Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio giu 23, 2016 9:20 pm

???

Lega Nord: proposta di Legge Statale per l'indipendenza Veneta

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... izia=30387

(Arv) Venezia 23 giu. 2016 – “Vuoi che il Veneto sia uno Stato indipendente e sovrano?” È questo il quesito al quale potrebbero rispondere i Veneti, inserito nella proposta di legge n. 149 sul Referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto, già presentata alla Presidenza del Consiglio lo scorso 27 maggio a firma dei Consiglieri Finozzi, Sandonà, Montagnoli e Ciambetti.
Il Pdl è stato presentato stamane a Palazzo Ferro-Fini. “Se il Veneto con il suo prodotto interno lordo dovesse apparire fra le 28 nazioni che compongono l’Europa – ha detto il Consigliere Marino Finozzi – si troverebbe a metà classifica, pari a paesi come Ungheria, Finlandia e Portogallo. Per chi ci accusasse di essere un popolo poco numeroso, faccio notare che una decina di paesi europei sono numericamente inferiori al Veneto. ”Ed ha ricordato come il debito pubblico dal 2015 sia arrivato a 2.230 miliardi di euro, a fronte dei quali “gli enti locali partecipano in un’azione di risanamento, pur non ricevendo benefici.”
???
Il Presidente del Consiglio, il leghista Roberto Ciambetti ha esordito - “Il Venexit potrebbe essere un percorso praticabile, come successo già in altri paesi (vedi Scozia e Catalogna)” – ed ha aggiunto – “è importante spiegare ai veneti che è possibile che loro stessi prendano decisioni sul proprio futuro. Il referendum porti a decidere, anche con visioni diverse, se rimanere o meno nello stesso condominio e continuare a partecipare alle spese condominiali in maniera abnorme rispetto agli altri condòmini”.
Quello che in sostanza cambia, è che adesso la Corte Costituzionale ha lasciato aperto un varco, grazie alla Legge Regionale 15 in materia di autonomia.

Palmerino Zoccatelli Presidente del Comitato Veneto Indipendente si è soffermato a parlare delle ragioni storiche del “diritto di rivendicare l’indipendenza, partendo dal fatto – ha detto – che l’Italia di oggi è sorta dall’usurpazione del 1861 dopo aver aggredito ed inglobato gli Stati legittimi della Penisola”. Il Consigliere firmatario Alessandro Montagnoli si è soffermato invece sulle riforme del governo Renzi che ha definito “governo assolutamente centralista che leva i servizi al cittadino”. Ed ha aggiunto che “è necessario sostenere il mondo dell’economia veneta, il lavoro, i servizi importanti ed il popolo veneto”.
Fra gli interventi anche quello del consigliere Lista Zaia firmatario Luciano Sandonà che nel suo intervento ha sottolineato come questa proposta di legge sia “la massima espressione di democrazia”, rifacendosi a quanto accaduto in Inghilterra in epoche passate. “La Magna Carta precursore del referendum scozzese, ha portato il popolo a decidere del proprio futuro. I segnali di rottura e condivisione di un percorso di indipendenza del Veneto ci sono tutte, anche dando uno sguardo alle ultime vicende elettorali”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » sab lug 02, 2016 6:08 pm

LIFE-APV esce dal Parlamento di Busato
Pubblicato 2 luglio 2016 | Da daniele

http://www.life.it/1/life-apv-esce-dal- ... -di-busato

COMUNICATO

Non si può proclamare la continuità della Repubblica Veneta e poi instaurare un regime a cui fa capo il solo Gianluca Busato, proclamatore dell’indipendenza del Popolo Veneto, Presidente della Commissione dei 10 e contemporaneamente Presidente del Comitato esecutivo, Presidente del Governo provvisorio, Presidente del Parlamento provvisorio. Le nostre contestazioni concretizzatesi con la presentazione di alcune mozioni, dettate dal buon senso, sono state tutte respinte perché le norme prevedono l’accentramento del potere su un’unica persona.

Se le norme prevedono che la Repubblica Veneta sia gestita da uno solo, lo stesso Busato, e che gli umori di un singolo, i suoi, possano condizionare la vita di un Popolo, si è venuta a creare una situazione politica alla quale corrisponde un nome specifico: dittatura.

Prendiamo amaramente atto di ciò e, per evitare che il nostro nome sia associato ad attività che nulla hanno a che spartire con le tradizioni politiche della Repubblica Veneta Serenissima e con gli usi, i costumi e le tradizioni del Popolo Veneto, ci vediamo costretti a ritirare la nostra partecipazione al Parlamento provvisorio della Repubblica Veneta, organo a sovranità zero!

Ci duole tremendamente il fatto che il Popolo Veneto sia stato gabbato, per l’ennesima volta, dai suoi stessi figli.

I Parlamentari

Daniele Quaglia
Toni Sanson


???

bruno scrive:
2 luglio 2016 alle 15:28

Io dico quanti parlamenti ci sono? L’unico vero e quello nostro dove ognuno ognuna si può candidare basta raccogliere 50 firme io le ho raccolte e mi hanno fatto ministro dello sport e sanità es ho anca firmato la delega ministro del VENETO, ora dobbiamo fare il DOGE una persona giusta e senza peccati! Questo si che è parlamento di tutti i Veneti e Venete! Grazie sinceri saluti Bruno Zattra.

daniele scrive:
2 luglio 2016 alle 21:20
Bruno, se bastano 50 firme per essere ministri, quanti ministri ci potrebbero essere in Veneto? Fatto un piccolo conto potrebbero essere 80.000!!!!!!!!!!!!!!!!!


Maurizio scrive:
2 luglio 2016 alle 15:29
Il vero parlamento, dai deputati che sentono la responsabilità del voto ricevuto deve essere ora come la Fenice ! Diamoci una possibilità !


Fil de fer scrive:
3 luglio 2016 alle 07:38

Stiamo parlando tutti del niente !!!!
Oggi non siamo riconosciuti da alcun paese straniero. Il Parlamento UE, l’O.N.U. e tutte le altre organizzazioni internazionali sono ancora per noi irraggiungibili perché nessuno è ancora pronto a presentare ufficialmente e con persone competenti e preparate una qualche straccio di richiesta d’aiuto e di riconoscimento.
In italia non si può più sperare nulla dopo la sentenza della consulta del povero Avv. Morosin che crede di vivere ancora in un paese democratico. Plebiscito, al dilà di come ognuno di Voi la può pensare è l’unico posto dove si lavora veramente per raggiungere l’indipendenza. A me non interessa più di tanto che G.BUSATO sia il leader ” supremo” o il leader “unico”, A me interessa che stia facendo i passi giusti per arrivare dove vogliamo arrivare. l’Indipendenza non è una cosa da poco né una cosa che si può raggiungere in pochi. Bisogna essere in molti e un leader, piaccia o non piaccia e che sia all’altezza del compito serve assolutamente. Di leaders Veneti in giro non ce ne sono, dispiace doverlo dire e comunque mi pare che in tanti anni e anche con tante “guerre al fisco” non abbiamo ottenuto nulla. Se si capisce questo, allora significa che non è adesso che conta chi dirige la ” baracca Veneta” ma le strategie e i fatti concreti che produce.
In ogni modo finchè non si capirà che è solo stando uniti che si vince….saremo tutti perdenti e sprecheremo la nostra vita per il raggiungimento di un ideale nobile e glorioso inutilmente.
WSM


giancarlo scrive:
3 luglio 2016 alle 08:14

Adesso dovrete formalizzare le vostre dimissioni al Parlamento Veneto di PLEBISCITO.
Bene, anzi male, ma cosa farete adesso?
Qualcuno di Voi farà il DOGE ? Avrete ministri e via dicendo come PLEBISCITO ?
Ma cosa servirà tutto questo se non avete i 2.300.000 voti che Plebiscito ha avuto e Voi non avete ?
Ma Vi fate qualche domanda nella testa o vi siete bevuti il cervello ? Non è che tra qualche mese dovrò venire a trovarvi nella galere italiane perché avrete dato qualche numero O AVRETE FATTO QUALCHE ATTO SCONSIDERATO ?
Ma perché scrivo queste cose se non ci tenessi a Voi. Veneti come me e grandi lottatori…..ma tutto quello che avete fatto non serve se non siamo in tanti ed abbiamo alla testa dei movimenti gente di cultura e capacità da leader.
Oggi, solo a livello internazionale potremo ottenere la nostra libertà e per fare questo secondo voi quali cose servono ?
Ve lo dico io: UN LEADER RICONOSCIUTO con un movimento che abbia al suo seguito un gran numero di Veneti. Competenze di livello superiore a livello internazionale. Conoscenza di almeno tre lingue straniere alla perfezione. Capacità diplomatiche già sperimentate o quanto meno capacità di mediazione a livello internazionale. Cultura Superiore con conoscenze di scrittura di lettere a livello internazionale senza commettere il minimo errore sia di ortografia che di contenuto e sostanza e che abbia una presentazione un inizio, la citazione di dati, un corpo lettera e una parte finale ben congegnata diplomaticamente parlando. Non è finita. Chi ha esperienze e conoscenze a livello internazionale ? Queste servono. Chi ha girato il mondo anche come imprenditore per capire bene come gira l’economia mondiale e quali sono gli equilibri che la sostengono…..la lista è ancora lunga…….io non vedo persone con un certo carisma che abbiano queste e altre qualità. Oggi a livello internazionale bisogna essere preparati ai massimi livelli e non bastano onestà, volontà, caparbietà, voglia di fare od ottenere, oggi non bastano nemmeno a scrivere una lettera al Comune o a qualche onlus o organizzazione italiana. Non ti risponderebbero nemmeno !!!!!!
Ecco quello che mi stava a cuore dirvi e ve l’ho detto e adesso facciamoci pure la concorrenza e vediamo chi vince.
Ma attenzione al primo passo falso che farete sarete squalificati per sempre e metterete a repentaglio anche tutti i Veneti ed il Veneto che figurerà come “nazione” non preparata ad autodeterminarsi. In quel caso dovrete rispondere davanti al POPOLO VENETO di incompetenza, arroganza, impreparazione, mancanza di lungimiranza e di strategie valide e se non bastasse di aver messo a repentaglio la possibilità di ottenere il riconoscimento del Popolo Veneto come degno di diventare nuovamente una nazione indipendente nel contesto mondiale.
Prima di agire pensateci 100 volte !!!
WSM


daniele scrive:
3 luglio 2016 alle 08:38

Senti Giancarlo, ho fatto proposta di una Costituzione perché la comunità internazionale non prende in esame “nuovi Stati” che siano privi di una costituzione autonoma, per questo ho preso pesci in faccia ma ora stanno emanando leggi ordinarie che sono nient’altro che articoli della costituzione ed avremo leggi che prevedono la forma di Stato ma che non compongono una Costituzione; ho proposto il recepimento di un ventina di trattati internazionali indispensabili per potersi poi rapportare con la comunità de Stati – risposta picche (è un eufemismo!); ho proposto un documento cartaceo di identità e sono stato deriso, ma ora sembra che sia in programma visto che i criptodocumenti a 100 € non sono alla portata di tutti; per ultimo ho chiesto di limitare i poteri del Capataz ed hai visto come sono stato trattato, senza la possibilità di una minima discussione. Ricorda che l’operazione Matteo Evangelista è stata una mia proposta e la prima norma approvata dal Parlamento in Piazza San Marco idem. Ma se Busato ha cambiato gli obiettivi ed aspira a diventare il nuovo Napoleone, quello non è un posto dove possa esserci anche io Daniele Quaglia. E se mi si propone un dittatore veneto per liberarci dall’Italia, rispondo: prima combatterò il dittatore e poi l’italja. Perché un dittatore sai da dove parte ma non sai mai dove vuole arrivare, e questo mi turba profondamente
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » mer lug 06, 2016 8:07 am

El fanfaron de ła kriptonite e del kritto stado veneto dixital

ITALIA IN UN VICOLO CIECO, SECESSIONE DIGITALE UNICA SALVEZZA
luglio 5, 2016

http://blog.plebiscito.eu/news/italia-i ... a-salvezza

Il Cripto-Stato della Repubblica Veneta è la realizzazione concreta di una forma panarchica di stato indipendente non-territoriale che porterà i veneti a disintermediarsi tecnologicamente dal burosauro italiano

Slide41In queste ore si sta verificando quanto da tempo avevamo previsto, ovvero un attacco speculativo verso il sistema bancario italiano e in particolare verso il Monte Paschi di Siena, al punto da costringere il governo italiano a sfidare le normative bancarie europee attraverso un’iniezione di capitale con aiuti di stato mascherati attraverso magari l’ausilio di comodo del fondo Atlante 2.

Al di là di come il burosauro italico cercherà di salvarsi da tale drammatica situazione finanziaria, emerge un quadro generale estremamente preoccupante, con possibilità di intaccare addirittura la stabilità dell’eurozona già in fibrillazione dopo la Brexit.

A suo tempo avevamo lanciato alla classe dirigente europea un salvagente rispetto alla drammatica situazione italiana odierna, che non riguarda il solo sistema bancario, ma potrebbe estendersi velocemente al sistema-paese: il riconoscimento internazionale dell’indipendenza della Repubblica Veneta avrebbe infatti permesso di gestire un salvataggio finanziario italiano attraverso il conseguente surplus che questa avrebbe generato permettendo di attuare un piano concreto di stabilizzazione.

Oggi chiaramente tale percorso è diventato più complesso da attuare e quindi qualche mese fa abbiamo iniziato a creare le condizioni per l’esercizio dell’indipendenza in modo diretto, senza dover dipendere inizialmente per forza da riconoscimenti esterni di altri stati.

Ecco quindi che abbiamo dato vita a un complesso piano strategico basato principalmente sull’utilizzo di due strumenti pacifici che il progresso umano ci ha messo a disposizione: l’economia e la tecnologia.

L’economia ci consentirà infatti di creare un modello virtuoso che permetta ai capitali privati di usufruire delle opportunità di business che derivano dall’appartenenza a una rete di relazioni privilegiate e di carattere riservato per la creazione di progetti economici e per il coinvolgimento in opportunità imprenditoriali e di lavoro di portata internazionale. Questa rete è la business community veneta creata da Plebiscito.eu® Club. Tale modalità ha tra l’altro l’enorme vantaggio di non dipendere dal sistema creditizio bancario, ma appunto su sistemi di capitali privati di venture capital che, ad esempio, negli USA portano fondi alle imprese in quantità 9 volte superiori rispetto alle banche.

La tecnologia, con l’ausilio dell’economia, ci permetterà nel contempo di creare una complessa infrastruttura informatica basata su blockchain, che darà vita a un cripto-stato veneto decentralizzato e che permetterà ai cittadini veneti che vi aderiranno di condurre transazioni e avere relazioni anonimizzate alle terze parti e certificate dal cripto-stato veneto stesso. In tal modo realizzeremo la completa indipendenza della Repubblica Veneta attraverso la disintermediazione tecnologica rispetto allo stato italiano.

Tale concezione trova una propria nell’ideale panarchico teorizzato dallo studioso belga Paul Émile de Puydt, che nel 1860 predisse una forma di governo che ne trascende ogni altra. Essa deriva dal diritto degli individui di potersi scegliere la forma di governo preferita, indipendentemente da dove fisicamente vivano.

Il Cripto-Stato della Repubblica Veneta è appunto la realizzazione concreta di una forma panarchica di stato indipendente non-territoriale.

Riportiamo a tal proposito di seguito la traduzione del testo originale in inglese tratto da “Panarchy: Political Theories of Non-Territorial States” di Aviezer Tucker e Gian Piero de Bellis, che spiega in modo stupefacente come il progetto moderno di indipendenza del Veneto concepito da Plebiscito.eu sia la più avanzata innovazione sociale in tema di battaglie politiche contemporanee.

“La Panarchia non è una comunità utopica nel deserto o nel mare o sul pianeta Marte, si tratta di un quadro meta-politico che consente ai migliori stati di emergere e competere per i cittadini in un mercato globale. La Panarchia consente la secessione di gruppi, ontologicamente riducibili a un insieme di individui, che decidono di uscire insieme. Ma la secessione non-territoriale da stati non territoriali (o territoriali) non implica la costruzione di confini o il movimento delle persone. Le persone che secedono non devono arrivare a vivere insieme. Essi possono essere collegati anche in una forma minima come in una rete digitale”.

Eco cosa ke łi scive i pori tonti ke łi ghe va drio a sto buxiaro:

http://www.life.it/1/life-apv-esce-dal- ... -di-busato

Fil de fer scrive:
3 luglio 2016 alle 07:38
Stiamo parlando tutti del niente !!!!
Oggi non siamo riconosciuti da alcun paese straniero. Il Parlamento UE, l’O.N.U. e tutte le altre organizzazioni internazionali sono ancora per noi irraggiungibili perché nessuno è ancora pronto a presentare ufficialmente e con persone competenti e preparate una qualche straccio di richiesta d’aiuto e di riconoscimento.
In italia non si può più sperare nulla dopo la sentenza della consulta del povero Avv. Morosin che crede di vivere ancora in un paese democratico. Plebiscito, al dilà di come ognuno di Voi la può pensare è l’unico posto dove si lavora veramente per raggiungere l’indipendenza. A me non interessa più di tanto che G.BUSATO sia il leader ” supremo” o il leader “unico”, A me interessa che stia facendo i passi giusti per arrivare dove vogliamo arrivare. l’Indipendenza non è una cosa da poco né una cosa che si può raggiungere in pochi. Bisogna essere in molti e un leader, piaccia o non piaccia e che sia all’altezza del compito serve assolutamente. Di leaders Veneti in giro non ce ne sono, dispiace doverlo dire e comunque mi pare che in tanti anni e anche con tante “guerre al fisco” non abbiamo ottenuto nulla. Se si capisce questo, allora significa che non è adesso che conta chi dirige la ” baracca Veneta” ma le strategie e i fatti concreti che produce.
In ogni modo finchè non si capirà che è solo stando uniti che si vince….saremo tutti perdenti e sprecheremo la nostra vita per il raggiungimento di un ideale nobile e glorioso inutilmente.
WSM

giancarlo scrive:
3 luglio 2016 alle 08:14
Adesso dovrete formalizzare le vostre dimissioni al Parlamento Veneto di PLEBISCITO.
Bene, anzi male, ma cosa farete adesso?
Qualcuno di Voi farà il DOGE ? Avrete ministri e via dicendo come PLEBISCITO ?
Ma cosa servirà tutto questo se non avete i 2.300.000 voti che Plebiscito ha avuto e Voi non avete ?
Ma Vi fate qualche domanda nella testa o vi siete bevuti il cervello ? Non è che tra qualche mese dovrò venire a trovarvi nella galere italiane perché avrete dato qualche numero O AVRETE FATTO QUALCHE ATTO SCONSIDERATO ?
Ma perché scrivo queste cose se non ci tenessi a Voi. Veneti come me e grandi lottatori…..ma tutto quello che avete fatto non serve se non siamo in tanti ed abbiamo alla testa dei movimenti gente di cultura e capacità da leader.
Oggi, solo a livello internazionale potremo ottenere la nostra libertà e per fare questo secondo voi quali cose servono ?
Ve lo dico io: UN LEADER RICONOSCIUTO con un movimento che abbia al suo seguito un gran numero di Veneti. Competenze di livello superiore a livello internazionale. Conoscenza di almeno tre lingue straniere alla perfezione. Capacità diplomatiche già sperimentate o quanto meno capacità di mediazione a livello internazionale. Cultura Superiore con conoscenze di scrittura di lettere a livello internazionale senza commettere il minimo errore sia di ortografia che di contenuto e sostanza e che abbia una presentazione un inizio, la citazione di dati, un corpo lettera e una parte finale ben congegnata diplomaticamente parlando. Non è finita. Chi ha esperienze e conoscenze a livello internazionale ? Queste servono. Chi ha girato il mondo anche come imprenditore per capire bene come gira l’economia mondiale e quali sono gli equilibri che la sostengono…..la lista è ancora lunga…….io non vedo persone con un certo carisma che abbiano queste e altre qualità. Oggi a livello internazionale bisogna essere preparati ai massimi livelli e non bastano onestà, volontà, caparbietà, voglia di fare od ottenere, oggi non bastano nemmeno a scrivere una lettera al Comune o a qualche onlus o organizzazione italiana. Non ti risponderebbero nemmeno !!!!!!
Ecco quello che mi stava a cuore dirvi e ve l’ho detto e adesso facciamoci pure la concorrenza e vediamo chi vince.
Ma attenzione al primo passo falso che farete sarete squalificati per sempre e metterete a repentaglio anche tutti i Veneti ed il Veneto che figurerà come “nazione” non preparata ad autodeterminarsi. In quel caso dovrete rispondere davanti al POPOLO VENETO di incompetenza, arroganza, impreparazione, mancanza di lungimiranza e di strategie valide e se non bastasse di aver messo a repentaglio la possibilità di ottenere il riconoscimento del Popolo Veneto come degno di diventare nuovamente una nazione indipendente nel contesto mondiale.
Prima di agire pensateci 100 volte !!!
WSM

giancarlo scrive:
4 luglio 2016 alle 13:47
Senza fare polemiche me vien da dir: Quanti tonti Veneti plaxà ca ghè stà nel Veneto che ja continua a votar i partiti tagliani e a farse fregar dale banche tagliane con nomi Veneti…….qua semo stadi tuti dei tonti e adesso volemo far i svej tra de nojaltri.
El xè un paradosso !!! Inutile giar tanto el can par l’aja, confermo quelo che gò scrito e se non lo capì vol dir che no sì pronti gnanca a scrivar na letera a livel internasional. Continuemo a dubitar tra nojaltri, continuamo a dividarse e vedaremo quanto tempo ghè vorà ancora par arrivar all’indipendensa, Son sicuro che la vegnarà solo par interventi esteri se saremo brai a provocarli. Ma certo adesso semo massa gruppi divisi e questo ne squalifica tuti se lo se capisse. Inoltre da sempre noialtri Veneti semo dignitosi e riservai e no n’demo a dir come la pensamo o come stemo ai altri. Tegnemo tuto drento. Ecco parkè quando esiste un modo che gnissun pol scoprir ( referendum digitale) i Veneti i sé scuerxe i sé verxe e i vota libari da condisionamenti.
Vedo che non credì a gnente se non i voialtri stessi, donca xè giusto che faxi la vostra strada. Ve auguro ogni ben e sucesso.
Non porto rancor verso gnissun de voialtri e ve considero sempre dei patrioti veri Veneti al 100%, ma par esserlo veramente bisogna averghe anca sì, dele ambission, ma anca saver i propri limiti sensa ofendar gnissun naturalmente.
Non tuti gavemo le stesse esperiense, cultura,studi etc…etcc. donca xè naturale che ghè sia un leader o dei dirigenti e dopo vien i’altri. Na roba xè sicura sarò sempre na spina nel fianco a chiunque dovesse tradir o anaquar o inganar i Veneti gnissun escluso!!!
WSM SEMPRE !!!!


Pento Alberto
No ghe vol l'Onu, el Parlamento UE e kisa ke istitusion enternasional o on leader recognosesto e carexmadego, a ghe vol el Popoło Veneto, ke però nol ghè; coeło manca e no altro, manca i nomari e ła vołontà, xe el Popoło Veneto kel mondo no vede, ke nol se fa vedar e ke prasiò nol ghè.
En Catałogna el se vede el Popoło Catałan kel se mostra al mondo a miłioni ente łe vie e piàse de Barçełona; en Veneto i veneti endove xełi? Xełi forse coełi finti o falbi del referendo dixital?
No ghè xe patacari fanfaroni cofà Buxato ke tegna, par coante ciacołe kel fasa e par coante łengoe kel dopare e par coante bołetine kel scriva sto singano; el Mondo el ghe dà reta al Popoło Veneto e no a patacari cofà sto buxataro sigałon kel conta de raprexentar el Popoło Veneto e ke no łe stà gnanca bon de rancurarse łe firme par farse ełexar en rexon.
Narghe drio a sto ensemenio vol dir esar sensa çarveło o verghene ono carotà da na nutria.
El "cripto stato veneto" e i "cripto veneti"! Robe da Vana Marki o da Bosi dei tenpi del Po.
Se i veneti no łi xe gnanca boni de raxonar e łi ghe va drio a sti trufadori no saremo mai endependenti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » mer lug 13, 2016 8:41 am

Indipendentisti brava gente
di ENZO TRENTIN
13/07/2016

http://www.lindipendenzanuova.com/indip ... rava-gente

È fuori dubbio che gli indipendentisti veneti sono ben oltre la metà della popolazione. Per sincerarsene non servono i sondaggi che sono sempre eterodiretti, poiché soggiacciono agli stimoli e ai condizionamenti imposti dai committenti; basta parlare con i vicini, con gli amici, con un qualsiasi avventore di pubblico esercizio semplicemente proponendo una soluzione ad uno dei molti problemi creati dalla partitocrazia allo Stato italiano.

Appena i Veneti vedranno la luce dell’autodeterminazione alla fine del tunnel del regime italiota si commuoveranno sino alle lacrime, si abbandoneranno agli applausi, allo sbracciarsi, ai cortei, agli evviva, ai proclami indirizzati agli ospiti, al mondo intero, e ad altre analoghe entusiastiche effusioni. Ci saranno anche baci sulle guance, riunioni ai caffè, brindisi a San Marco, acclamazioni alla restaurata millenaria repubblica.

Probabilmente ci saranno anche tentativi da parte di tre o quattro pseudo leader particolarmente “illuminati” per formare cortei a intervalli di due o tre minuti, che distribuiranno quantità enormi di Prosecco dell’area di Conegliano, di Amarone della Valpolicella, di vino bianco di Soave, di Torcolato di Breganze da tracannare tra urla generali di “W l’indipendenza!”. Alcuni, rientrando a casa un po’ alterali, scriveranno col gesso sui muri, a caratteri ben poco uniformi, “Viva l’indipendenza!”, “Viva il libero Stato Veneto!”, ed è in questo modo che la crisi politica si chiuderà; a meno che, naturalmente, non incontrino qualche politicante. In tal caso le cose procederanno in modo tutto diverso.

In fondo è così che sarebbe bello cominciassero tutte le sommosse degli indipendentisti in Italia. Tuttavia la chiusura dei caffè è quasi sempre stata sufficiente a fermarle. Privo dell’ispirazione euforica, l’indipendentista non è in grado di mantenere a lungo il proprio entusiasmo al livello dell’agitazione. Chiusi i caffè, gli evviva si fanno più sommessi e meno appassionati, i dimostranti rimandano il corteo a un altro giorno, e gli pseudo indipendentisti arrivati al più alto grado di entusiasmo rotolano ben presto sotto le tavole, restando qui a dormire fin quando, il mattino dopo, non arriverà il barista a riaprire il locale.

In effetti l’indipendentista dell’Italia settentrionale sei giorni su sette è un bravo lavoratore subordinato o un accorto piccolo imprenditore, e soprattutto un buon padre di famiglia che parla di politica soltanto il settimo giorno. In quel giorno quello che ormai tutti avvertono è l’indispensabile e l’indilazionabile bisogno di un cambiamento.

In attesa di questo roseo futuro, l’indipendentista veneto continua a farsi imbambolare dalle “ciacole” dei politicanti e degli scriba in servizio permanente effettivo al regime dei partiti. Basta guardare all’attività di Simonetta Rubinato (ex deputato PD), che [sembra voler suffragare le sue argomentazioni sulla base di un sondaggio del giornale “La Tribuna di Treviso”, che pare abbia fatto la bellezza di 329 telefonate] perora la causa dell’autonomia [http://www.simonettarubinato.it/index.php?area=6&menu=116&page=323&lingua=4&np=1&idnotizia=4533 ] facendo da sponda alle iniziative per l’autonomia della Regione Veneto, promosse dagli Zio Tom che in Consiglio regionale fiancheggiano il Presidente Luca Zaia.

Insomma c’è da credere che la strategia dei politicanti sia questa: una volta indetto il referendum per l’autonomia, sia che esso vinca o perda, a mal partito sarà la causa indipendentista, perché i politicanti, più o meno, diranno: «vedete… i veneti vogliono l’autonomia, non l’indipendenza.» oppure: «I veneti non vogliono l’autonomia, figuriamoci l’indipendenza.»

Il popolo veneto, invece, è alla disperata ricerca di valori, di onestà, di persone per bene su cui fare affidamento. La gente comune ripensa a quanto era più desiderabile vivere sotto la millenaria Repubblica, dove [https://venetostoria.com/2014/05/05/inquisitori-sopra-il-morto/] per dirla con le parole di Andrew Calzavara:

«Uno dei punti che, unanimemente, vengono riconosciuti alla Serenissima Repubblica era l’estremo bilanciamento dei poteri. Esisteva un complesso sistema di Magistrature, ciascuna con un compito preciso di controllo e nessuna lasciata senza un controllore. L’unica persona che formalmente non aveva controllori era il Doge, i cui poteri però erano, al di la’ della apparenza, estremamente limitati.

Questi poteri erano stati inoltre progressivamente circoscritti, di elezione in elezione, dalle cosiddette Promissioni Dogali, di fatto una serie di impegni che il Doge assumeva all’atto della sua elezione. Le Promissioni apparirono nel XII secolo e si ampliarono costantemente, fino a lasciare al Doge un margine di azione limitato e un potere puramente formale.

Se questo non fosse stato abbastanza, venne introdotto dopo la morte di Francesco Foscari, all’inizio del XV secolo, anche l’istituto degli “inquisitori sopra il morto”. In sostanza, senza permettersi di investigare il Doge da vivo, alla sua morte, una apposita Magistratura era incaricata dell’esame post mortem, cioè di indagare sul “rendiconto” finale del dogado. Gli inquisitori del Doge defunto spulciavano gli atti del deceduto, per constatare la legittimità delle spese personali fatte e delle entrate percepite, e se trovavano irregolarità toccava agli eredi sopportarne le conseguenze.

Basti pensare ad un grande Doge come Leonardo Loredan, anima della resistenza di Venezia contro quasi tutta l’Europa confederata all’epoca della lega di Cambrai, che ai primi del 1500 ebbe un inchiesta post mortem durata più di due anni, e conclusa con l’imposizione agli eredi di restituire 2700 ducati, percepiti secondo gli inquisitori, illegittimamente durante il suo periodo dogale. Questo avvenne anche se Doge e parenti avevano versato contributi volontari per le spese di guerra, in quanto si trattava di spese che non cancellavano l’illegalità constatata.»

Spostando l’ottica di osservazione sulla libera informazione, ai nostri giorni possiamo notare come i giornalisti sono diventati come i cristiani delle origini. Sembra siano sempre lì a porgere l’altra guancia ai politicanti, e agli uomini d’affari che hanno ben presto capito che sono dei leoni sdentati, i cui ruggiti non impressionano più di tanto. Forse sono leoni diventati vegetariani, forse non hanno alcun interesse a mordere qualche cosa. È giunta l’ora di chiedere a questi giornalisti, o almeno ai più onesti intellettualmente, di avviare una “rivoluzione” nella lotta ai politici corrotti e a quelli portatori di pensiero debole.

È pur vero che questi giornalisti sono sotto assedio, perché i politici si sono resi conto che molti sono diventati un gruppo di vigliacchi, di “tengo famiglia”. Sono diventati i peggiori nemici dell’indipendenza dei popoli, perché vogliono fare una vita agiata invece di fare la differenza nelle nostre comunità, nei nostri paesi e nelle nostre persone. Eppure la penna è più potente di una spada, a patto che la persona che la detiene abbia il coraggio e lo zelo per usarla come arma per difendere la verità, la giustizia, la democrazia, e la millenaria storia del popolo veneto.

Nelson Mandela una volta disse: «Un comunicato critico, indipendente, e di indagine è la linfa vitale di ogni democrazia. La stampa deve essere libera dall’ingerenza dello Stato. Deve avere la forza economica per resistere alle lusinghe dei funzionari di governo. Deve avere una sufficiente indipendenza da interessi costituiti; deve essere audace e indagatrice, senza paura o favoritismi. Essa deve godere della protezione della popolazione, in modo che possa proteggere i diritti dei cittadini».

Se è vero che la storia non si ripete, certamente può insegnare molto, e un confronto con i tempi attuali risulta veramente impietoso. Se le potenti parole di saggezza di Nelson Mandela sono cadute nel vuoto, alcuni politici sono diventati come le zanzare: irritanti e disturbatrici della quiete; succhianti il sangue innocente della gente. La colpa è dei giornalisti ma soprattutto della mancanza di autentici leader indipendentisti. Così la scena politica è intasata da figure politiche insincere, inadeguate e fuorvianti.

Si aggiunga che i giornalisti, specialmente quelli intellettualmente onesti, non possono trasformarsi in facitori di notizie. Essi possono pubblicare, magari con commenti e critiche, non delle notizie propagandistiche, ma almeno delle bozze o dei progetti di un nuovo assetto istituzionale dell’auspicato Veneto indipendente. Diventa umiliante, inutile e poco ortodosso, per essi, continuare a far passare note commemorative su questa o quella ricorrenza storica, sui brogli dei plebisciti truffa, sulla presunta saggezza degli antenati. E domandano: «Dov’è la notizia?».

In fondo per dirla con Frederic C. Lane in “Venice, A Maritime Republic”: «Nella gestione dell’antico governo, […] c’erano i Barnabotti, a cui la povertà e la mancanza di istruzione vietavano di occupare posti importanti, anche se a norma di legge essi erano eleggibili a tutte le cariche. Non potendo, per onore di nascita, dedicarsi a bassi lavori commerciali o manuali, i Barnabotti vivevano in miseria, vendendo i loro voti e brigando per ottenere qualche posto».

È apprezzabile che molti indipendentisti veneti vogliano il riconoscimento della sovranità del cittadino, ma se non si spiega in che cosa essa consista concretamente, il riconoscimento rimane privo di sostanza. Invece il cittadino è sovrano quando si trova nelle condizioni di poter esercitare i diritti democratici fondamentali come: la libertà (di parola, di pensiero, di movimento, di associazione, di partecipazione diretta e responsabile all’attività legislativa a tutti i livelli nel rispetto del principio di sussidiarietà), d’istruzione, d’informazione, alla sicurezza psico-fisica, alla salute, al rispetto della proprietà, alla libertà di culto. Ed è compito primario della comunità far sì che tutto questo sia concretamente garantito ad ogni cittadino, nessuno escluso. E per questo è necessario definire a priori non il “contratto sociale”, ma il “contratto politico” o “di federazione”.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2016 4:01 am

INDIPENDENTISTI VENETI SI RIUNISCONO A SAN BONIFACIO. SARÀ LA VOLTA BUONA?
di ENZO TRENTIN

Il 7 settembre i gruppi facenti parte di una coalizione di movimenti politici, associazioni culturali e sindacati indipendentisti, denominata “Intergruppi” (27 gruppi firmatari), si riuniranno a San Bonifacio (VR) per una sessione operativa di preparazione alla grande assemblea aperta al pubblico, pronosticata a Trissino (VI) per il 24 settembre 2016. Il percorso proposto verso l’indipendenza, sarà pacifico, civile e democratico, impostato sulla presentazione del popolo Veneto in sede UE e ONU. In queste sedi internazionali il “Censimento Veneto”, già accreditato all’ONU, e ora presieduto dal Sindaco di Resana (TV) Loris Mazzorato, farà le veci di ambasciatore. Questa è l’immagine ufficiale.

Tuttavia, come diceva Omero «Per me odioso, come le porte dell’Ade, è l’uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un’altra.» Infatti sembra che sotto la cenere dell’indipendentismo veneto covi qualche persona priva di serietà e correttezza nei rapporti personali, o che manca di parola nei rapporti politici. Insomma siamo alle solite “baruffe ciosote” a danno dell’idea indipendentista.

Per sapere cosa effettivamente bolle in pentola abbiamo sentito un paio di persone che sembrano a conoscenza della trama. Le abbiamo intervistate separatamente per verificare la qualità delle informazioni forniteci. Hanno ovviamente chiesto l’anonimato, e quindi li chiameremo fittiziamente: Bepi e Toni.

Domanda: perché nutrite timori sulla bontà dell’iniziativa?

Toni: Non è l’iniziativa che è da rigettare; riprovevole è il comportamento di alcuni aderenti ad “Intergruppi”. Intanto la sede di Trissino (VI) pare sia stata fortemente voluta da Indipendenza Veneta, perché apparentemente è un “covo” di molti suoi aderenti. Alcuni temono che sarà l’ennesima convention con tanto di bandierine gialle e blu di IV. Con Alessio Morosin, Lucio Chiavegato e Barbara Benini moglie di quest’ultimo che cercheranno di “mettere il cappello” su una nuova coalizione politica, o un maxi-partito indipendentista che punterà probabilmente a presentarsi in ogni elezione italiana dove sarà possibile. Insomma, hanno già sciaguratamente fallito in tutte le elezioni dove si sono candidati, ma come diceva Oscar Wilde: «L’ambizione è l’ultimo rifugio del fallito.»

Bepi: Si anch’io ho questi riscontri. Stanno facendo una grande fatica per accomodare le controparti. Il solito divismo di certi indipendentisti. “Intergruppi” è comunque determinato ad arrivare al 24 settembre per la presentazione ufficiale dei 27 firmatari, durante una conferenza aperta al pubblico.

Toni: Il Tarlo, se così si può dire, pare sia Alessio Morosin, nelle vesti di novello Cardinale Richelieu, non in sedicesimo ma in trentaduesimo. (Tsz!) Sta brigando tra le quinte, con l’ambizione per Indipendenza Veneta di fare da capofila ad un grande assembramento indipendentista per poi finire sempre lì: le elezioni! In questo senso l’idea «debole» di Barbara Benini, moglie di Chiavegato che si spende molto in pubblico e sui social network per caldeggiare il duplice referendum consultivo autonomia-indipendenza, e sostenendo la Pdl regionale n. 154, del 07/06/2016, di Antonio Guadagnini, Consigliere regionale considerato dai suoi ex compagni di lista: «Indipendenza Noi Veneto con Zaia» un Quisling.

Bepi: È palese che la «Indipendenza Noi Veneto con Zaia» è stata una lista civetta, scaturita dalla disinvoltura politica di Luca Zaia, e oggi praticamente svuotata. È servita per distrarre e confondere l’elettorato, mentre ai collaborazionisti sono stati riservati alcuni privilegi. La via catalana è improbabile per le stesse frizioni che ci sono in Spagna, con le sentenze della loro Corte costituzionale e l’intransigenza del governo iberico. Anche la via scozzese, malgrado le tante ciance, è estremamente diversa e impraticabile per i veneti. Collateralmente Luca Zaia, nelle vesti di eminenza grigia, ha alimentato le lotte di fazione nel più puro stile partitocratico.

Toni: Sì! Le liste civetta e i collaborazionisti si adoperano sempre nei confronti dei governi, e si mettono al servizio degli occupanti stranieri. Per noi indipendentisti tali sono coloro che si fanno eleggere nelle istituzioni italiane. Per esempio, Stefano Valdegamberi, Consigliere regionale riconfermato nel 2015, durante i mesi precedenti la campagna elettorale indiceva e frequentava riunioni di noi “Indy” per prospettare una via all’indipendenza del Veneto. Quali meriti ha avuto per essere poi candidato nel listino del Presidente Zaia, con conseguente sicura riconferma, se non si tratta di un “pagamento” per… “attività di distrazione”?

GUADAGNINICome si spiega che Antonio Guadagnini, una volta eletto, tempestivamente nomina Ettore Beggiato segretario del gruppo consigliare a € 80.444,05 all’anno, avendo già un vitalizio di € 49.579,60 netti all’anno? [VEDI QUI] e Fabrizio Comencini al Corecom a € 19.800,00 all’anno [VEDI QUI] dopo aver maturato un vitalizio di € 49.369,34 netti annui? [VEDI QUI] Si tratta di persone che anni fa predicavano il federalismo come una sorta di “apriti sesamo” per vivere di rendite politiche (in altri temini: campano sulle tasse dei veneti), considerato che di federalismo non se n’è visto. Oggi usano la stessa formula magica chiamandola “indipendenza”; sempre pronti a raccontarci tutto del magnifico passato della Repubblica Serenissima, ma ben attenti a non cambiare il loro dorato presente.

Bepi: E la questione non è solo riguardante chi ci sta già dentro le istituzioni. Alessio Morosin in campagna elettorale ha vantato a destra e a manca d’aver rinunciato al vitalizio, ma la questione è diversa. Qui ci troviamo di fronte ad un’ambizione, e ad un ego particolarmente sviluppati. Basta guardare [VEDI QUI] in rete:

Si è unito Liga Veneta-Lega Nord nei primi anni 1990 ed è stato eletto al Consiglio regionale del Veneto alla elezioni regionali 1995.
Ha avuto una certa visibilità nei circoli indipendentisti veneti per essere l’autore della risoluzione 42/1998 (titolo: “i popoli di oggi di ieri e il diritto all’autodeterminazione”), e per il progetto di legge regionale 342/2013 redatto insieme ad Azzaro Cantarutti, che senza il consenso di almeno 4/5 del Consiglio regionale è sepolto forse per l’eternità nella 1a commissione regionale affari istituzionali. Va precisato anche che la risoluzione ha solo un valore propagandistico. Infatti le Risoluzioni non sono altro che orientamenti o indirizzi del Consiglio su specifici argomenti. Non sono delibere, sono propaganda!
Nell’ottobre 1998 Morosin aveva lasciato la Liga Veneta-Lega Nord per unirsi Liga Veneta Repubblica (LVR), insieme a Fabrizio Comencini. A quella defezione parteciparono anche consiglieri regionali: Mariangelo Foggiato, Alberto Poirè, Ettore Beggiato, Michele Munaretto, Franco Roccon, anch’essi dimessisi dalla LN. Sembrava che l’idea federalista potesse decollare. Non fu così!
Nel 2000 Morosin ha mancato la rielezione in Regione Veneto.
Nel 2004, quando il segretario LVR Ettore Beggiato e la maggioranza dei membri del partito sono passati a Progetto NordEst (PNE), Morosin rimane fedele a Comencini e viene eletto presidente del partito, incarico che ricoprirà fino al 2007. Attenzione: Ettore Beggiato aveva già fatto lo stesso salto della quaglia negli anni ‘90, quando dall’Union del Popolo veneto era ri-transitato in LN.
Deluso da questa scelta, ha guardato con grande interesse la nascita del Partito Nazionale Veneto (PNV) nel 2008 e, infine, si è unito Veneto Stato (VS) nel corso del congresso di fondazione nel settembre 2010.
A ottobre 2011, nel corso di un congresso, ha corso per la presidenza del partito Veneto Stato, ma ha perso in favore di Lucio Chiavegato.
Dopo l’ennesima diatriba (maggio 2012) Morosin fonda Indipendenza Veneta (IV) dove successivamente è eletto presidente onorario.
Dopo essere diventato il leader indiscusso del IV all’inizio del 2014, ed aver provocato con il suo comportamento la fondazione del movimento Veneti Indipendenti (VI) di Azzaro Cantarutti ed altri, ha reclutato Lucio Chiavegato per concorrere alla Presidenza della Regione Veneto nel 2015, mancando ancora la rielezione. Lui e il partito hanno ottenuto il 2,5% dei voti, quindi senza alcun posto in Consiglio regionale.

morosinL’uomo è ambizioso ma non sciocco. Per togliersi dalle controversie di partito s’è fatto nominare Presidente Onorario, e da questa posizione manovra i suoi con grande destrezza e riservatezza.

Toni: Su Morosin, indiscrezioni vogliono che non sia ben visto in Regione Veneto. Anche quando si presentò in Scozia, in occasione del referendum per l’indipendenza del 18 settembre 2014, esibendo il suo libro “Auto-Determinazione” fresco di stampa, non ottenne altro che la foto di rito con Alex Salmond allora Premier. Foto che gli procurò Giovanni Dalla Valle, iscritto allo SNP. Anche quando si presentò a Barcellona in occasione del referendum del 9 novembre 2014 per l’autodeterminazione della Catalogna gli indipendentisti lo scasavano quando lui cercava di farsi fotografare, attrezzato di cappellino giallo, con i gruppi “Indy”. Allestì persino un collegamento video in diretta con il Veneto, ma non è noto con quali risultati. Eppoi basta osservarlo durante i dibattiti televisivi, il buon eloquio cozza con il lingiaggio corporeo che sembra dire: «Perché fare l’angelo quando posso fare Dio?»

Ed ancora: si presenta ad una delle tumultuose assemblee dei soci della Banca Popola di Vicenza ed esordisce: «Io sono il fondatore di Indipendenza Veneta…» e raccoglie mugugni. C’è Youtube a testimoniarlo.

Nei primi giorni di agosto, sull’onda dell’entusiasmo per i giochi olimpici, qualcuno propone fu Facebook la nazionale di calcio Veneta. Morosin prontamente risponde: «Già nel 1999 ho formalmente presentato una iniziativa di legge in Veneto per istituire la nazionale di calcio Veneta. […] Caro … se fossi io alla guida del Veneto ci sarebbe già anche la nazionale di calcio Veneta. Invese ghe ze …Zaia!!! Se i veneti tarda a capire che… Lamentarse ze boni tuti …» Prontamente qualcuno gli risponde che con le regole dettate da Roma, anche lui poco potrebbe, pena il commissariamento [… e] che prima dell’indipendenza bisogna prospettare nuove regole, e che lui come avvocato ed ex legislatore regionale avrebbe già potuto prospettarle.

Bepi: Ai giorni nostri mi sono state riportate voci anche da fuori regione, di suoi tentativi di delegittimazione di “Integruppi”. Ad esempio sostenendo con terze persone che non ci sarebbero state conferenze il 24 settembre. L’avvocato però può parlare per se stesso, o al massimo per IV, e i militanti che vogliano assecondare la sua ambizione. “Integruppi” lavora solo per l’indipendenza del Veneto, e non per poltrone. Tanto per essere precisi, uno dei più solerti collaboratori alla redazione della documentazione internazionale è l’avv. Vittorio Selmo di Verona, che da decenni non fa il candidato alle elezioni italiane.

Insomma, par di capire che IV con il trio: Morosin-Chiavegato-Benini, stia facendo il solito gioco per il quale l’indipendentismo veneto ha mostrato la sua inclinazione alle “Baruffe Ciosote”. Ma a molti non piace una deriva puramente politica. “Intergruppi” cercherà di limitare la prevalenza dei partiti politici, per esaltare la democrazia diretta a tutela delle collettività, è questa funzione di base probabilmente non piace a Morosin & Co.

Toni: Naturalmente all’iniziativa di “Integruppi” serve come componente essenziale il sostegno popolare sul modello scozzese e catalano. La nostra speranza è che l’idea che scaturirà prenda piede nella mente e nel cuore di centinaia di migliaia di Veneti o abitanti di queste contrade. All’ONU vogliono i numeri, e noi pensiamo di poterli ottenere. Sempre che qualcuno non metta zizzania tra indipendentisti. Noi siamo stanchi delle persone che hanno un lungo pedigree di cambio di casacca politica per inseguire il proprio tornaconto personale o le proprie smisurate ambizioni. L’indipendenza come il federalismo sono questioni troppo serie per lasciarle cavalcare dai soliti disinvolti.

Bepi: È necessario prendere atto che i partiti indipendentisti veneti non sono mai stati un luogo di elaborazione di ciò che avverrà dopo l’autodeterminazione; ma piuttosto organismi da conquistare da parte di persone ciniche e spigliate al fine di “arrampicare”, lautamente remunerati, le istituzioni italiane. E, come diceva, Konrad Lorenz: «Tutte le ambizioni sono giustificate, ad eccezione di quelle che si arrampicano sulle miserie e sulla credulità umana».
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio set 15, 2016 8:28 pm

VENETO, NIENTE REFERENDUM PER L’AUTONOMIA! FORSE NEL 2017

di REDAZIONE
15/09/2016

http://www.miglioverde.eu/veneto-niente ... e-nel-2017

Ma guarda un po’ che succede in Veneto. Slitta il referendum sull’autonomia del Veneto.
Lo annuncia l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin (nella foto a sinistra). «Avevamo chiesto al Governo di svolgere il referendum sulla riforma costituzionale e il nostro lo stesso giorno», ricorda Bottacin, citato dal Mattino, «ma non ci è mai arrivata risposta – afferma, nonostante più volte il governo abbia fatto sapere che l’accorpamento non era possibile – e a questo punto abbiamo capito che si tratta di un diniego. Ma allora non vale la pena svolgere la nostra consultazione la domenica precedente o quella successiva a quella di Renzi – conclude – lo faremo un po’ più avanti». Quando si farà dunque? «Sarà celebrato l’anno prossimo, in gennaio o febbraio», promette Bottacin.
Promette, capito? Una promessa che si aggiunge alle decine di altre fatte nell’ultimo ventennio, comprese quelle recenti. Eppure, Zaia lo aveva lasciato trapelare che non era un cuor di leone e, confidando negli elettori disse: “Sono certo che i veneti andranno a votare. E che saranno numerosi. Perché credono nell’autonomia, e ne hanno piene le tasche dell’inutile centralismo. Sono anche sicuro che otterremo un grande risultato, e che questo rappresenterà un segnale per il resto dell’Italia, oltre che un’importantissima svolta culturale per tutti i veneti“.
In una intervista rilasciata al direttore di Panorama, alla domanda “fino a quanto è disposto a metterci la faccia?”, risponde. “Mi aspetto una grande reazione e se non sarà così, mi riprometto di chiudere per sempre il capitolo dell’autonomia. Non ci metto la faccia perché – a differenza di Renzi – non ho una battaglia interna al partito da vincere. Ma soprattutto perché questo non è il mio referendum, questo è il referendum dei veneti“. Ovviamente, salterà anche quello sull’indipendenza, da realizzarsi insieme a quello sull’autonomia, come proposto da qualche consigliere regionale. A ciascuno le sue valutazioni.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » sab ott 29, 2016 6:53 pm

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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » ven nov 04, 2016 8:16 am

???

Il fantasma del federalismo: ascesa e declino di un concetto politico – L. M. Bassani
Mercoledì 27 Gennaio 2016

http://www.logos-rivista.it/index.php?o ... Itemid=536

Oltre un quarto di secolo or sono, questo paese era stato investito dal crollo del comunismo come pochi altri al mondo. Insieme alla Germania, proprio l’Italia era il luogo maggiormente segnato dalla guerra fredda. Se la Germania aveva visto il comunismo sovietista come forza di occupazione dedita a erigere muri e confini da Berlino alla Prussia, l’intera società italiana e il suo sistema politico riverberavano con pochissime particolarità la guerra fredda. In breve, quella che è stata pomposamente chiamata la “prima repubblica” e il cui tracollo viene narrato, come è nell’italico costume, attraverso figure, eroi popolari, magistrati senza macchia e senza paura, non poteva sopravvivere alla guerra fredda. Eppure, proprio nella temperie del 1989 cresceva un soggetto politico che in modo prima istintivo, poi sempre più chiaro – grazie ai contributi intellettuali, di una chiarezza cristallina, di Gianfranco Miglio – indicava nel mutamento profondo della forma di Stato l’unica possibile soluzione al disastro politico ed economico del paese. Ad avviso di Miglio, il crollo del comunismo era il segnale che lo Stato moderno (che proprio nei paesi comunisti aveva avuto il proprio “compimento”) e il suo obsoleto armamentario politico-concettuale erano ormai entrati in una crisi risolutiva. Certo, di questo si parla dall’inizio del secolo e sembra di trovarsi di fronte a un tramonto senza fine della modernità politica. Tuttavia, proprio l’Italia, il cui sistema politico era fondato su una parossistica adesione all’obsoleto schema destra/sinistra, sembrava, almeno un quarto di secolo or sono, in grado di ricostruire intorno a ben diverse fratture la propria statualità.

Ecco allora che il federalismo, il diritto di autodeterminazione, ossia “a stare con chi si vuole e con chi ci vuole”, più in generale la disarticolazione dal basso di tutti quei macro-aggregati fondati sulla plurisecolare evoluzione di un unico modello di statualità erano considerati la vera novità politica. Al fondo di questa tendenza, si poteva leggere un chiaro segnale del prevalere del contratto sulla costrizione statualista. Per Miglio, la fine del secolo ventesimo era infatti quella del trionfo del contratto, sancito in modo irreversibile proprio dal fallimento dei regimi comunisti, nei quali lo Stato moderno aveva vissuto il proprio apogeo e anche concluso il suo percorso. Sembrava, in effetti, che il contratto e non la costrizione, le decisioni libere e negoziate piuttosto che gli atti di imperio avrebbero segnato il cammino istituzionale degli anni a venire. Il federalismo – che dal punto di vista dei rapporti fra le due grandi aree del paese era visto anche come un modo per frenare la pioggia di risorse improduttive verso il Mezzogiorno – appariva anche come un’idea per reinventare le modalità della convivenza civile, sostituendo progressivamente gli accordi sottoscritti alle norme imposte e restituendo al sistema delle imprese private concorrenti molti ambiti e settori che l’apparato statale aveva monopolizzato.Insomma, il dibattito sul federalismo si nutriva di un dato che appare ancor oggi incontrovertibile: il declino inesorabile dello Stato nazionale accentrato. Ormai inadeguato ad assolvere il proprio compito primario (il controllo dei conflitti armati), lo Stato moderno appariva fuori gioco di fronte alle esigenze del nostro tempo: “Per capire il cambiamento di fine secolo – diceva Miglio – è necessario comprendere la vocazione al contratto, al pluralismo e al federalismo che nasce dall’impossibilità di gestire altrimenti i bisogni dei governati. Questi infatti sono talmente vari che possono essere soddisfatti solo nel libero mercato”. Lo sgretolamento dal basso degli attuali Stati nazionali e la creazione di piccole, pacifiche e libere comunità eventualmente confederate sembrava la vera ed unica premessa istituzionale possibile di una vera rivoluzione.

Le “promesse del federalismo”, che allettavano i cittadini delle regioni maggiormente produttive del paese, erano in primo luogo quelle di una società finalmente indipendente dal governo e dalla politica. Il federalismo, in ogni sua articolazione politica contemporanea, non è mai stato concepito come un semplice modo razionale di riorganizzare il potere “sovrano”, ma piuttosto come lo strumento principe per l’emancipazione della società dallo Stato. Per due decenni sono state le alterne fortune elettorali della Lega a segnare il cammino di questo dibattito, salvo poi diventare il federalismo una parola d'ordine obbligata, un mantra di quasi tutte le forze politiche, anche di quelle più centraliste, all'insegna di un trasformismo gattopardesco caratteristico di certa storia politica italiana.

Cosa rimane di quel lungo dibattito? Francamente ancora poco. Anzi, ciò che con grande furbizia politica viene chiamato oggi “il federalismo” – che ovviamente altro non è nel nostro sistema costituzionale che un blandissimo decentramento amministrativo – viene indicato quale fonte dei problemi (segnatamente dell’impazzimento della spesa pubblica). Il lungo, per lo più “poco avvertito” e senza dubbio inconcludente, dibattito italiano su questo argomento, sembra relegare anche le relazioni teoriche fra federalismo e libertà dei singoli e delle loro comunità in una sorta di cono d’ombra. Inviluppatosi prima nelle spire dell’antica, ma immarcescibile, “questione meridionale” e successivamente, ossia oggi, in una diatriba surreale sulla spesa pubblica, il tema del “federalismo” non ha certo riscosso l’attenzione scientifica che avrebbe meritato. Ormai tutta la lotta è sul terreno della politica “politicante” e le idee, i grandi disegni di riforma sono stati accantonati. Non perché poco comprensibili, o semplicemente perché non scaldano i cuori degli consumatori di elezioni: ma solo in virtù del fatto che il sistema appare davvero immobilizzato e immodificabile.Oggi lo Stato riveste il ruolo di principale attore e si trova ad essere il socio di maggioranza di ogni impresa, famiglia e individuo. E questo disegno istituzionale è sostenuto da una vera ideologia secondo la quale le decisioni collettive prese dai funzionari pubblici sono sempre migliori di quelle dei singoli individui. Il vero punto di arrivo di questo sistema è una tassazione che ha ormai raggiunto livelli da capogiro e che, con ogni probabilità, è la più alta del mondo e quindi dell’intera storia umana. Il tutto ci viene presentato come ineluttabile e incontenibile, ma non ci vuole molto a comprendere che il sistema verrà giù come un castello di carte al primo soffio di vento forte.

La tensione fondamentale alla base di ogni comunità politica o semplice convivenza umana è quella fra le ragioni dell’unità e della separatezza. E il federalismo è un sistema che si occupa sia della diffusione del potere politico per ottenere maggiore libertà e tutelare le diversità, sia della sua concentrazione in nome dell’unità. In ogni tentativo di indagine teorica sul federalismo, vuoi come fatto istituzionale, vuoi come dottrina politica, balzano all’attenzione alcuni elementi che rendono il collegamento alla storia delle aree italiche talmente evidente da apparire inaggirabile. Il momento fondativo di una convivenza politica è cruciale, ed è chiaro che questo paese si è nutrito fin dalla sua nascita del culto dello Stato. Ma ormai siamo sul crinale della disfatta politica e teorica del modello di statualità che l’Ottocento ci ha consegnato.

Il problema non è solo che il centralismo non funziona – l’Italia sembra fornire lezioni puntualmente trascurate da un secolo e mezzo – ma che si tratta di una forma di tirannia. Oltre un certo limite – la gestione degli affari comuni – unificare quello che la natura, la storia e le tradizioni hanno reso diverso, appare una sorta di “rivolta contro la natura”. In conclusione, ciò che in Italia si gabella per “federalismo” – e che viene da ogni pulpito propagandato come la causa dello sfacelo attuale – non è mai nato. Dal punto di vista politico-culturale non è mai stata diffusa la consapevolezza che il federalismo potesse veramente servire a qualcosa: ossia a frenare il declino, a migliorare le condizioni di vita civile dei cittadini e a favorire un clima politico più rispettoso dei diritti individuali. L’Italia vive una sorta di naufragio nell’unità fin dalle sue origini. Allorché l’idea di Costituzione fu spazzata via da quella di Nazione si preparò il successo di un Risorgimento nazionalista fondato sulla totale sfiducia verso le diverse comunità storiche.

La lunga marcia dello stato accentrato inizia con un’unificazione “nazionale” inattuabile, prosegue con una vera e propria “marcia” su Roma e si conclude ai nostri giorni con il fallimento del Paese sotto il giogo del debito e della spesa pubblica. Ma il federalismo è il sistema politico e istituzionale di una comunità che ha fatto la pace con la libera economia. Non è altro che il prevalere delle decisioni negoziate e pattizie, ossia di ciò che più apprezziamo della nostra vita di adulti consapevoli. Mentalità anticapitalista e vocazione statalista italica conducono verso un accantonamento sine die della questione federale.In ogni caso, quando si dovrà inevitabilmente metter mano ai veri problemi, la questione del federalismo tornerà prepotentemente al centro del dibattito. Perché è consustanziale all’intera storia delle aree italiche degli ultimi due secoli e a una unificazione che, con ogni evidenza, non è proprio riuscita.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » gio dic 08, 2016 8:38 am

???

ZAIA: ORA REFERENDUM PER L’AUTONOMIA. E LO DICE ANCHE MARONI
http://www.miglioverde.eu/zaia-in-prima ... lautonomia


Il referendum sull’autonomia del Veneto “lo faremo in primavera”, ma – ha aggiunto Luca Zia, presidente del Veneto, conversando con i giornalisti a Vicenza, “potremmo essere oggi qui a commentare i dati del referendum del Veneto se Renzi avesse accettato di fare l’election day”.
«Il vincitore morale di domenica scorsa è il popolo veneto, prima regione d’Italia per affluenza alle urne: una partecipazione storica. L’antipasto di quello che sarà il referendum per l’autonomia».
Il governatore regionale aggiunge che “sarebbe stato un bell’esercizio di democrazia. Lo faremo in primavera visto e considerato che dobbiamo attendere lo stanziamento dei 14 milioni di euro, che sarà il costo che ci dobbiamo sobbarcare per la scelta di Renzi di non fare l’election day e dopodiché celebreremo questo referendum”.
Lo ha detto anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, interpellato a margine della presentazione di una guida a Milano: “Archiviato questo, facciamo il referendum sull’autonomia: se ci saranno elezioni politiche anticipate, chiederò nuovamente l’abbinamento e spero che il nuovo governo ce lo conceda”. “Se non ci saranno elezioni politiche anticipate in primavera, – ha proseguito Maroni – faremo comunque il referendum per la Lombardia autonoma”. “Il primo passo era archiviare questo, il secondo è promuovere il nostro di referendum”, ha concluso il governatore


Referendum autonomista, Zaia accelera «Governo corretto, andiamo a votare»
Il presidente leghista attende la lettera formale per fissare la data: «Spero ancora nell’election day»
Marco Bonet
3-maggio-2016

http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 1047.shtml

VENEZIA Il governatore Luca Zaia è volato a Roma. «Incontrerà il premier e il ministro per gli Affari regionali» aveva sussurrato qualcuno, caricando il pomeriggio di aspettative, ma così non è stato: «Avevo altri appuntamenti » sorride sornione Zaia che si dice comunque «in fiduciosa attesa» della lettera preannunciata dal sottosegretario Gianclaudio Bressa: «Spero arrivi al più presto perché si tratta di un passaggio giuridico-formale importantissimo per proseguire sulla strada dell’autonomia, lungo la quale il Veneto intende correre. Noi vogliamo votare».

I contenuti della missiva, che dovrebbe essere recapitata a Palazzo Balbi entro la fine della settimana, sono stati anticipati domenica al Corriere del Veneto proprio dal sottosegretario agli Affari regionali Bressa: dopo le verifiche durate un mese e mezzo il governo ha deciso di dare il via libera al referendum per l’autonomia, che verterà però soltanto sul quesito che ha passato il vaglio di costituzionalità della Consulta («Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? »); non sarà possibile riunire in un unico election day il referendum del Veneto e quello costituzionale sulla riforma Boschi, in agenda per ottobre, «perché i due quesiti sono antitetici » (il primo punta ad ampliare le competenze della Regione a scapito dello Stato, con l’assegnazione delle relative risorse; il secondo riduce le prerogative regionali per riaccentrare a Roma le materie ritenute «strategiche» per il sistema-Paese), per cui toccherà a Zaia scegliere una data alternativa e comunicarla a Palazzo Chigi; infine, il governo formalizzerà nella lettera alla Regione la sua disponibilità ad aprire il negoziato sull’articolo 116 della Costituzione ma nonostante le insistenze di Zaia alzerà un argine invalicabile all’ipotesi di estendere alla nostra regione la specialità oggi riconosciuta alle Provincie autonome di Trento e Bolzano, «diverse sul piano storico e culturale, costituzionale, finanziario» ha sentenziato Bressa, tranchant.

«A differenza di quanto sostenuto da qualcuno nei giorni scorsi - dice Zaia - le parole di Bressa confermano che un canale è stato aperto con il governo e il confronto è in atto (la stoccata è indirizzata alla capogruppo Alessandra Moretti, che dopo un incontro a Roma col ministro Costa aveva negato l’avvio del negoziato, ndr.). Correttamente il sottosegretario distingue il percorso referendario da quello basato sull’articolo 116 della Costituzione, che sono stati incardinati su binari paralleli ma assolutamente distinti. Andiamo avanti con determinazione». Che il clima sull’asse Venezia- Roma sia buono lo aveva riconosciuto Bressa («L’incontro con Zaia è stato cordiale e positivo») ed è ribadito da Zaia («Finora ci si è mossi con disponibilità e correttezza»), che però avverte: «Il referendum non si farà per gentile concessione di Roma ma perché il Veneto ha vinto una storica battaglia contro lo Stato davanti alla Corte costituzionale, al termine della quale è stata riconosciuta la legittimità di uno dei quesiti proposti. È chiaro che dopo il via libera della Consulta, il guardiano della Carta, il governo non avrebbe mai potuto impedirci di votare, così come non mi stupisce che Bressa ora non voglia trattare sui quesiti e dica “quello è, quello rimane”, perché è sostanzialmente inattaccabile».

Zaia è perentorio: «Il referendum lo facciamo, a questo punto è sicuro», ma sulla data preferisce non sbilanciarsi. Durante il dibattito in consiglio sul bilancio di previsione 2016, quando furono stanziati 2 milioni di euro come prima tranche di finanziamento della consultazione autonomista, disse: «Il referendum verrà indetto entro l’anno e celebrato al più tardi a giugno 2017». Oggi, nonostante il niet del governo, insiste: «Aspetto di leggere quel che ci sarà scritto nella lettera ma intendo insistere sull’election day, è una questione di buonsenso. Io non demordo ». La legge 15 del 2014, istitutiva del referendum, a leggerla bene non ammetterebbe neppure alternative («Il referendum è indetto, previa intesa con le competenti autorità statali, in concomitanza con lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo o del Parlamento nazionale o delle elezioni regionali o amministrative o con lo svolgimento di consultazioni referendarie di carattere nazionale») ma l’ostacolo, spiegano gli esegeti del consiglio, non è insuperabile: se Palazzo Chigi non dovesse rivedere la sua posizione, la Regione potrebbe procedere ugualmente, scegliendo una data al di fuori delle consultazioni già in calendario.

Va da sé che l’insistenza sull’election day da parte di Zaia si spiega prevalentemente con ragioni di carattere economico, perché l’abbinamento con un’altra votazione consentirebbe di risparmiare sull’allestimento dei seggi, i compensi agli scrutatori, gli straordinari delle forze dell’ordine (il costo stimato è di 14 milioni). Difficile però pensare che, arrivato a questo punto, il governatore si fermi di fronte alla questione monetaria: su un bilancio di 12 miliardi qual è quello della Regione, per quanto risicato, i soldi si possono trovare, magari chiedendo agli assessori un temporaneo sacrificio dietro promessa dei benefici che seguiranno all’autonomia. Il necessario sostegno politico, quello non manca: Zaia infatti può contare sull’appoggio non soltanto della Lega e di Forza Italia ma pure su quello (sebbene tra mille distinguo) del Pd, del Movimento Cinque Stelle e del gruppo di Tosi.



Veneto indipendente, la Consulta boccia il referendum consultivo
di Paolo Francesconi
Giovedì 25 Giugno 2015

http://www.ilgazzettino.it/nordest/prim ... 11349.html

VENEZIA - Bocciato il referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto ("Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Sì o no?"). Possibile invece quello per ottenere maggiori forme di autonomia, secondo il percorso indicato dall’articolo 116, su un elenco chiuso e dettagliato di materie (sia ripartite con lo Stato sia esclusive) tra cui l’istruzione, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema, dei beni culturali, l’organizzazione della giustizia di pace.

La Corte Costituzionale si è pronunciata ieri sulle due leggi regionali (le leggi 15 e 16 del 19 giugno 2014) accogliendo diversi punti del ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio e dichiarando in primo luogo l’illeggitimità del primo testo, quello "secessionista" rispetto all’articolo 5 «perchè non solo riguarda scelte fondamentali di livello costituzionale, come tali precluse ai referendum regionali, ma suggerisce sovvertimenti istituzionali radicalmente incompatibili con i fondamentali principi di unità e indivisibilità della Repubblica».

In secondo luogo la sentenza "salva" il quesito della legge 15 sulle «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» mentre non fa passare i quesiti referendari sull’autonomia fiscale e sull'ipotesi del passaggio della Regione tra quelle a statuto speciale.

Uno dei principali effetti politici della sentenza della Consulta è di rafforzare lo spazio politico a favore della Giunta Zaia e del Consiglio regionale per intavolare un negoziato con il governo nazionale su un lungo elenco di materie specifiche. È quest’ultima la vera novità della sentenza 188 di ieri: nelle due precedenti pronunce infatti la Consulta aveva sempre respinto la richiesta del Veneto di indire consultazioni popolari per reclamare ambiti di maggiore autonomia. Adesso invece la Consulta non solo concede che per ottenere forme di autonomia ulteriori rispetto alle attuali, le consultazioni popolari si possano indire, ma anzi suggerisce che possono dare «un particolare e importante atto di impulso politico a tale rivendicazione.

Il riconfermato governatore, Luca Zaia, inaugura così una nuova stagione, quella del negoziato. Tuttavia, procede con i piedi di piombo: «Stiamo approfondendo i contenuti - dice una nota - Al di là dell’ammissibilità dell’uno o dell’altro quesito, resta ferma la nostra volontà di difendere il diritto dei cittadini di esprimersi su entrambi i referendum consultivi, che sono e restano un ottimo esercizio di democrazia». Invece Alessio Morosin, leader di Indipendenza veneta (il cui intervento nel giudizio è stato dichiarato inammissibile con poche sbrigative righe), non si dichiara vinto: «C’è un passaggio inquietante nelle argomentazioni della Corte, quello in cui dice che "l’unità della Repubblica è uno degli elementi così essenziali dell’ordinamento da essere sottratti persino al potere di revisione costituzionale" e rimarca che "pluralismo e autonomia devono svilupparsi nella cornice dell’unica Repubblica". Affermazioni - sostiene Morosin - che esprimono paura del cambiamento. I giudici si ergono a sacerdoti della verità, si antepongono addirittura alla volontà popolare visto che dicono che nemmeno il Parlamento può modificare questo assetto da loro ritenuto eterno». Per voi indipendentisti è la fine del sogno? «No, la battaglia politica inizia adesso. Riproporremo la stessa legge bocciata ma riportandola alla sua versione iniziale, quella secondo cui il costo del referendum deve essere a carico del bilancio pubblico e non da coprire attraverso donazioni private». Altrettanto secca la replica di Gianclaudio Bressa, sottosegretario di Stato per gli Affari regionali: «Respinto il ridicolo referendum del Veneto. La Corte, con sentenza ineccepibile, impedisce la secessione di Zaia dal leader nazionale Salvini. Non so se questo sia apprezzato da loro due, sicuramente lo apprezza il Paese, che non si fa infiocchettare da simili corbellerie».
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » sab dic 10, 2016 5:41 pm

Secedere si può, mancano gli indipendentisti!
10 Dec 2016
http://www.lindipendenzanuova.com/seced ... dentisti-2

Alessandro Vitale, antico allievo del professor Gianfranco Miglio, osserva «Quando una comunità storica ha il diritto di andarsene?» (Vedi Quaderni Padani n. 4 [marzo-aprile] 1996) «Il diritto di “andarsene” è una forma di resistenza che deve essere adottata da una singola parte del territorio di uno Stato, quando questa parte, accortasi della tirannide dei detentori del potere politico, non trova negli altri membri dello Stato la disponibilità a prendere misure comuni.»

Già da questo semplice passo è messa in luce la scarsa o nulla credibilità di una classe politica che pretende d’essere eletta (nel nostro caso alla Regione Veneto), per indire un referendum per l’indipendenza. Infatti, la Corte costituzionale di quello Stato di cui la Regione è emanazione, ha già sentenziato in merito. Non è quindi attraverso le istituzioni statali italiane che si otterrà il diritto di “andarsene”. Del resto la Lega Nord, con la sua storia, è la dimostrazione del fatto che “dal di dentro” dello Stato italiano non ha mai ottenuto nulla di quello che predicava. Oggi, poi, per sola brama di “careghe” la Lega Nord s’è trasformata addirittura in un partito nazionalista del “Belpaese”.

Ed anche a dar buona l’ipotesi di un referendum non è detto che vincerebbero gli indipendentisti, infatti che informazione presso l’opinione pubblica hanno fatto sinora? Attraverso quale innovativo progetto istituzionale porterebbero il popolo veneto in un nuovo “paradiso”? Eppoi quale sarebbe il programma di governo? Questi nuovi delegati che esperienza possono vantare? Qual è la loro formazione? Come possiamo valutare le loro migliori competenze? Come riusciranno a farsi riconoscere come buoni amministratori e non come “i soliti politicanti”?

Daniel J. Elazar (Idee e forme del federalismo – Milano – Mondadori, 1998) osserva che, nei sistemi politici federali, «La non centralizzazione assicura che, a prescindere dal modo in cui certi poteri possano essere condivisi dai governi generale e costitutivi, il diritto di “andarsene” nel momento in cui il consenso svanisce, emerge il diritto di secessione».

Anche qui, che consenso hanno avuto i tre ultimi governi italiani mai legittimati dal cosiddetto popolo ‘sovrano’? Di più: che legittimità hanno mai avuto tutti i governi repubblicani se la stessa Costituzione del 1948 non è mai stata votata dallo stesso popolo ‘sovrano’? [qui un nutrito elenco, non esaustivo, di Costituzioni volute e votate dal popolo http://www.miglioverde.eu/costituzioni- ... -il-mondo/ ] Che strumenti hanno i cittadini di questa penisola per influire su un esecutivo che non gode più del consenso generale? La centralizzazione dell’attuale Stato italiano non è forse il contrario di quelle presunte riforme federaliste che il Parlamento ha preteso e/o pretende di emanare? E quando gli indipendentisti veneti parlano di federalismo, di quale si tratta? Come valutarlo se non c’è nemmeno una bozza per un nuovo patto federale da consultare?

Con citazioni e considerazioni di questo genere potremmo continuare, e fatta salva la legittimità ad “andarsene”, perché il governo non risponde più alle esigenze dei cittadini, o di una parte si essi, che credibilità politica hanno quei sedicenti indipendentisti che hanno concorso alle elezioni del 2015 per andare a governare in un Ente subordinato a quello Stato che a parole vogliono abbandonare? Come concedere credibilità a quei politicanti che continuano a propagandare similitudini con la situazione di Scozia e Catalogna che secondo alcuni studiosi non esiste. Si veda qui [http://www.lalligatore.com/la-stagione-dellindipendenza-tra-scozia-e-catalogna/ ] la loro opinione.

Dopo un lungo excursus su i due esempi, per osservare i meccanismi giuridici e politici alla base delle esperienze indipendentiste, tale studio conclude che i due percorsi costituzionali sono antitetici, anche se da essi è possibile ricavare diversi insegnamenti. Volendo infatti spostare lo sguardo sull’ordinamento italiano, sarebbe ipocrita ritenere che questo sia immune da tali questioni. La secessione, poi, è giusta non in base a una rivendicazione priva di ragioni, ma in seguito alla decisione razionale – nel nostro caso dei veneti – di prendere su di sé il fardello di autogovernarsi.

Le considerazioni qui svolte hanno un grande peso nella determinazione dei rapporti che devono intercorrere tra il cittadino e le istituzioni politiche. Affermare che quello ha dei diritti, significa anche riconoscere che queste hanno dei limiti. D’altra parte, non ha alcun senso né pare ragionevole scagliarsi contro gli antichi sovrani “per diritto divino” e poi riconoscere ai moderni parlamenti poteri ancora superiori, solo perché legittimati dal voto.

Orbene cosa hanno fatto i sedicenti indipendentisti alla Regione Veneto? Ci hanno forse messo a disposizione degli istituti di partecipazione popolare degni di questo nome? No! Al contrario, non hanno ancora risposto a due Petizioni [https://piudemocraziavenezia.wordpress.com/2015/11/20/consegnate-le-petizioni-alla-regione-veneto-per-la-democrazia-diretta/ ] recentemente depositate da numerosi Comitati ed associazioni civili attivatesi a questo scopo. Eppure «I popoli liberi e meglio ordinati – scriveva Miglio concludendo il proprio saggio sulla Disobbedienza civile – sono quelli che si permettono ogni tanto di ribellarsi: che non temono di impugnare le decisioni del loro governo, ma che tornano poi ogni volta a rifondare, con più solida persuasione, l’ordinamento in cui vivono.»

Dobbiamo allora chiedere scusa per tutti quelli che da secoli han quozienti d’intelligenza inferiori alle loro intelligenze, e non riescono nemmeno a pentirsi delle loro ignoranze? Chiediamo scusa anche a coloro che non riescono a dimostrare che il processo di identificazione tra cittadino e l’attuale classe dirigente non esiste? Per esempio, come si conciliano i circa 104mila voti dati alle formazioni sedicenti indipendentiste venete alle regionali del 2015, che sono un’inezia, se raffrontato al 55% del corpo elettorale che secondo i sondaggi [vedi qui: http://www.demos.it/a00970.php ] si dichiara favorevole all’indipendenza del Veneto? Non è forse il giudizio elettorale a dimostrare la loro inadeguatezza?

Arriviamo così alla questione chiave: la “disobbedienza civile”, che indica un comportamento volto a disattendere un obbligo che invece si sarebbe tenuti a rispettare. «Questo comportamento – scriveva Gianfranco Miglio – non contesta la procedura con cui l’obbligo è stato stabilito, ma rifiuta il contenuto dell’obbligo stesso, e vuole mostrare a chi comanda la concreta possibilità di perdere il potere: vuole far capire che l’obbedienza passiva non è virtù di uomini liberi. Disobbedire a un ordine ingiusto, anzi, non è soltanto un atto legittimo, ma addirittura un dovere morale. D’altra parte, la disobbedienza implica una condotta pacifica e non violenta: rappresenta una sfida e una rivendicazione, dunque, piuttosto che una dichiarazione di guerra. Tale aspetto è ribadito e rafforzato dall’aggettivo “civile”: il quale “colloca il comportamento nella sfera delle prerogative del cittadino”. In altre parole, si vuole chiarire che qui la disobbedienza è soltanto espressione del diritto, posseduto da ogni individuo, di partecipare alla statuizione degli obblighi giuridici che lo riguardano».

Ora come possiamo affidarci a persone che hanno – al momento dell’insediamento in Regione Veneto – giurato fedeltà a quella Costituzione italiana mai votata dal popolo ‘sovrano’?

Intervistato su questo tema da Carlo Stagnaro (“Miglio: lo Stato moderno è superato”, 4 luglio 2000) Gianfranco Miglio affermò che lo Stato moderno non è solo inefficiente e immorale, ma anche superato: «Lo Stato moderno è in pieno declino. Il nostro compito è saper riprendere la tradizione autentica dell’Europa delle città, dell’Europa del periodo anseatico… si trattava di città indipendenti che facevano capo al Sacro Romano Impero soltanto per dirimere conflitti tra di loro. L’Europa dell’avvenire non è l’Europa dello Stato moderno, che ha prodotto le guerre spaventose del nostro secolo. Tutto questo è da dimenticare».

Secondo l’intera dottrina politica occidentale, il diritto di resistenza sorge quando un governo assume atteggiamenti tirannici verso i propri cittadini. Esso può addirittura divenire diritto alla resistenza armata – all’insurrezione – se non vi è altra via per eliminare l’oppressione cui il popolo è sottoposto. «In tutti gli ordinamenti “liberi” – scriveva Miglio – viene generalmente riconosciuto il diritto dei cittadini a “resistere” a una costrizione illegittima. Ma questo “diritto di resistenza” – che si trasforma presto in “diritto di insorgere” – è giustificato soltanto nei confronti di una autorità tirannica, verso detentori del potere che non riconoscano ai cittadini (trasformati in sudditi) le garanzie e le prerogative rispettate invece negli altri paesi civili: e che tale comportamento iniquo assumano originariamente oppure violando i patti conclusi e sospendendo l’ordinamento vigente.»

Il comportamento iniquo è dimostrato dall’inferno fiscale in cui siamo precipitati, dagli assurdi privilegi della “Casta” cui fa fronte un debito pubblico in costante ascesa, dall’inefficienza di quasi tutti i servizi per cui uno Stato pretende d’esistere. Piuttosto, le domande che bisogna porsi sono più stringenti e più profonde: «Quando i cittadini sono moralmente giustificati a violare o a resistere con tutti e ciascuno i mezzi necessari, alle leggi del proprio paese? Quando l’intero governo – e non semplicemente questa o quella legge in particolare – diviene tirannico e illegittimo?» Così formula il problema Jeff Snyder in “Nation of Cowards. Essays on the Ethics of Gun Control, Lonedell”, MO: Accurate Press, 2001 –,

Non sono dunque le argomentazioni, le giustificazioni, e la necessità che mancano a chi vuole l’indipendenza di un popolo e di un territorio. Piuttosto a mancare sono gli autentici indipendentisti; coloro che riusciranno a prefigurare un nuovo “patto sociale”, magari attingendo all’opera del professore lombardo raccolta nella collana di scienza della politica “Arcana imperii”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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