Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 3:59 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:32 pm

15)
Le demenzialità, le menzogne e le calunnie antiUSA, antiUE e antiNATO della Russia di Putin e dei suoi sostenitori e alleati: paesi canaglia dittature comuniste e maomettane, nazi fascisti e nazi comunsti d'Italia e d'Europa, integralisti cattolici e nazi maomettani, complottisti, terrapiattisti e no vax.



La resistenza dileggiata | L’insopportabile maldicenza della «guerra per procura»
Linkiesta.it
Francesco Cundari
13 aprile 2022

https://www.linkiesta.it/2022/04/guerra ... esistenza/

Da tempo sui giornali e in televisione si sente usare, a proposito del conflitto russo-ucraino, un’espressione apparentemente neutra: «Guerra per procura». C’è persino chi non resiste a sfoggiarla nella versione inglese di «proxy war». Il succo però è lo stesso, ed è l’idea che la vera guerra non si stia combattendo tra russi e ucraini, ma tra russi e americani.

Dietro il classico atteggiamento di quelli che la sanno lunga, che non se la bevono, che non credono mica alle versioni ufficiali e all’«informazione mainstream», c’è anche, come sempre, un grano di verità, perché è evidente che nel conflitto hanno un ruolo anche gli Stati Uniti, anche l’Europa, anche i paesi Nato impegnati, come l’Italia stessa, nel sostenere gli ucraini (e meno male).

Resta il fatto che i primi a non aspettarsi una simile resistenza erano proprio gli americani, i quali all’indomani dell’invasione, com’è noto, avevano subito offerto a Zelensky la possibilità di fuggire, convinti che i russi sarebbero arrivati a Kiev in un baleno.

Per inciso, era quello che pensavano anche i tanti sottili politologi e geopolitologi che fino al giorno prima escludevano categoricamente un’invasione russa, e dal giorno dopo escludevano altrettanto categoricamente che l’Ucraina avrebbe potuto resistere a lungo. E oggi, invece di spiegarci perché non avessero capito niente di come questa guerra è cominciata, né di come è continuata, insistono a spiegarci come andrà a finire. Ripetendo con parole appena più forbite l’argomento secondo cui l’Ucraina non sarebbe nient’altro che una marionetta nelle mani degli americani, senza alcuna volontà, responsabilità e nemmeno personalità propria. Del resto, a giudizio dei russi, ma evidentemente non solo loro, è una nazione che non esiste. E ciò che non esiste non può avere una personalità.

Eppure è stato Zelensky a lasciare di sasso gli americani che gli offrivano una via di fuga replicando con la celebre battuta: «Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio». Tanto dovrebbe bastare per dimostrare che la versione della propaganda russa sulla resistenza ucraina come semplice copertura e invenzione degli Stati Uniti è, per l’appunto, propaganda (ma chi l’avrebbe mai detto).

Ieri però uno dei più autorevoli sostenitori della teoria secondo cui quella in corso sarebbe una «guerra per procura», il direttore di Limes Lucio Caracciolo, ha compiuto un passo in più. Nel suo articolo sulla Stampa ha scritto infatti che «la dinamica strategica di questa guerra non troppo indiretta tra Washington e Mosca spinge alla rottura fra Europa e Russia», che già è piuttosto netta come impostazione, dopodiché ha aggiunto testualmente: «Sia che in Ucraina prevalgano nel tempo gli americani via ucraini (possibile) o i russi (improbabile), come anche in caso di provvisorio stallo codificato in nuova partizione del paese, la separazione fra Nato e Federazione Russa volge al divorzio senza appello».

Avete letto bene: sia che in Ucraina prevalgano nel tempo «gli americani via ucraini». Mi sembra un’espressione meritevole di qualche riflessione, e non certo per ragioni di galateo, sensibilità o men che meno di osservanza del politicamente corretto.

Il fatto è che «via ucraini» è l’espressione linguisticamente più esplicita di un processo di “cosificazione” di un intero popolo e della sua resistenza, ridotti appunto a cosa, strumento, semplice mezzo, forse anche mezzo di trasporto. Come sono arrivati gli americani fino lì? Semplice: via ucraini. Non «via Ucraina», ma «via ucraini», dove sono le persone stesse, cioè gli uomini e le donne che stanno combattendo e morendo per difendere se stessi e le proprie famiglie, a diventare una specie di tappeto, una guida, un macabro tapis roulant per i soliti americani.

Non è una questione di forma. È una questione di sostanza, e la sostanza è la stessa che sta dietro alla più elegante espressione della «guerra per procura», che fa tanto fino ripetere tra gente che vuole darsi un tono di chi sa come va il mondo. Ma che significa, nei fatti, cancellare del tutto gli ucraini dal quadro. Significa calunniare la loro resistenza e irridere il loro sacrificio, descrivendoli come pupazzi di qualcun altro. Significa spogliarli di ogni dignità e di ogni personalità autonoma, dopo che sono stati già spogliati di tutto il resto. Significa togliere agli ucraini l’ultima cosa che è loro rimasta: la volontà di resistere, insieme con il coraggio, la dignità e la forza morale di farlo a ogni costo, pur in condizioni disperate, pur dinanzi a un avversario tanto più forte, anche quando tutti, amici compresi, americani compresi, europei compresi, li davano ormai per spacciati.

Potranno mai perdonarci?



Hanno messo in campo tutto l'armamentario dell'antiamericanismo e dell'antieuropeismo atlantista NATO, proprio dell'ideologia e della propaganda sia della sinistra internazicomunista che della destra nazifascista, che del nazismo maomettano, del finto pacifismo che sosteneva il terrorismo di sinistra e nazi maomettano antisraeliano.
Il complottismo CIA, NATO, oligarchia e plutocrazia economico finanziaria ebraica,

Il pacifismo anti Usa
Goffredo Buccini
Corriere della Sera
1/4/2023

https://www.corriere.it/opinioni/22_apr ... c2c5.shtml

Nel lontano 1965 le piazze italiane risuonavano di strofe che sarebbero diventate un classico della nostra canzone popolare: «Buttiamo a mare le basi americane/ cessiamo di fare da spalla agli assassini». Certo, si era in piena contestazione contro la «sporca guerra» del Vietnam, ma erano anche passati appena nove anni dall’invasione sovietica dell’Ungheria e in capo ad altri tre sarebbe stata repressa nel sangue la Primavera di Praga.
Le basi Nato non erano, a guardar bene, proprio del tutto inutili nel mondo diviso a metà, anche per il quieto vivere di chi voleva smantellarle. Ma è sempre stato assai accentuato (e assai peculiare) lo strabismo di una parte del nostro movimento pacifista: un filone forte, forse il più profondamente radicato, e ancora assai presente nel Dna nazionale.
Ad esso pare essersi rivolto in questi giorni Giuseppe Conte, al di là dei tatticismi per la conferma della leadership pentastellata e dei comprensibili timori per il contraccolpo d’immagine della controversa operazione «Dalla Russia con amore»: il suo fragoroso scarto sulla spesa per gli armamenti (da lui stesso in precedenza avallata mentre era a Palazzo Chigi) ha anche (o soprattutto) il sapore di una ridefinizione identitaria, un risciacquarsi di panni in una fonte che non si esaurisce mai. Perché appare davvero inestinguibile, da oltre mezzo secolo, quel filone di appartenenza comune che potremmo chiamare la pax antiamericana, il pacifismo declinato solo contro gli Stati Uniti, pronto a giustificare, con distinguo e complessità, le nefandezze di chiunque si dichiari nemico dell’alleanza che per decenni s’è retta sulla potenza militare Usa.
Ne ha parlato con intelligenza e con coraggio, un paio di settimane dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina, proprio il cantautore di quella canzone del 1965, Rudi Assuntino, in una bella lettera che Paolo Flores d’Arcais ha pubblicato su MicroMega. Ormai ottantenne, Assuntino si dice indignato contro chi, invocando pace, rifiuta di mandare armi alla resistenza di Kiev e prende per buone le motivazioni del tiranno di Mosca quando dichiara che «la Nato ci minaccia», spiegandoci molto su ciò che potremmo indicare come il terzo filone pacifista, nuovamente manifestatosi in questi giorni nel sindacato e nella sinistra più radicale.
Il primo filone, diremmo ontologico, è quello che promana da Papa Francesco: etico e, sia detto con rispetto, «d’ufficio»; cosa dovrebbe fare il Papa se non condannare le armi? Esso appare tradotto nella società in ciò che Angelo Panebianco ha definito su queste colonne (il 20 marzo) «pacifismo fondamentalista»: l’idea che basti decidere di non avere nemici perché i nemici non ci siano e, ove mai costoro si materializzassero comunque, non resti altro che la sottomissione.
Un secondo filone, diremmo opportunista, tenta di confondersi col precedente: è quello di chi ha avuto talmente tante cointeressenze imbarazzanti da temere magari che ne salti fuori qualche lacerto dagli archivi di Mosca ed è quindi costretto ad acconciarsi ora su posizioni «francescane», di non resistenza all’invasione della patria, dopo averci spiegato che è sacrosanto sparare a un ladro se ci entra in casa. La distanza tra il pacifismo del Vicario di Cristo e quello di chi tifava Putin, a Crimea invasa e a Politkovskaja già assassinata, è tuttavia la medesima che passa tra un arcobaleno e il suo riflesso in una pozzanghera: assai visibile.
Ma è forse il terzo filone il più interessante, perché attraversa la nostra storia democratica profondamente, mescolandosi anche col primo, ma mantenendo un segno politico chiaro, quello dello strabismo: che «regala» Jan Palach all’iconografia missina per l’imbarazzo del Pci (solo uno spirito libero come Guccini e gli eretici del Manifesto fecero eccezione nel silenzio sul ragazzo di Praga) e che, nonostante la finale svolta atlantica di Berlinguer («mi sento più sicuro da questa parte»), spende la sua politica estera nella battaglia sugli euromissili, per nostra fortuna contrastata con successo dal deciso atlantismo di Cossiga e Craxi.
È il pacifismo...togliattiano dei Pionieri d’Italia anni Cinquanta, ma anche quello idealista e gandhiano di Aldo Capitini negli anni Sessanta. Tutto insieme confluisce nel pensiero di fondo che l’impero del Male sia l’America. E col tempo trasferisce questa avversione su chi è sostenuto dagli americani, a cominciare da Israele che ne diventa bersaglio storico, pur essendo l’unica democrazia della sua area, circondata da teocrazie e regimi assoluti. Un riflesso chiaro persino in talune reazioni all’11 settembre.
Erano tutti kruscioviani e brezneviani come sono oggi tutti putiniani? Naturalmente no. In certe spesso infelici scelte di campo pesarono la democrazia italiana bloccata, le trame e le bombe, i golpe in Grecia e in Cile e mille altre ottime ragioni per diffidare dell’alleato americano. Mille tranne una: che avevamo deciso come Paese esplicitamente di delegare agli Stati Uniti la nostra sicurezza salvo poi, come società civile, vomitare odio sugli Stati Uniti per come la garantivano nella sfida globale con Mosca. Tanti anziani maestri di oggi, taluni nostalgici addirittura dello stalinismo, vengono da quel milieu, assieme a tanti giovani e confusi maestrini laudatori delle buone ragioni di Putin, scandalizzati da «provocazioni occidentali» come quella di Kiev di scegliere l’Occidente liberamente.
Se per alcuni intellò l’antidoto migliore è una full immersion nel pensiero di Alexander Dugin, l’ideologo antimoderno che traduce per l’Italia un putinismo medievale, per tutti vale ancor di più la svolta lirica del buon Assuntino: gli capitò di risentire la sua canzone citata trent’anni dopo, nel bel mezzo di un dibattito anni Novanta in cui Gad Lerner chiedeva a un capo storico della sinistra radicale italiana se non fosse giusto l’intervento della Nato per fermare il massacro di Sarajevo. Mai avrebbe potuto approvarlo, rispose quello, avendo cantato in gioventù «Buttiamo a mare le basi americane»; e infatti, coerentemente, portò avanti una campagna sull’uscita dell’Italia dalla Nato e sulla tassazione dei Bot che sfociò nella vittoria del centrodestra nel 2001. Fu allora che Assuntino capì e scrisse una nuova canzone, che si chiama «Il Pacifista», sulla doppia morale di certuni: «Se chi uccide è il tuo nemico/tu lo giudichi un boia o un terrorista/ ma se invece ti è amico o indifferente/ lo comprendi e non te ne frega niente». Non guarirà lo strabismo: ma aiuta a vederci un po’ più chiaro.


UCRAINA-RUSSIA: UNA SCELTA NECESSARIA
di Aldo Cazzullo, Il Corriere della Sera
Niram Ferreti
5 marzo 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Putin attacca un Paese sovrano, ma è stato provocato; la colpa è dell’Europa. Putin fa strage di civili ucraini, ma è stato costretto; la colpa è dell’America. Putin minaccia la guerra nucleare, ma è stato indotto; la colpa è della Nato.
Nato è la parola-chiave. «Fuori l’Italia dalla Nato!» scandivano i cortei rossi come quelli neri, negli anni 70. E anche oggi si saldano i duri e puri di sinistra con la destra sovranista. La guerra di Putin uccide ogni giorno decine se non centinaia di vecchi, donne, bambini; ma noi filosofeggiamo, poiché non esistono il bene e il male, il torto e la ragione, il bianco e il nero; esiste solo il grigio, in cui tutto può essere giustificato. Ma il giustificazionismo attorno a Putin, nei giorni del massacro, è davvero eccessivo.
Fateci caso: spesso sono gli stessi del No al Green Pass. «Io non sono contro i vaccini, però…». «Io sono contro Putin, però…». Sono quelli del «però». Com’è ovvio, il Green Pass e Putin non c’entrano nulla. Ma la logica è la stessa: noi siamo quelli che non la bevono, noi siamo quelli che cantano fuori dal coro.
Intendiamoci: il pensiero critico è il segno della superiorità della democrazia sull’autocrazia. Va esercitato in ogni circostanza, anche in guerra. A maggior ragione in una guerra difficile da decifrare, in cui si combatte come sempre un conflitto di falsi numeri e false notizie, complicato ora dagli inganni televisivi e digitali. La Nato era considerata superata sia da Trump, che la voleva far pagare agli europei, sia dallo stesso Macron. Per qualcuno si è allargata troppo verso Est, per altri troppo poco. In una democrazia si discute, e chi la pensa diversamente va contraddetto ma rispettato. Però viene un momento in cui bisogna decidere da quale parte stare. I generici appelli alla pace sono condivisibili, ma non bastano.
Qui ci sono un aggressore e un aggredito. C’è un Paese da oltre 17 milioni di chilometri quadrati, il più vasto al mondo, che vuole annettersi regioni di (o magari tutto) un Paese ventotto volte più piccolo. E la nostra parte non può che essere quella dei milioni di ucraini che stanno soffrendo, e delle migliaia di russi che mettono in gioco i loro corpi e la loro vita per fermare la guerra. La nostra parte non può che essere quella della libertà e della democrazia. È retorica? No, è carne e sangue.
Mercoledì è stato un giorno durissimo. A Kherson, a Kharkiv, a Kiev si contavano le vittime, militari e civili. Ma l’argomento più dibattuto sui social in Italia era la sospensione — subito revocata — di un corso su Dostoevskij. La sospensione era ovviamente una stupidaggine, come la stessa università Bicocca ha riconosciuto. Così com’è ovvio che essere russo non è una colpa. Nessuno chiede a un russo di vergognarsi di essere russo, e se lo chiedesse sbaglierebbe. È legittimo invece chiedere a un sostenitore di Putin, che lavora con istituzioni pubbliche finanziate anche con soldi pubblici, di prendere le distanze dall’aggressione all’Ucraina e dalla strage degli ucraini. Essere contro Putin non significa essere contro la Russia, ma contro il regime.
Putin ha molti amici nel mondo. Ha comprato politici, pezzi di partiti, partiti interi. Eppure non era impossibile capire chi fosse, anche prima dell’inaudita aggressione all’Ucraina. È l’uomo dei massacri in Cecenia, della strage dei bambini di Beslan, dell’attacco all’esercito georgiano, dell’intervento nelle sanguinose guerre civili in Siria e in Libia. È l’uomo dell’eliminazione dei cronisti coraggiosi, dell’avvelenamento dei nemici, dell’incarcerazione degli oppositori. Ora ha fatto altri passi, spingendosi là dove neppure Stalin si era spinto: minacciare un conflitto nucleare.
Durante la guerra fredda, le minacce si facevano a bassa voce, non in pubblico. Nel 1973, quando gli israeliani, rintuzzato l’attacco egiziano, marciarono oltre il Canale di Suez, i sovietici fecero sapere agli americani: fermateli o usiamo l’atomica. Qualche ora prima, quando i siriani avevano sfondato sul Golan, Golda Meir (lo racconta Benny Morris in «Vittime») pensò all’uso dell’arma nucleare tattica, ma Ariel Sharon la fermò: «Aspetta, i nostri uomini possono ancora resistere». I carristi israeliani resistettero. L’atomica insomma era un tabù, anche tra due blocchi che avrebbero potuto distruggersi a vicenda, anche tra popoli che combattevano per la vita e per la morte.
A quale livello di barbarie siamo arrivati se persino questo tabù viene infranto, se Putin parla di «conseguenze mai viste nella storia», se un uomo dell’intelligenza di Lavrov evoca la guerra nucleare?
Anche per questo non possiamo non schierarci. E la grande maggioranza degli italiani l’ha capito.


In Italia la solita retorica pret-a-porter degli sbandieratori arcobaleno
Atlantico Quotidiano
Roberto Ezio Pozzo
15 marzo 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... rcobaleno/

Com’era ampiamente prevedibile, anche in occasione della guerra russo-ucraina abbiamo reagito con il nostro inconfondibile stile. Per l’ennesima volta, la preoccupazione principale è quella di “fare bella figura” con gli amici, ossia di farci vedere “sul pezzo”, senza chiederci se esso sia effettivamente, com’è in questi giorni, un vero pezzo di artiglieria o soltanto una figura retorica da sfoggiare con disinvoltura al momento opportuno. Di soluzioni certe alla più grande crisi internazionale della nostra generazione ne leggiamo a profusione ed imprevedibilmente discordanti persino tra appartenenti allo stesso schieramento politico. In sostanza, sembrerebbe che gli italiani si siano fatti tutti una precisa idea su quali siano state le cause certe di questa guerra, con una conoscenza della storia e della geopolitica che sarebbe ammirevole se non fosse, come sempre più spesso accade, del tutto pre-confezionata e vendutaci un tanto al pezzo. Pur nutrendo ammirazione per le certezze dei fortunati che già conoscono cause, sviluppi e risultati finali di tutto ciò, preferisco pormi tra gli asini, ossia quelli che ne hanno capito ancora pochino e tra quelli che non scommetterebbero un centesimo su come andrà a finire.

Mi attengo ai fatti, perlomeno a quelli incontrovertibili e sicuramente provati, primo fra tutti che è stato Putin ad invadere un Paese sovrano e retto da un governo regolarmente scelto dai suoi abitanti. Già da questo primo assunto, vorrei sapere come intendano conciliare la documentata realtà dei soprusi contro le popolazioni civili e le violenze dei militari russi con i principi dei patetici sbandieratori di vessilli recanti la scritta “pace”, tolti dalla naftalina giusto in tempo per una nuova sfolgorante stagione di retorica pret-a-porter. Per essere precisi, intanto, non chiamiamo “bandiere” tali drappi colorati, rimessi in fretta sui balconi degli irriducibili pacifisti nostrani e nuovamente esposti al pubblico nei comuni retti da amministrazioni di sinistra, che ormai erano passati di moda. Le bandiere sono una cosa seria, in quanto suprema rappresentazione della storia e dell’identità e dei valori di un popolo, mentre i drappi colorati che inneggiano ad una generica “pace” sono tutt’altro, e ben potrebbero stare allo stesso livello di striscioni che inneggino alla salute, al benessere, alle buone condizioni economiche. La pace è, niente di meno ma niente di più, l’assenza della guerra e benché tutti noi si voglia vivere in pace, non possiamo non chiederci con quali mezzi e su quali decisioni storiche si cerchi di porre fine alla guerra già in corso.

Sono decisioni storiche, non certo a caso, perché se la guerra è una esiziale negazione dello stato di pace, non possiamo sminuire la portata di quelle decisioni statuali (si spera democraticamente assunte) che facciano cessare la guerra, a quei costi che, da che mondo è mondo, devono essere attentamente valutati ed accettati da chi governa. Che tali governanti di oggi siano tutti all’altezza di prendere decisioni storiche è un’altro paio di maniche, ma quelli abbiamo e proprio quelli le prenderanno. Funziona, purtroppo, esattamente così: li abbiamo, più o meno, sospinti per via elettorale a tali sancta sanctorum ed il posto che occupano è esattamente quello che hanno voluto per loro milioni di italiani, non dimentichiamolo. Lo stesso vale per gli Stati Uniti d’America, con un Joe Biden palesemente in difficoltà e del tutto privo di carisma, autorevolezza, linearità di pensiero che fanno rimpiangere “il guerrafondaio” Trump a non pochi americani. Quello hanno adesso alla Casa Bianca e quello si terranno, esattamente come faremo noi.

Temo tuttavia che, non soltanto da noi, si sia assai sottovalutato e sotto-finanziato il comparto della difesa militare che ogni Stato di diritto deve garantire ai propri sudditi. Per inciso: sudditi è una cosa e servi un’altra. Sarebbe ampiamente giunto il momento di passare ai fatti ed a riconsiderare con intelligenza e decisione le esigenze militari del nostro Paese, più che sbandierare straccetti colorati o a trastullarci nel far dipingere ai bambini i teneri disegnini a pastello con la bandiera dell’Ucraina sullo sfondo e qualche frasetta di convenienza. Sono, purtroppo, sciocchezze nelle quali ancora una volta ci perdiamo, senza cambiare con questo una virgola di quanto sta succedendo e, soprattutto, quanto potrebbe accaderci ben presto. Ma la vogliamo smettere con le cretinerie tipo “mettete dei fiori nei vostri cannoni”? Oltretutto, perlopiù provengono da quelle formazioni politiche e sociali che di cannoni dovrebbero intendersene, visto che hanno applaudito alle parate militari sovietiche e russe (la differenza è pochissima) e vergognosamente blandito per anni un Putin che i cannoni li ha usati moltissime volte, perlopiù contro nemici di impari potenza militare.

Ormai lo sappiamo, siamo irrefrenabilmente affascinati dall’uomo forte di turno; è la nostra storia, salvo appenderlo per i piedi quando si perda la guerra, negando poi di averlo mai sostenuto ed acclamato. Se soltanto i più sperticati ammiratori italiani del dittatore russo tacessero oggi, perlomeno per coerenza, come finora sembrerebbe fare il solo Berlusconi, già sentiremmo meno chiasso. Basta con le cazzate e basta con l’abuso della pur orecchiabile canzonetta “Imagine”, che peraltro è una sorta di inno all’anarchia, all’ateismo e al pacifismo più irragionevole ed utopistico. Non sto chiedendo di conoscere ed apprezzare la delicatezza della sinfonia n. 9 “Dal nuovo mondo” del boemo Dvořák come sottofondo per pensare a cosa ciascuno di noi potrebbe fare di concreto per dare il proprio contributo a far cessare al più presto la guerra, va bene anche la musica leggera e persino qualche concessione alle frasi fatte motivazionali nello stile imprenditoriale-mistico alla Steve Jobs, ma poi basta. Perlomeno nelle statuizioni dei ministri e dei capi di Stato potremmo aspettarci più concretezza e meno lirismo. E, già che ci siamo, basta pure con la scemenza dei “costruttori di ponti e distruttori di muri”, la ricreazione è finita! Stop.

Si aggiunga che noi diamo una lettura del tutto fuorviante dell’art. 11 della nostra Costituzione. Proprio perché tale articolo sancisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“, dovremmo non nutrire alcun dubbio sull’illegittimità dell’occupazione russa dell’Ucraina (almeno finora), per avere usato la guerra come strumento di offesa contro la popolazione ucraina e invece noi cosa facciamo? Da bravi coltivatori di fiori nei cannoni, usiamo la Costituzione per affermare l’esatto contrario e non prendiamo posizione alcuna, nei fatti, perché “la guerra è lo strumento sbagliato”. A parte tanti discorsi prettamente teorico-emozionali, quali posizioni precise ha finora preso l’Italia, quale decisione ha maturato rispetto al fatto che, facendo noi parte della Nato, potremmo essere chiamati ad azioni militari precise e dirette, stavolta senza nasconderci dietro a ruoli di mera sussistenza ed appoggio logistico? Di fatto, nessuna, eppure potrebbe accadere, eccome. Ma noi stiamo alla finestra, dando prova della nostra secolare propensione al tentennamento, e molti di noi (sbagliando o meno) sono prontissimi a tirarsi indietro dai solenni impegni sanciti nei patti atlantici.

Accade, in sostanza, che nemmeno consideriamo possibile una guerra vera, perché “la guerra è brutta” e lo dice “la Costituzione più bella del mondo”, perché lo dicono persino i cantanti e perché sventolare la bandiera “pace” sconfiggerà ogni nemico attuale o futuro, meglio ancora se all’allegro sventolamento collettivo seguirà l’immancabile fiaccolata. Siamo così coerenti e decisi nei nostri propositi che riusciamo perfettamente a fare dimostrazioni di piazza con le bandiere arcobaleno frammischiate a quelle rosse con la falce e martello bene in vista, nemmeno sfiorati dal dubbio che ciò che Putin intende restaurare si chiama comunismo reale e potrebbe pure riuscirci, nostro malgrado.



Questi poi ad apparente equidistanza tra l'aggredito e l'aggressore mi fanno doppiamente orrore


Gli errori di Zelensky e la lucida follia di Putin possono costare caro agli ucraini

Atlantico Quotidiano
Michele Marsonet
15 marzo 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... i-ucraini/

È semplicemente folle negare la responsabilità della Federazione Russa per l’invasione dell’Ucraina, ma ritengo anche che l’intera questione sia stata gestita in modo pessimo da tutti, occidentali compresi. Putin, informato male dai suoi servizi segreti (che non sono più quelli dei tempi dell’Urss) non ha capito i forti sentimenti anti-russi di buona parte della popolazione ucraina, retaggio dell’occupazione zarista prima e di quella sovietica poi.

È vero che i due Paesi condividono secoli di storia comune e che l’origine di entrambi risale alla Rus’ medievale di Kiev. Le lingue tuttavia non sono uguali, anche se si assomigliano parecchio. La situazione è molto difficile perché nessuno vuole fare concessioni.

A tale proposito dico qualcosa di poco popolare in questo momento, che vede dominare una sorta di “pensiero unico”. A me pare che Volodymyr Zelensky abbia conservato parecchie caratteristiche dell’attore comico, che era il suo precedente lavoro, e che sia meno eroico di quanto molti pensano. Mi ricorda per alcuni versi Beppe Grillo, anche se per sua fortuna il cabarettista genovese non ha mai dovuto misurarsi con le bombe.

Tuttavia, tornando a Zelensky, quando vedi che il tuo popolo è sottoposto a forti sofferenze e rischia il genocidio qualche concessione va pur fatta, soprattutto se il nemico è più forte. Concessioni su Donbass e Crimea per esempio. Né trovo così irricevibile la richiesta che l’Ucraina diventi un Paese neutrale come la Finlandia. Capisco perfettamente che agli ucraini non piaccia, ma la situazione di un Paese va sempre valutata in base ai rapporti di forza che intrattiene con quelli vicini.

La neutralità, per quanto indigesta, risolverebbe molti problemi. Oppure Zelensky pensa davvero che Kiev possa diventare una nuova Stalingrado, con gli ucraini nel ruolo dei difensori ex sovietici e i russi in quello degli attaccanti tedeschi? Sarebbe un dramma indicibile, una battaglia casa per casa o rovina per rovina. Alla fine è assai probabile che i russi prevarrebbero comunque, ma il prezzo che gli ucraini pagherebbero sarebbe comunque altissimo.

Qualcosa di simile gli ha detto il premier israeliano Naftali Bennett, che di guerra se ne intende essendo un ex militare che ha svolto in passato anche delicate missioni all’estero per l’esercito di Gerusalemme. La risposta del presidente ucraino è stata un netto “no”, forse è convinto che sia preferibile la distruzione del suo sventurato Paese alla resa condizionata.

Non si è ancora capito fino a che punto si spingerà la lucida follia di Vladimir Putin ma è chiaro che, potendo anche contare sul sostegno cinese, non è minimamente intenzionato a lasciar perdere. La Russia, nazione imperiale per eccellenza, ha da sempre la sindrome dell’accerchiamento. L’espansione della Nato a oriente ha aggravato tale sindrome.

D’altra parte molti Paesi ora indipendenti e che prima facevano parte dell’Unione Sovietica temono un suo ritorno sotto altre forme, ed è comprensibile. Sarebbero necessari dei trattati bilaterali di garanzia reciproca, con la Russia che s’impegna a garantire la loro indipendenza in cambio della neutralità. Ma è difficile arrivarci partendo da un quadro come quello attuale.

Che dire, poi, della richiesta di istituire una no-fly zone sui cieli dell’Ucraina? È ovvio che gli occidentali non l’abbiano accolta, poiché essa aumenterebbe a dismisura il rischio di uno scontro – anche nucleare – tra aerei Usa e russi. Del tutto pacifico che Biden e Macron abbiano rifiutato. La solidarietà per l’aggressione subita non può spingersi sino al punto di trascinare l’intero Occidente in un conflitto che rischierebbe di essere atomico.

Concludo notando che, nella situazione attuale, l’Ucraina avrebbe bisogno di un presidente diverso, poco propenso a pronunciare discorsi nei parlamenti di Stati stranieri. Non certo arrendevole, ma meno efficace dal punto di vista televisivo e comunque più attento a impedire la distruzione del proprio Paese. Anche perché Putin, che assomiglia sempre più a un autocrate folle, possiede purtroppo le chiavi per attivare il suo enorme arsenale nucleare.


Anche questi mi fanno doppiamente orrore

Il pensiero unico sulla guerra, nemico della pace
Giuliano Guzzo
11 marzo 2022

https://giulianoguzzo.com/2022/03/11/il ... ella-pace/

In Russia come pure, per la verità, in larga parte del pianeta, la libertà di pensiero – è cosa nota – non se la passa benissimo. Ma da noi? La domanda non è polemica, ma risponde a una curiosità, c’è da augurarsi, ancora lecita. E che nasce alla luce della preoccupante polarizzazione di posizioni sul conflitto in Ucraina, quella, per capirci, secondo o cui si stravede per il presidente ucraino, Volodymyr Zelens’kyj oppure si sta con quello russo, Vladimir Putin, i cui accostamenti ad Hitler sono all’ordine del giorno. Tertium non datur.

Il fatto che si possa condannare l’invasione russa e solidarizzare – non solo a parole – col popolo ucraino, riconoscendone tutto il diritto alla resistenza, senza però guardare con favore alle richieste di Zelens’kyj sull’invio di armi e sulla “no fly zone” (quest’ultima contestata pure da decine di esperti americani), ecco, non è contemplato. O, se lo è, è bollato come giustificazionismo putiniano; il che appare grave. Anzitutto per la già richiamata libertà di pensiero, valore che appare incompatibile con semplificazioni il cui primo effetto è il soffocamento del dibattito.

In effetti, quanto capita ad Alessandro Orsini, il direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale dell’università Luiss il quale, per aver ricordato nei suoi interventi le responsabilità occidentali nel non aver evitato la guerra ucraina, è stato richiamato dalla sua università e riceve pressioni per non presentarsi più in tv, ecco, non è un bel segnale. Non lo è neppure la decisione del Manifesto di censurare un articolo di un suo giornalista, Manlio Dinucci, dopo averlo pubblicato per breve tempo on line, solo perché critico con certe politiche americane.

Detto questo, attenzione, il punto vero non è neanche la messa in discussione della libertà di pensiero, che pure dovrebbe essere un tema caro all’Occidente. Il punto vero è che, se si adotta e si permane in un simile approccio, la pace si allontana. Per il semplice fatto che, stando così le cose, la pace inevitabilmente passa da un accordo con la Russia. Un accordo che l’Europa, dispiace doverlo esplicitare, non sta concretamente cercando, lasciando questo compito ad altri Paesi (Cina, Israele, Turchia).

Non è un caso che colui che più di tutti conosce le posizioni di Putin, perché lo sente al telefono, ma al tempo stesso fa pienamente parte della compagine europea – il presidente Emmanuel Macron – sia anche quello che, con più chiarezza, ha dichiarato cosa attende il Vecchio Continente: «Questa guerra durerà a lungo, dobbiamo prepararci». Abbiamo dunque la matematica certezza che, spingendo sulle sanzioni e soprattutto sull’invio di armi, l’Ucraina verrà ulteriormente insanguinata per settimane, mesi, forse di più.

Rispetto a questo, schietto è stato Federico Fubini del Corriere della Sera che, pochi giorni fa, in televisione ha detto: «Dobbiamo far sì che l’avventura in Ucraina di Putin vada sempre peggio e sia sempre più sanguinosa». Un pensiero lecito, beninteso, che però comporterà immense perdite al popolo ucraino. Un pensiero che – c’è poco da fare – non è di pace e non è manco parente di quel negoziato che, da subito, la Santa Sede ha indicato come obbligato. È il pensiero unico sulla guerra. Di cui senza dubbio il Cremlino è responsabile, ma che altri non stanno affatto facendo di tutto per arrestare.

Giuliano Guzzo

«Giuliano Guzzo accumula una serie impressionante di dati per mostrarci una realtà che ignoriamo. E che dimostra che il Maestro non ha esaurito le carte da giocare» (Rino Cammilleri).
«Un prezioso manuale con corrette interpretazioni su moltissime tematiche. Può senz’altro contribuire a trasformare la “fede liquida” in una “fede forte”» (Unione Cristiani Cattolici Razionali)


LA RESA

Tutte le norme etiche, tutti gli ordinamenti giuridici, in tutte le civiltà distinguono fra difesa ed offesa, aggredito ed aggressore.
Giovanni Bernardini
7 marzo 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 5426595990

Non lo fanno gli italici sostenitori della pace ad ogni costo, attivissimi in rete.
Per loro la colpa del proseguimento delle ostilità è di chi si difende. Il tuo paese è invaso? Un autocrate lo vuole smembrare, ridurre a stato fantoccio? Ti devi arrendere, se non lo fai è tua la colpa dei lutti legati alla prosecuzione del conflitto. La norma etica suprema, il nuovo imperativo categorico è ARRENDITI! Dalla vinta ai prepotenti, concedi loro ciò che ti chiedono. Se non lo fai sei un miserabile, uno che vuole “tornare all’ottocento”. E sei colpevole di tutte le brutture legate alla guerra, sei responsabile anche dei crimini commessi dall’aggressore, perché lui, poverino, non commetterebbe crimine alcuno se tu ti arrendessi. E’ la tua folle difesa ad obbligarlo ad uccidere.
Sembra incredibile ma sono in molti a pensarla in questo modo fra i cosiddetti “amanti della pace” dell’occidente in crisi.
Perché gli ucraini resistono? si chiedono alcuni di loro. Non hanno speranze, quindi...
Resistono perché solo resistendo hanno la speranza di ottenere un negoziato che sia diverso da una resa incondizionata. Perché chi si arrende non può negoziare un bel niente. Se Putin avesse già vinto non ci sarebbe trattativa, mediazione alcuna. Ci vuole tanto a capirlo?
Resistono, e resistendo aiutano le possibili vittime di future aggressioni. Se Putin pagherà un prezzo molto alto in Ucraina potrebbe essere meno prepotente domani, quando gli venisse in mente di minacciare la Finlandia o la Polonia…
E resistono perché hanno il diritto di farlo. Perché tutti, individui e popoli, hanno, il diritto di preferire il combattimento e la stessa morte alla perdita della libertà. Questo può sembrare vana retorica solo a chi considera vana retorica il richiamo a qualsiasi valore forte. Solo a chi ha fatto del quieto vivere la norma suprema, sempre, a qualsiasi costo.
Tutti coloro che invocano la resa per “evitare il bagno di sangue” in realtà non sono affatto spaventati dal bagno di sangue. Non sarebbero minimamente scossi se la vittoria dei russi fosse accompagnata da deportazioni ed esecuzioni di massa. Sarebbero felici di veder penzolare Zelen’skyj da una forca. Ai teorici della resa interessa una sola cosa: che tutto finisca il più presto possibile, in qualsiasi modo. Hanno un solo obiettivo: il ritorno alla normalità.
L’Ucraina è ridotta a stato fantoccio, chi se ne frega? Ora possiamo togliere le sanzioni alla Russia, il gas ritorna e con questo la normalità. Possiamo ricominciar a parlare di transizione ecologica e a dividerci su tante belle cose: dal green pass alla legge elettorale.
Non capiscono, i poverini, che nulla sarà più come prima. Non li sfiora il dubbio che il prepotente vittorioso possa avanzare nuove pretese. Che nel mirino potrebbero entrare la Finlandia o la Polonia, o forse Taiwan, su cui potrebbe avanzare pretese un altro prepotente, il gigante asiatico.
E se oggi l’amore per la resa ci ha spinti a sacrificare l’Ucraina, domani lo stesso amore potrebbe spingere altri a sacrificare la Finlandia, la Polonia o, chissà, l’Italia. Italia e Polonia sono nella Nato, potrebbe dire qualcuno, dimostrando di non aver capito proprio nulla. Perché la logica della resa non si arresta di fronte alle distinzioni giuridiche. Se si è moralmente obbligati alla resa perché si teme il sangue lo si è comunque, quale che sia il paese interessato e la sua collocazione internazionale.
Si abbandoni la distinzione fra aggredito ed aggressore, difesa ed offesa e tutto diventa possibile, qualsiasi abominio viene visto come “naturale”.
E quello che sta accadendo in questi tristissimi giorni.


LA PACE È MEGLIO DELLA LIBERTÀ ?

Giovanni Bernardini
5 marzo 2022
https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 9513784248

“La pace è più importante della libertà”. Questa, riassunta in uno slogan, la “summa” teorica dei cosiddetti neutralisti, quelli che “condannano”, bontà loro, l’intervento (intervento, non aggressione) russo in Ucraina, ma nel contempo sono contro l’invio di armi in Ucraina perché in questo modo… “si prolunga la guerra”.
Dunque, la pace è più importante della libertà. Per verificarlo facciamo un piccolo esperimento mentale.
Un tiranno a capo del paese X pretende di annettersi il paese A. Il presidente di A dice: “la pace è più importante della libertà”, si dimette ed A viene annesso ad X.
Il simpatico tiranno fa lo stesso con B, C eccetera, alla fine il paese X è al centro di un immenso impero. Bello vero?
Ma non basta. Il tiranno amante della pace detesta certe categorie di cittadini e, non appena è a capo del suo enorme impero, inizia allegramente a massacrarli. I governanti dei paesi non ancora annessi ad X potrebbero cercare di impedirglielo, ma sono ferventi seguaci della filosofia secondo cui “la pace è meglio della libertà” quindi non muovono un dito. E così decine, centinaia di milioni di innocenti vengono assassinati, nel silenzio, nella PACE.
Bello vero? Si, bellissimo e moralmente ineccepibile.
Applicato alla vita di tutti i giorni questo nobile principio, “la pace è meglio della libertà”, potrebbe dare vita a situazioni interessanti. Vedo un bruto che violenta una bambina, ma non intervengo. La pace è meglio della libertà, anche della libertà di uscir di casa senza venir stuprata. Bello vero?
E ciò che vale per lo stupro potrebbe valere per il furto, la rapina, il pestaggio di un vecchio, addirittura l’omicidio. Tizio spara a Caio. Perché mai dovrei intervenire? Se intervengo la violenza continua, ci sarebbero altre vittime. Quindi lascio che Tizio spari a Caio, poi, magari a Sempronio. La pace è più importante della libertà, perbacco.
Ma, a parte ogni considerazione etica, è realistico questo nobile principio? Evita davvero la guerra?
NO, ovviamente. NO, perché non siamo tutti uguali per fortuna. E ci potrebbe essere, anzi, di certo c’è qualcuno che non ci sta. C’è qualche stato che rifiuta di farsi annettere, qualche popolo che rifiuta di perdere la libertà, sceglie di combattere. Ed allora si arriva comunque alla guerra. Ma ci si arriva nelle condizioni peggiori. Perché nel frattempo il prepotente è diventato più forte, si è armato meglio, ha acquisito maggior sicurezza nelle sue forze e quando finalmente lo si affronta lo si fa nelle condizioni peggiori. E la guerra che alla fine scoppia diventa terribilmente dura e sanguinosa.
Le mie non sono semplici elucubrazioni mentali. Quando Hitler invase la Renania sarebbe bastato l’invio di un paio di divisioni francesi per sconfiggerlo. Si preferì lasciarlo fare. E si preferì lasciarlo fare quando iniziò in grande stile il riarmo della Germania, annesse l’Austria, e poi i Sudeti, e poi tutta la Cecoslovacchia. Fino a quando si arrivò comunque alla guerra. Nelle condizioni peggiori.
E, anche se in tanti non lo ricordano o fingono di non ricordarlo, nella storia reale, non negli esperimenti mentali, ci sono numerosissimi casi di massacri immani avvenuti nella PACE, nel silenzio assordante del mondo. Anche se avvenuta in tempo di guerra la Shoah non aveva nulla a che fare coi combattimenti. E i genocidi messi in atto dai vari Stalin, Mao e Pol Pot avvennero tutti in tempo di pace. Fra l’indifferenza di tutti coloro che mettono il quieto vivere al posto di comando. Nel corso dello scorso secolo il mondo ha visto in tre occasioni ricomparire il cannibalismo. In Cambogia fra 1975 al 1979. In Cina al tempo del gran balzo in avanti, fra il 1958 ed il 1961, ed in Ucraina, si UCRAINA, nel 1932 – 33, al tempo della collettivizzazione forzata dell'agricoltura.
Milioni di persone morirono in tempo di PACE, padri e madri folli per la fame divorarono i figli, ed i figli i genitori. Ma… la pace è più importante della libertà, perbacco.
Una considerazione finale. Sbaglio o molti di coloro che strillano che “la pace è più importante della libertà” esaltano la resistenza antifascista? E le brigate internazionali che combatterono in Spagna? Non si trattava di guerra in quei casi?
Lo so, chiedere un minimo di coerenza a certi figuri è davvero esagerato.
PS. Per quanto ovvio tengo a specificare che non sono favorevole ad interventi militari sempre e comunque. Se si dovesse intervenire militarmente ovunque si commettono ingiustizie si combatterebbe ovunque. Eventuali interventi vanno decisi caso per caso, con buon senso e pragmatismo. Quello che mi interessa confutare è il principio insostenibile per cui la pace sarebbe un bene assoluto, sempre da anteporre ad ogni altro. Il rifiuto di tale assurdo principio è alla base del realistico appoggio alla resistenza ucraina. Quando un paese è invaso aiutarlo è, insieme, moralmente meritorio e politicamente realistico. A meno di non scambiare il realismo con la difesa di un illusorio quieto vivere.


Cinici, egoisti, nostalgici: con voi non parlo più. Non c’è empatia senza etica
Antonio Polito
20 marzo 2022

https://www.corriere.it/sette/opinioni/ ... b963.shtml

Con la tragedia ucraina ho misurato la distanza intellettuale e morale che mi divide da chi credevo a me affine

Nel pieno della guerra (non «dell’Ucraina», ma «all’Ucraina») ho impudicamente affidato alla giungla di Twitter un sentimento personalissimo. Ogni tanto lo faccio, poi me ne pento, oppure no. Questa volta era un grido di intolleranza, lo ammetto. Il fatto è che la tragedia di questo popolo innocente mi ha svelato la distanza intellettuale e morale che mi divide da persone che fino a qualche giorno prima consideravo a me affini. È stato un grande dolore. Ma mi ha anche dato la certezza che — dopo — niente davvero sarà più come prima, neanche nella mia vita.

QUELLI CHE DICHIARANO LA LORO NEUTRALITÀ TRA LE PARTI IN CONFLITTO, PERCHÉ “NON STANNO NÉ CON I RUSSI NÉ CON GLI UCRAINI, MA CON GLI ITALIANI” ? VUOL DIRE CHE PER LORO CONTA MOLTO DI PIÙ IL PREZZO DELLA BENZINA CHE LA SORTE DI UN POPOLO

Il mio sfogo ha raccolto il consenso di un numero sorprendente di persone, le quali mi hanno comunicato, in una forma o nell’altra, che provano le stesse sensazioni; ma anche il dissenso di chi si è invece dichiarato felicissimo di perdere ogni affinità con me. Entrambe le reazioni, in fin dei conti, non fanno che confermare la gravità del mio “spaesamento”. Vuol dire che, sotto l’apparente condivisione di stili di vita e di valori, si è in realtà nel tempo aperto un golfo tra di noi: abbiamo smesso di essere d’accordo sull’essenziale.

Ci sono i cinici, per esempio. Quelli cui l’età, la cultura, l’esperienza, consigliano di non appassionarsi mai più a nessuna causa, e che ti spiegano con aria saccente che la storia non è altro che rapporti di forza, e che Putin è più forte e basta, e a te viene la voglia di chiedergli se ricordano la storia di Davide e Golia, oppure che cosa direbbero se un bullo prendesse a pugni il figlio a scuola.

Poi ci sono gli egoisti. Quelli che dichiarano la loro neutralità tra le parti in conflitto, perché - ecco la frase magica - non stanno né con i russi né con gli ucraini, ma con gli italiani. Vuol dire che per loro conta molto di più il prezzo della benzina che la sorte di un popolo che credono lontano mille miglia, perché non sanno che Trieste è più vicina a Leopoli che a Palermo. Ma più inquietante di tutte è la categoria dei nostalgici. Quelli che da tempo hanno sviluppato un odio per la tecnologia, la scienza, la finanza, la politica, che mangiano bio e votano contro, che anelano a una comunità più organica e più metafisica di quella esausta che offre la libertà democratica. Per questi nuovi romantici, convinti che solo «sangue e suolo» definiscano un popolo, Putin è meglio di Draghi, e almeno in Russia non c’è il green pass.

Naturalmente, in tempi di pace, ho convissuto serenamente con persone tanto diverse da me: è il bello della società aperta, tutte le opinioni hanno cittadinanza. Ma ora che le vedo tollerare, in nome delle loro idee e dei loro sofismi storici, le bombe sui bambini e i civili in fuga, ho smesso di tollerarle. Perché mi sembra abbiano varcato il confine etico dell’empatia, perdendo quella facoltà morale che sempre deve rendere un essere umano capace di mettersi nei panni del simile più sfortunato. Perciò non ho più voglia di discutere con loro. Sarà il mio piccolo, insignificante contributo alla causa ucraina.



TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA DI PUTIN A BIDEN
Ragione Critica
18 marzo 2021

https://www.facebook.com/stefano.rivier ... 3772543120

“Per quanto riguarda le parole del mio collega americano, noi davvero, come lui ha detto, ci conosciamo di persona. Cosa gli potrei rispondere? Che stia in salute! Gli auguro salute! Lo dico senza ironia. Nella storia di ogni popolo, di ogni Stato, ci sono molti avvenimenti drammatici, pesanti, sanguinosi. Ma quando noi valutiamo le altre persone, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e lì vediamo noi stessi, perché trasferiamo agli altri ciò di cui noi respiriamo, ciò che noi siamo in sostanza. Mi viene in mente quando noi da bambini, giocando in cortile, ci raccontavamo una storiella di scherno, dicevamo che se uno affibbia all’altro un brutto nome, quel nome lì definisce proprio chi lo ha detto”. Questa non è una semplice burla ma nasconde un senso profondo, un significato psicologico. Noi nell’altra persona vediamo sempre proiettate le nostre proprie qualità e pensiamo che lui è come noi. Quando valutiamo gli altri, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio: vediamo noi stessi.
Per quanto riguarda l’establishment americano, non parlo del popolo americano, dove ci sono molte persone per bene, oneste che vogliono vivere con noi in pace e in amicizia, questo lo sappiamo, lo apprezziamo e su di loro faremo affidamento in futuro. Per quanto riguarda invece la classe dirigente americana, la sua coscienza si è sviluppata in un divenire di condizioni non semplici e ben note: l’assimilazione da parte degli europei del continente americano è avvenuta per mezzo dello sterminio della popolazione locale, col genocidio vero e proprio delle tribù indiane native locali. A questo è seguito un lunghissimo periodo di schiavitù, molto crudele e spietata. E questo continua nella storia americana, fino ai nostri giorni accompagna la vita degli Stati Uniti d’America, altrimenti da dove sarebbe saltato fuori il movimento “Black Lives Matter”? Tuttora gli afroamericani si scontrano con le ingiustizie e lo sterminio. Proprio facendo perno su tali fattori cruciali, la classe dirigente americana decide i suoi problemi interni ed esterni. Voglio ricordare che gli Stati Uniti sono l’unico Stato al mondo che ha impiegato la bomba atomica contro un altro Stato - privo di questa arma atomica - contro il Giappone, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contro Hiroshima e Nagasaki. In questo non vi era assolutamente nessun senso militare, si è trattato solo di puro sterminio diretto della popolazione civile.
Noi sappiamo che gli Stati Uniti sono interessati ad avere con noi determinati rapporti e solo sulle questioni che a loro convengono e alle loro condizioni. Noi siamo diversi, noi abbiamo un altro codice genetico e un altro codice morale, tuttavia noi sappiamo difendere i nostri interessi e collaboreremo con gli Stati Uniti, ma solo in quei campi e alle condizioni che a noi convengono, dovranno fare i conti con questo, nonostante tutti i loro tentativi di fermare il nostro sviluppo, nonostante tutte le loro sanzioni e insulti”.


1) assimilazione da parte degli europei del continente americano è avvenuta per mezzo dello sterminio della popolazione locale, col genocidio vero e proprio delle tribù indiane native locali.
2) a questo è seguito un lunghissimo periodo di schiavitù, molto crudele e spietata. E questo continua nella storia americana, fino ai nostri giorni accompagna la vita degli Stati Uniti d’America, altrimenti da dove sarebbe saltato fuori il movimento “Black Lives Matter”? Tuttora gli afroamericani si scontrano con le ingiustizie e lo sterminio.
3) gli Stati Uniti sono l’unico Stato al mondo che ha impiegato la bomba atomica contro un altro Stato - privo di questa arma atomica - contro il Giappone, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contro Hiroshima e Nagasaki. In questo non vi era assolutamente nessun senso militare, si è trattato solo di puro sterminio diretto della popolazione civile.

1) non vi è stato alcun sterminio della popolazione locale indiana e il 90% degli americani discende da migranti giunti negli USA dopo la fine delle guerre indiane e pertanto non hanno alcuna responsabilità di quanto può essere avvenuto prima del loro arrivo;
mentre i russi sono pienamente responsabili di quanto è avvenuto durante l'Impero zarista e l'Impero dell'URSS ai danni dei popoli soggetti all'imperio russo.
2) solo una parte degli americani dei secoli passati ha praticato la schiavitù e l'altra parte ha operato per abolirla e questo è servito come buon esempio per il Mondo intero;
mentre in Russia al tempo degli Zar vi erano i servi della gleba e ai tempi dell'URSS i gulag e lo sterminio di milioni di contadini kulaki;
il suprematismo razzista nero dei BLM è una demenzialità politicamente corretta con la sua criminale Teoria Critica della Razza alimentata dall'ideologia sinistrata antiamericana e filo nazimaomettana e non ha alcuna giustificazione umana e sociale. https://it.wikipedia.org/wiki/Schiavit% ... %27America
3) i nazifascisti giapponesi giapponesi erano responsabili di milioni morti e le bombe su Hiroshima e Nagasaki con i loro duentomila morti hanno costretto il Giappone alla resa incondizionata risparmiando chissà quante altre sofferenze all'umanità vittima e oppressa dai giapponesi nazifascisti.
Questi due bombardamenti atomici sono stati un'esperienza terrificante che da allora ha impedito all'umanità di usare queste armi di distruzione di massa che danneggiano non solo il nemico ma anche chi le usa e l'intera umanità.
https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardam ... e_Nagasaki





Alberto Pento

Gli USA hanno liberato l'Europa dal nazifascismo e l'hanno immunizzata dal nazicomunismo dell'URSS per quasi 40 anni fino alla sua disfatta.
Agli USA solo grazie, tante grazie!
Le due bombe sul Giappone nazifascista che aveva attaccato gl USA e poi fatto milioni di morti in tutta l'Asia sono servite a far finire la guerra costringendo il Giappone ad arrendersi, altrimenti la guerra sarebbe andata avanti ancora causando molte altre vittime e distruzioni.
Solo Grazie agli USA!
Poi l'esperienza delle due bombe sul Giappone con le centinaia di migliaia di morti è servita all'umanità intera per evitare la guerra nucleare fino ai nostri giorni.
L'unica cosa da cui gli USA non sono riusciti a salvaguardarci del tutto è dall'infezione del sinistrismo social comunista e dalla sua versione politicamente corretta che ha infettato l'Occidente e che oggi ci rende vulnerabili agli attacchi delle dittature nazi comuiniste e nazi maomettane.
Se Putin non smette l'aggressione bisogna farlo smettere con la forza, non esiste alternativa, il male va trattato come si deve, non ci sono alternative, cedere al male significa sottomettersi e questo è un male ancora più grande.
La vita e la libertà si difendono anche con la vita se necessario.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:33 pm

"La nostalgia del comunismo spinge la sinistra verso Putin"
Francesco Boezi
15 aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 26572.html

Pierluigi Battista, noto giornalista ed editorialista, svela la natura della sinistra filo-Putin e richiama l'Occidente alle sue responsabilità storiche.

C'è una sinistra massimalista che sulla guerra in Ucraina sta prendendo delle posizioni antisistemiche.

«Cosa vuol dire massimalista? Questa è una sinistra con una matrice comunista non smaltita. Una sinistra in cui si mescolano nostalgie dell'Urss, pulsioni antiamericane, vecchi e patetici slogan contro la Nato, incomprensione della natura totalitaria di un regime come quello di Putin, cliché culturali che sono sempre gli stessi da decenni ed un infinito rimpianto del muro di Berlino».

Una sorta di «nostalgia del '900».

«No, macché '900. Non procediamo per slogan. È nostalgia del comunismo (scandisce, ndr). Perché nel '900 c'è stato anche Winston Churchill, che andava benissimo. Quella è una parte che ragiona come se il muro di Berlino non fosse mai crollato. Un pezzo di mondo che ha anche molta insensibilità verso la sorte dei dissidenti, com'è sempre accaduto. Si tratta di una sinistra nostalgica che fa finta di non capire. Devo dire la verità, però...».

Cioè?

«Pure a destra ci sono dei problemi. Sta venendo fuori una destra illiberale, con un'anima affascinata nel profondo dai sistemi totalitari e molto poco legata ai valori dell'Occidente liberal-democratico. Il quadro nel complesso è abbastanza drammatico».

I no vax tendono a simpatizzare per Putin e magari sostengono le recenti misure restrittive cinesi sul Covid.

«Sì, sono libertari da una parte ed autoritari dall'altra. Le immagini che provengono da Shanghai sono inconcepibili. Quello però è il mondo che sta venendo fuori e che sarà egemone nel prossimo secolo: un asse russo-cinese, che è un sistema di illibertà che calpesta i valori dell'Occidente, quindi la dignità e la libertà degli individui. Quando Biden si ritira dall'Afghanistan e lo lascia ai talebani, lancia al messaggio un mondo: fate quello che volete».

Una presidenza deludente quella statunitense?

«Sì, deludente ma, rispetto alla guerra in Ucraina, è meglio tenerselo che essere delusi. Io sto con gli Stati Uniti d'America ed i valori dell'Occidente: stelle e strisce. Poi i presidenti si possono criticare, per carità. Il problema vero è stato abbandonare l'Afghanistan: ha costituito un segnale. Con ogni probabilità, Putin non avrebbe invaso l'Ucraina se non avesse percepito un ritiro dell'Occidente. L'asse russo-cinese, al di là dei fatti dell'Ucraina, sta spostando l'equilibrio psicologico mondiale: nessuno si fida più dell'Occidente. Basta citare l'abbandono dei curdi e quello dei gruppi che in Afghanistan hanno combattuto contro i talebani. Al mondo non conviene stare con noi: conviene stare con i potenti autocrati, che poi sono i russo-cinesi».

Un passaggio sulle elezioni francesi: sarà ancora Emmanuel Macron contro Marine Le Pen.

«Io fossi in Francia voterei Macron, perché è importante che non vinca la Le Pen, ma penso che siano troppi anni che scegliamo per non avere il peggio. Bisognerebbe votare per avere il meglio. Dopo la seconda guerra mondiale, i Paesi dell'Occidente hanno espresso grandi progetti politico-culturali che hanno diffuso benessere e protezione sociale. Per cui, nel complesso, siamo tutti cresciuti molto nell'arco di pochi decenni. Questo ha attirato anche i Paesi dell'Est Europa che erano sotto il tallone comunista e che hanno iniziato a rivolgersi all'Occidente. Il nostro era un mondo migliore. Tutto questo non esiste più. Non ci si può più permettere di dire: Votate me perché sennò arriva il mostro. Bisogna tornare a chiedere il voto per un progetto complessivo. Quanto può durare questo andazzo?».

Però voterebbe Macron.

«Sarebbe una catastrofe, in questo momento storico ed in relazione alla guerra in Ucraina ed a Putin, se vincesse la Le Pen».



Bufera sul presidente Pagliarulo: "La nostra lotta diversa da quella di Zelensky". E mette in dubbio la strage di Bucha
L'Anpi resta tifosa di Mosca: vieta vessilli Nato. il 25 Aprile e boccia la resistenza di Kiev

Pasquale Napolitano
16 Aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1650084748

L'Anpi non taglia il cordone ombelicale con la Russia (ex Urss) e impone l'editto anti-Nato in occasione del 25 aprile. Gianfranco Pagliarulo, presidente Anpi, dice no alle bandiere Nato alle celebrazioni per la festa della liberazione: «Faremo il possibile per impedire qualsiasi incidente o provocazione. Le bandiere Nato sono inappropriate in questa circostanza in cui bisogna parlare di pace».

Il diktat arriva durante la conferenza di presentazione degli eventi per celebrare il 25 aprile. Sul conflitto in Ucraina, l'associazione degli ex partigiani continua a mantenere una posizione ambigua. Al punto da rimarcare una differenza tra la resistenza italiana (supportata dagli americani) e quella ucraina: «Noi pensiamo sia giusto riconoscere la lotta delle popolazioni ucraine come una lotta di resistenza. Detto questo, secondo noi, sarebbe sbagliato equiparare la lotta dei cittadini ucraini con quella avvenuta in Italia, che si è svolta anche in un contesto totalmente diverso. La resistenza italiana nasce l'8 settembre 1943 e si conclude il 25 aprile del 1945, la guerra era in corso, gli alleati erano in guerra contro la Germania e l'Italia fascista, fornirono armi per chiudere al più presto la guerra. È stata l'ultima fase di quella guerra. Il paragone è del tutto improprio. L'Italia non è in guerra contro la Russia, noi vorremmo evitare che tramite l'invio delle armi ci si avvii ad una linea rossa da non travalicare. C'è stata una resistenza anche in Iraq, una dei talebani, o quella di Gheddafi, ma questo non vuol dire che siano state uguali a quella che si svolge ora in Ucraina», rincara Pagliarulo.

L'antipatia dell'Anpi verso Kiev è chiara quando il presidente ammette: «Anche in Ucraina ci sono vuoti democratici. Zelensky ha sciolto una decina di partiti di opposizione recentemente. Ci sono state tante violenze in passato a cominciare dalla terribile guerra del Donbass, cominciata dopo Maidan e dopo l'indipendenza della Crimea. Andiamo oltre i buoni e cattivi e vediamo come stanno davvero le cose». E poi, ecco, puntuale arriva il sospetto sull'eccidio di Bucha: «Su Bucha c'è una larghissima probabilità che siano stati i russi, ciò non toglie che sia ragionevole che si crei una commissione indipendente che indaghi su quei fatti» chiede il presidente. L'Anpi ribadisce il no all'invio delle armi a Kiev: «Assistiamo ad un riarmo generalizzato come avvenne prima della prima e della seconda guerra mondiale. Tutto ciò inasprisce le tensioni. Si sta creando a una reazione a catena apocalittica che potrebbe portare ad una catastrofe» spiega Pagliarulo. Parole che infiammano le polemiche in vista del 25 aprile, giornata che in Italia continua a dividere.

La comunità ebraica si scaglia contro l'Anpi: «Caro Pagliarulo, non armare Kiev significa fare il gioco di Putin, come chi davanti a uno stupro per strada si volta dall'altra parte. Ho sentito con sgomento la conferenza stampa del presidente Anpi nazionale Pagliarulo, e con dolore devo definire le sue parole ipocrite», replica Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica di Milano. Si smarca dall'Anpi l'ex capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci: «La posizione del presidente dell'Anpi Pagliarulo continua ad essere molto discutibile, io non la condivido affatto». La condanna arriva anche da Radicali e Azione che, con Osvaldo Napoli, attacca: «Ritiene giusto escludere le bandiere Nato, oggi, e ieri di ospitare terroristi palestinesi per il 25 aprile ed escludere rappresentanti della Brigata Ebraica».




La guerra in Ucraina divide i neofascisti d’Europa: l’allarme dell’intelligence

Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi
14 marzo 2022

https://www.editorialedomani.it/fatti/g ... o-x6noyl3h

La disinformazione russa sulla guerra passa dai canali social e media del Cremlino, dai simpatizzanti No vax e dai parlamentari populisti. Ma anche, si scopre, dalla galassia neofascista. Il legame emerge dell’analisi di migliaia di profili legati all’estrema destra che nei giorni dell’invasione hanno condiviso e amplificato i messaggi veicolati dal canale Telegram “World terror”.

Secondo i rapporti dei servizi segreti occidentali il canale è stato utilizzato per veicolare la «contro-disinformazione russa volta a influenzare l’opinione pubblica circa l’adozione di strategie di disinformazione online da parte di attori filo-ucraini». In pratica è la versione moderna dell’antico schema spionaggio e controspionaggio, reso celebre dai romanzi di Le Carrè e dai film di James Bond.

Tra le pieghe di questa guerra virtuale sullo sfondo del conflitto sul campo emergono gli schieramenti e i posizionamenti dei neofascisti d’Europa. Gruppi schierati con la Russia o con l’Ucraina. Uniti dal nazionalismo, divisi al fronte tra chi sostiene l’invasione ordinata da Vladimir Putin e chi, invece, parteggia per gli assediati di Kiev.


La geografia europea

La geografia dell’estrema destra europea non è una mappa di un unico colore, piuttosto rivela le spaccature interne dell’internazionale nera che da Varsavia a Lisbona, in tempi di pace, ha dominato la scena dell’opposizione radicale all’Unione europea, della lotta feroce all’immigrazione e alle misure dei governi contro la pandemia.

La guerra in Ucraina – e ancora prima il conflitto nel 2014 tra esercito ucraino e i battaglioni filorussi che ha portato alla proclamazione delle repubbliche autonome del Donbass – hanno rivelato una frattura interna ai movimenti neofascisti dell’Europa. Il caso di scuola tutto italiano ha riguardato la profonda divergenza tra Forza nuova e CasaPound, le due sigle dei nostalgici di Benito Mussolini più note nel paese, sulla questione russo-ucraina.

Dai ranghi della prima sono partiti militanti per combattere con i filorussi del Donbass, alla seconda appartenevano alcuni personaggi inquadrati nel battaglione Azov ucraino considerato il braccio militare del partito di estrema destra di Kiev, Pravy Sector (Settore destro).

La formazione, ben nota ai servizi russi, che è stata usata come pretesto per la «de-nazificazione» annunciata da Putin, omettendo di dire, però, che anche tra i miliziani filorussi sono ben rappresentanti i neofascisti. Uno dei battaglioni più “inquinati” è il Rusich, finito in diverse informative dell’antiterrorismo italiano per le presenze di soldati provenienti da gruppi della destra estrema europea, inclusa l’Italia.


I neofascisti

Tra i soldati di Forza nuova o legati al partito di Roberto Fiore, sotto processo per l’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021, c’è chi si trova ancora nelle repubbliche filorusse contese, motivo scatenante dell’invasione ordinata da Putin il 24 febbraio scorso. Il più importante per carriera fatta alla corte dei generali putiniani è certamente Andrea Palmeri, alias “il Generalissimo”, condannato in primo grado come arruolatore di camerati italiani destinati al fronte del Donbass con le milizie filo Putin. Palmeri nei documenti dell’antiterrorismo è segnalato per i suoi legami con il battaglione Rusich.

Tra Donesk e Lugansk c’è ancora un fotoreporter militante, partito nel 2014 per unirsi alle milizie filorusse e narrare l’epopea dei combattenti fedeli alla Russia. Si chiama Vittorio Nicola Rangeloni, il 27 febbraio sul suo profilo VKontact, il Facebook russo diventato meta dei neofascisti bannati dal social americano, scriveva: «Dal gelido inverno verso la caldissima primavera». Il post è accompagnato da un foto di lui con l’elmetto, alla sua destra un blindato dell’esercito russo con la Z bianca (simbolo dell’invasione) disegnata sul fianco.

Rangeloni nel settembre 2021 è stato insignito con una delle «onorificenze più importanti della Repubblica» del Donbass, ha scritto sulla sua pagina VK. È vicino ai neofascisti italiani, ha avuto simpatie certamente per il Movimento sociale europeo di cui ha fatto parte per un periodo Giuliano Castellino, capo romano di Forza nuova accusato, con Fiore, per l’assalto alla Cgil. Lo stesso Fiore è affezionato alla causa, con l’associazione Alexandrite ha portato un gruppo di imprenditori italiani in Crimea dopo l’annessione alla Russia per investire e delocalizzare nelle terre del Cremlino.


Damasco non è Kiev
LaPresse

I “neri” di Forza nuova dunque sostengono la Russia e hanno relazioni con gli ideologi che hanno teorizzato la Nuova Russia, termine che identifica l’area del Donbass con le due repubbliche ora riconosciute dal Cremlino. I loro gemelli diversi di CasaPound, invece, appoggiano l’Ucraina, o meglio i nazionalisti di estrema destra di Kiev. Lo confermano anche i report dell’intelligence: «CasaPound si è apertamente schierato a favore dei popoli europei, condannando ogni forma di imperialismo straniero».

Questa divergenza tuttavia palesa una confusione ideologica non da poco. Sulla guerra in Siria per esempio CasaPound e Forza nuova si sono schierati con il regime di Assad, sostenuto e armato dalla Russia. I due movimenti neofascisti in collaborazione con altri gruppi europei della medesima area hanno organizzato numerosi viaggi di solidarietà a Damasco, utilizzando spesso come schermo delle associazioni solidali.


Dallo stadio alla guerra

Nei report degli apparati delle intelligence occidentali c’è la fotografia di come sono schierati i singoli gruppi neofascisti. Il dato interessante è che persino alcune tifoserie dichiaratamente di estrema destra hanno dato sostegno all’una o all’altra parte. Le curve del resto sono l’ambiente in cui i movimenti neofascisti pescano militanti con più facilità.

«Gli ultras della squadra di calcio belga Bruges, vicini agli ambienti di estrema destra, hanno esposto degli striscioni e alcune bandiere a sostegno dell’Ucraina, durante uno degli ultimi match disputati», scrivono gli analisti. Sulla stessa linea i capi della curva della Dinamo Zagabria, i Bad blue boys, durante una delle ultime partite, «hanno espresso solidarietà nei confronti dell’Ucraina» esibendo bandiere giallo blu del paese sotto assedio.


Dal Belgio alla Bielorussia

Nel cuore dell’Europa il partito di estrema destra belga Nation, «tramite messaggi sui propri canali social, ha cercato di giustificare la Russia in merito a quanto sta accadendo in Ucraina, affermando che, la colpa risiede nel fatto che negli ultimi 7 anni, dopo gli accordi di Minsk, non sono state implementate le azioni definite negli accordi stessi e che, anzi, gli ucraini avrebbero continuato a bombardare il Donbass», si legge nei report.

A differenza dei nazionalisti bielorussi, che sono partiti in direzione Kiev per difendere la città dall’invasione «del nemico neobolscevico». Il fatto è rilevante, soprattutto perché Minsk appoggia Putin e ha concesso alla truppe del Cremlino di usare la Bielorussia come varco per entrare in Ucraina.

Anche i neofascisti croati sono pro Kiev. Dalle informazioni raccolte dall’intelligence un gruppo di 200 militanti è partito per unirsi ai combattimenti nel battaglione Azov. In Francia Les Nationalistes giustifica l’azione di Putin. La tesi è che l’Ucraina è un paese «artificiale», da sempre «sotto il controllo delle potenze dominanti del momento».

I Bordeaux Nationaliste al contrario sono solidali con i nazionalisti ucraini. In Germania c’è il partito neonazista tedesco Der III. weg, che tramite i suoi canali media ufficiali sostiene il «fiero popolo ucraino minacciato dal popolo russo». Mentre il Nationaldemokratische partei deutschlands non sposa né l’una nell’altra causa, «ci interessa solo la nostra patria tedesca», ribadiscono.

I nazionalisti greci riuniti sotto la sigla Elasyn sono filo russi e considerano l’Ucraina una continuazione della federazione. E sposano la teoria secondo cui l’Ucraina è uno stato fantoccio della Nato e degli Stati Uniti.

L’estrema destra polacca è con l’Ucraina. L’odio storico verso Mosca conta ancora molto a Varsavia. Da qui è già partito qualche volontario per unirsi alla legione internazionale istituita da Kiev: uno di loro appartiene «all’organizzazione politica Obóz narodowo–radykalny, si sarebbe unito al battaglione International volunteers in Ucraina con l’obiettivo di combattere contro Putin».

Su questo punto i servizi segreti occidentali monitorano con attenzione. E benché non sia ancora emersa «in forma evidente una organizzazione sistematica di milizie nazionaliste, appartenenti ai movimenti sopra menzionati, pronte a recarsi in Ucraina e combattere sul fronte di battaglia, sono stati rilevati segnali circa l’adesione di singoli ultra-nazionalisti alla causa ucraina e il rimpatrio di cittadini ucraini per combattere in difesa della propria patria».


Nato nemica

Su una cosa però sono tutti d’accordo: la causa di tutti i problemi è l’espansionismo della Nato. «Tale pretesto di strumentalizzare il conflitto russo-ucraino per enfatizzare l’inefficienza delle organizzazioni internazionali, è maggiormente emerso tra i partiti nazionalisti con forte spirito anti-europeo, nonché nella maggior parte di quelli facenti parte dell’Alliance for peace and freedom», scrivono gli analisti dell’intelligence. Alliance for peace and freedom è un movimento che raggruppa vari partiti neofascisti, fondato tra gli altri da Roberto Fiore, il capo di Forza nuova.



Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra senza fine della Nato.
Barbara Spinelli - Il Fatto Quotidiano
9 Maggio 2022.
Man mano che passano i giorni, i neonazisti che combattono a fianco delle truppe regolari ucraine, e in particolare quelli asserragliati nell’acciaieria Azovstal, sono chiamati con nomi più benevoli: vengono presentati come eroici partigiani, difensori ultimi dell’indipendenza ucraina.
Zelensky che inizialmente voleva liberarsi dei neonazisti, oggi dipende dalla loro resistenza e li elogia. La loro genealogia viene sistematicamente occultata e anche i giornalisti inviati tendono a sorvolare, ricordando raramente che nel Donbass questa maledetta guerra non è nata nel 2022 ma nel 2014, seminando in otto anni 14.000 morti.
Oppure si dice che il battaglione Azov è una scheggia impazzita, certo pericolosa, ma non diversa da roba tipo Forza Nuova in Italia.
Invece il battaglione Azov è tutt’altra cosa: è un reggimento inserito strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo i tumulti di Euromaidan e ha legami organici con i servizi (Sbu, succedaneo ucraino del sovietico Kgb). Così come sono tutt’altro che schegge le formazioni neonaziste o i partiti vicini al battaglione: Right Sector (Settore di Destra), Bratstvo, National Druzhina, la formazione C14, il partito Svoboda oggi in declino, e vari drappelli militarizzati.
Sono i partiti su cui Washington e la Nato puntarono durante la rivoluzione colorata di Euromaidan, perché Kiev rompesse con Mosca. Sono strategicamente cruciali perché la guerra per procura Usa-Nato-Mosca continui senza scadenza. Se davvero fosse una guerra locale tra Kiev e Mosca, il segretario della Nato Stoltenberg non avrebbe respinto con tanta iattanza la rinuncia alla Crimea, prospettata qualche ora prima da Zelensky come primo passo verso una tregua.
Oleksiy Arestovych è stato dirigente di primo piano di Bratsvo ed è uno dei consiglieri politici di Zelensky: attore anch’egli, esperto in propaganda, è maggiore nell’esercito ed entrò nei servizi segreti nel 1990.
Nel 2014 si unì alla guerra contro i separatisti filorussi delle repubbliche di Donec’k e Luhans’k, partecipando a 33 missioni militari. Il massimo del successo, come blogger, lo raggiunse quando presidente era Porosenko, che più si adoperò per legittimare le destre russofobe e neonaziste inserendole nel sistema militare e amministrativo. Quando Zelensky vinse alle urne, Arestovych fu nominato suo consigliere speciale e portavoce del Gruppo di Contatto Trilaterale di Minsk, creato nel 2014 per negoziare con Mosca sul Donbass. Del Gruppo facevano parte Russia, Ucraina e Osce (l’Organizzazione Onu per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).
Nel 2015, è all’Osce che la Fondazione per lo Studio della Democrazia (associazione civile russa) invia un rapporto sulle violenze perpetrate dai servizi del Sbu e da paramilitari neo-nazi non solo contro i militanti separatisti ma anche contro i russofoni non-combattenti del Donbass catturati assieme ai combattenti. Il rapporto cita e amplia un primo resoconto, pubblicato il 24 novembre 2014. Nel secondo si menzionano elettrocuzioni, torture con bastoni di ferro e coltelli, waterboarding (simulazioni di annegamento impiegati dagli Usa in Afghanistan, Iraq e a Guantanamo), soffocazione con sacchi di plastica, torture dell’unghia, strangolamenti tramite la garrota (detta anche “garrota banderista” in omaggio a Stepan Bandera, collaboratore dei nazisti nelle guerre hitleriane, eroe nazionale per l’estrema destra e occasionalmente anche per i governi ucraini).
In altri casi i prigionieri venivano sospinti a forza su campi minati o stritolati da carri armati. A ciò ci aggiungano la frantumazione di ossa, le temperature gelide delle prigioni, la sottrazione di cibo, la somministrazione di psicotropi letali.
Lo Stato lasciò impuniti tali torture e trattamenti inumani, proibiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Si trattò di azioni volutamente naziste se è vero che numerosi prigionieri ricevettero, sulla propria pelle, lo stampiglio della svastica o della parola “SEPR” (separatista) inciso con lame roventi sul petto o sulle natiche. La Costituzione ucraina, nell’articolo 37, proibisce l’esistenza di gruppi paramilitari nei partiti e nelle istituzioni pubbliche.
Torture e violenze simili sono evocate anche in documenti successivi, tra cui quello dell’associazione ucraina “Successful Guards” (14 settembre 2018). Il rapporto enumera le atrocità che vedono coinvolti partiti di estrema destra come National Druzhina, Bratstvo, Right Sector, e in particolare il gruppo C14, noto per aver stretto con numerose amministrazioni distrettuali –Kiev compresa– un Memorandum di Partnership e Cooperazione. Il C14 è responsabile non solo di azioni violente nel Donbass ma di pogrom contro i rom e di violenze contro le annuali commemorazioni di eroi antinazisti russi come Anastasia Baburova e Stanislav Markelov. Nel Donbass il C14 compie spesso azioni che il SBU non può legalmente permettersi, scrive il rapporto. Il metodo è sempre quello: l’esercito o il SBU o i ministeri dell’Interno e dei Veterani affidano i prigionieri sospetti di collaborazione con Mosca ai propri bracci torturatori: battaglione Azov o C14.
Queste violenze andrebbero rievocate, nel giorno che commemora la vittoria sovietica del ’45 e quella che Mosca chiama “grande guerra patriottica”. La chiamano così anche i commentatori occidentali, per dissimulare il fatto che fu una vittoria che liberò dal nazismo l’Europa intera, con gli alleati occidentali, e che costò alla Russia almeno 30 milioni di morti.
Da tempo si relativizza, sino a farlo scomparire, il contributo decisivo dell’armata rossa alla liberazione europea. Il contributo viene obliterato, come non fosse mai esistito, perfino dal Parlamento europeo (memorabile una risoluzione del settembre 2019 che attribuisce solo al patto Ribbentrop-Stalin le colpe della guerra e non fa menzione della Resistenza russa).
Il riarmo e l’allargamento a Est della Nato, uniti all’impudenza delle dimenticanze storiche e delle frasi di Stoltenberg, hanno creato tra Russia ed Europa un fossato quasi incolmabile, politico e anche culturale. A questo servono l’“abbaiare occidentale alle porte della Russia” denunciato dal Papa, l’oblio dello “spirito di Helsinki”, la russofobia in aumento.
Sono misfatti che non giustificano la brutale aggressione russa del 24 febbraio, ma che certo l’hanno facilitata. Che spingeranno la Russia, per molto tempo, a prender congedo da un’Europa che sempre più crede di progredire confondendo i propri interessi con quelli statunitensi.


Alberto Pento
Quante menzogne che scrive questa demenziale giornalista Barbara Spinelli.
In un tribunale serio verrebbe condannata per calunnia almeno a 5 anni di prigione e radiata a vita dall'albo dei giornalisti.


Ucraina, dalla guerra civile nel 2013/14, causata dal nazifascista russo Putin a oggi,
dalle stragi di Euromaidan del 2013 a quella di Odessa del 2014
viewtopic.php?f=143&t=3006
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9099264249


Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014 con repressione violenta del governo filorusso dei manifestanti filoeuropei e feroci scontri tra i filo russi e i filo europei, con centinaia di morti e migliaia di feriti.
Con interventi di cecchini, mercenari, infiltrati e squadre speciali russe contro gli ucraini antigovernativi e filoeuropei.
Fu in questo contesto di guerra civile, di repressioni poliziesche e militari, di scontri e violenze generalizzate, tra cui l'invasione russa della Crimea e l'inizio dei moti separatisti terroristici nel Donbass che avvenne anche la Strage di Odessa in cui morirono una quarantina di persone a causa di un incendio di cui non si conosce con certezza l'origine.


Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo e nazismo in Ucraina e in Russia
e la Russia nazi fascista e comunista, suprematista e imperialista del falso cristiano Putin il violento e criminale dittatore russo
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:33 pm

Un altro demente sinistrato filo nazifascismo russo.


Il pentastellato Petrocelli non rinnega il tweet della discordia con la Z filorussa. E dopo l'ok della Giunta alla sua estromissione attacca: "Vendetta politica contro di me. Abbandonato dai 5S"
"Tweet con la Z? Lo rifarei". Petrocelli non si pente

Marco Leardi
10 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1652224320

Il tweet con la Z maiuscola? Sì, Vito Petrocelli lo rifarebbe. Il senatore pentastellato finito nella bufera per le sue posizioni filorusse non rinnega nulla. Nemmeno ora che la Giunta per il regolamento del Senato ha spianato la strada alla sua esclusione dalla presidenza della commissione Affari Esteri. Mentre la tempesta si abbatte su di lui, il grillino non molla e definisce quel suo messaggio social una provocazione. "Sì lo rifarei. L'ho fatto per provocare una situazione stagnante in cui tanti altri, persone normali, non vogliono aderire a una campagna di massificazione unificata. Sono tempi in cui essere moderati probabilmente serve a poco", dice il parlamentare, senza alcun ripensamento.

Il tutto, peraltro, avviene in una situazione paradossale. Su Petrocelli, infatti, si stanno scatenando le reazioni indignate della politica, mentre il diretto interessato continua a rifiutarsi di farsi da parte. Intanto, nel Movimento Cinque Stelle si consuma un'incomprensibile commedia: il senatore tarantino, infatti, risulta ancora tra le fila del partito guidato da Giuseppe Conte, nonostante quest'ultimo avesse promesso provvedimenti immediati e senza condizioni nei suoi confronti. Una situazione che sta creando più di qualche imbarazzo anche tra gli stessi pentastellati, mentre il parlamentare sbertuccia il proprio gruppo, definendo il posizionamento dei 5S sulla guerra "molto altalenante, propagandistico ed elettorale".

"Non ho mai ricevuto nessuna notifica di espulsione, a tutti gli effetti faccio parte del Movimento 5 stelle, non l'ho ricevuta né io né dal presidente Casellati, che dovrebbe disporre in automatico il mio passaggio al gruppo Misto", ha confermato lo stesso senatore ai cronisti, dichiarandosi abbandonato dai grillini dopo lo scioglimento della commissione votato dalla Giunta del regolamento del Senato. "Mi pare che il programma del 2018 del movimento sia scomparso", ha aggiunto, tirando una nuova bordata ai vertici pentastellati.

Nello specifico, tornando a tirare la giacchetta al leader del Movimento, il senatore ha affermato: "Conte mi aveva annunciato l'espulsione già pochi giorni prima del mio voto contrario alla fiducia, mi pare fosse il 3 aprile. Aveva detto che così facendo 'Petrocelli si pone automaticamente fuori dal Movimento'...". E intanto all'ex premier tocca incassare il colpo, forse in attesa di una resa dei conti ormai non più procrastinabile.

Quanto alla decisione della Giunta, il grillino dissidente ha sottolineato che era "nell'aria", denunciando una "vendetta politica" nei suoi confronti per aver votato no all'invio delle armi in Ucraina. Sul tema, Petrocelli è ancora oggi irremovibile, come lo è nella sua determinazione a non demordere sul fronte della commissioni Affari Esteri: "Ho intenzione di fare ricorso alla Corte costituzionale, ma lo farò se me lo consiglierà il mio legale, se ne varrà la pena".
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:34 pm

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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:34 pm

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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » mer apr 13, 2022 8:34 pm

16)
Corrispondenza sulla guerra di aggressione della Russia al'Ucraina, tra da Silvana de Mari pro Russia e Roberto de Mattei pro Ucraina.

Su alcune questioni di attualità mi trovo d'accordo con la De Mari:
no invasione dei clandestini,
no suprematismo nazismo maomettano (demonizzazione del cristianismo e santificazione dell'Islam),
no suprematismo razzista dei neri,
no suprematismo del politicamente corretto LGBT,
ma non sono assolutamente d'accordo sul
no vax/no greenpass,
sullo schierarsi con il "supposto santo" carnefice Putin contro la "supposta demoniaca" Ucraina innocente vittima del criminale suprematismo russo,
sulla demenziale teoria complottista del Gran Reset alla monsignor Viganò e alla Alexandr Dugin (il filosofo di Putin).
La De Mari sulle questioni che mi trovano totalmente in disaccordo dimostra un'ignoranza spaventosa e una irragionevolezza terrificante resa ancor più drammatica e desolante dal fatto che la De Mari è una persona intellettualmente sviluppata.






Lettera a de Mattei
di Silvana de Mari
marzo 2022

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV4453 ... attei.html

Lo storico Roberto de Mattei è intervenuto sul dramma della guerra Russia-Ucraina.

Ha spiegato che occorre sempre combattere sempre fino alla morte, e che le spiegazioni sulle ragioni della Russia non sono accettabili, altrimenti si è collaborazionisti.

Afferma che se vogliamo rimuovere la guerra, dobbiamo rimuovere le sue cause. La causa della guerra, della pandemia, della crisi economica che va delineandosi sono i peccati dell’umanità che ha voltato le spalle a Dio e alla Sua Legge, e questo è assolutamente condivisibile.

Nelle apparizioni di Fatima nel 1917, la Madonna aveva detto che l’allontanamento da Dio dei popoli europei conduce al castigo divino della guerra. Per impedirla chiese la consacrazione della Russia al Suo Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Così facendo la Russia si salverà, altrimenti spargerà i suoi errori per il mondo. Questa consacrazione non è ancora stata fatta nei termini in cui è stata chiesta.

La dissoluzione del regime sovietico, è sembrata un risultato parziale di quella consacrazione, ma la Russia non si è convertita e il comunismo non è morto. Putin non ha rinnegato gli errori del Comunismo. La Cina, una nazione comunista, ha dichiarato ufficialmente che la sua amicizia con la Russia è solida come la roccia, aggiunge de Mattei.
Il suo intervento è qui La Guerra russa e il Messaggio di Fatima
[si veda anche l'articolo pubblicato con lo stesso titolo su Corrispondenza Romana - NdR]

Al riguardo vorrei porgli alcune domande:

Citando i fatti, parte dal riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Lugansk a Febbraio 2022 da parte della Russia.
Non sarebbe opportuno risalire almeno al 2014, quando un colpo di stato eterodiretto e finanziato, a quanto affermato da Victoria Nuland, con oltre 5 miliardi di dollari ha instaurato un regime fantoccio in Ucraina ed è cominciata contro quelle due repubbliche una guerra che ha causato oltre 14.000 morti fra i civili?
E non sarebbe stato opportuno citare il mancato rispetto da parte Ucraina, col silenzio/assenso dei paesi occidentali, degli accordi di Minsk?

Nella prima categoria di coloro che definisce ‘collaborazionisti’ figurano quelli che preferiscono rinunciare alla libertà piuttosto che rischiare la vita.
Non trova strano che nella ‘pandemia’ del coronavirus gli stessi paesi occidentali ed in particolare l’Italia si siano pronunciati al contrario, negando la libertà col pretesto della salute?
E non trova strano che in Italia, ad epidemia finita, non si voglia abolire il greenpass che ha fallito sul piano sanitario ed è con tutta evidenza uno strumento di controllo e condizionamento sociale, cioè il contrario della decantata libertà?

Nella seconda categoria di collaborazionisti pone chi ammette che Putin, pur avendo sbagliato, possa tuttavia avere qualche ragione.
Ma se la NATO è una organizzazione puramente difensiva, istituita per contrapporsi al patto di Varsavia, per quale motivo quando esso si è dissolto non è stata sciolta ed anzi è stata ampliata, curiosamente, proprio a molti paesi che facevano parte del Patto di Varsavia portando gli arsenali bellici NATO alle porte della Russia?

Nella terza categoria di collaborazionisti pone coloro che danno ragione a Putin.
Non le sembra che attribuire alla Russia ed a Putin gli errori dell’URSS, come per esempio la dissoluzione della famiglia e l’aborto, sia fuorviante?
Putin si è ritrovato quella situazione, non le sembra che abbia cercato di arginarla incoraggiando la famiglia e cercando di limitare l’aborto, ed inserendo nella costituzione il riconoscimento esplicito che il matrimonio è solo fra uomo e donna?

Non le sembra che proprio l’Occidente abbia cercato di esportare in Russia le organizzazioni LGBTQ e di promuovere le teorie gender a cui Putin si è opposto suscitando le strilla dei libertaristi da salotto?
Non le sembra che invece proprio l’Ucraina sia stata incoraggiata dall’Occidente a diventare esportatrice di bimbi partoriti su commissione e che lo stesso Zelensky, come si vede dai suoi filmati quando facevo l’uomo (si fa per dire…. ) di spettacolo, sia contiguo agli ambienti omosessualisti?

Non le sembra grottesco identificare l’Occidente attuale col cristianesimo, quando in realtà tutti i governi occidentali sdoganano le più turpi perversioni e col pretesto del covid negano le libertà naturali sancite dalle costituzioni?
Di quali valori occidentali stiamo parlando, di quali libertà, di quale democrazia se lo stesso giudice Palamara ci conferma che stiamo in colpo di stato permanente effettivo dal 2011 e che i governi da allora in carica sono eterodiretti?
Pensa che in particolare Monti e Draghi siano espressione della volontà popolare degli italiani o siano stati scelti da altri ed imposti all’Italia con la compiacenza del Presidente della Repubblica?

Non si è accorto che Putin è cristiano ed ha chiesto già anni fa a Bergoglio la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria?
Ha ascoltato il discorso di Valdai fatto da Putin, se non ricordo male, nel 2017, in cui riafferma i valori tradizionale e cristiani come fondamento dello stato?
Che senso ha paragonare l’attuale Russia, dove il risveglio religioso è evidentissimo, alle antiche popolazioni barbariche pagane che invasero l’impero romano?
Si è accorto che sono proprio i princìpi cristiani quelli che l’Occidente rinnega con la cultura della sostituzione?

Se è indubbiamente vero che il peccato è all’origine del male, ed in particolare delle malattie e delle guerre,
non si chiede però chi e perché abbia ingegnerizzato il coronavirus, abbia creato laboratori biologici in tutto il mondo e più di una decina in Ucraina ed abbia soffiato sul fuoco della guerra circondando di basi militari la Russia?
Chi vuole avventarsi sul pingue Occidente e minacciarlo?
Al contrario, chi ha orchestrato le primavere arabe?
Chi ha devastato Serbia, Iraq, Siria, Libia ecc. con pretesti poi rivelatisi infondati come quello delle armi di distruzione di massa?

Ritiene che, se è vero che la pace è la tranquillità dell’ordine, sia un buon approccio demonizzare l’avversario squalificandolo moralmente in modo che abbia torto a priori?
O al contrario, se effettivamente si vogliono creare le giuste premesse per la pace, non sarebbe bene trattarlo da essere umano, capirne le ragioni, ed usare lo stesso metro di giudizio che si applica alla controparte?
Crede che verità, equità, giustizia siano irrilevanti per perseguire la pace e che basti schierarsi da una sola parte, quella ‘buona’ a prescindere, limitandosi a demonizzare l’altra?


Infine, vorrei porle la domanda a mio avviso più importante: lei definisce collaborazionista chiunque osi porre domande anziché limitarsi a condannare a prescindere Putin e la Russia.

Ora, tecnicamente si definisce collaborazionista il cittadino che in stato di guerra coopera con il nemico che ha invaso il proprio paese:
è questa la nostra situazione?
Siamo stati invasi dalla Russia?

O non è piuttosto l’Italia che armando l’Ucraina – che non fa parte né della UE né della NATO – ha compiuto un atto bellico nei confronti della Russia esponendosi a ritorsioni?

Le sembra che siamo in mano a gente saggia e competente visto che il nostro ministro degli esteri dà dell’animale ad un capo di stato, il nostro ministro della difesa (che era un notorio obiettore di coscienza ma ora si è convertito al bellicismo) arma paesi terzi, il ministro della difesa Inglese, una garbata signora di cui non ricordo il nome, è contraria all’annessione di Rostov alla Russia (in effetti è impossibile annettere ad una nazione una regione che già ne fa parte) ed il presidente della massima potenza mondiale confonde l’Iran con l’Ucraina?

Lei si sente rassicurato nel sapersi in così buone mani, visto che siffatto presidente dispone oltre mille basi militari in tutto il mondo, di cui più di 115 solo in Italia?
Può essere la Russia un aggressore se le sue basi all’estero, comunque vicine al suo territorio, non arrivano alle dita di una mano?
Ecco, se l’Italia è invasa e colonizzata, non pensa che i colonizzatori siano altri, ed i collaborazionisti quelli che con essi cooperano?

La ringrazio per l’attenzione e, in attesa di una sua cortese risposta, la saluto cordialmente.




Risposta del prof. Roberto de Mattei alla dott.ssa Silvana De Mari
Corrispondenza romana
5 Aprile 2022
https://www.corrispondenzaromana.it/not ... %ef%bf%bc/

Gentile dott.ssa Silvana De Mari
non posso esimermi dal rispondere alle domande che cortesemente mi pone nella sua lettera (qui) dopo il mio intervento sulla guerra russa e il messaggio di Fatima: (CR, La guerra russa e il messaggio di Fatima).
Ho numerato le sue domande, per rendere più chiare le mie risposte.
N. 1: “Citando i fatti, parte dal riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Lugansk a Febbraio 2022 da parte della Russia. Non sarebbe opportuno risalire almeno al 2014, quando un colpo di stato eterodiretto e finanziato, a quanto affermato da Victoria Nuland, con oltre 5 miliardi di dollari ha instaurato un regime fantoccio in Ucraina ed è cominciata contro quelle due repubbliche una guerra che ha causato oltre 14.000 morti fra i civili?”
Mi sembra che a proposito di questi eventi Lei ripeta la narrazione del Cremlino, dimenticando che il reale colpo di Stato fu quello che tentò il presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukovich (2010-2014), quando, tra il 2013 e il 2014, diede ordine di stroncare con la violenza le manifestazioni dette di Euromaidan dal nome della piazza di Kiev dove si radunarono i manifestanti. Le proteste traevano origine dal rifiuto del presidente Yanukovich di firmare un accordo di associazione e libero scambio tra l’Ucraina e l’Unione Europea. Quando il 18 e il 20 febbraio 2014, i dimostranti marciarono verso il parlamento di Kiev, la polizia e le forze speciali aprirono il fuoco uccidendo quasi 100 persone. Yanukovich fu costretto a fuggire in Russia, da dove chiese l’intervento armato di Mosca. Le truppe russe, che non indossavano uniformi regolari, invasero la penisola di Crimea e la regione del Donbass prendendone il controllo. Fu l’inizio di una guerra civile scatenata dalla Russia, e non dall’Ucraina. Lei sembra attribuire ai separatisti russi le 14.000 vittime del conflitto, ma secondo il documento ufficiale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani questa cifra, riguarda, tra il 14 aprile 2014 e il 31 dicembre 2021, tutte le perdite, civili e militari, subite da entrambe le parti: il governo di Kiev e i separatisti filorussi ( https://ukraine.un.org/sites/default/fi ... 20EN_0.pdf ).
L’intervento propagandistico e militare di Mosca nella crisi è ben superiore a quello che Lei attribuisce alla diplomatica Victoria Nuland, inviata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama per risolvere la crisi, con scarso successo. Per inquadrare questi eventi nella complessa storia dell’Ucraina, Le consiglio la lettura di un equilibrato studio del dott. Giorgio Cella, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore: Storia e geopolitica della crisi ucraina, Carocci, Roma 2021.
N. 2: “Non sarebbe stato opportuno citare il mancato rispetto da parte Ucraina, col silenzio/assenso dei paesi occidentali, degli accordi di Minsk?”
Gli accordi di Minsk, in Bielorussia, furono sottoscritti il 6 settembre 2014, dopo l’invasione della Crimea da parte della Russia e gli scontri nel Donbass e vennero ribaditi da un secondo armistizio, firmato a Minsk l’11 febbraio 2015. Il primo punto era il cessate il fuoco, ma l’accordo è stato ripetutamente violato da entrambe le parti, come dimostra il numero, prima citato, di 14.000 vittime nel Donbass, sia russe che ucraine. Inoltre Lei dimentica che venti anni prima, il 5 dicembre 1994, era stato sottoscritto a Budapest un memorandum da Russia, Ucraina, Usa e Regno Unito: la Russia, in cambio del disarmo nucleare di Kiev, si impegnava a non invadere l’Ucraina e a rispettarne i confini e l’integrità territoriale. Gli accordi vennero violati una prima volta nel 2014, con l’annessione russa della Crimea, e una seconda volta il 24 febbraio scorso, con l’invasione dell’Ucraina. Può trovare una buona sintesi a questo link: https://lanuovabq.it/it/otto-anni-di-co ... invisibile
NN. 3-4: “Non trova strano che nella ‘pandemia’ del coronavirus gli stessi paesi occidentali ed in particolare l’Italia si siano pronunciati al contrario, negando la libertà col pretesto della salute?”
“E non trova strano che in Italia, ad epidemia finita, non si voglia abolire il greenpass che ha fallito sul piano sanitario ed è con tutta evidenza uno strumento di controllo e condizionamento sociale, cioè il contrario della decantata libertà?”
Queste domande mi sembrano una forzatura che poco ha a che vedere con il tema di cui stiamo discutendo. L’uso di misure illiberali caratterizza i regimi democratici, fin dal loro nascere, ma non mi sembra che questo giustifichi la violenza dei regimi totalitari o autocratici che a queste democrazie si oppongono. Piuttosto mi sembra inquietante il tentativo di stabilire una continuità ideologica tra pandemia e guerra in Ucraina, quasi insinuando che facciano parte di un medesimo “complotto”. La tentazione del cospirazionismo rischia di ridicolizzare qualsiasi tentativo di seria analisi delle vicende. Questo articolo non ha perso di attualità: https://www.corrispondenzaromana.it/not ... plottismo/
N. 5: “Se la NATO è una organizzazione puramente difensiva, istituita per contrapporsi al patto di Varsavia, per quale motivo quando esso si è dissolto non è stata sciolta ed anzi è stata ampliata, curiosamente, proprio a molti paesi che facevano parte del Patto di Varsavia portando gli arsenali bellici NATO alle porte della Russia?”
L’allargamento della Nato ai Paesi dell’ex Patto di Varsavia che Lei contesta è stato voluto da quei paesi proprio per difendersi dal revanscismo imperiale post-sovietico. Le suggerisco di leggere questo documentato articolo di Stefano Magni: https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -trattati/
Inoltre, la Russia di oggi è un soggetto giuridico diverso dall’URSS, che si è auto-dissolta nel 1991. Come ha osservato il prof. Pietro De Marco: “Niente dei territori-popoli perduti da Mosca, per loro volontaria separazione, non per conquista altrui, spetta in principio allo stato russo quale esso è oggi. Alla Russia post-sovietica appartiene solo un residuo materiale, o strumentale, di potenza, la deterrenza nucleare. La rivendicazione di un recuperato controllo della Russia su ‘suoi’ territori ex imperiali si avvale di un argomento, quello della storia e dei bisogni storici, infondato, che non ha corso nel diritto internazionale né di una morale internazionale pubblica (https://www.corrispondenzaromana.it/pot ... nazionale/ ).
N. 6-7: “Non le sembra che attribuire alla Russia ed a Putin gli errori dell’URSS, come per esempio la dissoluzione della famiglia e l’aborto, sia fuorviante?”
“Putin si è ritrovato quella situazione, non le sembra che abbia cercato di arginarla incoraggiando la famiglia e cercando di limitare l’aborto, ed inserendo nella costituzione il riconoscimento esplicito che il matrimonio è solo fra uomo e donna?”
Putin sta cercando di limitare l’aborto in Russia non per considerazioni di ordine morale, ma perché è preoccupato dalla crisi demografica del Paese. La sua posizione su questo punto è analoga a quella di Stalin che rendendosi conto delle catastrofiche conseguenze delle misure antifamiliari dell’URSS, introdotte da Lenin e Trotzki, nel 1936 fece un’inversione di rotta, che gli permise di affrontare con maggior forza la guerra. Se Putin fosse un autentico difensore della famiglia comincerebbe a limitare il tasso dei divorzi, di cui la Russia ha il record nel mondo. In realtà Putin, da buon comunista, si ispira alla “filosofia della prassi” ed è il pragmatismo, non certo i princìpi morali, che lo spinge, ad esempio, ad appoggiarsi al Patriarcato di Mosca, che a sua volta beneficia del sostegno politico ed economico di Putin.
N. 8: “Non le sembra che proprio l’Occidente abbia cercato di esportare in Russia le organizzazioni LGBTQ e di promuovere le teorie gender a cui Putin si è opposto suscitando le strilla dei libertaristi da salotto?”
L’affermazione secondo cui l’“Occidente” avrebbe esportato in Russia le organizzazioni LGBTQ e la teoria del gender è assolutamente impropria perché identifica l’Occidente con gruppi e movimenti che costituiscono il cancro dell’Occidente. Del resto né la Polonia né l’Ungheria, che appoggiano apertamente l’Ucraina condividono l’aborto e il gender, mentre si sono schierati a favore di Putin, votando contro la risoluzione ONU di condanna dell’attacco all’Ucraina, Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea e Siria, con l’astensione della Cina. Come osserva don Angelo Citati, “questa lettura ideologica è esattamente speculare – e quindi funzionale – a quella liberal che in questo conflitto vede, di nuovo, non un conflitto tra due paesi ma una battaglia di civiltà, nella quale stavolta però i buoni starebbero a sinistra, in difesa dei «valori» dell’Occidente di oggi: le teorie gender, i diritti LGBT, la cancel culture, il multiculti. (…) Senza rendersene conto, quindi, chi appoggia, o comunque manifesta una certa ambiguità nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina in nome di presunti valori conservatori incarnati dalla Russia di Putin, porta detrimento proprio a questi valori, perché avalla così una lettura ideologica condivisa dai progressisti: questa reazione, cioè, li radica ulteriormente nella convinzione di trovarsi ingaggiati in una lotta che trascende la geopolitica e avrebbe invece – proprio come sostiene il loro «nemico» Kirill – un significato metafisico” (https://www.corrispondenzaromana.it/not ... %ef%bf%bc/ )
N. 9: “Non le sembra che invece proprio l’Ucraina sia stata incoraggiata dall’Occidente a diventare esportatrice di bimbi partoriti su commissione e che lo stesso Zelensky, come si vede dai suoi filmati quando facevo l’uomo (si fa per dire…. ) di spettacolo, sia contiguo agli ambienti omosessualisti?”
Il presidente Putin non è meno corrotto e globalista del presidente Zelensky (https://www.lifesitenews.com/opinion/ar ... lobalists/ ). Ma soprattutto: cosa intende per “Occidente”? Questo è un punto cruciale. Mentre in Russia esiste un regime autocratico, a senso unico, negli Stati Uniti, e negli altri Paesi occidentali l’opinione pubblica è divisa tra chi sostiene l’aborto e le organizzazioni LGBTQ, e chi combatte questa degradazione morale, come dimostrano le grandi Marce per la Vita. La tesi secondo cui l’Occidente è in sé stesso ontologicamente depravato è quella di Putin e del presidente cinese Xi Jinping. Essi non combattono la corruzione dell’Occidente, ma l’Occidente in sé stesso. Io, invece, ad extra, difendo ad oltranza l’Occidente, combattendo, ad intra, la sua degenerazione.
NN. 10-11: “Non le sembra grottesco identificare l’Occidente attuale col cristianesimo, quando in realtà tutti i governi occidentali sdoganano le più turpi perversioni e col pretesto del Covid negano le libertà naturali sancite dalle costituzioni?”
“Di quali valori occidentali stiamo parlando, di quali libertà, di quale democrazia se lo stesso giudice Palamara ci conferma che stiamo in colpo di stato permanente effettivo dal 2011 e che i governi da allora in carica sono eterodiretti?”
Per me Occidente è il nome di una civiltà, la cui anima è il Cristianesimo. Lo storico inglese Christopher Dawson lo esprime bene: “La civiltà occidentale è l’atmosfera nella quale respiriamo e la vita che viviamo. E’ il modo proprio di vita nostra e dei nostri antenati, e perciò la conosciamo non soltanto dai documenti e dai monumenti, ma anche attraverso la nostra esperienza personale” (Il Cristianesimo e la Formazione della Civiltà Occidentale, BUR, Milano 1997, p. 15). Non deve commettere l’errore di confondere l’Occidente con la sua secolarizzazione. Le caratteristiche peculiari dell’Occidente, secondo il politologo americano Huntington, sono ben antecedenti al processo di secolarizzazione della modernità: “L’Occidente era Occidente molto prima di essere moderno” (Lo scontro delle civiltà, Garzanti, Milano 2000, p. 90). Gli ucraini, come scrive John Lamont, non stanno combattendo per George Soros e il Nuovo Ordine Mondiale. Stanno combattendo per le loro case, le loro famiglie e il loro paese (https://www.corrispondenzaromana.it/not ... llucraina/ ).
N. 12: “Pensa che in particolare Monti e Draghi siano espressione della volontà popolare degli italiani o siano stati scelti da altri ed imposti all’Italia con la compiacenza del Presidente della Repubblica?”
L’affermazione secondo cui l’Italia si trova in un colpo di Stato permanente effettivo dal 2011 è iperbolica e non ha nulla a che fare con la guerra in corso, così come nulla ha a che fare con il problema della guerra il fatto che Monti e Draghi siano stati espressione dei “poteri forti” della società. Su questi temi la rimando ai miei articoli su 6 dicembre 2011 su Corrispondenza Romana del 6 dicembre 2011 (https://www.corrispondenzaromana.it/pol ... nazionale/) e del 22 febbraio 2022 (https://www.corrispondenzaromana.it/la- ... ei-peones/ ). Ciò però ha poco o nulla a che fare con la guerra in corso e le sue domande mi sembrano fuorvianti.
N. 13: “Non si è accorto che Putin è cristiano ed ha chiesto già anni fa a Bergoglio la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria?”
Le posso assicurare che la notizia secondo cui Putin ha chiesto già anni fa a papa Francesco la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, è falsa. Ho seguito personalmente la questione attraverso amici sacerdoti in Vaticano
N. 14: “Ha ascoltato il discorso di Valdai fatto da Putin, se non ricordo male, nel 2017, in cui riafferma i valori tradizionale e cristiani come fondamento dello stato)?”
Sì, ho letto questo ed altri discorsi di Putin, in particolare quello di Valdai del 12 luglio 2021 On the Historical Unity of Russian and Ukrainians, (https://www.prlib.ru/en/article-vladimi ... ukrainians), in cui il presidente della Federazione Russa ribadisce la sua tesi di fondo: l’Ucraina indipendente non esiste, perché Russia ed Ucraini sono un unico popolo, legato da una sola lingua, una sola cultura e una sola fede, quella della chiesa Ortodossa.
L’opposizione che Putin manifesta all’ideologia gender e LGBT non mi sembra dimostri nulla. Il fatto che Hitler mettesse in campo di concentramento gli omosessuali non costituisce certo una buona ragione per presentarlo come un campione dei valori tradizionali e cristiani. Putin viola ogni giorno il diritto alla vita degli innocenti con i bombardamenti di obiettivi civili in Ucraina, compresi gli ospedali. Le accuse che gli vengono rivolte di crimini di guerra sono basate su fatti documentati, non su opinioni. Piuttosto nei discorsi a cui Lei si riferisce Putin espone con chiarezza il suo progetto panrusso, autocratico e rigorosamente ortodosso.
N. 16: “Si è accorto che sono proprio i princìpi cristiani quelli che l’Occidente rinnega con la cultura della sostituzione?”
Ancora una volta Lei ricorre impropriamente alla parola Occidente, mentre la cultura della sostituzione a cui Lei si riferisce è un progetto anti-occidentale, promosso dall’ONU, come ha dimostrato il prof. Renato Cristin nel suo libro I padroni delcaos (LiberLibri, Macerata 2017) a cui la rimando.
N. 17: “Se è indubbiamente vero che il peccato è all’origine del male, ed in particolare delle malattie e delle guerre, si chiede però chi e perché abbia ingegnerizzato il coronavirus, abbia creato laboratori biologici in tutto il mondo e più di una decina in Ucraina ed abbia soffiato sul fuoco della guerra circondando di basi militari la Russia?”
Il coronavirus è stato ingegnerizzato con tutta probabilità dai laboratori militari cinesi di Wuhan (veda il mio studio su Le misteriose origini del Coronavirus, Edizioni Fiducia, Roma 2021); i laboratori ucraini non lavorano sulla guerra biologica (cfr. https://www.open.online/2022/03/14/labo ... ormazione/ ); le basi militari costituite in alcuni Paesi dell’ex-Patto di Varsavia sono state liberamente installate da questi Paesi per difendersi da una possibile aggressione della Russia, non certo per attaccarla. I fatti hanno dimostrato che era giusto farlo.
N. 18: “Chi vuole avventarsi sul pingue Occidente e minacciarlo”?
Non ho dubbi a questo proposito: la Russia, la Cina e il mondo islamico vogliono avventarsi sul “pingue Occidente”, che considerano, “un malato terminale”.
N. 19: “Chi ha orchestrato le primavere arabe?”
La rinvio su questo punto a un articolo di Corrispondenza Romana del 3 marzo 2011. https://www.corrispondenzaromana.it/edi ... -del-2011/
N. 20: “Chi ha devastato Serbia, Iraq, Siria, Libia ecc. con pretesti poi rivelatisi infondati come quello delle armi di distruzione di massa?”
Lei sta ripetendo le tesi di mons. Carlo Maria Viganò, alle quali il prof. Luciano Pranzetti ha risposto in questi termini: “La guerra, divampata in Jugoslavia (1991-1995), fu l’effetto delle tensioni nazionaliste all’indomani della morte di Tito e la Serbia di Milosevič non fu quella che dette il via alla “pulizia etnica” con ciò facendo scattare l’intervento degli eserciti alleati NATO? O, secondo, la visione etica di monsignore, bisognava lasciar fare? E che dire della guerra nel Kosovo (1998-1999)? Anche questo conflitto, uno dei tanti scoppiato nella guerra dei Balcani, è da addebitare alla aggressività NATO? Cecenia (2000): la prova di Putin con le atrocità che, oggi, semina in Ucraina. Anche questa, un’intrusione NATO? Afghanistan (2003): non è forse, questo conflitto, l’eredità del precedente condotto dalla Russia? Georgia (2008), Crimea (2014), Siria (2015), sono guerre della Nato o, non la smania di dominio di un Putin che non si arresta nemmeno davanti alla santità della sofferenza?” (https://www.corrispondenzaromana.it/not ... ande-html/
NN. 21-22: “Ritiene che, se è vero che la pace è la tranquillità dell’ordine, sia un buon approccio demonizzare l’avversario squalificandolo moralmente in modo che abbia torto a priori?”
“O al contrario, se effettivamente si vogliono creare le giuste premesse per la pace, non sarebbe bene trattarlo da essere umano, capirne le ragioni, ed usare lo stesso metro di giudizio che si applica alla controparte”?
Queste domande possono essere facilmente ritorte contro coloro – e sono tanti – che demonizzano l’Occidente, l’Ucraina e il suo presidente, trattato da clown, drogato e omosessuale. Lo stesso fanno coloro che su certi “social” trattano coloro che difendono l’Occidente da “marionette”, “imbecilli” o addirittura “nazisti”. Chi enfatizza la presenza di “nazisti” tra i combattenti ucraini, dimentica che il numero di nazicomunisti nelle fila dei separatisti russi è ancora maggiore. Massimo Introvigne ha approfondito questo tema con una serie di interessanti articoli che Le segnalo: https://bitterwinter.org/tag/ukraine/
N. 23: “Crede che verità, equità, giustizia siano irrilevanti per perseguire la pace e che basti schierarsi da una sola parte, quella ‘buona’ a prescindere, limitandosi a demonizzare l’altra?”
Proprio perché la pace si fonda su verità e giustizia, dobbiamo respingere ogni menzogna e disinformazione. Inoltre, dobbiamo operare certamente, per la pace, ma dobbiamo anche essere preparati ad altre ipotesi, indipendenti dai nostri desideri. “Pace”, come spiega il prof. Renato Cristin, non è necessariamente pacificazione: “Le tossine che una certa Russia nostalgica dell’Unione Sovietica ha così pesantemente e diffusamente sparso, ben oltre i confini ucraini, non potranno essere smaltite così facilmente; e il risentimento che i governanti russi provano e mostrano verso l’Occidente non potrà essere rapidamente cancellato” (https://www.corrispondenzaromana.it/not ... ni-limite/
NN. 24-25: “Infine, vorrei porle la domanda a mio avviso più importante: lei definisce collaborazionista chiunque osi porre domande anziché limitarsi a condannare a prescindere Putin e la Russia. Ora, tecnicamente si definisce collaborazionista il cittadino che in stato di guerra coopera con il nemico che ha invaso il proprio paese: è questa la nostra situazione?”
“Siamo stati invasi dalla Russia?”
Non siamo ancora stati invasi militarmente, ma i nemici dell’Occidente, Russia, Cina e mondo islamico, ci hanno già invaso con la loro “soft war” propagandistica, economica, informatica e nel caso della Cina, forse biologica. Le relazioni ufficiali della nostra Intelligence al Parlamento italiano documentano l’azione di disinformazione russa e cinese di Russia e Cina (https://www.sicurezzanazionale.gov.it/s ... E-2020.pdf ). La guerra che si combatte dunque è in questo momento all’interno dei nostri confini e considero “collaborazionista” chiunque si proponga di spegnere o indebolire lo spirito di resistenza dell’Occidente. In questo senso, se la fuga da Kabul è stato un episodio vergognoso, la resistenza del popolo ucraino all’invasore russo è una lezione per un Occidente codardo che rinnega la sua storia.
N. 26: “O non è piuttosto l’Italia che armando l’Ucraina – che non fa parte né della UE né della NATO – ha compiuto un atto bellico nei confronti della Russia esponendosi a ritorsioni?”
L’Italia, e altre nazioni occidentali, stanno aiutando un Paese ingiustamente aggredito. Se guerra è, si tratta di legittima difesa. La Chiesa, e il buon senso, condannano gli atti di aggressione, ma insegnano che è legittimo sia difendersi che aiutare chi è aggredito. Non vedo il problema.
NN. 27-28: “Le sembra che siamo in mano a gente saggia e competente visto che il nostro ministro degli esteri dà dell’animale ad un capo di stato, il nostro ministro della difesa (che era un notorio obiettore di coscienza ma ora si è convertito al bellicismo) arma paesi terzi, il ministro della difesa Inglese, una garbata signora di cui non ricordo il nome, è contraria all’annessione di Rostov alla Russia (in effetti è impossibile annettere ad una nazione una regione che già ne fa parte) ed il presidente della massima potenza mondiale confonde l’Iran con l’Ucraina?”
“Lei si sente rassicurato nel sapersi in così buone mani, visto che siffatto presidente dispone oltre mille basi militari in tutto il mondo, di cui più di 115 solo in Italia?”
Non credo che né l’Italia né gli altri Paesi occidentali siano governati da gente particolarmente “saggia e competente” e in particolare giudico Joe Biden un pessimo presidente americano. Non mi sento quindi molto sicuro nelle mani di chi ci governa. Tuttavia mi sentirei molto meno sicuro se fossi nelle mani di Vladimir Putin e i fatti confermano la mia preoccupazione.
N. 29: “Può essere la Russia un aggressore se le sue basi all’estero, comunque vicine al suo territorio, non arrivano alle dita di una mano?”
Il pericolo di subire un’aggressione non nasce tanto dalla forza del nemico, quanto dalla sua volontà di colpirci. E su questo punto ci sono pochi dubbi. La Russia ha dimostrato, il 24 febbraio, di avere un progetto di aggressione non solo contro l’Ucraina, ma contro l’intero Occidente. La minaccia non riguarda solo i territori adiacenti alla Russia, come oggi l’Ucraina e domani i Paesi Baltici, ma tutto l’Occidente, se la situazione dovesse degenerare. Non bisogna dimenticare che la Russia ha 6.255 testate nucleari (gli Usa ne hanno 5.550) e ne ha già minacciato l’uso. I suoi missili balistici intercontinentali possono arrivare oltre 15.000 chilometri dal punto di lancio. Non c’è territorio” dell’Occidente che possa sfuggire a questa minaccia. E Putin ha dimostrato di essere capace di realizzare ciò che annuncia.
N. 30: “Ecco, se l’Italia è invasa e colonizzata, non pensa che i colonizzatori siano altri, ed i collaborazionisti quelli che con essi cooperano?”
Il collaborazionismo, prima di essere militare, è culturale e morale e oggi caratterizza tutti coloro che contribuiscono a distruggere, o a squalificare l’Occidente. Nel suo ultimo libro, Federico Rampini scrive: “L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarsi. Secondo questa dittatura ideologica, non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale” (Suicidio occidentale, Mondadori, Milano 2021, p 3). Rampini si riferisce alla Cancel Culture e al Politically correct, ma le stesse pulsioni autodistruttive le riscontriamo in un certo pensiero tradizionalista e conservatore che invece di cercare la salvezza nella cultura occidentale e cristiana, la cerca nell’Eurasia e nella religione ortodossa. L’allora cardinale Joseph Ratzinger parlava di “un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più sé stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è in grado più di percepire ciò che è grande e puro” (Europa. I suoi fondamenti spirituali, in Marcello Pera, Joseph Ratzinger, Senza Radici, Mondadori, Milano 2004, pp. 70-71).
Mi permetta infine di osservare che le sue trenta domande sono di natura soprattutto geopolitica e mi sembrano prive di quella dimensione soprannaturale che dovrebbe caratterizzare la nostra fede. Manca soprattutto la speranza cristiana che invece ha ricevuto nuovo alimento dall’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria compiuto da Papa Francesco il 25 marzo (https://www.corrispondenzaromana.it/il- ... -25-marzo/ ). Quest’evento illumina l’oscurità del nostro futuro. Mi auguro che sia per tutti noi occasione di nuove grazie per comprendere i drammatici eventi del nostro tempo. (Roberto de Mattei)


La guerra russa e il Messaggio di Fatima
Corrispondenza romana
di Roberto de Mattei
16 Marzo 2022

https://www.corrispondenzaromana.it/la- ... -fatima-2/

Il messaggio di Fatima chiave di lettura del nostro tempo

Il messaggio di Fatima è la chiave di interpretazione dei drammatici eventi degli ultimi due anni, e in particolare di quanto sta accadendo in Ucraina.

Si può comprendere che questa prospettiva sia estranea all’uomo contemporaneo immerso nel relativismo, ma ciò che più colpisce è l’accecamento di tanti cattolici, incapaci di elevarsi a quelle altezze che sono le sole a permetterci di comprendere gli eventi nelle ore drammatiche della storia. E noi, dopo la pandemia di Covid, stiamo vivendo l’ora drammatica della guerra.

Il fronte collaborazionista

I fatti sono questi: il 21 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin, in un discorso alla nazione, ha annunziato il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass con lo scopo di “assicurare la pace”. Il 24 febbraio, in un nuovo discorso, Putin ha dichiarato di avere autorizzato “un’operazione militare speciale” non solo nel Donbass ma anche nell’est dell’Ucraina. L’invasione russa dell’Ucraina si è presto rivelata ben più ampia e tragica del previsto provocando in tutto il mondo un clima di profonda apprensione.

Qual è stata la reazione dell’Italia e dell’Occidente davanti all’aggressione della Russia all’Ucraina? Da una parte sono esplosi sentimenti di indignazione e di solidarietà per il popolo ucraino. D’altra parte però si è sviluppato un sentimento di simpatia per l’iniziativa di Putin, che ha portato alla creazione di un fronte che definisco “collaborazionista”.

Il termine collaborazionismo indica, nel linguaggio politico, il sostegno ideologico a uno Stato straniero invasore. Questo termine è nato nella Seconda guerra mondiale per indicare la collaborazione con i nazisti nei territori da loro occupati[1]. Il collaborazionismo non è solo un atto di collaborazione: è un’ideologia, esplicita o implicita, che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina merita di essere analizzata in tre diverse espressioni che ha finora assunto.

Meglio sconfitti che morti?

La prima posizione è quella di chi dice, o pensa, che Putin ha assolutamente torto, ma sta vincendo e resistergli porta l’Ucraina e l’Europa a mali maggiori dell’invasione. Secondo il giornalista italiano, Vittorio Feltri, ad esempio “Zelensky è peggio di Putin a cui ha consegnato il suo popolo impreparato affinché ne facesse una carneficina”[2]; il leader ucraino doveva arrendersi e non resistere. Infatti: “Meglio sconfitti che morti”[3].

Dietro lo slogan “Meglio sconfitti che morti” c’è una filosofia di vita, che è quella di chi antepone il proprio interesse particolare ad ogni altra considerazione di ordine superiore. Non esistono valori o beni, per quanto alti, per i quali valga la pena di sacrificarsi e morire. Se bisogna preferire l’invasione russa alla resistenza contro di essa, vuol dire che la vita, una vita materiale, il più possibile tranquilla e lunga è il bene supremo ed essenziale.

E’ questa la filosofia di vita dei pacifisti che negli anni Ottanta, quando i sovietici installavano i loro missili SS.20 contro l’Europa, si opponevano ai missili della Nato, con lo slogan “Meglio rossi che morti”. E’ la filosofia di vita di chi, nel 1939 si chiedeva se fosse giusto “Morire per Danzica”, secondo uno slogan lanciato dal deputato socialista francese Marcel Déat (1894-1955) per sostenere che non valeva la pena rischiare la guerra per difendere la città di Danzica la cui conquista avrebbe esaurito le ambizioni di Hitler[4]. Il socialista Déat fonderà poi un partito di ispirazione nazionalsocialista e rappresenterà un tipico esempio di collaborazionismo.

Se questa è la posizione che bisogna assumere, di fronte ad un aggressore, bisognerebbe cedere alle richieste di Putin, per evitare la morte e le sofferenze di un popolo, anche se dopo l’Ucraina, invadesse i Paesi Baltici e, sotto il ricatto nucleare, una parte dell’Europa occidentale. La logica è questa.

Gli uomini ucraini che non lasciano il loro paese, o vi ritornano per combattere, dopo aver messo al sicuro la propria famiglia in Occidente, esprimono con la loro scelta un’opposta filosofia di vita, abbandonata dall’Europa relativista e senza radici. La filosofia di chi è disposto a sacrificare la vita per amore della propria fede, per amore della libertà e dell’indipendenza della propria patria, per amore al proprio onore e alla propria dignità personale. Il vero progresso, il vero sviluppo nella vita dei popoli è intimamente legato a questo spirito di sacrificio. Da qui nascono i vertici della santità e dell’eroismo.

Putin ha le sue ragioni?

La seconda posizione collaborazionista si può formulare in questi termini: Putin ha sbagliato, ma i torti non sono solo i suoi. Oppure, il che è lo stesso: anche Putin ha le sue ragioni. Quali sono queste ragioni? Per esempio il fatto che, dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Occidente avrebbe umiliato la Russia, circondando il suo territorio con le truppe della Nato.

Sembra un discorso ragionevole, ma se vogliamo essere ragionevoli fino in fondo dobbiamo ricordare che la Nato è nata come un sistema difensivo contro le truppe di Varsavia; che la Russia non ha vinto, ma ha perso, la guerra fredda e che la guerra fredda tra le due superpotenze nasce dalla sciagurata pace di Yalta, del febbraio 1945, quando, con il consenso dei governi occidentali, venne sancita la spartizione dell’Europa in due zone di influenza e il comunismo sovietico divenne padrone assoluto dell’Europa orientale.

La pace di Yalta, che ridefinì i confini dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, fu a sua volta frutto del Trattato di Versailles che addossava alla Germania la responsabilità della Prima guerra mondiale, le imponeva pesanti sanzioni economiche e consegnava alla Polonia il corridoio di Danzica. Dovremmo dire che Hitler aveva le sue ragioni per invadere la Polonia, perché la città di Danzica, non era meno tedesca di quanto non sia russo il Donbass?

Quali che fossero le sue ragioni, Hitler aveva un progetto altrettanto espansionistico che quello di Putin e lo storico di oggi, come l’uomo politico di ieri, non dà ragione a Neville Chamberlain che il 30 settembre 1938 tornò trionfante da Monaco, con in mano una fragile pace, ma a Winston Churchill che disse: “potevate scegliere fra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore e avrete la guerra”.

Putin combatte una guerra giusta?

E’ forse per evitare questa facile obiezione che il collaborazionismo cade in una terza formulazione, più coerente, ma allo stesso tempo più aberrante delle prime due. Molto semplicemente: la guerra di Putin è una guerra giusta. E se è una guerra giusta è ingiusta la resistenza del popolo ucraino e sono ingiuste le sanzioni dell’Occidente alla Russia, perché le sanzioni si applicano a chi ha torto, non a chi ha ragione.

Perché Putin avrebbe ragione? Perché la sua sarebbe una guerra giusta? Non solo perché egli difende l’interesse nazionale del suo Paese, mortificato dall’Occidente, ma perché la sua guerra ha una dimensione etica, come ci assicura la chiesa ortodossa russa, per bocca del Patriarca di Mosca Kiril, il quale ha detto che Putin combatte contro un Occidente depravato che autorizza i Gay Pride. Lo stesso Putin, del resto, si è spesso presentato come difensore della famiglia e dei valori tradizionali abbandonati dall’Occidente. Però, nel discorso al Valdai Club del 22 ottobre 2021, in cui ha attaccato la teoria del gender e la cancel culture, Putin ha ammesso che la Russia ha conosciuto, ben prima dell’Occidente, la degradazione morale che egli ora denuncia. Il 7 dicembre 1917, poche settimane dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi, venne introdotto in Russia il divorzio; l’aborto fu legalizzato nel 1920; era la prima volta nel mondo che ciò avveniva senza alcuna restrizione. Ed è in Russia che venne attuato il passaggio dalla Rivoluzione politica alla Rivoluzione sessuale[5], con l’asilo sperimentale di Vera Schmidt (1889-1937), creato nel 1921 nel centro di Mosca, dove i bambini venivano iniziati alla sessualità precoce[6].

A frenare il divorzio, l’aborto, la Rivoluzione sessuale, non è stato Putin, ma Stalin, nel 1936, quando si rese conto che la sua politica di potenza sarebbe stata pregiudicata dal crollo della moralità in Russia. Putin è su questa linea. Oggi la Russia è un Paese abortista e divorzista, con il più alto tasso di divorzi al mondo, anche se proibisce i Gay Pride. E quali sono i valori tradizionali a cui Putin si ispira? Sono quelli del Patriarcato di Mosca che si appoggia oggi a Putin come ieri si appoggiava a Stalin. Putin, come Stalin, si appoggia a sua volta, al Patriarcato di Mosca. Il Patriarcato di Mosca utilizza la potenza politica per difendere il primato dell’Ortodossia; lo Stato si avvale della Chiesa per consolidare il senso di identità e di patriottismo del popolo russo.

La “missione imperiale” della Russia non corrisponde solo alle ambizioni geopolitiche di Putin, ma anche alla richiesta del Patriarca Kiril, che ha affidato a Putin la missione di realizzare la “Terza Roma” euroasiatica, sulle rovine della seconda Roma cattolica, destinata a sparire come tutto l’Occidente. Può un cattolico accettare questa prospettiva?

Dispiace profondamente che un eminente arcivescovo cattolico, come mons. Carlo Maria Viganò, presenti la guerra di Putin come una guerra giusta per sconfiggere l’Occidente. L’Occidente è il figlio primogenito della Chiesa, oggi sempre più sfigurato dalla Rivoluzione, ma pur sempre primogenito. Un europeo che lo rinnega, con il pretesto di combattere il Nuovo Ordine Mondiale, è come un figlio che ripudia la propria madre[7].

Del resto il Nuovo Ordine Mondiale è una vecchia utopia che è stata sostituita da quella del Nuovo Disordine Mondiale[8]. Vladimir Putin è, come George Soros, un agente del disordine mondiale. Putin come osserva l’analista internazionale Bruno Maçaes, è convinto che il caos sia la fondamentale energia di potere e,” a giusta ragione, egli può essere considerato come il Yaldabaoth, il demiurgo gnostico, Figlio del Caos e capo degli spiriti inferi”[9].

La Chiesa e la caduta dell’Impero romano d’Occidente

Il Nuovo Disordine Mondiale ci ricorda quello vissuto dall’Impero romano d’Occidente sotto l’urto delle invasioni barbariche. Tra le date che sono entrate nella storia, vi è il 31 dicembre 406, quando una massa di popoli germanici attraversò il fiume Reno ghiacciato, e irruppe dentro i confini dell’Impero.

Uno di questi popoli, i Vandali dilagò in Gallia, superò i Pirenei, attraverso lo stretto di Gibilterra, devastò le province dell’Africa romana.

L’Impero romano era immerso nel relativismo e nell’edonismo, come lo è oggi l’Occidente. Uno dei centri di maggior corruzione era Cartagine, la capitale dell’Africa romana, che godeva della reputazione di essere il “paradiso” degli omosessuali. Un autore cristiano coevo, Salviano di Marsiglia (400-451), scrive che “mentre le armi dei barbari sferragliavano attorno alle mura di Cartagine, la comunità cristiana di Cartagine si dava alla pazza gioia nei circhi e si smidollava nei teatri! Fuori delle mura c’era chi veniva sgozzato, all’interno chi fornicava”[10]. I Vandali, invece, come i popoli germanici descritti da Tacito, vivevano “in riservata pudicizia, non corrotti da seduzioni di spettacoli o da eccitamenti conviviali (…). Perché là i vizi non fanno sorridere e il corrompere e l’essere corrotti non si chiama moda”[11].

Che cosa avrebbero dovuto fare i cristiani? Aprire le porte ai Vandali?

A pochi chilometri da Cartagine era la città di Ippona, di cui era vescovo sant’Agostino, che proprio meditando sull’invasione dei barbari compose il suo capolavoro, La Città di Dio. Governatore dell’Africa romana era il conte Bonifacio, un fedele amico di sant’Agostino, definito da Procopio di Cesarea, assieme a Ezio, “l’ultimo vero romano”[12]. Il vescovo di Ippona non incitò alla resa, ma alla resistenza contro i barbari, scrivendo a Bonifacio: “Non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace. Sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”[13].

Bonifacio si trincerò nella cittadella di Ippona assediata dai Vandali. Durante l’assedio, che si protrasse per 14 mesi, sant’Agostino morì, nell’agosto del 430, a settantasei anni. Fu solo quando la sua voce tacque che i Vandali conquistarono la città. La resistenza di Bonifacio permise alle truppe orientali di sbarcare in Africa e di riunire le loro forze a quelle di Bonifacio.

Negli stessi anni altri vescovi incitarono alla resistenza contro i barbari. San Nicasio si fece uccidere nella cattedrale di Reims, sant’Esuperio, vescovo di Tolosa, resisté ai Vandali fino alla sua deportazione, san Lupo difese Troyes di cui era vescovo; sant’Aniano, vescovo di Orléans, organizzò la difesa della sua città contro gli Unni permettendo alle legioni romane di Ezio di raggiungere Attila e sconfiggerlo.

I vescovi cattolici non dissero “Meglio barbari che morti”.

La causa della guerra secondo il messaggio di Fatima

Se vogliamo rimuovere la guerra dobbiamo rimuovere le cause della guerra. E la causa vera e profonda della guerra, della pandemia e della crisi economica che si delinea all’orizzonte, sono i peccati dell’umanità che ha voltato le spalle a Dio e alla sua legge.

Nelle apparizioni di Fatima del 1917 la Madonna aveva detto che l’allontanamento da Dio dei popoli europei conduce al castigo divino della guerra.

“Dio sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace”[14].

Il messaggio di Fatima non è un generico invito alla preghiera e alla penitenza, è innanzitutto l’annuncio di un castigo e del trionfo finale nella storia della misericordia divina.

Giovanni Paolo II ha consacrato la Russia?

C’è chi pensa che la consacrazione alla Russia sia stata già fatta da Giovanni Paolo II quando il 25 marzo 1984, in piazza San Pietro, consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, con un riferimento “ai popoli di cui tu ti aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento”.

Suor Lucia si disse in un primo tempo insoddisfatta di questa consacrazione in cui non era stata esplicitamente nominata la Russia, ma cambiò successivamente opinione, considerando valido l’atto di Giovanni Paolo II.

L’opinione di suor Lucia è certamente autorevole, ma è in contrasto con le più autorevoli parole della Madonna che ella stessa ci riferisce.

Il 29 agosto 1931, infatti, suor Lucia trasmise al vescovo di Leiria una terribile profezia di Nostro Signore: Essa aveva ricevuto una intima comunicazione secondo cui: “Non hanno voluto accogliere la mia richiesta. Come il re di Francia si pentiranno e lo faranno, ma sarà troppo tardi. La Russia avrà sparso i suoi errori nel mondo provocando guerre e persecuzioni alla Chiesa. Il Santo Padre dovrà soffrire molto”[15].

Sono passati 38 anni dal 25 marzo 1984. La spettacolare autodissoluzione del regime sovietico senza insurrezioni o rivolte, nel 1991, è sembrata essere, e forse è stata, un risultato parziale di quella consacrazione. Ma la Russia non si è convertita e il comunismo non è morto. Vladimir Putin è un nazional-bolscevico che non ha rinnegato gli errori del comunismo e la Cina è una nazione ufficialmente comunista che il 7 marzo 2022, ha dichiarato che la sua amicizia con la Russia è “solida come una roccia”.

Eppure, anche tra i cattolici, c’è chi considera Putin un Kathéchon, un ostacolo alla realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale, uno scudo contro l’anticristo che è l’Occidente, che è la Roma di Pietro. La guerra, si dice, ha prorogato lo stato di emergenza della pandemia e questo non può essere un caso.

Rispondiamo che è vero: il susseguirsi della guerra alla pandemia, con il conseguente regime di emergenza, non può essere un caso, perché il caso non esiste, ma chi regge i fili dell’universo non è il Grande Fratello di Orwell, un dio onnisciente e onnipotente come il dio cattivo degli gnostici. Chi regge l’universo e tutto ordina alla gloria di Dio, è la Divina Provvidenza. Da essa provengono i castighi che oggi flagellano l’umanità impenitente: le epidemie, le guerre e domani, una crisi economica planetaria. Tutto ciò non è propedeutico all’avvento dell’anticristo, ma è la realizzazione della profezia inascoltata di Fatima.

I vescovi ucraini hanno chiesto a papa Francesco di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Ci uniamo con ardore a questo appello che viene da Kiev sotto le bombe.

La nostra speranza

Nessuna luce di speranza viene da Mosca. Può una luce di speranza venire da Kiev?

A Fatima la Madonna profetizzò la conversione della Russia, ma la conversione è un ritorno alle origini e le origini della Russia risalgono alla conversione di san Vladimiro, principe di Kiev. La Russia di Kiev fu una delle prime nazioni ad entrare nella Cristianità medioevale, prima di passare sotto la dominazione dei mongoli e poi dei principi moscoviti che raccolsero l’eredità antiromana di Bisanzio. Una parte del popolo ucraino mantenne la fede cattolica e nei concili di Firenze (1439) e di Brest (1595) ritrovò la strada di Roma. Pio XII, nell’enciclica Orientales omnes Ecclesias del 23 dicembre 1945, esorta gli ucraini ad essere perseveranti nella loro fedeltà a Roma: “Smascherate gli astuti procedimenti di coloro che promettono agli uomini vantaggi terreni e una maggiore felicità in questa vita, mentre poi perdono le loro anime”, perché “Chi tiene conto della sua vita, la perderà, e chi avrà perduto la vita per amor mio, la troverà” (Mt 10, 37ss).

Nel V secolo i Goti, i Vandali gli Unni invasero l’Impero romano per spartirsene le spoglie. Oggi la Russia, la Cina, la Turchia e il mondo arabo vogliono impadronirsi della pingue eredità dell’Occidente, che considerano, come è stato detto, un “malato terminale”[16].

Qualcuno dirà: dove sei Stilicone che hai resistito ai Goti, dove sei Bonifacio che hai difeso l’Africa dai Vandali, dove sei Ezio che hai sconfitto gli Unni? Dove siete guerrieri cristiani che prendeste le armi per difendere un mondo che moriva?

Rispondiamo che contro il nemico che attacca abbiamo delle armi potenti. Contro la bomba nucleare del peccato, la Madonna ha messo in mano al Papa la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria e ha messo nelle nostre mani il rosario e la devozione ai primi sabati del mese.

Ma soprattutto ha messo nel nostro cuore il desiderio del trionfo del Cuore Immacolato sulle macerie del regime di Putin, del regime comunista cinese, dei regimi islamici e di quelli dell’Occidente corrotto. Solo Lei può farlo; a noi chiede un’incrollabile fiducia che ciò accadrà, perché Lei l’ha infallibilmente promesso. Per questo la nostra resistenza continua.

NOTE:

Cfr. Luigi Cajani, Brunello Mantelli, Una certa Europa: il collaborazionismo con le potenze dell’Asse 1939-1945, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia 1994.
“Libero”, 8 marzo 2021.
“Libero”, 2 marzo 2021.
“L’Œuvre”, 4 maggio 1939.
Cfr. Gregory Carleton, The Sexual Revolution in Russia, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 2005.
Vera Schmidt, Rapporto sull’asilo sperimentale di Mosca, Androeda, Roma 2016.
Julio Loredo La conversione della Russia, in TFP Newsletter, Speciale Ucraina, 3 marzo 2022.
Roberto de Mattei, 1900-2000. Due sogni si succedono: la costruzione, la distruzione, Edizioni Fiducia, Roma 1990.
Bruno Maçães, Is Vladimir Putin preparing for war?, in “New Statesman”, 21 novembre 2021.
Salviano di Marsiglia, De Gubernatione Dei, VI, 67-68.
Tacito, De origine et situ Germanorum (Germania), 18-19.
Procopio di Cesarea, III, 3.14-15.
S. Agostino, Lettera 189 al conte Bonifacio, cit. da Jakub Grygiel, in La Chiesa insegna che la guerra può essere giusta e necessaria, in “Il Foglio”, 18 maggio 2016.
Documentos de Fatima, a cura del padre Antonio Maria Martins S.J., Porto 1976, pp. 218-220.
Documentos, cit., p. 464. Il riferimento è a Luigi XIV che nel 1689 non raccolse la richiesta di Gesù, trasmessagli da santa Margherita Maria Alacoque, di intronizzare solennemente e pubblicamente il Sacro Cuore, consacrando ad esso il suo regno.
Federico Rampini, “Corriere della Sera”, 21 novembre 2021.
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » gio apr 14, 2022 8:32 pm

Ecco un esempio dell'ignoranza e dell'abisso pregiudiziale in cui si trova la povera De Mari:

Gentile dott.ssa Silvana De Mari
non posso esimermi dal rispondere alle domande che cortesemente mi pone nella sua lettera (qui) dopo il mio intervento sulla guerra russa e il messaggio di Fatima: (CR, La guerra russa e il messaggio di Fatima).
Ho numerato le sue domande, per rendere più chiare le mie risposte.

De Mari
N. 1: “Citando i fatti, parte dal riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Lugansk a Febbraio 2022 da parte della Russia. Non sarebbe opportuno risalire almeno al 2014, quando un colpo di stato eterodiretto e finanziato, a quanto affermato da Victoria Nuland, con oltre 5 miliardi di dollari ha instaurato un regime fantoccio in Ucraina ed è cominciata contro quelle due repubbliche una guerra che ha causato oltre 14.000 morti fra i civili?”

De Mattei
Mi sembra che a proposito di questi eventi Lei ripeta la narrazione del Cremlino, dimenticando che il reale colpo di Stato fu quello che tentò il presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukovich (2010-2014), quando, tra il 2013 e il 2014, diede ordine di stroncare con la violenza le manifestazioni dette di Euromaidan dal nome della piazza di Kiev dove si radunarono i manifestanti. Le proteste traevano origine dal rifiuto del presidente Yanukovich di firmare un accordo di associazione e libero scambio tra l’Ucraina e l’Unione Europea. Quando il 18 e il 20 febbraio 2014, i dimostranti marciarono verso il parlamento di Kiev, la polizia e le forze speciali aprirono il fuoco uccidendo quasi 100 persone. Yanukovich fu costretto a fuggire in Russia, da dove chiese l’intervento armato di Mosca. Le truppe russe, che non indossavano uniformi regolari, invasero la penisola di Crimea e la regione del Donbass prendendone il controllo. Fu l’inizio di una guerra civile scatenata dalla Russia, e non dall’Ucraina. Lei sembra attribuire ai separatisti russi le 14.000 vittime del conflitto, ma secondo il documento ufficiale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani questa cifra, riguarda, tra il 14 aprile 2014 e il 31 dicembre 2021, tutte le perdite, civili e militari, subite da entrambe le parti: il governo di Kiev e i separatisti filorussi ( https://ukraine.un.org/sites/default/fi ... 20EN_0.pdf ).
L’intervento propagandistico e militare di Mosca nella crisi è ben superiore a quello che Lei attribuisce alla diplomatica Victoria Nuland, inviata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama per risolvere la crisi, con scarso successo. Per inquadrare questi eventi nella complessa storia dell’Ucraina, Le consiglio la lettura di un equilibrato studio del dott. Giorgio Cella, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore: Storia e geopolitica della crisi ucraina, Carocci, Roma 2021.
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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » gio apr 14, 2022 8:32 pm

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Re: Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo in Ucraina

Messaggioda Berto » gio apr 14, 2022 8:33 pm

17)
La gioia e la felicità di potersi difendere anche se si rischia di morire.
Non vi è soddisfazione, onere e onore più grande per l'uomo di buona volontà di quella di difendere la vita, la dignità, la libertà e la sovranità della propria gente (se stessi, la propria famiglia, i propri figli e la propria comunità clanica, tribale, nazionale) e del proprio paese.
L'Ucraina attraverso la bocca del suo esemplare e degno Presidente non ha chiesto all'Occidente di mandare i suoi uomini a morire per lei ma semplicemente e dignitosamente di fornirle le armi (a buon rendere e da pagarsi) necessarie agli ucraini (uomini e donne, giovani e vecchi) per potersi difendere dal criminale aggressore russo.
E come si fa a non aiutarli!




Io non amo il progressista Biden, gli prefesrisco mille volte Trump, però sulla questione Ucraina Russia sono perfettamente d'accordo con lui, anzi io sarei ancora più duro e interventista.

All'Ucraina dagli Usa elicotteri Mi-17 che possono distruggere i tank russi e jet MiG-29 slovacchi: ecco le nuove armi della Nato per Kiev
13 apriole 2022

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo ... np1taskbar

Dall'accusa di «genocidio» alla nuova fornitura di armi, per un ammontare di 750 milioni di dollari. Joe Biden alza ulteriormente il tiro sull'Ucraina e prova a mettere all'angolo la Russia e l'ormai nemico dichiarato Vladimir Putin, definito prima macellaio e ora messo al pari dei nazisti. Molto probabilmente, sul campo di battaglia i russi dovranno presto fare i conti con gli elicotteri Mi-17 che dovrebbero arrivare da Washington. Armi utilizzate per il trasporto e per l'offensiva, in grado di distruggere i mezzi blindati, carri armati compresi. Il Pentagono, dopo i droni kamikaze, sta valutando la possibilità di inviare nuovi mezzi per aiutare Zelensky.

Ieri Biden e Johnson si sono parlati telefonicamente per decidere le prossime mosse. Allo studio anche la consegna di artiglieria a gittata intermedia ed equipaggiamento contro attacchi chimichi, biologici o nucleari. Il Pentagono inoltre è al lavoro per fornire nuovi missili anti-carro e anti-aereo.

Medvedchuk catturato, l'Ucraina arresta l'oligarca amico di Putin. Zelensky propone lo scambio di prigionieri


La Slovacchia vuole cedere i MiG

Tra i Paesi europei, il più attivo nella fornitura di armi è la Slovacchia. Dopo i missili S-300, che hanno già fatto la differenza nell'abbattere alcuni jet dell'aeronautica russa, il primo ministro Eduard Heger starebbe valutando seriamente la possibilità di inviare i jet a Kiev, rivela "Politico". Heger ha affermato che al suo governo è stato chiesto di fornire all'Ucraina aerei da combattimento MiG-29 di progettazione sovietica e obici semoventi Zuzana di fabbricazione slovacca.

La decisione non è ancora stata presa, ma le discussioni sono in corso. Dopo il dietrofront sullo stesso tema da parte della Polonia, la scelta finale non è affatto scontata, ma dimostra la volontà della Nato di aumentare l'intervento diretto sul conflitto, a costo di rischiare un'escalation che potrebbe portare a una guerra mondiale.



L'Ucraina bombarda la Russia: cosa sta succedendo nella terra dello Zar
Federico Garau
14 aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/bo ... 1649945950

I militari ucraini hanno bombardato alcuni edifici residenziali nella regione russa del Bryansk, ferendo sette civili, tra cui un bambino: a darne notizia, come riferito dalla Tass, è il governatore regionale Alexander Bogomaz.

Non risulterebbero, invece, danni al posto di blocco sito nelle immediate vicinanze della zona colpita dai mortai ucraini, che continua a funzionare regolarmente, almeno stando a quanto riportato dal Servizio federale russo per la sicurezza di frontiera (Fsb). Solo due automobili appartenenti a profughi provenienti dall'Ucraina che cercano riparo in Russia, sarebbero state danneggiate dalle esplosioni nei pressi del check point.

"Le forze armate ucraine hanno bombardato oggi la borgata Klimovo", spiega il governatore Bogomaz. "Il bombardamento ha danneggiato due edifici residenziali, ci sono feriti tra i residenti locali. Tutti i servizi competenti, compreso il ministero delle Emergenze, stanno lavorando, le persone stanno ricevendo l'assistenza medica necessaria", aggiunge. Una situazione di elevata allerta che ha spinto le autorità locali a scegliere di chiudere numerose scuole per proteggere preventivamente i bambini.

Sette feriti, tra cui un bimbo

Sono sette le persone ferite a causa dei colpi di mortaio esplosi verso il territorio russo dalle forze armate ucraine, tra i quali una donna incinta e un bambino, rivela la Tass. I feriti sono stati trasportati in ospedale e ivi ricoverati, racconta un rappresentante del dipartimento di accoglienza della parte centrale di Klimovsky. "Tra queste, un bambino in gravi condizioni con una madre incinta è stato mandato al nosocomio del distretto centrale di Novozybkov. Due adulti sono in condizioni gravi e altri tre sono in condizioni medie", puntualizza l'agenzia di stampa. Come anticipato, e sottolineato da Elena Egorova, direttrice del dipartimento di educazione e scienze della regione colpita dai militari ucraini, le lezioni sono state sospese e le scuole chiuse per precauzione. I colpi di mortaio, le cui immagini sono state diffuse sul web, sono il risultato di due attacchi avvenuti in momenti differenti nella giornata di oggi, giovedì 14 aprile.

Vi erano state già, tuttavia, delle avvisaglie ieri mattina, quando i soldati ucraini avevano effettuato un bombardamento all'altezza del posto di blocco di Novye Yurkovichi, anch'esso situato nel distretto di Klimovsky. Al momento dell'assalto, riferisce Fsb, sono state colpite e danneggiate due auto di profughi provenienti dall'Ucraina.

Non si tratta di un caso isolato, dato che all'inizio di aprile alcuni elicotteri ucraini avevano attaccato un deposito di petrolio della città russa di Belgorod, colpendo e mandando in fiamme 8 serbatoi."L’Ucraina si è difesa per resistere all’aggressione", aveva commentato allora il colonnello delle forze armate di Kiev Oleksandr Motuzyanyk, senza smentire o confermare l'incursione. "Non significa che l’Ucraina abbia la responsabilità di ciò che accade in Russia".

Il timore che episodi del genere potessero ripetersi aveva spinto le autorità della regione russa di Bryansk a stabilire un elevato livello di minaccia terroristica, che resterà in vigore fino al 25 aprile. Il consiglio per i residenti è quello di evitare gli spazi pubblici, di munirsi di un documento d'identità, nonché di prestare attenzione all'eventuale presenza di persone o veicoli di origine ignota vicino alle loro abitazioni.


AVVISO A PUTIN

Niram Ferretti
14 aprile 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

«Gli Stati Uniti non stanno operando in Ucraina, ma se i russi dovessero colpire una qualsiasi parte di territorio della Nato, dove le attrezzature militari vengono assemblate, questo comporterebbe l'invocazione dell'articolo 5 e cambierebbe completamente il gioco», ha dichiarato Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza Nazionale.

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/u ... 202k.shtml



Il capo della Cia: "Putin è disperato, in America non prendiamo alla leggera le minacce nucleari russe"
HuffPost Italia
14 aprile 2022

https://www.huffingtonpost.it/esteri/20 ... _-9184239/

Qualsiasi tentativo della Russia di ostacolare il trasferimento di armi all'Ucraina rischia di innescare un'escalation. Lo ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan secondo quanto riportato dalla Cnn. "Gli Stati Uniti non stanno operando in Ucraina, ma se i russi dovessero colpire una qualsiasi parte di territorio della Nato, dove le attrezzature militari vengono assemblate, questo comporterebbe l'invocazione dell'articolo 5 e cambierebbe completamente il gioco", ha sottolineato.

E un altro avviso per Mosca nel frattempo arriva dalla Cia: gli Stati Uniti d'America non prendono "alla leggera" la possibilità che la Russia possa utilizzare armi nucleari tattiche in Ucraina per controbilanciare le difficoltà che incontra sul campo di battaglia, come ha detto il direttore dell'Agenzia Bill Burns. "Data la potenziale disperazione del presidente Vladimir Putin e della leadership russa", ha affermato Burns, parlando al Georgia Institute of Technology, e "dati i rovesci che hanno avuto finora sul piano militare, nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia costituita da un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o ad armi atomiche a basso potenziale".

La Cia quindi guarda alla possibilità delle armi nucleari tattiche "con molta attenzione", ha proseguito invece Burns, sottolineando però che finora non si sono visti segni che il Cremlino si stia preparando a fare un passo simile. "Mentre abbiamo visto della retorica da parte del Cremlino sul passaggio a un livello di allerta nucleare più elevato, finora non abbiamo visto molte evidenze pratiche del tipo di movimenti o di disposizioni militari che rafforzino questa preoccupazione, ma guardiamo alla cosa con molta attenzione".

Secondo Burns la maggiore attenzione è dovuta al fatto che il presidente Putin è diventato sempre più isolato e che "la sua propensione per il rischio è cresciuta, a mano a mano che la sua presa sulla Russia si è fatta più stretta. Il circolo dei suoi consiglieri si è ristretto e in quel piccolo circolo non ha mai aiutato a fare carriera mettere in dubbio le sue valutazioni o la sua convinzione testarda, quasi mistica, che il suo destino è quello di restaurare la sfera d'influenza della Russia".



Se la Russia impedirà l'invio di armi degli Usa all'Ucraina si rischia un'escalation militare: lo ha detto Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale di Biden

Gli Usa minacciano lo Zar: così scatta l'escalation
Alessandro Ferro
14 Aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/us ... 26530.html

Qualsiasi tentativo della Russia di ostacolare il trasferimento di armi all'Ucraina rischia di innescare un'escalation. Lo ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa, Jake Sullivan, secondo quanto riportato dalla Cnn. "Gli Stati Uniti non stanno operando in Ucraina, ma se i russi dovessero colpire una qualsiasi parte di territorio della Nato, dove le attrezzature militari vengono assemblate, questo comporterebbe l'invocazione dell'articolo 5 e cambierebbe completamente il gioco", ha sottolineato.


Cosa dice l'articolo 5

L'articolo 5 della Carta della Nato afferma che un attacco a un membro dell'alleanza militare è un attacco a tutti i suoi membri. È stato invocato solo una volta, dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001 agli Stati Uniti. Sullivan è tornato anche sull'argomento dell'incrociatore russo gravemente danneggiato da un attacco missilistico rivendicato dall'Ucraina che ha inferto un duro colpo a Putin e ai suoi uomini. "Siamo stati in contatto con gli ucraini durante la notte, che avevano detto di aver colpito la nave con missili antinave", ha detto a Reuters. Il pacchetto di sicurezza di 800 milioni di dollari che Biden sta riservando a Zelensky non è guidato soltanto dalle richieste dirette dell'Ucraina, ma anche in vista di un nuovo tipo di combattimento nelle pianure del sud-est dell'Ucraina, proprio accanto alla Russia, terreno che gioca a favore dell'esercito di Putin.

Il nuovo pacchetto di armi rappresenta i il segno più evidente che la guerra in Ucraina sta cambiando e, con esso, le armi di cui l'Ucraina avrà bisogno se spera di continuare a ostacolare un esercito russo che si è raggruppato e rifornito dopo i suoi fallimenti iniziali nelle prime settimane della guerra. L'amministrazione Usa di Biden ha annunciato che il nuovo pacchetto include 11 elicotteri Mi-17 inizialmente destinati all'Afghanistan, 18 cannoni Howitzer da 155 mm e altri 300 droni Switchblade, oltre a sistemi radar in grado di tracciare il fuoco in arrivo e individuarne l'origine.


"Ci concentriamo sulle sanzioni a Putin"

"Il punto in cui ci concentreremo nei prossimi giorni è sull'evasione" della Russia contro le sanzioni dei Paesi occidentali: è quanto affermato da Jake Sullivan in un'intervista all'Economic Club di Washington, annunciando che a breve verranno prese diverse nuove misure per evitare che la Russia aggiri le sanzioni come ritorsione per l'invasione dell'Ucraina. "Penso che avremo alcuni annunci nelle prossime settimane che identificheranno obiettivi che stanno cercando di facilitare quell'evasione, sia all'interno della Russia che oltre", ha aggiunto ma senza fornire ulteriori dettagli.


Dirigenti Usa in Ucraina

Intanto, gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di inviare dirigenti della propria amministrazione in Ucraina come ha reso noto nelle scorse ore il presidente Joe Biden. "Stiamo prendendo una decisione proprio ora", ha dichiarato il capo della Casa Bianca in risposta alla domanda di un giornalista in merito all'ipotesi. Biden non ha tuttavia precisato chi verrebbe inviato a Kiev. Interrogato sul merito, il presidente statunitense ha chiesto al giornalista se fosse disponibile ad andare lui in Ucraina. Che l'ipotesi sia sul tavolo lo ha confermato la vice portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre. "Siamo in costante contatto con il governo ucraino", ha sottolineato.



L'incrociatore Moskva affondato: un colpo di immagine per i russi
Federico Garau
14 aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/mi ... 1649966504

C'è ancora molto da chiarire su quanto accaduto all'incrociatore russo Moskva, ancora in preda ad un incendio e, secondo il Pentagono, diretto in questo momento a est, verso Sebastopoli, per effettuare riparazioni.

Danni all'incrociatore, e le diverse versioni

Fonti ucraine affermano che l'incrociatore sia stato colpito nelle acque del Mar Nero da un missile anti nave Neptune delle forze di Kiev, mentre da Mosca riferiscono solo di un incendio scoppiato a bordo. Invitato a dare una propria opinione sulla vicenda, l'ammiraglio ed ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola spiega ad Huffington post che quanto accaduto alla nave da guerra russa è stato in un modo o nell'alto un grosso colpo di immagine.

Per Kiev l'incrociatore si è capovolto e starebbe affondando, mentre il funzionario della Difesa statunitense John Kirby ha dichiarato alla Cnn che Moskva sta navigando verso est, presumibilmente verso Sebastopoli. Di sicuro si sa solo che a bordo della nave si è verificata una forte esplosione che ha provocato dei danni. Proprio per tale ragione l'intero equipaggio - 500 uomini – è stato evacuato e messo in salvo.

L'analisi dell'ammiraglio Di Paola

Nel commentare l'intera vicenda, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola focalizza la propria attenzione sul fatto che "gli ucraini sono dotati di missili antinave". Un dettaglio non da poco, secondo Di Paola, perché "i russi non si aspettavano, o hanno sottovalutato, la possibilità che gli ucraini avessero la capacità di contrastare in modo efficace un’azione dal mare”. La consapevolezza che le forze ucraine siano dotate di missili antinave, secondo l'ammiraglio, renderebbe più complesso un attacco contemporaneo a quello di terra per prendere Odessa. Tutto questo, ovviamente, nel caso in cui ci fosse reale conferma del fatto che ad attaccare la nave da guerra russa siano stati dei missili ucraini.

Con una lunghezza di 186 metri, 16 missili da crociera Vulkan ed una gittata di almeno 700 km, l'incrociatore Moskva è stato un importante danno per le forze russe anche se, come ammette lo stesso Di Paola, "la perdita di una nave non comporta una rinuncia all’intera operazione".

Impossibile conoscere la reale entità dei danni riportati dall'incrociatore. L'Ucraina afferma di aver colpito la nave con missili Neptune di fabbricazione ucraina, ma l'ammiraglio Di Paola, che non nega l'attacco missilistico, non esclude che i missili impiegati possano essere arrivati direttamente dalla Gran Bretagna, che non ha fatto mistero della propria intenzione di inviare aiuti militari a Kiev. Del resto, se le forze ucraine avessero disposto sin da subito di tali armamenti, non si capisce per quale motivo siano stati impiegati solo ora quando il conflitto dura ormai da quasi due mesi.

L'impatto sul morale degli eserciti

Ad ogni modo, Giampaolo Di Paola spiega che "un missile anti nave può fare tanti o pochi danni: dipende dal caso”, e se il missile riesce a colpire una zona vitale, come quella in cui vengono tenute le munizioni, può determinare "non solo un incendio ma anche un’esplosione”. L'evento può inoltre influire sul morale di entrambi gli eserciti. Le forze ucraine in questo momento sono esultati, mente l'esercito russo potrebbe sentirsi più vulnerabile. Secondo il consigliere presidenziale Oleksiy Arestovych si tratta della "più grande sconfitta della Marina russa dalla seconda guerra mondiale”. Un punto di vista condiviso anche dall'ammiraglio, che parla di "perdita di credibilità" per i russi.

Anche secondo il generale Domenico Rossi, intervistato da Huffington post, si tratterebbe di “un colpo di immagine molto più grave dell’effettivo danno", anche perché se la nave è stata effettivamente colpita da un missile ciò avrebbe "un significato simbolico che va al di là della potenzialità, con riflessi che possono interessare anche Vladimir Putin”. Tutto sta nel comprendere che cosa abbia realmente danneggiato l'incrociatore russo Moskva, ed ancora non ci sono notizie certe. "Se si tratta davvero di un incendio, non ci saranno ritorsioni", afferma convinto il generale Rossi.



Polonia, il vice ministro degli Esteri: «Parlare con Putin è inutile, vuole attaccare anche noi. Se non lo fermiamo, sarà guerra alla Nato»
Gianluca Perino
15 aprile 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/putin ... 30453.html

Parla apertamente di «genocidio» e invita gli alleati a dare più armi a Kiev e ad infliggere sanzioni ancora più dure alla Russia. «Perché - spiega il vice-ministro degli Esteri della Polonia, Szymon Szynkowski vel Sk - è vero che anche i cittadini dell'Ue pagheranno un prezzo, ma è niente di fronte a un'ulteriore escalation delle ostilità russe».

Vice ministro, Putin continua ad attaccare le città dell'Ucraina. Secondo lei, le sanzioni sono sufficienti?
«Le sanzioni vanno nella giusta direzione, ma non sono sufficienti. Per aiutare l'Ucraina a vincere la guerra, dobbiamo adottare ulteriori misure, tra cui la sospensione delle importazioni di petrolio e successivamente di gas, in modo tale che la Russia non possa finanziare la sua macchina da guerra. Inoltre, anche un divieto totale del commercio con Mosca sarebbe utile per contenere l'aggressione russa. Il potenziamento delle sanzioni colpirà duramente l'economia e le finanze della Russia e quindi potrebbe indurla ad ammorbidire la sua politica verso l'Ucraina e forse anche a ritirarsi dall'invasione. Certo, anche i cittadini dell'Ue pagheranno un prezzo, ma è niente al confronto di un'ulteriore escalation delle ostilità russe».

Bisognerebbe dare più armi all'Ucraina?
«L'Ucraina sta combattendo per difendere l'Europa, i suoi valori e la sua democrazia. È nostro dovere aiutarla il più possibile. Siamo chiari: non siamo noi a inasprire il conflitto aiutando l'Ucraina. La Russia è la parte che, senza essere provocata, ha attaccato uno stato sovrano vicino. Ed è sempre la Russia che minaccia anche gli altri suoi vicini, mina l'intero ordine internazionale e commette crimini di guerra. È un paese le cui azioni portano il segno di genocidio. L'Europa senza l'Ucraina non sarà più l'Europa. Dobbiamo imparare dai nostri errori ed essere consapevoli che se non fermiamo la Russia in Ucraina, la guerra si estenderà alla Moldavia, alla Georgia, agli Stati baltici e poi a tutta la Nato».

A questo punto, è il Donbass l'unico obiettivo di Putin?
«L'obiettivo dell'invasione russa fin dall'inizio era quello di determinare un cambiamento politico in Ucraina, il cui elemento necessario era la cattura della capitale del paese, Kiev. Di fronte alla portata della resistenza ucraina Putin è stato costretto a rivedere i suoi piani. Almeno per il momento».

Kiev ha denunciato: la Russia sta usando armi chimiche.
«La Polonia ha ricevuto con preoccupazione informazioni sul probabile uso di una sostanza velenosa non identificata sul territorio di Mariupol, circondato dalle truppe russe. Se i segnali da Mariupol sono confermati, dobbiamo essere chiari: la Russia sarà ritenuta responsabile».

Crede sia ancora utile parlare con Putin o è soltanto una perdita di tempo?
«Dopo aver rivelato le atrocità russe a Bucha, Irpin e Hostomel è difficile prendere in considerazione eventuali colloqui con Vladimir Putin. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di costringere la Russia a ritirare le sue forze dall'Ucraina e ristabilire la piena integrità territoriale dello stato. Dobbiamo continuare ad aiutare l'Ucraina a vincere la guerra, ecco perché aumentare la nostra fornitura di armi all'Ucraina e rafforzare le nostre sanzioni è fondamentale. A coloro che, contro ogni ragione politica e decenza umana, cercano ancora di mantenere i contatti con Putin, chiediamo pubblicamente: cosa avete ottenuto finora?».

Ritiene che la Polonia sia in pericolo? Cosa bisognerebbe fare, in futuro, per rendere più sicura l'area?
«L'operazione militare speciale di Putin doveva durare pochi giorni, la Nato e la comunità internazionale dovevano essere deboli e divisi, e l'Ucraina doveva essere lasciata sola. È successo il contrario. La ricetta per il futuro è quindi molto chiara: dobbiamo continuare a sostenere l'Ucraina, dobbiamo rafforzare la sicurezza della nostra regione e della Nato nel suo complesso».

Lei in questi giorni è a Roma, come procede la collaborazione con l'Italia?
«Bene. E dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina ha acquisito ulteriore intensità, come dimostra la mia presenza qui. Stiamo lavorando insieme per fermare la macchina da guerra di Putin».



Che grande gioia per gli ucraini e per chi come me sta dalla loro parte che sono i buoni, i giusti e le vittime che si difendono onorevolmente con le unghie e con i denti.


"Vi spiego come abbiamo abbattuto l'incrociatore di Putin"
Luca Sablone
4-5 minuti

15 Aprile 2022 - 09:00

Oleg Zhdanov, ex alto ufficiale dell'esercito, spiega i dettagli dell'operazione: "Sono stati sparati due missili che volano sul pelo dell'acqua. Poi la nave è sbandata, non sarà più utilizzabile"
"Vi spiego come abbiamo abbattuto l'incrociatore di Putin"

Un colpo durissimo per la flotta russa. Da Mosca tengono a specificare che l'incrociatore Moskva è affondato mentre veniva rimorchiato durante una tempesta, mentre fonti ucraine sostengono che la nave sarebbe stata colpita da missili dell'esercito di Kiev. Versioni del tutto opposte che però non cambiano la realtà dei fatti: l'incrociatore russo è stato messo fuori dai giochi. Si tratta di una perdita molto rilevante per Mosca che, come fa notare l'intelligence britannica, dovrà fare a meno di un mezzo chiave "sia come nave di comando sia per la difesa aerea".
L'operazione

Un precedente del genere potrebbe spingere Mosca a rivedere la sua posizione nel Mar Nero, cambiando così il quadro che regnava protagonista fino a poche ore fa. A spiegare i dettagli dell'operazione è stato Oleg Zhdanov, ex alto ufficiale prima dell'esercito sovietico, che ha fornito delucidazioni sulla strategia dell'Ucraina che ha finito per colpire l'incrociatore Moskva. Perché viene considerato un successo rilevante? Aver preso di mira la nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero "significa danneggiare fortemente la marina militare di Putin e l'intero apparato d'attacco contro l'Ucraina".

Zhdanov, nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha fatto sapere che la nave si trovava a 25 chilometri al largo di Odessa con più di 500 marinai a bordo e il mare era agitato. Così "due missili sono stati sparati da una base vicino a Odessa", provocando l'esplosione della Santa Barbara e a quel punto "la nave è sbandata". E non ci sarà nulla da fare poiché "non sarà più utilizzabile".
I missili

Un ruolo fondamentale è stato svolto dai due missili Neptune, entrati in funzione all'inizio dell'anno, che hanno un raggio di circa 200 chilometri "e una testata capace di portare 300 chili di esplosivo". Se ne possiede comunque un numero limitato, prodotto dalle loro industrie militari "che sviluppano un vecchio modello sovietico". Ci si domanda come mai i russi non siano riusciti a intercettarli. La risposta va trovata nel Moskva, considerato ancora un "modello obsoleto": le sue difese non hanno potuto far nulla di fronte ai Neptune, in quanto sono "armi modernissime che volano sul pelo dell'acqua".
La previsione nera

Oleg Zhdanov ha poi provato a fare una previsione per le prossime settimane, senza nascondere che da qui a pochi giorni la situazione potrebbe peggiorare: ormai tutti si aspettano un incremento della forza dell'attacco russo, con tanto di bombardamenti intensificati sulle città e missili balistici che potrebbero colpire anche Kiev. Pure le ferrovie potrebbero diventare possibili obiettivi, ma gli ucraini si stanno attrezzando con i missili terra-aria.

La seconda fase della guerra potrebbe iniziare nei prossimi tre o quattro giorni con forti bombardamenti. "La nostra intelligence sostiene che sono pronti ormai, le formazioni d'attacco sono in posizione, vogliono cercare di accerchiare le nostre truppe a est di Kramatorsk", ha aggiunto Zhdanov. Ma se i russi dovessero impiegare più tempo del dovuto darebbero un'occasione agli ucraini per organizzarsi e contrattaccare "per liberare Mariupol assieme a tutto il Sud del Paese".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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