Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » gio mag 11, 2017 9:24 am

Nomadi sconosciuti al fisco ma proprietari di un terreno: scatta il sequestro

Passo successivo dell’operazione della Squadra Mobile che ha smantellato la gang del campo di via Longhin. Applicate le leggi antimafia. Polemica di Saia: «Il Comune ha finanziato per anni un luogo dove si praticava l’illegalità»

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca ... -1.9622128

PADOVA. Dopo aver ritrovato il tesoro della gang del parco nomadi di via Longhin, la polizia ha fatto un passo successivo nell’indagine in corso. Un passo che non era mai stato fatto prima: il sequestro preventivo dei due appezzamenti a Vigodarzere, di cui si è occupato Marco Calì responsabile della Squadra Mobile padovana con decreto sempre firmato dal pm Roberti.
I primi accertamenti patrimoniali e tributari hanno consentito di appurare che tali proprietà, pagate 150 mila euro, non sono assolutamente proporzionate al reddito prodotto dagli acquirenti, essendo loro praticamente sconosciuti al fisco, ovvero dichiarazioni dei redditi pari a zero a giù di lì. Mentre, dal punto di vista della polizia, il curriculum degli intestatari dei terreni fa ritenere che i beni e i soldi accumulati possano essere il frutto di reati commessi negli anni.
Il tutto ha sfatto scattare l'applicazione del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, come già avvenuto altre volte a carico di diversi clan rom. Adesso il passaggio successivo sarà la confisca, sempre su disposizione del tribunale. Se a questo si arriverà, i terreni diventeranno di proprietà dello Stato e chi ora vi abita, dentro i piccoli prefabbricati, sarà sgomberato. Le indagini quindi continuano attraverso accertamenti fiscali: se il reddito dichiarato di chi ha speso 150 mila euro per comperare la terra è pari a zero, quei soldi da dove sono saltati fuori?
Saia soddisfatto: «Quel campo era illecito». «Il sindaco e io porteremo le gravi problematiche sollevate dalla lettera alla riunione del Cosp (il Comitato per l’ordine e la sicurezza) fissata per mercoledì prossimo. Fa piacere collaborare con l’Autorità giudiziaria per ripristinare la legalità. E ringrazio il dottor Roberti per lo spirito di collaborazione. Certo tutto questo dimostra che avevo ragione quando, due anni fa, fui al centro di una feroce polemica con l’allora sindaco Zanonato»


Trovato il tesoro della gang del campo nomadi di via Longhin

Un mese fa la polizia aveva sgominato la banda responsabile di furti e rapine ai danni di rappresentanti orafi e furgoni portavalori. Oggi trovato il bottino: era al Monte dei Pegni di Mestre
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca ... -1.9616376

PADOVA. L’hanno trovato. Il tesoro della gang del campo nomadi di via Longhin non era nascosto sotto terra, come pensato in un primo tempo. Ma era al Monte dei Pegni di Mestre. Uun mese fa, infatti, la Polizia aveva sgominato a Padova un gruppo di italiani dediti a furti e rapine ai danni dei rappresentati orafi e di furgoni porta valori.
Nel blitz all’interno del campo di via Longhin erano state arrestate 18 persone e gli agenti della questura si erano presentati con una ruspa, convinti che parte del bottino potesse essere stata seppellita in modo da nasconderla alla polizia. Era stato trovato qualcosa (una borsa con un computer e un po’ di soldi), ma non il vero e proprio “bottino”.
A distanza di un mese, gli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal pubblico ministero Benedetto Roberti della Procura di Padova, hanno sequestrato gioielli e monili per valore di circa 30 mila euro che, astutamente, gli indagati avevano depositato al Monte dei Pegni di Mestre, ottenendo dei prestiti che poi rinnovavano. In questo modo sottraevano i beni ad eventuali controlli e perquisizioni della polizia.


Assalti ai portavalori, polizia al campo nomadi di via Longhin: 18 arresti

All'alba operazione della questura nel campo nomadi di via Longhin: eseguite 18 ordinanze di custodia cautelare. Una banda realizzava rapine ai danni di rappresentanti orafi e furgoni portavalori

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca ... -1.9402946

PADOVA. Una grossa operazione della polizia è scattata all'alba nel campo nomadi di via Longhin, a Padova. Gli agenti, arrivati sul posto con diverse volanti, hanno eseguito ben 18 ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip.
I nomadi arrestati sarebbero accusati di furti e rapine in danno di rappresentati orafi e furgoni porta valori. L'indagine, coordinata dal pubblico ministero Benedetto Roberti della Procura di Padova, ha riguardato un'associazione a delinquere, tuttora in piena attività, dedita a delitti contro il patrimonio, ricettazione di beni di provenienza illecita e riciclaggio di consistenti somme di danaro, i cui sodali sono persone di etnia rom e la cui base logistica si trovava nel campo nomadi.
La Squadra mobile di Padova, coordinata dal Servizio centrale operativo, ha operato con il supporto delle squadre mobili di Milano, Treviso, Vicenza, Udine, Venezia, Verona, Rovigo, Belluno e Forlì e di personale del Commissariato di Monza. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip padovano Cristina Cavaggion. L'operazione è stata denominata dalla questura "Zingari brillanti".
Secondo le prime indagini gli arrestati erano in grado di attivarsi per ripulire e riciclare le banconote macchiate e bruciate dai dispositivi di sicurezza dei furgoni portavalori: nel corso dell’indagine sono state recuperate in provincia di Treviso e Udine centinaia di banconote macchiate frutto delle razzie ai portavalori, interrate in alcuni campi incolti e imbustate.
Organizzazione con sede in via Longhin. Il blitz di stamane ha riguardato i campi nomadi di via Longhin, a
Padova, di via Tripoli, a Vicenza, e di via Indro, a Milano. I 18 provvedimenti di custodia cautelare - 15 in carcere e tre ai domiciliari - sono la conclusione di tre anni di indagini e riguardano i reati di associazione a delinquere finalizzata a rapine, furti, ricettazione e riciclaggio. Il gruppo, strutturato con capi, gregari, fiancheggiatori e base logistica del campo nomadi di Padova, è accusato di almeno 50 episodi criminali tra furti, rapine, assalti ai furgoni portavalori. Durante l'operazione scattata all'alba sono state uilizzate attrezzature per sollevare le roulotte e ruspe per scavare, aprire tombini. Interessata anche l'area limitrofa al campo nomadi. Sotto terra sono state trovate borsette con documenti che provengono da spaccate di autovetture, tablet e materiale di ogni genere provento di furto e rapina. Per l'accusa, a capo dell'organizzazione Antonio Braidjc, di soli 27 anni, già in carcere a fine marzo per alcune rapine in Trentino.
Ecco alcuni dei colpi che la polizia sospetta possano essere stati realizzati dagli arrestati:
- 4 dicembre 2010: furto pluriaggravato di alimentari ai danni del supermercato Alì di via Monsignor Fortin. Il direttore del supermercato e due clienti erano stati presi a pugni dai malviventi che tentavano di scappare.
- Furto di un pc portatile e di 20 euro da un furgone Mercedes parcheggiato nell'area del Centro Ingrosso Cina in zona industriale. Più il furto della borsa di una donna con 300 euro all'interno di un Fiat Ducato.
- L'11 gennaio 2011: a Vigonza in via Santa Lucia furto con la rottura del finestrino di un furgone Fiat Doblò di una borsa di lavoro con all'interno un cellulare e 70 euro.
- Il 14 gennaio 2011: a Vicenza in via del Commercio ai danni di un rappresentante di preziosi cui è stato rotto il finestrino della macchina per impossessarsi di un trolley con all'interno preziosi in oro per 200 mila euro.
- Furto di un pc portatile e di una borsa con all'interno 8 mila euro a Maserà: erano l'incasso della tabaccheria di piazza del Municipio. La borsa era stata rubata all'interno dell'auto del proprietario.
- Furto nella Fiat Panda, lasciata incustodita, di una guardia giurata del gruppo Fidelitas che aveva all'interno tre valigie contenentei la somma di 232 mila euro e 21.526 dollari.
- Scippo a Montà con una motocicletta nera ai danni di una donna, cui è stata strappata la borsa con la carta di credito e la somma di 25 euro.
- Ad Altavilla Vicentina furto di due trolley con preziosi di proprietà della ditta orafa Ishakoglu Kuyumculuk Ve Deri San.Tic., effettuato rompendo il lunotto posteriore di un'auto.
- A Brendola, nel Vicentino, furto nel cortile di un'abitazione di una borsa e di una valigetta 24ore, con il cellulare e 9 mila euro appartenenti a un commerciante che aveva lì dentro l'incasso giornaliero della propria attività.
- A Grumolo delle Abbadesse nell'area di servizio "Tesina Sud": i malviventi hanno bucato la ruota di un furgone Mercedes costringendolo a fermarsi poco dopo in una piazzola di sosta. Fingendo di aiutare il conducente, i ladri lo hanno derubato del borsello con la somma di 150 euro.
- In via Giustiniani a Padova, davanti all'ospedale, i ladri hanno forato la gomma di un furgone Mercedes Sprint e mentre un malvivente fingeva di aiutare il conducente, un complice rubava il borsello contenente 3 mila euro.
- A Padova in via Vigonovese: i ladri dopo aver forato le gomme a una Chrysler seguivano il conducente dell'auto fino all'autofficina in cui voleva portare l'auto a riparare. Uno dei ladri è riuscito così a entrare nella vettura e rubare una borsa del valore di 900 euro che conteneva un portafogli del valore di 200 euro e la somma di 130 euro.
- A Padova in via Colonnello De Cristoforis due malviventi aggredivano a calci e pugni 2 cinesi, cercando di rubargli un pc portatile e una borsa con mille euro all'interno. La rapina è fallita perché sono intervenuti altri cinesi a difendere le due vittime.
- A Monselice in piazza San Marco: i ladri hanno forzato il portellone posteriore di una Fiat Panda portavalori della società Fidelitas rubando tre valigie con 173 mila euro e 300 sterline inglesi.
Il denaro cambiato al Bingo. Il denaro proveniente dai furti, e macchiato di colore blu per effetto dei meccanismi anti-effrazione, veniva poi cambiato dagli arrestati nei cambia-denaro e nelle slot machines del Bingo Arcobaleno all'Arcella, della sala Bowling di via Venezia, nella sala giochi Poker Drink a Marcon, nel Veneziano, e nelle slot-machinse di alcuni bar, tabaccherie e ristoranti.


Blitz al campo nomadi di via Longhin: con la ruspa per cercare i soldi sotterrati
http://mattinopadova.gelocal.it/foto-e- ... -1.9403200
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » gio mag 11, 2017 9:43 am

MILANO, CONDANNATI 5 NOMADI: "VENIVANO DA TORINO PER TRUFFARE GLI ANZIANI"

http://www.leggo.it/milano/nera/milano_ ... 8973.shtml

venerdì 15 marzo 2013

MILANO - Erano pendolari delle truffe. Partivano da Torino la mattina presto e trascorrevano la giornata a Milano per lavoro: raggirare anziani a cui portar via denaro e gioielli. Per quasi un anno una banda di cinque sinti composta da due uomini e tre donne (di età compresa tra i 27 e i 44 anni), ha messo a segno 60 colpi ai danni di altrettanti pensionati ai quali si presentavano come poliziotti o carabinieri.
I fatti si riferiscono al 2011, quando la banda imperversava a Milano. Dopo sei mesi di indagini, nel luglio dello stesso anno il gruppo è stato arrestato. Sono stati tutti condannati in primo grado dal Tribunale di Milano per associazione a delinquere, con pene fra i due anni e 4 mesi e gli 8 anni e due mesi di reclusione e provvisionali dai 20mila ai 60mila euro. Alle loro vittime spettano risarcimenti per circa 150mila euro.

I sinti, tutti imparentati tra loro e provenienti da due campi nomadi di Torino, ripetevano ogni giorno lo stesso copione. Si presentavano alla porta delle vittime designate con finti tesserini della polizia o dei carabinieri, e convincevano gli anziani di essere impegnati in un’indagine su oggetti rubati. Per aumentare la loro credibilità, chiedevano ai pensionati di spegnere i propri cellulari perché avrebbero potuto compromettere le investigazioni; una cosa inspiegabile ma che aveva grande effetto sulle vittime, che così si convincevano a consegnare soldi (talvolta prelevati apposta in banca) e gioielli, che la banda consegnava a un ricettatore di Torino che era addetto allo smontaggio delle pietre preziose.

La vicenda della banda è resa nota nel corso dell’incontro organizzato per illustrare i dati del “pool antitruffe” istituito nel 2007 a seguito di un accordo tra polizia di Stato e locale per rispondere all’aumento esponenziale del fenomeno. Una collaborazione che, secondo i dati forniti, sembra non riuscire a bloccare l’escalation: dai 498 casi nel 2008, si è arrivati a 355 nel 2009, 371 l’anno dopo, 447 nel 2011 e 743 nel 2012. E nei primi due mesi del nuovo anno siamo a quota 140.



Pordenone, anziana accerchiata e rapinata da quattro Zingari

http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/ ... ro-zingari

PORDENONE, 29/01/2013- Tre donne e un uomo, nomadi, domiciliati nel trevigiano, sono stati arrestati per l’ipotesi di reato di rapina ai danni di un’anziana. I fatti sono avvenuti a Corva di Azzano Decimo (Pordenone). I malviventi stavano gia’ strattonando la malcapitata. Sul posto sono giunti gli agenti della Polizia locale dell’Aster Sile che hanno inseguito i banditi fino a Visinale di Pasiano (Pordenone), dove sono usciti di strada uscendo illesi ma in manette.

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/ ... 58163.html
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » gio mag 11, 2017 9:50 am

Banda Rom massacra 70enne: “Italiano di m…..ti ammazziamo”

Immagine

http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/ ... ammazziamo

«Mi dicevano zitto, italiano di merda che ammazziamo pure te. Voi italiani siete tutti bastardi». Urbano piange mentre ricorda la notte di terrore trascorsa. Un figlio da tenere stretto, cercando di rassicurarlo, coprirgli le orecchie, attutire invano le urla di tuo padre che si lamenta nell’altra stanza. E una torcia in faccia, la minaccia di un piccone. «Hanno massacrato mio padre, lo colpivano, lui gridava, per almeno 20 minuti poi non l’ho sentito più». Gino Lozzi, 70 anni, ex custode della media Toscanini in via Flavio Andò a Serpentara è ora in prognosi riservata al Pertini, è arrivato coperto di fratture ed ecchimosi, una costola gli aveva perforato il polmone, non respirava. Una banda di giovani forse dell’Europa dell’est è entrata in casa e l’ha ridotto in fin di vita per portarsi via un po’ d’oro, soldi, un pc, i cellulari, uno già ritrovato in un campo.

«Sembravano rom, erano armati di piccone, spranghe e tondini di ferro. Giovani, a volto scoperto, uno avrà avuto meno di 20 anni. Hanno lasciato papà in una pozza di sangue». Urbano è sconvolto. Non dimenticherà mai le grida di suo padre, la rabbia e l’impotenza di aver subito un’aggressione così. «Non se ne può più di queste aggressioni, non si può vivere con la paura. Non ho mai parlato male in vita mia di nessuno tantomeno degli immigrati ma queste sono bestie».
«Saranno state le 3,30 – ricorda il figlio – mio padre era già in pigiama ma ancora sveglio e forse deve aver sentito qualche rumore. Si è alzato penso, perché ancora non ricorda né riesce a parlare, probabilmente li ha sorpresi mentre stavano entrando, forse ha reagito e loro si sono accaniti come belve su di lui». Era rientrato da poco Gino, dopo una serata passata con gli amici, la moglie malata dormiva sul divano letto in salone. Urbano era con il figlio di 6 anni, in un’altra stanza. «Ho sentito dei rumori, mi sono svegliato, c’era uno con un piccone e una torcia, mi gridava: se ti muovi ti ammazzo.
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » ven mag 12, 2017 8:04 pm

Guerra tra bande criminali e mafiose di singani


???

Roma, camper a fuoco. Uccise tre sorelle: due bimbe e una 20enne. Mattarella: "Crimine al di sotto del genere umano"
di F. Q. | 10 maggio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... no/3574760

Si chiamavano Elizabeth, Francesca e Angelica le tre sorelle – di 4, 8 e 20 anni – morte nel rogo del camper bruciato nella notte a Roma, in zona Centocelle. Nel veicolo viveva una famiglia rom composta da una decina di persone. I genitori e gli altri fratelli sono riusciti a uscire in tempo dal camper o sono stati salvati dai vigili del fuoco, arrivati sul posto in pochi minuti. “Chiunque sia stato è un crimine orrendo. Quando si arriva a uccidere i bambini si è al di sotto del genere umano”. Bisogna “accertare i responsabili e condannarli severamente” dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Tre sorelle, di cui due bambine, uccise crudelmente a Roma. Torniamo umani. Giustizia e compassione contro odio e violenza” scrive su Twitter il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Anche Papa Francesco è stato molto colpito e ha voluto far giungere, fa sapere il Vaticano, il “suo conforto alla famiglia Halilovic, che ieri notte ha perso tre figlie nel incendio della loro roulotte nella periferia de Roma. Oggi pomeriggio l’Elemosiniere Mons. Krajewski si è recato in visita per portare un saluto e un aiuto concreto ai genitori e agli otto fratelli”.

La procura indaga per incendio doloso
Una volta in salvo, il padre e la madre delle tre vittime hanno cercato fino all’ultimo di tirarle fuori dal mezzo in fiamme, ma per loro non c’è stato sulla da fare. Sul posto sono intervenuti anche gli uomini della Squadra Mobile, della Digos e dei commissariati di Tor Pignattara e Prenestino. La Scientifica è al lavoro per accertare le cause dell’incendio: al momento non si esclude nessuna pista, neanche quella del gesto doloso. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in cui si procede per il reato di incendio doloso e omicidio volontario. Gli investigatori hanno trovato tracce di liquido infiammabile all’esterno del camper. Sarà l’autopsia, disposta dagli inquirenti, a stabilire nuovi dettagli utili a chi indaga. Secondo la Repubblica la procura ha acquisito un video in cui si vede una persona lanciare una bottiglia incendiaria verso la parte anteriore del camper e poi scappare via. Sul posto sarebbero stato recuperato anche il tappo della molotov artigianale. Sembrerebbe essere esclusa al momento la pista razziale. L’ipotesi più accreditata, anche alla luce di testimonianze, è quella di una vendetta maturata in ambienti nomadi.

Una testimone: “Ho sentito un boato e poi urlare”
“Ho sentito un boato e ho pensato a una bomba. Poi mi sono affacciata alla finestra e ho visto le fiamme altissime”. È il racconto di Amelia, una residente di un palazzo di via Giardino Cassandrino, a pochi metri dal parcheggio dove si trovava il camper distrutto dall’incendio. “Non ho più dormito – ha aggiunto – sentivo urlare. Inizialmente ho pensato a qualche ragazzo che aveva dato fuoco alle auto. Quel camper lo avevo visto diverse volte, era lì all’angolo da settimane, forse mesi”. Il padre e la madre delle vittime ha raccontato di aver ricevuto minacce anche recenti. Del camper resta solo lo scheletro incenerito in cui si intravede un piccolo triciclo rosa. A pochi metri, appoggiate a un palo, tre rose rosse lasciate da un cittadino che abita nella zona, con un biglietto semplice: “Mi unisco al dolore della famiglia“. Anche la sindaca Virginia Raggi si è recata sul posto per un sopralluogo. “Siamo sotto choc”, rispondono alcuni nomadi presenti sul luogo che non vogliono essere avvicinate dai cronisti.

I residenti: “Furti continui, c’è intolleranza”
“Furti continui in appartamenti in all’interno di auto in sosta”. A raccontarlo alcuni residenti della zona “La rottura dei vetri e i furti nelle macchine in particolare a via Romolo Balzani sono all’ordine del giorno – racconta un uomo che dice di chiamarsi Aniello -. La zona è piena di immondizia e i nomadi rovistano all’interno dei cassonetti. Certo, dispiace per quello che è successo, ma c’è intolleranza tra la gente. Qui dietro c’è anche il campo di via dei Gordiani”. Venerdì sera a via Romolo Balzani è andato a fuoco un altro camper per fortuna vuoto. “Quei nomadi parcheggiavano di solito vicino a villa de Santis. Vivevano qui intorno, li vedevamo spesso” racconta un residente quartiere. Un cliente del centro commerciale, Massimiliano, ricorda di aver visto la famiglia qualche giorno fa. “Era lunedì pomeriggio – ricorda – i bambini giocavano sul piazzale davanti al camper”.

“L’amministrazione capitolina esprime il più profondo cordoglio per la tragedia avvenuta questa notte nella Capitale dove hanno perso la vita tre sorelle. La morte di una ragazza e di due bambine è un dolore per tutta la città” ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi che stamattina è stata sul luogo dell’incendio.


L'elemosiniere del Papa è andato a portare un aiuto con i soldi della carità cristiana e del nostro 8xmille (che ci viene estorto con l'imposizione di stato) a questa famiglia di zingari forse milionaria del (Clan Halilovic ?).

Nei conti in Croazia i giudici trovano il tesoro dei nomadi delle baracche di Torino
Quasi due milioni di euro: “Capitali sproporzionati rispetto ai loro redditi” (Clan Halilovic)
http://www.lastampa.it/2016/10/02/crona ... agina.html

La cifra più consistente è intestata a Raselma Halilovic. Nomade bosniaca di 66 anni , vive tra le baracche di via Germagnano: già in passato era finita nei guai per frode e falso. Ufficialmente è nullatenente. Eppure, sul suo conto corrente croato, la polizia ha trovato un milione e 35 mila euro. È la fetta più consistente del tesoro della famiglia Halilovic, poco più di cinque milioni, sequestrato dal tribunale su richiesta della procura di Torino.

Raselma è in buona compagnia. Bronzo Halilovic, parente stretto, poteva contare su un tesoro di 900 mila euro. Angela Halilovic, 36 anni e qualche precedente per furto, a Torino riceve un sussidio mensile di 245 euro: in banca ne conservava 392 mila. E c’è ancora Naim Halilovic, assegnatario di una casa popolare, che nel suo conto estero nascondeva 60 mila euro. Idem la moglie, Susanna Salkanovic, assegnataria di 108 mila euro.

L’INCHIESTA

I pm torinesi avevano ricevuto la segnalazione dai colleghi di Eurojust, interessati alla vicenda su richiesta dei magistrati croati. Che avevano avviato nel 2004 un’indagine sui nomadi originari della Bosnia Erzegovina arrivati in Italia e che avevano già congelato per sospetto riciclaggio i beni di 22 componenti della famiglia Halilovic, ma il provvedimento era in scadenza. A quel punto, il procuratore aggiunto Alberto Perduca ha coordinato il lavoro di carabinieri e poliziotti della sezione di polizia giudiziaria della procura, che hanno lavorato in collaborazione con gli agenti della polizia municipale.

L’EVASIONE

L’obiettivo era quello di ricostruire le attività degli Halilovic e capire quali fossero le loro fonti di reddito. Quasi nulle. E comunque non tali da poter giustificare depositi bancari milionari. La relazione dell’Europol è arrivata in Italia due anni fa. Gli indagati, quasi tutti appartenenti al clan Halilovic, vivono tra i campi nomadi di Torino, Asti, Massa Carrara e Genova. Il tribunale di Zagabria sequestra i beni e consegna alla procura torinese un copioso incartamento: come minimo, dietro a quella storia, c’è una gigantesca evasione fiscale. Molto di più probabilmente, e chiedono aiuto ai colleghi italiani, il denaro è provento di riciclaggio. Per confermare l’accusa, occorre provare il cosiddetto reato presupposto, all’origine dei proventi illeciti poi reinvestiti.

LA «REGINA DEGLI ZINGARI»

Il maxi sequestro preventivo di fatto ricalca il dossier arrivato dalla ex Jugoslavia. E qui spicca la figura di Sena Halilovic, 60 anni, che si nascondeva sotto all’alias di Amela Seferovic. Poco prima dell’intervento della magistratura aveva provato a ritirare 220 mila euro alla Société Générale Splitska Banka (la filiale della banca a Spalato). Ma dagli accertamenti, risulta che era riuscita a esportarne all’estero 330 mila.

A Genova è conosciuta come la «regina degli zingari». Nella cultura matriarcale dei korakhanè - nomadi di fede musulmana - la «regina» è davvero una sovrana per il suo clan. Il suo nucleo familiare, implicato in decine di inchieste per i reati più disparati, aveva una disponibilità di 4 milioni di euro. E ancora una casa-castello a Mostar, una villa abusiva e terreni tra le campagne astigiane. Risulta sposata a un italiano a cui, nel corso degli anni, avrebbe intestato qualcosa come 400 automobili.



Dai clan serbi ai montenegrini, così i rom si dividono il potere

http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca ... 65913.html

Ha un valore la consegna dei rom pirati della strada alla polizia? Perché di solito le famiglie rivali nomadi mettono fine ai loro guai con una sorta di summit che ha il sapore di un processo. Come nelle famiglie di Cosa Nostra così i rom che all'improvviso si trovano ad avere una magagna, un problema tra di loro, si mettono attorno a un tavolo. I boss si riuniscono, discutono su come pacificare la guerra. E di solito chi è più potente, chi incute più timore, è quello che vince e si prende la ragione. Chi perde risarcisce il danno: in denaro. Chi dovrà costituirsi per primo alla polizia? Chi si assumerà la responsabilità della guida? È di questo che stanno discutendo le famiglie dei fuggitivi, quelli del clan Halilovic, con lo stesso cognome, ma serbi gli uni e montenegrini gli altri?

ETNIE CONTRO

Insulti, pugni, calci, fino alle coltellate e ai colpi di pistola: la guerra dei rom esplode anno dopo anno nelle favelas della Capitale. Castel Romano, a trenta chilometri dal Centro: qui i container ospitano 1000 persone. È il più grande “villaggio della solidarietà” (ovvero: campo attrezzato) a Roma. Inaugurato nel 2005, viene ampliato nel 2012 per ospitare anche i transfughi di Tor de' Cenci, periferia Sud. Altra baraccopoli in cui macedoni e bosniaci si erano già affrontanti per la primazia. Il loro inserimento scatena la guerriglia all'interno del campo suddiviso con le recinzioni in quattro settori: M, D, K (dalle iniziali dei capostipiti) e 4. È nel D, posto al centro degli altri che confluiscono i nuovi arrivati. Su cui comincia a piovere di tutto: sassi, bottiglie, pezzi di ferro e mobilio.

Quando i vigilantes di “Risorse per Roma” (società che non presta più servizio nei campi) chiama la municipale, i nomadi sminuiscono: «Roba tra ragazzi, sono i bambini che lanciano le pietre». Il sospetto, però, è che in ballo ci siano ben altre faccende. Furti, rapine, droga, la raccolta del rame e del ferro: è su questo terreno che si gioca il delicato equilibrio tra le bande criminali. Da Castel Romano parte la maggior parte delle schiere di gang di minori che depreda pendolari e turisti nelle metropolitane, come annotano decine di verbali di polizia e carabinieri. E qui l'altra estate furono appiccate le fiamme ad alcuni moduli abitativi: una polveriera di 198 famiglie bosniache, serbe, montenegrine e romene (queste sempre più numerose), pronta a esplodere di nuovo.

QUESTIONI DI SANGUE

La guerra dei rom è anche questione di sangue. Col matrimonio i clan suggellano affari comuni o paci ritrovate. Poco amore e tanto interesse. La futura sposa è una minore il cui “valore” viene quantificato nella sua capacità redditizia, purtroppo spesso legata ad attività come il furto o l'elemosina. Grande festa, balli e canti: la famiglia dello sposo paga la dote concordata e la neo-sposa entrerà a pieno titolo nella nuova famiglia, assoggettata alle volontà della suocera. È quando qualcosa non fila liscio in questo o in altri scambi che esplodono le liti.

«A volte furiose, con risse e coltelli - spiega Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio - emblematico il caso del campo di via Candoni, zona Sud di Roma. Qui i bosniaci vivono separati dai romeni attraverso una recinzione. Lo scorso anno i vigili urbani dello Spe, il gruppo per la Sicurezza pubblica emergenziale, dovettero intervenire più volte per separare le fazioni». Più furbo Salvatore Buzzi, il ras delle coop di Mafia Capitale, che «per evitare problemi» nella gestione di Castel Romano decise di affidare la “mediazione culturale” ai Casamonica, sinti d'origine abruzzese potenti a Roma.


https://www.youtube.com/watch?v=h4-eVj4sUDA

http://noiconsalvini.org/zingari-roma-f ... tti-nomadi



Camper in fiamme: vendetta tra nomadi, morte tre sorelle
mercoledì, 10, maggio, 2017

http://www.imolaoggi.it/2017/05/10/camp ... re-sorelle

Roma – La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in cui si procede per i reati di omicidio volontario e di incendio doloso in relazione al rogo del camper in cui hanno perso la vita tre sorelle, una ragazza di 20 anni e due bimbe di 4 e 8 anni. Nei pressi della carcassa del camper sono state rinvenute tracce di liquido infiammabile.

L’incendio si è sviluppato intorno alle 3 della scorsa notte in viale della Primavera, in zona Centocelle. Genitori e fratelli delle vittime sono riusciti a scappare dal rogo. Il camper si trovava nel parcheggio di un centro commerciale e all’interno viveva una famiglia di nomadi composta dai genitori e 11 figli. Le fiamme hanno avvolto completamente il veicolo.

L’ipotesi più accreditata, anche alla luce di testimonianze, è quella di una vendetta maturata in ambienti nomadi.

Intanto un video in cui una persona, con il volto scoperto, lancia una bottiglia incendiaria verso la roulotte è al vaglio degli inquirenti che indagano sul rogo. Fotogrammi presi da una telecamera a circuito chiuso poco distante dal luogo della tragedia che potrebbero dare una svolta alle indagini. La Procura di Roma nell’inchiesta procede per i reati di incendio doloso e omicidio volontario, al momento contro ignoti.


Camper rom incendiato, rogo a Roma Centocelle: tre sorelle morte, vendetta tra nomadi? Ultime notizie, esclusa la pista del razzismo. I messaggi di cordoglio di Papa Francesco e Mattarella
11 maggio 2017

http://www.ilsussidiario.net/News/Crona ... ie-/763565

Il quartiere Centocelle di Roma è diviso dopo l’incendio doloso che ha ucciso tre ragazzine sorelle rom all’interno del camper del “clan” Halinovic. Da un lato le manifestazioni di stima, vicinanza e affetto per quelle tre piccole vite spezzate dalla barbarie di un incendio e un rogo provocato per uccidere, dall’altro la problematica dei nomadi che purtroppo resta in molti quartieri della Capitale, specie in periferia. «Dispiace che sono morti dei bambini, sono sempre persone. Ma qui non dovrebbero stare gli zingari, dovrebbero pagarsi un affitto, trovarsi una casa come fanno tutti i comuni mortali», raccontano alcuni cittadini ai colleghi del Fatto Quotidiano. Solidarietà e insicurezza, ci sono entrambi questi sentimenti nella Centocelle il giorno dopo la tragedia: «nel quartiere ci sono problemi, non c’è controllo, sembra il terzo mondo e così la gente arriva alla disperazione», racconta un altra coppia di ragazzi ai cronisti accorsi per raccontare la situazione di degrado della Roma periferica. Il dolore comunque resta forte visto che, al netto di tutto, tre vite giovanissime sono state spezzate in una notte senza alcuna pietà o comprensione.

Nella serata di ieri sera, visionato il video del rogo appiccato contro il camper della famiglia rom Halinovic (nomadi di origine bosniaca) - nel cui incendio hanno perso la vita tre sorelle di 20, 8 e 4 anni - si è arrivati a prediligere una pista su tutte le altre formulate ieri dalla Procura di Roma che indaga sul rogo all’interno del centro commerciale del quartiere Centocelle. Ebbene, al momento sembra esclusa la pista razziale che veniva adottata in un primo momento appena dopo l’incendio doloso appiccato contro il camper dove la famiglia di etnia rom viveva, con 13 persone rinchiuse in uno spazio vitale angusto e assurdo. L’ipotesi più accreditata vede invece una consumata vendetta tra bande di nomadi: la famiglia delle vittime, di origine bosniaca, dormiva da tempo nel camper a Centocelle dopo un periodo in due campi della Capitale.

Ieri alcuni fratelli delle tre giovanissime ragazze morte a Centocelle hanno anche raccontato come spesso negli ultimi mesi erano stati minacciati: il camper, nelle immagini visionate dalle autorità, si vede avvolto dalle fiamme dopo il lancio di una molotov. L’uomo responsabile dell’orribile gesto omicida si allontana poi dandosela a gambe, con volto scoperto, e dunque di semplice riconoscimento: nella giornata di oggi si attendono novità importanti su un caso che ha sconvolto la città di Roma e l’Italia intera.

Appena venuta a conoscenza del camper incendiato a Centocelle, il sindaco di Roma Virginia Raggi si era recata sul luogo della strage, commentando brevemente ai cronisti, «C’è stato un rogo dove sono morte tre persone, due bambine e una ragazza di 20 anni. Esprimiamo il nostro cordoglio: quando ci sono delle vittime si rimane un attimo in silenzio». Nel corso della giornata poi l’eco della tragedia è arrivata fino alle orecchie di Papa Francesco che ha voluto poi mandare un messaggio diretto alla famiglia di rom che ha subito la violenta aggressione: «Papa Francesco ha voluto far giungere il "suo conforto alla famiglia Halilovic, che ieri notte ha perso tre figlie nel incendio della loro roulotte nella periferia de Roma; oggi pomeriggio l'Elemosiniere Mons. Krajewski si è recato in visita per portare un saluto e un aiuto concreto ai genitori e agli otto fratelli», sono le parole della Santa Sede in un comunicato letto durante la conferenza stampa in Vaticano.

Anche il Capo dello Stato, raggiunto dalla notizia gravissima, ha voluto dare un suo personale commento all’intera vicenda: «Chiunque sia stato è un crimine orrendo. Quando si arriva a uccidere i bambini si è al di sotto del genere umano». Visibilmente alterato e addolorato, il presidente Sergio Mattarella ha poi aggiunto, «ora serve accertare i responsabili e condannarli severamente».



Uccise nel camper a Roma, c'è un sospettato. Caccia all'uomo nei campi rom
11/05/2017

http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca ... 33470.html

Si stringe il cerchio attorno al responsabile dell'incendio del camper in cui hanno perso la vita l'altra notte tre sorelline di etnia rom. Secondo quanto si è appreso, ci sarebbe un sospettato che gli investigatori starebbero cercando in queste ore. Al setaccio alcuni campi nomadi della Capitale. L'ipotesi, infatti, è che il gesto sia legato a una vendetta maturata in ambienti rom. Sulla vicenda indaga la polizia.

Camper a fuoco, il giorno dopo in Via Ugo Mario Guattari (Foto Paolo Rizzo/Ag.Toiati)

L’ipotesi è che gli Halilovic possano avere avuto un ruolo nell’identificazione dei tre rom finiti in manette per la morte di Zhang Yao, scippata e travolta da un treno mentre inseguiva i ladri ai margini del campo rom di Salviati. Ma c’è un’altra pista. Un episodio è finito nel mirino degli investigatori, altro tassello nella faida all’origine di tanto odio e dolore. A fine gennaio la Polizia locale della Capitale arresta tre rom all’interno del “villaggio della solidarietà” (così si chiamano a Roma i campi regolari) de La Barbuta, ai confini con il Comune di Ciampino.

All'attenzione degli agenti anche un precedente incendio doloso avvenuto il 5 maggio nella vicina via Romolo Balzani. Gli investigatori, coordinati dalla Procura che ipotizza i reati di omicidio plurimo volontario e incendio doloso, stanno anche setacciando gli insediamenti della Capitale e anche gli ambienti vicini alla comunità nomade. La famiglia Halilovic infatti aveva lasciato i campi di via Salviati e quello della Barbuta dove abitavano parenti. Alcuni di recente erano stati coinvolti in operazioni dei vigili urbani tra cui anche quella che ipotizza un giro di racket ed estorsioni nei confronti di altre famiglie nomadi costrette a pagare un pizzo per poter continuare ad abitare nei container invece assegnati dal Comune in base alla situazione economica degli occupanti. I familiari sopravvissuti al rogo hanno inoltre raccontato di aver ricevuto minacce nelle ultime settimane.



CHE SFIGA !!!
https://www.facebook.com/DonMammoliti/p ... 0465043550

Fratelli e sorelle, quando era tutto pronto per scatenare la "madre di tutte le campagne" buoniste, anti-fasciste, anti-razziste, bla bla bla e taratatata, che succede? Succede che si scopre, senza ombra di dubbio, che a bruciare le povere Rom sono stati altri Rom!!! Sant'Egidio e' sgomento, il Vaticano e Famiglia Scristiana increduli, la Sboldrina non ne parliamo....sembra che abbia addirittura chiesto di poter visionare lei stessa i filmati per vedere se tante volte si potesse scorgere qualche "camicia nera" sfuggita agli inquirenti....ma niente....sti fascisti non si sono trovati.....
La sfiga e' impietosa, un po' come l'ipocrisia e la falsita' di certa umanita'.....
Preghiamo

La Repubblica odierna (in ventesima pagina, fossero stati fascioxenoleghisti sarebbe stato in prima) nell'articolo al riguardo traccia un ritratto del capofamiglia per nulla edificante "E il padre delle vittime, Romano, aveva un certo spessore criminale: furti, rapine, risse. Viene descritto da familiari ed inquirenti come prepotente ed irascibile. Era chiamato dal gruppo quando serviva colpire un'avversario e, come si legge in un report della municipale redatto ieri, *costringeva in uno stato di assoluta subordinazione la moglie*. Sarebbe stato lui a dare alle fiamme il modulo abitativo assegnato proprio in via Salviati e avrebbe usato questi metodi per distruggere alloggi di nemici." ...no' stinco de' Santo. Naturalmente dispiace per le figlie, senza colpe.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... a-2017.jpg



Rom «poveri» con 6 milioni di euro in banca, il rapporto all’Europol
Hanno ottenuto case popolari o sussidi, molti sono pregiudicati. Documento «confidenziale» della polizia croata sui nomadi bosniaci residenti Italia con conti correnti in Croazia
di Elisa Sola
http://www.corriere.it/cronache/16_sett ... 3420.shtml

Per il fisco sono quasi nullatenenti. Vivono nei campi rom di Torino, Chivasso, Massa Carrara. Alcuni hanno ottenuto una casa popolare, altri un sussidio. Molti sono pregiudicati. Ciò che li accomuna è una ricchezza considerata “spropositata”. Una famiglia di almeno 15 membri aveva accumulato quasi quattro milioni di euro. La cifra sale a quasi 6 milioni se si considerano tutti e 22 i soggetti elencati nel rapporto «confidenziale» inviato da un dirigente della polizia criminale croata, Mario Rosic, all’Europol.

Nomadi bosniaci

Il documento, finito negli uffici della procura di Torino, è frutto di un lavoro di intelligence iniziato nel 2004 su nomadi della Bosnia Erzegovina residenti in Italia con conti correnti aperti in Croazia. L’appello, al fondo delle undici pagine stampate a Zagabria, è stringato: «Dobbiamo aver provato il reato di riciclaggio di denaro, altrimenti le misure temporanee termineranno tra un anno. Quello di cui abbiamo bisogno è qualsiasi informazione relativa a queste persone e il loro passato criminale». L’ammontare del sequestro operato dal tribunale di Zagabria è di 5 milioni e 375 mila euro. Se non verranno fornite le prove dell’attività criminale degli indagati, i soldi torneranno a loro. «La maggior parte dei pagamenti è stata fatta nel periodo estivo», è un passaggio del report. «I soggetti non hanno fatto alcuna dichiarazione fiscale né hanno redditi leciti». Seguono nomi e cognomi, attività, date dei passaggi di frontiera.

Gli esempi

Tra le prime schedate compare Sena Halilovic, che aveva chiesto alla Société Générale Splitska Banka un prelievo di 222 mila euro. «Sorge il sospetto dell’associazione per delinquere e riciclaggio», scrive la polizia. Sena ha cambiato il suo nome in Amela Seferovic. Ha 60 anni, è di Mostar. Aveva portato all’estero almeno 322 mila euro. Possiederebbe terreni ad Asti. Poi c’è una delle donne rom più conosciute del campo di via Germagnano, una baraccopoli alle porte di Torino che la neo giunta guidata da Chiara Appendino vuole smantellare. Si chiama Raselma Halilovic, ha 66 anni. La somma che le è stata sequestrata ammonta a un milione e 35 mila euro. Era già segnalata all’autorità giudiziaria per frode e falso.

Il «venditore di rottami»

Anche Zuhdija Halilovic, di 59 anni, che viveva al campo rom di Avenza a Massa Carrara, poi chiuso, aveva un conto con 565 mila euro. Ma al fisco nel 2012 aveva dichiarato 1.700 euro. L’intelligence croata lo definisce un «venditore di rottami metallici». Per l’Agenzia delle entrate è un «evasore totale». Angela Halilovic, di 36 anni, proprietaria, ormai ex, di almeno 392 mila euro, colpita da un decreto di confisca del tribunale di Torino nel 2007, avrebbe trovato aiuto e lavoro nel 2011 presso la cooperativa sociale Animazione Valdocco. Dai servizi sociali avrebbe percepito un sussidio di 245 euro al mese. Anche Bisera Halilovic, di 51 anni, avrebbe ottenuto «redditi», questa volta «dal Comune di Torino», per 30.494 euro nel 2011. L’autorità croata le ha sequestrato 243.105 euro. E ancora a Vehbja, sua parente, è stato bloccato un deposito con quasi 100 mila euro. A un altro familiare che porta il suo cognome, Dani altri 296.353, a Bareta 268.438, a Bronzo poco meno di un milione. Quest’ultimo nel 2012 aveva dichiarato 6 mila euro di reddito.

Pregiudicato

Infine c’è Naim Halilovic, di 46 anni, pregiudicato per furto, che si è visto sottrarre quasi 60 mila euro. A Torino risulterebbe inquilino di una casa popolare in via Verga. Qui vivrebbe con la compagna Susanna Salkanovic. Anche lei aveva un conto con 108 mila euro. Dal 1997 al 2002 è stata segnalata all’autorità giudiziaria per danni e reati contro la persona. Dopo una settimana dal ricevimento del report, il procuratore aggiunto di Torino Alberto Perduca ha chiesto e ottenuto dal Tribunale delle misure di prevenzione un sequestro d’urgenza presso le banche croate di tutti e 22 i rom.


Arse nel rogo, accusato di omicidio nomade che scippò cinese morta sotto treno - Lazio
2017/06/01

http://www.ansa.it/lazio/notizie/2017/0 ... 90a92.html

Fermato dalla polizia un 20enne con l'accusa di essere responsabile della morte delle tre sorelline nomadi decedute nel rogo del loro camper nel parcheggio di un centro commerciale in zona Centocelle a Roma. La Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con la Squadra Mobile di Torino, ha eseguito il fermo nei confronti di Seferovic Serif, con precedenti per reati contro il patrimonio, poiché gravemente indiziato di essere il responsabile dell'omicidio plurimo delle sorelle Elisabeth, Francesca e Angelica Halilovic.

Fermato un anno fa scippò cinese morta sotto treno - Il nomade di 20 anni fermato per l'omicidio delle tre sorelle morte nell'incendio del camper di Centocelle era stato arrestato dalla polizia per il furto della borsa della studentessa cinese Zhang Yao morta poco dopo essere stata investita da un treno mentre inseguiva i suoi scippatori lo scorso anno a Roma. Lo si apprende da fonti investigative. Per quell'episodio furono arrestati tre nomadi con l'accusa di furto con strappo.

Fermato a legale, io non c'entro nulla - "Io non c'entro niente con questa storia, in quei giorni non mi trovavo neanche a Roma". È quanto ha riferito nei giorni scorsi Serif Seferovic, il giovane di venti anni fermato per il rogo di Centocelle, parlando con il suo difensore, l'avvocato Gianluca Nicolini. Seferovic aveva contattato il penalista dopo che era apparso il suo nome su alcuni quotidiani in riferimento al triplice omicidio delle sorelle rom. "Non so perché mi vogliano tirare in ballo in questa vicenda - avrebbe aggiunto - ma non ho nulla a che fare con questa tragedia".


[color=#0000BF]Licenza di uccidere[/color]
Massimo Gramellini
Venerdì 02 giugno 2017

http://www.corriere.it/caffe-gramellini ... 03b5.shtml

Il ragazzo rom arrestato ieri per il rogo delle tre sorelle di Centocelle è lo stesso che pochi mesi prima, sempre a Roma, aveva scippato la studentessa cinese travolta da un treno mentre cercava di riprendersi la borsetta. Non che da allora il ladro si fosse dato alla latitanza. Era stato regolarmente arrestato. Ma altrettanto regolarmente era tornato libero in meno di due mesi. Libero, a quanto pare, di dare fuoco a tre ragazze imprigionate dentro una roulotte.

Ammettiamo che, dal punto di vista giuridico, la decisione di lasciarlo uscire non facesse una piega. Tra prescrizioni e patteggiamenti, scontare la pena è ormai considerata una bizzarria in un Paese costretto a rimettere in strada i condannati che non è in grado di ospitare nelle sue poche e fetide carceri. Però ci sono ancora casi in cui questo esito ripudia al nostro senso più profondo di giustizia. L’imputato Serif Seferovic non era colpevole che dello scippo e solo per quello andava giudicato. Ma la morte accidentale della vittima era pur sempre avvenuta in conseguenza del suo reato. Come è possibile che questo piccolo particolare non abbia suggerito qualche precauzione speciale?


Caccia ai complici di Serif. Ma il padre: “Era con me”
maurizio tropeano
2017/06/03

http://www.lastampa.it/2017/06/03/itali ... agina.html

Serif Seferovic era stato condannato per lo scippo alla studentessa cinese Zhang Yao, travolta da un treno mentre cercava di recuperare la borsa che le era stata appena rubata. Accanto il ricordo delle tre sorelle morte nel rogo di un camper a Roma

Il cerchio intorno alla famiglia Seferovic si stringe sempre di più. Dopo l’arresto di Serif a Torino, gli investigatori della Squadra Mobile di Roma, coordinati dai pm Pierfilippo Laviani e Antonino Di Maio, stanno cercando di ricostruire tutto su quella tragica notte del 10 maggio quando a Centocelle persero la vita nell’incendio del loro camper le tre sorelle Elisabeth, Francesca e Angelica Halilovic.

Gli inquirenti hanno un movente per il rogo: la vendetta contro Romano Halilovic, il padre delle vittime, con il quale gli altri rom erano in contrasto da tempo per la spartizione di soldi e gioielli provento di estorsioni e rapine. L’ipotesi investigativa - sulla quale procedono gli accertamenti - è che mentre Serif Seferovic gettava la molotov sul camper, un suo fratello fosse alla guida del furgone con il quale i due rom raggiunsero il parcheggio del supermercato di via della Primavera. Sul luogo della strage ci sono ancora i mazzi di fiori con i quali la gente di Centocelle ha voluto esprimere dolore per la morte di una ragazza e due bambine e lo sdegno verso quanti, nelle ore successive all’incendio, avevano scritto su Facebook: tre ladre rom in meno. Ma subito le indagini si erano orientate verso l’ipotesi di un regolamento di conti all’interno della comunità nomade, abbandonando l’altra pista che le deliranti affermazioni sul web potevano suggerire: l’intolleranza razziale, che in effetti nella zona era palpabile a causa dei continui furti subiti nei condomini e dell’attività di rovistaggio compiuta dai rom nei cassonetti dell’immondizia.

Da parte sua Serif, oggi detenuto nel carcere di Torino con le accuse di omicidio plurimo, tentato omicidio e incendio doloso, si difende: «Io non c’entro nulla con questa vicenda, in quei giorni non mi trovavo neanche a Roma. Non capisco perché mi vogliono tirare in ballo in questa vicenda, ma non c’entro». Una difesa condivisa dal padre che ha dichiarato: «Quella notte abbiamo dormito in una area di parcheggio nella zona di Prati Fiscali, eravamo una quarantina di persone. Mio figlio era con me: non è stato lui». «Sicuramente in quella zona ci sono delle telecamere che potrebbero confermare la presenza della famiglia Seferovic», sostiene l’avvocato Gianluca Nicolini che fa trapelare anche un episodio che potrebbe forse scagionare l’accusato: quella notte Serif sarebbe stato fermato da una pattuglia insieme ai suoi familiari in tutt’altra zona: a Prati Fiscali, appunto.

Lo stesso penalista era riuscito a tirare Serif fuori dai guai dopo lo scippo alla studentessa cinese Zhang Yao, uccisa da un treno mentre inseguiva il rom e i suoi complici. Un delitto che portò a Serif la mite condanna a due anni, grazie allo sconto di pena. In quell’occasione Serif trascorse 20 giorni in carcere, prima che Nicolini spuntasse per lui i domiciliari e la pena di due anni con lo sconto. Ed è proprio al legale che l’11 maggio scorso, l’indiziato assicurò al telefono: «Non sono stato io», riferendosi al rogo di Centocelle. Dovrà ripeterlo lunedì al gip di Torino che lo interrogherà per la convalida del fermo. Il giorno dopo, accertamenti tecnici irripetibili con il prelievo di un campione biologico: la procura di Roma è certa che le impronte di cui dispone siano quelle di Serif Seferovic.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 1:05 pm

Roma, tre rom fuggono dalla polizia e investono 9 persone: muore una donna

Inseguiti dagli agenti hanno falciato passanti e motociclisti. Catturata una rom, in fuga gli altri due. Una donna è morta sul colpo, mentre altre otto sono rimaste ferite

Mario Valenza - Mer, 27/05/2015

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 33836.html

A bordo ci sarbbero stati tre rom. Dopo avre intimato l'alt, l'auto avrebbe forzato il blocco dandosi alla fuga. Così è scattato l'inseguimento.

Nella corsa sfrenata i rom hanno travolto alcune persone ferme alla fermata del bus. Una donna filippina di 44 anni è morta sul colpo, mentre altre ottono sono rimaste ferite. Si tratta di altri due filippini, un uomo di 38 anni e una donna di 47 ricoverata in codice rosso; 3 donne italiane, una di 33 anni in codice rosso e altre due di 19 e 29 anni; due ragazze francesi di 24 anni, di cui una in codice rosso; infine un ragazzo moldavo di 22 anni.

Poi gli zingari hanno abbandonato l'auto e sono fuggiti a piedi. Ora è caccia ai tre uomini in tutta la Capitale. Secondo la ricostruzione della questura "l’equipaggio di una Volante, transitando su via di Boccea, ha intimato l’alt al conducente che procedeva a forte velocità zigzagando tra le auto - si legge nella nota -. L’autista del veicolo invece di arrestare la marcia ha spinto il piede sull’acceleratore ed ha tentato di fuggire. Giunti all’altezza della fermata del Metro Battistini i fuggitivi hanno investito un gruppo di persone ed hanno continuato la corsa. Raggiunti dopo alcuni chilometri di inseguimento, i tre hanno arrestato la marcia all’altezza di via di Montespaccato ed una volta scesi dalla macchina sono fuggiti. Inseguiti dai poliziotti, due dei tre occupanti sono riusciti a far perdere le proprie tracce" mentre un terza, una ragazzina di 17 anni è stata fermata.



http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 34026.html

È stato catturato uno dei due rom ricercati dopo il tragico incidente avvenuto ieri sera a Primavalle, costato la vita a una donna e il ferimento di otto persone. Essendo minorenne il suo nome è già stato segnalato alla Procura della Repubblica dei minori.

Il rom in questione è stato denunciato per concorso in omicidio volontario, imputazione identica a quella contestata alla ragazza di 17 anni fermata ieri sera dopo il tragico incidente. Per quanto riguarda la terza persona che era sulla macchina, sono ancora in corso le ricerche e finora non si è ancora accertato se si tratti di un maggiorenne o di un minorenne.
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Gli uomini della squadra mobile della polizia avevano messo al setaccio i campi rom, in primis quelli di Monachina e Cesare Lombroso, i più vicini al luogo del delitto. Due erano le persone ricercate, viste allontanarsi a piedi al termine dell’inseguimento. Da mercoledì sera è stata rafforzata la vigilanza delle forze dell'ordine nei campi nomadi di Roma. Con un clima già molto teso si vuole evitare che dalle minacce, comparse anche sui social network, qualcuno pensi di mettere in atto una vendetta privata contro i rom.


La tragedia

Il gruppetto di persone stava aspettando l’autobus a una fermata alla periferia di Roma quando una Lancia Lybra che procedeva a velocità folle li ha falciati, uccidendo sul colpo una donna filippina di 44 anni. A terra sono rimaste altre quattro persone, tra urla e sangue sull’asfalto. La macchina pirata, inseguita da una volante della polizia che le aveva intimato l’alt poco prima, ha proseguito la corsa raggiungendo i 120-130 km/h in strade molto trafficate e investito altre due donne in motorino e un’altra a piedi. I tre a bordo hanno poi abbandonato l’auto e due di loro sono fuggiti a piedi, con gli agenti alle calcagna. Una ragazza di 17 anni è stata bloccata. Si tratterebbe, a quanto pare, di nomadi del campo della Monachina. Questo ha scatenato un'aspra polemica politica e durissime accuse sui social. La procura di Roma procede per omicidio volontario, reato che sarà contestato al conducente della macchina.

"Puntavano sulla folla" racconta un altro al Messaggero. La Lancia verso le ore 20 viaggiava a forte velocità su via di Boccea facendo zig zag tra le altre automobili.

La Scientifica effettua rilievi sull'auto dei fuggitivi in via di Boccea dopo l'incidente

Una pattuglia ha intimato l’alt, ma il conducente invece di rallentare ha accelerato ancora nel tentativo di fuggire. Arrivato all’altezza della stazione metro Battistini della linea A - secondo la prima ricostruzione -, ha investito un gruppo di persone e proseguito ancora la corsa. L’inseguimento è durato alcuni chilometri - mentre la gente accorreva a soccorrere i feriti e chiamare il 118 - finché i tre non si sono fermati all’altezza di via di Montespaccato e scesi dalla macchina sono fuggiti. Inseguiti dai poliziotti, due dei tre occupanti sono riusciti a dileguarsi, mentre la ragazza è stata bloccata.

In via di Montespaccato l’auto ha investito altre due donne a bordo di uno scooter e un’altra a piedi. "Ho sentito le sirene della polizia e poi un gran botto - dice Franco Palozzi, che abita davanti alla fermata metro -. Mi sono affacciato alla finestra e c’erano delle persone per terra, ferite. Una donna che non si muoveva, la testa fracassata". "C’era sangue ovunque", ha riferito un commerciante di via Battistini, una zona molto popolosa e con tantissimi negozi.

La famiglia chiede scusa

"Vogliamo chiedere scusa alla famiglia della vittima dell’incidente e a tutti i feriti. Se potessimo incontrare quelle persone, chiederemmo loro perdono". Lo hanno detto i familiari del ragazzo ricercato per l’incidente di ieri sera a Roma costato la vita a una donna filippina di 44 anni e che ha causato il ferimento di 8 persone.


La polemica politica

Immediata la polemica politica, con l’opposizione in Campidoglio che dice "basta al buonismo di Marino con i Rom" e la leader di Fdi-An Giorgia Meloni che afferma: "Di fronte a delinquenti senza legge che rubano e uccidono il buonismo è complicità". Su Facebook e Twitter si scatenato i commenti rabbiosi degli utenti, tra un "cacciamoli tutti!" e un "i Rom devono morire".

"Tre rom sono scappati all’alt della Polizia" e "hanno ammazzato una donna, otto i feriti - scrive su facebook Matteo Salvini, leader della Lega -. Pare che l’auto sia intestata a un Rom, che ne ha altre 24. Una preghiera. Per il resto... ruspa!!!!! Quando
torneremo al governo, raderemo al suolo uno per uno tutti ’sti maledetti campi Rom, partendo da quelli abusivi".


Incidente Roma, il padre dei rom: guidavo io, ero ubriaco
http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA ... 1403.shtml
Venerdì 29 Maggio

«Sono stato io, perché io beve molto, io ubriaco, io ritirata pure patente. Credetemi: vi prego, per favore. Il colpevole eccolo qua».

Un vortice di nebbia e di parole confonde le acque nelle indagini sull'auto pirata che mercoledì ha falciato nove pedoni a Primavalle e schiacciato senza pietà una colf filippina lasciando un morto e otto feriti sull'asfalto. Il padre di uno dei due nomadi bosniaci ricercati per l'incidente si è autoaccusato ieri sera della tragedia in una intervista al Tg5 ma non viene creduto dalla polizia. L'uomo, per gli investigatori, starebbe cercando di depistare l'inchiesta e non sarebbe l'unico.

La zingara di diciassette anni che era sulla macchina, fermata poco dopo l'incidente, è riuscita acrobaticamente a non dire niente di preciso sull'identità delle persone a bordo. Uno dei fuggitivi potrebbe essere il compagno rom da cui ha un figlio di dieci mesi, ma lei non è sicura. L'altro potrebbe essere un fratello di lui, ma non è detto. Perché scappassero, chi lo sa. Al che gli uomini della Squadra Mobile, capita l'antifona, hanno ordinato l'arresto della giovane per concorso in omicidio volontario. C'è stata una vittima, c'è una città sconvolta e a tutto c'è un limite.

I FUGGIASCHI
Il Questore di Roma, Nicolò D'Angelo, e il capo della Squadra Mobile, Luigi Silipo, hanno confermato che ci sono dei ricercati e che al momento sono irreperibili. Una telecamera li avrebbe ripresi. Si tratterebbe di due fratelli (uno minorenne, altro non si sa) che fanno parte del clan degli Halilovic nel campo nomadi della Monachina sull'Aurelia. Uno di loro sarebbe stato alla guida della Lancia ”Lybra” che per sfuggire a un controllo non ha esitato a travolgere una decina di pedoni seminando sangue, morte e sconcerto in via Mattia Battistini.

Uno dei fuggiaschi, di cui non si conoscono le generalità, sarebbe il “marito” della giovane in arresto e ha sicuramente meno di diciotto anni: il suo nome è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura dei Minori. Gli identikit dei sospettati sono stati diramati a tutte le frontiere anche se gli investigatori ritengono che i due siano ancora a Roma. «Non avranno scampo, li prenderemo - ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano - Pagheranno caro e fino in fondo».

L'INTERVISTA
La cortina fumogena sparsa attorno all'inchiesta si è infittita quando Bato Halilovic, il nomade che aveva fisicamente la disponibilità della macchina, uomo con problemi di alcol e forse di cuore, si è assunto la responsabilità dell'incidente nell'intervista al Tg5. «Sono stato io - ha detto - Ero ubriaco». La stessa versione era stata fornita in mattinata dalla moglie in una delle baracche del campo della Monachina nell'estrema periferia ovest. «È andato via da qui con l'auto e guidava lui», ha detto la donna.

Ma è evidente che gli investigatori non credono ai familiari dei ricercati e pensano a un ingarbugliato tentativo di mescolare le carte. Bato Halilovic non è stato arrestato ed è probabile che per lui scattino le accuse di favoreggiamento o di autocalunnia. La vicenda riporta a galla gli intrecci tra la malavita italiana e alcuni clan della galassia rom. La storia della macchina investitrice in questo senso la dice lunga. Il veicolo è intestato a un pregiudicato campano di Castellamare di Stabia che ne possiede altri venti.

Il classico prestanome o qualcuno - come si dice - che ci mette le macchine. L'ultimo passaggio di proprietà risale all'inizio di questa settimana. Venti giorni fa l'auto era nel campo nomadi di via di Salone nella periferia est. Per che cosa veniva usata? Come e perché la Lancia è finita nelle mani degli Halilovic? C'era qualcosa a bordo del veicolo quando il conducente ha deciso di spazzare via dieci pedoni come birilli per non farsi prendere? L'uomo, chiunque fosse, non si è fermato neppure quando ha visto che Corazon Perez, la filippina morta con la testa schiacciata, scivolava disperatamente sul cofano e finiva sotto le ruote. Ci vuole un movente per tanta ferocia e non può essere solo stupidità criminale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 4:06 pm

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La musica del padrino e l'elicottero che getta petali di rosa sui presenti: è l'ultimo saluto ad uno dei maggiorenti del clan Casamonica.
"Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso" recita un manifesto all'entrata della chiesa don Bosco nella Capitale. Il prefetto Gabrielli: "Non eravamo informati, ne chiederemo conto"

20 agosto 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... ma/1971020

Sei cavalli neri che trainano una carrozza antica, una folla di gente che accompagna la bara e la banda musicale che intona il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola. Questo però non è un film e non è nemmeno un funerale di un mammasantissima nella Sicilia degli anni ’50. Siamo a Roma, nella chiesa Don Bosco, ed è qui che familiari e amici si sono radunati per dare ultimo saluto a Vittorio Casamonica , uno dei boss principali del clan che porta il suo nome.

“Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso” recita un manifesto all’entrata della chiesa. Il suo volto in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la Cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta “Re di Roma” a caratteri scatolati per omaggiare un pezzo da Novanta del clan che nella Capitale gestisce il racket delle estorsioni e dell’usura nella periferia sud est di Roma. Un funerale in cui la parola d’ordine sembra essere una sola: mettere in scena tutto lo sfarzo possibile. E infatti il feretro del boss Casamonica viene trascinato dalla carrozza per le strade della capitale, quasi fosse un capo di Stato, mentre un elicottero lancia petali rossi sulla folla di presenti, che applaude e lancia grida di commiato verso la bara del defunto. Che alla fine viene caricato su una Rolls-Royce, come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da Hollywood, mentre la banda musicale suona la colonna sonora di un altro celebre film: “2001 Odissea nello spazio”.

Siamo alla chiesa Don Bosco, quartiere Tuscolano, la stessa che venne negata per i funerali di Pergiorgio Welby, militante del Partito Radicale, deceduto grazie all’aiuto di sanitari che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga agonia. Casamonica però non è morto grazie all’eutanasia: per il boss la chiesa è aperta ed accogliente.Un funerale, quello di Vittorio Casamonica, del quale non era stata informata la prefettura.”Di questa vicenda la prefettura non aveva alcuna contezza. Ne chiederemo conto, per cercare di capire, al di là dei clamori, eventuali responsabilità”, promette il prefetto Franco Gabrielli.”È un episodio, continua, che non va sottovalutato, ma neanche amplificato.
Resta il fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà presa una decisione”.

Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso (e in seguito alla quale sono arrivate pesanti minacce al giornalista Lirio Abbate) il clan dei Casamonica è composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in Italia, originario dall’Abruzzo. Poi, negli Settanta si trasferiscono a Roma dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella periferie sudest della Capitale. Negli anni Novanta fanno il salto di qualità, s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana.

Ed è proprio con la Banda che inizia il suo cursus honorum Vittorio Casamonica negli anni ’70: risultava l’addetto al recupero dei crediti, aveva rapporti con Enrico Nicoletti, il cassiere di De Pedis e soci, e negli anni ’80 viene accusato di decine di sequestri di persona (in seguito verrà assolto). Poi negli anni duemila il clan viene preso di mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di milioni. Uno coinvolge anche lui: in casa gli trovano vasi archeologici provenienti chissà da dove. Come dire che il lusso sfarzoso a Vittorio Casamonica è sempre piaciuto: e adesso che se ne è andato, ha voluto ricordare a tutti di quello di cui era capace. Un addio tra sfarzo e lacrime di familiari e amici, macchine di lusso e cavalli neri, petali di rosa ed elicotteri: quasi fosse un principe.
Anzi un re: il Re di Roma.

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Casamonica, “sconcerto” nello staff del Papa: Ma la Curia di Roma difende parroco: “Non si è accorto di nulla, altri i responsabili”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... re/1971911

Mentre Bergoglio scomunica i mafiosi, alla parrocchia Don Bosco le sfarzose esequie del capoclan accompagnate dalle note del Padrino. La segreteria di Bergoglio: "Scene inedite per noi argentini". Ma le gerarchie scelgono di fare quadrato intorno al parroco: "I manifesti con il boss vestito come il Papa attaccati alla chiesa? Non si è accorto di nulla". Lo stesso luogo di culto era stato negato a Piergiorgio Welby, morto per eutanasia
di Francesco Antonio Grana | 20 agosto 2015

Mentre il Papa scomunica i mafiosi nella sua diocesi si celebrano in modo trionfale i funerali del boss Vittorio Casamonica. Il Vaticano e la Cei ufficialmente non commentano, ma dallo staff papale emerge sconcerto per le immagini del funerale viste in televisione: “Scene assolutamente inedite per noi argentini”. In Calabria, scagliandosi contro la ‘ndrangheta, Bergoglio era stato chiarissimo: “I mafiosi sono scomunicati”. Parole ancora più forti di quelle che ad Agrigento aveva pronunciato venti anni prima san Giovanni Paolo II dopo le stragi di mafia in cui erano stato uccisi i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un monito ripetuto da Bergoglio anche nella bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia in cui ha chiesto ai mafiosi e ai corrotti di convertirsi.

Fonti del vicariato di Roma, dove le immagini “hollywoodiane” delle esequie hanno provocato forte imbarazzo, spiegano a ilfattoquotidiano.it come è stato organizzato il funerale del boss Casamonica. Il sacerdote salesiano don Giancarlo Manieri, parroco della chiesa di San Giovanni Bosco a Roma, “ha accettato di celebrare le esequie in nome della misericordia di Dio chiedendo, però, massima discrezione. E così è avvenuto all’interno della chiesa. Tutto – sottolineano dal vicariato – si è svolto in maniera ordinata”. Al termine della celebrazione, però, sul piazzale antistante la parrocchia è andato in scena una sorta di funerale bis in modo trionfale. “Il parroco – precisano ancora dal vicariato – non si è accorto di nulla. Nemmeno dei manifesti del boss vestito da Papa poggiati sull’edificio della sua chiesa. Forse – replica la curia di Roma – sarebbe dovuto toccare ad altre istituzioni intervenire in quel momento”.

Ma perché il parroco non ha negato i funerali al boss Casamonica?
Nel 2006 l’allora cardinale vicario di Roma Camillo Ruini aveva vietato le esequie religiose a Piergiorgio Welby che, da anni ammalato di distrofia muscolare, aveva manifestato pubblicamente la richiesta di sospendere l’accanimento terapeutico sul suo corpo. Ruini definì la sua una “decisione sofferta, nella consapevolezza di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone, anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre, sebbene forse meno consapevoli del valore di ogni vita umana, di cui nemmeno la persona del malato può disporre”. Una strana coincidenza ha voluto che il piazzale dove furono svolti i funerali laici di Welby è lo stesso dove è stato dato l’addio in modo trionfale al boss Casamonica.

Il parroco del capoclan non se l’è sentita di negare il rito religioso. Un’ipotesi non confermata è che il sacerdote avrebbe potuto incontrare Casamonica e averlo confessato in punto di morte. Ciò avrebbe convinto il prete a dare subito il via libera alle esequie in chiesa senza nemmeno consultare il vicariato di Roma.
L’ultimo caso di funerali negati nella diocesi del Papa risale al 2013. Per Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, la curia propose ai famigliari di celebrare le esequie nella casa del defunto e non in chiesa. La proposta fu rifiutata e il funerale religioso si svolse in un tempio lefebvriano di Albano Laziale con violenti scontri all’esterno dell’edificio.
Uno stop che forse si sarebbe dovuto ripetere anche per il boss Casamonica, in ossequio ai duri moniti di Papa Francesco e ai quei preti vittime della mafia come don Pino Puglisi, oggi beato proprio per volere di Bergoglio.





Il miracolo del funerale show: Roma si scopre città mafiosa

L'assessore alla legalità Alfonso Sabella: "Quanto avvenuto dimostra che nella Capitale esistono organizzazioni di tipo mafioso legate ai rituali tipici e simbolici delle mafie tradizionali"
Matteo Scarlino 21 agosto 2015

http://www.romatoday.it/cronaca/casamon ... -sono.html

"Dunque anche a Roma...". Più delle inchieste giornalistiche, più della tempesta perfetta di Mafia Capitale, più di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, più di tutto e tutti potè Vittorio Casamonica, o meglio il suo ricordo. Già perché il funerale del capofamiglia dei rom abruzzesi sembra aver scardinato nell'immaginario dell'opinione pubblica le ultime resistenze ad associare la parola Mafia alla città di Roma.

Potenti, potentissime, le immagini della Chiesa di Don Bosco addobbata con le gigantografie del Re di Roma. Arrogante quanto assordante la litania del Padrino che ha accolto Re Vittorio all'ingresso in Chiesa. Esagerati i petali piovuti dal cielo da un elicottero che nessuno sa come potesse volare sopra quella chiesa. Troppo di tutto per derubricare, come accaduto sinora, a folklore, a tradizione rom, a semplice manifestazione culturale.

E' l'assessore alla legalità Alfonso Sabella a non usare giri di parole: "Quanto avvenuto dimostra che nella Capitale esistono organizzazioni di tipo mafioso legate peraltro ai rituali tipici e simbolici delle mafie tradizionali. Tali rituali sono volti a manifestare pubblicamente la potenza e l'arroganza del sodalizio allo scopo di rafforzare quel clima di intimidazione e omertà che consente di mantenere il controllo del territorio". E Sabella entra anche nel dettaglio: "La Roll Royce è la vettura solitamente utilizzata per tutti i matrimoni dei boss di Cosa nostra, i funerali dei capi mafia degli anni '60 e '70 vedevano sempre presenti cavalli bardati di ottone che trainavano il carro funebre e anche Leoluca Bagarella aveva scelto quale sottofondo musicale per il video delle sue nozze la musica de Il Padrino.

Sabella descrive poi "l'elicottero come una novità chiaramente finalizzata a una ulteriore spettacolarizzazione di un evento doloroso per dimostrare ai 'sudditi' la potenza e la ricchezza del defunto Re e dei suoi principi ereditari e per marcare la capacità del sodalizio di agire come se non solo la terra ma anche il cielo della Capitale sia cosa loro".

Un funerale deflagrante, a livello mediatico, quanto una bomba che ricorda e riporta alla mente le esequie di Lucky Luciano. Ma chi è Vittorio Casamonica? Chi sono questi Casamonica? Vittorio Casamonica è il capo famiglia, il punto di riferimento degli oltre 1000 appartenenti (secondo l'ex squadra della mobile Vittorio Rizzi, ndr) alla famiglia di Roma Sud. Secondo la Questura di Roma Re Vittorio "risulta ai margini degli ambienti criminali, come confermato dalle recenti attività investigative nel corso delle quali lo stesso non è mai emerso". Una brava persona, un buono, un generoso lo descrivevano ieri fuori dalla Chiesa. Che fosse però uno che conta lo racconta il funerale, lo raccontano quei manifesti che lo dipingono come un Re conquistatore. Re, uno dei quattro disegnati da Lirio Abbate, nell'inchiesta giornalistica che disvelò e anticipò di oltre un anno quella che poi sarebbe stata Mafia Capitale.

E la famiglia di Re Vittorio non è solo folklore. Il nome proviene dagli omonimi rom stanziali, originari dell'Abruzzo e giunti da Pescara nella Capitale negli anni settanta. Dediti al commercio di cavalli, tanto remunerativo da dar mangiare, secondo i membri della famiglia, a tutti, i Casamonica hanno nel tempo impiantato i propri affari nelle zona sud ed est di Roma. Il loro feudo storico è tra Morena e la Romanina. Qui hanno le loro ville ed hanno eretto le basi per i propri affari. Anagnina, Porta Furba e Tuscolano sono i feudi dove si estende il loro controllo.

Secondo la Direzione Investigativa Antimafia sarebbe la struttura criminale più potente e radicata del Lazio. Il patrimonio viene stimato in circa 90 milioni di euro. Di cosa si occupano? Praticamente di tutto: dall'edilizia, al settore immobiliare, dalla ristorazione agli stabilimenti balneari. Le loro mani sono ovunque. Varie indagini di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno accertato che l'attività usuraria è fiorente con una capillarità totale sul territori.

Sono ricchissimi e non fanno nulla per nasconderlo. Per farsene un'idea basta guardare i loro profili facebook dove ville, macchine di lusso, gioielli, sono lo sfondo di una ricchezza tutta da ostentare.

Sono state poi le operazioni che hanno portato agli arresti di alcuni membri a mostrare rubinetti d'oro, ville sfarzose, gioielli, macchine di lusso e denaro. Due le operazioni più importanti per svelare gli affari dei Casamonica. La prima del 2004. A coordinarla la DIA e la Procura Distrettuale Antimafia. Secondo quell'inchiesta fu accertato che il capitale ricavato dai traffici illeciti veniva investito nell'edilizia per costruire ville e in società romane, la restante parte del denaro era custodita in alcune banche nel Principato di Monaco, per un totale di diversi milioni di euro.

Il secondo storico blitz fu quello del gennaio del 2012. Una maxi operazione di polizia e carabinieri a Roma contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, portò in manette 39 esponenti della famiglia e al sequestro di beni per milioni e milioni di euro. In quell'occasione, per la prima volta nella loro storia criminale, si provò a formalizzare l'imputazione di associazione per delinquere nei confronti di alcuni esponenti della banda. Molti di loro però sono stati scagionati e gran parte dei beni sono stati a loro riconsegnati.

In mondo di Mezzo i Casamonica vengono citati più volte, ma solo marginalmente. Sono lì, sullo sfondo, potenti, potentissimi, da interpellare se c'è da muovere anche solo una foglia. Da ieri, dal 20 agosto, quel funerale, quelle immagini, hanno iscritto questa famiglia nell'immaginario nazionale, ergendoli a nuovo simbolo della Capitale e del suo lento, quanto inesorabile, declino.




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Casamonica, la famiglia del boss contro Matteo Salvini a In Onda su La7

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... -boss.html

Puntata surreale di In Onda su La7. Si parla dello scandaloso funerale di Vittorio Casamonica, il boss della famiglia rom della Capitale salutato giovedì alla chiesa Don Giovanni Bosco in un tripudio di Rolls Royce, petali di rosa, banda che suona il tema del Padrino, elicottero e striscioni sulla facciata della chiesa, con su scritto un gigantesco "Re di Roma".

"Pulitevi la bocca" - In collegamento ci sono due parenti del defunto e Matteo Salvini e l'effetto è straniante. Il signor Casamonica si esibisce in capolavori di questo tipo: "Se uno ha sbagliato non ha sbagliato per sempre", alludendo ai guai giudiziari della casata, coinvolta fin dai tempi della Banda della Magliana in inchieste per spaccio di droga, racket, estorsioni. Salvini chiede se ha precedenti penali e lui, candido: "Tutti". "Conoscete Buzzi e Carminati?", "Se la vedranno i giudici e i magistrati". E ancora: "Perché avete scelto la musica del Padrino?", e qui scatta la rabbia dei Casamonica: "La prossima volta speriamo che il funerale lo faranno a voi con l'Inno di Mameli". Imbarazzo in studio, Salvini si sbraccia come dire "finiamola qua". Il culmine, però, si raggiunge quando di fronte ai dubbi posti con fin troppo rispetto sulla "onorabilità" della famiglia Casamonica, l'erede di Don Vittorio si scalda: "Quanto parliamo della mia cultura pulitevi la bocca".

"Portategli via tutti i soldi" - Il segretario leghista pone ciclicamente un paio di domande: "Ma come campate voi? Questo non è un paese normale, c'è un sindaco a Roma? C'è qualcuno nella Chiesa che risponderà di quanto accaduto?". Risposte che non arrivano dai Casamonica e che non sono ancora arrivate dalle istituzioni. Quando i conduttori David Parenzo e Tommaso Labate chiedono a Salvini cosa farebbe se fosse al posto di Marino, il leghista è categorico: "I signori hanno tanti soldi, i macchinoni, le ville? Come lo giustificano? Perché un imprenditore deve rispondere agli studi di settore e loro no? Se governassi Roma, gli porterei via fino all'ultimo euro non giustificato". La situazione degenera: "Perché con i 5mila euro che ci hanno sequestrato (5 milioni di euro, ndr) non avete aiutato i terremotati de L'Aquila? - domanda una signora Casamonica, in un clima tragicomico -. Salvini li ha messi lei i soldi per il nostro funerale? Quando schiatta lei...". E Salvini chiude in bellezza: mani in alto, segno delle corna e un "Tiè" che chiude in bellezza una vicenda agghiacciante.
21 Agosto 2015



Casamonica, nelle sue mani l'eroina della Capitale ma lui diceva: «Sono solo uno zingaro»
Venerdì 21 Agosto 2015
http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA ... 5436.shtml
di Sara Menafra

Su Youtube il più cliccato è un video in cui canta My Way: interno giorno, in una casa piena di quadri e di uomini con gli occhiali da sole e i capelli lunghi. Ed è vero, Vittorio Casamonica «did it» a modo suo, come urlava Frank Sinatra. Negli anni '70 è tra i capifamiglia del clan sinti che, da secoli radicato in Abruzzo, decide di spostarsi a Roma in cerca di fortuna. Il commercio di eroina è ancora un affare emergente e per la famiglia è facile inserirsi, anche grazie ai rapporti di parentela con i nomadi Di Silvio. Come racconta l'ordinanza di custodia cautelare che nel 2012 porta dentro 39 affiliati ipotizzando per la prima volta che i Casamonica siano un'associazione per delinquere (l'accusa è stata recentemente smontata in appello), la famiglia è «del tutto autosufficiente nelle modalità di approvvigionamento della sostanza stupefacente, nelle condotte di cessione, nell'organizzazione dell'acquisizione dei proventi e del loro reinvestimento». Dunque, può battere la concorrenza anche sui prezzi. Vittorio è considerato un capo, o almeno uno dei capi. Nel 2004, quando una maxi retata colpisce il clan ma lui subisce solo un sequestro ed una interdittiva antimafia, tutti sanno che in famiglia lo chiamano «Il Re» come ricordavano ieri i manifesti appesi in chiesa. Ai giornalisti che lo vanno a cercare, risponde sorridente: «Sono uno zingaro e vendo macchine, non so niente di mafia e usura. La mia famiglia ha sempre commerciato cavalli».

IL BUNKER
La base operativa della famiglia, dove periodicamente si svolgono blitz che non hanno mai decapitato l'organizzazione, è nella zona della Romanina: un popoloso agglomerato di edifici originariamente abusivi, non lontano dallo svincolo del Gra verso l'autostrada Roma- Napoli. Da qui, la famiglia controlla le aree meridionali della città, soprattutto i quartieri Appio, Tuscolano, Anagnina, Tor Bella Monaca. E lo fa in modo militare. Scrive la Direzione nazionale antimafia in un dossier sul Lazio: «Particolarità del gruppo criminale è quella di attuare un controllo sistematico di varie strade, trasformate in una sorta di enclave all'interno della quale la polizia giudiziaria non riesce a svolgere i suoi compiti istituzionali sia per il rischio di ritorsioni anche violente, sia per la sussistenza di una rete di sorveglianza efficacissima composta da punti di avvistamento controllati dalle cd. sentinelle». La forza e il controllo territoriale, consentono ai Casamonica di stringere accordi anche con le 'ndrine dei Piromalli e dei Molè oltre che con la criminalità romana (la collaborazione è stata stretta anche con la Mafia capitale di Carminati).

IL LEGAME CON NICOLETTI
Vittorio fin dall'inizio ci mette del suo. A metà anni '80 è accanto all'ex cassiere della Banda della Magliana Enrico Nicoletti nell'attività di recupero crediti o di estorsione contro i negozianti che si rifiutano di obbedire ai voleri dell'usuraio. Sarebbe stato lui il garante del patto che permette al cassiere di chiamare «gli zingari» quando un venditore di auto di lusso rifiuta di restituirgli l'anticipo già versato, o quando un altro concessionario non vuol cedere l'attività al cassiere che si è invaghito del suo redditizio autosalone. Tutto quello che guadagna, «il Re» lo investe. Soprattutto in opere d'arte. Nel corso della retata del 2004, quando 400 agenti della Dia si presentano nel fortino dai rubinetti d'oro della Romanina, restano sorpresi dalla quantità di beni preziosi accumulati dal capo clan che ha in casa persino dei vasi archeologici. L'ultima Ferrari, invece, Vittorio Casamonica l'ha comprata un anno fa, con una truffa che gli è costata una condanna di un anno e pochi mesi.


Palladino: «I clan degli zingari in forte ascesa: trattano alla pari con le altre mafie»
di Francesco Lo Dico— 06 Settembre 2015
http://gds.it/2015/09/06/palladino-i-cl ... fie_405761

Andrea Palladino, giornalista freelance che ormai da molti anni scava tra le pieghe di fenomeni criminali per testate come Le Monde e L' Espresso, si è reso protagonista pochi giorni fa di un' importante inchiesta apparsa sul Fatto Quotidiano, intitolata «Modello Casamonica: i clan che mirano alto». Sull' onda delle recenti polemiche sortite dalle esequie dell' ormai famigerato Marlon Brando zingaro, l' autore ha lanciato l' allarme: non è tutto folklore quello che luccica. Die trole carrozze, le rose e le note solenni di Nino Rota, si cela lo spartito, per niente soave, delle nuove mafie zingare. Che partite da Roma, ormai prosperano anche nel centro Italia e persino al Sud.
Quali sono le caratteristiche di queste nuove famiglie mafiose?
«Parliamo di persone di origine Sinti e in parte Rom. Di nomadi che arrivarono in Italia secoli orso no per poi diventare stanziali. Hanno avuto una storia molto diversa dagli altri Rom. E non vanno assolutamente confusi con quelli che in Italia sono spesso vittime di situazioni sociali difficili».

Come nasce il fenomeno delle mafie zingare?
«Tutto cominciò con alcuni gruppi arrivati a Roma tra gli anni 60 e 70, che secondo le cronache del tempo si occupavano di cavalli da corsa. Allora i malavitosi Sinti cominciarono a essere utilizzati dalla banda della Magliana come riscossori di crediti particolarmente difficili. Pian piano misero radici nelle borgate romane e acquisirono peso sul territorio grazie a vincoli parentali molto stretti. I legami di sangue diventarono un elemento molto prezioso per la loro ascesa nel crimine. E così presero ad occuparsi di affari "marginali" della grande criminalità organizzata come la riscossione e l' estorsione, ma anche della distribuzione di stupefacenti come l'eroina».
I Casamonica di Roma non sono l' unica minaccia: i gruppi zingari hanno ruoli criminali importanti al centro e persino al Sud.
«Sebbene a Roma fosse conosciuto da anni, il grande gruppo dei Casamonica è finito sulla bocca di tutti soltanto lo scorso agosto. Il gruppo gestiva interi quartieri della capitale ribattezzati come "supermarket della droga". Ma i Casamonica hanno contatti familiari in Abruzzo e Molise, le loro regioni di origi ne. Imparentati tra loro, alcuni hanno ruoli di primo piano in città come Termoli, Isernia e Campobasso e in città come Pescara. Ma anche a Latina, dove il processo Caronte ha messo in luce una vera e propria guerra tra clan che ha visto coinvolti i Ciarelli-Di Silvio, un gruppo di Sinti e Rom legati ai Casamonica, in tentati omicidi ed estorsioni nell' ambito di scontri con altri clan della città».

E gruppi di origine zingara si sono ormai integrati anche nel sistema della 'ndrangheta. Ci racconti?
«È il caso della famiglia Abbruzzese, che a Cosenza si è ben radicata nel sistema delle 'ndrine. In alcuni processi, che sono arrivati alla pronuncia in Cassazione, è stata contestata al gruppo l' associazione a delinquere in virtù dell' alleanza con la 'ndrangheta. Il cosiddetto Clan degli zingari, gli Abbruzzese, aveva rapporti molto stretti con il clan dei Bruni».
Dall' inchiesta emerge che a Cosenza è caduto il divieto di filiazione per i Sinti. Un segnale importante.
«È una svolta che non deve stupire. Le mafie sono molto pragmatiche. L' obiettivo è conquistare territorio e potere ed estendere i traffici illeciti con ogni mezzo. Di fronte aun gruppo emergente come gli Abbruzzese, i boss non hanno posto alcun veto. Le 'ndrine si sono alleate in passato con pezzi deviati dello Stato e con la massoneria. E non hanno avuto perciò meno scrupoli nello stringere legami con i gruppi di origine zingara. Nelle ultime guerre di mafia in Calabria, il clan Abbruzzese ha avuto d' altra parte un ruolo non indifferente che ne ha manifestato fedeltà alle cosche».

Si tratta quindi di gruppi mafiosi in ascesa?
«I segnali destano allarme: occorre una stretta sorveglianza. A Roma e a Latina, i gruppi malavitosi di origini Rom e Sinti hanno dimostrato di avere abbastanza potere per sedersi al tavolo della grande criminalità organizzata: camorra, 'ndrangheta e in parte anche mafia. Lo dimostrano alcune inchieste recenti: i Casamonica hanno avuto un ruolo ben definito all' interno del sistema di Mafia Capitale. È emerso che gestivano quartieri importanti al Sud di Roma come Anagnina e Tuscolana, e altre zone di espansione edilizia ad alto tasso demografico della Capitale, caratterizzate da fenomeni criminali molto intensi».
E anche a Latina, i malavitosi Sinti non si sono certo rivelati dei comprimari.
«Il processo Caronte ha rivelato che a Latina, il clan Ciarelli-DiSilvio aveva un ruolo importante nell' estorsione, un reato che richiede grande riconoscibilità e che si fonda sul "prestigio" e sul controllo del territorio. Si tratta di due elementi che rendono la famiglia latinense assimilabile a quelle di stampo mafioso tradizionale. Lo testimoniano l' ingente quantità di beni sequestrati, e il ruolo di primo piano svolto nel narcotraffico. E tuttavia, a oggi non è stato contestato né ai Di Silvio di Latina, né ai Casamonica di Roma, il 416 bis: ossia l' associazione mafiosa».

Come sono riusciti a schivare accuse così importanti fino a oggi?
«Nelle poche inchieste giudiziarie svolte finora, si è spesso privilegiato il singolo reato senza vagliare il fenomeno nel suo complesso. Colpisce molto il caso del Lazio, dove i gruppi criminali di origini zingare erano presenti a Ostia, Latina e Roma. A oggi non c' è mai stata un' indagine alargo raggio per verificare se i tre fronti avessero qualche forma di collegamento, che andasse oltre la semplice e appurata parentela».

L' associazione mafiosa non è mai stata contestata. È una strategia studiata a tavolino dai gruppi anon averlo consentito?
«Per comprendere questo aspetto bisogna pensare alle attività criminali di questi gruppi come a un bazar. Si offrono servizi di vario genere all' interno di una struttura non verticistica, molto orizzontale. Nonostante ci siano dei boss riconosciuti, manca una cupola. E ciò facilita le cose».
Un altro elemento che caratterizza le mafie zingare è il matriarcato.
«Nel 2003-2004 la Dia di Roma fece un' importante inchiesta sui Casamonica. Gli inquirenti ricostruirono in quella occasione i flussi finanziari legati al riciclaggio del denaro. Emerse in quell' occasione che le donne avevano un importante ruolo contabile. Presiedevano spesso a operazioni finanziarie complesse, a causa di difficoltà oggettive. Gli uomini erano spesso agli arresti, e loro dovevano ingegnarsi per portare avanti gli affari. Le inchieste mettono in luce come la tradizione Sinti è caratterizzata da una spiccata cultura matriarcale. Le donne hanno nei traffici un ruolo di primo livello».

Propaggini di Mafia Capitale sarebbero presenti anche in Sicilia, al Cara di Mineo. I malavitosi zingari sono arrivati anche sull' Etna?
«Così come Tangentopoli rivelò che Milano era il motore economico di un malaffare che alimentava molte altre regioni italiane, Mafia Capitale comincia a delinearsi come il motore amministrativo e politico di una certa collusione che potrebbe avere molte più rispondenze di quanto sia emerso finora nel resto della Penisola. Anche la Sicilia, particolarmente toccata dalle migrazioni e coinvolta nell' accoglienza, potrebbe rivelarsi perciò parte di un ingranaggio corruttivo molto più importante, di cui forse non abbiamo ancora colto appieno le dimensioni».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 4:06 pm

'Ndrangheta: clan "Rango-Zingari", stangata in abbreviato: raffica di condanne
07/04/2016

http://www.zoom24.it/2016/04/07/ndrangh ... anne-14331


Ergastolo per Maurizio Rango. Dai 16 ai 2 anni e mezzo per gli altri imputati. Soltanto due le assoluzioni. Sentenza storica che riconosce per la prima volta il clan degli zingari

Una sentenza storica. E che dimostra la validità delle tesi accusatorie formulate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il clan “Rango-Zingari” esiste. E non soltanto nella percezione della collettività. Per la prima volta, una sentenza che vedeva imputate 35 persone per i reati – contestati a vario titolo – di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsioni e omicidi tende a dimostrare che nell’area urbana esisteva – e in parte esiste ancora attraverso singolari ramificazioni – una “famiglia” di ’ndrangheta capace di dettare legge e imporre le proprie regole a ogni altra organizzazione criminale presente sul territorio.

Maurizio Rango, nella sua veste di promotore e capo della malavita bruzia alleata al clan degli zingari, è stato infatti condannato con rito abbreviato all’ergastolo. Sulle sue spalle, così, è ricaduto il peso soprattutto del delitto di Luca Bruni, fratello di Michele Bruni “Bella Bella” ultimo padrino della città bruzia, morto per cause naturali. Rango e i suoi uomini – tali possono essere definiti alla luce della pronuncia di ieri sera – sono stati riconosciuti colpevoli di una serie di reati attraverso i quali è stato possibile piegare alla proprie volontà parti sane dell’economia e, secondo gli sviluppi di altre e più recenti indagini, anche uomini della politica e delle istituzioni. Dei 35 imputati, 33 sono stati condannati con rito abbreviato e soltanto due assolti: Mario Mignolo e Roberto Pastore. Per tutti gli altri, le pene comminate vanno (tolto l’ergastolo di Rango) dai 16 ai due anni e mezzo. Condannato anche il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti, l’uomo che ha consentito agli uomini dell’Arma di ritrovare i resti del corpo di Luca Bruni.

Ecco, nel dettaglio, tutte le condanne: 16 anni per Antonio Abbruzzese; 16 anni per Ettore Sottile, 10 per Antonio Imbroinise, 14 anni per Antonio Intrieri e Domenico Mignolo; 10 anni per Luca Maddalena; 8 anni per Giuseppe Curioso, Alfonso Raimondo, Francesco Vivacqua, Alberto Ruffolo, Gianluca Barone; 10 anni per Francesco Ciancio; 8 anni per Fabio Calabria e Gianluca Arlia; 7 anni per Luciano Impieri; 12 anni per Celestino Bevilacqua e Rocco Bevacqua; 12 anni per Gennaro Presta, 10 anni per Attilio Chianello e Danilo Bevilacqua; 5 anni per Leonardo Bevilacqua e Cosimo Bevilacqua; 6 anni per Adolfo Foggetti, 5 anni per Mario Perri, Andrea Greco, Domenico Cafiero, Giuseppe Esposito; 6 anni per Giovanni Iannuzzi; 2 anni e sei mesi per il collaboratore di giustizia Giuseppe Montemurro; 4 anni e sei mesi anni per Simone Santoro; 2 anni e 8 mesi per Antonio Abbruzzese e Francesca Abbruzzese.


La sentenza di ieri sera è decisamente importante anche ai fini di altri processi in corso. In particolare, quello che si sta celebrando al Tribunale di Cosenza con rito ordinario e che vede imputati altri esponenti di spicco del clan. Proprio nei giorni scorsi, infatti, è stato ascoltato in aula il maggiore Michele Borrelli, capo del Nucleo investigativo dell’Arma, il quale ha ricostruito la genesi della cosca. Nelle prossime settimane, invece, sarà la volta di altri testi chiamati a deporre dalla pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore distrettuale Pierpaolo Bruni, lo stesso pm che ha sostenuto l’accusa ieri nel corso del processo in abbreviato. Il riconoscimento dell’esistenza di un vincolo associativo tra gli uomini della cosca “Rango Zingari”, che conta un altro pentito eccellente (e cioè il capo Franco Bruzzese) costituisce un elemento di novità assoluta sul piano giuridico. E dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, che i sospetti degli inquirenti non erano affatto campati in aria: le nuove alleanze stipulate tra italiani e “zingari”, con una bacinella unica e interessi comuni, ha costituito l’elemento di forza del nuovo cartello criminale di fronte al quale, però, la Dda ha saputo porre da subito un muro imponente.

Pier Paolo Cambareri
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 4:06 pm

Partizanske, una marcia di protesta contro gli “asociali” rom
da Redazione, il 1 ottobre 2012

http://www.buongiornoslovacchia.sk/inde ... ives/31707


Come era stato annunciato da tempo, sabato sono sfilate in un corteo pacifico di protesta migliaia di slovacchi nella città di Partizanske (regione di Trencin, 23mila abitanti) per il loro malcontento verso quelli che loro definiscono “cittadini non adattabili”. La manifestazione chiamata “marcia per i diritti delle persone oneste” era in gran parte diretta contro la locale popolazione rom, ed era sostenuta dall’intero consiglio comunale e in prima persona dal sindaco, Jozef Bozik.

Mentre la marcia volgeva al termine, scrive il quotidiano Sme oggi, un gruppo di circa 200 neonazisti si è staccato dal corteo e si è diretto verso l’area in cui vivono i “cittadini non adattabili” di etnia rom, e la polizia locale è intervenuta per impedire disordini. Il sindaco Bozik si è detto dispiaciuto di questo risvolto, ma ha sottolineato come la città è stata costretta a una tale protesta per attirare l’attenzione del governo sulla gravità della situazione locale. Secondo fonti della polizia, alla marcia hanno preso parte circa 3.000 persone)

Il comune aveva invitato il Ministro dell’Interno Roberto Kalinak e altri rappresentanti del ministero, che avrebbero potuto partecipare a una sessione del Consiglio comunale e così essere informati in diretta delle ponderose problematiche affrontate quotidianamente dai cittadini di Partizanske nella difficile convivenza con i rom, ma i politici non si sono presentati né hanno addotto alcuna scusa per la mancata presenza.

Il ministro Kalinak ha riferito di non non essere conoscenza di essere stato invitato, ma ha aggiunto che il suo governo intende prendere una posizione forte – più decisa di quanto accaduto finora – per risolvere questioni di questo tipo.

Bozik, eletto da una coalizione di HZDS con partiti di sinistra, ha annunciato che non sono previsti altri raduni o marce e che il suo comune, insieme alle città di Handlova (regione di Trencin) e Ziar nad Hronom (regione di Banska Bystrica) lanceranno sull’argomento una petizione popolare. La petizione comprende quattro richieste: 1) l’introduzione di più severe misure legislative contro la violazione dei diritti costituzionali delle persone oneste perpetrata da individui anti-sociali, 2) il pagamento dei sussidi sociali solo a condizione che il beneficiario si impegni a una certa quantità di lavoro, 3) una riduzione dell’età della responsabilità penale da 14 a 12 anni, e 4) la prosecuzione dei genitori per i crimini dei loro figli minorenni.

Il nuovo delegato del governo per le comunità rom che entra in carica oggi, Peter Pollak (lui stesso un esponente rom), presenterà a breve un piano per migliorare la condizione di vita della minoranza rom, allo stesso tempo risolvere la loro convivenza con i cittadini “bianchi”, anche ponendo più stringenti condizioni per l’accesso ai sussidi sociali e cercando di cambiare alcune delle peggiori abitudini degli zingari che vivono negli insediamenti in Slovacchia.

(La Redazione, Fonte Sme)
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 4:06 pm

Milano, perse il bambino e accusò agente di averla colpita con una manganellata: condannata a due anni
La donna aveva denunciato di essere stata picchiata durante uno sgombero di occupanti abusivi. Ma gli accertamenti medici smentirono la sua versione e scattò la denuncia per calunnia
24 gennaio 2017

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -156769766

È stata condannata a 2 anni e 2 mesi di reclusione Nela Ionica Drosu, la donna di etnia rom accusata di avere detto ai medici, nel novembre 2014, di avere perso il bambino che aspettava (era al sesto mese di gravidanza) a causa di una manganellata inferta qualche giorno prima da un agente di polizia durante i tafferugli scoppiati nel corso di una manifestazione contro gli sgomberi di case occupate a Milano. Lo ha deciso la X sezione penale del Tribunale di Milano, che ha riqualificato, però, il reato da "calunnia" a "simulazione di reato".

Adi Drosu, sorella della donna, a cui sono state concesse le attenuanti generiche, è stata condannata, invece, a 8 mesi di reclusione, con pena sospesa. Il pm Gianluca Prisco, che ha coordinato le indagini, aveva chiesto una condanna a 3 anni e 9 mesi per Nela Ionica Drosu e a 2 anni per Adi Drosu. Nella sua requisitoria, il pm aveva spiegato che solo gli accertamenti effettuati durante la visita medica su Drosu, arrivata alla clinica Mangiagalli la sera del 20 novembre 2014, hanno impedito che "rovinasse la vita a un poliziotto". Nela Ionica Drosu, poi, ha sostenuto il pm nella requisitoria, avrebbe anche "offerto dei soldi" ad alcuni testimoni per confermare la sua versione dei fatti. E la sorella, secondo l'accusa, avrebbe reso "false" dichiarazioni parlando addirittura di "tre manganellate".

L'avvocato Gianluca Presutto, legale della 37enne e che subito dopo la lettura del dispositivo ha annunciato ricorso in appello, nell'arringa aveva replicato al pm dicendo che "è possibile che non tutti i momenti e le situazioni della manifestazione siano stati filmati" dalle forze dell'ordine e che quindi "non è possibile escludere che ci sia stato un contatto" tra la donna e gli agenti durante i tafferugli.
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Re: Giornata europea delle vittime del nazismo zigano

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 4:28 pm

Treviso, assalti ai bancomat: arrestati 20 giostrai, perquisiti i campi nomadi
29 settembre 2016

http://video.repubblica.it/cronaca/trev ... 549/253748

I Carabinieri della città veneta hanno arrestato 20 persone appartenenti alle comunità locali di giostrai. L'operazione è scaturita da indagini prolungate, che hanno consentito agli investigatori di raccogliere elementi di colpevolezza a carico dei componenti di due distinte associazioni a delinquere dedite agli assalti ai bancomat con esplosivi per forzare i dispositivi in numerose località del Veneto e della Lombardia. Decine le abitazioni perquisite, anche nei campi nomadi, in particolare di Vicenza e Verona


Assalti ai bancomat, venti arresti raid nei campi nomadi del Veneto
Milvana Citter
Sotto accusa due gruppi criminali legati dalla presenza di un giostraio specializzato negli ordigni che facevano saltare gli sportelli. Impegnati reparti speciali, nucleo cinofili ed elicotteri
Venti giostrai arrestati per assalti a bancomat
TREVISO
2016/29-settembre

http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 4688.shtml

Oltre 200 carabinieri hanno fatto irruzione giovedì all’alba, in vari campi nomadi di Treviso, Padova, Venezia e Vicenza. Un blitz che si è concluso con l’arresto di 20 giostrai accusati di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata a commettere furti e rapine ai danni delle banche di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. A sgominarla un’indagine iniziata nel dicembre del 2015 e condotta dagli uomini del nucleo investigativo di Treviso, guidati dal capitano Nicola Darida. In manette sono finiti: Claudio Major 26 anni di Montebelluna, Donal Major 33 anni di Valdobbiandene, Lorenzo Cassol 50 anni di Montebelluna, Andrea Rossetto 38 anni di Conegliano, Davide Gabrieli Massaroni, 34 anni di Cittadella, Gionata Floriani, 39 anni di Cittadella, Rodolfo Cavazza 30 anni di Piove di Sacco, Charli Gabrieli 29 anni di Cittadella, Angelo Garbin 48 anni di Este, Renato Pietrobon 54 anni di Camposampiero, Renato Bosello 70 anni di Camposampiero e Giuliano Bonora, 32 anni di Padova; Jody Garbin 29 anni di Venezia, Euclide Major,35 anni di San Donà, Rienzi Fracasso, 67 anni di Dolo, Matteo Cavazza, 36 anni di Portogruaro; Alberto Garbin, 50 anni di Legnago, Davide Sitorri, 47 anni di Soave, Moreno Pietrobon, 43 anni di Soave, Robin Cavazza 38 anni di Spilimbergo.

Due i sodalizi criminali, uno gravitante in particolare nel Trevigiano, l’altro con frequenti trasferte anche oltre i confini regionali, il cui obiettivo erano i bancomat degli istituti di credito, da far saltare con l’esplosivo. A legare i due gruppi, un giostraio specializzato nella preparazione delle «marmotte», ossia dei dispositivi composti da polvere pirica e fili elettrici, usati per far saltare i distributori di contanti. Una quarantina i colpi che vengono loro contestati a Oderzo, Vittorio Veneto, Mansuè, Ponzano Veneto, Noventa di Piave, Mestre e Salzano, Sacile, Sandrigo, Rovato, Veleggio sul Mincio, Rossano Veneto, Camisano e Mantova. Oltre 200 gli uomini impegnati nell’operazione e coordinati dal colonnello Ruggiero Capodivento, comandante provinciale dell’Arma di Treviso. Oltre ai suoi uomini hanno operato anche i carabinieri di Padova, Vicenza e Verona con il supporto del battaglione «Veneto», del nucleo elicotteri e del nucleo cinofili di Torreglia. «Con questa operazione i Carabinieri di Treviso e i loro colleghi di Padova, Vicenza e Verona hanno dato un’altra mazzata alla malavita in Veneto. Bravi e grazie ai militi dell’Arma. Ora i responsabili vengano adeguatamente puniti con la massima severità possibile», ha detto il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia commentando l’operazione.
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