l)
La criminale dirigenza nazifascista russa incomincia a tremare, non si sente più sicura nemmeno in RussiaChi mai sarà stato:
la resistenza ucraina o la resistenza russa che vuole liberarsi di Putin e della sua demenziale e criminale politica?
O è stato Putin per giustificare un'escalation di violenza in Ucraina?
Russia, morta in un'esplosione d'auto la figlia di Dugin. Mosca: "È un attentato". Kiev: "Non siamo stati no…Repubblica.it
21 agosto 2022
https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 362413805/Un'auto guidata dalla figlia dell' "ideologo di Putin" Aleksandr Dugin, Darya Dugina, è saltata in aria nei pressi del villaggio di Velyki Vyazomi, alla periferia di Mosca. La conducente Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin, è morta in quello che appare come un attentato. Darya Dugina aveva 30 anni. Secondo il Daily Mail, che cita fonti russe i due, che tornavano da un evento pubblico, avrebbero dovuto viaggiare sulla stessa auto, ma Dugin avrebbe all'ultimo istante preso un altro veicolo.
Su Twitter circolano numerose immagini e video del luogo dell'esplosione. Per alcuni, Dugin stesso sarebbe stato l'obiettivo. Ma nel video qui sotto (da Twitter) si vedrebbe lo stesso Dugin sul luogo dell'incidente. Avrebbe quindi evitato un attentato potenzialmente rivolto a lui. Secondo RT, sarebbe proprio il filosofo e politologo ultranazionalista russo l'uomo con le mani nei capelli che si vede nei video girati sulla scena dell'esplosione.
L'auto sulla quale viaggiava Darya Dugina era una Toyota Land Cruiser Prado, di proprietà del padre. L'esplosione, riferisce la Tass, è avvenuta nell'area di Bolshiye Vyazemy, nella periferia di Mosca. Le autorità russe hanno aperto un'indagine sull'incidente che, secondo il Comitato Investigativo della Federazione Russa, sarebbe un attentato. Il Comitato infatti ha affermato che l'esplosione sarebbe stata causata da un ordigno installato a bordo dell'auto.
Toni alti ma cautela caraterizzano la reazione di più altro profilo giunta da Mosca fino ad ora. La portavoce degli esteri Zakharova ha invitato ad attendere le indagini prima di tirare conclusioni ma ha altresì dichiarato: "Se la pista di Kiev è confermata, si tratta di terrorismo di stato".
Secondo il leader della Repubblica popolare filorussa di Donetsk, Denis Pushilin, ci sono "terroristi del regime ucraino" dietro l'incidente. A detta di Pushilin, a quanto riferisce Ria Novosti, l'obiettivo dell'attentato era il padre. "I terroristi del regime ucraino, cercando di eliminare Aleksandr Dugin, hanno fatto saltare in aria sua figlia... In macchina. Beato ricordo di Darya, è una vera ragazza russa", ha scritto Pushilin nel suo canale Telegram. Darya Dugina è stata opinionista politica per il Movimento Eurasiatico Internazionale, guidato da suo padre.
L'Ucraina "non ha nulla a che fare" con l'autobomba che ha ucciso la figlia di Aleksandr Dugin. Lo ha dichiarato il consigliere presidenziale ucraino, Mikhail Podolyak. "Non siamo uno Stato criminale, come la Federazione russa, e tanto meno uno Stato terrorista", ha dichiarato Podolyak alla tv ucraina.
Un uomo assai ignorante e filo russo per non dire altro!Il "povero" Maurizio Molinari, direttore di Repubblica al meeting di Comunione e Liberazione in in dibattito sull'Ucraina ha detto tre demenzialità che lo squalificano al suolo per la grande ignoranza e per la mistificazione della realtà:
1) la responsabilità dell'aggressione all'Ucraina è esclusivamente di Putin o al massimo del suo ristretto gruppo dirigente e non certo del Popolo russo (anche se il 70% dei russi sostiene e approva il suprematismo nazifascista russo, il suo imperialismo violento e l'aggressione all'Ucraina);
2) anche l'Occidente euro americano ha le sue responsabilità per non aver aiutato la Russia a migliorarsi magari integrandola, dopo la fine dell'URSS, (assomiglia a Bergoglio Francesco quando disse la demenzialità che la guerra in Ucraina è responsabilità della NATO perché espandendosi in Ucraina avrebbe minacciato la Russia, il poveretto non sapeva nemmeno che la NATO non si era mai espansa in Ucraina);
3) la Russia deve entrare nella UE e questa deve estendersi dall'Atlantico agli Urali (il poveretto ha dimenticato che la Russia è parte della Federazione russa come entità egemone imperiale e che questa Federazione va dal Baltico e dal Mar Nero fino all'Oceano Pacifico estendendosi tra due continenti; come farebbe la Russia come Federazione russa ad entare nella UE?).
Questo poveretto (MM) ha fatto propria l'ideologia suprematista russa del nazifascista Dugin e compagni, che vorrebbe una unione statuale euroasiatica a egemonia imperiale russa
Una grande Eurasia, con capitale Mosca e guidata da Putin. Il sogno imperiale degli accoliti dello zarHuffPost Italia
08 Aprile 2022 alle 16:31
https://www.huffingtonpost.it/esteri/20 ... a-9137856/Le tesi di Dugin ma anche i libri di Il'in, Solovëv e Berdjaev: nella martellante propaganda degli uomini più vicini a Putin, il concetto di Eurasia diviene speculare e complementare a quello di Grande Russia. Per un unico dominio "da Lisbona a Vladivostok"
"In Ucraina stiamo combattendo una guerra esistenziale contro l'espansionismo occcidentale". Così stamattina il fidato ex consigliere del capo del Cremlino Sergej Karaganov al Corriere. La Russia quale grande potenza transcontinentale e "comunità di destino" è chiamata a difendersi dal caos globale creato dall'atlantismo che minaccia la sua sacra missione storica di ricreare una Grande Eurasia, "da Lisbona a Vladivostok".
Eurasia: il vero obiettivo di MoscaGabriele Minotti
4 aprile 2022
https://www.opinione.it/esteri/2022/04/ ... sia-putin/Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov si rivolge direttamente alla Nato e all’Europa. Quanto alla prima sostiene si tratti di un’organizzazione che ha perso di vista il fine difensivo per il quale è stata creata, finendo per diventare fautrice di una politica estera aggressiva e imperialista (critica credibile, se proveniente da chi di espansionismo e imperialismo non ne sa assolutamente nulla). Al tempo stesso, il rappresentante di Vladimir Putin, dichiara che gli Stati europei, difendendo l’Ucraina e mettendosi contro la Russia, stanno andando contro i loro interessi nazionali. “I rapporti tra questi due blocchi – chiarisce Peskov – potranno essere ripresi quando l’Europa avrà smaltito la sbornia americana e avrà capito che il suo futuro (del “nostro Continente”, dice il funzionario ruteno) è nell’alleanza e nel dialogo con la Russia, nell’ambito del progetto chiamato Eurasia”.
Finalmente un membro della cerchia di Putin che riesce a essere sincero, anche se in maniera del tutto involontaria e probabilmente solo per dabbenaggine. Finalmente qualcuno che chiarisce quali sono sempre stati gli obiettivi e le mire geopolitiche del Cremlino, il fine per il quale la Russia fascio-mafiosa del novello zar ha lavorato per vent’anni: l’Eurasia. In un primo momento, hanno provato a realizzare questo progetto avvicinandosi con discrezione all’Europa, simulando amicizia e offrendole gas e petrolio a prezzi stracciati per renderla energeticamente dipendente e, quindi, vincolata alle scelte del Cremlino. In un secondo momento, cercando di destabilizzare dall’interno il sistema liberal-democratico europeo attraverso i finanziamenti e la cyber-propaganda (a base di fake news e di complottismo, che hanno indotto una parte considerevole dell’opinione pubblica a diffidare delle istituzioni e dell’informazione ufficiale per rifugiarsi nella controinformazione) in favore dei movimenti euroscettici e sovranisti. Solo quando questi primi due tentativi si sono rivelati fallimentari, i russi hanno deciso di scoprire le carte, di rendere manifeste le loro intenzioni e di passare alle prove di forza.
Ma cos’è, veramente, l’Eurasia, e cosa si intende con questo termine nel linguaggio politico russo? Si tratta di un concetto da sempre presente nelle logiche e nelle visioni dei governanti e degli intellettuali russi, nonché nella loro ambizione di fare di Mosca la “Nuova Roma”. Già lo zar Alessandro I al Congresso di Vienna sosteneva la necessità di riunire gli Stati dell’Europa continentale in una federazione sotto l’egida russa. Successivamente, sul finire dell’Ottocento, tale visione geopolitica fu espressa e sintetizzata da Konstantin Leont’ev, il quale contrapponeva il “bizantinismo” –peculiare della civiltà russa e avente quali segni distintivi l’autocrazia e il cristianesimo – al “razionalismo” di matrice illuminista, ritenuto distruttore e nefasto per le popolazioni europee: da qui la necessità, per la Russia, di raggruppare sotto la sua influenza tutti i popoli non ancora “contaminati” dagli ideali illuministi per salvarli dal progressismo, dall’imborghesimento e dalla decadenza morale. Sembrano le parole di Putin, quelle dei suoi tirapiedi o del grottesco patriarca Kirill, effettivamente.
La visione di Leont’ev fu approfondita e sistematizzata successivamente, agli inizi del Ventesimo secolo, da intellettuali come Nickolaij Trubeckoj, Georgij Vernadskij e Petr Savickij. Fuggiti dalla Russia in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, i tre iniziarono a porsi degli interrogativi sulla cultura russa, ritenuta erede diretta di quella asiatica e, particolarmente, mongola. Nella loro teoria, le istituzioni e la mentalità della Russia zarista erano state fortemente influenzate dai modelli di governo e di organizzazione sociale delle tirannidi asiatiche, il cui retaggio avrebbe favorito più di ogni altra cosa la trasformazione della Russia in un’autocrazia potente, unita e monolitica e della società russa in una comunità disciplinata e organica. Da ciò i tre intellettuali derivavano il concetto di eurasiatismo, il cui postulato era l’integrazione politica di tutti i popoli culturalmente affini per resistere e opporsi all’influenza omologatrice dell’Occidente. Cosa ancor più interessante è la straordinaria lungimiranza con cui seppero prevedere l’evoluzione politica che il loro Paese avrebbe vissuto nei successivi decenni, in quanto preconizzarono la trasformazione del regime comunista sovietico in un regime autocratico, nazionalista, fortemente legato al cristianesimo ortodosso e alternativo all’Occidente democratico e individualista: il ritratto della Russia di Putin, insomma. L’ultimo degli eurasiatisti (come lui stesso amava essere definito) fu Lev Gumilev, il quale, da studioso di etnologia, faceva risalire le origini della civiltà russa alle tribù asiatiche e, particolarmente, mongole, la cui influenza – in termini di sangue e cultura – avrebbe “protetto” e reso immuni i russi dalle “contaminazioni” culturali dell’Occidente.
Arriviamo così ai giorni nostri e alla Russia contemporanea, il cui intellettuale di punta è senz’altro Alexander Dugin che, neanche a dirlo, di Gumilev è stato allievo. A lui si deve la formulazione del “neo-eurasiatismo”, che postula la necessità dell’integrazione politica e strategica tra la Russia e le nazioni europee in funzione anti-americana, anti-liberale e anti-globalista. Dopo la militanza nel gruppo ultranazionalista, fondamentalista cristiano e antisemita Pamyat – che nella Russia dei primi anni Novanta denunciava la democrazia parlamentare come strumento della “giudeo-massoneria” e che venne sciolto a seguito dei numerosi episodi di violenza di cui i suoi militanti furono protagonisti – Dugin fondò, assieme allo scrittore Eduard Limonov, il Partito nazionale bolscevico, fautore della conservazione dell’eredità morale e culturale del periodo sovietico e della fusione politica tra i popoli europei e quello russo, secondo la teoria di Jean Thiriart, teorico della “nazione europea” da Dublino a Vladivostok.
Abbandonato il progetto per dissidi con la linea di Limonov, Dugin fondò il Movimento politico panrusso “Eurasia”, che a partire dal 2001 divenne una costola di Russia Unita, il partito capeggiato da Vladimir Putin. Gli obiettivi rimangono gli stessi e sembrerebbero essere proprio quelli portati avanti dalla politica ufficiale del Cremlino: primo, quello di riunire i popoli europei sotto l’influenza di Mosca, pur lasciando ciascuna nazione libera di conservare la propria identità e le proprie radici storico-culturali; secondo, costituire un blocco antagonista agli Stati Uniti d’America e lavorare per la creazione di un mondo multipolare; terzo, lottare contro l’egemonia politico-culturale del liberalismo democratico e contro quella economica del capitalismo, in favore di una visione autocratico-collettivista, in cui i diritti e gli interessi degli individui sono subordinati e strumentali al raggiungimento di un fine generale e utile per tutti. In estrema sintesi, l’eurasiatismo non è altro che la nuova formula con cui l’imperialismo neo-zarista e post-sovietico russo cerca di accreditarsi agli occhi delle popolazioni europee. Non è altro che l’idea alla base di un progetto deprecabile, qual è quello di imporre il giogo di Mosca ai popoli liberi del Vecchio Continente. Non è altro che una teoria “fascio-comunista” in salsa moscovita.
I russi non hanno mai voluto limitarsi a difendere i propri interessi nazionali o a sperimentare forme di governo e di organizzazione sociale diverse e alternative a quelle occidentali – come spesso dichiarato da Putin in risposta alle accuse mosse al suo Paese dalle organizzazioni internazionali – ma hanno sempre cercato di esportare tale visione e di fare della Russia il cuore di un sistema di “nazioni-satelliti” (i Paesi europei) orbitanti nella sua galassia; lo “Stato-guida” di un’Europa governata da leader autocratici e assoggettati ai diktat del Cremlino. Questo, se non altro, dimostra che hanno ragione il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il premier Mario Draghi quando dicono che gli ucraini non stanno lottando solo per la loro libertà, ma per quella di tutti i popoli europei, poiché Mosca vuole asservire ognuno di loro proprio come sta cercando di fare con l’Ucraina.
Quelli che demonizzavano l’Europa come nemica della democrazia e della sovranità nazionale e che vedevano negli Usa la quintessenza dell’imperialismo e dell’unilateralismo, avvicinandosi a questa teoria e vedendo nella Russia putiniana una specie di “ancora di salvezza” hanno volontariamente (e si direbbe paradossalmente) scelto di cooperare con uno Stato che è davvero irrispettoso del diritto dei popoli all’autodeterminazione e che intende perseguire i suoi interessi nazionali a discapito di quello di altri Paesi, come nella miglior tradizione del vero imperialismo. Ciò dimostra che il problema di costoro non è mai stato la difesa della sovranità nazionale o l’indipendenza dei popoli da qualunque influenza politico-culturale esterna, ma la loro avversione alla democrazia liberale. Il motivo per cui amano i russi è solo il loro odio per la cultura e le istituzioni liberali che tanto la Ue quanto gli Usa incarnano. Tanto la destra radicale quanto la sinistra pseudo-pacifista e anti-americana osannano e strizzano l’occhio a Putin perché disprezzano l’Occidente democratico e liberale e perché auspicano di vedere le nazioni europee trasformarsi in autocrazie collettiviste agli ordini di Mosca, in tanti “protettorati” russi, in un consesso di Stati-fantoccio agli ordini del Cremlino.
Questo, se non altro, contribuisce a rafforzare e a rendere più evidente – semmai ce ne fosse stato bisogno – quello che era già abbastanza chiaro: la sfida di oggi non è più tra destra e sinistra; tra conservatori e progressisti; tra globalisti e sovranisti; ma tra visione liberal-democratica e concezione autocratico-collettivista. Ragion per cui, all’eurasiatismo di Putin, Dugin, Peskov e dei loro sodali europei (nella cultura, nella politica e nell’informazione), è oggi più che mai opportuno contrapporre una rivisitazione dell’atlantismo, che non deve più limitarsi a essere una visione geopolitica e strategica, ma che deve assurgere al rango di identità politico-culturale schierata in difesa del mondo libero rispetto a qualunque disegno volto a metterne in crisi o a ridimensionarne la predominanza e l’egemonia. Il futuro – degli Stati come degli individui – è determinato unicamente dalle scelte che compiamo nel presente. Di conseguenza, il futuro degli Stati europei – che hanno scelto di essere delle democrazie e di vivere secondo i valori di libertà – non è al fianco delle autocrazie come quella russa, ma in un serio progetto di integrazione europea e nel consolidamento dell’alleanza e della storica amicizia con gli Stati Uniti.
Quanto agli interessi nazionali – che Peskov sostiene siano stati traditi dai vari Stati europei che hanno sposato la causa ucraina – il portavoce di Putin non ha evidentemente compreso come il senso dell’Europa sia proprio quello di procedere verso il superamento degli egoismi e della logica “dell’orticello” in favore di una visione e di una strategia comune. Questo non sorprende più di tanto, visto il feroce nazionalismo che anima la Russia e che questo Paese ha cercato di risvegliare anche in Europa per dividerci, per renderci più deboli e, quindi, facili prede dei disegni espansionistici di Mosca.
Da ultimo, il fatto che la Nato abbia adottato una linea di sostanziale co-belligeranza al fianco dell’Ucraina è segno del fatto che l’alleanza è più viva che mai e sta semplicemente adempiendo alle sue funzioni: quella di difendere la sua sfera d’influenza (e i Paesi che gravitano attorno a essa) da qualunque minaccia. Peskov farebbe bene a ricordare chi è l’aggressore in questa vicenda e chi è l’aggredito. Cosa stiamo facendo se non dare agli ucraini la possibilità di resistere e di respingere i russi che sono entrati in armi nel loro territorio, che hanno distrutto le loro case, bombardato le loro infrastrutture e seminato morte e distruzione in ogni dove? Il ruolo della Nato nel conflitto russo-ucraino conferma la natura difensiva dell’Alleanza Atlantica nella misura in cui stiamo aiutando un Paese ingiustamente aggredito a difendersi da uno Stato autoritario che non tollera l’idea di avere una democrazia ai suoi confini, che pensa di poter imporre il suo volere con la violenza e di avere il diritto di esternalizzare i costi delle sue politiche di sicurezza interna sui suoi vicini di casa.
Darya Dugina, l'attentato con l'ordigno nell'auto e quella frase sugli ucraini: «Subumani da conquistare»Marco Prestisimone
21 agosto 2022
https://www.ilmessaggero.it/mondo/darya ... 82134.html Darya Dugina degli ucraini disse: «Sono subumani che devono essere conquistati». Saranno le autorità di Mosca a stabilire se fosse davvero lei l'obiettivo del probabile attentato contro la sua auto che l'ha uccisa oppure il padre Alexandr Dugin, di cui lei comunque aveva conosciuto, accettato e portato avanti il pensiero. Trentenne laureata in filosofia a Mosca nel 2015, si stava affermando, proprio come il padre, come analista geopolitica. Tanto che il Regno Unito lo scorso 4 giugno l'ha inclusa nella lista delle persone sanzionate (al pari per esempio del padre, ovviamente, ma anche di Roman Abramovich) per aver espresso appoggio e promosso politiche favorevoli all'aggressione russa dell'Ucraina. La donna era al numero 244 dell'elenco delle 1331 persone sanzionate perché «autore di alto profilo della disinformazione circa l’Ucraina e riguardo all’invasione russa dell’Ucraina su varie piattaforme online», nonché responsabile per il supporto e la promozione di politiche o iniziative di destabilizzazione dell’Ucraina per comprometterne o minacciarne «l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza». Dugina era anche oggetto di sanzioni da parte del Dipartimento del Tesoro Usa come direttrice del sito United World International (Uwi), accusato di disinformazione, di proprietà di Ievgeny Prigozhin, stretto alleato di Putin.
Dugina, il pensiero e quella frase sugli ucraini
Sui social dopo la sua morte è rimbalzata una frase dei mesi scorsi nei quali Darya Dugina aveva definito gli ucraini dei «subumani che devono essere conquistati». Infatti anche lei era una sostenitrice del Movimento eurasiatico guidato da Dugin stesso (e il progetto di Novorossiya considerato alla base dell'invasione ucraina e del progetto di annessione della Crimea) ed era divenuta una anchor woman del canale tv appartenente all’oligarca Konstantin Malofeev.
Nell'inserirla nella lista dei sanzionati, il dipartimento del Tesoro Usa indicava Darya Dugina come la responsabile di un sito di disinformazione chiamato United World International. In questo sito è stato scritto che l'Ucraina sarebbe «perita» una volta ammessa nella Nato. Il sito, spiegano gli americani, è il frutto di un'operazione di interferenza politica russa, chiamata «Project Lakhta,» che secondo i funzionari del Tesoro ha usato utenti fittizi online per interferire nelle elezioni negli Usa sin dal 2014. Nata nel 1992, era laureata in filosofia all'università statale di Mosca, Dugina aveva seguito le orma del padre e scriveva per Tsargard e Rt, testate filo Cremlino, con lo pseudonimo di Darya Platonova.
Era uno degli autori del «libro di Z» sull'invasione russa dell'Ucraina di prossima pubblicazione. Il 4 luglio era stata inserita nella lista dei sanzionati dal Regno Unito che ha descrive i suoi «frequenti contributi di alto livello alla disinformazione relativa all'Ucraina e all'invasione russa dell'Ucraina su diverse piattaforme online». In un'intervista con uno youtuber russo lo scorso marzo, Dugina ha affermato che l'identità ucraina è localizzata soprattutto nella zona occidentale mentre quella orientale, che comprende la regione del Donbass, accetterà «l'impero eurosiatico», teorizzato dal padre ideologo che ispira l'espansionismo di Vladimir Putin, sulla base della fede religiosa e della nazionalità.
Alexander Dugin, chi è il «Rasputin» del Cremlino e come nasce l'attentato che ha ucciso la figlia
Darya Dugina morta in auto: cosa sappiamo
La commentatrice politica Darya Dugina, figlia del filosofo russo filo Putin, Alexander Dugin, è morta ieri sera intorno alle 21,45 locali a bordo dell'auto su cui viaggiava, esplosa alla periferia di Mosca. Dugina era alla guida del veicolo, una Toyota del padre, quando ha preso fuoco. «Era completamente in fiamme, ha perso il controllo perché stava guidando ad alta velocità ed è volata sul lato opposto della strada», ha detto Andrei Krasnov, leader del movimento Russky Gorizont e conoscente della famiglia. Krasnov ha detto alla Tass di conoscere personalmente Dugina e che l'auto su cui viaggiava apparteneva a suo padre. «Per quanto ho capito, l'obiettivo era il padre, o forse entrambi», ha detto all'agenzia russa. Alexandr Dugin, leader del Movimento Eurasiatico, è vicino al presidente russo Vladimir Putin. Dugin è accreditato come «guida spirituale» dell'invasione russa dell'Ucraina, ed è spesso definito «il cervello di Putin». La figlia Dugina, era nata nel 1992 e ha studiato filosofia all'Università statale di Mosca. All'inizio di quest'anno, le autorità statunitensi e britanniche l'avevano accusata di aver contribuito alla disinformazione sulla guerra in Ucraina. L'auto sulla quale viaggiava Daria Dugina era una Toyota Land Cruiser Prado, di proprietà del padre. L'esplosione, riferisce la Tass, è avvenuta nell'area di Bolshiye Vyazemy, nella periferia di Mosca. Le autorità russe hanno aperto un'indagine sull'incidente che, secondo il Comitato Investigativo della Federazione Russa, sarebbe un attentato. Il Comitato infatti ha affermato che l'esplosione sarebbe stata causata da un ordigno installato a bordo dell'auto.
Capo filorusso attacca Kiev
Diversi dirigenti russi filo-Cremlino stanno accusando Kiev di aver commissionato l'omicidio di Darya Dugina, figlia dell'ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, saltata in aria sull'auto del padre la scorsa notte a Mosca. Lo scrive il Guardian. Il leader dell'autoproclamata filorussa Repubblica di Donetsk, nel Donbass, Denis Pushilin, sul suo account su Telegram, ha apertamente accusato l'Ucraina: «Vigliacchi infami! I terroristi del regime ucraino, nel tentativo di eliminare Aleksandr Dugin hanno fatto saltare in aria sua figlia. Era una vera ragazza russa!», ha scritto.
L'attentato a Darya Dugina è un messaggio a Putin? E cosa può succedere, ora?Fabrizio Dragosei
21 agosto 2022
https://www.corriere.it/esteri/22_agost ... 1658.shtmlDietro la morte della figlia di Alexander Dugin potrebbe esserci la volontà ucraina di far capire ai russi che nessuno, nella cerchia del potere di Mosca, è più al di fuori della portata dei «partigiani» di Kiev. Ma durante la guerra con la Cecenia furono attribuiti ai servizi russi degli attentati per alzare la tensione. E dare a Putin l’occasione per scatenare ritorsioni immediate e violentissime
Un attentato che segue di poche ore gli attacchi contro i militari russi in Crimea — che pure non sono stati ufficialmente rivendicati da nessuno.
Ma per molti in Russia, come ha detto esplicitamente anche la tv nazionalista Tsargrad, c’è la mano di Kiev dietro l’attentato che ha causato, nella notte tra sabato 20 e domenica 21, la morte di Darya Dugina, figlia dell’ideologo di Putin Alexander Dugin.
Che avrebbe agito con l’ intento di far capire a tutti gli abitanti del Grande Paese che l’Operazione militare speciale è in realtà una guerra vera e propria. E che la guerra non risparmia nessuno — e non si combatte solamente «altrove».
Kiev ha immediatamente negato ogni responsabilità — «non abbiamo nulla a che fare con questo , non siamo uno stato criminale o terroristico, come la Russia», ha detto Mikhailo Podolyak, braccio destro di Zelensky.
Se però verrà mai confermata la matrice ucraina (anche se è difficile che un atto terroristico come questo venga mai firmato), la distruzione della Toyota è innanzitutto un messaggio a Vladimir Putin che considera l’ideologo Dugin come una specie di padre spirituale. E a tutti i silovikì (quelli che provengono dalle forze armate e dai servizi di sicurezza) che circondano il leader russo.
Da ieri sera nessuno è più al sicuro o al di là della portata dei «partigiani» ucraini.
Gli Stati Uniti e la Nato, che stanno rifornendo il Paese aggredito con artiglieria pesante e a lunga gittata, hanno ottenuto la rassicurazione che le nuove armi non sarebbero state usate per indirizzare i colpi verso il territorio della Russia.
Lo Stato Maggiore di Zelensky sta rispettando questa consegna, ma ha deciso di ricorrere ad altri strumenti, a cominciare dai droni (come quello che si è schiantato sul comando della flotta russa del Mar Nero) che non rischiano di innescare uno scontro diretto tra Mosca e l’Occidente.
E poi è iniziata l’attività dei partigiani ucraini dietro le linee nemiche. Bandiere e murales che compaiono ovunque, azioni di sabotaggio nelle retrovie, dal Donbass alla Bielorussia.
L’esplosione dell’auto sulla quale si trovava la figlia del filosofo Dugin (e sulla quale originariamente doveva essere pure lui) è un altro passo su questa strada?
Portare la guerra nel cuore della Russia fu la strategia che adottarono gli indipendentisti ceceni alla fine degli anni Novanta, quando innescarono una serie di attentati in varie città russe, compresa la capitale.
A Grozny si muore per mano russa e ora noi facciamo vedere agli stessi russi cosa vuol dire avere il nemico in casa, era la tesi dei leader ceceni più radicali.
Ma quella strategia non ebbe successo. Anzi, servì a compattare la popolazione dietro alle autorità e a lanciare in orbita Vladimir Putin appena nominato primo ministro che divenne popolarissimo con la sua promessa di «andare ad ammazzare i terroristi fino nel cesso».
Il fallimento di quelle iniziative fu talmente clamoroso che gli oppositori del potere si dissero convinti che alcuni di quegli attentati, come quello sventato all’ultimo momento nel settembre 1999 in un palazzo di Ryazan (a sud di Mosca), fossero stati organizzati dagli stessi servizi segreti russi proprio per alimentare la «strategia della tensione». Accusa sempre sdegnosamente respinta da Putin.
L’uccisione di Daria Dugina ha già scatenato richieste di ritorsioni immediate e violentissime contro il «Reich ucraino», come viene chiamato il governo di Kiev.
E Putin, o i super falchi che lo circondano, potrebbero trarne spunto per colpire anche quelle aree che fino ad ora sono rimaste fuori dalla guerra o per ricorrere a nuovi, più pesanti strumenti bellici.
ATTENTATIGiovanni Bernardini
21 agosto 2022
https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 7926398402Come democratico liberale rifiuto, ovviamente, l’attentato come strumento di lotta politica. Ma non sono tanto ipocrita da ritenere che un attentato sia sempre e comunque un crimine inaccettabile, né tanto ingenuo, o stupido, da credere che mai, in nessun caso, un attentato possa avere conseguenze positive. Stauffenberg, uno degli organizzatori e l’esecutore materiale dell’attentato ad Hitler, non fu un criminale assassino. E se l’attentato ad Hitler avesse avuto successo moltissime vite umane sarebbero state salvate.
Ciò che vale per Stauffenberg vale anche per chi, per ciò che se ne sa, ha organizzato l’attentato a Dugin uccidendone invece la figlia, comunque politicamente vicina al padre?
Difficile rispondere. La situazione non è ancora chiara, comunque, se davvero l’attentato può farsi risalire alla guerra in Ucraina, non considero gli sconosciuti attentatori dei criminali.
Digin porta avanti a livello di propaganda culturale ed ideologica ciò che Putin mette in atto con missili, bombe e carri armati. In guerra non muoiono solo i militari ed i civili della nazione aggredita. Possono morire anche i propagandisti ed i corifei e pochi in Russia erano tanto sostenitori e propagandisti dell’aggressione all’Ucraina quanto Dugin.
Non credo però che questo attentato possa avere alcuna conseguenza positiva. Anche se a cadere fosse stato Dugin e non sua figlia poco o nulla sarebbe cambiato nella tragica situazione ucraina. La cosa è tanto evidente che si può addirittura dubitare che gli attentatori avessero davvero a cuore le sorti della nazione invasa. Di più non dico.
Aggiungo solo che trovo insopportabili certe manifestazioni di sdegno e cordoglio da parte di personaggi, come Diego Fusaro.
Ma… ognuno è libero di dolersi e sdegnarsi per chi gli pare.
Alberto Pento
Da quasi 6 mesi è iniziata l'aggressione dei nazifascisti russi all'Ucraina, un continuo di attentati terroristici con bombe e missili lanciati da mortai, carri armati, cannoni, postazioni missilistiche in Russia, navi, aerei e sommergibili.
I criminali russi hanno tentato più volte di assassinare Zelensky e la sua famiglia, nonché i suoi stretti collaboratori. Quello che fa l'Ucraina per porre termine a questa aggressione terroristica nazi fascista russa è ancora poco.
La dirigenza nazifascista russa del Cremlino deve tremare e non deve più sentirsi al sicuro nemmeno un secondo al giorno in Russia.
I nazifascisti russi iniziano a tremare anche in Russia
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9003863100Ex membro Duma, partigiani russi anti-Putin dietro attacco DuginEuropa
Agenzia ANSA
21 agosto 2022
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 8dd2b.html(ANSA) - ROMA, 21 AGO - Ilya Ponomarev, un ex membro della Duma russa che è stato espulso per attività anti-Cremlino, ha affermato che ci sarebbe la mano di un gruppo di partigiani russi dietro un'autobomba che ha ucciso Darya Dugina, la figlia di uno degli stretti alleati politici del presidente.
Lo riferisce il Guardian.
Il dissidente, parlando da Kiev dove risiede, ha sostenuto che l'attentato sia stata opera "dell'esercito repubblicano nazionale (NRA)".
"Ieri sera si è verificato un evento importante vicino a Mosca. Questo attacco apre una nuova pagina nella resistenza russa al Putinismo. Nuova, ma non l'ultima", ha affermato l'ex parlamentare, che durante un programma televisivo ha letto quello che ha affermato essere un manifesto del gruppo partigiano in questione. Un documento in cui si definisce "Putin un usurpatore del potere e un criminale di guerra che ha emendato la Costituzione, scatenato una guerra fratricida tra i popoli slavi e mandato i soldati russi a una morte certa e insensata. E che sarà deposto". Nel documento la figlia di Dugin viene descritta come "obiettivo legittimo perché fedele compagna del padre, che sosteneva il genocidio in Ucraina". Secondo Ponomarev l'Nra sarebbe pronto a condurre ulteriori attacchi simili contro obiettivi di alto profilo collegati al Cremlino, inclusi funzionari, oligarchi e membri delle agenzie di sicurezza.
L'ex deputato, l'unico a votare contro l'annessione della Crimea nel 2014 e bandito da Mosca, è diventato cittadino ucraino nel 2019. Da Kiev, dopo l'invasione dell'Ucraina, ha lanciato il programma televisivo February Morning in lingua russa per dar voce all'opposizione. (ANSA).
Luttwak: "L'attentato contro Dugin apre un nuovo fronte per Putin, la sicurezza interna"Paolo Mastrolilli
21 agosto 2022
https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 362494085/NEW YORK - "Chiunque ci sia dietro all'attentato contro Dugin, una cosa è comunque certa: questo attacco pone alla Russia un grave problema strategico, perché la obbliga a dedicare più uomini e risorse alla difesa di obiettivi che non riteneva a rischio. Sommandolo alle incursioni militari condotte dagli ucraini o dai sabotatori, in Crimea e in altri luoghi dietro le linee della guerra, diventa una sfida complessa da affrontare".
Alberto Pento
L'attentato a Dugin è stato rivendicato da un gruppo di resistenza russa antiPutin
L'attentato a Darya Dugina è un messaggio a Putin? E cosa può succedere, ora?Fabrizio Dragosei
21 agosto 2022
https://www.corriere.it/esteri/22_agost ... 1658.shtmlDietro la morte della figlia di Alexander Dugin potrebbe esserci la volontà ucraina di far capire ai russi che nessuno, nella cerchia del potere di Mosca, è più al di fuori della portata dei «partigiani» di Kiev. Ma durante la guerra con la Cecenia furono attribuiti ai servizi russi degli attentati per alzare la tensione. E dare a Putin l’occasione per scatenare ritorsioni immediate e violentissime
Un attentato che segue di poche ore gli attacchi contro i militari russi in Crimea — che pure non sono stati ufficialmente rivendicati da nessuno.
Ma per molti in Russia, come ha detto esplicitamente anche la tv nazionalista Tsargrad, c’è la mano di Kiev dietro l’attentato che ha causato, nella notte tra sabato 20 e domenica 21, la morte di Darya Dugina, figlia dell’ideologo di Putin Alexander Dugin.
Che avrebbe agito con l’ intento di far capire a tutti gli abitanti del Grande Paese che l’Operazione militare speciale è in realtà una guerra vera e propria. E che la guerra non risparmia nessuno — e non si combatte solamente «altrove».
Kiev ha immediatamente negato ogni responsabilità — «non abbiamo nulla a che fare con questo , non siamo uno stato criminale o terroristico, come la Russia», ha detto Mikhailo Podolyak, braccio destro di Zelensky.
Se però verrà mai confermata la matrice ucraina (anche se è difficile che un atto terroristico come questo venga mai firmato), la distruzione della Toyota è innanzitutto un messaggio a Vladimir Putin che considera l’ideologo Dugin come una specie di padre spirituale. E a tutti i silovikì (quelli che provengono dalle forze armate e dai servizi di sicurezza) che circondano il leader russo.
Da ieri sera nessuno è più al sicuro o al di là della portata dei «partigiani» ucraini.
Gli Stati Uniti e la Nato, che stanno rifornendo il Paese aggredito con artiglieria pesante e a lunga gittata, hanno ottenuto la rassicurazione che le nuove armi non sarebbero state usate per indirizzare i colpi verso il territorio della Russia.
Lo Stato Maggiore di Zelensky sta rispettando questa consegna, ma ha deciso di ricorrere ad altri strumenti, a cominciare dai droni (come quello che si è schiantato sul comando della flotta russa del Mar Nero) che non rischiano di innescare uno scontro diretto tra Mosca e l’Occidente.
E poi è iniziata l’attività dei partigiani ucraini dietro le linee nemiche. Bandiere e murales che compaiono ovunque, azioni di sabotaggio nelle retrovie, dal Donbass alla Bielorussia.
L’esplosione dell’auto sulla quale si trovava la figlia del filosofo Dugin (e sulla quale originariamente doveva essere pure lui) è un altro passo su questa strada?
Portare la guerra nel cuore della Russia fu la strategia che adottarono gli indipendentisti ceceni alla fine degli anni Novanta, quando innescarono una serie di attentati in varie città russe, compresa la capitale.
A Grozny si muore per mano russa e ora noi facciamo vedere agli stessi russi cosa vuol dire avere il nemico in casa, era la tesi dei leader ceceni più radicali.
Ma quella strategia non ebbe successo. Anzi, servì a compattare la popolazione dietro alle autorità e a lanciare in orbita Vladimir Putin appena nominato primo ministro che divenne popolarissimo con la sua promessa di «andare ad ammazzare i terroristi fino nel cesso».
Il fallimento di quelle iniziative fu talmente clamoroso che gli oppositori del potere si dissero convinti che alcuni di quegli attentati, come quello sventato all’ultimo momento nel settembre 1999 in un palazzo di Ryazan (a sud di Mosca), fossero stati organizzati dagli stessi servizi segreti russi proprio per alimentare la «strategia della tensione». Accusa sempre sdegnosamente respinta da Putin.
L’uccisione di Daria Dugina ha già scatenato richieste di ritorsioni immediate e violentissime contro il «Reich ucraino», come viene chiamato il governo di Kiev.
E Putin, o i super falchi che lo circondano, potrebbero trarne spunto per colpire anche quelle aree che fino ad ora sono rimaste fuori dalla guerra o per ricorrere a nuovi, più pesanti strumenti bellici.
Un articolo demenziale di Marcello Veneziani il povero rossobruno sostenitore di Putin e di DuginDostoevskij contro l’Occidente Marcello Veneziani
(Panorama, n.34)
Dedicato ad Aleksandr Dugin che ieri ha perso la figlia in un attentato contro di lui, compiuto dai “buoni” contro i russi cattivi
https://www.marcelloveneziani.com/in-ev ... occidente/Fu becero, meschino e intollerante censurare Fedor Dostoevskij dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ma diciamo la verità: la censura contro di lui non sarebbe dispiaciuta all’interessato, perché rispecchia i suoi pensieri. In effetti nella furia dettata dallo zelo ignorante di cancellare un grande, ci avevano preso. Dostoevskij è il più acuto critico dell’Occidente e il vero precursore dello spirito russo panslavista, ortodosso, anti-occidentale; i suoi scritti sono la giustificazione più alta della linea di Putin, zar di tutte le russie, compreso quella sovietica. Di Dostoevskij di solito conosciamo versioni addolcite, tra saggi, biografie e sceneggiati; poco prima che scoppiasse il conflitto in Ucraina ricordo una lezione scialba su Dostoevskij, in verità assai modesta, di Gianrico Carofiglio all’Ambasciata russa a Roma, in cui il magistrato-narratore trattava lo scrittore russo come un suo precursore…
Ma Dostoevskij, quello vero, non spacciava brodini e tisane, non amava rassicurare i suoi lettori, soprattutto occidentali. Scriveva ad esempio nel suo Diario, nel 1877: “Da due secoli ci perseguita questa vergogna di essere considerati asiatici d’Europa” e invece l’Asia, vaticinava, sarà “la nostra principale via d’uscita”. “Il sole si è mostrato ad Oriente e per l’umanità è ad Oriente che inizia un nuovo giorno”. “Se sapeste che innato ribrezzo, divenuto odio, ha suscitato in me l’Europa…” E poi: “L’avvenire dell’Europa appartiene alla Russia”; più chiaro di così? Il suo nemico interno era l’occidentalismo, liberale e progressista, fiorito in Russia con Pietro il Grande, lo zar “nichilista” e illuminista che voleva sradicare i russi dalla loro cultura.
Per far felici coloro che parlano di Putin come di un fascista russo, ecco una citazione ad hoc di Dostoevskij: la nostra società russa “fa pensare più di tutto a quell’antico fascio di verghe, forte soltanto se sono legate insieme”. Anche il populismo, nato non a caso in Russia, viene santificato dallo scrittore nelle sue lettere: “Chi perde il proprio popolo e l’anima popolare perde anche la fede patria e Dio”. Il Cristo Russo, precisava, è al principio della nostra Ortodossia.
Criticando “il sudiciume d’importazione europea”, esaltando il panslavismo e definendosi mistico e sognatore, Fedor si riteneva rivoluzionario per conservatorismo e reputava necessaria la Russia alla sua scrittura (lo scriveva soggiornando a Firenze, giudicando folli gli emigranti russi che si trasferivano da noi). Il suo sogno mistico era l’unione di tutti i popoli guidati dagli slavi, una volta superata l’antica separazione tra intellettuali e popolo. “Tutto il destino della Russia- scriveva – consiste nell’Ortodossia, nella luce dall’Oriente, che scorrerà a Occidente verso l’umanità accecata, che ha perduto Cristo”. E non faceva mistero della traduzione bellicosa dei suoi sermoni: “Meglio sguainare una volta la spada che soffrire all’infinito”. “L’eroismo dell’auto-sacrificio con il proprio sangue per tutto quanto riteniamo sacro, è certo più morale di tutta la catechesi borghese”. Se contrapponeva l’ortodossia al cattolicesimo, riteneva il protestantesimo ai confini con “il vero e proprio ateismo”.
Dostoevskij criticava pure il nascente socialismo e difendeva “il diritto alla proprietà, alla famiglia e alla libertà” contro cui insorgevano i rivoluzionari, sacrificando gli uomini al futuro, sottomettendoli con violenza, spionaggi e “ininterrotti controlli del potere più dispotico”. Preveggente… Il comunismo per lui era una perversione del cristianesimo.
Per Dostoevskij l’amore per l’umanità è impossibile senza la fede comune nell’immortalità dell’anima. Ma chi troppo ama l’umanità in generale, avvertiva, di solito è poco capace di amare l’uomo in particolare; come chi ha tanta compassione verso il malvagio (ladro o assassino) molto spesso non si cura della sua vittima.
Pur amando Roma antica e le città italiane, Dostoevskij disprezzava il regno d’Italia “un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore universali, cedendola al più logoro principio borghese” “la sua unità non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più piena di debiti non pagati…” E aggiungeva: “Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta… l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale(…) La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale”. Stessa sorte ha avuto l’Europa, di cui deplorava la subordinazione alla borsa e al credito internazionale. Una critica ante litteram all’Italia di Draghi e all’Europa finanziaria. E poi la sua visione geopolitica dei tedeschi fatalmente legati alla sorte dei russi. E non c’era ancora il problema del gas…
I pensieri che ho citato sono tratti dal Diario e dalle Lettere; è uscita ora una succinta spremuta di quelle pagine col titolo accattivante “La bellezza salverà il mondo” (ed. De Piante, a cura di Claudia Sugliano con introduzione di Luca Doninelli). La visione di Dostoevskij spiega la divergenza tra Russia e Occidente con una profondità sconosciuta agli attuali osservatori. Ma lui non si considerava un grande e arrivava a dire che se fosse stato benestante come Ivan Turgenev “che possiede 2000 anime” (ossia servi della gleba a sua disposizione), non scriverebbe in fretta e per denaro ma si dedicherebbe a un’opera della quale “fra cento anni si parlerebbe ancora”. I cent’anni sono passati da un pezzo, e delle sue opere, non di una sola, se ne parla ancora…
Le ultime parole contro Draghi della nazifascista russa Darya Dugina disintegrata nell'esplosione.
Darya Dugina, l'ultimo post sui social contro Draghi: «Servo Usa, il 25 settembre votare l'uscita della Nato»22 agosto 2022
https://www.msn.com/it-it/notizie/itali ... ed20d25faeNell'ultimo post c'è un concentrato di antiamericanismo e un messaggio diretto contro l'Italia e il premier italiano Mario Draghi definito un «Quisling», un «collaborazionista» degli americani. Darya Dugina nel suo ultimo post pubblicato sui social diceva che l'unica prospettiva valida per gli italiani alle elezioni del 25 è votare per le forze anti-establishment di "Italia sovrana e popolare", il partito di Rizzo e Ingroia. L'affondo sull'ex premier è stato pubblicato quattro giorni fa sul sito diretto da Daria Dugina, la figlia dell'ideologo di Vladimir Putin rimasta uccisa in un attentato in Russia.
Nell'articolo pubblicato su United World International (Uwi) e firmato da Fabrizio Verde, si afferma che «l'Italia di Draghi, con il suo cieco servilismo verso gli Stati Uniti, ha contribuito all'attuale crollo dell'Europa, portandola sull'orlo di una crisi economica, politica, sociale». Sulla spinta «delle élite politiche che hanno deciso di seguire i dettami di Washington e di lanciarsi contro la Russia, che è un fornitore di energia indispensabile per quasi tutta l'Europa».
Non difendo gli assassini di Daria DuginaAlessandro Scipioni
21 Agosto 2022
https://www.adhocnews.it/non-difendo-gl ... ia-dugina/Non difendo gli assassini di Daria. Mi rifiuto di vedere e in questo barbaro gesto criminale, perpetrato da terroristi, un qualsiasi onore. Daria Dugina era una giornalista di appena 30 anni, inerme, e che manifestava solo delle idee. Sicuramente nazionalista russa. Ma se iniziassimo ad ammazzare la gente per proprie idee, combatteremmo contro quegli ideali di libertà e democrazia che abbiamo sempre difeso in occidente.
La vicenda
Opinionista russa, figlia dello scrittore Alexander Dugin, da molti ritenuto l’ideologo di Vladimir Putin. Daria è morta nell’esplosione dell’auto che guidava, sulla quale sembra avrebbe dovuto viaggiare anche il padre. A causa di un ordigno.
Il tutto sotto gli occhi di quello stesso padre, che appare disperato nelle immagini davanti alle fiamme che avvolgono l’auto ed i resti mortali della figlia.
I giudici della Federazione Russa hanno avviato un’indagine sulla vicenda sostenendo di ritenere, tramite i riscontri effettuati, che si tratti di un omicidio perpetrato con particolare crudeltà ed in modo pericoloso.
Denis Pushilin, Presidente della Repubblica separatista di Donetsk ha espresso il suo cordoglio, accusando apertamente come mandante il governo di Kiev. Che nega qualunque coinvolgimento.
L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ha attaccato la coltre di silenzio di grossa parte dell’informazione.”Quello che colpisce di più dell’attentato che ha portato alla morte di Daria Dugina, non è solo l’uccisione di una giovane donna colpevole solo di manifestare le proprie idee, è il silenzio dei media,degli intellettuali e della politica occidentali”; ha scritto sulla sua pagina ufficiale. Diego Fusaro ha sottolineato il ruolo di filosofo scomodo del padre. Segnalando le esagerazioni di vederlo come l’ispiratore di Putin.
Gesto inaccettabile
Chiunque sia l’esecutore del gesto, si tratta di un crimine inaccettabile. Non possiamo in Occidente rimanere insensibili davanti all’uccisione di una giovane donna, che non si era macchiata di alcun crimine.
Come non possiamo rimanere insensibili davanti alle strazianti immagini di bambini uccisi dalle bombe, non possiamo accettare l’omicidio dei civili. E che si sia con il popolo ucraino o meno, questo non autorizza a nessuno a mettere in secondo piano l’assassinio di un civile russo inerme.
Ci vorrà del tempo per avere elementi certi, e trarne dunque giudizi obiettivi. Ma sicuramente davanti alla scena di un padre che è costretto ad assistere al rogo della figlia, ogni persona civile di ogni dove e di qualunque idea, anche l’uomo che disprezza di più Dugin, ha il sacrosanto dovere di condannare questo episodio. Di bollare come assassini gli esecutori. E criminali gli eventuali mandanti.
Gino QuareloLei condivideva ed era attiva nel diffondere l'ideologia mostruosa nazifascista del padre, ideologo di Putin.
L'ideologo è uno tra i mandanti come quello politico ed è corresponsabile dei crimini compiuti dall'esecutore materiale.
Costei è corresponsabile di tutti i crimini che l'invasione russa dell'Ucraina ha perpetrato ai danni degli ucraini. Che sia di lezioni a quelli come lei.
Ucraina. Bozzo: "L'attentato possibile inizio della lotta per rovesciare Putin" AgenSIR
M. Elisabetta Gramolini
22 agosto 2022
https://www.agensir.it/europa/2022/08/2 ... are-putin/La guerra è fuori ma potrebbe essere già iniziato la scontro per la successione dello “Zar”. L’attentato in cui ha perso la vita Darya Dugina, figlia del filosofo vicinissimo a Putin Alexander Dugin, apre a molte supposizioni che si intrecciano con il destino del conflitto e dei territori contesi. Per Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l'Università di Firenze, le ipotesi in campo sono varie ma quelle più probabili indicano l’apertura di una contesa interna che abbia come obiettivo la defenestrazione del presidente russo e un periodo di destabilizzazione e caos nel Paese.
Professore, l’attentato apre molteplici scenari.
Dugin è uno strenuo sostenitore del conflitto e del presidente russo, sicuramente l’attentato è una provocazione di alto livello. Kiev stavolta nega in maniera netta, al contrario di altre occasioni in passato. Il diniego potrebbe essere sincero. Potrebbe esserlo perché l’Ucraina ha intenzione di evitare una rappresaglia russa. Se non è responsabilità loro, ci sono in piedi due ipotesi: la prima che sia un affare interno della Federazione, la seconda che sia opera di qualcuno in favore dell’Ucraina, con lo scopo di colpire Putin. Tenderei a credere a questa seconda ipotesi. Credo sia un regolamento di conti interno russo.
Quali sarebbero le ragioni?
Questa guerra sta divenendo disastrosa per la Russia. Non si capisce quando finirà. I costi e lo scontento aumentano. Putin ha usato il pugno di ferro perché gli oligarchi o i loro familiari sono morti o sono scappati. Si può immaginare che nelle forze armate ci sia forte scontento viste le perdite. All’interno, Putin ha dei nemici e si può credere che con questo attentato gli stiano mandando un messaggio perché è chiaro che l’obiettivo dell’attentato fosse il padre e non la figlia. L’attentato tra l’altro è il risultato di una pianificazione sofisticata, i responsabili conoscevano i movimenti di Dugin. L’organizzazione potrebbe avere alle spalle Kiev o un servizio di intelligence straniero, sebbene sia l’ipotesi che mi sembra meno probabile, oppure un sostegno interno per condurre una lotta di potere.
L’attentato alimenterà il conflitto sul campo?
Dipende da quello che Putin e i suoi riusciranno a capire su chi sono i responsabili. Se, come possibile, sono interni, vuol dire che è iniziata la lotta per il potere e la successione. Se è così, si apre una fase di confusione e destabilizzazione al vertice che non promette niente di buono.
A cosa potrebbe portare questa lotta interna?
Può portare a una defenestrazione di Putin che però non garantisce nulla. Non è detto cioè che il successore sia meglio. Potrebbe poi portare a una destabilizzazione interna, vale a dire a una fase caotica che non è rassicurante. Come insegna la storia, quando la Russia perde una guerra, il Paese precipita nel caos.
Il quadro sarà più chiaro solo nelle prossime ore?
Se è cominciata una lotta interna, Putin rischia di perdere il potere e la vita. Si trova in un vicolo cieco e deve andare avanti. Questo attentato complica ancora di più la situazione. C’è una guerra fuori ma potrebbe essere iniziata anche una guerra dentro. Si tratta di capire che fine farà Putin che pur di salvarsi sarà disposto ad alzare la posta. Al punto in cui è giunta la situazione non c’è nessuno scenario semplice.
Il Cremlino dichiara di essere aperto ai negoziati ma non alle condizioni di Kiev.
Sì ma nemmeno i punti trapelati che sarebbero stati presentati da Erdogan a Zelensky nell’ultimo incontro credo aprano a negoziati. Sono molto duri. Nello specifico, Putin chiedebbe: il riconoscimento della Crimea come territorio della Federazione, l’autonomia delle due repubbliche di Lugansk e Donetsk, un referendum per decidere le sorti di Kherson e Zaporizhia, completa smilitarizzazione dell’Ucraina, una garanzia di sicurezza fornita dalle Nazioni Unite per permettere in atto le modifiche, nuove elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento e della presidenza con l’obiettivo di eliminare Zelensky e determinare un governo più morbido e favorevole a Mosca. Se queste sono le condizioni, nessun politico ucraino accetterà.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia tiene con il fiato sospeso.
Si sta giocando una partita a poker in cui le parti usano il ricatto nucleare. I russi hanno in mano la carta della energia elettrica ma in generale si gioca con il fuoco. Nessuna delle due ha interesse a provocare un incidente nucleare perché nessuno sarebbe garantito dalle conseguenze. Un errore o un cattivo funzionamento del sistema d’arma potrebbe avvenire. I reattori sono protetti da una cupola ma è meglio evitare qualsiasi inconveniente. Avere una guerra che viene combattuta vicino a una centrale nucleare non fa stare sereni ma eviterei di generare l’allarme perché non c’è l’interesse per nessuno che ci siano incidenti.