Lettera aperta alle indipendentiste e agli indipendentisti del Venetohttp://www.dirittodivoto.org/dblog/arti ... ticolo=408Nelle scorse settimane ho seguito con dispiacere le vicissitudini della più importante formazione separatista marciana, Indipendenza Veneta. Non voglio qui soffermarmi su quanto accaduto nel corso dell'assemblea generale del movimento, anche perchè mi pare di aver capito che la situazione creatasi debba ulteriormente evolversi. Verso cosa, non lo so. Non escludo che ci si debba confrontare con ulteriori scissioni, un evento a cui ormai siamo abituati, nel contesto politico veneto.
Questa lettera aperta non è però indirizzata ai leaders di Indipendenza Veneta, nè a quelli delle altre formazioni che si battono per l'autogoverno marciano. È indirizzata a chi, al di là delle etichette, dell’appartenenza a questo o a quel gruppo e delle proprie simpatie personali, continua, nonostante tutto, a militare nella galassia indipendentista. Per usare un’espressione in voga in altri ambiti, parlo di militanti di base. E sono tanti. Siete tanti. Tanti e tante, perchè uno dei punti di forza dell'indipendentismo veneto è la capacità di mobilitare, oltre agli uomini, tipicamente più coinvolti in politica, anche molte donne. Capaci, dinamiche, moderne.
Cosa voglio dirvi, cari amici e care amiche?
Voglio dirvi innanzitutto una cosa che, ne sono certo, voi sapete già molto bene. Solo che in momenti come questi, quando sembra che sia il litigio a farla da padrone, per giunta mentre la tirannia dello stato italiano si consolida, ecco, in momenti come questi, ci si può far prendere dallo scoramento, dalla demoralizzazione, dalla voglia di dire "chi me lo fa fare?"
È per questo che sento intanto il bisogno di dirvi chiara quella cosa che, ripeto, in cuor vostro già sapete: si va avanti. Avanti. Non solo nulla è perduto, ma non c'è mai stato come oggi un momento tanto favorevole alla nostra lotta per l'autogoverno. Mai prima d'ora. Nemmeno negli anni Novanta, quando molte centinaia di migliaia di uomini e donne si diedero la mano lungo il fiume Po. Nemmeno allora. Perchè allora eravamo soli in Europa, nonostante l'immagine che ci siamo fatti delle lotte altrui, credute da sempre ad un passo dall'indipendenza. Non era vero. I Catalani e gli Scozzesi, che oggi realmente si trovano di fronte al traguardo, allora ne erano lontanissimi, e lo stesso dicasi dei Fiamminghi.
Ma nel 2014 tutto si appresta a cambiare. E nel 2014 anche il Veneto si è ormai incamminato sulla strada giusta, non più succube dell'illusione generata da un leader tanto visionario quanto sleale -inutile che vi dica a chi mi riferisco-. Quindi, lo ribadisco, la prima cosa che dobbiamo dirci è che si va avanti. Perchè indietro non si torna.
Voglio poi dirvi altre due cose.
La prima riguarda il Veneto per come lo vedo io, diciamo così, da fuori. Da milanese innamorato del Nord-Est -lasciatemi usare questa espressione, semplicistica o fuorviante quanto volete, ma tutto sommato utile-, molto più che un incrocio di punti cardinali, un luogo dell’animo, tanto ricco di storie che una sola vita non basterebbe a conoscerle tutte.
La seconda cosa che vi dirò riguarda invece ciò che farei se mi trovassi al vostro posto, se potessi avere la fortuna e il privilegio di essere un indipendentista veneto.
Cosa vedo, dunque, in Veneto?
Vedo un fermento che di mese in mese cresce, si radica, trova nuove forme, a volte meravigliosamente creative, per manifestarsi. Vedo che ai Veneti non servono “lìder maximi” nè autorizzazioni di partito per organizzarsi, in quanto cittadini marciani, attorno alle più svariate iniziative volte ad affermare il diritto all’autodeterminazione.
Come avrete forse letto, una settimana fa ho deciso di testimoniare, su queste pagine, il nostro sostegno al Plebiscito digitale del prossimo 16 marzo. Si tratta dell’atto più ambizioso fra quelli in preparazione o in corso di svolgimento, ma è “solo” la punta, oltremodo visionaria e potenzialmente devastante, dell’iceberg. In concomitanza con lo svolgimento del referendum elettronico, si terrà la ormai tradizionale manifestazione “Da San Marco a San Marco”, quella staffetta che unisce l’attuale Regione da occidente ad oriente, con centinaia di partecipanti che raccolgono il Gonfalon sul Garda e, come un testimone simbolico dello spirito veneto, lo passano di mano in mano fino a consegnarlo in San Marco a Venezia. Un mese dopo sarà il 25 aprile e, ancor più dello scorso anno, ne sono sicuro, quel giorno sarà una grandissima festa di libertà in onore del Santo protettore delle Terre Marciane, di fronte a quella Laguna che culla la Capitale storica da oltre un millennio, e nelle cui acque si rispecchia il Campanile che tutti rispettiamo. Noi naturalmente ci saremo.
Oltre a queste manifestazioni celebrative dell’essere Veneti, continuano le azioni e le mobilitazioni antifiscali, talora individuali, talaltra promosse da realtà combattive e lontane mille miglia dalle alchimie della politica romana, come il Tea Party Veneto e la LIFE. Non mancano poi iniziative culturali nuove, come l’avvio dell’Istituto della Lingua Veneta (la presentazione a Limena, Padova, esattamente fra una settimana). E non posso non citare le Marce Silenziose, ovvero le meritorie manifestazioni che mensilmente vengono organizzate dal collettivo VivereVeneto (la prossima a Montagnana, Padova, il 23 febbraio): centinaia di cittadini muniti soltanto di bandiere marciane, in silenzio, intenti a sfilare lungo strade e piazze di alcune delle città della Regione, per testimoniare l’orgoglio di un popolo che non vuole cedere. Un popolo che, nelle intenzioni di Ruggero Zigliotto, fotografo e attivista vicentino, diventerà protagonista di una mostra -e di un volume, se ho bene inteso- in cui saranno raccolti gli scatti di mille volti luminosi di venete e veneti, di ogni età e provenienza, a testimoniare la capacità di rispondere con un disarmante sorriso al tentativo italiano di omologarlo e asservirlo: “Mi so veneto”, questo il nome del progetto.
E ancora devo ricordare la capillare azione di Raixe Venete, che ogni anno sfocia nella Festa dei Veneti, un evento capace di portare il concetto di autodeterminazione oltre il confine dell’indipendentismo militante, gettando ponti verso realtà ritenute, a volte troppo pregiudizialmente, ostili a questo tema. Realtà come la sinistra veneta, sempre meno impermeabile al diritto di decidere, sotto la corazza effimera del partito-padrone sedicente “democratico”. Lo dimostra, fra gli altri, un piccolo ma interessante segnale di questi giorni, ovvero l’apertura del blog “Sanca - sinistra veneta indipendentista”.
Come si vede, un panorama ricco. Certamente ho tralasciato molte altre realtà degne di nota e me ne dispiaccio. Ma detto questo, cosa resta da aggiungere, cosa volevo dirvi, in conclusione?
Volevo dirvi che, se io fossi un indipendentista veneto, cercherei oggi di dare vita all’unica realtà che purtroppo ancora manca e di cui, a mio parere, ci sarebbe un gran bisogno. Sto parlando di un’Assemblea Nazionale Veneta, ricalcata sul modello di quella catalana, che tanto è risultata utile in quel contesto e che certamente lo sarebbe come non mai proprio in Veneto.
Essere indipendentisti o comunque favorevoli al diritto di decidere, in Veneto, non è facile, lo sappiamo bene. Non è facile perchè il tasso di litigiosità è stratosferico. Le molteplici divisioni a cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi due anni lo dimostrano in modo plastico. Spesso tali divisioni sono il frutto di una difficoltà ad esprimere chiaramente le differenti visioni e ad accettare il fatto che, all’interno di uno stesso gruppo, possano esistere altrettanto chiaramente una minoranza e una maggioranza. E’ un dato di fatto.
Ecco perchè servirebbe creare una struttura, quanto più leggera ed elastica possibile, non verticistica ma orizzontale, costruita a mo’ di federazione fra individui e realtà associative, capace di rilanciare in modo amplificato le iniziative di tutti. E capace, questa è la cosa che più conta, di esercitare un controllo sugli amministratori pubblici. Perchè un’Assemblea Nazionale Veneta dovrebbe darsi proprio questo compito quale ragione principale del proprio esistere: l’Assemblea dovrebbe esercitare una pressione civica e apartitica sulla cosiddetta “classe dirigente” espressa dai cittadini. Sto parlando della classe dirigente esistente oggi e nell’immediato futuro, non di ipotetiche maggioranze indipendentiste “doc” di un indefinito domani. Non si può rimandare la questione indipendentista a tempi migliori e non possiamo permetterci il lusso di credere che si debba arrivare ad una lenta presa di coscienza collettiva prima di poter pretendere che gli eletti difendano le ragioni dell’autogoverno veneto.
Se c’è stata un’intuizione fondamentale nell’azione di Indipendenza Veneta, questa è consistita nel fatto di saper influenzare gli attuali rappresentanti del popolo veneto, costringendoli a confrontarsi con l’agenda indipendentista ora qui e subito. Non soltanto in Regione, dove l’azione è stata rilevante in termini comunicativi e (seppur ad oggi solo parzialmente) anche giuridici, ma anche nei Comuni e nelle Provincie. E qui i successi sono stati notevolissimi.
Tuttavia la strada della pressione a cura di un partito ha mostrato i propri limiti, poiché si è dimostrata vincolata, per l’appunto, alle vicende di quel partito, con le proprie contraddizioni (un partito è per definizione una parte, ed è anche un insieme di proceduralità interne non sempre brillanti ed elastiche). Ecco allora perchè, se io fossi un indipendentista veneto, mi impegnerei per creare un’Assemblea Nazionale Veneta.
Immaginate quanto potente sarebbe l’azione di un soggetto simile, di fronte ad una classe amministrativa e politica regionale che si è mostrata ampiamente reticente di fronte alle proprie responsabilità storiche.
Immaginate cosa potrebbe significare costruire un cartello associativo in grado di offrire il proprio patrocinio collettivo a tante iniziative altrimenti destinate a rimanere poco conosciute.
Immaginate cosa succederebbe se, nel nome del diritto di decidere, molti cittadini, impegnati politicamente in partiti “tradizionali” e “italiani”, scegliessero di entrare a far parte dell’Assemblea Nazionale Veneta, introducendo in tal modo un’insanabile contraddizione nell’ambito delle proprie forze di appartenenza. Sta succedendo nel Partito Socialista Catalano, potrebbe succedere nel Partito Democratico del Veneto.
Sì, se io fossi un indipendentista veneto, comincerei a pensarci seriamente, da subito. Ci vuole buona volontà, certo, ci vuole diplomazia, senso del rispetto, capacità di immaginare strutture elastiche cui non siamo abituati. Ma si può fare. L’hanno fatto in Catalogna, lo possiamo, lo potete fare in Veneto.
Fra pochi giorni sarà Capodanno, da voi. Inizia un nuovo anno, fondamentale. Un anno di svolta, di cambiamento. A volte bisogna cambiare per vincere, per liberarsi non solo dall’oppressione esterna, ma anche dal nemico più temibile: la paura stessa del cambiamento. Pensateci.