In Veneto c'è chi ci spera ancora: «indipendenza, no al sovranismo»
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In Veneto c'è chi ci spera ancora: «indipendenza, no al sovranismo»
Alessio Mannino
Un gruppo di intellettuali (da Favaro a Lovat, da Bassani a Lottieri) rialza la bandiera dismessa dalla Lega. Guardando alla Catalogna. «L’Italia? Una malattia illiberale»
18 dicembre 2018
https://www.vvox.it/2018/12/18/in-venet ... sovranismo
Ci riprovano, gli indipendentisti duri e puri. Quelli del Veneto libero da Roma ma anche da Milano, che abborrono la Lega sovranista di Salvini ma non credono neanche a quella autonomista del governatore Luca Zaia. Quelli che si rifanno alla Catalogna ribelle al centralismo spagnolo. Quelli, insomma, convintamente anti-italiani (e critici dell’Unione Europea). Si sono ritrovati a Limena lo scorso 1 dicembre, senza sigle, dando vita a quella che sembra per ora più un’iniziativa culturale, un pensatoio, che non un movimento o partito. Fra loro, il costituzionalista Andrea Favaro (co-autore con il consigliere regionale Antonio Guadagnini del libro “Io sovrano”), lo scrittore Davide Lovat, lo storico Marco Bassani (considerato l’erede di Gianfranco Miglio), Carlo Lottieri (filosofo della politica, nel team dell’Istituto Bruno Leoni, cittadella del liberismo italiano). Presente era anche Marc Gafarot, dell’Assemblea Nazionale Catalana. «Come nel caso dell’ANC catalana, si tratta dell’incontro di individui, e non di sigle. Ognuno aderisce a titolo personale», precisa Lottieri (in foto al centro). L’obiettivo é «l’indipendenza del Veneto, che è un diritto e anche un dovere nei riguardi delle generazioni a venire. Per statuto, l’Assemblea non può presentarsi alle elezioni, né possono candidarsi quanti hanno cariche al suo interno».
Non rischia di essere l’ennesimo tentativo di dare corpo a un fronte indipendentista veneto destinato a naufragare addosso allo scoglio della strapotenza leghista in Veneto?
È nata una realtà che può forse anche favorire l’aggregazione delle forze indipendentiste, ma che mira soprattutto a rendere consapevoli i veneti del fatto che solo sganciandosi da Roma possono dare un futuro a loro stessi e alle altre comunità di cui si compone oggi l’Italia.
Se non dovesse arrivare l’autonomia su cui Zaia ha imbastito il referendum dell’anno scorso, potrebbe tornare in auge la battaglia per l’indipendenza, o i veneti ormai si sono rassegnati?
Una vera autonomia, da Roma, non verrà mai. I veneti desiderano l’indipendenza, ma la considerano un obiettivo irraggiungibile. Non è così. Molti nostri concittadini, per giunta, sembrano pensare che vi siano altre priorità politiche, dall’immigrazione all’Europa. La malattia che sta facendo tanto soffrire gli italiani, e non solo i veneti, si chiama invece Italia.
Perché l’Italia è una malattia? Per il differenziale di tasse che lasciano il Veneto per lo Stato centrale, insomma per gli schei, o si sono aggiunte altre ragioni?
L’Italia è ingestibile: è una società a irresponsabilità illimitata. Sul piano economico, inoltre, l’Italia penalizza il Veneto (a cui sottrae ogni anno circa 20 miliardi) e le altre aree più produttive, spostando altrove molta ricchezza che qui viene prodotta. Ma questa unità politica distrugge anche il Sud, che non può crescere a causa di contratti di lavoro nazionali che costringono molti lavoratori alla disoccupazione e a causa di salari pubblici elevati (per quelle aree) che spingono troppi a cercare il mitico “posto pubblico”. Il risultato? Poco privato, poco mercato, poca imprenditoria. Per giunta, è difficile che culture diverse possono trovarsi a loro agio entro un sistema legale uniforme. Bisogna insomma liberare le energie di tutta Italia dando libertà e responsabilità a ogni comunità.
Il sovranismo sembra ormai l’idea egemone della nuova destra salviniana, in Italia. Lei, che è di scuola liberista, cosa pensa di questa evoluzione (o involuzione, a seconda dei punti di vista) della destra italiana?
In parte, il sovranismo nasce dalla legittima opposizione dinanzi a un progetto di costruzione tecnocratica ed elitaria dell’Unione. Ma poi, al tempo stesso, esso propone un nazionalismo che ha alle spalle milioni di morti (si pensi alla Prima Guerra Mondiale) e mette a rischio ogni libertà dei singoli e delle comunità.
In che modo il sovranismo mette in pericolo la libertà? Quale libertà viene minacciata?
L’esaltazione retorica della Patria italiana e il mito del tricolore sono solo la premessa a una crescita esponenziale del potere di Stato, e infatti tutte le forze sovraniste sono anche protezioniste in economia. Il Veneto però è da sempre aperto al mondo e lo splendore di Venezia è stato costruito dai commerci. Una realtà con le nostre potenzialità non può accettare il nazionalismo dei sovranisti, che per giunta sembrano riattualizzare quegli odi tra europei che già ci hanno trascinato in guerre sanguinose.
Il tema centrale della politica italiana oggi è la gestione delle finanze rispetto ai vincoli Ue. È solo una questione di numeri neutri ed oggettivi, oppure, come sostengono i critici, si scontrano in realtà due opposte ma ugualmente legittime visioni politiche: una ancorata a Maastricht e ai trattati e l’altra ad una riscoperta della spesa pubblica in deficit?
Il sovranismo e il populismo delle due forze di governo cercano di conquistare i voti (soprattutto nel Sud) promettendo aiuti e prebende. È la vecchia politica della spesa facile, che ha causato già molti danni ai veneti. L’Unione europea di Juncker è indifendibile, ma lo è egualmente la volontà di trasformare l’Italia tutta in un vasto Mezzogiorno assistito dai tedeschi.
Quando dice “politica della spesa facile” è dunque d’accordo con la Commissione Ue che cerca di ridurre quanto più possibile il deficit della manovra di governo? Giudica positivamente, insomma, l’ispirazione liberista della Ue? Cosa c’è, nel dettaglio, di indifendibile nell’operato della Commissione?
La Ue non ha affatto una linea liberista, ma semmai ultra-interventista: basti vedere la politica agricola comune, la crescente regolazione connessa alle direttive e, soprattutto, il progetto di realizzare un potere centrale sempre più forte. E tutto questo è indifendibile. Ovviamente, il club europeo della moneta unica esige che i membri tengano alcuni comportamenti ben precisi, dato che il valore dell’euro è connesso alla solidità dei bilanci. Continuare a fare debito, come vorrebbero fare le “cicale” (Salvini e Di Maio), penalizza le “formiche” dell’Europa del Nord, ed è ovvio che da lì vengano forti reazioni negative.
Le associazioni di categoria in rivolta contro il governo gialloverde puntano molto alle opere pubbliche, cioè a carico della collettività. Pensa anche lei che siano indispensabili il Tav, il Mose, la Pedemontana e le altre infrastrutture?
Ogni opera fa a sé, naturalmente. È però sicuramente vero che dietro ad alcune di queste opere c’è soprattutto il tentativo di gruppi economici abituati a vivere di spesa pubblica e legami con questo o quel partito. Spesso le grandi opere sono necessarie, ma in questo caso possono benissimo essere realizzate da privati e finanziate da quanti le utilizzano.
Alberto Pento
Bene, l'importante è che si dica e ribadisca che l'indipendenza è possibile solo se la stragrande maggioranza dei veneti la vuole e che in Catalogna non si fanno passi avanti in tal senso perché non esiste questa stragrande maggioranza (a dire il vero non esiste nemmeno la maggioranza assoluta) e che in Veneto gli indipendentisti sono ancora una minoranza minimale ma proprio minimale poco credibile e impreparata.
Poi bisogna dirsi e dire che manca del tutto un progetto credibile che convinca e unisca i veneti e che il "Mito della Serenissima e del Marcianismo" su cui finora ha puntato prevalentemente l'indipendentismo non è del tutto corretto né minimamente sufficiente, nemmeno con l'aggiunta delle rivendicazioni economico-finanziarie.
Se a quanto sopra vi mettiamo le aggravanti dei personalismi, dei fanfaronismi, dei careghismi, dei furbismi, ..., le speranze si riducono a un flebile lumicino.