Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:16 pm


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Le false accuse di nazismo all'Ucraina





MAMMA LI NAZISTI!
Niram Ferretti
15 marzo 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Da quando è cominciata la guerra in Ucraina ha iniziato a fortificarsi la leggenda creata ad arte dal Cremlino che l’Ucraina sia sostanzialmente un covo di nazisti.
Putin ha dichiarato che uno dei compiti della Russia è quello di “denazificare” l’Ucraina. Non ci vuole molto per scoprire i fatti ma ci vuole ancora meno per cedere alla propaganda, soprattutto se si è già predisposti favorevolmente verso l’autocrate moscovita.
C’è chi crede che in Israele si pratichi l’apartheid e che gli israeliani abbiano perpetrato un genocidio nei confronti dei palestinesi. Molti pensano che gli israeliani siano sostanzialmente nazisti-ebrei, perché, dunque, non credere che l’Ucraina pulluli di neonazisti e che siano loro all’avanguardia della resistenza contro l’invasore bonificante?
A maggior ragione si crederà a ciò perché a destra, in Ucraina, dal 2014 in poi, alcune formazioni, "Il Settore di destra", "I Patrioti dell’Ucraina", "I Battaglioni di difesa territoriale" e infine il famigerato "Battaglione Azov" erano in prima linea con in testa elmetti tedeschi della Seconda guerra mondiale guarniti di svastiche e simboli delle SS.
A Mosca non è parso vero potere lucrare su di loro, designarli come gli eredi delle truppe naziste che sfondarono le linee sovietiche il 22 giugno del 1941.
All’epoca, a fianco dei tedeschi nacquero le formazioni partigiane guidate da Stepan Bandera eroe nazionale accusato di collaborazionismo con i tedeschi, e della sua Armata Ucraina d’Insurrezione, poi venne creata una vera e propria divisione SS, la 14° Waffen SS Galicia che aveva una bandiera gialla e blu diventata poi quella nazionale ucraina.
Nessuno nega l’esistenza di formazioni di ultranazionaliste ucraine che fanno appunto uso di emblemi nazisti, ma si tratta di una percentuale molto ridotta Svoboda, la formazione che riunisce tutta l’estrema destra, ha 15 mila iscritti (su 44 milioni di abitanti) e alle ultime elezioni ha preso poco più del 2%. Il partito di Zelensky ha ottenuto il 43% dei voti.
Stiamo appunto parlando di una realtà minimale che però, con la lente di ingrandimento della propaganda, diventa nella mente dei condizionati, una entità soverchiante, (e va a costituire, nello specifico del Battaglione Azov che ha 2,500 iscritti su un effettivo militare di 170000 uomini), il principale nucleo combattente del paese.
Un vero nazista Doc, Joseph Goebbels aveva codificato negli anni‘40 i principi fondamentali della propaganda, gli stessi che oggi, la Russia, che ha ereditato dall’Unione Sovietica i fondamenti della disinformazione, utilizza senza sosta. Bastano qui i primi due, relativamente alla “nazificazione” dell’Ucraina:
1. Principio della semplificazione e del nemico unico: Scegliere un avversario e insistere sull’idea che sia lui la fonte di tutti i mali.
2. Principio del contagio: Fare di tutta l’erba un fascio, riunendo chiunque faccia del male in un’unica categoria. In questo modo si rinforzerà l’idea di un nemico unico da combattere.
Sono principi elementari e proprio per questo di notevole efficacia.




Nazisti in Ucraina: verità o propaganda?

Alessandro Milia
10 marzo 2022

https://www.ultimavoce.it/nazisti-in-uc ... ropaganda/

In questi giorni si sente parlare sempre più spesso della presenza di movimenti neo-nazisti in Ucraina. Cerchiamo di capire quali siano i numeri di queste realtà.

Nazisti non solo in Ucraina

In Ucraina esiste un problema relativo alla presenza dell’estrema destra nazionalista. Questo problema però è lo stesso in tutte le nazioni post-sovietiche resesi indipendenti dopo lo scioglimento dell’URSS nel 1991.

Partiti di ispirazione neo-fascista e neonazista sono presenti persino in Russia e le loro formazioni paramilitari combattono in Donbass dal 2014 proprio come il battaglione Azov. Quest’ultimo è composto da 3000 persone mentre Svoboda, partito dell’estrema destra ucraina, conta 15000 iscritti su una popolazione complessiva di circa 44 milioni.

Nel Donbass sono inoltre presenti milizie filo-russe che schierano militari di varia nazionalità. Dall’Italia sono arrivati, sin dall’inizio del conflitto, alcuni esponenti del mondo della stessa estrema destra che Putin condanna in Ucraina.

I movimenti estremisti durante la “Rivoluzione” del 2014
Piazza Maidan, Kiev 2014

Nel 2014, durante la Rivoluzione della Dignità e sull’onda emotiva popolare creata dalla situazione della Crimea e del Donbass, c’è stato il momento di massimo consenso dell’estrema destra ucraina. Gli estremisti hanno giocato un ruolo chiave negli scontri a Kiev contro la polizia mandata da Yanucovich.

I battaglioni di estrema destra che hanno combattuto al fronte hanno commesso gli stessi orrendi crimini delle unità paramilitari delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. Le accuse di crimini di guerra sono legittime contro il battaglione Azov esattamente quanto quelle contro le milizie neo-fasciste russe attive in Donbass.

Non bisogna mai dimenticare che la guerra significa atrocità, sempre e comunque, e che il nazi-fascismo è un orrore da tutti e due i lati del fronte.

Nelle elezioni del 2014 l’estrema destra ucraina, che si presentò divisa, prese complessivamente il 10%. In questa percentuale è incluso però anche il Partito Radicale che su molte questioni è più moderato degli ultranazionalisti.

Le elezioni del 2019 e la situazione attuale

Alle ultime elezioni nazionali del 2019 per il rinnovo del parlamento, Svoboda ha preso il 2,15% dei voti. L’unica candidata entrata alla Rada (Parlamento ucraino) è stata Oksana Savchuk. Per poter avere un’idea delle proporzioni basti pensare che il partito Sluha Narodu (Servitore del Popolo) del Presidente Zelensky (di origini ebraiche) ha preso il 43% dei voti, conquistando 241 seggi. Quindi, in 5 anni, i nazisti in Ucraina hanno perso l’8% del consenso precedente.

Da testimonianze dirette degli analisti del CeSI (Centro Studi Internazionali), presenti sul territorio ucraino sin dalla rivoluzione del 2014, si evince che su un campione sociale molto ampio (eccezion fatta per rarissimi casi) nessuno era favorevole all’estrema destra.

La colpa di Zelensky, e prima ancora di Poroshenko, è stata quella di non aver bandito le formazioni neo-naziste, compreso il battaglione Azov che invece è stato rifornito di armi occidentali. Questa scelta è stata fatta per poter utilizzare la loro esaltazione ideologica come arma al fronte. Tutto ciò è assolutamente non condivisibile ma è avvenuto in un contesto di guerra contro un paese molto più potente militarmente, contro il quale tutte le forze erano utili.


L’aspetto linguistico

Per motivazioni storiche e sociali in Ucraina (o comunque in moltissime zone e città) si parla russo senza problemi. La questione si pone infatti non sulla innegabile vicinanza linguistica, ma sull’identità e sul senso di appartenenza nazionale. In alcune aree il sentimento è chiaramente filo-russo ma si tratta di una minoranza geograficamente collocabile. Questa minoranza, come tutte le minoranze, non deve essere zittita né ignorata proprio in nome dei valori per cui l’Ucraina combatte oggi.

Nazionalismo ucraino e estremismo di destra

In Ucraina esiste un fortissimo sentimento nazionalistico. Il popolo ucraino è un popolo forte che, anche in questa terribile situazione, quasi si vergogna a chiedere aiuto. Confondere questa forte appartenenza nazionale con l’estremismo di destra è sbagliato perché non considera il processo di costruzione dell’identità nazionale dopo 70 anni di sovietizzazione.

Accettare la tesi di Putin sulla denazificazione dell’Ucraina significa accettare l’idea che la presenza neo-nazista (comunque un orrore) sia molto più vasta di quanto sia in realtà. Per fare un semplice paragone sarebbe come considerare l’Italia un paese nazi-fascista e accettare un’invasione da parte di un paese straniero confinante sulla base del peso politico (fortunatamente ridottissimo) di movimenti come Casa Pound e Forza Nuova, che per inciso andrebbero chiusi.



ANTIFASCISMO, L'USO E L'ABUSO PER SCREDITARLO
di Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
11 marzo 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Dopo aver fatto per settant’anni tutto quanto umanamente possibile per screditare il comunismo — sforzo, ammettiamolo, coronato da uno strepitoso successo — la Russia sta facendo ora la stessa cosa con l’antifascismo. Renderlo per sempre una merce avariata proclamando che l’aggressione all’Ucraina condotta dal suo esercito con centinaia di donne e bambini massacrati sotto le bombe e migliaia di case sbriciolate dai missili costituisce un’eroica battaglia contro quel noto nazista che risponde al nome di Volodymyr Zelensk’yj.
Ma ricorrendo all’antifascismo per giustificare la propria azione (senza che dall’Anpi si sia alzata una sola voce di protesta, mi pare) Putin compie senza volerlo un’importante opera di chiarificazione storica. Mostra che dopo il 1945 quel termine può voler dire tutto e il contrario di tutto a seconda delle circostanze. E questo perché tra coloro che allora si trovarono a combattere contro Hitler e Mussolini c’è chi ha cercato di conservarne una specie di monopolio per servirsene a suo piacere per ogni uso e praticamente contro ogni avversario. Soprattutto — di nuovo Putin insegna — per coprire le azioni più riprovevoli. Sicché grandi antifascisti, sono stati prima dell’attuale avvelenatore del Cremlino alcuni tra i personaggi meno raccomandabili della storia a cominciare da Stalin. Perfino al muro che divideva in due Berlino i capi della Germania comunista affibbiarono, per renderlo accettabile il nome di «muro di protezione antifascista».
Non è un caso che di fronte a questo uso à la carte dell’antifascismo né la Gran Bretagna né gli Stati Uniti — che pure qualcosa fecero per sbarazzare il mondo dal Fuhrer e dal duce — non abbiano mai imbracciato l’arma dell’antifascismo, non abbiano mai rivendicato per sé una tale qualifica. Gli è sempre bastato richiamarsi alla democrazia: convinti che la democrazia significhi anche l’antifascismo mentre l’inverso non è quasi mai vero.


CHI SONO I NAZISTI?
Niram Ferretti
20 marzo 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

In questi giorni terribili per gli ucraini, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a una oscena propaganda in linea con le direttive emanate dal Cremlino, secondo cui gli ucraini sarebbero sottomessi ai "nazisti".
Putin ha dichiarato più volte che uno dei compiti della sua aggressione all'Ucraina è quello di "denazificare' il paese, nemmeno fossimo negli anni '40. Eppure per quanto risibile e grottesco sia questo proposito annunciato, c'è una notevole quantità di individui che gli credono, gente che ha trasformato il Battaglione Azov nell'intero esercito ucraino, che continua a insistere che durante la Seconda guerra mondiale, una parte della popolazione ucraina aiutò i nazisti a sterminare gli ebrei, a evidenziare che Stepan Bandera sarebbe un eroe nazionale, (non lo è) e così via.
Questa oscena propaganda conferma pienamente le parole di Adolf Hitler nel Mein Kampf:
“Nella grande menzogna c’è una certa forza di credibilità poichè le grandi masse di una nazione sono molto più facilmente corruttibili nello stato più profondo della loro materia emozionale di quanto lo siano consciamente e volontariamente, e quindi nella primitiva semplicità delle loro menti diventeranno più facilmente vittime di una grande menzogna piuttosto che di una piccola”.
Chi sta applicando in realtà i metodi nazisti lo vediamo sul terreno di guerra, a Mariupol in queste ore, dove le forze russe stanno conducendo una pulizia nazionalistica. I civili vengono invitati a lasciare la città e andare in Russia; se non lo fanno, vengono considerati complici dei resistenti; chi lascia la città è costretto a spogliarsi e a mostrare i cellulari alle forze occupanti.
Siamo molto vicini alla deportazione forzata dei civili, a qualcosa che ci riporta immediatamente alla Seconda guerra mondiale durante l'occupazione europea da parte del Terzo Reich.
Le forze russe stanno operando con la stessa logica. Vogliono russificare una parte dell'Ucraina.
La barbarie contrinua anche sotto questa forma.



Dugin svela cosa intende Mosca per "denazificazione" e perché sia il vero motivo della guerra

Atlantico Quotidiano
Alfonso Piscitelli
21 marzo 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... la-guerra/

Non solo il battaglione Azov, per il Cremlino è nazista l’idea stessa di un popolo ucraino separato da quello russo, la sua “occidentalizzazione”

Nella trasmissione di Paolo del Debbio Diritto e rovescio, su Rete4, l’altra sera Aleksandr Dugin ha ripetuto molto chiaramente il tema dominante con il quale la Russia giustifica la sua guerra in Ucraina: la “denazificazione”.

L’intervento di Dugin è stato utile per comprendere come dal punto di vista russo il problema non sia rappresentato solo dal battaglione Azov o da altre organizzazioni filo-naziste. Dugin ha detto: “In Ucraina il nazismo è stato usato per creare una identità artificiale”. Affermazione carica di significato: l’idea di un popolo ucraino separato da quello russo è ciò che nel linguaggio di Mosca si intende per “nazismo”. La conseguenza è che tutti coloro che in questo momento si oppongono alla “operazione speciale” russa in Ucraina sono “nazisti”.

Questa concezione così estrema si accompagna alla percezione russa del fatto che otto anni fa l’Ucraina sia stata occidentalizzata con la forza da un colpo di Stato i cui mandanti sono in Occidente. Se “l’Ucraina è parte integrante della nostra storia”, come ha affermato Putin, la sua occidentalizzazione rappresenta una artificiosa alienazione: “identità artificiale” come ha detto Dugin alla televisione italiana.

Quando questa terribile guerra apparterrà al passato toccherà agli storici rigorosi documentare se nei primi giorni di guerra davvero Putin si sia illuso che la facilità della “operazione speciale” fosse garantita dal fatto che gli ucraini bramassero di tornare nell’orbita di Mosca dopo essere stati separati dal “colpo di Stato” di Euromaidan. Intanto però i carri armati russi non sono stati accolti a Kiev con mazzi di fiori, ma ad essi si contrappongono gli ucraini con una resistenza forse disperata, ma sicuramente tenace: quegli ucraini che appunto Dugin bolla, interpretando il verbo di Stato, come nazisti.

Settori della società ucraina ovviamente offrono il destro per questa accusa: effettivamente alcuni partiti (che non arrivano al 10 per cento) e alcuni corpi paramilitari (che sono una parte infima della Ucraina in armi) ostentano simboli e spalline di estrema destra, ma la generalizzazione di questo dato particolare indica chiaramente un abuso della ragione. Si sono visti in questi giorni blindati della Federazione Russa avanzare sventolando la bandiera dell’Unione Sovietica, dovremmo dedurre allora che la Russia è ancora una dittatura comunista? Sarebbe ridicolo affermarlo, anche se è vero che a Mosca ben più che a Kiev le autorità pubbliche in maniera ufficiale invocano la continuità storica con l’Unione Sovietica nelle cerimonie più importanti, tipo quelle del 9 maggio. Ma sarebbe pur sempre un cialtrone chi affermasse che Putin è “un dittatore comunista”.

La verità è che in questa parte di mondo che si estende tra l’Europa e l’immensa Asia, là dove il liberalismo viene ancora visto come un animale esotico, la contrapposizione politica è sempre stata all’insegna delle temperature ideologiche estreme.

Si sperava che col passare del tempo queste temperature divenissero più miti e anche che il piccolo benessere scaturito da una immensa rendita energetica alimentasse riflessioni più pragmatiche. Invece negli ultimi anni si è assistito a una estremizzazione, di cui la guerra all’Ucraina rischia di essere un salto di livello quantico.

Si prenda il caso di Dugin: già nel 2014 il filosofo esortava a marciare su Kiev, il Cremlino assunse invece una postura più prudente. Dugin stesso fu allontanato dalla Università di Mosca per alcune sue “intemperanze verbali”. Ora invece l’ideologia del pensatore dell’Eurasia e la prassi militare del Cremlino coincidono. Il punto di convergenza è la negazione che l’Ucraina possa avere una identità autonoma: per Dugin, ripetiamolo, “Ucraina” è una identità artificiale e chi la afferma è nazista.

Ma ci sono settori della società russa che si pongono il problema di come questo teorema contribuisca ad allargare il solco non solo tra Russia e Occidente, ma anzitutto tra Russia e Ucraina? E il problema di quanto sia dannoso per la Russia riproporsi con lo stesso volto aggressivo e repressivo di Budapest 1956, Praga 1968? Ottimisticamente, pensiamo di sì.



"Non esiste una generazione di ucraini che non sia stata sfregiata dalla politica coloniale russa e dalle sue scelte rovinose, a partire dal Settecento". Splendido pezzo di Yaryna oggi su Repubblica. L'inquadramento della guerra dal punto di vista culturale e storico. Lettura fondamentale.

L’Ucraina non sarà una colonia russa
di Yaryna Grusha Possamai*
17 marzo 2022

https://www.facebook.com/groups/salviam ... 7461906163

La mattina del 24.02.2022 le sirene nella capitale Kiev e nelle città di Kharkiv, Kherson, Chernihiv, Sumy hanno anticipato i bombardamenti aerei. Paura, panico, fuga degli ucraini. Cinque minuti prima dell’attacco su larga scala del mio paese il presidente russo, con un discorso che proponeva gli stessi argomenti contenuti in un articolo pubblicato nel luglio del 2021 pieno di falsità sulla storica fratellanza tra i popoli russo e ucraino, annunciava quello che è il cuore della sua politica coloniale.
Oggi le analisi sulla guerra della Russia all’Ucraina ruotano intorno a politica, economia, geopolitica e interessi finanziari senza però tenere in considerazione l’aspetto storico-culturale che invece è quello al quale dobbiamo guardare perché è lì che il presidente russo ha pescato le giustificazioni per l’aggressione di un Paese che, al contrario del suo, ha intrapreso una strada democratica. La manipolazione dell’opinione pubblica in Russia è avvenuta attraverso la strumentalizzazione della storia. Quella fredda mattina di febbraio gli ucraini hanno capito che la storia si stava ripetendo. Non esiste una generazione di ucraini che non sia stata sfregiata dalla politica coloniale russa e dalle sue scelte rovinose, a partire dal Settecento con la distruzione dell’Hetmanato (1649-1764), primo nucleo statale gestito dai cosacchi nei territori dell’odierna Ucraina, fino alla circolare di Valuev (1863) e al decreto di Ems (1876) che proibivano qualsiasi opera letteraria in ucraino, compresa la traduzione dal russo. I territori ucraini appartenenti all’impero russo sono stati chiamati Piccola Russia, per sottolineare il rapporto di forza tra il centro colonizzatore e la periferia colonizzata.
La politica coloniale con il proprio centro a Mosca è proseguita con la sottomissione di Kiev anche durante l’Unione Sovietica: purghe staliniste con centinaia di intellettuali ucraini arrestati e fucilati a Solovki e Sandarmokh all’inizio degli anni Trenta, lo sterminio per fame — noto come Holodomor tra il 1932 e il 1933 — dei contadini ucraini, l’occupazione di Leopoli nel 1939, la deportazioni dei tartari di Crimea nel 1944, la repressione tra gli anni ’60 e ’70. Nel 1985 nella colonia sovietica di Ku?ino, odierna regione di Perm’ in Russia, muore in seguito a uno sciopero della fame il poeta e traduttore ucraino Vasyl’Stus. Nel 1986 esplode la centrale nucleare di Chornobyl’ incidente causato da una cattiva gestione e le cui conseguenze hanno prodotto migliaia di profughi rimasti a lungo senza una casa e un posto di lavoro.
Io sono un’ucraina con un bisnonno fucilato dal NKVD (Commissariato del popolo per gli affari interni, ndr ), mentre l’altro bisnonno è stato mandato al fronte senza un fucile, in prima linea con l’Armata Rossa ed è tornato senza un braccio.
Mia nonna è cresciuta con il marchio di “figlia del nemico del popolo” la quale cosa ha significato niente studi e niente lavoro. I miei genitori — insegnanti di lettere che non potevano nominare durante le lezioni i nomi di scrittori e poeti ucraini sterminati dal regime sovietico — sono scappati da Chernobyl’ solo due settimane dopo l’incidente (avvenuto il 6 aprile 1986, ndr ), perché il potere centrale teneva tutti all’oscuro, e sono rientrati a casa nell’agosto successivo perché la loro zona, qualificata come Zona 3, non è stata considerata da evacuare. Oggi quei territori — con scuole e case bombardate e centinaia di civili morti — sono afflitti dalla guerra.
La vera storia dell’Ucraina il cui cuore pulsante è Kiev è stata cancellata per creare un mito, un mito intorno al quale la Russia ha inventato una versione della storia a proprio uso e consumo.
Tra la fine del 2013 e il 2014 la “periferia” ucraina ha cercato nuovamente di sottrarsi all’influenza del “popolo fraterno” proclamando — attraverso la Rivoluzione della dignità (nota in Italia come Euromaidan) — di aver scelto una strada europea.
La risposta del “centro” è arrivata con l’utilizzo dei soliti vecchi mezzi del terrore: l’espropriazione della penisola della Crimea, l’invasione e i bombardamenti del Donbass. Ma l’ideologo della Russia ha ottenuto l’effetto contrario: l’Ucraina non si è sottomessa ed è cresciuto il divario, incolmabile per le nuove generazioni, tra il popolo ucraino e il popolo russo.
La guerra del 2022 con i suoi bombardamenti colpisce al cuore con ferocia la storia e la cultura ucraine: le scuole, i centri come Budynok Slovo, casa-museo degli scrittori ucraini attivi a Kharkiv negli anni Venti del Novecento, gli edifici storici del centro di Kharkiv e Chernihiv, il luogo del massacro degli ebrei a Kiev nel 1941, Babyn Yar.
La resistenza dimostrata dagli ucraini in questa guerra è quindi la ribellione di un popolo traumatizzato che da secoli subisce la politica coloniale di chi lo ha aggredito. E in questa lotta ci sono gli ucraini ucrainofoni e russofoni, ci sono città con storie diverse come Kiev, Kharkiv, Mariupol’e Odessa. La risposta degli ucraini è la lotta decoloniale per l’indipendenza e per l’esistenza stessa, è la resistenza per preservare la propria incolumità e identità e per evitare che le nuove generazioni debbano subire ancora.
* L’autrice è traduttrice e organizzatrice culturale. Nata in Ucraina nel 1986, vive a Milano. È titolare del corso di Lingua e Letteratura Ucraina all’Università Statale di Milano
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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:16 pm

Il genocidio di Putin
di Timothy Snyder*, da Il Foglio
Alessandra Casula
28 marzo 2022

https://www.facebook.com/alessandra.cas ... 4232398719

Vladimir Putin ha costruito il suo progetto di genocidio degli ucraini per anni. L’abbiamo ascoltato?
Una decina di anni fa Putin ha proposto il paradigma friend or foe amico o nemico, seguendo il pensatore giuridico nazista Carl Schmitt e il filosofo fascista russo Ivan Ilyin, che Putin considera un maestro. L’Ucraina era un amico forzato: chiunque non capisse che gli ucraini erano parte della civiltà russa era un nemico. Per Putin, “l’unità delle anime” di russi e ucraini era la volontà di Dio difesa da un atto di violenza purificatrice. In un lungo saggio del luglio scorso, Putin ha sostenuto che la nazione ucraina non esiste. Mettendo insieme le sue considerazioni precedenti con alcune che lui ha presentato come “storiche”, Putin ha teorizzato l’“unità” di russi e ucraini.
L’occidente ha fatto credere agli ucraini che avessero una loro identità separata, ma questo doveva essere corretto. Questo approccio riecheggiava la visione di Hitler. Il führer pensava anche che gli ucraini fossero un popolo coloniale naturale, che, una volta liberati dalla presunta leadership ebraica dell’Unione sovietica, avrebbero felicemente servito nuovi padroni. Dmitri Medvedev ha chiuso il divario tra queste due posizioni, chiarendo che ciò che squalificava il governo ucraino fosse proprio il suo presidente ebreo. Nelle settimane precedenti all’invasione, la Russia s’è rifiutata di negoziare con l’Ucraina, presentandola come un vassallo.
Putin ha continuato questa sua argomentazione il 21 febbraio, annunciando che le truppe russe sarebbero entrate in Ucraina perché lo stato ucraino era uno stato artificiale. Poiché l’Ucraina è stata “interamente creata dalla Russia”, la Russia aveva il diritto di correggere l’errore. Affermare che non esiste una nazione o uno stato significa rivendicare il diritto di distruggerla. “De-nazificazione” e “smilitarizzazione”, i due obiettivi di guerra che Putin ha annunciato il 24 febbraio, il giorno in cui è iniziata la sua invasione, non significavano altro che questo.
“De-nazificazione” significa: l’eliminazione delle persone che non capiscono che l’Ucraina è parte di una Russia più grande. È facile farsi distrarre dalla perversità del riferimento nazista, dato che l’Ucraina è una democrazia con un presidente ebreo, e dato che le bombe russe hanno persino ucciso un sopravvissuto dei campi di concentramento. Ma sotto c’è la politica: “de-nazificazione” per Putin significa solo la licenza di uccidere o di deportare. Poiché il termine “nazista” non si riferisce a nessuno in particolare, è una giustificazione per una guerra e una pulizia etnica senza fine. Finché gli ucraini resistono, ci saranno “nazisti” da punire.
“Demilitarizzazione” significa: la distruzione di uno stato sovrano con la forza, e include l’eliminazione di chiunque sia in grado di preservare le forme elementari di sovranità. L’obiettivo iniziale della guerra era quello di catturare (e presumibilmente uccidere) la leadership ucraina, che Putin ha definito il 24 febbraio come una “giunta anti popolare” e il giorno successivo come “drogati e neonazisti”.
Il 16 marzo, nel corso di un discorso febbrile in cui attaccava chi lo criticava internamente definendoli “traditori” e “feccia”, Putin si riferiva ai russi con legami con l’occidente chiamandoli “moscerini”. Nella sua mente, gli ucraini sono russi che amano gli occidentali. Devono essere corretti con la forza – “puliti” o “sputati fuori”.
Putin aveva previsto il collasso dell’Ucraina nel giro di due giorni. Non è andata così, ma era già in atto la propaganda adatta a questa previsione. Il servizio stampa ufficiale russo, Ria Novosti, ha pubblicato accidentalmente il 26 febbraio un annuncio di vittoria. Riprendeva tutti i temi genocidari di Putin dalla prospettiva di “una nuova epoca”: lo stato ucraino non esiste più, e la popolazione del suo territorio ha accettato con gioia il dominio russo. L’“unità” è stata raggiunta attraverso la “risoluzione della questione ucraina”. Uno stato ucraino “non esisterà mai più”, e le masse si sono accomodate felicemente in una nuova vita da “piccoli russi”.
La distanza tra queste fantasie e la realtà è la ragione per cui ci sono ora le atrocità che vediamo. Putin non può ammettere l’errore e deve cercare di piegare il mondo alla sua fantasia. La vittoria può voler dire soltanto un paese così distrutto che i resti di una popolazione apolide non hanno altra scelta che accettare di appartenere a una nazione straniera, sottomettersi al controllo della polizia russa e alla rieducazione per il resto della vita, e accettare che i loro figli siano cresciuti come russi senza nessuna delle libertà che hanno conosciuto come ucraini.
Questa ambizione è ben visibile guardando il modo in cui la guerra viene portata avanti: squadre di assassini continuano ad arrivare, e le élite locali continuano a scomparire. Migliaia di ucraini sono stati deportati in Russia contro la loro volontà. Ospedali, scuole e rifugi antiaerei civili sono presi di mira ancora e ancora. Un quarto di una popolazione di 44 milioni di persone è sfollato a causa della guerra.
Le parole di Putin si riflettono chiaramente nelle azioni del suo paese in Ucraina. L’articolo II della Convenzione dell’Onu sul genocidio specifica cinque criteri che soddisfano la definizione di “genocidio”; tutti e cinque sono stati commessi dalle forze russe in Ucraina. Per quanto riguarda la prova dell’intenzione: Putin stesso l’ha confessata, lo fa da sempre.
Gli ucraini sono consapevoli di tutto ciò ed è il motivo per cui stanno combattendo. Individuare l’aspirazione genocida di Putin può aiutare il resto di noi a capire da dove viene questa guerra, dove sta andando e, soprattutto, perché non può essere persa.
* Timothy Snyder è professore di Storia all’Università di Yale. Grande esperto di Russia e di Ucraina, ha pubblicato tra gli altri libri “Terre di sangue” e “Road to Unfreedom”. Ha appena aggiornato l’edizione audio di uno dei suoi saggi più famosi, “On Tyranny” con venti nuove lezioni sull’Ucraina.


Questo scritto russo, della Russia di Putin è peggio del Mein Kampf di Hitler

"Cosa la Russia deve fare con l'Ucraina?"
[Un assurdo progetto, che non è tanto assurdo perché già si sta realizzando in Bielorussia, dove viene rapidamente cancellato tutto lo sfondo etnico-storico-nazionale].
RIA Novosti, 04/03/2022, Timofey Sergeytsev filosofo, metodologo, membro del Club Zinoviev MIA Russia Today
"Abbiamo scritto dell'inevitabilità della denazificazione dell'Ucraina ad aprile dello scorso anno. Non abbiamo bisogno dell'Ucraina nazista, di Bandera, del nemico della Russia e lo strumento dell'Occidente per la distruzione della #Russia. Oggi la questione della denazificazione si è spostata su un piano pratico.
La denazificazione è necessaria quando una parte significativa del popolo - molto probabilmente la maggioranza - è stata dominata e tirata dal regime nazista nella sua politica. Cioè, quando l'ipotesi "le persone sono buone - il governo è cattivo" non funziona più.
Il riconoscimento di questo fatto è alla base della politica di denazificazione, di tutte le sue misure, e il fatto stesso ne è l'oggetto.
L'Ucraina è proprio in una situazione del genere. Il fatto che l'elettore ucraino abbia votato per la "pace di Poroshenko" e la "pace di #Zelensky" non deve indurre in errore: gli ucraini erano abbastanza soddisfatti della via più breve verso la pace attraverso la guerra lampo, a cui gli ultimi 2 presidenti ucraini hanno chiaramente accennato quando sono stati eletti. Proprio questo metodo di "pacificazione" degli antifascisti interni - attraverso il terrore totale - è stato usato a Odessa, Kharkiv, Dnipro, Mariupol e in altre città russe (!). E questo si adattava perfettamente all'uomo ucraino comune.
La denazificazione è un insieme di misure mirate alla massa nazificata della popolazione, ma che tecnicamente non può essere soggetta alle punizioni dirette come i criminali di guerra.
I nazisti che usano le armi devono essere distrutti sul campo di battaglia al massimo possibile. Senza la distinzione significativa fra le Forze Armate e i cosiddetti battaglioni nazionali, o la difesa territoriale che si è unita a questi due tipi di formazioni militari. Tutti loro sono ugualmente coinvolti nell'estrema crudeltà contro la popolazione civile, sono ugualmente colpevoli del genocidio del popolo russo, non rispettano le leggi e gli usi della guerra. I criminali di guerra ei nazisti attivi devono essere puniti in modo esemplare ed esplicativo. Ci deve essere una lustrazione totale. Tutte le organizzazioni che si sono associate alla pratica del nazismo devono essere liquidate e bandite.
Tuttavia, oltre ai vertici, è colpevole anche il popolo, nella sua parte significativa che rappresenta i nazisti passivi, complici del nazismo. Hanno sostenuto e assecondato il potere nazista. La giusta punizione di questa parte della popolazione è possibile solo sopportando le inevitabili fatiche di una giusta guerra contro il sistema nazista, svolto con la massima cura e discrezione nei confronti dei civili. Un'ulteriore denazificazione di questa massa di popolazione consiste nella rieducazione, che si realizza attraverso la repressione ideologica (soppressione) degli atteggiamenti nazisti e una severa censura: non solo nell'ambito politico, ma anche necessariamente nell'ambito della cultura e dell'istruzione. Proprio attraverso la cultura e l'educazione che è stata preparata e realizzata una profonda nazificazione della popolazione, assicurata dalla promessa dei dividendi della vittoria del regime nazista sulla Russia, attraverso la propaganda nazista, la violenza interna e terrore, oltre alla guerra contro il popolo del #Donbas ribellatosi al nazismo ucraino, che dura da 8 anni.
La denazificazione può essere effettuata solo dal vincitore, il che implica (1) - il suo controllo assoluto sul processo di denazificazione e (2) - il potere per garantire tale controllo. In questo senso, un paese denazificato non può essere sovrano.
Lo stato denazizzante - la Russia - non può procedere alla denazificazione con un approccio liberale. L'ideologia del denazificatore non può essere contestata dal colpevole sottoposto a denazificazione. Il riconoscimento da parte della Russia della necessità di denazificare l'Ucraina, significa il riconoscimento dell'impossibilità dello scenario di #Crimea per l'#Ucraina. Tuttavia, quello scenario era impossibile nel 2014 e nel ribelle Donbas. Solo 8 anni di resistenza alla violenza e al terrore nazista hanno portato alla coesione interna e a un consapevole e inequivocabile rifiuto di massa di mantenere qualsiasi unità e collegamento con l'Ucraina nazista.
La durata della denazificazione non può essere inferiore a una generazione, che deve nascere, crescere e raggiungere la maturità nelle condizioni della denazificazione. La nazificazione dell'Ucraina è continuata per più di 30 anni, almeno a partire dal 1989, quando il nazionalismo ucraino ha ricevuto le forme legali e legittime di espressione politica e ha guidato il movimento per "l'indipendenza" verso il nazismo.
La particolarità della moderna Ucraina nazificata sta nell'amorfità e nell'ambivalenza, che permettono al nazismo di essere mascherato da desiderio di "indipendenza" e da un percorso "europeo" (occidentale, filoamericano) di "sviluppo" (in realtà - al degrado), di affermare che in Ucraina "non c'è il nazismo, solo gli eccessi del privato". Dopotutto, non esiste un principale partito nazista, nessun Fuhrer, nessuna legge razziale a tutti gli effetti (solo la loro versione troncata sotto una forma di repressione contro la lingua russa). Di conseguenza, non c'è l'opposizione e la resistenza al regime.
Tuttavia, tutto quanto sopra non rende il nazismo ucraino una "versione leggera" del nazismo tedesco della prima metà del XX secolo. Al contrario, poiché il nazismo ucraino è libero da tali strutture e restrizioni di "genere" (a causa di tecnologia politica), si dispiega liberamente come la base fondamentale di qualsiasi nazismo - come il razzismo europeo e, nella sua forma più sviluppata, americano. Pertanto, la denazificazione non può essere compiuta in un compromesso, sulla base di una formula di "NATO- no, UE - sì". Lo stesso Occidente collettivo è l'ideatore, la fonte e lo sponsor del nazismo ucraino, mentre i quadri di Bandera occidentale e la loro "memoria storica" sono solo uno degli strumenti per la nazificazione dell'Ucraina. L'ucra-nazismo comporta una minaccia non minore, ma maggiore per il mondo e la Russia.
Probabilmente il nome "Ucraina" non può essere mantenuto come nome di qualsiasi entità statale completamente denazificata in un territorio liberato dal regime nazista. Le repubbliche popolari create nello spazio libero dal nazismo dovranno crescere nell'ambiente dell'autogoverno economico e della sicurezza sociale, del ripristino e dell'ammodernamento dei sistemi di supporto vitale della popolazione.
In effetti, le loro aspirazioni politiche non possono essere neutrali: il l'espiazione della colpa davanti alla Russia per averla trattata come un nemico può essere realizzata solo facendo affidamento sulla Russia nei processi di restaurazione, rinascita e sviluppo. Nessun "Piano Marshall" deve essere consentito per questi territori.
Non ci può essere la "neutralità" in senso ideologico e pratico, compatibile con la denazificazione. Il personale e le organizzazioni che sono lo strumento di denazificazione nelle repubbliche appena denazificate non potranno che fare l'affidamento sul supporto militare e organizzativo diretto della Russia.
La denazificazione sarà inevitabilmente anche la deucrainizzazione - cioè un rifiuto di un gonfiamento artificiale della componente etnica dell'autoidentificazione nazionale dei territori storici della Malorossiya e della Novorossiya, iniziato dalle autorità sovietiche. Essendo uno strumento della superpotenza comunista, dopo la sua caduta, l'etnocentrismo artificiale non è rimasto in un dimenticatoio. In questa veste di servizio, è passato sotto l'autorità di un'altra superpotenza (il potere che sovrasta gli stati): la superpotenza dell'Occidente. Deve essere restituito ai suoi confini naturali e privato della funzionalità politica.
A differenza, diciamo, della Georgia e dei paesi baltici, l'Ucraina, come è stato dimostrato storicamente, non può esistere come lo stato nazionale e i tentativi di "costruirne uno" portano naturalmente al nazismo. L'ucrainismo è una costruzione artificiale antirussa che non ha un proprio contenuto di civiltà, è un elemento subordinato di una civiltà estranea e aliena. La debanderizzazione di per sé non basterà come la denazificazione: l'elemento Bandera è solo un interprete e uno schermo, un travestimento per il progetto europeo dell'Ucraina nazista, quindi la denazificazione dell'Ucraina è anche la sua inevitabile de-europeizzazione.
L'élite Bandera deve essere liquidata, la sua rieducazione è impossibile. La "palude" sociale, che l'ha sostenuta attivamente e passivamente con l'azione e l'inazione, deve passare le difficoltà della guerra e assimilare questa esperienza come una lezione storica di espiazione della propria colpa. Chi non ha sostenuto il regime nazista, chi ne ha sofferto e la guerra da lui scatenata nel Donbass, deve essere consolidato e organizzato, deve diventare il pilastro del nuovo governo, verticale e orizzontale. L'esperienza storica mostra che le tragedie ei drammi del tempo di guerra avvantaggiano i popoli che sono stati tentati e trascinati dal ruolo di nemico della Russia.
La denazificazione come obiettivo di un'operazione militare speciale nell'ambito di questa stessa operazione è intesa come una vittoria militare sul regime di Kyiv, la liberazione dei territori dai sostenitori armati dei nazisti, l'eliminazione degli implacabili nazisti, la cattura di criminali di guerra, e la creazione delle condizioni sistemiche per la successiva denazificazione in tempo di pace.
Quell''ultima, a sua volta, deve iniziarsi con l'organizzazione degli organi locali di autogoverno, polizia e difesa, ripuliti dagli elementi nazisti, avviando sulle loro basi i processi per fondare una nuova statualità repubblicana, integrando questa statualità in una stretta collaborazione con il dipartimento della Federazione Russa per la denazificazione dell'Ucraina (creato o convertito, diciamo, da Rossotrudnichestvo), con l'adozione sotto il controllo russo del quadro normativo repubblicano sulla denazificazione, la definizione dei confini e del quadro per l'applicazione diretta delle leggi russe e della giurisdizione russa nel campo della denazificazione sul territorio liberato, la creazione di un tribunale per i crimini contro l'umanità nell'ex Ucraina. In questo senso la Russia dovrà fungere da custode del processo di Norimberga.
Tutto ciò significa che per raggiungere gli obiettivi della denazificazione è necessario il sostegno della popolazione, il suo passaggio dalla parte della Russia dopo la sua liberazione dal terrore, dalla violenza e dalla pressione ideologica del regime di Kyiv, dopo il suo ritiro dall'isolamento informativo.
Naturalmente, ci vorrà del tempo prima che le persone si riprendano dallo shock delle ostilità, per convincersi delle intenzioni a lungo termine della Russia - e che "non saranno abbandonate". È impossibile prevedere in anticipo esattamente in quali territori una parte di popolazione costituirà una maggioranza criticamente necessaria. È improbabile che la "provincia cattolica" (l'Ucraina occidentale come parte di cinque regioni) diventi parte dei territori filo-russi. La linea di alienazione, tuttavia, sarà trovata empiricamente. Dietro rimarrà il territorrio ostile alla Russia, ma sarà l'Ucraina forzatamente neutrale e smilitarizzata con il nazismo formalmente bandito. Gli odiatori della Russia andranno lì. La garanzia della conservazione di stato neutrale di questa Ucraina residua dovrà essere la minaccia di un'immediata continuazione dell'operazione militare, in caso di mancato rispetto dei requisiti elencati. Forse ciò richiederà una presenza militare russa permanente sul suo territorio.
Dalla linea di esclusione fino al confine russo ci sarà un territorio di potenziale integrazione nella civiltà russa, che è di carattere naturale antifascista.
L'operazione della denazificazione dell'Ucraina, iniziata con una fase militare, al tempo di pace seguirà la stessa logica delle tappe militare. Ciascuna di esse dovrà ottenere i cambiamenti irreversibili, che diventeranno i risultati della fase corrispondente. In questo caso, le fasi iniziali necessarie della denazificazione possono essere così definite:
— liquidazione delle formazioni armate naziste (il che significa qualsiasi formazione armata dell'Ucraina, comprese le forze armate ucraine), nonché dell'infrastruttura militare, informativa ed educativa che ne garantisce l'attività;
— formazione degli organi di autogoverno pubblico e delle milizie (difesa e forze dell'ordine) sui territori liberati, per proteggere la popolazione dal terrore dei gruppi nazisti clandestini;
— introduzione dello spazio informativo russo;
— ritiro dei materiali didattici e il divieto dei programmi educativi di tutti i livelli, contenenti linee guida ideologiche naziste;
— azioni investigative di massa per stabilire la responsabilità personale per i crimini di guerra, crimini contro l'umanità, per la diffusione dell'ideologia nazista e il sostegno al regime nazista;
— lustrazione, pubblicazione dei nomi dei complici del regime nazista, coinvolgendoli nei lavori forzati per il ripristino delle infrastrutture distrutte in misura della punizione per le attività naziste (per coloro che non saranno soggetti alla pena di morte o alla reclusione);
— adozione a livello locale, sotto la supervisione della Russia, degli atti normativi primari di denazificazione "dal basso", il divieto di ogni tipo e forma di rinascita dell'ideologia nazista;
— istituzione di memoriali, segni commemorativi, monumenti alle vittime del nazismo ucraino, perpetuando la memoria degli eroi della lotta contro di esso;
— inserimento di un complesso delle norme antifasciste e della denazificazione nelle costituzioni delle nuove repubbliche popolari;
— creazione degli organi permanenti della denazificazione per un periodo di 25 anni.
La Russia non avrà alleati nella denazificazione dell'Ucraina. Dal momento che questo è un affare puramente russo. Anche perché non solo la versione Bandera dell'Ucraina nazista sarà sradicata, ma anche, e soprattutto, il totalitarismo occidentale, i programmi imposti di degrado e disintegrazione della civiltà, i meccanismi di soggezione alla superpotenza dell'Occidente e degli Stati Uniti .
Per mettere in pratica il piano di denazificazione dell'Ucraina, la stessa Russia dovrà finalmente separarsi dalle illusioni filo-europee e filo-occidentali, realizzarsi come l'ultima istanza per proteggere e preservare quei valori dell'Europa storica (del Vecchio Mondo) che se lo meritano e che l'Occidente alla fine ha abbandonato, perdendo la battaglia per se stesso. Questa lotta è durata per tutto il XX secolo e si è espressa nella guerra mondiale e nella rivoluzione russa, indissolubilmente legate tra loro.
La Russia ha fatto tutto il possibile per salvare l'Occidente nel XX secolo. Ha implementato il principale progetto occidentale, un'alternativa al capitalismo, che ha vinto contro gli stati-nazione: contro un progetto socialista, rosso. Ha schiacciato il nazismo tedesco, un mostruoso prodotto della crisi della civiltà occidentale. L'ultimo atto di altruismo russo è stata la mano tesa dell'amicizia dalla Russia, per la quale la Russia ha ricevuto un colpo mostruoso negli anni '90.
Tutto ciò che la Russia ha fatto per l'Occidente, l'ha fatto a proprie spese, facendo i più grandi sacrifici. L'Occidente alla fine ha rifiutato tutti questi sacrifici, ha svalutato il contributo della Russia alla risoluzione della crisi occidentale e ha deciso di vendicarsi della Russia per l'aiuto che gli aveva fornito disinteressatamente. Inoltre, la Russia andrà per la sua strada, senza preoccuparsi del destino dell'Occidente, facendo affidamento su un'altra parte della sua eredità: la leadership nel processo globale di decolonizzazione.
Nell'ambito di questo processo, la Russia ha un alto potenziale di partnership e relazioni alleate con dei paesi che l'Occidente ha oppresso per secoli e che non metteranno più sul suo giogo. Senza il sacrificio russo e la lotta, questi paesi non sarebbero stati liberati. La denazificazione dell'Ucraina è allo stesso tempo la sua decolonizzazione, che la popolazione ucraina dovrà comprendere mentre comincia a liberarsi dall'ebbrezza, dalla tentazione e dalla dipendenza della cosiddetta scelta europea."


Alberto Pento
Caro Zaia
perché non proponi al Consiglio Regionale di deliberare che tutte le bandiere veneta, italiana ed europea,
nelle sedi istituzionali della Regione del Veneto e negli edifici pubblici di sua giurisdizione e negli edifici comunali veneti,
siano esposte a mezzasta, finché dura la criminale aggressione della Russia di Putin all'Ucraina?

Volete sapere con certezza dove sta veramente il nazismo tra l'Ucraina e la Russia, aldilà della propaganda delle parti?
Dovrebbe essere evidente a tutti, sta dalla parte con cui si sono schierati tutti i nazi fascisti d'Europa compresi gli internazi comunisti, sta nella Russia di Putin, altrimenti non si potrebbe spiegare come mai i nazi fascisti d'Europa non stiano con i presunti nazisti ucraini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:18 pm

Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 1. Nazionalismo ucraino e antisemitismo
Un’accusa comune contro gli ucraini è quella di onorare i loro primi leader nazionalisti che erano antisemiti, come Symon Petliura.

di Massimo Introvigne
04/06/2022

https://bitterwinter.org/nazisme-en-ukr ... semitisme/

Un argomento centrale della propaganda russa nell’attuale guerra ucraina è che l’Ucraina è sotto l’influenza decisiva dei “nazisti” e deve essere “denazificata”. Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, è ebreo, il che rende paradossale qualsiasi affermazione che egli sia a capo di un “governo nazista”. Tuttavia, i russi insistono sul fatto che i nazisti sono una parte significativa di coloro che combattono contro i separatisti filorussi nel Donbass, e che l’Ucraina continua a onorare figure che hanno collaborato con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Gli ucraini replicano che ci sono altrettanti nazisti, o forse di più, che combattono “per” i separatisti filorussi del Donbass e non contro di loro.

La storia è complicata, e raramente raccontata con tutti i dettagli necessari. Ho iniziato a interessarmi al rapporto tra ucraini anticomunisti e nazismo negli anni 1970, quando da studente universitario mi fu presentato il cardinale ucraino Josyf Slipyj (1892-1984), che viveva in esilio a Roma.

Tutti coloro che hanno conosciuto Slipyj non lo dimenticheranno mai. Aveva trascorso diciotto anni nei Gulag sovietici, e non a caso aveva opinioni molto forti sulla storia dell’Ucraina e dell’Unione Sovietica, alcune delle quali forse impediranno la sua canonizzazione da parte della Chiesa Cattolica, anche se il processo è stato avviato. Per i sovietici e diversi storici russi, Slipyj è stato solo un “collaborazionista nazista”.

Ho imparato da Slipyj come la maggior parte degli ucraini cattolici percepisce la propria storia. Successivamente, ho incontrato punti di vista diversi leggendo libri, visitando ripetutamente l’Ucraina, prima in epoca sovietica e poi post-sovietica, esplorando i musei storici, e facendomi degli amici lì, e infine vivendo per alcuni anni in Lituania, un paese la cui esperienza durante la Seconda guerra mondiale e in epoca sovietica non è stata identica all’Ucraina, ma ha alcune caratteristiche simili.

Come vedremo, i nazisti attivi in Ucraina nel 2022 non sono ucraini che hanno collaborato con il nazismo tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Con rare eccezioni, questi ultimi sono tutti morti. Il neonazismo moderno ha radici diverse. Tuttavia, per valutare le affermazioni russe sul “nazismo in Ucraina” dobbiamo partire dall’inizio, cioè dal nazionalismo ucraino e dalla Seconda guerra mondiale, che in realtà ci porta a esaminare anche la Prima guerra mondiale.

Non ho intenzione di discutere qui se l’Ucraina appartiene storicamente alla Russia, o forse, sulla base di precedenti più antichi, è la Russia che appartiene all’Ucraina. Per lo scopo di questa serie, è sufficiente notare che la causa di un’Ucraina indipendente divenne popolare tra intellettuali, scrittori e artisti nel XIX secolo, e fu abbracciata da una parte considerevole della popolazione ucraina.

La Prima guerra mondiale e la caduta dell’impero zarista sembrarono aprire una finestra di opportunità per questo progetto. Nel novembre 1917, un Parlamento si riunì a Kiev e proclamò l’indipendenza della Repubblica Popolare Ucraina. Una figura di spicco dell’Ucraina indipendente fu un ex seminarista ortodosso chiamato Symon Petliura (1879-1926).

È con Petliura che inizia il problema di separare i fatti dalla propaganda. Non c’è dubbio che durante il periodo tra il 1917 e il 1920, quando gli ucraini combattevano i bolscevichi per difendere la loro indipendenza, un numero orribile di pogrom fu perpetrato in Ucraina contro gli ebrei. Circa 40.000 ebrei furono uccisi.

L’antisemitismo era presente tra le truppe polacche, che partecipavano alla guerra in Ucraina, e anche tra i bolscevichi. Gli studiosi moderni hanno ricostruito diversi incidenti in cui gli ebrei furono uccisi da soldati polacchi e bolscevichi. Tuttavia, concordano sul fatto che per la maggior parte i pogrom furono eseguiti da truppe ucraine.

Più controverso è il ruolo di Petliura. Si possono trovare sue dichiarazioni antisemite, che erano purtroppo comuni negli ambienti ortodossi e cattolici del suo tempo. D’altra parte, egli firmò diversi proclami ordinando che i pogrom fossero fermati, e fece persino giustiziare alcuni che avevano ucciso degli ebrei. Sulla responsabilità personale di Petliura per i pogrom, rispettati storici accademici mantengono ancora oggi opinioni diverse.

Nel 1926, quando viveva in esilio a Parigi, Petliura fu assassinato dal poeta ebreo Sholem Schwarzbard (1886-1938). Nel 1927, dopo un processo che ottenne enorme attenzione, una giuria francese assolse Schwarzbard, credendo che avesse legittimamente vendicato i massacri di migliaia di ebrei.

Molti libri di testo ucraini oggi sostengono che Schwarzbard era un agente sovietico, che assassinò Petliura seguendo gli ordini di Mosca, anche se non offrono prove definitive. Quando la notizia dell’assassinio di Petliura raggiunse l’Ucraina, scoppiarono rivolte in tutte le principali città, che furono brutalmente represse dai sovietici, i quali, secondo la maggior parte degli ucraini, avevano organizzato l’omicidio.

Chiamare Petliura un nazista è certamente anacronistico, ma anche lui è diventato parte della controversia sulla storia. In Russia, Petliura è normalmente considerato un criminale di guerra. Anche se meno onorato di altri leader nazionalisti, Petliura ha strade intitolate a lui e monumenti in Ucraina, il che è citato dai russi come una delle prove che gli ucraini di oggi non sono pronti a ripudiare il loro passato antisemita.

D’altra parte, gli studiosi ucraini sia in Ucraina sia nella diaspora riconoscono i crimini perpetrati contro gli ebrei nel 1917-1920, e le vittime sono a loro volta onorate da monumenti e musei. È sulla responsabilità di Petliura che le controversie continuano. Mentre la filosofa tedesco-americana Hannah Arendt (1906-1975) ha paragonato Petliura ai nazisti, lo storico della Rutgers University Taras Hunczak, in un lavoro che non ha mancato di suscitare controversie ma è basato su documenti d’archivio inediti, ha concluso nel 2008 che “condannare Petliura per la tragedia che ha colpito l’ebraismo ucraino è condannare un innocente”.

Le conclusioni degli studiosi non sono ancora definitive, ma il fatto che gli ucraini moderni (a volte) onorano Petliura non è una prova che celebrino l’antisemitismo o il “nazismo”. Il leader nazionalista Stepan Bandera appartiene alla generazione successiva ed è un caso diverso, che esaminerò nel prossimo articolo di questa serie.



Bandera era un “nazista”? Un “collaborazionista”? O un temporaneo “alleato dei nazisti”? La risposta è importante.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 2. Stepan Bandera e la Germania nazista

Massimo Introvigne
3/22/2022

https://bitterwinter.org/nazisti-in-ucr ... a-nazista/

Il principale argomento usato dai russi per dimostrare che gli ucraini attuali hanno simpatie naziste sono gli onori ufficialmente tributati al leader nazionalista Stepan Bandera (1909-1959). La Russia di Putin ha ereditato dai sovietici l’uso di “banderista” come sinonimo di “nazista ucraino”. La storia, tuttavia, è un po’ più complicata.

In primo luogo, non c’è dubbio che Bandera è celebrato come un eroe nazionale in Ucraina. Ci sono letteralmente centinaia di monumenti, memoriali, musei e strade intitolate a lui. Solo il presidente filorusso Viktor Yanukovych ha cercato di invertire questa tendenza, e negare a Bandera alcuni degli onori che aveva ricevuto. Tuttavia, sarebbe falso affermare che Bandera non è un personaggio controverso nell’attuale Ucraina. Dopo che gli onori che l’Ucraina gli tributa sono stati criticati da organizzazioni ebraiche internazionali e dal Parlamento europeo, sondaggi hanno mostrato che nel 2021 solo un terzo degli ucraini aveva una visione totalmente positiva di Bandera.

Come spesso accade, la storia può essere raccontata da diverse angolazioni. Come abbiamo visto nel primo articolo di questa serie, gli ucraini approfittarono della caduta dell’impero zarista per proclamare la loro indipendenza, ma furono sconfitti dai bolscevichi che incorporarono l’Ucraina nell’Unione Sovietica. Ma i sovietici non avevano dimenticato con quanta tenacia gli ucraini avevano combattuto per la loro indipendenza. Anche gli ucraini non lo dimenticavano, e periodicamente scoppiavano delle rivolte.

Questo portò Stalin (1878-1953) a concepire ed eseguire uno dei suoi crimini più efferati. Nel 1932-33, organizzò una carestia artificiale in una vasta area dell’Ucraina, con le truppe sovietiche che impedivano agli ucraini di spostarsi altrove. Nella mente di Stalin, la carestia doveva sterminare i piccoli proprietari terrieri ucraini, la spina dorsale dell’opposizione antisovietica. L’Holodomor, l’olocausto ucraino per fame, uccise almeno tre milioni e mezzo di ucraini, ed è ora ampiamente, anche se non unanimemente, riconosciuto come un genocidio.

Chi vuole capire la storia dell’Ucraina dovrebbe sempre considerare gli orrori dell’Holodomor. Spero che un giorno sia di nuovo possibile per gli stranieri visitare il Museo Nazionale dell’Holodomor-Genocidio a Kiev. I filmati e le immagini di alcuni tra i milioni di bambini, donne e uomini che morirono di fame sono un’esperienza terribile e indimenticabile. Non si può nemmeno immaginare quanto debba essere stata devastante l’esperienza di coloro che sono sopravvissuti a malapena e hanno visto morire i loro cari.

Questo immenso crimine e tragedia spiega il profondo odio per i sovietici e Stalin che prevalse tra molti ucraini dopo il 1933, e le cui conseguenze si avvertono ancora oggi. Coloro che avevano assistito agli orrori dell’Holodomor erano pronti a collaborare con chiunque avesse promesso loro la liberazione dall’Unione Sovietica.

Gli esuli ucraini avevano fondato nel 1929 a Vienna l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN). Liti interne l’avevano divisa in due fazioni, guidate rispettivamente da Andriy Melnyk (1890-1964) e Stepan Bandera (1909-1959). Anche se Melnyk, un fervente cattolico, era un po’ più moderato, entrambi erano d’accordo che nella guerra mondiale che vedevano arrivare si sarebbero schierati con chiunque avesse combattuto Stalin.

Quando iniziò la Seconda guerra mondiale, sia Melnyk sia Bandera, che pure erano in competizione tra loro, incontrarono l’ammiraglio Wilhelm Canaris (1887-1945), allora capo dell’intelligence militare tedesca (Abwehr). Si accordarono per reclutare ucraini della diaspora per unità che avrebbero partecipato all’Operazione Barbarossa, l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica del 1941. La presenza di soldati ucraini e il sostegno dei più noti leader nella diaspora del nazionalismo ucraino persuase molti ucraini che l’Operazione Barbarossa avrebbe ripristinato la loro indipendenza.

Sulla scia dell’invasione tedesca, sia Bandera sia Melnyk proclamarono governi ucraini indipendenti concorrenti, con Bandera che celebrava più enfaticamente il nazismo e prometteva alleanza alla Germania nazista e al suo nuovo ordine europeo. Tuttavia, i nazionalisti ucraini furono rapidamente disillusi. I leader nazisti consideravano gli ucraini come parte di una razza inferiore e non avevano alcuna intenzione di concedere l’indipendenza all’Ucraina.

Alla fine, Bandera e Melnyk, che insistevano sull’indipendenza, furono entrambi arrestati e nel gennaio 1942 Bandera fu portato nel campo di concentramento di Sachsenhausen. I suoi due fratelli furono deportati ad Auschwitz, dove morirono nel 1942. Solo nel settembre 1944, quando una sconfitta tedesca sembrava probabile, Bandera fu liberato e gli fu permesso di tornare in Ucraina, nella speranza che i suoi partigiani potessero ritardare l’avanzata delle truppe sovietiche. In realtà, Bandera ricominciò a coltivare il suo sogno di indipendenza, e la sua guerriglia prese di mira sia i sovietici sia i tedeschi.

Dopo la guerra, Bandera fuggì in Occidente e visse in Germania, da dove ispirò ma non controllò una guerriglia “banderista”, che nelle foreste dell’Ucraina continuò a combattere i sovietici fino agli anni 1950. Fu assassinato a Monaco di Baviera nel 1959 dal KGB, che, come dimostrarono più tardi documenti e testimonianze, aveva ricevuto l’ordine di eliminare Bandera direttamente dal leader sovietico Nikita Khrushchev (1894-1971), il quale sperava di porre fine alla resistenza ucraina una volta per tutte.

Quando combattevano i partigiani nel 1950, i sovietici usavano “banderisti” e “collaborazionisti nazisti” come sinonimi. Come menzionato nell’articolo precedente, anche il cardinale Slipyj fu condannato come “collaborazionista nazista”, così come altri vescovi e preti cattolici. Pur preferendo la fazione di Melnyk, che rimase comunque una minoranza tra gli ucraini antisovietici, Slipyj e la Chiesa Cattolica alla fine appoggiarono Bandera.

Bandera era più un “alleato dei nazisti” che un “collaborazionista” nel senso più usuale del termine. Credeva, erroneamente, che i nazisti lo avrebbero aiutato a restaurare l’indipendenza dell’Ucraina. Certamente i nazisti non lo consideravano un nazista. Dopo aver usato Bandera per i loro scopi, lo deportarono in un campo di concentramento, come fecero con i suoi fratelli, che vi morirono.

Mentre Bandera era detenuto in Germania, migliaia di “banderisti” combatterono con la Wehrmacht fino alla fine, anche se altri andarono nei boschi a lottare sia contro i tedeschi sia contro i sovietici. Ci furono collaborazionisti ucraini che si arruolarono nelle SS e divennero anche guardie nei campi di concentramento, ma non facevano parte del movimento di Bandera, e anzi Bandera li sconfessò.

Pur non essendo ideologicamente un nazista, Bandera era antisemita, anche se – come parte delle inestricabili contraddizioni di quei tempi – alcuni membri di spicco del suo partito erano di origine ebraica o avevano sposato donne ebree, e in una fase fu accusato dai nazisti di aver salvato alcuni ebrei consegnando loro passaporti falsi.

Tuttavia, Bandera credeva che una componente ebraica fosse prominente nel comunismo russo e ucraino, e la sua incendiaria retorica antiebraica ebbe un ruolo nei pogrom che seguirono l’invasione tedesca del 1941 e nella partecipazione di ucraini, alcuni dei quali membri del suo partito, a gravissime atrocità naziste contro gli ebrei.

Come ho riferito nell’articolo precedente, ho incontrato più di una volta il cardinale Slipyj alla fine degli anni 1970 a Roma. Non aveva alcuna simpatia per il nazismo, ma non condivideva l’opinione prevalente in Occidente che il regime sovietico fosse in qualche modo meno criminale di quello nazista, né era disposto a condannare quegli ucraini che si erano schierati con la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale considerandola come il minore di due mali. Slipyj è una figura complessa, ma la mia impressione è che gli mancassero gli strumenti culturali per percepire pienamente la dimensione intrinsecamente perversa del nazismo, e fosse anche amareggiato perché l’Occidente gli sembrava impreparato o non disposto a riconoscere l’enormità dell’Holodomor.

Per quanto riguarda gli ucraini di oggi, i sondaggi che mostrano diverse opinioni su Bandera confermano che la maggior parte di loro è disposta ad affrontare il proprio passato e ad ammettere la natura perversa della collaborazione con il nazismo, così come denuncia la natura perversa della collaborazione con il comunismo sovietico.

Tuttavia, proprio come accade in Lituania, dove alcuni di coloro che sono onorati come combattenti per la libertà contro i sovietici hanno anche un imbarazzante passato antisemita o filonazista, questa purificazione della memoria storica è qualcosa cui gli ucraini non possono che arrivare da soli. Le pressioni e le manipolazioni da parte dei russi, che ripetono i vecchi slogan propagandistici secondo cui tutti coloro che erano contro i sovietici erano “banderisti”, e tutti i “banderisti” erano “nazisti”, non fanno che perpetuare negli ucraini un atteggiamento difensivo rispetto al loro passato.



Come in altri paesi, il neonazismo esisteva, ma era un fenomeno minore prima del 2014, sebbene fosse responsabile di alcuni gravi crimini.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 3. Neonazisti nell’Ucraina indipendente

Massimo Introvigne
3/23/2022

https://bitterwinter.org/nazisti-in-ucr ... n-ucraina/

L’Ucraina è diventata indipendente nel 1991. A quel punto, pochi di coloro che erano stati coinvolti in modo significativo nell’occupazione tedesca nazista dell’Ucraina erano ancora vivi. Molti erano stati giustiziati in epoca sovietica; altri erano fuggiti all’estero o erano morti di vecchiaia. Tuttavia, piccoli gruppi neonazisti emersero, come nella maggior parte dei Paesi europei, tra giovani che non avevano conosciuto di persona il nazismo tedesco.

Nel 2011 sono stato il Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta contro il razzismo, la xenofobia, e l’intolleranza e discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni. Una delle attività dell’OSCE sono le “visite ai Paesi”, cioè le ispezioni agli Stati partecipanti per valutare la situazione dei diritti umani. Ho collaborato con i Rappresentanti dell’OSCE per la lotta all’antisemitismo e per la lotta all’islamofobia in una di queste visite, in Ucraina.

Uno dei principali problemi che abbiamo discusso è stata la presenza di attivisti neonazisti. Ho partecipato a riunioni con ONG che rappresentano le vittime dei nazisti, avvocati, agenti di polizia, politici e giudici. È emerso che i nazisti erano effettivamente attivi in Ucraina, come in altri Paesi. Anche se valutati solo in alcune migliaia, avevano commesso gravi crimini, compresi alcuni omicidi. I loro bersagli erano soprattutto la minoranza rom, alcuni membri della quale erano stati uccisi, immigrati e studenti stranieri africani, nonché ebrei e musulmani.

In queste riunioni fu espressa preoccupazione per possibili violenze naziste legate a Euro 2012, il campionato europeo di calcio che sarebbe stato presto co-organizzato da Polonia e Ucraina. In effetti, come abbiamo accertato durante la nostra visita del 2011 e una celebre inchiesta giornalistica ha poi confermato nel 2012, diversi nazisti sono reclutati tra le frange violente dei tifosi di uno specifico club di calcio, lo Shakhtar Donetsk.

Lo Shakhtar è uno dei due club di calcio ucraini che possono essere considerati potenze europee. I suoi tifosi violenti si sono scontrati spesso con i sostenitori dell’altro club di calcio di livello europeo in Ucraina, la Dinamo Kiev, che da un lato sono considerati più di sinistra e inclini a celebrare il passato sovietico (il periodo in cui la Dinamo ha ottenuto i suoi successi più memorabili), e dall’altro hanno una frangia di destra rivale che utilizza simboli del Ku Klux Klan e dei Confederati nella guerra civile americana. Come italiano questa situazione non mi ha stupito, visto che anche nel nostro Paese ci sono connessioni tra il neonazismo e le frange più estreme del tifo calcistico.

Lo Shakhtar Donetsk era, come indica il suo nome, un club della città di Donetsk, nella regione del Donbass, anche se dopo la guerra del 2014 ha dovuto trasferirsi a Lviv. Il 75% degli abitanti di Donetsk parla russo. Quando ho discusso il problema del neonazismo nel 2011, gli ucraini di lingua russa non sono stati menzionati tra le sue vittime. In realtà, molti neonazisti erano essi stessi russofoni.

Come in altri paesi, in Ucraina c’erano partiti di estrema destra, che a volte cercavano di arruolare i tifosi di calcio nazisti, ma a giudicare dalle loro performance elettorali non erano molto significativi. Nelle elezioni presidenziali del 2010 il candidato di estrema destra, Oleh Tiahnybok, aveva raccolto solo l’1,43% dei voti.

Il più antico partito di destra fu formato subito dopo l’indipendenza ucraina con il pretenzioso nome di Assemblea Nazionale Ucraina (UNA). Rimase un’organizzazione relativamente piccola, con lo 0,51% dei voti nelle elezioni parlamentari del 1994 (e un seggio, più due ottenuti da membri che correvano come candidati indipendenti), ma riuscì a creare un’ala paramilitare chiamata UNSO (Autodifesa Nazionale Ucraina).

Mentre la UNSO diventava famosa in Ucraina per le violenze contro gli oppositori politici, inviava anche volontari all’estero. Nel conflitto in Transnistria, la UNSO si schierò con i separatisti filorussi contro l’esercito moldavo. Tuttavia, nel successivo conflitto in Abkhazia i combattenti dell’UNSO si sono schierati con l’esercito georgiano contro i separatisti filorussi e nel 2013-14 hanno sostenuto l’Euromaidan. UNA e UNSO hanno proclamato la loro fede nell’autodeterminazione dei popoli, ma l’hanno interpretata come hanno ritenuto opportuno.

Un movimento di destra più ampio fu fondato nel 1991 come Partito Social-Nazionale dell’Ucraina (SNPU), e riorganizzato nel 2004 come Svoboda (Libertà), con Tiahnybok come leader. Ha avuto un exploit elettorale nel 2012, con più del 10% dei voti, ma da allora ha perso suffragi. Nei suoi anni come SNPU, il partito aveva adottato simboli nazisti, ed era stato spesso denunciato come razzista e antisemita.

Nel 2004 Tiahnybok aveva promesso di liberarsi dei neonazisti, ma non aveva convinto tutti di averlo fatto davvero. Svoboda ha partecipato alle proteste di Euromaidan del 2013-14 che hanno portato alla cacciata del presidente filorusso Viktor Yanukovych e al successivo governo post-rivoluzionario. Tuttavia, dalle elezioni del settembre 2014 non è più riuscito a ottenere seggi nel Parlamento nazionale.

Altri piccoli gruppi di destra hanno anche loro partecipato all’Euromaidan, dove tuttavia né loro né Svoboda rappresentavano la maggioranza dei manifestanti. Questi piccoli gruppi hanno formato un’organizzazione ombrello chiamata Pravyi Sektor (Settore Destro), il cui leader Dmytro Yarosh ha acquisito una certa fama durante l’Euromaidan.

Il Settore Destro comprendeva diverse organizzazioni, alcune delle quali naziste e antisemite, e alcune connesse con il crimine organizzato. Prendendo le distanze da questi gruppi, Yarosh ha lasciato il Settore Destro nel 2015, e successivamente è stato eletto al Parlamento come candidato indipendente. Il Settore Destro ha sperimentato un notevole declino dopo il 2015, anche se il suo nome è spesso usato dai media russi per sostenere che i “nazisti” hanno una presenza prominente nella politica ucraina.

Quando nel 2004 Tiahnybok ha cercato di convertire l’SNPU in un partito di destra “rispettabile”, Svoboda, ha sciolto il suo ramo paramilitare, chiamato Patrioti dell’Ucraina. Il loro leader, un giovane nato nel 1979 chiamato Andriy Bilets’kyy, non ha accettato la decisione e ha continuato un’attività paramilitare indipendente da Svoboda. I suoi seguaci sono stati accusati di diverse attività criminali, anche se non è mai stato del tutto chiaro se le accuse fossero vere o create ad arte per reprimere un movimento ostile al governo. Bilets’kyy è all’origine del Battaglione Azov, che esploreremo in un successivo articolo.


Nel 2004 è emerso un nuovo gruppo nazista. È stato prontamente denunciato dalla Russia. Ma era stato creato da agenti del Cremlino.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 4. Il caso Kovalenko: uno pseudo-nazismo creato dai russi

Massimo Introvigne
3/24/2022

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C’è una guerra di propaganda intorno al neonazismo in Ucraina, ed è una guerra in cui i servizi segreti svolgono i loro soliti ruoli. Non molti fuori dell’Ucraina conoscono la storia di Eduard Kovalenko, ma è una perfetta illustrazione di come la disinformazione russa lavora su questo tema.

Eduard Vladimirovich Kovalenko è nato nel 1965 a Henichesk, una città portuale nell’Oblast di Kherson, nell’Ucraina meridionale. Si presenta come “imprenditore” e presidente del partito politico Assemblea Social-Patriottica degli Slavi (SPAS), che esiste soprattutto online (e ha ancora un sito web: in russo).

Nel secondo turno delle elezioni presidenziali ucraine del 2004, il candidato filorusso Viktor Yanukovych, che allora era il primo ministro del Paese, è stato dichiarato vincitore. I risultati elettorali sono stati respinti da diversi governi stranieri e organizzazioni internazionali, che li hanno considerati inattendibili e il risultato di brogli. Molti ucraini sono scesi in piazza in quella che è stata chiamata la Rivoluzione arancione. Alla fine, la Corte Suprema ha annullato le elezioni e, quando sono state ripetute, Yanukovych le ha perse contro il candidato dell’opposizione Viktor Yushchenko e ha dovuto dimettersi anche da primo ministro.

La Rivoluzione arancione del 2004 non deve essere confusa con le proteste di Euromaidan del 2014, che hanno portato alla rimozione di Yanukovych dalla presidenza che aveva ottenuto nel 2010, anche se gli eventi del 2004 e del 2014 sono stati entrambi ispirati da sentimenti pro-europei e dalla diffidenza verso la Russia.

Come di consueto, la Russia ha presentato questa diffidenza come un segno di “nazismo”. L’idea che il “nazismo” fosse una forza preponderante nella politica ucraina diventerà un tema chiave della propaganda a sostegno delle invasioni russe del 2014 e del 2022, ma aveva già un ruolo nella critica della Rivoluzione arancione del 2004, come evidenziato dal caso Kovalenko.

Al contrario dello pseudo-partito di Kovalenko, come menzionato nel nostro precedente articolo, l’Assemblea Nazionale Ucraina (UNA) era una vera organizzazione di destra, anche se non ha mai raggiunto grandi dimensioni. Durante i giorni di tensione del confronto del 2004 tra Yanukovych e Yushchenko, i media ucraini e internazionali hanno iniziato a ricevere comunicati stampa pro-Yushchenko firmati da Kovalenko come “presidente dell’Assemblea Nazionale Ucraina (UNA)”.

Che cosa fosse questa organizzazione non era immediatamente chiaro. Andriy Shkil, allora leader della “vera” UNA, si affrettò a dichiarare di non aver mai sentito nominare Kovalenko. Secondo Anton Shekhovtsov, un importante studioso dei movimenti di estrema destra in Ucraina e Russia, Kovalenko “dichiarò che lui e il suo partito avrebbero tenuto una marcia a sostegno di Yushchenko come candidato presidenziale.

L’ufficio di Yushchenko rispose immediatamente che non aveva bisogno di quel sostegno, e fece del suo meglio per prendere le distanze dalla sordida iniziativa di Kovalenko. Eppure, l’ufficio di Yushchenko non poteva ostacolare quella marcia e, il 26 giugno 2004, Kovalenko marciò”. “Alla riunione che si tenne dopo la marcia, Kovalenko dichiarò: ‘Noi, come partito nazionalista di destra, sosteniamo l’unico candidato delle forze di destra: Viktor Yushchenko. Una sola Ucraina, una sola nazione, un solo popolo, un solo Presidente!’ E si esibì in un saluto a Hitler”.

Shekhovtsov ha concluso che “il compito di Kovalenko era semplice: dando sostegno a Yushchenko sotto le bandiere naziste, ci si aspettava che screditasse il candidato democratico agli occhi degli osservatori occidentali. Fortunatamente per Yushchenko, tuttavia, i media occidentali in gran parte non hanno creduto a questa montatura e l’hanno ignorata. Ma alcune organizzazioni occidentali ci sono cascate”. Infatti, alcuni gruppi occidentali “antifascisti” hanno preso per buona la propaganda russa, e per anni l’hanno usata come prova che la Rivoluzione arancione era stata sostenuta, se non organizzata, dai “nazisti”.

Secondo Shekhovtsov, Kovalenko aveva agito su istruzioni di Viktor Medvedchuk, all’epoca capo dell’amministrazione presidenziale del presidente ucraino Leonid Kučma. Medvedchuk è un amico così stretto di Putin che il presidente russo è il padrino di sua figlia. Altre fonti sostengono che Kovalenko riceveva le sue istruzioni direttamente dai servizi segreti russi.

Che Kovalenko fosse un agente russo è stato confermato dalla Russia nel dicembre 2019 quando, dopo un incontro tra Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, è stato organizzato uno scambio di prigionieri tra l’Ucraina e le pseudo-repubbliche di Donetsk e Lugansk, che di fatto agivano come mandatarie della Russia. Nella lista dei prigionieri che volevano liberare, i russi hanno incluso Kovalenko, che era stato condannato nel 2017 a una pena di cinque anni di carcere.

Come spiegato dal popolare giornalista ucraino Denis Kazanskyi, la Russia ha così rivendicato la sua “brillante” mossa di intelligence. “I russi assumono un tizio in Ucraina per marciare sotto striscioni delle SS, fare saluti ‘Sieg Heil’ e fomentare l’odio interetnico, e poi lo denunciano e gridano ‘Guardate, il nazismo ucraino!’ E ora dicono: ‘Bene, OK, è andata così, questo era un nostro uomo e ce lo riprendiamo’”.

Ma perché Kovalenko era in prigione? Dopo essersi presentato come nazista ucraino nel 2004, quando è scoppiata la guerra nel Donbass nel 2014, è riemerso come “pacifista” incitando gli ucraini a rifiutare di essere arruolati nell’esercito e a combattere contro i separatisti filorussi. Aveva anche cercato, ovviamente seguendo le istruzioni dei suoi padroni russi, di eccitare sentimenti separatisti tra la minoranza di lingua bulgara in Ucraina.

A proposito, Kovalenko non è rimasto tranquillo dopo che è stato liberato nell’ambito dell’accordo di scambio tra prigionieri del 2019. Nel 2021, è stato catturato a Kherson da agenti dell’intelligence ucraina che lo hanno arrestato di nuovo come agente russo.

Il caso Kovalenko può apparire come un incidente minore. Ma è importante mostrare che a volte (non sempre, certo) i “nazisti” ucraini sono in realtà agenti provocatori russi, che fingono di sostenere la causa ucraina solo per essere ripresi con i loro simboli nazisti dai media russi e usati come “prova” che coloro che si oppongono alla Russia in Ucraina sono nazisti. Un aspetto che è bene tenere a mente nella guerra attuale.



Secondo il suo più importante studioso accademico occidentale, il battaglione “non è nazista” ma include alcuni nazisti tra i suoi fondatori e combattenti.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 5. Arriva il Battaglione Azov

Massimo Introvigne
3/25/2022

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Chi ha sentito parlare di nazisti in Ucraina conosce certamente il nome del Battaglione Azov, che è presentato spesso dalla propaganda russa e filorussa come la dimostrazione decisiva che il governo ucraino promuove il nazismo.

Il Battaglione Azov esiste davvero, e ha una storia interessante. Nei nostri articoli precedenti, abbiamo incontrato un’organizzazione chiamata SNPU, il Partito Social-Nazionale dell’Ucraina, che ha usato alcuni simboli nazisti, ed è stato riorganizzato nel 2004 come un “rispettabile” partito di destra, Svoboda, che ha promesso di eliminare i collegamenti nazisti. Come parte di questa “pulizia”, Svoboda ha sciolto i Patrioti dell’Ucraina, l’ala paramilitare del SNPU.

Abbiamo anche incontrato Andriy Bilets’kyy, un giovane leader dei Patrioti dell’Ucraina che non apprezzava le riforme del 2004 e ha continuato i Patrioti come organizzazione indipendente da Svoboda. Nel 2008, con altri piccoli gruppi, i Patrioti hanno organizzato un gruppo ombrello chiamato Assemblea Nazionale Sociale (SNA).

Come ha notato il principale studioso accademico del Battaglione Azov, Andreas Umland, le attività di Bilets’kyy e dei Patrioti prima del 2014 sono poco studiate e controverse. Vyacheslav Likhachev, un noto investigatore dell’antisemitismo post-sovietico, nel 2014 ha messo insieme dichiarazioni di Bilets’kyy che risalgono a questi anni ed esprimono una posizione razzista che invita ad azioni violente contro gli immigrati e altri “nemici della razza bianca”. Bilets’kyy nel 2015 ha sostenuto che le dichiarazioni sono false e sono state fabbricate dalla propaganda russa. Umland tende a credere che la maggior parte delle dichiarazioni siano vere, e che nel 2015 Bilets’kyy stesse cercando di “nascondere la sua biografia politica pre-Euromaidan”.

Anche nel decennio che ha portato all’Euromaidan, Bilets’kyy è stato coinvolto in azioni violente contro oppositori e immigrati, nelle quali ha collaborato con Bratsvo (Fratellanza), un gruppo di estrema destra cristiana che nel 2004 non aveva sostenuto la Rivoluzione arancione e aveva pubblicamente espresso la sua simpatia per Putin.

Il fondatore di Bratsvo, Dmytro Korshyns’kyy, oltre ad essere stato (prima del 2014) un frequente partecipante ai raduni eurasiatisti di Aleksandr Dugin in Russia, proveniva dall’Assemblea Nazionale Ucraina (UNA), un gruppo di cui abbiamo parlato nei nostri precedenti articoli, così come Ihor Mosiychuk, un altro amico di Bilets’kyy. Mosiychuk aveva la sua piccola fazione di destra, ed era stato arrestato come parte dei cosiddetti “terroristi di Vasylkiv”, un gruppo che aveva cospirato per far saltare in aria una statua di Lenin nella città ucraina di Boryspil.

Per accuse probabilmente in parte reali e in parte inventate, Bilets’kyy era finito anche lui in prigione, ma era stato rilasciato insieme ad altri “prigionieri politici”, tra cui Mosiychuk, durante l’Euromaidan, sulla base di una legge introdotta dal politico populista Oleh Liashko, un ex giornalista il cui Partito Radicale è nazionalista ma non particolarmente di destra, anzi sostiene posizioni economiche normalmente considerate di sinistra. Nella primavera del 2014, Bilets’kyy e una trentina di altri prigionieri di estrema destra liberati hanno iniziato a riunirsi nell’edificio del vecchio hotel Kozats’kiy a Kiev, e hanno anche aperto una “filiale” a Kharkiv.

A marzo, la filiale è stata assalita dai separatisti, e il 14 marzo gli uomini di Bilets’kyy hanno ucciso due separatisti a Kharkiv. Sono state le prime vittime filorusse dei nazionalisti di destra, e come scrive Likhachev, sono state usate dalla propaganda russa come “l’unica base vagamente reale per creare l’immagine di una minaccia da parte dei nuovi ‘sicari di Bandera’”.

La polizia di Kharkiv, d’altra parte, non aveva una visione negativa del gruppo di Bilets’kyy. Nell’aprile 2014, lo ringraziava per la sua assistenza nel pattugliamento della città e nella repressione delle attività filorusse e separatiste. Poiché la Russia aveva infiltrato nel territorio ucraino soldati mascherati in uniformi verdi senza contrassegni che erano chiamati “piccoli uomini verdi”, i Patrioti di Bilets’kyy si facevano chiamare “piccoli uomini neri”. Usavano anche il nome di “Settore Destro dell’Est”.

Nel maggio 2014, circa ottanta attivisti del gruppo collegato a Bilets’kyy che si riuniva presso l’Hotel Kozats’kiy di Kiev sono andati a Berdiansk, una città portuale sul Mar d’Azov, per allenarsi in un poligono di tiro locale. Questo episodio è legato alla data ufficiale di fondazione del Battaglione Azov, il 5 maggio 2014, anche se in realtà potrebbe essere stato fondato qualche settimana prima. La spina dorsale del Battaglione era costituita dai Patrioti di Bilets’kyy, ma c’erano anche membri di Bratsvo e del gruppo di Mosiychuk, e Azov aveva la benedizione e il sostegno economico di Liashko, il quale credeva che essere collegato a volontari antirussi avrebbe pagato un dividendo elettorale.

Anche prima della data di fondazione ufficiale del 5 maggio, il Battaglione Azov aveva cominciato a marciare verso la città di Mariupol, dove i separatisti filorussi avevano preso diversi edifici governativi. Li espulse dopo una sanguinosa battaglia, che rese “Battaglione Azov” un nome familiare in Ucraina.

La maggior parte degli ucraini erano grati al Battaglione per le sue gesta a Mariupol, e sorvolavano sulle origini di estrema destra dei fondatori. Queste origini hanno peraltro lasciato una traccia visiva, poiché il Battaglione Azov ha adottato come simbolo il logo del vecchio partito SNPU, che era stato usato anche dai Patrioti dell’Ucraina e dallo SNA. Esso presenta una lettera I parzialmente coperta da una lettera N, il cui significato dichiarato è “Idea di una nazione”. Il logo non è identico, ma è una sorta di immagine speculare, del Wolfsangel (uncino del lupo), un vecchio simbolo tedesco che esisteva prima del nazismo, ma è stato adottato sia da alcune divisioni delle SS sia da successivi movimenti neonazisti in tutta Europa.

Il simbolo evidenziava anche una differenza significativa tra il Battaglione Azov, o una parte dei suoi primi membri, e il vecchio nazionalismo ucraino associato al nome di Bandera. Mentre Bandera e i suoi seguaci, molti dei quali cattolici dell’Ucraina occidentale, si presentavano come difensori del cristianesimo, alcuni dei primi membri di Azov erano neopagani e sognavano di ripristinare una religione ucraina precristiana, in parallelo con idee diffuse tra estremisti di destra in altri paesi.

I numeri originali del Battaglione Azov non devono essere esagerati. Nell’estate del 2014, aveva tra i 400 e i 450 membri. È stato per il suo coraggio a Mariupol che è stato incorporato dal governo nella Guardia Nazionale e i suoi membri sono cresciuti a 800, e più tardi forse a 2.500. I suoi leader hanno cercato di capitalizzare la fama acquisita in battaglia, e nel 2014 sia Bilets’kyy, come candidato indipendente, sia Mosiychuk, nella lista del Partito Radicale di Liashko, sono stati eletti in Parlamento.

C’è stato anche un tentativo di convertire il popolare nome del Battaglione Azov in un marchio politico creando il partito Corpo Nazionale, che ha raccolto circa 20.000 membri e simpatizzanti in tutta l’Ucraina e ha creato o sponsorizzato vari gruppi di difesa civile, tra cui uno chiamato Centuria, che attacca politici e organizzazioni filorusse. Il successo è stato, tuttavia, limitato. Nelle elezioni del 2019, i partiti ucraini di destra, tra cui il Corpo Nazionale e Svoboda, hanno formato una lista unificata nella speranza di superare la barriera del 5% per entrare in Parlamento, ma hanno raccolto solo il 2,15% dei voti.

Il Battaglione Azov oggi fa parte dell’esercito ucraino come reggimento. Questo fatto è usato dalla propaganda russa per sostenere che dei “nazisti” combattono per l’Ucraina, un’affermazione acriticamente accettata da molti media occidentali. Sia prima sia dopo l’inizio della guerra del 2022 Umland, che è il più importante studioso che ha studiato il Battaglione Azov, è stato intervistato da diversi media. Insiste che il Battaglione Azov (ora Reggimento Azov) “non è nazista”, mentre “alcuni dei suoi fondatori e membri lo sono”.

Umland ha spiegato più volte che, da un lato, Bilets’kyy e altri il cui ruolo è stato cruciale nella fondazione del Battaglione Azov hanno avuto una “preistoria” in ambienti razzisti e neonazisti. Tuttavia, non rivendicano questa eredità ma cercano di nasconderla. Umland ha scritto che Bilets’kyy e altri “sono emersi come politici nazionali nonostante piuttosto che a causa delle loro vecchie opinioni e azioni ultranazionaliste”. Certamente, il logo del Battaglione Azov, ancora usato nel Reggimento Azov, è una reminiscenza del loro passato estremista, ma non è percepito come tale dalla maggior parte degli ucraini.

Le stesse considerazioni, sostengono Umland e altri studiosi, valgono per coloro che si sono arruolati nel Battaglione Azov dopo gli eventi originari del 2014. Nella maggior parte, nei termini di Umland, sono “patrioti militanti” piuttosto che “estremisti di destra”. Molti ucraini oggi percepiscono l’Azov solo come un reggimento d’élite, e non conoscerebbero neppure le sue origini se non fosse per la propaganda russa. È vero, ci sono nazisti all’interno del Battaglione (oggi Regimento) Azov, anche tra i combattenti stranieri che sono venuti ad arruolarsi dall’estero. Sono una minoranza ma, come ha dichiarato Umland, sono gli unici a essere intervistati da certi corrispondenti stranieri, che li presentano erroneamente come “tipici” soldati del reggimento.



Ogni analisi del neonazismo in Ucraina dovrebbe considerare che ci sono nazisti che combattono nel campo filorusso, e sono forse di più che dall’altra parte.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 6. Combattenti nazisti filorussi nella guerra ucr
aina
Massimo Introvigne
3/28/2022

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Putin ha ripetutamente indicato che la “denazificazione” dell’Ucraina è uno degli obiettivi della sua guerra. Ci si può chiedere tuttavia se, prima di denazificare altri Paesi, Putin non dovrebbe mettere ordine in casa propria. Il neonazismo non è un fenomeno peculiare dell’Ucraina. Esiste in tutti i Paesi europei, e la Russia non fa eccezione.

Nel 2015, un rapporto del Center for Ethnicity and Racism Studies (CERS) dell’Università di Leeds ha dipinto un quadro piuttosto fosco del neonazismo in Russia. “Svastiche e slogan ‘La Russia ai russi’, ‘Gloria a Hitler’ e ‘SS’” sono stati dipinti su strutture ebraiche. “Più di 800 siti web estremisti danno spazio a leader di organizzazioni neonaziste e di estrema destra”. Persino un “concorso Miss Hitler si svolge tra donne naziste russe e ucraine per determinare chi è la più bella donna antisemita”.

Anche se i suoi leader lo hanno negato, le tendenze naziste erano evidenti all’interno del partito politico Unità Nazionale Russa (RNU), che è stato bandito a Mosca nel 1999, ma ha continuato come Partito Nazional-Socialista Russo e anche con il vecchio nome RNU fuori da Mosca.

Come abbiamo notato per l’Ucraina, anche in Russia i neonazisti reclutano tra i tifosi di calcio. Il CERS ha riferito che “la minaccia dei neonazisti non è svanita dalla Russia ed è evidente che molti fanno parte di gruppi di tifosi di calcio violenti”. Il rapporto ha segnalato in particolare i sostenitori dello Spartak Mosca, i cui tifosi violenti “si uniscono ai neonazisti in manifestazioni di violenza razzista e attacchi agli oppositori ideologici”. “È evidente, ha concluso il rapporto, che la Russia ha un grave problema di neonazismo”.

Sarebbe falso affermare che le autorità russe non hanno agito contro i neonazisti. Coloro che hanno commesso crimini, compresi gli omicidi di cittadini e immigrati non bianchi o non slavi, sono stati arrestati e perseguiti. Per esempio, nel 2011, cinque membri di un gruppo particolarmente feroce, la Società Nazionalsocialista del Nord, sono stati condannati all’ergastolo per diversi omicidi.

Allo stesso tempo, studiosi rispettabili considerano credibile che l’FSB, la principale agenzia di intelligence russa e l’erede del KGB sovietico, abbia infiltrato e usi i neonazisti per i propri scopi. Ho citato nel precedente articolo di questa serie gli studi di Vyacheslav Likhachev. Nel 2016, ha pubblicato uno studio sulle attività di estrema destra e neonaziste in Ucraina. Ha concluso che nel 2014 nel Donbass i gruppi neonazisti probabilmente “cooperavano strettamente con i servizi segreti russi e sono stati usati fin dall’inizio per innescare il conflitto”. Il fondatore e leader del partito RNU Alexander Barkashov ha visitato il Donbass nel febbraio-marzo 2014 e vi ha creato una filiale dell’RNU.

Il primo “Governatore del popolo” della pseudo “Repubblica Popolare di Donetsk”, Pabel Gubarev, era tra i membri dell’RNU a Donetsk. Quando fotografie di Gubarev con l’emblema della RNU con la svastica sono state pubblicate da dissidenti russi, il “Governatore del popolo” è stato prima difeso dalla Russia, ma poi messo in disparte.

Likhachev nota anche il ruolo dell’RNU nell’orchestrare il “referendum” sull’“indipendenza” della “Repubblica Popolare di Donetsk” nel 2014. “Nel maggio 2014, scrive, A. Barkashov ha anche istruito gli attivisti locali … su come e quando avrebbero dovuto svolgere un ‘referendum sull’indipendenza’ (le istruzioni del leader dell’RNU sono state seguite alla lettera)”.

Mentre, dopo i problemi con Gubarev, tra le milizie collegate all’RNU nel Donbass, che includono sia cittadini ucraini sia volontari russi, il simbolo con la svastica è stato sostituito da uno senza svastica, altri emblemi con riferimenti sospetti sono rimasti. Likhachev scrive che “la svastica rotonda a otto punte – ‘kolovrat’ (una svastica neopagana) è apparsa sui distintivi delle unità di sabotaggio-ricognizione neonaziste ‘Rusich’ e ‘Ratibor’ all’interno del gruppo di risposta rapida ‘Batman’, e del battaglione ‘Svarozhichi’ all’interno della brigata ‘Oplot’”.

Nell’altro pseudo-stato filorusso del Donbass, la Repubblica Popolare di Lugansk, sono stati consegnati ai volontari certificati con il numero-slogan 1488. Come spiega Likhachev, “1488” è usato dai neonazisti a livello internazionale. “‘14’ sta per ‘14 parole’, uno slogan suprematista bianco inventato dal [neonazista americano] David Lane [1938-2007] e ‘88’ sta per ‘Heil Hitler’ perché la ‘h’ è l’ottava lettera dell’alfabeto latino”.

Come menzionato in un precedente articolo, Likhachev ha avuto un ruolo chiave nel portare alla luce il passato neonazista dei fondatori del Battaglione Azov, che combatte contro i russi, ed è stato coinvolto in una controversia con il suo principale leader Andriy Bilets’kyy, che ha persino accusato lo studioso di basarsi su documenti falsi. Tuttavia, studiando la presenza di neonazisti sia nel campo antirusso sia in quello filorusso in Ucraina, Likhachev ha concluso che “nel complesso, i membri dei gruppi di estrema destra hanno giocato un ruolo molto più importante dal lato russo del conflitto che da quello ucraino”.

Likhachev ha pubblicato il suo studio nel 2016, e ha fatto riferimento alla guerra iniziata nel 2014, ma la maggior parte dei gruppi neonazisti che combattono per i russi che ha citato sono ancora attivi nel 2022. Lo studioso ha anche scoperto che le attività neonaziste filorusse “sul territorio ucraino sono coordinate con i servizi segreti russi”.

La propaganda russa a volte sottolinea il fatto che noti neonazisti russi si sono trasferiti in Ucraina e vi si sono stabiliti. Questo non è falso, e in effetti alcuni neonazisti russi che erano diventati cittadini ucraini hanno combattuto con il Battaglione Azov fin dai suoi primi giorni.

D’altra parte, sia Likhachev sia Taras Tarasiuk e Andreas Umland (uno studioso che ho già citato in un precedente articolo) riferiscono che alcuni neonazisti russi che si erano trasferiti in Ucraina, in particolare quelli legati al partito RNU, alla fine hanno combattuto nel Donbass con i separatisti filorussi. Uno di loro, Anton Raevsky, ha cercato di organizzare un’insurrezione filorussa a Odessa. Ci si può chiedere se fossero “fuggiti” in Ucraina o non fossero piuttosto stati infiltrati nel Paese dall’intelligence russa.

Alcuni casi rimangono difficili da valutare, tra cui quello di Sergey Arkadyevich Korotkykh, che è nato a Togliatti, in Russia (una città che conserva ancora oggi il nome del leader comunista italiano Palmiro Togliatti, 1893-1964) nel 1974, ma dopo la caduta dell’Unione Sovietica è diventato cittadino della Bielorussia. Si è segnalato come uno dei principali neonazisti bielorussi, ha partecipato a diverse attività naziste in Russia, e nella primavera del 2014 si è trasferito in Ucraina, giusto in tempo per arruolarsi nell’allora appena formato battaglione antirusso Azov, dove alla fine è diventato un comandante; gli è pure stata concessa la cittadinanza ucraina.

Nel 2020, la ONG ucraina Istituto di Politica Nazionale ha pubblicato un rapporto molto dettagliato, basato, secondo Tarasiuk e Umland, su “ricerche notevoli”, la cui conclusione è che Korotkykh ha sempre lavorato per i servizi segreti russi e bielorussi. Tuttavia, nessuna azione è stata intrapresa in Ucraina contro Korotkykh. Il 4 marzo 2022, Korotkykh ha rilasciato un’intervista a un giornalista italiano in un hotel di Kiev, sventolando una bandiera del Battaglione Azov circondato da volontari russi, bielorussi e ucraini, che sosteneva stessero aspettando i russi per combatterli.

È anche vero che neonazisti occidentali e altri volontari di estrema destra hanno combattuto nella prima guerra del Donbass e stanno combattendo nella guerra del 2022: ma su entrambi i lati della barricata. Gli italiani sono un caso emblematico. Come riportato dal “Corriere della Sera”, i servizi di sicurezza italiani sono a conoscenza del fatto che una sessantina di volontari, la maggior parte dei quali estremisti di destra (anche se alcuni provengono dall’estrema sinistra), stanno combattendo nell’attuale guerra ucraina. Da entrambe le parti: anche se la presenza più antica e organizzata di estremisti italiani di destra e neonazisti è nel campo dei separatisti filorussi.

Ho un ricordo personale di questa curiosa subcultura. Quando nel 2017 ho criticato la Russia per la “liquidazione” dei Testimoni di Geova, sono stato violentemente attaccato sui social media da Andrea Palmeri, un latitante italiano che stava (e sembra stia attualmente) combattendo con i russi a Lugansk. Palmeri è un esempio da manuale di capo-tifoso di calcio (della Lucchese, squadra toscana di Serie C) accusato di violenza e da alcuni di essere un neonazista, che esalta Putin, diffonde la sua propaganda (il 24 febbraio 2022 ha riferito che l’esercito ucraino si stava “arrendendo senza combattere” e che la Russia avrebbe potuto vincere la guerra in ventiquattr’ore) e combatte con e per i russi.

Ci sono neonazisti nella guerra ucraina? Sì: da entrambe le parti, forse con una presenza maggiore dalla parte dei russi. Per quanto riguarda la “denazificazione” di Putin, un importante studioso del neonazismo europeo che ho già citato in questa serie, Anton Shekhovtsov, ha spiegato nel 2017 che cosa significa esattamente: “In una retorica russa che risale all’Unione Sovietica, ‘fascista’ significa semplicemente ‘nemico della Russia’. Se un fascista diventa amico della Russia, allora per definizione non è più fascista”.
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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:18 pm

Sì, ci sono alcuni neonazisti in Ucraina, sia antirussi sia filorussi. No, l’Ucraina non ha bisogno di una “denazificazione”.
Nazisti in Ucraina: separare i fatti dai miti. 7. Ma la propaganda russa è solo propaganda

Massimo Introvigne
3/29/2022

https://bitterwinter.org/nazisti-in-ucr ... nda-russa/

È ora il momento di trarre alcune conclusioni dai sei articoli che ho dedicato alla questione del nazismo in Ucraina. Essi mostrano che la propaganda russa è solo propaganda, e la propaganda di guerra è raramente informativa.

Il nazionalismo ucraino e il movimento del XIX secolo per un’Ucraina indipendente avevano una componente antisemita, ma l’antisemitismo era purtroppo comune quasi ovunque a quel tempo. In una precedente serie di Bitter Winter sull’omicidio rituale, dedicata alla falsa “accusa del sangue” secondo cui gli ebrei uccidono i bambini cristiani per usare il loro sangue in riti esoterici, ho discusso il processo Beilis del 1913. Fu uno dei peggiori casi di accusa del sangue, e accadde a Kiev. Ma è anche vero che una giuria di comuni cittadini di Kiev alla fine trovò il coraggio di dichiarare l’imputato ebreo, Menahem Mendel Beilis (1874-1934), non colpevole.

Ci furono orribili pogrom in Ucraina, anche nel breve periodo della Repubblica Ucraina indipendente del 1917-1920, ma ci furono pogrom anche in Russia. Come cattolico mi vergogno del ruolo che vescovi e preti cattolici, anche nell’Ucraina occidentale, hanno avuto nel diffondere l’antisemitismo. Tuttavia, anche questa non è una peculiarità dell’Ucraina, poiché i cristiani hanno diffuso l’antisemitismo in diversi Paesi. Sono stati militanti antisemiti russi ortodossi a creare i famigerati “Protocolli dei Savi di Sion” e produrre altro materiale antisemita che continua a circolare a livello internazionale.

La storia dell’Ucraina dopo la fine dell’indipendenza nel 1920 è dominata dalla tragedia dell’Holodomor, la carestia artificiale creata da Stalin per sterminare i piccoli proprietari terrieri ucraini. Sospettava che altrimenti avrebbero continuato a sostenere il separatismo e l’indipendentismo. Anche se fu menzionato da alcuni media occidentali quando accadde, l’Holodomor, che sterminò tre milioni e mezzo di ucraini, fu ignorato per decenni in Occidente; al massimo, se ne occupavano pochi studiosi. Molti degli ucraini che furono così fortunati da sopravvivere lo fecero portandosi negli occhi per tutta la vita le terribili immagini dei loro vecchi e bambini che morivano lentamente e dolorosamente di fame, mentre i soldati sovietici impedivano loro con la forza di spostarsi nelle zone vicine dove il cibo era disponibile.

Questo orribile genocidio, che la maggior parte degli occidentali ignora, spiega, anche se non giustifica, perché un numero considerevole di ucraini, inclusi leader politici come Stepan Bandera e vescovi e preti cattolici, si schierò con la Germania nazista quando invase l’Unione Sovietica. Credevano ingenuamente che combattendo con la Germania e proclamando la loro fedeltà al nazismo avrebbero restaurato l’indipendenza ucraina. I nazisti non avevano questa intenzione, consideravano gli ucraini come parte di una razza inferiore, e una volta conquistata l’Ucraina arrestarono Bandera e lo deportarono nel campo di concentramento di Sachsenhausen (i suoi due fratelli furono condotti ad Auschwitz, dove morirono).

Eppure, la maggior parte dei “banderisti” continuò a combattere con i tedeschi, considerati come il minore dei due mali, contro i russi. Tragicamente e vergognosamente, come un vecchio mostro che si risvegliava, il vecchio impulso antisemita dei nazionalisti ucraini emerse di nuovo, e molti “banderisti” divennero complici dello sterminio nazista degli ebrei ucraini. Dopo la guerra, gruppi di “banderisti” presero la via delle foreste e continuarono a combattere i russi, finché Bandera, che viveva in esilio in Germania, fu ucciso da un agente del KGB nel 1959.

Quando gli ucraini oggi commemorano Bandera e i “banderisti” onorano la loro lotta per l’indipendenza e contro i sovietici, non la loro collaborazione con i nazisti. Man mano che l’Ucraina si integra con i Paesi dell’Unione Europea, la maggioranza della sua popolazione, come attestano i sondaggi, diventa sempre più favorevole a riesaminare criticamente il ruolo di Bandera e dei suoi seguaci, e ad eliminare i monumenti e altri tributi a coloro che hanno collaborato con i nazisti. Gli amici dell’Ucraina non possono che incoraggiarla in questo sforzo necessario. Tuttavia, le indebiti pressioni della Russia, che marchia come “nazisti” tutti coloro che hanno combattuto contro i sovietici, rendono questa purificazione della memoria storica non più facile, ma più difficile.

Nell’Ucraina indipendente, come in tutti gli altri Paesi europei, compresa la Russia, sono nati piccoli movimenti di estrema destra, alcuni dei quali neonazisti. Piuttosto che anziani collaboratori dei nazisti nella Seconda guerra mondiale, i loro leader erano giovani che non avevano mai conosciuto il nazismo storico, e un numero significativo dei loro militanti è stato reclutato, come è successo in altri paesi, tra le frange violente dei tifosi di calcio, principalmente tra i sostenitori, in maggioranza di lingua russa, dello Shakhtar Donetsk (ma anche tra frange di tifosi di altre squadre, compresi gli ultras razzisti e “sudisti” della Dinamo Kiev). Questi nuovi nazisti non hanno preso di mira gli ucraini di lingua russa (molti di loro erano essi stessi di lingua russa) ma gli immigrati e gli studenti stranieri, gli ebrei, e la minoranza rom. Anche se ridotti di numero, i neonazisti sono sicuramente pericolosi, e hanno commesso vari omicidi.

I risultati elettorali dimostrano che gli estremisti di destra non hanno mai rappresentato più di una piccola minoranza degli ucraini. Quando sono riusciti ad ottenere qualche risultato migliore, e ad eleggere membri al Parlamento, i partiti e i candidati di destra lo hanno fatto non “grazie alle” ma “nonostante” le connessioni naziste ed estremiste, che hanno cercato di nascondere o hanno ripudiato.

I veri movimenti estremisti non devono poi essere confusi con le false organizzazioni naziste create, quando la tensione con la Russia è aumentata, da agenti provocatori infiltrati negli ambienti di destra dai servizi segreti russi, come dimostra il caso di Eduard Kovalenko.

I piccoli movimenti neonazisti non hanno giocato alcun ruolo importante nella Rivoluzione arancione del 2004, ma hanno avuto un’opportunità inaspettata quando gli atteggiamenti filorussi del presidente Viktor Yanukovych hanno portato alla rivoluzione dell’Euromaidan del 2013-2014 e alla sua estromissione dal potere. Tra l’altro, Yanukovych aveva cercato di mettere a tacere le commemorazioni dell’Holodomor, sostenendo che si trattava di una comune carestia che aveva colpito vari Paesi, e che “incolpare uno dei nostri vicini [la Russia] per questo è ingiusto”. Come hanno notato alcuni studiosi accademici, ancora una volta molti non ucraini non hanno capito l’enormità della posizione di Yanukovych per l’Ucraina. Era come se un presidente di Israele si fosse dichiarato un negazionista dell’Olocausto.

Gli estremisti di destra, compresi alcuni neonazisti, hanno partecipato all’Euromaidan, ma non hanno mai rappresentato la maggioranza, e nemmeno una minoranza molto significativa, dei manifestanti. Tuttavia, quando la Russia ha invaso la Crimea nel 2014 e ha creato le pseudo-repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk, dando inizio alla guerra del Donbass, alcuni neonazisti, che avevano una formazione paramilitare ed erano pronti a combattere, hanno partecipato alla creazione di unità di volontari, tra cui il battaglione Azov che si è distinto per il suo coraggio durante la riconquista di Mariupol. Il Battaglione Azov aveva a quel tempo 400-450 membri. È stato poi incorporato nella Guardia Nazionale Ucraina, è diventato un reggimento, ed è cresciuto fino a comprendere circa 2.500 soldati.

Da un lato, alcuni dei principali fondatori del Battaglione avevano almeno una “preistoria” nazista, che hanno cercato senza successo di nascondere e che ha influenzato la scelta del logo dell’Azov, il quale ha sia associazioni neopagane sia naziste. D’altra parte, non tutti i combattenti originali del 2014, forse neppure la maggioranza, erano neonazisti. Quando il Battaglione è stato incorporato nella Guardia Nazionale e ampliato, i neonazisti hanno finito per rappresentare solo una piccola minoranza dei suoi soldati, anche se sono tuttora presenti e il simbolismo originario è stato mantenuto. Tuttavia, il principale studioso accademico occidentale del Battaglione Azov, Andreas Umland, ha insistito che chiamare il Battaglione (ora Reggimento) Azov “nazista” o “neonazista” è sbagliato.

Come scrive Umland, la nuova rilevanza dei neonazisti antirussi “non si sarebbe verificata senza la sempre più distruttiva interferenza russa negli affari interni ucraini che ha portato agli eventi del 2014. La crescente domanda sociale di patriottismo militante ha fornito agli attivisti di estrema destra, precedentemente marginali, un nuovo spazio politico”.

In un mondo ideale, il Battaglione Azov, che molti ucraini ammirano non per le sue radici neonaziste ma per il suo coraggio in guerra, potrebbe modificare le sue insegne e forse anche il suo nome, e sottrarre un argomento prominente alla propaganda russa. Tuttavia, è improbabile che questo avvenga nel bel mezzo di una guerra.

All’insaputa di molti media occidentali, non tutti i neonazisti ucraini, né tutti i neonazisti russi che si sono trasferiti in Ucraina, né tutti i combattenti stranieri di destra venuti in Ucraina per combattere nella guerra del Donbass si sono schierati con gli ucraini. Alcuni si sono schierati con la Russia, Putin e i separatisti filorussi del Donbass. Anche se statistiche precise sono ovviamente difficili, tanto più per la guerra del 2022, un importante studioso del neonazismo russo e ucraino, Vyacheslav Likhachev, ritiene che nella guerra del Donbass iniziata nel 2014 “nel complesso, i membri dei gruppi di estrema destra hanno giocato un ruolo molto più importante dal lato russo del conflitto che da quello ucraino”.

Tutto questo non equivale a negare che l’Ucraina, come molti altri Paesi, compresa la Russia di Putin, abbia un problema con una piccola minoranza neonazista i cui membri hanno diffuso deprecabili idee razziste e antisemite e commesso gravi crimini. È tuttavia falso che il governo dell’Ucraina, il cui presidente è un ebreo, promuova o tolleri le ideologie naziste. È assolutamente falso che l’Ucraina sia dominata dai nazisti, che i nazisti siano una percentuale significativa di coloro che combattono contro i russi, e che l’Ucraina abbia bisogno di una “denazificazione” forzata.

Secondo gli stessi standard anche la Russia, che ha la sua percentuale di nazisti sia in patria sia tra coloro che hanno combattuto e combattono dalla sua parte in Ucraina nel 2014 e nel 2022, avrebbe bisogno di una “denazificazione”. Mentre la questione del neonazismo sia in Russia sia in Ucraina merita ulteriori studi accademici, usarla come pretesto per giustificare una guerra di aggressione contro un altro paese è solo parte di una propaganda che è tanto disonesta quanto vergognosa.



La frase spesso citata, al limite dell’usura, di Ugo La Malfa, “La libertà dell’Occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme”, formulata in relazione alla necessità di riconoscere in Israele il baluardo in Medio Oriente al tracimare dell’estremismo islamico, si può traslare oggi con riferimento all’Ucraina e alla guerra di aggressione scatenata dalla Russia.
Niram Ferretti
9 Aprile 2022

http://www.linformale.eu/ucraina-e-isra ... -in-gioco/

Non vi è alcun dubbio sul fatto che al di là dei pretesti addotti e variabili, dell’invasione voluta da Putin (espansione della NATO, minaccia alla sicurezza russa, “denazificazione” del paese), ciò che muove ideologicamente questa guerra è ben radicato nella volontà russa di ridisegnare l’ordine geopolitico emerso con la fine della Seconda guerra mondiale e successivamente quello scaturito dal crollo dell’Unione Sovietica, per formarne uno alternativo, in cui, all’interno di una costellazione euroasiatica, la Russia sia potenza di prima grandezza appoggiata dalla Cina. Il collante dell’alleanza è l’avversione esplicita per l’architettura liberale, di cui gli Stati Uniti hanno tutelato e governato negli ultimi 76 anni, come potenza egemone del globo, l’esistenza.

Se, al di là della prosa turgida, dell’enfasi messianica, si traduce in sintesi ciò che dichiara Alexander Dugin, si troverà una notevole consonanza con le affermazioni meno esagitate di Sergey Karaganov, ex Consigliere di Putin, e a capo oggi del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca, il quale non si fa alcuno scrupolo nel dichiarare, come ha fatto in due recenti interviste apparse questo mese, la prima su The Newstatesman e la seconda su Il Corriere della Sera, che la guerra contro l’Ucraina è in realtà un tassello di una guerra più ampia contro l’Occidente.

Quando Karaganov afferma, “Ci sentiamo tutti parte di un grande evento nella storia, e non si tratta solo della guerra in Ucraina; si tratta del crollo finale del sistema internazionale che si è creato dopo la Seconda guerra mondiale e poi, in modo diverso, è stato ricostruito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Quindi, stiamo assistendo al crollo di un sistema economico – del sistema economico mondiale – la globalizzazione in questa forma è finita” come si fa a non sentire, in forma diversa, l’eco delle stesse parole di Dugin, “L’operazione speciale in Ucraina è diretta soprattutto contro il liberalismo e il globalismo”?

L’unico paese in Medioriente che ha fatto della difesa del liberalismo e della democrazia la propria ragione d’essere è, ovviamente, Israele. Non a caso, lo stesso Dugin, qualche anno fa attaccò Israele per questa sua specificità, affermando, “Lo stato di Israele è stato sin dall’inizio una base strategica per l’Atlantismo militante (prima l’Inghilterra, ora gli Stati Uniti) nel Medio Oriente. Questo stato è sia ideologicamente che politicamente orientato al capitalismo ed occidentalizzato per quanto riguarda il sistema di valori. Questi valori sono in completa contraddizione con la visione nazionale russa del mondo, così come l’intera idea di Geopolitica Eurasiatica”. http://www.linformale.eu/aleksander-dug ... necessita/

La “visione nazionale russa del mondo” non prevede infatti una Ucraina libera, autonoma, in grado di potere determinare il proprio futuro spostandosi maggiormente verso Occidente per sottrarsi all’influenza russa. E questo perché all’Ucraina non è riconosciuta una sua specificità nazionale, come ha scritto Putin stesso nel saggio, Sull’unità storica di russi e ucraini pubblicato il 12 luglio del 2021. Ma non è forse la stessa specificità ed esistenza autonoma di Israele negata fin dal principio dal mondo islamico che con tre guerre ha cercato di distruggerla, per poi passare con la Seconda intifada al terrorismo su larga scala? E non è forse l’Iran che da anni si riferisce ad Israele come un “cancro”, una anomalia patologica da estirpare dal corpo islamico del Medio Oriente?

Come non vedere nell’aggressione a freddo dell’Ucraina da parte della Russia, aggressione che è sfida aperta all’Occidente, la medesima volontà di chi, sul fronte islamico, condivide lo stesso odio per la democrazia e l’assetto liberale che essa garantisce e di cui, in Medio Oriente, Israele è simbolo?

Il nazionalismo esasperato che motiva, da parte russa, la guerra in corso, portatore di una volontà imperialista che si declina nel modo più brutale, è esattamente speculare al suprematismo musulmano per il quale Israele sarebbe un corpo estraneo collocato su un territorio che viene ritenuto interamente waqf islamico.

Le differenze sono, inevitabilmente, di natura culturale, ma la sostanza soggiacente è la stessa, così come vi sono strette analogie con la propaganda messa in campo atta alla demonizzazione dell’avversario. Nei confronti dell’Ucraina, la Russia ha utilizzato un rodato strumento del proprio armamentario, non a caso fornito proprio dal’Unione Sovietica agli arabi a partire dagli anni ’60 per demonizzare Israele, quello della nazificazione.

Nel suo discorso del 24 febbraio, Putin ha esplicitamente utilizzato l’espressione “denazificare”, riferita alla decisione di invadere l’Ucraina, come una delle ragioni dell’invasione, in linea di continuità con la rappresentazione propagandistica degli ucraini come nazisti utilizzata in rapporto al conflitto nel Donbass.

La nazificazione degli israeliani da parte della propaganda araba e islamica in generale, è in corso almeno da trent’anni, c’è solo l’imbarazzo della scelta nella florida pubblicistica antisionista che originata dal Cremlino, ha progressivamente innondato il mondo musulmano trovando numerose adesioni anche in Occidente. E se Israele non ha l’equivalente del Battaglione Azov, la milizia nazionalista, perfetta per la reductio ad hitlerum dell’intera Ucraina, ciò non ha impedito e non impedisce la raffigurazione di primi ministri israeliani e semplici soldati con la svastica sul braccio o in uniforme delle SS.

L’Ucraina si trova oggi, sotto assedio russo, nella posizione in cui Israele si trova dal 1948. Entrambi i paesi, in aree geografiche assai distanti, sono luoghi in cui la rappresentazione politica e culturale dell’Occidente, non solo è a rischio di essere travolta da regimi che le sono ontologicamente avversi, come è il caso di Israele, ma, nel caso dell’Ucraina, è aggressivamente ed esplicitamente messa in mora.

Non è dunque possibile per chi ha cuore l’ordine democratico occidentale e l’insieme di valori che esso custodisce e mette in circolazione, soprattutto per chi è da sempre dalla parte di Israele e delle sue ragioni, non trovarsi naturalitater dalla parte dell’Ucraina, ovvero dalla parte occidentale, lasciando a chi le è avverso, e spera nella sua disarticolazione, di sposare le ragioni di Putin e il suo regime.
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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:19 pm

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Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:19 pm

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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » sab mar 19, 2022 7:19 pm

5)
La falsa propaganda Russa sul Donbass e sul presunto genocidio dei filorussi da parte dei presunti nazisti ucraini, smentito dalla Corte Internazionale dell'ONU all'Aia e la condanna della Russia di Putin per crimini di guerra e contro l'umanità.




Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non dei russi e della Russia
https://www.facebook.com/profile.php?id=100078666805876
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 143&t=3000


Violazione dei diritti umani, civili e politici del popolo ucraino dell'Ucraina e degli ucraini in Crimea e nel Donbass che sono territori dell'Ucraina;
mediante demonizzazione calunniosa e interpretazioni menzognere della storia,
terrorismo e violenza politoca della minoranza russofila in Ucraina, in Crimea e nel Donbass
e successiva criminale aggressione con invasione e occupazione militare che ha causato e che sta causando distruzione e stragi.



Per chi sventola la bandiera rossa nella terra contesa del Donbass
il manifesto
Andrea Sceresini
Crisi ucraina. Da Donetsk a Torez, dove antifascismo è imperialismo sovietico. E la falce e martello non è tanto in antitesi con i ritratti di Nicola II e le tesi dei suprematisti
16.3.2022, 23:59

https://ilmanifesto.it/per-chi-sventola ... l-donbass/

Nel centro di Donetsk, su un piedistallo di marmo, sorge una grande statua di Lenin. Ci sono anche tante bandiere rosse, a Donetsk, come quelle che si sono viste sventolare negli scorsi giorni sui carrarmati in corsa verso ovest. Quando sono andato per la prima volta in Donbass, nel 2014, speravo di poter raccontare una nuova guerra di Spagna. Mi ero lasciato illudere da tutte quelle bandiere (anche se veder sventolare una bandiera rossa su un tank invasore un po’ dovrebbe far riflettere), dagli slogan antifascisti e dal “No pasaran!” scritto a caratteri cubitali sulla “Doma administratsiya” di Donetsk. Ma poi avevo visto anche altre cose. C’erano le bandiere zariste, quelle putiniane, e c’erano le centinaia di volontari di estrema destra che erano venuti a combattere sotto quelle insegne. Ho poi capito che l’antifascismo, a Donetsk, è ben diverso dal nostro. L’antifascismo, per i russi, è l’Armata patriottica di Stalin che respinge l’invasore tedesco (deriva da qui il concetto di “denazificazione” utilizzato da Putin, che non significa la sconfitta del nazismo come ideologia reazionaria, ma più genericamente la sconfitta dei nemici della Russia).

LA BANDIERA ROSSA simboleggia il potere imperiale sovietico, che aveva barattato l’uguaglianza col sogno di dominare il mondo. Perciò la falce e martello, a Donetsk, non era poi così in antitesi con i ritratti di Nicola II e le tesi dei suprematisti russi – e accorgersene, stando lì, non era per nulla difficile. Un giorno, dovendo trascorrere una mezza mattinata con un leader locale del Partito comunista del Donbass – e parlando io poche parole di russo e lui nessuna d’inglese – volli provare a fare un gioco. Gli elencai alcuni personaggi storici, chiedendogli di farmi capire chi gli piacesse e chi no. I nomi di Stalin e dell’ultimo zar furono accolti con un sonoro «karasciò». Più moderato fu l’entusiasmo per Mussolini – che in fondo li aveva invasi ma era pur sempre un nazionalista – mentre Lenin fu salutato con una mezza storta di naso. I più strapazzati furono Marx ed Engels, che il mio interlocutore bollò con un lapidario aggettivo – «Pederàst, finocchi». Ma in fondo è l’ironia delle parole, che una volta svuotate del concetto possono voler dire qualunque cosa. Così le insegne bolsceviche – che nel 1917 simboleggiavano l’unione della classe operaia mondiale contro la guerra – oggi vengono fatte sventolare da giovani coscritti che ammazzano altri giovani coscritti in nome della patria e dei sacri confini. Nel 1956, quando i carri russi entrarono a Budapest, Ignazio Silone si indignò contro chi parlava dell’intervento delle «truppe sovietiche contro gli insorti ungheresi»: «Il rispetto della verità – scrisse – esigerebbe che si dicesse “le truppe imperialiste russe contro i soviet dell’Ungheria”». Ora è più o meno la stessa cosa, con l’unica differenza che non ci sono soviet né da una parte né dall’altra.

Cosa nascondessero quelle belle bandiere rosse l’ho poi scoperto viaggiando nel Donbass. Nella cittadina di Torez – così battezzata in onore di Maurice Thorez, già leader del Partito comunista francese – migliaia di minatori sono rimasti disoccupati in seguito alla guerra. Oggi molti di loro lavorano nelle Kopankas, vere e proprie miniere clandestine scavate a costo zero e nelle quali si è costretti a strisciare pancia a terra, mentre il martello pneumatico satura l’aria di polvere nera. Nel 2015 il salario era di settecento grivne a settimana, pari a poco più di trenta euro. Si lavorava sei giorni su sette, in condizioni di sfruttamento assoluto, e spesso si era pagati direttamente in sacchi di carbone. Il materiale così faticosamente estratto veniva poi venduto ai “nemici” di Kiev, e chi controllava il traffico – e ci guadagnava – erano il più delle volte gli stessi leader separatisti. È grazie a business come questi che si è formata la nuova borghesia locale, la quale sfrutta e si ingrassa esattamente come quella filo-ucraina che l’ha preceduta – ma semplicemente lo fa sventolando un’altra bandiera.

QUANTO AI NEONAZISTI veri – quelli che si definiscono tali – ne ho conosciuti su entrambi i lati della barricata, e ricordo l’imbarazzo di due gruppuscoli di ultra-droitier francesi che un giorno avevano scoperto di combattere gli uni contro gli altri e si erano telefonati per cercare di capire il perché. Che c’azzecca l’antifascismo in tutto questo? Nulla, evidentemente. È soltanto una parola, così come la statua di Lenin è soltanto una statua – che se potesse riprendere vita si vergognerebbe di stare dove sta.



Fine della menzogna nazifascista russa sul genocidio dei russi nel Donbass
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9003863100

Nessun genocidio di russofoni russofili nel Donbass ucraino ad opera degli ucraini, la Corte Internazionale condanna la Russia di Putin e il nazifascista Putin per crimini contro l'umanità


Guerra Ucraina, in arrivo decisione Corte giustizia su ricorso contro Russia
La decisione mercoledì
14 marzo 2022
https://www.adnkronos.com/guerra-ucrain ... OXRp223HKR
Guerra Ucraina-Russia, la Corte di Giustizia internazionale (massimo organismo giuridico dell'Onu per le dispute tra Stati) annuncerà la sua decisione sul ricorso presentato da Kiev per imporre misure contro Mosca che accusa falsamente l'Ucraina di genocidio per giustificare la sua invasione. "Mercoledì 16 marzo la Corte emetterà un ordine sulla richiesta dell'Ucraina" si legge in un comunicato della Corte che ha sede all'Aja alla quale Kie ha chiesto "una decisione urgente che ordini alla Russia di mettere fine alle attività militari" negando nel modo più assoluto le accuse di genocidio. "La Russia non ha nessuna base legale per prendere misure contro l'Ucraina con il proposito di evitare nessun presunto genocidio" in Donbass, recita il ricorso del governo ucraino.


Onu, la CIG ordina alla Russia di “sospendere immediatamente” la guerra

La Voce di New York
16 marzo 2022

https://www.lavocedinewyork.com/onu/202 ... la-guerra/

Con 13 voti a favore e 2 contrari – quelli del vicepresidente russo Kirill Gevorgian e del cinese Xue Hanqin – la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha stabilito che la Russia “deve sospendere immediatamente le operazioni militari che ha iniziato il 24 febbraio” in Ucraina.

La sentenza – primo verdetto del genere emesso dalla “corte ONU” dall’inizio dell’invasione russa – è in risposta a una causa presentata dall’Ucraina alla fine dello scorso mese, che incolpa la Russia di manipolare il concetto di genocidio per giustificare la sua aggressione militare.

La tempistica non è casuale: giovedì, infatti, il Governo di Mosca presenterà una risoluzione umanitaria al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, giustificando il suo intervento militare in Ucraina proprio sulla base del presunto genocidio ucraino contro le popolazioni russofone del Donbass. La mossa della CIG va quindi letta anche come una maniera di ‘mettere le mani avanti’ rispetto all’interpretazione del diritto internazionale fornita da Mosca.

Ciò premesso, malgrado i verdetti della Corte internazionale di giustizia siano pienamente vincolanti, c’è più di qualche dubbio che Mosca rispetterà la sentenza, dal momento che il tribunale dell’Aja non ha mezzi diretti per farli rispettare.

Il caso

La Corte ha esordito ricordando che il 26 febbraio l’Ucraina ha presentato un ricorso contro la Russia per “una controversia” sull’interpretazione, applicazione e adempimento della Convenzione sul genocidio del 1948.

L’Ucraina sostiene che la Russia, avendo falsamente evidenziato atti di genocidio contro la popolazione delle regioni di Luhans’k e Doneck, avesse dichiarato e attuato una “operazione militare speciale” per prevenire e punire i presunti atti.

La CIG ha chiesto a Mosca di sospendere immediatamente i suoi attacchi e cessare tutte le operazioni militari in quanto basate sullo scopo dichiarato dal Cremlino di prevenire o punire Kyiv per aver commesso un genocidio.

La Corte ha anche sottolineato come la Russia avesse deciso di non partecipare al procedimento orale e, successivamente, avesse presentato un documento con la propria posizione, secondo cui la Corte non avrebbe giurisdizione, e chiedendole di “astenersi dall’indicare misure provvisorie e di rimuovere il caso dalla sua agenda”.


Le condizioni

Nel pronunciare il verdetto, il presidente – lo statunitense Joan E. Donoghue – ha sottolineato che sono state soddisfatte le condizioni necessarie per dare alla CIG l’autorità di indicare misure provvisorie, vale a dire che i diritti rivendicati dall’Ucraina sono plausibili; il genocidio non è stato commesso; e la condizione di urgenza è stata soddisfatta in quanto danni irreparabili possono “verificarsi in qualsiasi momento”.

“In effetti, qualsiasi operazione militare, in particolare una della scala realizzata dalla Federazione Russa sul territorio dell’Ucraina, provoca inevitabilmente la perdita di vite umane, danni mentali e fisici, e danni alla proprietà e all’ambiente”, ha riferito il presidente della CIG.

Per conto della Corte ONU, ha continuato, “la popolazione civile colpita dall’attuale conflitto è estremamente vulnerabile”, aggiungendo che l’aggressione della Russia ha provocato “numerosi morti e feriti civili (…), danni materiali significativi, compresa la distruzione di edifici e infrastrutture”.

“Gli attacchi sono in corso e stanno creando condizioni di vita sempre più difficili per la popolazione civile. Molte persone non hanno accesso agli alimenti più elementari, all’acqua potabile, all’elettricità, alle medicine essenziali o al riscaldamento. Un numero molto elevato di persone tenta di fuggire dalle città più colpite in condizioni di estrema insicurezza”, ha spiegato.

I giudici sono stati peraltro unanimi nell’ordinare che entrambe le parti si astengano da qualsiasi azione che possa “aggravare o estendere la controversia (…) o renderla più difficile da risolvere”.



La Corte Internazionale di Giustizia dell'Onu ordina alla Russia di fermare la guerra
Paolo Busco e Filippo Fontanelli
17 marzo 2022

https://www.corriere.it/esteri/22_marzo ... f215.shtml

La decisione del tribunale delle Nazioni Unite è una vittoria per il governo di Kiev. Rigettate le accuse di Mosca sul genocidio della popolazione del Donbass

La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha ordinato ieri alla Russia di sospendere immediatamente le «operazioni militari» iniziate in Ucraina, con 13 voti favorevoli e 2 contrari (da parte dei giudici russo e cinese). L’ordine è stato adottato in via urgente, nell’attesa di una decisione definitiva nel merito del giudizio che l’Ucraina ha introdotto contro la Russia all’Aja lo scorso 26 febbraio. Qual è la portata della decisione odierna, e in cosa consiste di preciso il caso instaurato dall’Ucraina davanti alla Corte?

Disputa fra Stati

Il ricorso dell’Ucraina contro la Russia verte sulla interpretazione e applicazione della Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948. Non è la prima volta che la Convenzione è oggetto di una disputa fra Stati davanti alla Corte: per esempio, la Convenzione è stata invocata dalla Bosnia contro la Serbia e il Montenegro negli anni ’90, nel contesto della guerra di Balcani; più di recente, dal Gambia contro Myanmar rispetto alla situazione della minoranza Rohingya. Se confrontato con questi casi, e con le ordinarie dinamiche fra Stato attore e Stato convenuto in una disputa internazionale, il caso introdotto dall’Ucraina è inusuale.

La questione del Donbass

L’Ucraina non accusa la Russia di aver compiuto atti di genocidio nei confronti della popolazione ucraina durante la guerra in corso. Al contrario, chiede alla Corte di confermare che la stessa Ucraina non ha commesso atti di genocidio contro la popolazione russofona del Donbass; inoltre, e in ogni caso, che la risposta armata russa sarebbe comunque illegittima, poiché la repressione di un eventuale genocidio potrebbe avvenire solo con i mezzi previsti dalla Convenzione, che non contempla l’uso unilaterale della forza. Come noto, invece, il Cremlino giustifica l’invasione proprio sulla base della necessità di fermare un asserito genocidio perpetrato dall’Ucraina nelle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. L’idea di fondo della richiesta dell’Ucraina è in sostanza la seguente: la Russia ha usato la Convenzione sul genocidio per fini impropri e in mala fede; l’uso unilaterale della forza sarebbe vietato anche laddove si stesse davvero consumando un genocidio e dunque è tanto più vietato quando l’accusa di genocidio è pretestuosa. Si tratta di un caso non «lineare», viste le circostanze. Perché l’Ucraina non ha più semplicemente chiesto di accertare direttamente l’illiceità dell’aggressione armata russa, invocando il diritto internazionale e la Carta ONU, oppure di dichiarare che la Russia sta commettendo un genocidio ai danni della popolazione ucraina nel contesto delle ostilità?

La Convenzione sul genocidio

Sul primo punto, la spiegazione è che la competenza della Corte si basa sul consenso delle parti. Perciò, uno Stato può convenirne un altro in giudizio per accertare la commissione di un illecito internazionale solo se quest’ultimo accetta la giurisdizione della Corte sulla materia della controversia. La Russia non si è assoggettata alla giurisdizione della Corte su qualsiasi questione, ma lo ha fatto sulle questioni trattate dalla Convenzione sul genocidio, quando ha deciso di diventarne parte nel 1954. Per questo motivo, per adire la Corte, l’Ucraina ha dovuto formulare un ricorso inusuale, costretto dall’aggancio indispensabile all’argomento del genocidio. Sul secondo punto, la risposta è che, almeno per il momento, un’accusa diretta di genocidio alla Russia avrebbe avuto poche chances di successo davanti alla Corte.

Crimini di guerra e crimini contro l’umanità

Il crimine di genocidio ha difatti una definizione tecnica, il cui elemento centrale è la volontà soggettiva di annientare un gruppo (etnico, religioso, ma anche nazionale) in quanto tale, per le sue specifiche caratteristiche. I crimini di guerra e i crimini contro l’umanità non costituiscono genocidio, se non è data prova di questo specifico intento. La difesa dell’Ucraina può aver ritenuto strategicamente più opportuno, almeno per il momento, concentrare gli sforzi su obiettivi più limitati, ma più realistici da ottenere. Passando ora alla decisione di ieri, è evidente che la strategia dell’Ucraina, pur con le limitazioni di cui si è detto, mirava ad alcuni obiettivi concreti, tutti centrati.

Gli obiettivi

Primo, l’introduzione del giudizio ha permesso all’Ucraina di chiedere e ottenere un ordine diretto di cessazione delle ostilità da parte della massima istanza giudiziaria internazionale, in meno di tre settimane dall’attacco russo. Secondo, la Corte ha indicato che le tesi dell’Ucraina sono quanto meno plausibili (fermi restando gli approfondimenti che la Corte dovrà fare in seguito) tanto rispetto al fatto che nel Dombass non sia in atto un genocidio della popolazione russofona; quanto rispetto al fatto che l’uso della forza unilaterale sia in ogni caso vietato. Questi passaggi fondamentali smascherano la povertà delle dichiarazioni russe sulla necessità e legalità dell’intervento armato. Da ultimo, non si può escludere che ora che il caso è incardinato, l’Ucraina valuti di ampliare l’oggetto della domanda, e introdurre accuse ulteriori di violazione diretta da parte della Russia delle disposizioni centrali della Convenzione contro il genocidio, ove emergano elementi in tal senso. È difficile immaginare che le misure ordinate ieri saranno rispettate; ma la decisione è importante soprattutto per un aspetto: perché non è assunta da un organo le cui decisioni sono sorrette da valutazioni politiche, ma da una corte, per sua natura terza ed imparziale. Nella propaganda che inevitabilmente accompagna ogni guerra, una parola obiettiva come quella pronunciata ieri è quanto mai importante.
(Paolo Busco è avvocato internazionalista presso lo studio Twenty Essex di Londra; Filippo Fontanelli è docente di diritto internazionale alle Università di Edimburgo e LUISS di Roma).



La verità è proprio il contrario,
con la guerra civile in Donbass istigata, fomentata e finanziata dal suprematismo imperialista russo del nazifascista e falso cristiano Putin, teso a ricostruire la Grande Russia zarista e sovietica è iniziata la pulizia etnica e il genocidio degli ucraini non filorussi.


Non trovate strano ma molto strano che tutti ma proprio tutti i nazi fascisti e gli internazi comunisti d'Europa, nostalgici di Mussolini, Hitler e Stalin, siano tutti ma proprio tutti a sostegno del presunto "denazificatore" Putin e contro il presunto "nazismo ucraino" guidato dall'ebreo Zelensky?
Non trovate che vi sia qualcosa che non quadra?
Non vi viene alcun sospetto?
Non vi viene automatica la risposta?



Ultimamente l'internet è pieno di propaganda russa, compreso le bugie sulla guerra di otto anni nel Donbas e 14.000 vittime civili.
Dalla bacheca di Tiziana Alvari

20 marzo 2022

https://www.facebook.com/luciano.donder ... 8951419483

Vorrei chiarire le informazioni su questo conflitto e riferire il numero reale di vittime da entrambe le parti basati sui dati ONU:
La Federazione Russa, guidata da Putin, si è posta l'obiettivo di riportare i paesi indipendenti nello stato dell'ex Unione Sovietica. Il primo colpo è arrivato in Ucraina!
Preistoria.
Nel dicembre 2005 è stata fondata l'organizzazione regionale di Donetsk "Repubblica di Donetsk", che ha condotto una campagna per la dichiarazione di indipendenza del Donbass dall'Ucraina, come la Transnistria. Le prime foto con l'attuale bandiera DNR sono state scattate in Russia al Forum Seliger nel 2013.
Fatti:
1. La guerra nel Donbass è stata iniziata dalle truppe russe che hanno invaso il territorio del Donbass ucraino nell'aprile 2014 (dopo che la Federazione Russa si è impadronita della Crimea).
Per creare un'immagine della "guerra civile", la Russia ha organizzato una "rivolta popolare" nel Donbass, che, come si è scoperto, si stava preparando da diversi anni.
Sono iniziate le manifestazioni per la separazione del Donbass. Funzionari russi e media hanno definito il nuovo governo ucraino una "giunta" e hanno definito il cambio di governo un "colpo di stato". Secondo le statistiche, il sostegno ai separatisti era solo del 30%, ma la Russia ha fornito loro leader e armi.
(Nota: la Russia non ha riconosciuto il suo coinvolgimento nella guerra in quel momento. Ma ci sono ampie prove della presenza di soldati russi senza identificazione e equipaggiamento militare russo. Tutte le prove sono state raccolte e saranno trasmesse all'Aia)
2. Le forze filoucraine si sono riunite a Donetsk per una grande marcia pacifica di molte migliaia di partecipanti.La marcia è stata brutalmente attaccata da gruppi di "manifestanti" filorussi e militanti che sono stati portati in autobus dalla Russia (Rostov). Un giovane attivista è stato ucciso e molti partecipanti sono rimasti gravemente feriti.
Altri due attivisti delle forze patriottiche ucraine, Volodymyr Rybak e Yuriy Popravka, sono stati brutalmente uccisi a Horlivka. Successivamente, sono continuate le brutali uccisioni e torture di patrioti nelle camere di tortura allestite nelle stazioni di polizia e nei locali delle scuole.
3. In maggio si è tenuto un "referendum" espresso sotto le armi della "milizia" su moduli ordinari stampati su una stampante, i cui risultati sono stati annunciati quasi immediatamente. Fu proclamata la Repubblica popolare di Donetsk e immediatamente fece appello a Putin per inviare le sue truppe.
(Nota: la Repubblica popolare di Luhansk è stata organizzata in parallelo secondo lo stesso schema.)
4. Sono iniziati gli scontri di combattimento tra i distaccamenti DNR-LNR e la Guardia nazionale ucraina, che hanno cessato molto rapidamente di essere una normale operazione antiterrorismo. Dopotutto, dalla parte delle autoproclamate "repubbliche" c'erano "volontari" russi, armati con equipaggiamento e armi dell'esercito regolare russo. Le forze armate ucraine non hanno potuto entrare in vigore perché non c'era un'invasione russa formale.
(Nota: "volontari" anonimi in uniforme senza insegne hanno sparato mortai e lanciagranate contro quartieri residenziali e ospedali, cercando di incolpare le truppe ucraine.)
- Il 24 maggio, il DNR ha avanzato rivendicazioni territoriali all'Ucraina in altre regioni meridionali e orientali: Odessa, Mykolaiv, Kherson, Zaporizhia, Dnipropetrovsk e Kharkiv.L'obiettivo era ovvio: impadronirsi di parte dell'Ucraina per unire la Crimea alla Russia.
- Nel frattempo, il presidente Poroshenko si è impegnato urgentemente nel ripristino della capacità di combattimento delle forze armate. Il processo è stato lungo e complicato, la maggior parte delle armi e dell'equipaggiamento militare era in cattivo stato, è stato necessario organizzare riparazioni, attrezzature, ripristinare scorte di munizioni, carburante, pezzi di ricambio, servizi medici e ingegneristici.
- I "militanti" della Federazione Russa hanno effettuato molte provocazioni, sparando contro i civili dalle postazioni ucraine nella speranza che la popolazione locale li sostenesse.
- Ci sono stati bombardamenti di massa di posizioni ucraine dal territorio della Russia. Quando le truppe ucraine occuparono la città di Ilovaisk, un gran numero di truppe russe entrò nelle loro retrovie e le circondò. Putin ha promesso alle truppe ucraine un'uscita libera dall'accerchiamento senza armi. Nel processo di partenza, quasi disarmati, sono stati brutalmente fucilati.
- Le pesanti perdite hanno costretto l'Ucraina ad andare ai difficili accordi conclusi a Minsk, che hanno permesso di congelare virtualmente il conflitto. I combattimenti non si sono fermati, ma il numero delle vittime è diminuito in modo significativo.
STATISTICHE
(dati ONU dal 14 aprile 2014 al 31 gennaio 2021)
Secondo le stime dell'UNHCR, il numero totale di vittime legate al conflitto in Ucraina (dal 14 aprile 2014 al 31 gennaio 2021) è 13100-13300.
Di loro:
- 3375 civili
- 4150 militari ucraini
- 5.700 membri di gruppi armati
24 febbraio 2022, guidata dal dittatore VVPutin ha lanciato una guerra su vasta scala con l'Ucraina.
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Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

Messaggioda Berto » dom mar 20, 2022 8:22 am

Destabilizzazione dell'Ucraina, del Donbass e della Crimea ad opera della Russia nazi fascista e imperialista di Putin e dei terroristi nazifascisti ucraini russofili


La destabilizzazione dell'Ucraina libera e il sorgere del separatismo russofono e russofilo nelle aree della Crimea e del Donbass, inizia qualche anno dopo il referendo per l'indipendenza dell'Ucraina del 1991 e coincide con l'insediamento e i consolidamneto di Putin alla guida della Russia post URSS nei primi anni del 2000.
Il programma e il compito di Putin è stato ed quello di ripristinare la Grande Russia sconfitta con il crollo dell'URSS, con ogni mezzo lecito e illecito, dalla propaganda menzognera, alla promozione, all'organizzazione e al finanziamento dei movimenti separatisti, a quello dei partiti russofili da insediare al governo dell'Ucraina, come ha sempre fatto la Russia ai tempi dell'URSS.

L'aggressione del regime di Putin all'Ucraina ha tolto il velo anche sull'ipocrisia regnata nel Donbass dal 2014 ad oggi. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso
Matteo Zola
25/02/2022
(Pubblicato in collaborazione con East Journal )

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucr ... sia-216155

Lo scorso 21 febbraio la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Il giorno seguente l’esercito russo entrava nelle due repubbliche per una missione di peacekeeping che, da un lato, affermava la sovranità russa sui due territori e, dall’altro, preparava l’invasione del resto dell’Ucraina.

Dopo anni di ipocrisie e falsità, è finalmente caduto il velo dal Donbass. Ripercorrere la storia recente di questa regione significa addentrarsi nei meandri di un conflitto definito “a bassa intensità” ma che, dal 2014, non ha smesso di seminare morte associando alla destabilizzazione politica e al controllo militare, pratiche criminali comuni, traffici, regolamenti di conti e violenza. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso.

Il furto dello stato
Dossier

Vai a tutti i nostri approfondimenti sull'aggressione del regime di Putin all'Ucraina nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"

All’indomani della dissoluzione sovietica molti vecchi esponenti della nomenklatura hanno saputo riciclarsi e trasformarsi in magnati e imprenditori grazie alla spoliazione dei beni pubblici in un processo di privatizzazione selvaggia che il politologo Steven L. Solnick ha chiamato "il furto dello stato". Un fenomeno che ha avuto luogo in molte regioni dell’ex Urss ma che in Donbass ha visto l’emergere di clan oligarchici capaci di prendere il controllo politico e sociale della regione, limitando gravemente la formazione di una società civile. Una regione industriale così ricca di risorse si è rivelata comprensibilmente attraente per le nuove generazioni di dirigenti mafiosi che cercavano di consolidare le proprie posizioni sociali ed economiche assumendo un controllo formale sul mondo della politica e del diritto.

Anni prima che Viktor Yanukovich diventasse presidente dell'Ucraina, lui e la sua famiglia stavano già esercitando il controllo sulla regione di Donetsk. Molti degli attori politici ed economici più influenti dell’Ucraina indipendente provengono da questa regione: gli ex presidenti Kuchma e Yanukovich ma anche Rinat Akhmetov, Oleksandr Yefremov, Borys Kolesnikov, nomi più o meno noti che hanno segnato le sorti della regione e del paese. Grazie a loro il Donbass è divenuto il tempio della corruzione, un luogo in cui soprusi e vessazioni erano il pane quotidiano, e la lotta tra gruppi armati al soldo di opposti magnati insanguinava le strade. La speranza di vita era, poco prima della guerra, due anni inferiore al resto del paese mentre la regione registrava i più alti tassi europei nel consumo di oppiacei e nella diffusione dell’HIV . E tutto questo malgrado la regione valesse un quarto di tutto l’export ucraino. Una ricchezza che però non andava nelle tasche della popolazione.

Regioni filorusse?

È in questo contesto che si svilupparono gli eventi che hanno portato alla nascita delle repubbliche separatiste. Nel momento in cui il presidente Yanukovich fuggì dal paese, cominciarono ad emergere conflitti all’interno del mondo oligarchico che lo sosteneva. Tra la popolazione si diffusero sentimenti contrastanti tra coloro che lo ritenevano un traditore e quelli che sentivano invece di aver perso un punto di riferimento a Kiev . Lo possiamo capire da un sondaggio dell’IRI condotto proprio in quei mesi che testimonia il malessere dei residenti negli oblast di Donetsk e Lugansk: in quelle regioni solo il 40% degli intervistati riteneva l’occupazione della Crimea “una minaccia per la sicurezza nazionale” contro al 90% dei residenti nelle regioni centro-occidentali.

Allo stesso modo, ben il 30% esprimeva la necessità di una “protezione per i cittadini russofoni”. Tuttavia il favore verso l’integrazione con la Russia non era elevato: 33% a Donetsk, 24% a Lugansk e Odessa, 15% a Kharkiv, mostrando come anche nelle regioni orientali del paese sussistessero grandi differenze e non fosse affatto vero, come si è poi affermato e si continua a ripetere da più parti, che nell’est dell’Ucraina la popolazione fosse largamente favorevole all’integrazione con la Russia. Anzi, uno studio del 2018 ha rilevato come la guerra non abbia modificato nella popolazione del Donbass la propria identità ucraina che, quindi, è qualcosa di più di una semplice appartenenza linguistica.

Una guerra civile?

Mentre a Kiev si andava consolidando il fronte rivoluzionario, nell’est del paese cominciarono i disordini. A marzo 2014 si registrarono scontri a Kharkov, Donetsk e Lugansk, con l’occupazione dei municipi e delle istituzioni locali. Secondo gli osservatori OSCE le forze di polizia non intervennero o si mostrarono solidali con i manifestanti filorussi. In aprile vennero occupate le amministrazioni di Kramatorsk, Sloviansk e Mariupol, questa volta con il supporto di uomini armati. Si trattava perlopiù di paramilitari che arrivavano dalla Russia . La provenienza russa dei miliziani e di larga parte dei dimostranti che occuparono le varie municipalità è la prova che non si è mai trattato, fin dall’inizio, di una guerra civile ma di uno “scenario crimeano” fatto di agitatori e truppe irregolari inviate da Mosca per destabilizzare e infine occupare le regioni orientali dell’Ucraina.

Si arrivò così alla proclamazione di indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, rispettivamente il 7 e il 27 aprile 2014. Nel mese di maggio un referendum confermativo venne tenuto nelle due repubbliche registrando il 90% dei consensi. Un dato che contrasta fortemente con quello raccolto appena un mese prima dal sondaggio dell’IRI e che appare del tutto inverosimile. Intanto i combattimenti si intensificarono con l’arrivo di mezzi blindati, artiglieria pesante, lanciarazzi e sistemi antimissile di provenienza russa. Nel mese di luglio il volo MH17 della Malaysian Airlines venne abbattuto uccidendo 298 persone. Un’indagine internazionale concluse che l’aereo era stato colpito da un missile terra-aria partito dalla base della 53esima brigata antiaerea di Kursk, in Russia. A quel punto il velo sulla crisi ucraina era già stato squarciato, ma per molto tempo non si è voluto vedere in faccia il responsabile.

Fine prima parte

Seconda parte

Gli sforzi della diplomazia condussero, in settembre, al Protocollo di Minsk, conosciuto come “Minsk I”: venne stabilita la linea di contatto tra l’Ucraina e le due repubbliche separatiste; si stabilì l’immunità per “tutti i partecipanti agli eventi nelle regioni di Donetsk e Lugansk” senza distinzione tra crimini comuni e crimini di guerra; vennero stabilite elezioni locali in presenza di osservatori OSCE (che si tennero infine il 2 novembre senza rispettare nessuna delle condizioni di t
rasparenza previste). Iniziava così una nuova fase di negoziati che, nel febbraio 2015, approdò agli Accordi di Minsk (noti come “Minsk II”).

L’economia dei separatisti

Dopo la stipula degli accordi di Minsk (febbraio 2015) si è avviata una fase di relativa stabilità anche se tra il 2017 e il 2020 si sono registrate più di 900 vittime civili. La situazione economica nelle due repubbliche separatiste era tuttavia resa difficile proprio dagli Accordi di Minsk che impedivano relazioni economiche con Mosca. L’assenza di collegamenti bancari con la Russia impediva alle fabbriche e alle aziende delle “repubbliche popolari” di avere la liquidità necessaria per mantenere la produzione. In questa situazione, l’Ossezia del Sud è diventata l'estrema risorsa: dopo aver stabilito rapporti ufficiali con Mosca, Donetsk e Lugansk, la piccola repubblica separatista georgiana è diventata l’intermediario attraverso cui la Russia versava fondi e pagamenti al Donbass. Tra il 2014 e il 2018, gli investimenti diretti esteri sono stati inferiori all'uno per cento del PIL del Donbass. Le aziende esitano a investire risorse in un'area in cui si verificano quotidianamente scambi di artiglieria. Per questo motivo, l'economia fatica a svilupparsi ed è stata particolarmente colpita dalla pandemia di Covid-19 diffondendo ulteriore malcontento tra la popolazione.

L'economia è stata monopolizzata da imprese di proprietà dei separatisti. I leader locali che si sono succeduti nel tempo hanno avviato una vera e propria economia di rapina, nazionalizzando e controllando le industrie locali. Gli stipendi sono crollati ai minimi storici. Chi ha potuto lasciare le due regioni, l’ha già fatto. Sono quasi due milioni coloro che sono emigrati nel territorio sotto controllo ucraino. Di fronte al crollo dell’economia locale, alla distruzione delle infrastrutture civili e industriali, i leader separatisti hanno agito come veri e propri boss mafiosi , imponendo la propria legge con la violenza. Tra i più noti vale la pena citare Aleksandr Borodai, primo capo della repubblica di Donetsk, che oggi siede alla Duma russa, e Aleksandr Zacharčenko, capace di costruirsi un piccolo impero estorcendo denaro a ristoranti e supermarket, prima di essere ucciso nel 2018 da un’autobomba piazzata da qualche rivale interno.

Le due repubbliche separatiste sono arrivate a costare miliardi di dollari alla Russia, costretta a versare soldi nelle casse dei separatisti, i quali non hanno esitato a farne un uso personale. Il regime semi-coloniale russo nel Donbass sarebbe stato insostenibile sul lungo periodo. Forse anche per questo Mosca ha deciso per il riconoscimento delle due repubbliche, uscendo dagli accordi di Minsk e prendendo il controllo diretto della regione. Ai piccoli boss locali si sostituisce così l’unico vero signore della guerra, Vladimir Putin.
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