Anesion del 1866 - el plebesito trufa o farsa o iłuxion ?

Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » mar set 13, 2016 6:36 am

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... o-Rota.jpg

“Risposta all’Intervento del Sig. Onofrio Rota, Segretario Cisl Veneto, pubblicato sul Corriere del Veneto Domenica 11 Settembre 2016.
di Massimo Tomasutti


http://www.raixevenete.com/risposta-all ... ofrio-rota

Il tentativo compiuto sulle pagine del Corriere del Veneto da Onofrio Rota, Segretario Cisl Veneto, di esaltare il fatidico “Sì” al Plebiscito d’annessione al Regno d’Italia del 1866 quale ‘volano’ storico che fece uscire dalla crisi e dall’isolamento austriaco il Veneto è – purtroppo per il suo Autore -, circondato da un repertorio di formule storiografiche troppo generiche, scontate e tipicamente ‘italianiste’ – i Veneti che votarono ‘liberi’ e ‘contenti’ per l’Italia, l’Austria odiata matrigna di ‘tutte’ le genti venete e loro negletta amministratrice, ecc. -, tutte pronunciate con un livello molto alto di generalizzazione e sartenza mai citare, ad esempio, le ‘differenze’ tra i diversi Veneti del tempo, tra le varie aree socio-economiche della Regione e le diverse ‘ere’ della dominazione austriaca sul Veneto con le loro diverse conseguenze sull’economia regionale. E tutto questo già al ‘netto’ della non trascurabile circostanza storica che, contrariamente a quanto pensa Rota, quel voto del 21 e 22 Ottobre 1866 non fu affatto libero e soprattutto “determinante” per la scelta di appartenere democraticamente all’Italia poiché come giustamente fa osservare Alvise Zorzi in “Venezia austriaca” – dando ragione all’allora Ministro Ricasoli -, esso era sostanzialmente una “ridicolaggine”, una “inutile formalità” poiché “si svolgeva a cessione avvenuta, conferma del tutto superflua di un atto già consumato”.
Ma Zorzi, sul valore storico e formale dello stesso, ci dice assai di più e meglio: “non sarebbe certo stato possibile nè pensabile che il voto annullasse la cessione o ne modificasse i termini; e una votazione effettuata ‘post factum’, in una regione già occupata dall’esercito italiano, non cancellava la vergogna di una acquisizione ottenuta per vie diplomatiche dall’interessata generosità di un monarca straniero ai danni di un dominatore umiliato e sconfitto da un altro monarca straniero.” (A. Zorzi, Venezia Austriaca 1798-1866, p. 148.).

Sarebbe, forse, già sufficiente ricordare a Rota tutto questo per smentire la sua ferrea convinzione circa ”l’affidamento al voto” popolare e democratico delle sorti del Veneto, omettendone i tanti brogli consumati e storicamente provati, ma, tuttavia, credo che – per la indispensabile, vera conoscenza della Storia stessa -, sia qui un bene aggiungervi pure la considerazione che quella “ridicolaggine” evidentemente incuteva molta paura al nuovo Stato italiano se l’ex Commissario Regio Thaon di Revel, incaricato dall’allora Governo di Firenze di condurre le trattative per la acquisizione/cessione del Veneto e vero e proprio deus ex machina di quei ”maneggi” ebbe molto onestamente a confessare nei suoi Ricordi che: “ebbi a ridere rilevando i sussulti burocratici del Ministero nel dover ratificare tante disposizioni arbitrarie ed irregolari che avevo date” (T. di Revel, La Cessione del Veneto, p. 184.). Ossia il plenipotenziario Commissario incaricato del Re che se la rideva – rideva .. –tomasutti-raixe-venete, al solo pensare come avrebbe potuto far fronte il Governo italiano alle tante ”irregolarità” ed ”arbitrarietà” che commise pur di assicurarsi il ”buon esito” della consegna del Veneto all’Italia …. questa è ovviamente storia non ideologia. Resta da dire dell’Austria, che per Rota aveva “isolato” dall’Italia e dall’Europa il Veneto, costringendolo in una situazione economica e sociale disastrosa.
Gli “artigli” dell’aquila imperiale sul Veneto vanno adeguatamente periodizzati, altrimenti si rischia di banalizzare e generalizzare.
Dalla cerimonia del ritorno della famosa quadriga sulla facciata della Basilica Marciana al 1866 ne passò, infatti, di acqua sotto i ponti (non solo veneziani ovviamente). Diciamo subito che l’Austria diede al Veneto, nei suoi tanti anni di dominazione, molte cose: dalla Ferrovia che ancora oggi collega Milano con Venezia alla stessa sistemazione dell’Archivio di Stato cittadino fino alla provvidenziale riparazione dei Murazzi dell’estuario veneziano che erano caduti in rovina. Sarà solo a partire dal ’48 di Manin e della Rivoluzione popolare e borghese che la situazione cambiò una prima volta.

L’assolutismo austriaco strinse certo la ‘morsa’ politica ma dopo gli anni della repressione militare (1849-1855), comunque sia, l’Aquila bicipite si sforzò ugualmente di mostrare al Lombardo-Veneto un volto diverso, più ”moderno”. La visita della coppia imperiale (Checco Beppe e Sissi) a Venezia nel 1856 era stata un successo. Il duro Radetzky era stato infine ‘pensionato’ a novant’anni. Nel Lombardo-Veneto governava, quindi, il fratello di Checco Beppe, Massimiliano che fu di idee concilianti ed aperte. Una grande amnistia aveva rimandato a casa i condannati politici e contemporaneamente le condizioni delle città migliorarono. Poi con la Seconda guerra d’indipendenza e la sconfitta austriaca del 1859 maturò il ”dissenso” tra i ceti borghesi. E fu così che l’Austria, comprendendo la difficile situazione geopolitica in cui versava, progressivamente si ‘disimpegnò’ dal Veneto con gli effetti economici e sociali critici che, in parte, Rota descrive. E tuttavia quando il Veneto diventò ”italiano” la sua agricoltura e le sue attività industriali subirono la concorrenza forzata dei prodotti inglesi che in precedenza, con gli austriaci, non venivano importati.

Le pesanti tasse italiane fecero il resto unitamente al servizio militare obbligatorio per tre anni e all’estensione delle norme per l’esproprio sui beni ecclesiastici.
Dal 1866 al 1878 il Veneto conobbe un’emigrazione selvaggia, questa si ”grazie” all’Italia: tre milioni lasciarono per sempre le loro terre in cerca di quella “connessione” con il più fortunato mondo circostante ‘non italiano’ che Rota evidentemente ignora.


Alberto Pento
Questo articolo fa chiarezza sul fatto che il Plebiscito non fu una scelta tra la libertà e l'indipendenza veneta e la sudditanza italiana ma tra il dominio franceze a cui l'Austria ci aveva ceduto e il dominio dei Savoia. Quindi per i veneti si trattò di passare da un dominio ad un'altro. Io non concordo con chi sostiene che i veneti votarono in massa per passare dalla Francia, a cui l'Austria ci aveva ceduti, all'Italia perché costretti dalle minacce, io credo che molti votarono sì perché speravano e si illudevano di scegliere un male minore che purtroppo si dimostrò invece maggiore.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » mer set 14, 2016 6:40 pm

A ghe xe anca ki ke se enventa kel Veneto el saria stà pasà da l'Aostria a łu memo e no a ła França ...


Il Veneto nel 1866 non è mai stato ceduto all’Italia

http://guiotto-padova.blogautore.repubb ... rima-parte

È diventato ormai noto presso i Veneti, ma non solo, che la nostra terra è stata annessa al Regno d'Italia con un plebiscito farsesco, organizzato domenica 21 e lunedì 22 ottobre dell'anno 1866.
Ricorre in questi giorni il 145esimo anniversario di quegli eventi, giusto per ricordare che le istituzioni italiane festeggiano i 150 anni dell'Italia Unita, senza il Veneto, ovviamente.

Ritengo, però, che si sia finora travisato il vero valore di questa procedura referendaria. Molti studiosi ed esperti della materia hanno descritto le operazioni di voto come “cosmetiche”, portando alla luce le violazioni compiute (pressioni, intimidazioni, voto palese) come offensive principalmente sul piano morale e storico, come una ciliegina amara su una torta pasticciata.

L'idea diffusa è che il voto del plebiscito sia stato solo una formalità, stante che, come da più parti si dice, la cessione del Veneto era avvenuta addirittura prima del voto! Recitava infatti un trafiletto sulla “Gazzetta di Venezia” di sabato 20 ottobre 1866: “Questa mattina [cioè venerdì 19] in una camera dell’albergo d’Europa si è fatta la cessione del Veneto”. Occorre fare attenzione, però, a non saltare a conclusioni affrettate: è infatti scientificamente scorretto interpretare una fonte storica alla luce di ciò che avverrà, cioè sapendo già come andrà a finire. Non è scritto da nessuna parte, infatti, che quel giorno, in quell'albergo, il Veneto sia stato ceduto all'Italia.

È sulla base di tale interpretazione, secondo me errata, che si basano le visioni storiche che qualificano il plebiscito del 1866 come una inutile formalità di adesione ad una situazione di fatto già sostanzialmente costituita e decisa da altri, come a dire che “il 19 ottobre il Veneto era già passato dalla Francia all'Italia, due giorni prima del plebiscito”, ma non è affatto così.

Ma se non è stato ceduto all'Italia, il Veneto a chi è stato ceduto? La risposta non è ovvia, ed è forse la più impensabile: il Veneto è stato ceduto a sé stesso.

La questione veneta, “risolta” nel 1866, ha visto come attori partecipanti, nell'ordine, l'Austria, la Francia, l'Italia, e... il Veneto (o, meglio, “la Venezia”, cioè tutto il territorio dell'attuale Regione Veneto, con anche Pordenone ed Udine, “ e Mantova”, riconosciuta come provincia non appartenente al territorio della Venezia). Queste 4 parti sceniche sono invece personificate da 6 attori: il commissario austriaco Gen. Karl Moering, il commissario francese Gen. Edmond Leboeuf, il commissario italiano Gen. Genoa Giovanni Thaon di Revel, e i 3 notabili rappresentanti del territorio conteso, due veneti (l'assessore della municipalità veneziana Conte Luigi Michiel ed il podestà di Verona, Edoardo De Betta) e un mantovano (Achille Emi-Kelder, assessore della municipalità di Mantova).

Analizzando opportunamente le memorie, quasi una confessione, del commissario italiano Thaon di Revel, scopriamo cosa è successo davvero in quell'albergo la mattina del 19 ottobre di 145 anni fa.

Pare opportuno partire dal ruolo dei 3 notabili, comprese le modalità della loro scelta. Scrive Thaon di Revel: “Dovevo pure risolvere la questione dei tre notabili, scelti dalla Francia e chiamati a ricevere da questa il Veneto a lei ceduto dall'Austria. [...] Le idee di Leboeuf su tale funzione, dapprima incerte, tendevano ora a darle grande solennità. [...] Scegliendo gl'individui che si proponevano da Parigi si creava un'autorità speciale sul Veneto, che poteva dar luogo a qualche aspirazione autonoma od anche repubblicana per Venezia. Dovrebbero essi indire il Plebiscito od affidarne l'incarico ai Municipi?”

Revel appena dopo parla anche apertamente dei metodi mafiosi usati per pilotare la scelta dei notabili, e pare quasi compiacersi della sua abilità diplomatica: “Miniscalchi, Strozzi, Giustiniani ed altri eran degnissimi gentiluomoni e perfettamente adatti per tale scelta, se non vi ostassero le considerazionei sovraesposte; perciò pensai bene, sin dai primi giorni, di esporre condifenzialmente le mie idee a Ricasoli, fra le quali eravi quella di far sentire a quei signori, che sarebbero richiesti [cioè “chiamati”] da Leboeuf, direttamente o per intermediario, che il Governo [italiano] desiderava ch'essi declinassero l'invito. Mi riservavo poi di condurre Leboeuf, senza che si avvedesse del partito preso, a richiedere Michiel, De Betta ed Emi-Kelder”.

Se la scelta dei notabili è stata pilotata, modalità di svolgimento del plebiscito invece sono state decise unicamente dall'Italia. Ci confessa Revel: “Quando la sera del 16 di ritorno da Verona, giunsi all'albergo [a Venezia], vi trovai 1300 copie del manifesto Reale pel Plebiscito [...]. Telegrafai subito a Cugia [Efisio Cugia, Ministro della Guerra italiano dal 22 agosto 1866]: ''Ricevuto manifesto, ignorandone esistenza non potei preparare Generale francese. Temo protesta motivo data da nessuna menzione in esso della Francia. Voglia Vostra Eccellenza tenere a calcolo difficoltà della posizione''”. Poi Revel continua a narrare: “Altro che cessione! Il 17, alle 8 del mattino, mi vedo arrivare Leboeuf con in mano un giornale, nel quale era stampato tutto il Decreto Reale! Era fuori di sé; non parlava, non gridava, ma urlava, che era una violazione del trattato, un insulto alla Francia, e protestava che senza un ordine preciso del suo Imperatore, non cedeva il Veneto. [...] Avevo davanti ai miei occhi il Regio Decreto in data 7 ottobre, firmato Vittorio Emanuele, che fissava il 21 e 22 stesso mese per la votazione del Plebiscito, e non solo lo leggevo stampato nel giornale, ma sapevo che era affisso in tutta la provincia di Treviso; ne avevo 1300 copie per Venezia ed estuario; Leboeuf me ne aveva portato una copia; e si voleva [dal governo italiano] che dicessi al Commissario francese ch'egli si sognava un Regio Decreto che non esisteva!”.

Sembra una farsa, ed anzi lo è, ma è proprio con queste premesse e con questi metodi che il Regno d'Italia ha ottenuto di annettere il Veneto nel 1866, ma con quali altri inganni e nascondimenti?

FINE PRIMA PARTE (la seconda parte uscirà sabato 22 ottobre 2011)

Alessandro Mocellin



Etore Bejato el scrive:
20 ottobre 2011 alle 11:53

Non capisco proprio il titolo di questo articolo e il significato di quanto contenuto.
Leggo infatti nel dispaccio telegrafico inviato da Venezia il 19ottobre 1866 alle ore 10.20 dal Generale REVEL al Commissario del Re per la provincia di Udine:
"Cessione della Venezia compiuta. La bandiera Reale Italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco...."
Fu una vera e propria truffa, visto che il nostro popolo andò a votare due giorni dopo quando tutto era già stato deciso e nonostante il trattato di pace del 3 ottobre 1866 parlasse di "sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate"
Ettore Beggiato
autore di "1866:la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all'Italia"



alessandromocellin scrive:
20 ottobre 2011 alle 18:39

Occorre distinguere il piano di fatto dal piano di diritto.
Che la bandiera italiana sventolasse in Piazza San Marco già dal mattino del 19 ottobre 1866 è un fatto attestato. E' giuridicamente una violazione? Se il Veneto era appena stato ceduto all'Italia, prima delle consultazioni di voto, era sì illegittimo, perché contrario alla citata clausola della "riserva del consenso". MA, se Austria e Francia fossero state d'accordo, non si sarebbe e non si può dire che l'Italia abbia fatto qualcosa di scorretto: avrebbe solo approfittato, magari anche in buona fede, della situazione.
Che i notabili fossero DeBetta, Emi-Kelder e Michiel è un altro fatto. Che la loro scelta sia stata pilotata con metodi mafiosi dal commissario italiano per mettere nel sacco il commissario francese (garante internazionale) è un dato di fatto. E' una violazione? Sì in ogni caso, perché la Francia, esercente funzione di garante internazionale, aveva di sua iniziativa deciso di scegliere dei notabili rappresentanti veneti, ed il fatto che l'Italia abbia pilotato la scelta intimidendo i chiamati da Leboeuf comporta una pesante violazione del trattato.

Che il 19 mattina ci sia stato un passaggio di potere sul Veneto è un fatto. Che questo passaggio sia stato dalle mani della Francia a quelle dell'Italia invece è scorretto, e la "prova documentale" (che è storica e giuridica) è contenuta nella seconda parte dell'articolo.

Non capisco invece per che motivo si ribadisca che "fu una vera e propria truffa", come se questo articolo volesse discolpare l'Italia o ridurne l'esposizione sul caso: queste sottolineature che ho compiuto in questa prima parte, e gli esiti che ne verranno nella seconda, non migliorano né sanano la posizione giuridica (e morale) dell'Italia: la rendono anzi decisamente più pesante.

Innanzitutto con questo mio rilievo "Il Veneto nel 1866 non è mai stato ceduto all'Italia" si consolida definitivamente la responsabilità italiana sul piano della violazione pesantissima del diritto internazionale (diritto internazionale pattizio di allora): l'Italia non ha solo violato un trattato, ma ha anche invaso un territorio indipendente, di fatto occupandolo.
In secondo luogo, le citate affermazioni del Gen. Revel escludono ogni possibile appello alla "buona fede giuridica" dell'Italia: cade infatti il tipico ragionamento "eh, sai, tanto nell'ottocento si facevano così i plebisciti, quindi non è che lo hanno fatto apposta, è che si costumava fare così". No, la mala fede è piena, c'è la machinatio (cioè la macchinazione) ed è pure provabile documentalmente.
Infine, ed è cosa ben più importante delle precedenti, ciò significa che il Veneto il 19 ottobre 1866 è stato formalmente reso indipendente dopo che la Francia l'ha ceduto a sé stesso, trattenendo a sé quelle sole funzioni di legittima garanzia esterna internazionale (proveniente dalle clausole della Pace di Vienna) che nella mentalità odierna sono comparabili a quelle che spettao all'ONU.

Gli atti emanati dall'Italia con la volontà di amministrare o legiferare per le province venete sono TUTTI atti di disposizione di territori non sottoposti al legittimo controllo italiano, con la differenza che prima del 19 ottobre 1866 sono lesivi del protettorato garante di diritto della Francia, mentre dal 19 ottobre sono lesivi della sovranità Veneta. In sostanza, quella mattina l'Italia aveva il diritto di alzare i tricolori a San Marco tanto quanto l'aveval'Austria: cioè non ne aveva diritto alcuno.
Ma perché ci andiamo a chiedere cronachisticamente se potevano innalzare il tricolore in San Marco il 19 ottobre quando hanno cominciato ad estendere la legislazione italiana sulle province venete già ad agosto? Di chi è il potere leso nel caso di queste decretazioni di agosto? La parte giuridicamente lesa è la Francia, chi ci ha rimesso in termini fattuali invece sono sempre i Veneti.

Ma faccio una domanda per un ragionamento "a contrario": se il Veneto è stato ceduto dalla Francia all'Italia il 19 ottobre, perché sarebbero stati coinvolti i 3 notabili? Con che funzioni? E' questo, in parte, l'oggetto della seconda parte dell'articolo, che esce sabato mattina.

Grazie di avermi consentito queste opportune spiegazioni aggiuntive.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer set 14, 2016 6:46 pm

Tratà de Viena
https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Vienna_(1866)

Il trattato di Vienna fu un accordo firmato da Italia e Austria il 3 ottobre 1866, con il quale veniva dichiarata chiusa la terza guerra di indipendenza e Veneto e Friuli venivano ceduti dall'Austria alla Francia, che li avrebbe poi trasferiti all'Italia, previo il consenso degli abitanti tramite un plebiscito.
Il trattato fu firmato dal generale italiano Luigi Federico Menabrea e dal suo omologo francese, Emmanuel Félix de Wimpffen.


https://it.wikisource.org/wiki/Pace_di_ ... tobre_1866
Vienna, 3 ottobre 1866

Pace di Vienna fra Italia e Austria

In nome della Santissima ed indivisibile Trinità. Sua Maestà il Re d'Italia e Sua Maestà l'Imperatore d'Austria avendo risoluto di stabilire fra i loro Stati rispettivi una pace sincera e durevole:

Sua Maestà l'imperatore d'Austria avendo ceduto a Sua Maestà l'imperatore dei francesi il Regno Lombardo Veneto:

Sua Maestà l'imperatore dei francesi dal canto suo, essendosi dichiarato pronto a riconoscere la riunione del detto Regno Lombardo Veneto agli Stati di Sua Maestà il Re d'Italia, sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate:

Sua Maestà il Re d'Italia e Sua Maestà l'imperatore d'Austria hanno nominato per loro Plenipotenziari, cioè: Sua Maestà il Re d'Italia, il signor Luigi Federico Conte di Menabrea, Senatore del Regno, Gran Cordone dell'Ordine militare di Savoia, cavalier dell'Ordine del merito civile di Savoia, grand' ufficiale dell'Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, decorato della medaglia d'oro al valor militare, luogotenente generale, comandante generale del genio all'armata e presidente del Comitato dell'arma, ec. ec. ec.

Sua Maestà l'imperatore d'Austria, il signor Felice conte Wimpffen, suo ciamberlano attuale, inviato e ministro plenipotenziario in missione straordinaria, ec.

- I quali dopo essersi scambiati i loro pieni poteri rispettivi, trovati in buona e debita forma, sono convenuti negli articoli seguenti:

Art. 1. Dal giorno dello scambio delle ratifiche del presente trattato vi sarà pace ed amicizia tra S.M. il Re d'Italia e S.M. l'Imperatore d'Austria, loro eredi e successori, loro Stati e sudditi respettivi in perpetuo.

Art. 2. I prigionieri di guerra italiani e austriaci saranno immediatamente restituiti dall'una e dall'altra parte.

Art. 3. S.M. l'Imperatore d'Austria, consente alla riunione del Regno Lombardo-Veneto al Regno d'Italia.

Art. 4. La frontiera del territorio ceduto è determinata dai confini amministrativi attuali del Regno Lombardo-Veneto. Una Commissione militare instituita dalle due potenze contraenti sarà incaricata di eseguire il tracciato sul terreno entro il più breve tempo possibile.

Art. 5. L'evacuazione del territorio ceduto e determinato dall'articolo precedente comincerà immediatamente dopo la sottoscrizione della pace. e sarà terminata il più breve tempo possibile, conforme agli accomodamenti combinati fra i Commissari speciali a questo effetto designati.

Art. 6. Il Governo Italiano prenderà a suo carico: 1. la parte del Monte Lombardo-veneto che rimase all'Austria in virtù della Convenzione conclusa a Milano nel 1860 per l'esecuzione dell'articolo 7 del trattato di Zurigo; 2. I debiti aggiunti al Monte Lombardo_Veneto dal 4 giugno 1859 fino al giorno della conclusione del presente trattato; 3. Una somma di 35 milioni di fiorini, valuta austriaca, denaro effettivo, per la parte del prestito del 1854 riguardante la Venezia e per il prezzo del materiale da guerra non trasportabile. Il modo di pagare di tal somma di 35 milioni di fiorini, valuta austriaca, denaro effettivo, sarà conforme al precedente del trattato di Zurigo, determinato in un articolo addizionale.

Art. 7. Una Commissione composta dei Delegati dell'Italia, dell'Austria e della Francia, procederà alla liquidazione delle differenti categorie enunciate nei due primi allinea dell'articolo precedente, tenendo conto delle ammortizzazioni effettuate e dei beni capitali d'ogni specie costituenti i fondi d'ammortizzazioni. Questa Commissione precederà al definitivo regolamento dei conti fra le Parti contraenti e fisserà l'epoca ed il modo di esecuzione della liquidazione del Monte Lombardo-Veneto.

Art. 8. Il Governo di S.M. il Re d'Italia succede nei diritti ed obbligazioni risultanti dai contratti regolarmente stipulati dall'amministrazione austriaca per oggetti d'interesse pubblico concernenti specialmente il paese ceduto.

Art. 9. Il Governo Austriaco resterà obbligato al rimborso di tutte le somme sborsate dagli abitanti del territorio ceduto, dai comuni, stabilimenti pubblici e corporazioni religiose nelle casse pubbliche austriache a titolo di cauzione, depositi o consegne. Similmente i sudditi austriaci, comuni, stabilimenti pubblici e corporazioni religiose che avranno versato delle somme a titolo di cauzione o depositi o consegne nelle casse del territorio ceduto saranno esattamente rimborsati dal Governo italiano.

Art. 10. Il Governo di S.M. il Re d'Italia riconosce e conferma in tutte le loro disposizioni e per tutta la loro durata le concessioni delle vie ferrate accordate dal Governo austriaco sul territorio ceduto ed in special modo le concessioni risultanti dai contratti posti in essere in data del 14 marzo 1856, 8 aprile 1857 e 23 settembre 1858. Il Governo Italiano riconosce e conferma parimenti le disposizioni della convenzione fatta il 20 novembre 1861 fra l'amministrazione austriaca e il Consiglio d'amministrazione della società delle ferrovie dello Stato del Sud Lombardo-Veneto e Centrali Italiane, così come la Convenzione fatta il 27 febbraio 1866 fra il MInistro Imperiale delle Finanze e del Commercio e la Società austriaca del Sud.

A datare dallo scambio delle ratifiche del presente trattato, il Governo italiano è surrogato in tutti i diritti e in tutte le obbligazioni risultanti per il Governo austriaco delle suddette convenzioni, per quanto riguarda le linee delle vie ferrate situate sul territorio ceduto. In conseguenza, il diritto di devoluzione che apparteneva al Governo austriaco riguardo alle dette vie ferrate viene trasferito nel Governo italiano.

Art. 11. E' stabilito che l'incasso dei crediti risultanti dai paragrafi 12, 13, 14, 15 e 16 del contratto del 14 marzo 1856 non darà all'Austria alcun diritto di controllo e di sorveglianza sulla costruzione e sull'esercizio delle vie ferrate nel territorio ceduto. Il Governo italiano si impegna dal conto suo di dare tutte le informazioni che potrebbero essere richieste a questa cessione, dai concessionari a nome del Governo austriaco.

Art. 12. All'effetto di estendere alle strade ferrate della Venezia le prescrizioni dell'Art, 15 della convenzione del 27 febbraio 1866, le altre potenze contraenti si impegnano a stipulare, tostoché far si possa, di concerto con la Società delle strade ferrate austriache del Sud, una convenzione per la separazione amministrative ed economica dei gruppi delle vie ferrate venete ed austriache.

In Virtù della Convenzione del 27 febbraio 1866 la garanzia che lo Stato deve pagare alla Società delle strade ferrate austriache del Sud dovrà essere calcolata sulla base del prodotto lordo dell'insieme di tutte le linee venete e austriache attualmente concessa alla società. E' inteso che il Governo Italiano prenderà a suo carico la parte proporzionale di questa garanzia che corrisponde alle linee del territorio ceduto, e che per la valutazione di queste garanzie si continuerà a prendere per base l'insieme del prodotto lordo delle linee venete ed austriache concesse alla detta società.

Art. 13. I Governi d'Italia e d'Austria desiderosi di estendere i rapporti fra i due Stati, si impegnano a facilitare le comunicazioni per via ferrata e a favorire la creazione di nuove linee onde congiungere fra loro le reti italiane e austriache. Il Governo di S.M.I.R. Apostolica promette inoltre di affrettare, per quanto far si possa, il compimento della linea del Brennero destinata a unire la vallata dell'Adige con quella dell'Inn.

Art. 14. Gli abitanti originari del territorio ceduto godranno, per lo spazio di un anno a datare dal giorno dello scambio delle ratifiche e mediante una preventiva dichiarazione all'autorità competente, piena ed intera facoltà di esportare i loro beni mobili senza pagamento di diritti e di ritirarsi con le loro famiglie negli Stati di S.M.I.R. Apostolica, nel qual caso la qualità di sudditi austriaci sarà loro mantenuta. Saranno liberi di conservare i loro immobili situati nel territorio ceduto.

La stessa facoltà è reciprocamente accordata agli individui originari del territorio ceduto e stabiliti negli Stati di S.M. l'Imperatore d'Austria. Gli individui i quali profitteranno delle presenti disposizioni non potranno essere; per fatto di tale scelta, inquietati né da una parte né dall'altra nelle loro persone o beni situati nei rispettivi Stati.

Il termine di un anno viene portato a due anni per quegli individui originari del territorio ceduto che, all'epoca dello scambio delle ratificazioni del presente trattato, si troveranno fuori del territorio della monarchia austriaca. La loro dichiarazione potrà essere ricevuta dalla missione austriaca più vicina o dall'autorità superiore di una provincia qualunque della monarchia.

Art. 15. I sudditi Lombardo-Veneto facenti parte dell'armata austriaca verranno immediatamente liberati dal servizio militare e rinviati alle loro case. Resta convenuto che quelli i quali dichiareranno di rimanere al servizio di S.M.I.R Apostolica, potranno farlo liberamente senza venire inquietati per questo motivo, sia nella loro persona che nelle loro proprietà.

Le stesse garanzie sono assicurate agli impiegati civili originari del Regno Lombardo-Veneto che manifestano l'intenzione di restare al servizio dell'Austria. Gli impiegati civili originari del Regno Lombardo-Veneto avranno la scelta, sia di rimanere al servizio dell'Austria, sia di entrare nell'amministrazione italiana, nel qual caso il Governo di S.M. il Re d'Italia s'obblighi a collocarli in funzioni analoghe a quelle che disimpegnavano od a fissare loro delle pensioni, il cui importo verrà stabilito secondo le leggi e i regolamenti austriaci

Resta convenuto che gli impiegati di cui trattasi verranno assoggettati alle leggi e regolarmente disciplinari dell'Amministrazione Italiana.

Art. 16. Gli ufficiali di origine italiana, che trovasi attualmente a servizio dell'Austria, avranno la scelta di rimanere al servizio di S.M.I.R. Apostolica, o d'entrare nell'armata di S.M. il Re d'Italia con i medesimi gradi che occupano nell'armata austriaca, sempreché ne facciano la domanda nel termine fisso di sei mesi a partire dallo scambio delle ratificazioni del presente trattato.

Art. 17. Le pensioni civili e militari liquidate regolarmente, e che erano a carico delle casse pubbliche del Regno Lombardo-Veneto continueranno a rimanere acquisite ai loro titolari, e, se é il caso, alle loro vedove o figli, e verranno in avvenire pagate dal governo di S.M. Italiana. Tale stipulazione viene estesa ai pensionati civili e militari, come pure alle loro vedove e figli, senza distinzione d'origine, i quali conserveranno il loro domicilio nel territorio ceduto ed i cui stipendi, pagati fino al 1814 dal Governo delle Province Lombardo-Venete di quell'epoca, caddero allora a carico del Tesoro austriaco.

Art. 18. Gli archivi dei territori ceduti, contenenti i titoli di proprietà, i documenti amministrativi e di giustizia civile, come pure i documenti politici e storici dell'antica repubblica di Venezia, verranno consegnati nella loro integrità ai Commissari che saranno designati a tale scopo, ai quali verranno del pari consegnati gli oggetti d'arte e di scienza specialmente relativi al territorio ceduto.

Reciprocamente, i titoli di proprietà, documenti amministrativi e di civile giustizia, concernenti i territori austriaci, che potessero trovarsi negli archivi dei territori ceduti, verranno rimessi nella loro integrità ai Commissari di S.M.I.R. Apostolica. I Governi d'Italia e d'Austria si vincolano a comunicarsi reciprocamente, dietro domanda delle autorità superiori amministrative, tutti i documenti e le informazioni relative agli affari concernenti sia il territorio ceduto sia i paesi contigui.

Essi si vincolano pure a lasciare prendere copia autentica dei documenti storici e politici che potessero interessare i territori rimasti rispettivamente in possesso dell'altra Potenza contraente, e che nell'interesse della scienza, non potranno essere divisi dagli archivi ai quali appartengono.

Art. 19. Le due alte Potenze contraenti si obbligano ad accodare reciprocamente le maggiori possibili facilitazioni doganali agli abitanti limitrofi dei due paesi per l'usufrutto delle loro proprietà e l'esercizio delle loro industrie.

Art. 20. I trattati e le convenzioni che vennero confermati dall'art. 17 del Trattato di pace sottoscritto a Zurigo il 10 novembre 1859 torneranno provvisoriamente in vigore per un anno e verranno estesi a tutti i territori del Regno d'Italia. Nel caso che questi trattati o convenzioni non venissero denunziati tre mesi avanti lo spirar di un anno dalla data dello scambio delle ratificazioni, essi rimarranno in vigore e così d'anno in anno. Tuttavia le due alte Potenze contraenti si obbligano a sottoporre nel termine di un anno tali trattati e convenzioni ad una revisione generale per apportarvi di comune accordo le modificazioni che si reputeranno conformi all'interesse dei due paesi.

Art. 21. Le due alte Potenze contraenti riservano d'entrare, tostoché potranno farlo, in negoziati per conchiudere un trattato di commercio e di navigazione sulle basi le più larghe per facilitare reciprocamente le transazioni fra i due paesi.

frattanto, e per il tempo fissato nell'articolo precedente, il Trattato di commercio e di navigazione del 18 ottobre 1851 rimarrà in vigore e verrà applicato a tutto il territorio del Regno d'Italia.

Art. 22. I Principi e le Principesse di casa d'Austria, come pure le Principesse che entrarono nella Famiglia Imperiale per via di matrimonio, rientreranno, facendo valere i loro titoli, nel pieno ed intero possesso delle loro proprietà private, tanto mobili quanto immobili, di cui potranno godere e disporre senza venir molestati in modo alcuno nell'esercizio dei loro diritti. Sono tuttavia riservati tutti i diritto dello Stato e dei particolari, da farsi valere con i mezzi legali.

Art. 23. Per contribuire con tutti i loro sforzi alla pacificazione degli animi, S.M. il Re d'Italia e S.M. l'Imperatore d'Austria dichiarano e promettono che, nei loro territori rispettivi, vi sarà piena ed intera amnistia per tutti gli individui compromessi in occasione degli avvenimenti politici avvenuti nella Penisola fino a questo giorno. In conseguenza, nessun individuo di qualunque classe o condizione potrà essere processato, molestato, o turbato nella persona o nella proprietà o nell'esercizio dei suoi diritti a cagione della sua condotta e delle sue opinioni politiche.

Art. 24. Il presente Trattato sarà ratificato e re ratifiche saranno scambiate a Vienna nello spazio di quindi giorni o più presto se fare si può. In fede di che i Plenipotenziari rispettivi lo hanno firmato e vi hanno apposto il sigillo delle loro armi.

Fatto Vienna il tre del mese d'ottobre dell'anno mille ottocento sessantasei.

L.S.: L.F. MENABREA
L.S.: WIMPFFEN

ARTICOLO ADDIZIONALE

Il Governo di S.M. il Re d'Italia s'impegna verso il governo di S.IR Apostolica ad effettuare il pagamento di trentacinque milioni di fiorini, valuta austriaca, equivalente ad ottantasette milioni e cinquecentomila franchi, stipulati dall'art. 6 del presente trattato nel modo ed alle scadenze qui appresso determinate.

Sette milioni saranno pagati in danaro contante mediante sette mandati o buoni del tesoro all'ordine del governo austriaco, ciascuno di un milione di fiorini, pagabili a Parigi al domicilio di uno dei primari banchieri o di un istituto di credito di prim'ordine, senza interessi, allo spirare del terzo mese dal giorno della sottoscrizione del presente Trattato, e saranno rimessi al plenipotenziario di S.M.I.R al momento dello scambio delle ratifiche.

Il pagamento di ventotto milioni di fiorini residuali avrà luogo a Vienna in denaro contante, mediante dieci mandati o buoni del tesoro all'ordine del governo austriaco, pagabili a Parigi in ragione di due milioni ed ottocentomila fiorini, valuta austriaca, ciascuno scadenti di due mesi in due mesi successivi. Questi dieci mandati o buoni del tesoro saranno parimenti rimessi al Plenipotenziario di S.M.I.R. al momento dello scambio delle ratifiche.

Il primo di questi mandati o buoni del tesoro scadrà due mesi dopo il pagamento dei mandati per sette milioni di fiorini qui sopra stipulati.

Per questo termine, come tutti i termini seguenti, gli interessi saranno calcolati al 5%, partendo dal primo giorno del mese che seguirà lo scambio delle ratifiche del presente Trattato. Il pagamento degli interessi avrà luogo a Parigi alla scadenza di ogni mandato o buono del tesoro.

Il presente articolo addizionale avrà la stessa forza e valore che se fosse inserito parola per parola nel Trattato di oggi.

Vienna, 3 ottobre 1866

L.S.: L.F. MENABREA
L.S.: WIMPFFEN
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » ven set 16, 2016 9:45 am

1848 en Ouropa, ara tałega, ara veneta
viewtopic.php?f=148&t=2344
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » mer set 21, 2016 1:50 pm

I plebisciti di annessione all'Italia avevano soltanto un valore consultivo confermativo ed erano senza alternative, perciò la maggioranza era scontata in quanto di fatto l'annessione era già avvenuta, era un dato di fatto:

https://it.wikipedia.org/wiki/Plebiscit ... d%27Italia

Quesito province napoletane e siciliane:
Il popolo vuole l'Italia Una e Indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?

Quesito Marche e Umbria:
Volete far parte della monarchia costituzionale del Re Vittorio Emanuele?

Quesito per le province ex austriache tra cui il Veneto:
Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo monarchico-costituzionale del re Vittorio Emanuele II e de' suoi successori.


Se i veneti proprio non volevano essere annessi all'Italia potevano votare NO, se hanno votato SI è stato perché lo volevano o perché per paura sono stati vigliacchi. Onore ai pochi che hanno votato NO! o i NO erano tutti finti?

I veneti xełi stà viłiaki?
Co Napoelon i venesiani łi ga abdegà; co ła Talia i veneti łi ga votà SI par l'anesion!
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Messaggioda Berto » mer set 21, 2016 8:30 pm

I plebisciti di annessione all'Italia avevano soltanto un valore formale consultivo (confermativo o no) in quanto di fatto l'annessione era già avvenuta, tutti i territori e le genti chiamate a questa consultazione erano già dominio e sudditi dei Savoia e parte integrante dello Stato Italiano.
Se anche le maggioranze avessero votato No anziché SI, non cambiava assolutamente nulla, in quanto il plebiscito non aveva valore sovrano ma solo consultivo.


Il plebiscito di annessione del Veneto al Regno d’Italia dell’ottobre 1866
di Daniele Trabucco (*)

http://storiacostituzionale.altervista. ... ABUCCO.pdf

Una delle ragioni portate a sostegno della necessità di indire un referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto dall’Italia è di natura storica. Nella risoluzione n. 44/2012 del Consiglio regionale del Veneto, ma il giudizio è condiviso da diversi storici (si veda il bel lavoro di Ettore Beggiato,
1866: La grande truffa ), si afferma perentoriamente che il plebiscito di annessione del Veneto al Regno d’Italia dell’ottobre 1866 è stato “caratterizzato da una serie di azioni truffaldine messe in atto dal Regno d’Italia”. A riguardo, infatti, c’è chi ha parlato, come Indro Montanelli, di plebiscito truffa.

Prima di entrare nel dettaglio del problema, consistente nel ruolo che ebbero i plebisciti nella formazione dello Stato unitario italiano, è opportuno brevemente ricordare che, di contro alla tesi sostenuta dagli internazionalisti secondo i quali il Regno d’Italia, proclamato nel marzo 1861, rappresenta uno Stato nuovo sorto dalle fusioni degli Stati pre-unitari con il Regno di Sardegna, per cui dovrebbe parlarsi di estinzione tanto dello Stato sardo quanto degli Stati con esso fusi e di simultanea e successiva creazione di nuovi Stati fino alla definitiva creazione del Regno d’Italia, ha prevalso la tesi dei costituzionalisti: il Regno d’Italia non
rappresenta giuridicamente uno Stato nuovo rispetto al precedente, ma la sostanziale continuazione del Regno di Sardegna il quale non ha mai perduto le sue caratteristiche essenziali, registrando solo un ampliamento di dimensione territoriale.

Ora, la funzione che ebbero i plebisciti nel processo di formazione del Regno d’Italia non può prescindere da questa interpretazione. Anche se le formule usate nelle consultazioni non furono tutte eguali e spesso questi plebisciti furono visti come manifestazioni dal contenuto bonapartista, richiamando le ratifiche popolari
all’autoritarismo consolare e imperiale, ebbero comunque il merito di “aggiungere un crisma di legittimazione democratica all’opera elitaria e per alcuni aspetti minoritaria di costruzione risorgimentale” (Ghisalberti). Nella prassi, però, i plebisciti non assunsero alcun carattere internazionale, ma meramente interno, e in
molti casi furono indetti dallo stesso governo del Regno di Sardegna, sancendo la continuazione della situazione che si era determinata con l’occupazione e che era stata costituzionalmente consacrata con la precedente estensione a territori annessi dello Statuto Albertino del 1848. Pertanto l’accettazione popolare non ebbe un valore formativo del nuovo ordine che si era instaurato, ma unicamente
dichiarativo della volontà di continuarlo. E quand’anche i plebisciti furono indetti dai governi provvisori localmente costituitisi, questi agirono in nome e per conto del Re di Sardegna. Una prova di questo fu l’annessione della Lombardia al Regno sardo in seguito ad accordi internazionali, senza che venisse indetto un
plebiscito, essendosi ritenuto valido quello celebrato nel 1848.

(*) Assegnista di ricerca post-dottorato in Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università degli Studi di Padova




I Plebisciti per l'annessione al Regno Sabaudo
di Fonso Genchi
venerdì 25 marzo 2011

http://palingenesicom.blogspot.it/2011/ ... sciti.html

In questo periodo in cui si celebra il 150° anniversario dell'Unità d'Italia - non so se ci avete fatto caso - non si menzionano mai, o quasi, i famosi "plebisciti". Eppure l'unificazione italiana è stata legittimata e sancita proprio in seguito a questi plebisciti che si sono susseguiti dal 1859 al 1870.
Allora, come mai vengono praticamente ignorati?

Una ragione c'è.

Prima, però, c'è da dire che i plebisciti avevano una finalità ben precisa, che non era certamente quella di dare al popolo la possibilità di scegliere se annettere o meno il proprio stato al Regno di Sardegna (prima del 1861) e al Regno d'Italia (dopo il 1861).
La finalità dei plebisciti era quella di cancellare dalla storia l'invasione militare da parte del Regno Sabaudo, cosiddetto di Sardegna (in realtà, Piemonte): alla storia sarebbe passata, invece, la volontà del popolo di creare l'Italia; fatto certamente più adeguato a essere ricordato come fondamento della nascita di un paese e ad essere accettato dalla comunità internazionale; la conquista sabauda doveva apparire frutto del diritto.

Ma torniamo alle ragioni per cui i plebisciti sembrano essere i grandi assenti di queste celebrazioni. Certamente il fatto che ne siano stati fatti tanti e in periodi diversi, contribuisce a che non siano facilmente "celebrabili". Ma la vera ragione di questa latitanza dei plebisciti nelle attuali celebrazioni è dovuta essenzialmente a un certo pudore, una certa vergogna che si ha nel parlarne e che scaturisce dalla loro vera natura, dalle reali modalità in cui si svolsero.

Infatti, non si esagera se si dice che furono una vera e propria messa in scena, una farsa, una truffa.

Essi si svolsero senza alcuna tutela della segretezza del voto: quasi sempre si dovette votare prendendo, sotto gli sguardi e... le baionette dei soldati piemontesi, la scheda pre-votata da uno dei due mucchi - quello delle schede del "SI" o quello delle schede del "NO" (di diverso colore) - e mettendola nell'urna relativa al "SI" o al "NO". Già soltanto per questa ragione si possono ritenere falsati.

Ma vi fu molto di più... «Ci eravamo fatti rimettere i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori. Preparammo tutte le schede per le elezioni dei parlamenti locali, come più tardi pel voto dell’annessione. Un picciol numero di elettori si presentarono a prendervi parte: ma, al momento della chiusura delle urne, vi gittavamo le schede, naturalmente in senso piemontese, di quelli che si erano astenuti».

Queste dichiarazioni si possono leggere nel Memoriale di Filippo Curletti, capo della polizia politica e molto vicino al Cavour, a proposito delle votazioni del Plebiscito nella città di Modena.

Il Curletti prosegue: «In alcuni collegi, questa introduzione in massa, nelle urne, degli assenti, - chiamavamo ciò completare la votazione - si fece con sì poco riguardo che lo spoglio dello scrutinio dette un numero maggiore di votanti che di elettori inscritti». Infine, seppur non da testimone diretto, nel suo Memoriale ci informa anche sui "brogli" in altri luoghi di cui era a conoscenza: «Per quel che riguarda Modena, posso parlarne con cognizione di causa, poiché tutto si fece sotto i miei occhi e sotto la mia direzione. D’altronde le cose non avvennero diversamente a Parma ed a Firenze».

D'altronde i risultati furono, come li definiremmo oggi, di stampo "bulgaro", con maggioranze schiaccianti. In Veneto, ad esempio, i SI furono 647.436 e i NO soltanto 62... (in Sicilia: 432.053 SI e 667 NO; il 99,85% contro lo 0,15%...).

Dove, chissà per quale ragione (inettitudine dei funzionari piemontesi? Elevato coraggio della popolazione locale?), il risultato fu avverso all'annessione (per esempio a Poggio Imperiale, in Puglia, dove, su 278 votanti, vi furono 72 SI e 206 NO), presto si scatenarono le ritorsioni e l'occupazione militare dei luoghi.

Eppure il Re Vittorio Emanuele II, con molta ipocrisia, ebbe a dire nell'ottobre del 1860, preannunciando gli imminenti plebisciti nell'ex Regno delle Due Sicilie nel suo manifesto "Ai Popoli dell'Italia Meridionale": «Le mie truppe si avanzano fra voi per raffermare l’ordine: Io non vengo ad imporvi la mia volontà, ma a fare rispettare la vostra. Voi potrete liberamente manifestarla: la Provvidenza, che protegge le cause giuste, ispirerà il voto che deporrete nell’urna».

La stessa ipocrisia traspare ancora oggi dalle lapidi e dalle insegne di quelle piazze e quelle vie dedicate al "Plebiscito". Oramai, pare, siamo abbastanza maturi da vergognarci di queste pseudo consultazioni popolari tanto da non menzionarle in questo anno di celebrazioni; forse, quindi, potremmo pure provvedere a cambiare nome a queste piazze e a queste vie...
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » gio set 22, 2016 8:16 am

Par capir na parte del voto favorevol a l'anesion al Regno Savoiardo, a cogna endagar l'enfloensa del mito resorxemental ente l'area veneta.

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... azione.pdf


La bataja de Lisa no lè na prova ke łi veneti łi jera antitałiani e ke łi se sentise pì aostriaghi ke tałiani; lè come ente ła prima goera mondial ... łi veneti da boni suditi, servi e sciavi łi sta col paron ke łi tien a ła corda anca se ghe toca morir par gnente o par ła demensa de sto paron.
I veneti par ke no li sapia gnanca cosa ke sipia ła łebartà e ke sta łebartà ła ghe sipia agra e ensipia.
I veneti i xe come łi can łi xbaja e łi morsega pal so paron.


La Repubblica di San Marco
https://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_di_San_Marco
La Repubblica di San Marco fu uno Stato costituito a Venezia il 22 marzo del 1848 a seguito dell'insurrezione della città, che aveva avuto inizio il 17 marzo dello stesso anno, contro il governo austriaco. La repubblica sopravvisse fino al 22 agosto 1849, quando il Veneto ritornò sotto il controllo asburgico.

Immagine
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » sab ott 08, 2016 7:03 am

El Plebesito trufa =?
http://cronologia.leonardo.it/storia/a1866a.htm

Fino all'ultimo, però, ci furono a vari livelli dibattiti sul futuro del Veneto.

L'Union, giornale francese, si chiedeva:
"Che farà la Francia della Venezia? La conserverà essa? La costituirà in istato di principato indipendente che entra nella lega federale della Penisola? La cederà essa a Vittorio Emanuele, e, in questo caso, quale compenso potrà domandare?".

La Gazzetta del Popolo di Firenze, giornale ufficioso del Presidente del Consiglio scriveva il 15 luglio 1866:
"Supponiamo un momento che i Veneti si pronunziassero per regno separato. Potrebbe l'Italia permettere cotesta diserzione? O non dovrebbe invece ritenere per forza d'armi una provincia che è necessaria alla politica esistente della nazione?": un saggio di democrazia, di pluralismo e di rispetto dei diritti dei popoli che la dice lunga sul clima dell'epoca.

E ancora il 3 agosto l'ambasciatore asburgico a Parigi Metternich scrive al suo ministro degli esteri "Mensdorff-Pouilly il 3/8/1866 sull'ipotesi di arrivare a "l'indipendenza della Venezia sotto un governo autonomo com'era la vecchia Repubblica".


Sovegnemose kel voto plebisidaro el jera consoultivo:

https://it.wikipedia.org/wiki/Plebiscit ... o_del_1866

Testo del quesito
Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo monarchico-costituzionale del re Vittorio Emanuele II e de' suoi successori.
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Anesion del Veneto a el stado talian - plebesito trufa

Messaggioda Berto » sab ott 08, 2016 7:18 am

Patacari ke łi vende fumo

El fanfaron de Moçełin kel fa pasar le tere venete par endependenti (16 jj de endependensa vanti del plebesito):

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ocelin.jpg


En ke łi xorni (dal Tratà paxe de Viena del 3 otobare al 19 de otobare de ła Gaxeta Ofiçal) ente łe tere venete no ghè stà gnaon moto de łeberasion popołar e de piàsa kel segnałàse l'endependensa dei veneti o ła so vołontà de esar endependenti da ki ke sipia.


Tratà de Viena
https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Vienna_(1866)

Il trattato di Vienna fu un accordo firmato da Italia e Austria il 3 ottobre 1866, con il quale veniva dichiarata chiusa la terza guerra di indipendenza e Veneto e Friuli venivano ceduti dall'Austria alla Francia, che li avrebbe poi trasferiti all'Italia, previo il consenso degli abitanti tramite un plebiscito.
Il trattato fu firmato dal generale italiano Luigi Federico Menabrea e dal suo omologo francese, Emmanuel Félix de Wimpffen.


https://it.wikisource.org/wiki/Pace_di_ ... tobre_1866
Vienna, 3 ottobre 1866



IL PLEBISCITO FU UNA GRANDE TRUFFA...BASTA LEGGERE LA "GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D'ITALIA"...

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Gazeta.jpg

...
In questi giorni ho trovato la “GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA” stampata a Firenze venerdì 19 ottobre 1866, n. 288 dove sta scritto:

Al Presidente del Consiglio dei Ministri è pervenuto oggi alle ore 10 ¾ antimeridiane il seguente dispaccio da Venezia:

La bandiera Reale italiana sventola delle antenne di piazza San Marco, salutata dalle frenetiche grida della esultante popolazione. Generale Di Revel”
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rispose immediatamente con questo dispaccio:
“Alla rappresentanza municipale di Venezia:
Il Governo del Re saluta Venezia esultante mentre la bandiera nazionale italiana sventola dalle antenne di Piazza San Marco simbolo di Venezia restituita all’Italia, dell’Italia restituita finalmente a se stessa. Ricasoli

E’ la prova provata che il plebiscito fu una truffa … I Veneti andarono a votare il 21 e 22 ottobre 1866 quando tutto era già stato deciso, il 19 ottobre il Veneto era già passato sotto il Regno d’Italia, e non è Ettore Beggiato a dirlo ma è la GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA …
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Re: Anesion del Veneto a el stado talian - el plebesito truf

Messaggioda Berto » dom ott 16, 2016 11:49 am

???

I consiglieri Ruzzante e Zottis chiedono un gesto riparatore alla Regione Veneto , rea di aver promosso il libro di Ettore Beggiato "1866 La grande truffa" di cui mi onoro di aver scritto la presentazione.
Ebbene , ora chiedo io all'Italia un gesto riparatore dopo 150 anni verso i Veneti : CI LASCI LIBERI !



Politica - Ruzzante e Zottis (Pd) "Referendum sull'annessione del Veneto all'Italia: Nessuna truffa, il Consiglio Regionale faccia un gesto riparatore rispetto al libro di Beggiato"

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... izia=31079

(ARV) Venezia, 12 ottobre 2016 – “Pensavamo che il Consiglio Regionale partecipasse alle celebrazioni per i 150 anni dal referendum sull’annessione del Veneto all’Italia del 1866, ma siamo trasaliti nel vedere che l’unica iniziativa presa è stata la presentazione, l’acquisto e l’invio alle biblioteche pubbliche di un volume, quello scritto da Ettore Beggiato, che contiene solo tesi e opinioni che diversi storici autorevoli hanno già dibattuto e confutato”. I consiglieri Pd Piero Ruzzante, Francesca Zottis e Andrea Zanoni, in occasione della ricorrenza dei 150 anni dal referendum del 21 e 22 ottobre 1866 questa mattina, nel corso di una conferenza stampa convocata a palazzo Ferro Fini, hanno avallato la proposta, presentata da Oliviero Cassarà dell’associazione “Comitato Bandiera italiana 17 marzo”, di chiedere alla Regione Veneto il patrocino all’opera di Angela Maria Alberton “Finché Venezia salva non sia – esuli e garibaldini veneti nel Risorgimento”, distribuendolo in scuole e biblioteche, come significativo gesto in seguito a quello concesso al libro di Ettore Beggiato “1866: la grande truffa”. “Non siamo ovviamente per la censura e l’eliminazione di testi - spiega il vicecapogruppo Pd Piero Ruzzante - ma contestiamo la scelta di diffondere una voce unica e non confrontarla con altre visioni, oltretutto pagando con soldi pubblici. Vorremmo che tutti potessero conoscere ed essere orgogliosi dei numerosi veneti che contribuirono al Risorgimento: erano in 150 nella spedizione dei Mille, seconda regione dopo la Lombardia”. “Qui non si tratta di negare i conflitti o ribadire dati precisi - aggiunge la consigliera Francesca Zottis - Ma non è possibile che venga negato il plebiscito, soprattutto con la partecipazione di un’autorità che dovrebbe essere di garanzia, Questo significherebbe tradire le fondamenta stesse del nostro Stato. Chiedo che sia dato il patrocino anche al libro di Angela Maria Alberton e che si possa aprire un confronto su quanto successo in quegli anni. Andrea Zanoni si è invece dimostrato contrariato “poiché non è la prima volta che la Regione Veneto compie scelte discutibili in materia, dato che mi è stato negato di presentare in Consiglio, quindi a costo zero, il libro ‘Strade morte. Il sistema delle opere in Veneto tra pubblico e privato’, che promuove una approfondita analisi sulla viabilità veneta, un tema decisamente importante per i cittadini”. Alla conferenza hanno preso parte il primo ideatore dell’iniziativa, Oliviero Cassarà del Comitato Bandiera Italiana 17 marzo (“La storia non deve essere addomesticata” la sua sintesi), il professore dell’Università di Padova Fabio Marino, che ha illustrato brevemente la situazione storica del Lombardo-Veneto all’epoca del passaggio all’Italia, Floriana Pizzetto dell’Anpi (“La Regione dovrebbe indire subito delle giornate di studio” la sua richiesta), Maria D’Arconte del Faro Tricolore di Desenzano del Garda e Franco Munarini dell’Ana. “Quello del referendum non è un piccolo episodio - tira le somme Ruzzante – E le piccole contraddizioni che lo hanno riguardato non possono negare il sentimento popolare Veneto dell’epoca. 20.000 abitanti coinvolti nel Risorgimento, Giuseppe Marchetti di Chioggia, solo undici anni, come esempio tra i Mille di Garibaldi, assieme a una moglie che accompagnò il marito travestita da uomo. Quello descritto da Beggiato è un Veneto che, con tutta evidenza, non è mai esistito. Chiediamo perciò formalmente a Ciambetti e Zaia di fare un gesto riparatore”.


Pento Alberto

A dirla tuta el łivro de Bejato, de cu ti a te te onori de ver scrito ła prexentasion, no lè par gnente ciàro; non se capise ben andoe k'entel plebesito a ghè saria stà ła trufa.
Parké se se sostien ke i veneti łi garia votà SI, a stragran majoransa, par paura, parvia de łe entemedasion e de łe minaçe de ritorsion, łora no se trataria de "troufa" ma de "ricato" o de "estorsion";
se par troufa a se entende el fato ke co i veneti łi xe ndà a votar el Veneto el jera xa stà pasà ai Savoia, se trataria caxo mai de on formałixmo, forse de na "farsa", parké el plebesito el jera lomè consoultivo come ca xe lomè consoultivi i referendi ke pol far i veneti ente ła Tałia; i Savoia i ghe ga fato far el plebesito coaxi a tute
łe xenti ke a xe stà xontà al Regno dei Savoia, xà da ani.
Mi a penso, anvençe ke i veneti łi gapie votà SI, parlopì, no par paura ma par bona fede, parké łi credeva ke co i Savoia a se stese mejo; xà entel 1848 co Venesia ła se ga rebełà a l'Aostria, ła bandera de ła Repiovega de Sa' Marco co a cào Daniele Manin, ła jera on tricołor col leon.
Se a ghè stà na troufa storega coesta lè coełà de ła retorega resorxemental, col so mito roman, co ła so negasion de łe raixe xermane, co tute łe so menxogne e ełouxion ke łe ga endoto tanti a farse tałiani e ke ła ne gà portà on mucio de dexgràsie, sta kì lè stà e lè ancora deso, n'enbroio, n'engàno o troufa.

Valtri de Raixe Venete (ma saria mejo ciamarve Raixe Venesiane) no a si mia drio far on bon servisio par i veneti.
Si màsa envaxà dal mito de Venesia; el Veneto no lè mia solké Venesia, ma tanto altro e ła storia dei veneti e del Veneto no lè mia lomè ła storia de Venesia e dei venesiani.
Dapò a gavì al vostro rento anca tanti połedeganti, careganti, palkisti, parsonanti e a sì màsa amanetà a ła Lega.
Par çerte robe a si pexo de łi tałiani e ła vostra atività no ła aja i veneti a ciapàr bona cosiensa de ła so storia (de łe so storie), de łe so varianse raixałi, etneghe, łengoesteghe e soratuto de łe so responsabełetà e de łe so colpe, en partecołar coełe de Venesia e dei venesiani ke łe xe stà grande.



Alberto Montagner

Egregio Pento, credo che su Raixe el sipia un fià disinformà e el sia restà indrio de qualche ano quando ghe gera tuta naltra squadra. A disposision par s-ciarirghe le idee se serve.



Alberto Pento

No credo tanto, la storia ke conta Raixe Venesiane lè senpre coela de Venesia, fata pasar par la storia de tuti i veneti; dapò negasion del periodo mexoeval a domegno xerman (930 ani) ke lè coelo ke ga formà anca Venesia: la demograsia comounal co li so palàsi de le asenblee o arenghi e le so sale le xe de orexene xermana (Palàso Dogal de Venesia e la sala del Major Consejo-stil gotego) e le xe comoun a tute le çità venete e de gan parte de la penixla talega e de l'Ouropa; naltra peca de Raixe lè l contar ke la Repiovega Serenisima la jera na repiovega federal ke no xe vero e dapò la negasion de ogni responsabeletà de Venesia e dei venesiani so la fine vile de la Repiovega Veneta e sol fato ke Venesia no là ga mai promoso na vera Nasion Veneta a domegno de tuti i veneti; e po' sol Plebesito del 1866 e so i referendi rexonali me par ke la storia la sipie senpre coela: mai la crua veretà ma na montagna de ciacole vode. Sol resto ... no me par ke sia canvià tanto.


Alberto Montagner

Apunto....no ghe par ... alora el se informa !



Alberto Pento

La lebertà e l'endependensa no le se dimanda, la lebertà e l'endependensa se ga da volerle, da meritarsele e da concoistarsele e no me par ke la majoransa dei veneti voja esar lebari e endependenti da la Talia e no me par gnanca ke la megnoransa dei veneti ke vol la lebertà e l'endependensa la gapie la cosiensa, el mereto, la forsa e la degnetà de concoistarsele sol canpo. Venesia entel 1797 la ga renounsià a la degnetà de la lebertà e de la endependensa, sensa conbatar.
Sol resto sti kì li xe li to canpioni: ...



Alberto Montagner

Ahhh go capìo ... mal de lega ... bruta roba ... me despiase par Lu .. spero no sia grave! Par El resto le sue xe solo opinion come tante , tute da rispetar . La mia xe che Venexia e El Veneto xe la stesa roba, uno no Pol star sensa staltra e viceversa! Come diseva un gran Venexian come Gigio Zanon (Lu si che Gera Campion) i veneti xe scampai ne le lagune e da le lagune i Ga fato na gran nasion dopo aver fato na gran capital. Inoltre in foto Ghe xe Giovanni giusto , bisognaria che tanti che parla par gnente gaia fato amano l'1% de quello che Ga fato che l'omo par Venexia e dopo li podarà parlar. Ma forse Lu no sa gnanca se cosa parlemo.


Alberto Pento

Valtri venesianisti de Raixe Venesiane a ve si fato sù e contè na storia ke no ła corisponde par gnente a coeła vera e real, a si come łi tałiani ke łi ga ła cràpa envaxà e enfasà col mito de Roma e de i romani e xjonfi de sprèso par tuti staltri; valtri a ve si envaxà e enfasà col mito de Venesia e dei venesiani (a dir el vero, anca mi ani endrio a me jero ensemenio co ła storia k'ancora contè valtri, ma dapò studiando e çercando a go dovesto axornarla e canviarla):

1) Venesia lè lomè na çità e no lè el Veneto, ke lè na tera granda fata de tante çità, coaxi tute pì vece e pì grande de Venesia e tute fondà da łe "xenti venete pristoreghe" ke łe xe varie e co raixe difarenti (ogagni, reti, veneteghi, çelti, istri, altri ...) a cu dapò a se ga xontà i migranti latini, bixantini e xermani;

2) łe "xenti venete pristoreghe" łe gà vivesto o abità longo ła costa, ke ancò łè lagouna salsa o meskisa ma ke na olta ła jera tera palùa de acoa dolçe, xa da ła pristoria e ła storieła ke łe xenti venete łe sipia scanpà ente łe lagoune popołandołe, co xe rivà i migranti xermani diti a torto barbari, lè lomè na foła, na falbaria: co xe termenà l'enpero roman ente ła tera veneta venet-furlana a ghe jera almanco 700 miła parsone (ke dapò łe xe anca asè całà) e ente łe lagoune lomè ke coalke miłiara, dixeme valtri come ke łi garia fato çentenara de miłiara de omani a trasferirse e a vivar ente łe lagoune salse;

3) el pensier o l'edea ke i veri veneti łi sipia coełi de łe lagoune lè na demensa s.ceta, se se pensa ke bona parte de łori łi jera bixantini e tanti altri łi xe vegnesti da tute łe parti de l'Ouropa e del Mediteragno longo i secołi;

4) Venesia no ła ga mai fato sù na Nasion Veneta de tuti i veneti, ła se ga lomè fata çità potente drento l'enpero bixantin e dapò ła se ga fato anca eła enpero e sto enpero o domegno venesian no lè el Veneto e gnanca lè ła Pàrea Veneta, i domegni enperiałi, ente gnaona parte del mondo, no łi xe mai stà e mai łi vien considerà Pàrea/Patria da nesuni;

5) col vegner manco de l'enpero bixantin e l cresar de altre potense ente l'ara mediteragna, Venesia ła ga perso gran parte de łi so domegni e po ła ga xbandonà anca łi altri come el domegno de ła tera veneta e sensa conbatar da viłe e prasiò ła ga perdesto ła degnetà e l dirito de esar capital.
Se ła Serenisima la fuse stà on Paradixo en Tera, na condision połedega, economega e soçal edeal, parfeta, come mai łi memi arestograteghi venesiani no i ła ga defendesta co ła vita, fina a l'oltema josa de sangoe?

6) na Nasion ła xe altra entetà da on domegno e i veneti de tera łi xe stà lomè ke suditi de Venesia col so domegno ke no lè mai stà federal; na vera nasion ła conbate par defendar ła so xente, ła so tera, ła so Pàrea, ła so degnetà, ła so łebertà, ła so soranedà połedega ... e me par ke Venesia no ła ło gapie fato e ke anca ła ghe gapie enpedesto/vietà ai veneti de tera ke łi se rivoltava a i françoxi, de farlo; Venesia ła xe stà arestogratega, anti nasion veneta, rogante e viłe;

7) co łe fandonie storeghe e i falbi miti no se va da gnaona parte; se ga da studiar, da profondir e contar tuta ła storia dei veneti, de łe xenti venete e no solké coeła de Venesia e dei venesiani, sensa exaltar e spresàr nesuni;

8) mi no so venesian ma vixentin e so veneto come ke veneta e no venesiana lè Viçensa; a xe ora ke scuminsiè a maurar e a devegner veri veneti ke ga amor e creansa par tute łe xenti venete del Veneto (e no sol ke par na çità e na parte dei veneti del Veneto), se no a xe mejo ke canviè el nome da Raixe Venete a Raixe Venesiane.
Na bona asoçasion ke ła gapie amor par tuto el Veneto e par tuti i veneti ła ga da esar apartetega e no ła ga da ndarghe drio a gnaon partido e no ła ga da servir gnaon połedegante, tanto manco la ga da farse strumentałixar da ki ke ga anbision da połedegante. Se ga da servir i veneti e no i partiti e se ga da tendar e conbatar i partidi ke no łi serve i veneti o ke łi fa finta de servir i veneti.

9) Ki ke ghe vol ben veramente a ła so tera, al so paexe, a ła so Pàrea, a ła so xente, al so popoło, el ga anca el corajo e ła forsa de recognosar tute łe so magagne, łe so peke, łe so mancanse ... e nol ga cogno de exaltarla par coel ke no la xe e de spresàr el resto del mondo.
Ki ke no ama e ke no ga creansa par tuti i veneti del Veneto con łe so defarenti raixe, xmisioti e storie nol mereta gnaon amor, gnaona fradełansa e creansa.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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