Dai veneti ai veneteghi/venetici de Xane Batista Pelegrini
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ENCICLOPEDIA TRECCANI "STORIA DI VENEZIA" 11 VOLUMI
Origini - Veneti, Venezie, Venezia: DAI VENETI AI VENETICI
Storia di Venezia (1992) di Giovan Battista Pellegrini
http://www.treccani.it/enciclopedia/ori ... di-Venezia)
capitolo ii
Dai Veneti ai Venetici
I P
1. Dai Veneti della terraferma ai Venetici della laguna
Nel suo volume Venezia ducale (1), il Cessi, dopo alcune considerazioni generali sull'origine di Venezia, sulle migrazioni e sulla sostanziale romanità della città lagunare (romanetà ???), apre la trattazione (Il Preludio) con una apparente antinomia tra Veneti e Venetici che egli subito annulla: "[...> quelli da molti secoli dimoranti sopra la terraferma; questi ospiti delle isole della laguna, quando il turbine delle invasioni straniere si scatenò tra il V e il VI secolo sopra l'angolo nord-orientale della penisola italica.
Tra gli uni e gli altri nessuna diversità sostanziale esistette, se non quella progressivamente generata da varietà di ambiente e da singolarità di vicende storiche, che contribuirono a dare nel corso dei secoli una fisionomia propria agli uni e agli altri". Non v'ha dubbio infatti che non si nota certamente una contrapposizione etno-linguistica tra i Veneti della X Regio augustea e le medesime genti trasferitesi nelle isole della laguna e nella massima parte del vicino litorale che nelle cronache alto-medievali sono denominate - e la variante non è insignificante - i Venetici.
Di ciò pare non avvertire forse il pieno significato lo stesso Cessi, il quale tuttavia (2) annota che "i profughi [...> con il trapasso non solo degli uomini, ma anche degli organi che questi reggevano, nei domicili ricostruiti dagli esuli della terraferma [...> ebbero il destino definitivamente segnato". Nel trapasso i Veneti erano diventati Venetici. Secondo noi è importante sottolineare che i Veneti diventano Venetici per il profilo dell'amministrazione politica, cioè quella bizantina. E qui anche la linguistica può portare un contributo che non ci sembra del tutto irrilevante, dato che la nuova denominazione trova, secondo noi, una sicura giustificazione.
Si noterà innanzi tutto che nella Venetia romana - unitamente all'Histria costituiva la X Regio - il popolo che maggiormente caratterizzava etnicamente la nostra circoscrizione era costituito dai Veneti, onde il nome della regione la quale non era certo popolata soltanto da Veneti (3). (Pì ke veneti a diria xenti de l'ara veneta: veneti, celti, reti, ougagni, istri, ... tuti devegnesti "veneti" = xente de la tera veneta)
Già Plinio nel suo catalogo delle città (Naturalis Historia, III, 126) all'interno della Venetia identificava e isolava una Venetia maritima e su tale concetto e sulla sua delimitazione territoriale sono molto illuminanti le osservazioni di Santo Mazzarino (4).
È certo che anche il nome latino Venetia o meglio il pl. Venetiae, con riferimento alla città lagunare che ben presto assume una sua consistenza di abitatori e successivamente una sempre più ampia importanza politica, si continua per via popolare "in loco" ed è citato anche in testi greco-bizantini come Βενετία (ad es. in Costantino Porfirogenito) (5); ma accanto alla sostanziale latinità della città, non bisogna dimenticare la sua posizione storico-amministrativa dei primi secoli, i suoi legami con l'Esarcato e la dipendenza (e protezione) da Bisanzio. A parte i noti eventi storici, mi preme sottolineare alcuni corollari linguistici che si concentrano e identificano nel nuovo etnico Venetici e nella verosimile coesistenza accanto a Venetia-ae (pl.) di una variante bizantina Βενετιϰή, equivalente a un * Venetica (urbs) di cui abbiamo sicure testimonianze, sia pure indirette. Anzi si può affermare che nel mondo orientale e, in gran parte, centro-europeo, la città - conosciuta evidentemente attraverso la sua originaria aggregazione a Bisanzio - è nota a molti popoli in un primo tempo nella forma greca che abbiamo qui supposta, una forma del resto sopravvissuta per secoli e spesso sino ai nostri giorni in parecchie lingue.
Acquista dunque una importanza rilevante il mutamento di Veneti in Venetici al quale alludeva anche il Cessi.
Una spiegazione può essere formulata soltanto utilizzando alcuni dati che ci sono offerti dalla linguistica storica, anche se apparentemente di poco conto. Ma si potrebbe subito affermare che mentre Veneti e Venetia rappresentano la tradizione latina, Venetici e * Venetica sono formalmente greci come chiarisco qui sotto. Ma conviene intanto passare in rassegna alcune testimonianze di Veneticus-i o in volgare di Venèdego, Venèdeghi, anzi più precisamente pl. Venèdesi o, con caduta della vocale finale, Venèdes nel significato di "abitanti della vecchia Venetia maritima" e senz'altro equivalente di "veneziano".
2. Le attestazioni di Venetici veneziani. Fonti
Per l'ampia documentazione di veneticus > venèdego possiamo avvalerci di varie fonti, in primo luogo
1) delle carte medievali,
2) delle cronache,
3) di testi letterari in volgare,
4) delle lingue straniere che hanno assunto il termine anche con significati particolari, e finalmente - e assai esplicite -
5) delle fonti storiche bizantine.
Traggo la documentazione delle carte riunite nei due preziosi volumetti di Documenti di Roberto Cessi (6). Cito pertanto ad es. a. 785 "[...> ut a partibus Ravennae seu Pentapolis expellerentur Venetici ad negoziandum" (7) e "[...> iure sanctae Ravennate ecclesiae ipsi Venetici praesidia atque possessiones haberent"; a. 840 (Pactum Lotharii) "[...> Petro, gloriosissimo duce Veneticorum, inter Veneticos et vicinos eorum [...>" (8) e "[...> duce Veneticorum"; a. 852 "[...> Venetici etenim suum censum, sicut consueti sunt, reddere debent [...>" (9); a. 876 "Iohannes Urso duci Veneticorum" (10); a. 877 "Iohannes Urso duci Venetie" (11); a. 880 "Urso Veneticorum duce" (12); a. 883 "[...> salva ex omni populo Veneticorum" (13); a. 888 "Concedimus habenda et ordinanda per abbatem - id est - propriamque quod Sabatinus Veneticus in Quomaclo sancto Colombano tradidit [...>" (14), ecc.
Dalle cronache riporto qualche passo dal Chronicon Altinate e dal Chronicon Gradense, per i quali basti scorrere l'Indice dall'Origo curata dal Cessi (15) che ci attesta quanto comune fosse Venetici: "[...> proterva autem Venetica gentes"; "cum appropinquasset iuxta Veneticorum naves [...>"; "[...> civitate nova Eracliane, in qua tunc magna pars Veneticorum nobilium degebat [...>", ecc. Dalla Cronaca veneziana del Diacono Giovanni (16): "[...> eisdem insulis indiderunt, qui et actenus illic degentes Venetici noncupantur; Heneti vero, licet apud Latinos una littera addatur, grece laudabilis dicuntur [...>" (17); "Quarta quidam insula estat, in quo dudum ab Eraclio imperatore fuerat civitas magnopere constructa, sed vetustate consumpta, Venetici iterum illam parvam composuerunt [...>" (18); "[...> temporibus nempe imperatoris Anastasii et Liutprandi Langobardorum regis, omnes Venetici, una cum patriarcha et episcopis convenientes [...>" (19); "fines etiam Civitatis nove que actenus a Veneticis possidentur [...>" (20); "[...> unde postmodum Venetici illum acri livore interimentes [...>" (21); "[...> Post dicessum cuius omnis Veneticorum frequentia simul collecta quendam civem Heracliane civitatis [...>" (22); ecc.
Per i testi in volgare cito dal Sonetto Travisinus (cioè in dialetto trevisano del sec. XIV) - attribuito da Nicolò de' Rossi, nel codice sivigliano del suo Canzoniere (23), a Liberale di San Pelagio - la forma Venèdes 'Veneziani' accanto a Padeguài 'Padovani' (24). Per il nostro etnico recepito da altre lingue mi rifaccio ad un importante contributo del magiaro János Balázs (25) il quale, tra l'altro, ha potuto chiarire una difficile etimologia ungherese ricorrendo al citato veneticus o meglio alla variante già veneta, venèdego 'veneziano' per spiegare l'ungh. vendég 'ospite', 'straniero', già sottoposto a vari tentativi poco riusciti. Il termine ungherese è stato associato da Balázs al venetic del romeno che significa pure 'estraneo', 'venuto di fuori', 'straniero' e alle designazioni di "Venezia" del tipo Venedik dal greco ΒενετιϰόϚ (v. qui sotto), donde passò già nel secolo XI nel lessico ungherese col senso di 'ospite', 'straniero'. La fonetica magiara è perfettamente a posto poiché la vocale interna di sillaba aperta, con lo spostamento dell'accento sulla prima sillaba, si sarebbe elisa (ven(e)digu), secondo la nota legge di Horger. Si ebbe pertanto regolarmente in ungherese vendég poiché alla base sta proprio il citato venèdego 'veneziano' di cui esistono varie attestazioni; mi limito a ricordare, in epoca relativamente tarda, ad es. a. 1447 Ego Bartholomeus Venedichus nel notaio Servadio Peccator edito recentemente da Franco Rossi (26). Per quanto attiene alla denominazione ungherese citata bisogna osservare soprattutto che nella sua missione religiosa san Gherardo, cioè in ungherese Gellért (un Sagredo proveniente dall'isola di San Giorgio di Venezia), martire cristiano in Ungheria durante il regno di santo Stefano, fu accompagnato da un certo numero di Veneziani al seguito nel 1015. E Gellért rimase in Ungheria sino al 1046 quando morì, si dice, gettato nel Danubio da un gruppo di pagani. Il Balázs conclude la sua penetrante ricerca richiamando l'attenzione degli studiosi sull'area balcanico-danubiana "dove l'influsso dell'Oriente, della Grecia antica, di Bisanzio e della civiltà latina, veneziana, slava ecc. si venne fondendo in una sintesi culturale e linguistica molto complessa ed originale". Indubbiamente Veneticus e * Venetica latino-bizantini avevano avuto nel Medioevo una notevole circolazione in Europa ed in Oriente. E non vorrei escludere del tutto che il tipo toponimico bizantino per designare la città lagunare in Ungheria (ora Velence) sia stato soppiantato in un secondo tempo dal lat. Venetia anche per il nuovo ruolo semantico attribuito a venèdego, cioè vendég 'ospite' e 'straniero' nella lingua magiara.
È poi ovvio che la tradizione latina di Venetia, Venetiae sia presente in altre lingue europee, ad es. riflessa nel polacco Wenecja, nel finnico Venetsia ecc., mentre è ben noto che proprio nella lingua suomi il nome dei Veneti baltici è stato trasferito a designare la Russia che in finnico suona esattamente Venäjä (27).
Tra le fonti bizantine spicca soprattutto l'indicazione che ci dà Costantino Porfirogenito (metà del sec. X) con importanti informazioni sulla nostra città che qui traduciamo dalla nota opera De administrando imperio: "È da sapersi che i Veneti, prima di trasferirsi e di abitare nelle isole che ora essi abitano, erano denominati Henetici ed essi abitavano nella Terraferma queste città, Concordia, Giustiniana, la città di Nono ed altre molte. Bisogna sapere che coloro i quali ora sono denominati 'Venetici' e che prima erano detti Henetici, una volta trasferitisi, fondarono una città munita nella quale anche oggi risiede il doge [dux> di Venezia, una città circondata ovunque dal mare per uno spazio di circa sei milia e vi si versano ventisette fiumi. E vi sono anche delle isole verso oriente della città nelle quali quelli che ora sono chiamati Henetici costruirono delle città fortificate come la città di Grado, sede di una grande metropoli [...>" (28).
Anche più sotto, nel medesimo autore, si insiste sull'etnico nella forma più volte menzionata, accanto alla denominazione latina Βενετία.
Altri autori bizantini accennano pure a οἰ τὰϚ ΒενετϰὰϚ νήσουϚ οἰϰοῦντεϚ (gli abitanti delle isole venetiche) così s. Germano Patriarca (29); oppure Giorgio Pachymera il quale menziona i Βενετιϰοὶ... ΒενετιϰοῖϚ... accanto ai Genovesi ed ai Pisani (30).
3. 'Venetica' Venezia
Del resto Venezia, come ho osservato da vari anni (31) - ma la mia interpretazione è passata quasi inosservata (32) - fin dal medioevo per molti popoli e lingue era nota nella sua veste fonetica bizantina che è supponibile esser stata - come abbiamo detto - Venetica, in origine forse l'antica Venetia maritima, ed essa aveva il modello nel greco classico, ad es. di Strabone: Βενετιϰή.
La mia modesta novità consisteva soprattutto nel lumeggiare i vari nomi della Serenissima secondo dizioni che giungono sovente sino a noi e che non riflettono affatto la latina Venetia o Venetiae, ma si allacciano alla forma bizantina che abbiamo dovuto postulare sia pure con buoni indizi. Di ciò aveva parzialmente trattato - ma secondo noi non senza errori - lo jugoslavo Petar Skok (33) e successivamente Horace G. Lunt (34) in un articolo parallelo, assai più recente.
Tra i popoli che entrarono per primi in contatto o meglio in conflitto - e fin dall'840 - si debbono porre in prima linea i Saraceni i quali sconfissero la flotta veneziana a Taranto; ma è ben noto che i rapporti con gli Arabi (come del resto tra Musulmani e le altre repubbliche marinare) non furono sempre d'inimicizia e che le relazioni commerciali furono anzi spesso prospere. Per indicare i Veneziani gli Arabi hanno adattato alla loro lingua il noto Venetici e così pure in arabo Venezia è detta Bunduqiya. Tale forma si rifà verosimilmente ad un antecedente *Benetikía > Benedikīa e, a causa dell'instabilità delle vocali atone, da un *Bndkīa si ebbe Bund-, ove il timbro iniziale della vocale fu favorito dalla labiale b-. Tra i geografi medievali arabi accenna al villaggio Bunduqis (con -s verosimilmente di pl. greco o latino) Ibn Rustah (di origine persiana, sec. X) (35). Poco dopo ne accenna Ibn Hawqal (fine del sec. X), il quale nomina il ǧum al-Banadaqīn cioè 'golfo dei Veneziani' (36), mentre Edrisi (37) ci documenta il bahr al-banādigah, cioè 'il mare dei Veneziani', oppure ard al- 'terra dei V.' Il più grande geografo del medioevo non dimentica, subito dopo, Ravenna, cioè rab.nna, "che sta in mezzo al paese dei Veneziani, essa è la capitale dei Veneziani" (38), ove si può intravedere l'eco di fonti più antiche dato che la notizia si riferisce a qualche secolo prima (Edrisi scrive verso la metà del sec. XII). Il doge di Venezia è indicato da Edrisi con la qualifica di malik al banādiqīyyn, cioè 're dei Veneziani' (39) . Tra le lingue orientali che si rifanno alla denominazione bizantina si nota ad es. il turco con Venedik, l'armeno con Venedig ed anche il persiano conosce Wanadik 'Venite', 'Venetian state' (40). Non mancano altre lingue orientali che ci attestano forme le quali riecheggiano quella bizantina da noi supposta.
Ma particolarmente importanti sono gli adattamenti di Venezia nelle lingue slave. Si ha già una attestazione assai antica nel noto passo dello Slovo (Canto delle schiere di Igor) in russo antico ove compaiono i Veneditsi menzionati subito dopo i Nemtsi cioè iTedeschi, e prima dei Gretsi (Greci) (41). Su tale tema fornì un contributo specifico il Rudnycki (42). Il Vasmer (43) cita pure tale attestazione Veneditsi 'Veneziani' ed esso viene derivato da Veneticum, onde il turco osmanli Vänädik 'Venezia' (44). Non mancano in russo forme più recenti per designare Venezia e i Veneziani e cioè Venetsija o venetsijska zernlija (a. 1634) e veneticeskzj (Zosima a. 1420), forme provenienti direttamente dall'italiano e, come aggettivo, venetsianskij, ma anche venitsejski (in Gogol).
Le forme slovene sono ora diligentemente vagliate dal Bezlaj (45) sotto Benetke (pl.) che indica la città e si affianca al noto Benečija (etnico Benečan) che designa invece, in epoca più recente, "la Venezia slavo-friulana" con allusione all'antico dominio di Venezia (46). L'aggettivo è beneški, benečanski, e nel secolo XVI lo scrittore Trubar usa anche Benetki (qui il Bezlaj rinvia giustamente alle forme che designano i Veneti antichi). Il cèco conosce pure Benátky (gen. pl. Benatek) e le forme, come Venetiae, sono dei plurali, mentre il serbo-croato ha l'ormai antico (termine storico) Mleci (gen.: Bnetaka > Mletaka); molto diffusa è l'espressione storica mletački dužd 'il doge di Venezia'; si vedano ora varie forme dello slavo meridionale nel poderoso dizionario dello Skok (47). Questi ne indica correttamente l'origine in Veneticus, Venetici. È difficile che non abbia una storia ed un antefatto analogo anche il ted. Venedig, anche se lo Skok tenta di darne una diversa interpretazione. Nel cimbro (cioè nel dialetto bavarese dell'Altipiano di Asiago e nella veronese Lessinia) la nostra città è denominata Venedige. Per completare il panorama potremmo citare anche il bulgaro benediski 'veneziano' e il nome di persona bulgaro Venedikov che secondo il recente dizionario etimologico bulgaro (48) verrebbe, attraverso il turco Venedik, dal greco ΒενετιϰόϚ 'veneziano'. Mentre il romeno moderno ha Veneţia di tradizione latina (di certo recente!), come abbiamo già veduto, anche l'ungherese conosce Velence (a. 1519 Venenczeben 'a V.'), da Venetia > Venece > Venence > Velence con dissimilazione (49). Già il Cioranescu (50) attesta il romeno venetic, -că (anche 'ducato veneziano'), derivato correttamente dal medio greco ΒενετιϰόϚ e cf. anche l'albanese venetik (che il Leotti (51) registra solo nel senso di 'ducato' moneta) e lo slavo ecclesiastico venedikŭ. Nel recente Fjalor del 1980 (52) si cita l'etnico venedìkas 'abitante di Venezia' (Banor i venedikut con una forma analoga a quelle qui studiate) ed anche 'karakteristik për Venedikun'. Come abbiamo potuto largamente constatare, la massima parte delle forme riportate presuppongono una base Veneticus, Venetica, Veneticae per cui la nostra postulazione deve considerarsi esatta anche se la forma non compare chiaramente - per quanto si sappia - nelle carte e nelle cronache veneziane.
4. Il suffisso -ĭcus negli etnici
Risulta bene comprovato che i Veneti, per l'amministrazione bizantina, sono diventati i Βενετιϰοί, cioè i Venetici, secondo l'indole della lingua che utilizza il suffisso -ιϰοϚ frequentemente col valore di etnico. È ovvio che il suffisso -ĭcus non manca in latino, soprattutto in formazioni aggettivali, ad es. civĭcus, modĭcus, medĭcus, famelĭcus, bellĭcus, ecc. (53); del resto anche nel latino volgare -ĭcus, nelle formazioni da aggettivi risulta segnalato in parole soprattutto di derivazione greca, cf. clerĭcus ecc. (54). Ma nel caso di ctetici tratti da etnici, come per i nomi di popoli, ad esempio Gall-ĭcus, German-ĭcus, Ital-ĭcus, il modello è greco o si tratta di prestiti dal greco come in gr. ΠελασγιϰόϚ, ΒωιοτιϰόϚ, ᾿ΕλλενιϰόϚ. Lo riconosce la nota grammatica storica latina di Leumann-Hofmann-Szantyr (55), mentre lo Schwyzer (56) per il suffisso greco -ιϰόϚ, -ή, -όν afferma che esso compare fin da principio in ctetici passati ad etnici. Tali sono già in Omero ᾿ΑχαιϰόϚ, ΤϱωιϰόϚ, ΜηδιϰόϚ, ᾿ΑμβϱαϰιϰόϚ, ΦοινιϰόϚ (mentre in altri casi, quali ᾿Ομβιϰοί, ΓϱωιϰόϚ, ᾿ΑπειϱιϰόϚ gli etnici sarebbero "fremd").
Dalle considerazioni qui sopra esposte e dalla documentazione esibita pare davvero che la linguistica porti dei sostegni validi per concepire il Veneticus-i delle cronache medievali ecc. "Veneziano" una semplice trasposizione greco-bizantina di Venetus e l'adattamento del greco ΒενετιϰόϚ.
Per quanto concerne il nome della Venetia maritima, poi Venezia lagunare, come abbiamo sopra accennato, bisogna distinguere il doppio filone, quello latino che ha avuto successo e continuazione popolare soprattutto in loco e di qui il nome si è diffuso all'italiano antico con una discreta fortuna della forma popolare anche nella toponomastica veneta e altrove. Ma un successo altrettanto vitale in Europa ed in Oriente ha avuto anche la variante bizantina, cioè l'archetipo * Venetica o l'etnico Venetici in funzione di poleonimo, come abbiamo visto qui sopra.
La città lagunare è dunque definita ben presto Venetia e spesso al plurale Venetiae-arum con una contrapposizione ben netta a Padova (v. sopra), città di terraferma, ma l'uso comune di Venetiae al pl. in senso ristretto è comunque dell'epoca altomedievale (esso pare alludere al complesso delle isole). È tuttavia da segnalare che fin dal basso impero compare, per lo meno due volte, il plurale per designare la grande regione continentale (57), uso attestato da alcune epigrafi ove si accenna ad un corrector Venetiarum et Histriae (ad es. in un titolo medenese in onore di L. Nonnius Verus), un uso che si intensificherà a partire dal periodo carolingio, quando la città nascente, frazionata in numerosissime isole, è mentovata nella forma di plurale e non di certo per un modulo dotto dato che se ne hanno attestazioni popolari. Basterà rimandare qui al Ruzzante che ad es. nel dialogo del "Reduce", scena prima, così si esprime: "[...> chilò a le Vegniesie [...>" "qui a Venezia" (58). Ho ritenuto altrove che sia stata la dispersione, il mancato accentramento originario delle isole, da poco abitate permanentemente, a favorire la generalizzazione del plurale (e non è necessario risalire indietro e pensare alla contrapposizione su nominata delle due Venetiae, continentale e maritima, trasferita alla nuova città).
5. L'evoluzione regolare di Veniexia, Vegnesie ⟨ Venetia
Di tale problema onomastico si è occupato anche il Marinelli (59), ma qui il noto geografo si è espresso erroneamente: "più tardi il nome di Venezia fu assunto dalla città che doveva rendere glorioso in tutto il mondo la quale si diceva semplicemente Rialto; il che sembra avvenuto piuttosto tardi cioè non prima del secolo XIII [ma in periodo anteriore non era forse noto anche Venetica e Venetici?>. Il fatto che suonasse Veniesia, Veniexia, Venessia, Venesia, fa pensare anche ai glottologi che il vecchio nome fosse dimenticato dal popolo e rivivesse poi solamente attraverso la tradizione letteraria". Qui il Marinelli ha preso un abbaglio poiché la sua osservazione va esattamente rovesciata in quanto le forme da lui citate sono assai comuni. Basterebbe menzionare per i secoli successivi la celebre commedia anonima del '500 la Veniexiana (60), oppure la forma friulana Vegnesie (qui singolare!) (61) od ancora l'engad. che conserva tuttora Vnescha (= vneža), il soprasilvano che ha Vaniescha (= vanieža) (62) per convincersi che si tratta di evoluzione fonetica regolare di Venetia-ae. Abbiamo qui una evoluzione popolare normalissima e si dovrà precisare che da ě breve si ebbe regolarmente il dittongo nel veneziano antico (ed j di ie poteva palatalizzare la nasale); da -tj si può avere un esito sibilante sonoro, come ad es. in p a 1 a t i u m > Palasi (toponimo nel Veneto), it. palagio, da a c u t i ā r e si ebbe pure (a)gusár, da i n i t i ā r e > nisar 'incignare'(veneto sett.). È inoltre ben conosciuta la variante dell'it. ant., usata anche dal Boccaccio, Vinegia e vari nomi di località analoghi del tipo la Veneggia (anche a Belluno ecc.). Non v'ha dubbio che la forma attuale Venezia è di tradizione dotta e su di essa si è modellato il venez. odierno Venèsia.
6. I Venetici provengono in gran parte da Oderzo-Eraclea
Quanto alle immigrazioni dalla terraferma veneta dei profughi nelle isole lagunari, avvenute sicuramente in varie ondate, con qualche differenza cronologica e con nuclei provenienti da varie zone d'origine, non v'ha dubbio che si tratti di temi e analisi prettamente storiche. Ma anche in codeste ricerche fondate su pochi documenti e scarsi indizi precisi, secondo noi può essere di qualche utilità pure il vaglio linguistico delle parlate lagunari d'epoca antichissima e del periodo - sia pure per induzione - ante scriptam volgare con vari interventi anche della toponomastica. E assicurato che le labili tracce di insediamenti umani precedenti, di scarsa consistenza e spesso sporadici, non continuatisi nel tempo, non hanno avuto di certo alcun ruolo nell'assetto dell'incolato e nella formazione di una o di varie parlate romanze delle origini. È del resto nota l'acuta analisi di Vittorio Lazzarini (63) - cui ha fatto seguito il medesimo Cessi (64) - del presunto documento di fondazione di Venezia nel 421 ad opera dei "Patavienses": un'abile falsificazione quasi per dimostrare che Venezia fosse una filiazione di Padova. Tale documento ha ingannato pel passato (e non soltanto) vari storici che si sono occupati delle origini della città. Ma, come vedremo più particolarmente qui sotto (65), anche in questo caso l'analisi dialettologica viene pienamente a concordare con le argomentazioni dei buoni storici dato che i caratteri linguistici del veneziano antico discordano - e direi profondamente - da quelli del padovano (poi pavano) della medesima epoca. La leggenda veneziana accenna invece a profughi provenienti soprattutto da Altino, anche con l'occupazione di lidi, e della loro espansione verso Grado. Come afferma il Cessi (66): "le correnti iniziali di migrazione sono due: l'una dall'agro altinate in tutta la laguna centrale, sospinta prima verso oriente poi verso nord; l'altra dal territorio aquileiese e friulano la quale, discendendo lungo i lidi gradesi, venne poi a contatto con la prima".
È comunque verosimile che gran parte dei nuovi abitatori delle isole lagunari siano provenuti poi in grande massa soprattutto dalla regione opitergina (e dal Veneto orientale) e anche il Cessi (67) riconosce che la caduta di Oderzo (a. 641) ad opera dei Longobardi (68) determinò un nuovo assetto della provincia veneta e gli Opitergini per vari gradi furono costretti a ritirarsi nell'ambito della laguna anche con le ultime propaggini dislocate lungo la linea costiera. Come è ben noto, il vescovo opitergino emigrò nell'"isola innominata" che ricevette nei documenti varie denominazioni riesaminate di recente da Tozzi-Harari e da Giorgio Fedalto (69). Essa era la Civitas nova "Cittanuova" per antonomasia, ma nelle carte e cronache compare anche nelle seguenti varianti di cui quattro sono quelle fondamentali: Heraclia con la variazione Heraclia civitas, Heracliana civitas ecc., Civitas Nova con la variante Nova Civitas e nelle forme greche Τξιβιάνουβα, Νεόϰαστϱον in Costantino Porfirogenito e finalmente Civitas Nova Eracliana e varianti. Eraclea costituisce pertanto un anello importante tra Oderzo e la grande città lagunare. Qui non ci soffermiamo a ricordare avvenimenti successivi, ben noti, quali il trasferimento delle popolazioni a Malamocco-Metamauco e poi a Rivoalto-Rialto (70).
E pare ora che siano importanti le recenti ricerche archeologiche anche con l'utilizzazione dell'aerofotografia per conoscere meglio la topografia della città che prelude alla nascita e all'ulteriore potenziamento della città lagunare.
Che Oderzo rappresentasse in epoca romana (e preromana) e tardo-antica un discreto concentramento di abitanti, certamente il più importante della regione veneta centrale (assai più di Tarvisium Treviso) è dimostrato da vari indizi. In prima linea dal passaggio attraverso questa città della via Postumia (che invece non attraversava Treviso), da vari episodi di storia romana menzionati dagli autori, e dalla ricchezza di reperti e monumenti anche epigrafici che si protraggono per alcuni secoli, conservati nella massima parte nel locale Museo opitergino (71). Era assai noto l'episodio dell'opitergino C. Vulteius Capito, tribunus militum (Vulteius è di origine verosimilmente venetica), fedelissimo a Cesare ed immolatosi con la sua coorte nelle lotte tra Cesariani e Pompeiani nel 49 a.C. per non cadere nelle mani di questi ultimi: l'episodio è descritto da Lucano e per questo atto di generosa fedeltà Oderzo fu premiata da Cesare (72).
Ma gli Opitergini parteggiarono per i romani con un contingente di truppe alla guerra sociale dell'89 a.C. e nell'assedio che la città di Ascoli Piceno subì per molti mesi. Ciò è ora provato - secondo noi - dalle numerose ghiande missili rinvenute nella città, alcune delle quali portano una scritta digrafa (come è stato da me chiarito) (73):.o.ter. χin (...) cioè Otergin in grafia e lingua venetica e Optergin(orum) in grafia e lingua latina. In venetico otergin [...> proviene da una semplificazione di -p⟨i>t- > -t- e la variante O (p) terg- dovette coesistere in epoca romana con il normale Opiterg- altrimenti non si spiegherebbero le forme medievali Ovederzo e Hovederço (la pronuncia popolare è ora uderz^o).
La città romana sorse su un'antica fondazione paleoveneta, ma è probabile che poco prima della romanizzazione il centro abbia risentito, come tutto il Veneto settentrionale, anche dell'influsso linguistico e culturale celtico portato con la diffusione di tribù galliche anche in tale area (come a Tarvisium, Bellunum e certamente in Cadore) (74).
Qualche indizio di tale parziale celtizzazione pare essere offerto anche dal ciottolone funerario scoperto da qualche anno ed edito da Aldo Luigi Prosdocimi e dallo scrivente (75). Secondo il Prosdocimi (che tuttavia trascrive le due epigrafi con alcune divergenze rispetto alla mia lezione) tali elementi sarebbero forniti dagli eventuali antroponimi incisi sulla pietra (76). Comunque non mancano vari indizi per supporre che l'area opitergina fosse discretamente popolata, e che altrettanto si può supporre per il successivo trapianto di popolazione ad Eraclea la quale si reputa ora da tutti la principale madre di Venezia. Anche per tali particolari non mancano, come vedremo qui sotto, alcune connessioni con le discipline linguistiche.