cambiando il nome in modo progressivo, da “plebiscito” appunto a “referendum”), costringono in qualche modo a truffe e manipolazioni, anche se in tutta onestà nel 1866 il plebiscito fu detto plebiscito, e non referendum. I “tribuni della plebe”, ovvero l’aristocrazia dei gabinetti e delle dinastie, aveva già deciso tutto. Si disperano che i popoli, di cui non hanno grande stima, non la pensino come loro, ed inscenano queste farse, degne del teatro della crudeltà, che più che truffe sono la violenza ennesima perpetuata verso le “plebi” malamente salite al rango di “cittadini”.

Che non si trattasse di libero voto lo disse già – ben prima di Beggiato – ad esempio Tomasi di Lampedusa, non certo un indipendentista, e basta leggere il libro o guardare il film, per rendersene conto. Gli italiani lo sanno bene, che non scelsero mai liberamente, dal Veneto alla Sicilia de “Il gattopardo”, per un Regno che era già stato a loro imposto. Il problema che però gli storici dovrebbero porsi, per non degradare a mera ideologia il mestiere dello storico, è più complesso. Che coscienza di “democrazia” avevano i votanti del 1866, ma non solo loro, coloro che ad esempio a Piacenza votarono en masse per l’adesione al Regno di Sardegna nel 1848, il 7 aprile 1848, avendo un vasto (5) ventaglio di scelte, facendo sì che Piacenza venisse chiamata “primogenita d’Italia”? Sapevano veramente quel che stavano facendo? Solo studiando tutti i plebisciti, scavando sistematicamente in tutti gli archivi, studiando a fondo le corrispondenze diplomatiche, la stampa del tempo, gli atti notarili di ratifica dei risultati, le memorie e magari i diari dei preti e religiosi, si può stabilire una verità storica, in cui l’elemento della consapevolezza politica, della coscienza della propria forza, da parte dei popoli interpellati, per la prima volta nella loro millenaria storia, si può rispondere ad una serie di domande sulla “costruzione” o “invenzione” (come dice Roberto Martucci) dell’Italia unita (o della Francia).

Certamente, se applichiamo categorie relative al “referendum” al “plebiscito”, allora certo che fu una truffa. Ma non lo fu molto probabilmente anche il referendum sulla repubblica, che pure ebbe nome di referendum, anche se i vincitori della guerra lo intendevano, vecchio stile, come “plebiscito”? Sono fermamente convinto della casualità dei numeri, e che il contabile che decise che solo 69 veneti e mantovani votarono contro l’annessione al Regno, scelse tale numero perché nel 1866 erano passati 69 anni, appunto, dal 1797, anno della fine della Serenissima. Fu un “memento” che forse nessuno colse.

Usare il passato per costruire i puntelli per un futuro radioso – qual sarebbe quello di un Veneto indipendente – è molto pericoloso. Meglio fare appello al futuro, come ogni vero discorso politico richiede. Il passato è davvero una terra straniera. Se furono truffati, perché non si ribellarono? Sapevano davvero per cosa votavano? Sono stati ingannati. Bene. Non lo siamo noi forse ogni giorno, ogni santo giorno, in cui vengono raccontate fandonie sul riscaldamento globale, sull’ISIS, sull’economia, che è al collasso, esibendo numeri inventati, truffando come e peggio del 1866? Meglio non coinvolgere nel grottesco in cui viviamo anche il grottesco del passato. E se si vuole ricostruire il passato, occorre armarsi di grande pazienza, cogliere il plebiscito del 1866 nel quadro di un secolo di “plebisciti”: forse, se visti con i criteri del “referendum” di oggi, tutti truffaldini. D’altra parte non furono mai i popoli a chiedere i plebisciti. Ma le élites del tempo, come a Piacenza, manipolarono ben bene l’opinione pubblica, in Italia, allora, veramente in statu nascendi.

Certamente nel momento in cui per legittimare l’attuale status del Veneto come regione italiana, si fa a ricorso al 1866, si cade nel ridicolo, ma infatti nessuno degli oppositori di Beggiato ha sostenuto che il libro di quest’ultimo dicesse il falso, come ha ben visto Carlo Lottieri. L’attuale status del Veneto è legittimato dal popolo veneto che non chiede, scendendo tutto o in gran parte in piazza, come i catalani, che si faccia di nuovo ricorso allo strumento democratico del voto per confermare, o meno, la propria appartenenza all’Italia. Finché sarà così, anche i segugi piemontesi e loro cucciolate venete che fanno i cani da punta e riporto per l’Italia unita, avranno buon giuoco. Farebbero bene a tacere del tutto, è uno scheletro nell’armadio ben vivo e in carne, a pensarci bene, il plebiscito del 1866. Infatti, fu certamente una truffa, ma fu veramente, effettivamente convocato e celebrato, un passo avanti rispetto al presente, mostruoso dirlo perché ai tempi le masse, il popolo, era per i sovrani davvero meno che carne da cannone. Eppure li fecero, seppur farsescamente, votare. E senza che lo chiedessero, d’altra parte chi avrebbe potuto prender la parola per loro, i loro occupanti austriaci? I loro intellettuali mazziniani? I preti?

Per tutti, meglio sarebbe lasciare che i morti riposino in pace, cosa peraltro che non fanno, visto che nella sola e unica volta in cui furono chiamati ad esprimere la propria volontà, essa venne così mostruosamente falsificata. Anche solo per vendicare l’offesa subita da quei morti, si dovrebbe scendere a milioni in piazza e chiedere di votare di nuovo. Ma in piazza scendono in tremila. E allora, vivi e morti, riposiamo tutti in pace.


Bernardini el plebesito par aclamasion no i ło ga enventà i romani, lè on vecio istitudo universal e pristorego; el se catava anca da i xermani, come ca contava Taçito. E lè n'istitudo soçal kel ga raixe ogniversali e paleoleteghe drento i clan nomadeghi. Anca Bernardini el fa confouxion so sta coestion del plebisito.
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Messaggioda Berto » ven set 09, 2016 6:31 pm

Al Corsera non va giù la libertà dei veneti
di Carlo Lottieri

http://www.lintraprendente.it/2016/09/a ... dei-veneti

Sul Corriere della Sera di ieri Gian Antonio Stella scende in campo per difendere un episodio certo spiacevole della storia italiana, ma che a suo giudizio va compreso storicamente. Si tratta del referendum con cui l’Italia, nell’ottobre di 150 anni fa, intese “legittimare” un’annessione del Veneto già decisa per via diplomatica e risultato di un palleggiamento di territorio e popolazione: che l’Austria consegnò alla Francia e quest’ultima al Regno d’Italia. Stella non è uno storico di professione e quindi chiama a suo sostegno Mario Isnenghi, uno degli studiosi italiani più noti, il quale afferma che se anche fu un imbroglio, in fondo tutto va contestualizzato: “Ci furoni pressioni e perfino trucchi? Può darsi”. Ma lo storico sviluppa un’osservazione molto più interessante quando rileva che l’Italia di allora, che inglobò il Veneto a seguito di una guerra, fu comunque in qualche modo costretta a dare una qualche rappresentazione del consenso della popolazione interessata. Nel diciannovesimo secolo, votato al culto della nazione e alla progressiva espansione delle logiche democratiche, il potere costituente iniziava a essere messo nelle mani della gente. Al fine di enfatizzare questo elemento, Isnenghi sembra prendere perfino per buoni, anche se non si capisce come, i risultati ufficiali sull’affluenza (i 650 mila votanti), sottolineando come allora si trattasse di un numero consistente. Tutti sanno come questo dato meriti più di uno scetticismo se a votare “no” ci furono solo 69 veneti; e se è palesemente falso che solo 69 veneti su 650 mila votarono contro, è egualmente ovvio che anche il dato complessivo vada preso con le pinze. Ma Isnenghi, apprezzando il plebiscito di 150 anni, mostra di credere che il Veneto allora avesse il diritto di decidere dove stare. E se esso aveva tale diritto nel 1866, è davvero difficile pensare che non l’abbia più ora: in una fase storica in cui nessuno può più prescindere dal consenso popolare.

Perché Stella è però costretto a parlare – forse assai controvoglia – della sceneggiata che ha portato i veneti in Italia? Il motivo è che nelle scorse settimane la Regione Veneto ha speso soldi pubblici (pochi: lo ammette più volte lo stesso giornalista) per spedire alle biblioteche regionali un volume di Ettore Beggiato in cui si esamina cosa davvero avvenne nei due giorni di quel plebiscito da operetta. Ha tutti i torti Stella quando dice che non si dovrebbero usare soldi dei contribuenti per sostenere tesi di parte? No: non ha torto. Peccato che egli scopra questo principio solo ora e che non ci risulti che abbia usato analogo rigore quando con una propaganda di regime vergognosa – quella sì, davvero assai costosa – lo Stato italiano si è autocelebrato a spese dei suoi sudditi: compresi quelli che, legittimamente, lo detestano. Quanti soldi sono stati infatti buttati, solo pochi anni fa, per difendere le tesi nazionaliste e risogimentali in merito al 2011 e per celebrare un’italianità politica che ha generato la legge Pica, il colonialismo, la prima guerra mondiale, il fascismo e altre disgrazie? In quel caso, però, la penna di Stella ci pare sia rimasta silente. Sembra di capire, insomma, che l’uso politico dei soldi pubblici sarebbe condannabile solo quando esso sia ad opera di gruppi ostili allo status quo, mentre le forze politiche di regime avrebbero tutto il dovere di fare propaganda a loro favore. Per non parlare della costante diffusione di tesi ideologiche e illiberali in materia di ambiente, solidarietà, legalità e altro da parte delle scuole pubbliche e di altri apparati di Stato: un’azione di “lavaggio del cervello” che spesso offende nel profondo chi quelle opinioni non condivide, ma è egualmente obbligato a finanziarle.

Il riferimento ai soldi pubblici è, allora, assai pretestuoso. In realtà, Stella è un difensore acritico di un’unità imposta con la violenza: di quella “conquista regia” (per citare uno studioso non esattamente leghista che si chiamava Antonio Gramsci) che pezzo dopo pezzo portò quasi tutti i territori della penisola italiana – ma non la Corsica, non Nizza, non il Canton Ticino – sotto la corona dei Savoia e che si concluse con la prima guerra mondiale. Il giornalista del Corriere della Sera ha tutto il diritto – se ci tiene – di venerare i fratelli Bandiera, Mazzini e Cavour, magari pure Crispi e Cadorna, o chi vuole lui. Ha tutto il diritto di pensare che il Veneto dovesse essere italianizzato nel 1866, anche con una votazione farlocca, e debba rimanere in Italia pure oggi. Dovrebbe però riflettere sulle osservazioni di Isnaghi, perché esse implicano quel “diritto di voto” (150 anni fa come oggi) che la Casta politico-burocratica italiana nega alle popolazioni venete. Che magari – può darsi che egli la veda così – sono pronte anche a votare pure nel 2016 come nel 1866, scegliendo nel 99,9 % dei casi l’Italia e rigettando l’ipotesi di un Veneto indipendente, ma devono poterlo fare in un contesto di libertà e correttezza. Un secolo e mezzo fa, i veneti furono convocati per un referendum truccato, ma almeno in qualche modo votarono. Oggi nemmeno questo è consentito e i sacerdoti posti a difesa del Potere vigente hanno bocciato perfino un referendum di carattere consultivo. Siamo allora proprio sicuri che il problema maggiore del Veneto sia la spesa sostenuta per spedire il libro di Beggiato nelle biblioteche della regione?
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Messaggioda Berto » dom set 11, 2016 6:55 am

La mia risposta a Gian Antonio Stella
ETTORE BEGGIATO
Pubblicata su “Libero” di mercoledì 7 settembre 2016
http://www.raixevenete.com/la-mia-rispo ... nio-stella

Sono da sempre un attento lettore dei libri e degli articoli di Gian Antonio Stella e sono rimasto francamente deluso dal pezzo che ha scritto sul Corriere di ieri, sei settembre, sul mio libro “1866:la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia” e del relativo acquisto da parte del Consiglio Regionale del Veneto.
Chiariamo subito cifre ed euro (cosa che Stella non fa) : sono stati acquistati 100 libri dal costo di 10 euro e con il sconto del 10% per un totale di 900 (novecento) ; se pensiamo a quanti milioni di euro sono stati spesi per i 150 anni dell’Unità ‘Italia per iniziative discutibilissime, credo ci possa stare anche l’acquisto di qualche copia di una voce fuori dal coro…
Ma è il contenuto dell’articolo che mi lascia perplesso: un pistolotto farcito di retorica patriottarda (sembra di tornare ai tempi del Minculpop…) con riferimenti che non c’entrano nulla con il mio libro incentrato sul plebiscito; cosa c’entrano Daniele Manin (Presidente della Repubblica veneta del 1848/49), Calvi, Lobbia, i fratelli Bandiera (morti nel 1844) con il plebiscito del 1866 ?!?articolo-1866-raixe-venete
E comunque sia Gian Antonio Stella che il prof. Isnenghi si guardano bene di contestare le mie tesi, i documenti che propongo, anzi Isnenghi ammette, bontà sua, che “Ci furono pressioni e persino dei trucchi? Può darsi” ammettendo che le mie denunce non sono invenzioni…
Ma vediamo, per i lettori di “Libero” da vicino gli aspetti centrali della questione, quelli che i lettori del “Corriere” non hanno potute approfondire…
1) Alla fine della terza guerra d’indipendenza, il Regno d’Italia, nonostante le due disastrose sconfitte di Custoza e Lissa, si siede dalla parte dei vincitori grazie all’alleanza con la Prussia che ha sbaragliato l’esercito austriaco a Sadowa. L’Austria si rifiuta di cedere direttamente il Veneto, il Friuli e il Mantovano direttamente ai Savoja e lo gira alla Francia affinchè questa lo giri ai Savoja “sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate” testuale dal trattato di pace fra Italia e Austria firmato il 3 ottobre 1866 e fedelmente riprodotto nel mio libro.

2) Il plebiscito viene convocato per i giorni 21 e 22 ottobre 1866;
3) due giorni prima del voto, venerdì 19 ottobre, il Veneto passa al Regno d’Italia in una oscura camera dell’Albergo d’Europa lungo il Canal Grande a Venezia. La notizia viene riportata nella “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” datata 19 ottobre 1866, che i lettori di “Libero” e Gian Antonio Stella possono trovare facilmente anche su internet.
4) I veneti vanno a votare il 21 e 22 ottobre quando tutto è già stato deciso, altro che “sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate”! E questa, per me, è una truffa, una grande truffa.

A meno che, per Gian Antonio Stella, la firma sotto un trattato di pace, sotto un trattato internazionale sia una cosuccia da nulla…
5) Il voto si svolge fra brogli, minacce, intimidazioni varie e il risultato parla di 641.758 SI, 69 NO, e 273 nulli; oltre a considerazioni di carattere storico, culturale e sociale, il dato dev’essere visto anche sotto la dimensione statistica: è matematicamente impossibile che su una massa di quasi 650.000 votanti ci sia il 99,99 % di SI.
Non parliamo delle operazioni di voto: in un documento che ho trovato all’archivio di stato di Padova si attesta che in due seggi di Padova città ci furono ben 548 (cinquecentoquarantotto) voti in più…documento dell’archivio di stato !!!
6) non solo quello veneto ma tutti i plebisciti organizzati dai Savoja furono truffaldini e a questi ho dedicato un capitolo intero del mio libro, con copiosa documentazione;
7) Il prof. Sabino Acquaviva così inizia la sua prefazione alla prima edizione (1999) “Un libro importante, culturalmente e politicamente. Ci parla della nostra storia, di quanto è accaduto di quando il Veneto è stato annesso all’Italia. Ci narra quel che è veramente successo, oltre ogni descrizione oleografica, falsa e falsata per motivi politici”

8) E per finire, consiglio a Gian Antonio Stella di andare all’archivio del Corriere, ricercare il quotidiano del 23/11/1997 e leggere l’articolo del grande Indro Montanelli che scrisse “L’Italia è finita. O forse, nata su plebisciti-burletta come quelli del 1860-61, non è mai esistita che nella fantasia di pochi sognatori ai quali abbiamo avuto la disgrazia di appartenere.” Pericoloso indipendentista veneto anche Indro Montanelli?




Alberto Pento el scrive:

Se il Veneto non fosse stato ceduto dall'Austria alla Francia e da questa ai Savoia e non ci fosse stato il Plebiscito di annessione al Regno dei Savoia, i veneti non sarebbero stati liberi e indipendenti ma sarebbero rimasti sudditi della Francia a cui l'Austria ci aveva ceduto con il trattato di Vienna.
Il Veneto come dominio austriaco, era stato ceduto dall'Austria alla Francia e quasta avrebbe dovuto passarlo ai Savoia previa la consultazione plebiscitaria. I veneti chiamati alle urne votarono nella stragrande maggioranza per il Sì (sotto controllo e perciò condizionati ...) però vi è da dire che gran parte dei veneti che votarono sì erano convinti o almeno speravano che l'adesione ai Savoia gli avrebbe fatti star meglio e resi più liberi che se fossero rimasti sotto il dominio austriaco. Il voto plebiscitario non si ebbe a partire da una condizione di libertà e indipendenza del Veneto ma da una condizione di sudditanza e di non libertà, perciò è più che comprensibile se la stragran maggioranza votò sì all'annessione all'Italia sabauda; ciò però non significa che i veneti allora abbiano scelto di non essere liberi e indipendenti ma sudditi dei Savoia.
Forse se i veneti avessero potuto scegliere anziché tra il dominio francese e quello savoiardo tra il dominio austriaco, il dominio savoiardo e il dominio veneziano avrebbero scelto il dominio veneziano e se avessero potuto scegliere tra il dominio veneziano e l'indipendenza a sovranità di tutti i veneti forse avrebbero scelto quest'ultima opzione. È più che possibile che se i veneti avessero sospettato quello che sarebbe loro capitato con i Savoia, si sarebbero astenuti in massa o in massa avrebbero votato NO. Ma la storia è costruita con in fatti e non con i se e i ma.


È importante sottolineare che i veneti, nel plebiscito del 1866 non scelsero tra la loro libertà e indipendenza o tra il ripristino della Repubblica Veneta a dominio veneziano e l'unità d'Italia, ma tra la sudditanza al dominio dei francesi a cui gli Asburgo ci avevano ceduto (trattato di Vienna del 3 ottobre del 1866) e la sudditanza al Regno dei Savoia.
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Messaggioda Berto » dom set 11, 2016 6:58 am

https://it.wikipedia.org/wiki/Plebiscit ... d%27Italia

I plebisciti del Regno d'Italia indicano alcuni plebisciti tenuti tra il 1859 e il 1870 per ratificare l'annessione prima al Regno di Sardegna e poi al Regno d'Italia, sancendo così l'unità d'Italia.

In particolare, la legge 3 dicembre 1860, n. 4497 del Regno d'Italia dava al governo la facoltà di accettare per Decreti Reali l'annessione di quelle Provincie dell'Italia Centrale e Meridionale che avessero espresso liberamente, per suffragio diretto universale (maschile), la volontà delle popolazioni a far parte del Regno.

Quei plebisciti si differenziano però sostanzialmente dall'odierno referendum. Le seguenti tabelle riportano i risultati di questi plebisciti.
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Messaggioda Berto » dom set 11, 2016 8:24 pm

???


Chiedo cosa ne pensate dell'idea di trovarci tutti, TUTTI ma TUTTI a Venezia un ritrovo spontaneo in piazza San Marco, il giorno
22 ottobre, a 150 anni esatti dal PLEBISCITO ITALIANO TRUFFA che ha proclamato l annessione del Veneto all'Italia.
Tutti sanno che non è stato un referendum ma un plebiscito ( nel plebiscito viene deciso a priori cosa fare e poi si ordina ...)
Costringendoci così ad abbassare la testa e LAVORARE in silenzio e pagare ( da subito aumentato sproporzionatamente la tassa sul grano) o emigrare per i più coraggiosi

Vorrei avere una vostra risposta in merito essendo che scade di sabato ... Magari riusciamo a dare un segnale ...

Con un plebiscito ci hanno obbligato, con un referendum possiamo scegliere ???

https://www.facebook.com/barbara.benini.12?fref=ts

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 3369020828
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » dom set 11, 2016 8:34 pm

Comitato 1866 (area fiło leghista)
viewtopic.php?f=126&t=2161


ROMA O VIENNA… E SE IL VENETO PASSASSE ALL’AUSTRIA?
PODEMO-SCHIO
di ENZO TRENTIN

Meglio Vienna o Roma? È una provocatoria domanda che nell’estate del 2013 è stata posta ai vicentini che a sorpresa hanno dimostrato la loro propensione. Chi è curioso po’ andare a vedere qui [http://www.tviweb.it/il-veneto-passa-allaustria ] il servizio televisivo di Paolo Usinabia e Matteo Rizzetto.

Groucho Marx è stato un attore comico statunitense, che in uno dei suoi spettacoli ebbe a dire: «…puoi apparire in televisione e prendere in giro i politici. E i politici possono apparire in televisione e prendere in giro te». Vediamo come. I vicentini intervistati dalla TV locale hanno confermato il radicamento e la scarsa simpatia che sin dalle guerre risorgimentali, e poi con le due guerre mondiali, albergano in parte dell’opinione pubblica. Ma l’emblematica assenza di una volontà indipendentista sembra emergere dall’ultima intervista proposta nel servizio televisivo. La persona intepellata, infatti, rifiuta l’idea (ipotetica) di un Veneto che confluisca nella repubblica austriaca, perché i “krucchi” si alimentano a wurstel mentre i veneti hanno un’enorme varietà di salsicce.

Esilerante! Ma analizziamo altro: come si spiegano gli oltre 2 milioni di voti che i Veneti, nella primavera del 2014 (appena otto mesi dopo), hanno dato ad un referendum telematico per l’indipendenza del Veneto? E come giustificare che, nel maggio 2015 (circa un anno appresso), ben due liste indipendentiste venete, alle regionali hanno collezionato all’incirca 120.000 voti, ed una sola lista ha eletto (con espedienti elettorali) un unico Consigliere regionale?

Quello che ci spieghiamo benissimo è la nascita di associazioni che si definiscono apartitiche, ma la cui attività è palesemente sostenuta dai soldi pubblici provenienti dalle pieghe del bilancio regionale. Ed ecco allora l’attività, corredata da un pregevole dépliant, del “Comitato 1866” (la cui Presidentessa è un’ex candidata alle Regionali nella lista “Indipendenza Noi Veneto con Luca Zaia”), e la cui attività, il 14 gennaio 2016, è illustrata da un filmato caricato dall’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale Veneto, si veda qui https://www.youtube.com/watch?v=SZDKLrbx0Ro .

Oppure ancora dall’associazione, costituitasi recentemente, “Yes Podemo”, il cui Presidente Ruggero Zigliotto scrive in Facebook che è una associazione trasversale, non ideologicamente schierata, che persegue un obiettivo “molto semplice” parlare a quel 95% di Veneti che non conosce la possibilità di poter decidere per il proprio futuro. Insomma, c’è da chiedersi: che tipo di comunicazione hanno veicolato tutti questi sedicenti indipendentisti?

“Yes Podemo” poi, il 12 marzo 2016, ha organizzato un convegno a Schio (VI) dove alcuni hanno osservato che, ad un certo punto, sembrava che i relatori fossero più numerosi del partecipanti. E per verificare come alcuni pseudo indipendentisti elaborino capziose e confuse argomentazioni sull’indipendenza del Veneto, si legga: «...in fondo le parole autodeterminazione, indipendenza e autonomia sono dei sinonimi, è solo lo stato italiano che con le autonomie regionali concesse ad alcune regioni su varie questioni ha travisato il concetto iniziale.» Antonio Guadagnini Ipse dixit. Si può verificare qui http://arengoveneto.org/2016/03/13/yes- ... dei-veneti , leggendo una relazione sull’evento.

In questo convegno sembra che solo l’intervento del prof. Carlo Lottieri (insigne docente universitario, scrittore e pubblicista), risulti degno di nota. Lottieri da sempre ha sposato la causa libertaria, e nell’occasione ha offerto un’analisi nella quale evidenzia l’assurdità di uno Stato che di fatto vieta la possibilità di referendum su questioni economiche ed internazionali. Ma… una rondine può fare primavera?
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Messaggioda Berto » mar set 13, 2016 6:12 am

Ensemense e peke venetiste e venesianiste
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