SOSTITUTO D’IMPOSTA: IN APPELLO BOCCIATE LE RICHIESTE DI FIDENATO, ECCO LA SENTENZAhttp://www.movimentolibertario.com/tag/ ... o-dimpostaPublished by leonardofaccoeditore on 4 dicembre 2012 | 14 Responses
DI REDAZIONE ECCO LA SENTENZA D’APPELLO DEL GIUDICE DI TRIESTE, CON LA QUALE VENGONO RESPINTE LE ISTANZE DI GIORGIO FIDENATO, IN MERITO ALLA BATTAGLIA CHE STIAMO CONDUCENDO SUL SOSTITUTO D’IMPOSTA. ALLEGHIAMO LA SENTENZA QUI SOTTO (IN FORMATO PDF), AFFINCHE’ POSSIATE LEGGERE LE MOTIVAZIONI DEL MAGISTRATO. ORA, INIZIERA’ IL RICORSO IN CASSAZIONE SENTENZA ALLEGATA:
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http://www.movimentolibertario.com/tag/ ... o-dimposta COLPEVOLE PERCHE’ NON VUOLE LAVORARE GRATIS PER LO STATO
DI STEFANO MAGNI*
http://www.movimentolibertario.com/2013 ... o-dimpostaE’ legittimo che un privato cittadino svolga (gratuitamente) anche un lavoro vero e proprio, di esattore delle imposte? Raramente viene sollevata questa obiezione. Un solo imprenditore, il friulano Giorgio Fidenato, sta compiendo una propria rivolta individuale, da quasi quattro anni, contro questa pratica chiamata col nome molto burocratico di “sostituto d’imposta”. Dal gennaio del 2009 ha deciso di pagare il lordo nella busta paga dei suoi dipendenti. Non è evasione: i suoi stipendiati hanno ricevuto tutte le istruzioni per versare i contributi all’Inps e le tasse all’Agenzia delle Entrate. In questo modo, loro stessi possono toccare con mano quanto, in Italia, il costo del lavoro lieviti a causa del fisco e dagli enti previdenziali.
Quanto poco prendono rispetto a quanto potrebbero prendere. Ricevuta la prima cartella esattoriale, nell’autunno del 2009, Fidenato ha deciso di impugnarla e di andare in causa. La sua linea di difesa si basa sul rispetto della Costituzione. L’articolo 3 della legge suprema italiana, infatti, sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini: perché, dunque, un datore di lavoro è meno eguale degli altri, dovendo farsi carico di oneri verso lo Stato di altri suoi concittadini? L’articolo 23 della Costituzione, poi, sancisce che nessun cittadino può essere obbligato a lavorare gratuitamente per lo Stato. Fare da sostituto di imposta è indubbiamente un lavoro che richiede molto tempo ed energie: Fidenato spendeva almeno 3000 euro all’anno in consulenze per la redazione delle buste paga. Una volta ingaggiata la battaglia giuridica? «Impugnammo la cartella esattoriale presso il tribunale di Pordenone, designato per le questioni di lavoro. Si portarono a giudizio l’Inps ed Equitalia. Non c’era alcuna necessità di dimostrare il fatto e si arrivò a una prima sentenza, che ci dava torto, nel febbraio del 2011». Respinta anche la richiesta di sospendere il processo per far esaminare il caso dalla Corte Costituzionale. «Generalmente, quando un magistrato ha a che fare con un caso di diritti civili, si dimostra più sensibile. Ma i diritti di libertà economica, evidentemente, non sono considerati tali». In ogni caso: «Ci siamo opposti e abbiamo fatto ricorso alla Corte d’Appello di Trieste. Ma alla fine del 2011 abbiamo ricevuto anche una raccomandata dal Ministero del Lavoro, perché dal giugno precedente avevamo notificato loro che non avremmo più comunicato lo stipendio che stavamo versando ai nostri lavoratori. In base a ciò ci hanno comminato una multa di 20mila euro, che noi abbiamo impugnato davanti all’Ufficio del Lavoro. L’udienza è stata fissata a luglio del 2012. In quell’occasione, con il Movimento Libertario, abbiamo lanciato un appello agli altri imprenditori, perché intervenissero come parti terze nella causa, a sostegno della nostra tesi. Nonostante l’appello radiofonico di Oscar Giannino e le centinaia di telefonate di solidarietà ricevute, solo sei imprenditori si sono presentati». La causa è stata poi rinviata, al prossimo settembre, a causa dell’appello a Trieste. Che, manco a dirlo, ha avuto un esito negativo per Giorgio Fidenato. «Ora stiamo predisponendo le carte per ricorrere in Cassazione».
Alla fine, viene da pensare, non è stato evaso nemmeno un euro. Ma Fidenato passa, agli occhi dellamagistratura, per colpevole. Colpevole di non aver lavorato gratuitamente e obbligatoriamente per lo Stato. Attorno a lui, ha raccolto sporadiche solidarietà politiche, l’appoggio del piccolo Movimento Libertario, il vecchio impegno dei Radicali contro il sostituto di imposta. Ma nessuna levata di scudi da parte di quella società di piccoli e medi imprenditori che, come lui, sono vittime dello stesso abuso. Tre anni di battaglia… ne è valsa la pena? «Sì, ne vale sempre la pena. Come testimonianza. Poi vada come vada. Magari, alla Corte di Giustizia Europea, siccome il sostituto di imposta non c’è in tutti gli Stati membri… chissà che un giudice non possa considerare legittima la mia protesta».
Servizio pubblico? Vergogna! Ballarò ha trattato Fidenato in malo modo e falsando completamente la sua azione di disobbedienza civile. Canaglie
https://www.youtube.com/watch?v=9b7pXoCDXMA Con Giorgio Fidenato contro il sostituto d'imposta
https://www.youtube.com/watch?v=skA-kPaA7FkFIDENATO, SENTENZA E' FATTA, ANZI NO....
https://www.youtube.com/watch?v=l3qpsF1iVhcSOSTITUTO D'IMPOSTA, LA SENTENZA!
https://www.youtube.com/watch?v=-YnoS3RcmMwSOSTITUTO D'IMPOSTA, intervista con Fidenato!
https://www.youtube.com/watch?v=wgk-y-v5Bak ???
Palmerini, un altro resistente fiscale!
https://www.youtube.com/watch?v=--znxHswpXELO STATO, IL FISCO, I CITTADINI L’IMPRENDITORE DI PORDENONE
di PIERO OSTELLINO
Corriere della Sera del 24 Settembre 2009
https://forum.termometropolitico.it/251 ... posta.htmlDomani mattina Giorgio Fidenato, l'imprenditore di Pordenone che ha dato il via ad una ferrea lotta contro il sostituto d'imposta, sara' a Radio 24 ospite di Oscar Giannino alla trasmissione "Nove in punto . La versione di Oscar" in onda dalle 9.00 alle 10.00. Seguirà intervista di Ballarò...nel frattempo ecco l'editoriale di oggi a lui dedicato
T ommaso Padoa-Schioppa propone di celebrare il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia chiedendosi quale sia «lo stato dello Stato» («Si parli di Stato non di Nazione», Corriere di domenica scorsa). Accolgo volentieri l’invito. Questo è un esempio di «stato dello Stato» alla vigilia della discussione parlamentare sulla «Finanziaria senza tasse e tagli». Dal 1° gennaio di quest’anno, un imprenditore di Pordenone, Giorgio Fidenato, versa ai propri dipendenti lo stipendio «lordo» senza le trattenute di legge (contributi Inps, Irpef ordinaria, addizionale regionale, addizionale comunale), avendo opportunamente avvisato l’Agenzia preposta — che insiste nel chiedergli di adempiere ai suoi obblighi — del rifiuto di esercitare la funzione di «sostituto di imposta». A fondamento della propria scelta cita in giudizio l’Inps, la Società di cartolarizzazione dei crediti Inps, Equitalia Friuli Venezia Giulia, adducendo ragioni di economicità, di diritto, di giustizia e equità sociale.
Il quadro normativo in materia risale a una legge fascista del 1935 istitutiva dell’Ente previdenziale: «La parte di contributi a carico dell’assicurato è trattenuta dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta (...) L’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti uguali alle istituzioni di previdenza e assistenza»; una legge della Repubblica del 1952 ripropone la distinzione fra i contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Su uno stipendio lordo complessivo di 2.449,06 euro, la parte «salariale» di contributi ammonta a 182,51 euro, quella «padronale» (che non appare neppure in busta paga) è di 463,34 euro; lo stipendio netto percepito — detratte anche le imposte — è di 1.465 euro. Scrive Pascal Salin, un economista liberale francese: «La parte padronale dei contributi sociali non è, dunque, un carico sopportato dalle imprese, essa è soltanto la parte del salario che il datore di lavoro non ha il diritto di versare direttamente al lavoratore (...) In questo senso la parte padronale è un’imposta sul salario pagata dal dipendente e di cui l’imprenditore è solo un esattore».
La totale ignoranza nella quale è tenuto il lavoratore circa le somme versate all’Inps violerebbe gli art. 2 e 3 comma 3 della Costituzione, ostacolando il pieno sviluppo della personalità umana; l’art.3 comma 1, che sancisce il principio dell’eguaglianza. Il lavoratore autonomo dichiara personalmente i propri redditi e ha pieno diritto di difendersi contro gli accertamenti del fisco (art. 24 e 113 della Costituzione); il lavoratore dipendente non ha gli stessi diritti. La pretesa dello Stato di trasformare l’imprenditore in esattore violerebbe sia l’art. 23 — «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» nell’interpretazione che ne dà la stessa Corte costituzionale «a tutela della libertà e della proprietà individuale» — sia l’art. 41 della Costituzione («L'iniziativa economica privata è libera»). Scrive ancora Salin: «In tutte le imprese, degli uomini devono dedicare il proprio tempo a soddisfare le pretese del fisco (...). Una piccola ditta ha più difficoltà di una grande a far specializzare alcuni dipendenti del proprio organico».
Tre lavoratori che ora percepiscono lo stipendio lordo — dopo non aver neppure ricevuto risposta su come adempiere ai propri obblighi tributari e previdenziali — hanno indirizzato all’Agenzia delle entrate un libretto al portatore con le somme dovute; l’Agenzia lo ha respinto in quanto «tale mezzo di pagamento non è ammesso dalla normativa vigente». Ma il rifiuto sarebbe in contrasto sia con l’orientamento della Corte di Cassazione che l’obbligato principale è il soggetto «sostituito» (il percettore del reddito), non il «sostituto di imposta» (il datore di lavoro), sia con l’art. 1180 comma 1 Codice civile sulla efficacia estintiva del pagamento effettuato da un terzo (che in questo caso è addirittura il beneficiario della prestazione previdenziale). Ha scritto lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: «La contabilità fiscale è dunque diventata la forma moderna, ma non per questo meno odiosa, delle antiche corvées. Tra il sistema attuale delle compliances sociali e quello antico fatto dalle corvées e dalle gabellari servitù medievali, le analogie sono impressionanti, così come gli effetti paralizzanti» («Lo Stato criminogeno», ed. Laterza).
A questo punto — se non vogliono apparire complici dello «Stato criminogeno» — sarebbe utile che la Confindustria e le altre associazioni di categoria, i sindacati, la sinistra, il governo, gli intellettuali, dicessero che ne pensano di questo «stato dello Stato», di «questo imbroglio, nelle parole del liberale Salin che condivido, tramite il quale gli uomini di governo sono riusciti a imporre il concetto bismarckiano di sicurezza sociale». È chiedere troppo?