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vico,
s. m. raro lett. ‘borgo, villaggio’ (1540, in un testo istriano cit. da Fontanot; av. 1547, P. Bembo), ‘vicolo’ (av. 1321, Dante: ora proprio dei dial. mer.).
Derivati:
vicolo,
s. m. ‘via urbana di dimensioni modeste’ (1619, M. Buonarroti il Giovane; l'es. di Giordano da Pisa, av. 1311, riportato dai vocabolari, è falsificazione di F. Redi; vicolo cieco ‘senza sbocco’: 1891, Petr.; ant., in autori tosc. – 1619, M. Buonarroti il Giovane e av. 1742, G. B. Fagiuoli – vicolo senza riuscita: cfr. via senza uscita; per vicolo senza uscita V. uscìta), fig. ‘situazione complessa, senza uscita’ (1934, A. Palazzeschi, cit. dal Batt. s. v. cieco).
Vc. dotta, lat.
vicu(m) ‘borgo’ (con diverse concordanze in altre lingue indeur.), che, dall'iniziale sign. di territorio privo di ville, ma dove si teneva mercato (VR XX [1961] 114), ha sviluppato il senso specifico di ‘quartiere’, ‘strada’, da cui il dim. viculu(m), che ha dato l'it. vicolo, per via dotta (nei confronti del pop. Vicchio, top. tosc.: AGI XIII [1892-94] 384).
http://www.etimo.it/?term=vico http://www.etimo.it/?term=vicolo veicolo,
s. m. ‘qualsiasi mezzo di trasporto, per persone o cose, spec. meccanico e guidato dall'uomo’ (sec. XIV, Livio volgar.; 1313-19, Dante: veiculo; un veiculum, forse ‘tipo di recipiente’, è documentato nel lat. mediev. di Bologna nel 1196, Sella Em.), ‘qualunque mezzo atto a propagare o diffondere q.c., anche fig.’ (veiculo: 1588, F. Sassetti; anche nella Circe del Gelli, 1549, secondo Berg. Voci), (chim.) ‘sostanza inattiva usata per presentare nel modo più opportuno sostanze attive a essa miscelate’ (1879, TB), ‘nella tecnica farmaceutica, eccipiente’ (av. 1594, M. Malpighi: LN XXVII [1966] 38).
Locuzioni:
veicolo spaziale ‘qualunque veicolo capace di trasportare un carico oltre l'atmosfera terrestre’ (1961, Diz. enc.).
Derivati:
veicolare 1,
agg. ‘dei veicoli, mezzi di trasporto’ (1942, Migl. App.), ‘di veicoli, come mezzo atto a propagare o diffondere q.c.’ (1961, Diz. enc.),
veicolare 2,
v. tr. ‘trasportare’ (1963, Migl. App.).
Vc. dotta (con alcune continuazioni pop. nei soli dial. it.), lat. vehiculu(m) ‘mezzo di trasporto’, dal v. vehere ‘trasportare’, di orig. e ambito indeur. Il lat. dei giureconsulti conobbe anche l'agg. vehiculare(m) ‘relativo ai veicoli’, ma l'it. veicolare in senso mod. dipende prob. dall'ingl. vehicular, entrato nella lingua, sia pure in accez. proprie, fin dal 1616.
http://www.etimo.it/?term=veicolohttp://www.etimo.it/?term=vicino vicino,
agg. ‘che si trova a una distanza relativamente piccola rispetto al punto cui si fa riferimento’ (1300-13, Dante), ‘di cose o persone che si trovano a breve distanza l'una dall'altra’ (av. 1321, Dante), ‘che è imminente, che sta per giungere, accadere, verificarsi’ (1581, T. Tasso), fig. ‘simile, somigliante’ (1879, TB),
s. m. ‘ogni abitante di una casa, di un rione e sim., rispetto a tutti gli altri’ (av. 1294, Brunetto Latini),
avv. ‘non lontano, accanto’ (1810, Stampa milan.).
Locuzioni:
da vicino ‘da poca distanza’ (1374, F. Petrarca),
essere vicino a ‘stare per fare’ (1353-58, G. Boccaccio),
essere vicino ai cinquanta ‘di persona che ha quasi cinquant'anni’ (1961, Diz. enc.),
farsi vicino ‘avvicinarsi’ (1961, Diz. enc.),
sentirsi vicino a qc. ‘partecipare ai suoi sentimenti’ (1961, Diz. enc.),
vicino a ‘accanto a’ (1348-53, G. Boccaccio), ‘nei pressi di’ (av. 1321, Dante).
Derivati:
vicinale,
agg. (dir.) ‘detto di strada privata esterna all'abitato e aperta al transito pubblico’ (1855, Ugol.: “Non è voce di Crusca, ma necessaria”; la Crusca lo registra per ‘vicino’ s. v. strada; nel 1313, a Padova, era riferito a ‘fossa’: Rez.; 1832, Bonavia: chiasso vicinale),
vicinanza,
s. f. ‘stato, condizione o posizione di vicino’ (av. 1292, B. Giamboni; vecinanza in Iacopone, av. 1306; nell'es. di Crescenzi volgar., 1350 ca., riportato dal TB, è trascritto erroneamente veemenza; in vicinanza di ‘nei pressi di’: av. 1698, F. Redi),
al pl. ‘luoghi vicini, zone circostanti’ (1875, Rigutini-Fanf.; al sing.: av. 1527, N. Machiavelli Andria I 1),
vicinato,
s. m. ‘insieme di persone che abitano una stessa casa, rione o quartiere e la zona stessa in cui esse abitano’ (sec. XV, Miracoli della Madonna), ‘insieme di rapporti che intercorrono fra vicini’ (1939-40, Palazzi),
viciniore,
agg. ‘nel linguaggio burocratico, più vicino, limitrofo’ (1812, Bernardoni; 1848, Ugol.: “non trovasi in niun buono scrittore”; 1905, Panz. Diz.: “comparativo mal foggiato, a simiglianza di maggiore, peggiore, ecc. Antico termine curiale”).
Dal lat.
vicinu(m), propr. agg. ‘dello stesso borgo (vicu(m): V. vìco)’ sostantivato già in latino.
Ne derivò anche l'altro agg. vicinale(m), usato come attributo di via(m) vicinale(m), che ha delle continuazioni anche come s. (VR XXI [1962] 3 nota 7, per tutta la famiglia di vicin-). In viciniore si riconosce la forma del comparativo lat. di vicinu(m): viciniore(m) ‘più vicino’. Dal lat. mediev. vicinantia(m) (vicinancia a Como nel 1167: Niermeyer) si hanno larghe tracce anche nella top. dell'area alpina con appendici nella pianura lombarda (RLiR IX [1933] 310), come pure di vicinata(m) (nell'847: Niermeyer), anche appellativo dial. (AGI XVIII [1902-05] 330). Gli altri derivati sono di formazione italiana.
...
Da “Le Origini della Cultura Europea”, de Joani Semerano
VicenzaÈ l’antica
Vicetia,
ΟÙιxετία dei Greci, affacciata al Bacchiglione che costituì una notevole arteria di traffico sino a Padova; alla Laguna e verso la media valle dell’Adige guidavano le valli dei rami sorgentiferi del Bacchiglione stesso, l’Astico e il Leogra.
Il nome
Vicetia ha la base di
vicus che designò originariamente “terreno limitato da canali, corsi d’acqua”, come erano molte città antiche: accadico
īku (diga, ‘Deich’) ed
etû (limite, ‘Grenze, Nachbar’). Una voce idronimica scopre anche
Astico il nome antico dalla base corrispondente
āsītu (sbocco, ‘exit’, ‘das, die Hinausgehende; ein Ableitungs-Kanal’) con la componente
-ico che cui ha il valore di accadico
īku (piccolo corso d’acqua, ‘kleiner Wassergraben’).
Vic- Vīcus, -i (
vecus dialettale). Antico indiano
veçáh- (casa), al quale viene accostato, è nel senso particolare di “postribolo”.
L’antico persiano
vip-am (abitazione), corrsisponde ad accadico
viÞ-am (abitazione), corrisponde ad accadico
bītum, bētum (casa, ‘house’):
οĩxος al quale viene accostato, corrisponde a accadico
ajjākum (w)jāku (‘high house, a structure in a temple.
Il latino «
vīcus» richiama più direttamente accadico
(w)īcus, (w)eku, igu (appezzamento di terreno circondato da uno sbarramento, ‘plot of landa surrounded by a dike’, CAD, 7, 66 sg.).
Dal dixonaro on line etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani Vico : latino
vícus e più anticamente
veicus, propriamente casamento, aggregato di casa, e indi nella città quartiere, rione, in campagna villaggio,
borgo, che confronta col sanscrito
vêçàs casa [al plurale sanscrito
viç-as uomini, onde
viç-patis re, signore del popolo = lituano
vész-patis padrone; venetico
pilpotis], con ło zend.
vi(c) castello, casa, clan che era secondo Justi, associazione di quindici uomini e donne [onde
viç-paiti capo del clan], col gotico
veihsa = antico alto tedesco
vîc, inglese
vick [cfr. celtico : cimbr.
gwig, cornovallico
gwic, irlandese
fich/villaggio, coll’antico slavo
vĭsĭ podere, predio, coll’antico prussiano
xais-pattin padrona di casa e col greco
oîkos per
*Foikos casa, onde
oikèin per
Foikèin (= tedesco
voh-hen?) abitare : dalla radice
vis- =
viks-, vic- andare verso, onde il sanscrito
viç-âmi = greco
íkô per
*Fík-ô vengo,
viç-aya asilo: sicché propriamente luogo dove più persone convergono, dove si entra [sanscrito viç entrata, ingresso].
Borgo, terra: [da quí il nome di vari luoghi come
Vico-equense e
Vicarello in Italia e
Vic-le-Comte,
Vic-en-Carlades ecc. in Francia].
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